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Studio delle mutazioni somatiche nella Leucemia Mieloide Acuta e valutazione del loro potere prognostico attraverso l'utilizzo della PCR.

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Academic year: 2021

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1

1. Introduzione

1

1.1 La Leucemia Mieloide Acuta

4

1.2 Epidemiologia

4

1.3 Patogenesi

4

1.4 Le basi molecolari

6

1.5 Anomalie cromosomiche

18

1.6 Quadro clinico

21

1.7 Caratteristiche di laboratorio

22

1.8 Diagnosi e diagnosi differenziale

22

1.9 Classificazione: vecchia FAB e WHO a confronto

26

1.10 Prognosi e indici prognostici: la stratificazione del rischio

32

1.11 Evoluzione e complicanze

35

1.12 Terapia: criteri di risposta al trattamento e monitoraggio della MRD

37

1.13 La Leucemia Acuta Promielocitica

43

2. Obiettivo della tesi

44

3. Pazienti e Metodi

46

3.1 Pazienti

47

3.2 Metodi

49

3.3 Analisi statistica

56

(2)

2

4.1 Studio delle mutazioni e del profilo molecolare dei pazienti arruolati

con RT-PCR

58

4.2 Confronto tra RT-PCR e NGS

60

4.3 Espressione di WT1

60

4.4 La risposta e la prognosi

61

4.5 Potenza clinica predittiva e prognostica dello screening mutazionale

con RT-PCR

65

5. Discussione

67

(3)

3

1. Introduzione

(4)

4 1.1 La Leucemia Mieloide Acuta

La definizione di “leucemia mieloide acuta” (LAM) include un ampio gruppo di neoplasie ematologiche che coinvolgono i precursori ematopoietici della linea mieloide, rappresentata da granulociti, monociti, eritrociti e megacariociti.

La LAM è caratterizzata da una proliferazione clonale di tali precursori che presentano una capacità ridotta di differenziarsi in elementi cellulari più maturi. Questo determina un accumulo di forme immature nel midollo osseo, nel sangue periferico e talvolta in altri tessuti, con una riduzione variabile nella produzione di normali globuli rossi (anemia), piastrine (trombocitopenia) e granulociti maturi (neutropenia), con o senza leucocitosi.1

La LAM è una patologia complessa: alla base di questa troviamo una estrema varietà di anomalie genetiche ed epigenetiche che influenzano la risposta alla terapia e quindi prognosi ed outcome del paziente.2

1.2 Epidemiologia

La LAM è la più frequente forma di leucemia acuta dell’adulto, infatti la si riscontra in circa l’80% degli individui colpiti da forme leucemiche acute. Essa invece si presenta più raramente nei bambini, dove rappresenta solo il 10% delle leucemie acute al di sotto dei 10 anni di età.3,4

Il tasso di incidenza è approssimativamente 3-4 casi per 100.000 persone negli Stati Uniti ed in Europa, con maggiore frequenza nel sesso maschile. 5

La LAM può insorgere ad ogni età, ma la massima incidenza si ha oltre i 65 anni.6

1.3 Patogenesi

La LAM si sviluppa come conseguenza di una serie di cambiamenti genetici che si verificano a livello dei precursori ematopoietici. Tali cellule vedono trasformata la loro capacità di proliferare e differenziarsi, con deficit di maturazione, da cui ne deriva l’accumulo.

Esistono diversi sottotipi di cellule leucemiche, che complessivamente somigliano alle cellule normali nelle varie fasi di maturazione. Oggi viene sempre di più valorizzata l’ipotesi che tali

(5)

5 cellule neoplastiche appartengano ad un pool di cellule maligne dotate di un potenziale illimitato di auto rinnovamento: esse hanno cioè la capacità di funzionare come cellule staminali.7

Sono stati proposti due modelli per spiegare l'eterogeneità della LAM che differiscono per lo stadio in cui si verifica la trasformazione leucemica. Essa può avvenire o in uno dei diversi stadi di sviluppo, oppure all’interno di cellule multipotenti primitive. 8

I cloni neoplastici inibiscono la capacità delle cellule staminali ematopoietiche di proliferare e differenziarsi. Ciò è dimostrato dal fatto che quando le cellule staminali vengono rimosse dall'ambiente leucemico, viene restaurata la loro capacità di produrre cellule mature.9

L’insorgenza e la progressione della LAM richiede una serie di eventi genetici che in primis riguardano l'espansione clonale delle cellule staminali leucemiche che acquisiscono un vantaggio proliferativo e successivamente coinvolgono il differenziamento ematopoietico. In letteratura si parla di "Two-hit hypothesis of leukemogenesis”, teoria secondo la quale la LAM è la conseguenza di almeno due eventi, scatenati da mutazioni definite rispettivamente di classe I e classe II.10

Le mutazioni di classe I attivano i geni nella via di segnalazione della chinasi, ad esempio RAS, FLT3, KIT e PTPN11, che normalmente garantiscono la sopravvivenza e la proliferazione cellulare. Le mutazioni di classe II, quali PML/RARA, CBFB/MYH11, RUNX1/RUNX1T1, MLL/PTD, CEBPA, inattivano fattori trascrizionali o cofattori con conseguente modificazione della differenziazione emopoietica.11

I fattori di rischio che possono indurre meccanismi di danno genetico comprendono la chemioterapia, l’esposizione a radiazioni ionizzanti, l’esposizione chimica e le infezioni da retrovirus. Inoltre, alcune malattie familiari possono essere associate ad un'aumentata incidenza di LAM.

Nonostante le condizioni ambientali ed ereditarie rappresentino modelli eccellenti per comprendere la patogenesi molecolare della LAM, è necessario sottolineare che la maggior parte dei pazienti in cui viene diagnosticata la LAM de novo non mostra evidenza di questi fattori di rischio, e l’eziologia della malattia rimane ancora in parte sconosciuta.12

(6)

6 1.4 Le basi molecolari

Nella LAM ritroviamo numerose combinazioni di mutazioni che rafforzano l’idea di una patologia estremamente eterogenea: alcune mutazioni sono associate ad una prognosi migliore ed altre ad una prognosi sfavorevole.

Le anomalie genetiche ed i profili di espressione genica alterata, acquisiscono quindi importante significato prognostico per i pazienti adulti affetti da LAM. 13-15

- ASXL1: Additional sex combs like 1

ASXL1 è un gene umano analogo del gene della drosofila, localizzato sul cromosoma 20q11. ASXL1 appartiene ad una famiglia costituita da tre membri che codificano per proteine che regolano il rimodellamento della cromatina.

Le anomalie del gene ASXL1 includono mutazioni non sense, missense e frameshift.

Anche se il loro significato clinico è ancora dibattuto, giocano un ruolo importante nella patogenesi di diverse neoplasie ematologiche.16

Mutazioni nel gene ASXL1 sono presenti nel 5-30% dei pazienti affetti da LAM e si associano ad una prognosi sfavorevole.17

Pazienti con forme di LAM de novo nelle quali è stata riscontrata mutazione di ASXL1 hanno una sopravvivenza più bassa, correlata al ridotto tasso di remissione completa (RC) nel post chemioterapia.16

Le mutazioni di ASXL1 non sono in realtà caratteristiche delle LAM, in quanto si ritrovano in altre patologie, quali, ad esempio, le mielofibrosi e nelle sindromi mielodisplastiche dove le mutazioni nonsense e frameshift di ASLX1 correlano con una sopravvivenza più breve e con un più alto rischio di trasformazione leucemica.16,18,19

L'incidenza di mutazioni di ASXL1 nella LAM aumenta con l'età del paziente, nel sesso maschile ed è più alta nelle forme con storia di un'altra patologia mieloide.20,21

Mutazioni di ASXL1 e mutazioni di NPM1 sono mutualmente esclusive.22

Invece le mutazioni del gene ASXL2 possono essere frequentemente associate ad anomalie del gene RUNX1 (anche chiamato AML1 o CBFA2). Alterazione del gene ASXL1 e 2 si escludono a vicenda.23

(7)

7 - RUNX 1: Runt-related transcription factor 1

RUNX1 è un gene composto da 10 esoni (esoni 1-6, 7A, 7B, 7c e 8), localizzato sul cromosoma 21q22 ed è uno dei geni più frequentemente deregolati nella LAM, attraverso traslocazioni cromosomiche e mutazioni puntiformi.24

RUNX1 codifica per un fattore di trascrizione appartenente alla famiglia Runt fondamentale per lo svolgimento di una corretta ematopoiesi. RUNX1 forma un complesso con le altre componenti CBF3 e PEBP2 e il suo ruolo è migliorare la trascrizione genica, interagendo anche con co-attivatori trascrizionali.

Il corretto funzionamento di RUNX1 è richiesto per l'ematopoiesi definitiva; la sua deregolazione funzionale è coinvolta nello sviluppo della LAM.

RUNX1 è stato individuato in forme di leucemia nelle quali sono implicate traslocazioni cromosomiche, tra cui t(8;21) ETO/MTG8), t(16;21) MTG16), t(3;21) (RUNX1-Evi1), t(12;21) (TEL-RUNX1) e t(X;21) (RUNX1-Fog2). Il meccanismo molecolare alla base della genesi di queste proteine di fusione è molto discusso ed ancora in fase di studio.25-27

Mutazioni del gene RUNX1 si possono verificare anche in corso di altri disordini ematologici, ad esempio in forme familiari di patologie che prevedono anomalie dell’attività piastrinica, con predisposizione alla LAM.28

Mutazioni puntiformi sporadiche di RUNX1 sono state segnalate anche nella Mielodisplasia (MDS), in seguito a terapie farmacologiche eseguite in corso di MDS o LAM e in alcune forme di LAM insorte de novo, come nel sottotipo LAM M0 secondo la classificazione FAB.29,30

Le mutazioni di RUNX1 sono associate ad una prognosi peggiore nella MDS, ma la sua implicazione prognostica nelle forme di LAM de novo rimane ancora poco chiara.31

- DNMT3A: DNA metiltransferasi 3A

Il DNMT3A è un gene situato sul cromosoma 2p23.3. Esso svolge un ruolo fondamentale nelle modificazioni epigenetiche necessarie alla differenziazione delle cellule. Mutazioni in DNMT3A

(8)

8 determinando ipometilazione che, a sua volta, influenza la differenziazione delle cellule staminali ematopoietiche.32

Alla stessa famiglia di DNMT3A appartengono anche altri geni, quali DNMT1 e DNMT3B.

Tutti codificano per metiltransferasi, ovvero un enzima appartenente alla classe delle transferasi, in grado di catalizzare l’aggiunta di un gruppo metile ai residui di citosina all’interno dei nucleotidi del DNA. Tali residui sono concentrati in regioni a monte dei geni; la loro metilazione è spesso associata a ridotta espressione del gene a valle. Si è visto che la scarsa o assente metilazione del DNA è contribuisce alla patogenesi di numerose forme neoplastiche tra cui la LAM.33

Le mutazioni nel gene DNMT3A sono presenti nel 20-33% delle LAM con citogenetica normale e nel 14-22% delle forme de novo.34

Le mutazioni di DNMT3A sono state positivamente associate con l’età avanzata, una conta dei globuli bianchi e piastrinica discreta, citogenetica a rischio intermedio e normale, duplicazione nel gene FLT3 e mutazioni di NPM1, PTPN11 e IDH2. Sono state invece negativamente associate con le mutazioni di CEBPA.35

Il loro impatto sulla prognosi nella LAM di conseguenza si è dimostrato variabile: generalmente tali mutazioni rappresentano un fattore prognostico negativo, sia per la sopravvivenza globale (OS) che per la sopravvivenza libera da recidiva (PFS).34,36

La coesistenza però di mutazioni, quali FLT3, NPM1 e IDH1/2, può modificare questo impatto in positivo. Studi hanno dimostrato che la presenza di una mutazione di DNMT3A aveva un ruolo negativo sulla prognosi di pazienti senza mutazione di NPM1 o FLT3, ma positivo nei mutati.37

- FLT3: FMS-like tyrosine kinase 3

FLT3 è un recettore transmembrana tirosin-chinasico presente a livello dei progenitori ematopoietici che stimola la proliferazione cellulare al momento della sua attivazione. Esso controlla la sopravvivenza, la proliferazione e la differenziazione delle cellule emopoietiche. Le mutazioni di questo gene sono fondamentali nel causare una rottura dell’equilibrio tra proliferazione e differenziazione cellulare.38

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9 Le mutazioni nel gene FLT3 sono rappresentate da duplicazioni in tandem, definite FLT3-ITD, con attivazione costitutiva del recettore tirosin-chinasico FLT3. Esse sono comuni nella LAM dove la frequenza della mutazione è del 20-25%. Tale frequenza è più marcata nei pazienti con LAM con cariotipo normale, dove rappresenta il 30-35%.39,40

L’impatto della mutazione in questione è negativo sulla prognosi dei pazienti affetti da LAM, specialmente in quelli con cariotipo normale. Essa è stata associata con il ritrovamento di un'alta percentuale di blasti nel midollo osseo e leucocitosi nel sangue periferico. Correla inoltre con un basso tasso di remissione completa post terapia, con rischio di recidiva aumentato, e con un più alto tasso di mortalità.40

Inoltre, l’assenza di un allele FLT3 wild type, cioè la condizione di omozigosi per la mutazione, conferisce una prognosi ancora più infausta.41

Studi recenti hanno dimostrato che anche le dimensioni della sequenza ripetuta in tandem possono influenzare la prognosi del paziente.42,43

La presenza di anomalie simultanee di altri geni possono però modificare la prognosi. Si può verificare un’interazione tra FLT3/ITD ed altre alterazioni molecolari che impattano sull’outcome dei pazienti.

Questo tipo di interazione si verifica nei pazienti con cariotipo normale che presentano mutazione nell’esone 12 del gene della nucleofosmina 1 (NPM1). Quindi simultanee anomalie nel gene NPM1 possono influenzare l’impatto della mutazione FLT3.39

- NPM1: Nucleophosmin gene 1

NPM1 è una proteina trasportatrice che garantisce gli scambi tra il nucleo ed il citoplasma delle cellule, con localizzazione prevalentemente nucleare.44 All’interno del nucleo essa funziona

anche come proteina chaperon che impedisce l’aggregazione proteica delle varie componenti presenti.45

Sono state descritte anche altre diverse sue funzioni: è garante dell'associazione degli acidi nucleici, ha la capacità di regolare la duplicazione del centrosoma e la regolazione di alcune attività ribosomiali.46,47 NPM1 si lega anche ad altre diverse proteine, tra cui TP53 ed altre, che

(10)

10 Le mutazioni dell’esone 12 nel gene NPM1, con conseguente spostamento della proteina trascritta nel citoplasma, sono gli eventi più frequenti che sono stati identificati nell’adulto affetto da LAM con cariotipo normale. Una caratteristica peculiare delle mutazioni di NPM1 è la loro specificità nelle LAM a cariotipo normale, solitamente nelle forme de novo, dove si riscontrano nel 60% dei casi. Al contrario, come precedentemente accennato, altri geni mutati nella LAM si possono riscontrare anche in altre patologie ematologiche come nella MDS.49,50

La presenza di NPM1 mutato è associata con un miglioramento della OS e PFS, esso è quindi un fattore prognostico positivo, correlato ad un miglior esito della patologia.51-53

L’associazione con altri geni mutati, può però modificare l’impatto che la sola mutazione NPM1 ha sulla prognosi del paziente.54

Studi recenti hanno dimostrato che in presenza di un FLT3/ITD mutato il decorso della malattia e l’esito cambiano, divenendo sfavorevoli per il paziente. L’impatto prognostico favorevole delle mutazioni di NPM1 pertanto si ha solo nei pazienti con cariotipo normale e FLT3 wild type.39,55

L’associazione di tali mutazioni si ritrova nel 20% dei pazienti affetti da LAM.52

Nel 51% dei casi di pazienti NPM1 mutati si riscontra anche la mutazione IDH1/IDH2 (isocitrato deidrogenasi). Anche in questo caso i pazienti con cariotipo normale e portatori di entrambe le mutazioni presentano una OS e PFS più brevi, con prognosi lievemente peggiore rispetto ai pazienti con positività alla mutazione della sola nucleofosmina.56

NPM1 viene infine utilizzato nel follow-up del paziente con LAM, insieme a WT1. La loro espressione viene valutata attraverso PCR real time quantitativa. L’importanza di NPM1 e WT1 nel monitoraggio della malattia deriva dal fatto che essi hanno una diretta correlazione con la presenza di malattia minima residua (MRD) dopo il trattamento chemioterapico. L’iper espressione di WT1 correla infatti con una più breve OS57 e la persistenza della mutazione NPM1 dopo la terapia rappresenta un rischio causa-specifico di ricaduta.58,59

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11 WT1 è stato originariamente identificato come un gene coinvolto nella predisposizione al tumore del rene nell’infanzia, il Tumore di Wilms, ed in altre sindromi caratterizzate da malformazioni congenite.60

WT1 codifica per una proteina che regola la trascrizione di geni coinvolti nella maturazione e nella crescita cellulare. Dalla rottura di questo gene deriva un aumento incontrollato della proliferazione delle cellule staminali associata ad anomalie della differenziazione cellulare.54,61 Vari studi hanno dimostrato che le mutazioni di WT1 si ritrovano anche in patologie ematologiche, con maggior prevalenza nelle leucemie mieloidi acute. Il loro riscontro può essere positivo anche in altre forme leucemiche meno differenziate e nelle leucemie linfoblastiche acute. Questo suggerisce che il ruolo del WT1 nell’emopoiesi è molto precoce, ancora prima della divisione tra la linea mieloide e linfoide; di conseguenza, i livelli di espressione di WT1 sono maggiori nelle leucemie con fenotipo più immaturo.

In condizioni fisiologiche l’espressione di WT1 è down regolata durante la differenziazione di cellule leucemiche. Studi dimostrano che WT1 può causare l'arresto del ciclo cellulare e alterare le risposte apoptotiche, il che riflette il ruolo del gene in questione nel controllo della ematopoiesi normale. Tale funzione può però essere persa in seguito all’insorgenza di mutazioni nel gene e dare origine a meccanismi che inducono la genesi e la proliferazione di cellule leucemiche.62

Circa l’8% dei casi di LAM e il 13% dei pazienti con LAM con citogenetica normale sono portatori di mutazioni WT1.54

Il livello di espressione di WT1 non presenta correlazione con i parametri clinici, con l’età, il sesso, le anomalie molecolari, la vecchia classificazione FAB e la stratificazione del rischio. L’espressione di tale gene correla direttamente con l’OS e con la PFS: recenti ricerche hanno dimostrato come, nel post terapia di pazienti in remissione completa (RC), il tasso di sopravvivenza e il tasso di sopravvivenza libero da eventi sia diverso tra due gruppi che hanno rispettivamente alta e bassa espressione di WT1.63

L’iper-espressione di WT1 è stata inoltre associata anche a resistenza al trattamento con chemioterapia.

(12)

12 Oggi l’espressione di WT1, valutata con PCR real time quantitativa, viene utilizzata prevalentemente nel monitoraggio della MRD, fornendo un quadro generale dell’evoluzione della LAM e una guida alla scelta terapeutica per il clinico.64

Al riguardo è stato dimostrato che WT1 è associato al tasso di ricaduta nel post trapianto di midollo osseo. Avere indicazioni su quelli che potrebbero essere gli eventi che interessano il paziente in seguito ad una scelta terapeutica, permettono di confezionare protocolli sempre più personalizzati, adattati allo specifico caso.65

Possiamo quindi considerare lo stato di espressione di WT1 come un buon marcatore molecolare di prognosi, di risposta al trattamento e fondamentale nel monitoraggio della MRD. Utilizzato anche nella stratificazione del rischio nei pazienti con LAM a cariotipo normale ci consente di compiere scelte terapeutiche specifiche per il singolo caso.66

- TET2: Ten-Eleven-Translocation-2

TET2 è un gene oncosoppressore situato sul cromosoma 4q24.1.67

La famiglia degli enzimi TET è responsabile dell'idrossilazione della metilcitosina (mC) a 5-idrossimetilcitosina (5-hmC), con conseguente innesco di meccanismi che conducono alla demetilazione del DNA, coinvolta nella proliferazione e differenziazione cellulare. Le mutazioni che riguardano TET2 inducono una perdita della fisiologica funzione del gene e sono state osservate in un’ampia varietà di disordini mieloidi.68,69 Analisi più specifiche hanno rivelato che

le mutazioni di TET2 sono presenti in circa il 7−23% dei pazienti con LAM e nel 14-55% dei pazienti con altre neoplasie mieloidi.67,70 L’attività di TET2 ridotta è stata osservata nella LAM,

nella MDS, nella leucemia mielomonocitica cronica (CMML), nella leucemia linfoide ed in altre neoplasie ematologiche.71

I vari studi presenti in letteratura eseguiti sulla mutazione di TET2 hanno dimostrato che si presenta più frequentemente in pazienti con citogenetica a rischio intermedio, cariotipo normale, o con isolata trisomia 8.

Inoltre la mutazione di TET2 è mutuamente esclusiva con mutazioni di IDH1 ed IDH2, ma ha associazione positiva con mutazione ASXL1 e mutazione di NPM1, con il quale si associa in circa il 16% dei casi.54,72-75

(13)

13 In soggetti recidivati è stata osservata frequente perdita della mutazione TET2: vista l’elevata percentuale di blasti in tali campioni, è altamente probabile che TET2 mutato venga nella maggior parte delle cellule tumorali. La tendenza di perdita della mutazione in pazienti ricaduti è analoga alla mutazione FLT3-ITD e RUNX1, ma diversa da quanto accade per le mutazioni NPM1, IDH1 e IDH2 che solitamente invece persistono in corso di recidiva.72,76

Si evince che la mutazione TET2, può essere importante nella genesi di cellule leucemiche, ma non necessaria per il mantenimento del loro fenotipo. Inoltre potrebbe non essere un buon indicatore per il controllo della MRD.72

Nonostante i diversi studi, il significato prognostico della mutazione TET2 rimane poco chiaro. Alcuni autori hanno segnalato TET2 mutato come un fattore predittivo e prognostico negativo, associato a bassi tassi di RC, e più brevi OS e PFS, specialmente in pazienti con NPM1 mutato e negatività alla mutazione FLT3/ITD. Altri tuttavia, non hanno dimostrato alcun effetto prognostico in gruppi di pazienti con TET2 mutato. 70,77-79

Mutazioni di TET2 non hanno alcun impatto sul decorso clinico e sull’esito di LAM de novo, ma il loro ruolo è ancora oggi oggetto di studio.80

- NRAS: NRAS Proto-Oncogene, GTPase

NRAS appartiene alla famiglia dei geni RAS GTPasi; esso svolge ruoli importanti nella regolazione, proliferazione, differenziamento ed apoptosi cellulare. Quando mutato, si verifica l’anomala produzione di proteine che determinano un‘attivazione costitutiva della via delle GTPasi, con conseguente iper-attivazione della via delle MAPK e PI3K. Anomalie a questo livello possono compromettere un normale funzionamento e sviluppo dei precursori ematopoietici.81

Nella LAM ritroviamo mutazioni attivanti NRAS con una frequenza dell’11-30%.82

Analizzando l'espressione genica in una coorte di pazienti affetti da LAM positiva per inv(16) è stato visto che è frequente l’associazione con le mutazioni di NRAS.82,83

Esse vengono riscontrate anche in associazione ad altre anomalie, la più frequente delle quali è la positività di NPM1, al quale si associa nel 19% dei casi NRAS mutato.84

(14)

14 Studi recenti hanno analizzato la presenza di anomalie a carico del cromosoma 17q ed hanno dimostrato come queste siano frequentemente associate ad una elevata frequenza di mutazioni nei geni SRSF2, SETBP1, ASXL1 e NRAS. La presenza di questi marcatori molecolari può contribuire ad un esito sfavorevole per questi pazienti. D’altro canto il gene NRAS può essere un potenziale bersaglio terapeutico.85

L'impatto prognostico della mutazione isolata di NRAS è stato definito insignificante per OS e PFS.82

La concomitante associazione di mutazioni NPM1 e DNMT3A con NRAS mutato in pazienti con LAM invece è stata associata ad un esito più favorevole.84

- C-KIT: KIT proto-oncogene receptor tyrosine kinase

c-KIT è un oncogene situato sul cromosoma 4q11 che codifica per una glicoproteina transmembrana con funzione di recettore tirosin-chinasico. Esso fa parte dei recettori per I fattori di crescita PDGF (platelet-derived growth factor) e CSF-1 (colony-stimulating factor-1). Mutazioni dell’oncogene c-KIT inducono attivazione costitutiva delle strutture recettoriali con innesco dei meccanismi di trasduzione del segnale, indipendentemente dalla presenza del ligando, con attivazione di vie molecolarii che promuovono la sopravvivenza e la proliferazione cellulare, agendo anche sul mantenimento delle cellule staminali e sull’ematopoiesi.86,87

Mutazioni di questo gene sono state individuate nel 6% delle LAM di nuova diagnosi54, maggiormente rappresentate in forme di LAM con t(8;21)(q22,q22) [abbreviata t(8,21)], dove si presentano con una frequenza del 12-46%, e nelle forme associate ad inv(16)(p13,q22) [abbreviata inv(16)], con frequenza del 9-53%.88,89

Mutazioni di c-KIT sono associate ad un elevato rischio di ricaduta e prognosi sfavorevole.90,91

Anomalie di c-KIT si associano significativamente ad una ridotta RC e ad una diminuzione dell’OS.92,93

Alcuni studi suggeriscono che le mutazioni del gene c-KIT associate ad inv(16) conferiscono un più elevato rischio di recidiva, influenzando negativamente la prognosi.94,95

(15)

15 L’impatto che altre mutazioni coesistenti a quelle di c-KIT, come RAS e FLT3, possono avere sull’esito delle LAM è ancora non ben definito.90,96,97

Eseguire uno screening per mutazioni di c-KIT al momento della diagnosi è utile a scopo prognostico, ma anche a scopo terapeutico, dato che attivazioni costitutive di c-KIT possono essere target di una terapia con inibitori specifici dei recettori tirosin-chinasici.98

- IDH1 e IDH2: Isocitrate dehydrogenase 1 e 2

I geni IDH1 e IDH2 sono situati rispettivamente a livello dei cromosomi 2q33 e 15q26.99

Essi codificano per enzimi coinvolti in diversi processi cellulari, tra cui l’adattamento all'ipossia, la demetilazione istonica ed altre modificazioni a carico del DNA. Inoltre la proteina IDH2 è una componente critica del ciclo di Krebs, e sia IDH2 che IDH1 catalizzano la decarbossilazione ossidativa dell'isocitrato ad α-chetoglutarato (α-KG).100,101

Gli enzimi IDH1 sono localizzati nel citoplasma e nei perossisomi, IDH2 nei mitocondri.100

Le mutazioni di IDH1 e IDH2 sono mutazioni attivanti, con potenziamento della conversione di α-chetoglutarato in 2-idrossiglutarato (2-HG).102

L’accumulo di questo oncometabolita all’interno delle cellule induce un’inibizione degli enzimi della famiglia TET, con conseguente blocco della differenziazione cellulare e arresto dell’emopoiesi, ovvero della maturazione dei mieloblasti in forme mature.73,103,104

Nel loro complesso, le mutazioni di IDH1 e IDH2 sono tra le più comuni anomalie riscontrate nella LAM, con una frequenza rispettivamente del 7-14% e dell’8-19%. Inoltre, la loro frequenza aumenta con l’età del paziente.105

Sono invece meno frequenti nella MDS (frequenza del 3% per IDH1 e del 5% per IDH2) e nelle neoplasie mieloproliferative.106 È stato riscontrato un aumento di tali percentuali, intorno al 20%,

in quei pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative che stanno evolvendo verso una forma leucemica acuta.106

Le mutazioni IDH sono più frequentemente associate a LAM con cariotipo normale, ma possono essere riscontrate anche nelle forme con citogenetica a rischio intermedio o con trisomia 8.107

(16)

16 È rara l’associazione di mutazioni IDH1 e IDH2, ma possono coesistere in alcuni casi, mentre sono mutuamente esclusive mutazioni IDH con quelle di TET2 e WT1.108

Frequente è invece la coesistenza delle mutazioni IDH con NPM1 mutato. In questo caso esse determinano una prognosi sfavorevole in quei pazienti con NPM1 mutato ma FLT3 wild type.

56,109

Ulteriori studi hanno mostrato che i pazienti con anomalie di IDH meno probabilmente avevano positività alla duplicazione in tandem di FLT3-ITD.54,110

Per quanto riguarda l’impatto sulla prognosi delle sole mutazioni IDH i dati sono contrastanti: alcuni studi hanno dimostrato un outcome peggiore per i pazienti mutati,56,111 che oltre ad avere

un’età più avanzata, possono presentare una citogenetica a rischio intermedio, un’elevata conta piastrinica ed una elevata percentuale di blasti nel midollo osseo alla diagnosi.112,113

Altri invece hanno evidenziato un impatto positivo sulla prognosi, con allungamento dell’OS.114

Le mutazioni IDH2 sembrano infatti essere associate ad una sopravvivenza migliore, anche se concomitanti anomalie di FLT3-ITD sembrano cancellarne l’effetto benefico.54

Nonostante la continua verifica dell’elevata frequenza delle mutazioni IDH e delle loro implicazioni nella LAM, non è stato ancora identificato un trattamento ottimale per tali pazienti: è stato ipotizzato però che la presenza di mutazioni IDH potrebbe prevedere una risposta favorevole alla terapia con farmaci che determinano una inibizione delle DNA metiltransferasi (DNMTI).115

La quantificazione di questo marcatore molecolare fornisce infine anche la possibilità di monitorare la risposta al trattamento e l’eventuale MRD, di crescente importanza nei pazienti affetti da LAM.116

- CEBPA: CCAAT/enhancer-binding proteina alfa (CEBPA)

CEBPA è un gene oncosoppressore situato sul cromosoma 19q13.11. Esso codifica per il fattore di trascrizione C/EBPalpha, indispensabile per il mantenimento delle cellule staminali ematopoietiche in uno stato quiescente. Espresso esclusivamente nelle cellule mielo-monocitiche, ha un ruolo critico durante il differenziamento granulocitario, durante il quale è

(17)

up-17 regolato. Mutazioni del gene CEBPA determinano anomalie nella differenziazione delle cellule staminali ematopoietiche dalle quali deriva quindi la linea granulocitaria.117

Mutazioni di CEBPA si riscontrano nel 7-22% dei pazienti affetti da LAM e nel 15-18% dei pazienti affetti da LAM con cariotipo normale.

Diversi studi hanno dimostrato che la presenza di CEBPA mutato si associa ad una prognosi favorevole per il paziente, con aumentata OS e PFS, così che la sua positività porebbe essere utilizzata come marker molecolare per la stratificazione del rischio.118

Nel 34% dei casi tale mutazione può coesistere con anomalie del gene TET2, determinando un ridotto outcome dei pazienti.119

Possono essere inoltre associate mutazioni di NRAS, WT1 e FLT3-ITD anch’esse correlate ad una ridotta OS e PFS.84

- TP 53: Tumor suppressor gene

TP53 è un gene oncosoppressore situato sul cromosoma 17p13.1 che codifica per la proteina P53, nota anche come “guardiano del genoma”, in quanto è un fattore di trascrizione responsabile della regolazione del ciclo cellulare.

Essa svolge un ruolo chiave nelle cellule che, ricevendo insulti dall’ambiente esterno, subiscono un danno irreversibile a livello del DNA, inducendone l’arresto del ciclo cellulare e l’apoptosi. La proteina P53 ha quindi un ruolo centrale nell’evoluzione cellulare, compreso nelle cellule staminali ematopoietiche.

Nei tumori solidi TP53 è mutato in più della metà dei casi, mentre nelle LAM si presenta più raramente, con una frequenza del 10% circa nelle forme de novo, ma sempre strettamente associato a cariotipo complesso. L’incidenza di P53 mutato aumenta con l’età del paziente, e correla con una ridotta OS e PFS.120-122

(18)

18

Fig.1 Distribuzione del background citogenetico e molecolare della Leucemia Mieloide Acuta (LAM) in giovani adulti fino all'età di 65 anni. Sulla base di analisi eseguite in larghe coorti di pazienti, si è visto che la maggior parte dei casi di LAM può essere suddivisa in un numero di sottogruppi biologicamente e prognosticamente distinti. Per ogni classe AML denotata nel grafico a torta, sono frequenti le mutazioni concomitanti e sono indicate nelle rispettive caselle.123[Tratto da: Grimwade, D., Ivey, A. & Huntly, B.J.,

Molecular landscape of acute myeloid leukemia in younger adults and its clinical relevance. Blood. 2016; 127: 29–41. © the American Society of Hematology.]

1.5 Anomalie cromosomiche

Si riscontrano anomalie cromosomiche in circa il 55% dei pazienti adulti affetti da LAM ed esse rientrano tra i fattori più importanti influenzanti la prognosi.

Nella nuova classificazione WHO è stata dedicata una sezione specifica dove rientrano alcune anomalie del cariotipo, definita “AML with recurrent genetic abnormalities”.

Vengono invece definiti pazienti portatori di cariotipo complesso (CK-AML) quelli che presentano tre o più anomalie cromosomiche, in assenza però di quelle designate nella classificazione WHO, [t(8,21), inv(16) o t(16;16), t(15;17), t(9;11), t(6;9), inv(3) o t(3;3), t(1;22) (vedi tabella più avanti: “WHO classification of AML”)].

Il riscontro di un cariotipo complesso si verifica nel 10-15% dei pazienti affetti da LAM e la sua incidenza aumenta con l’aumentare dell’età; generalmente è associato ad una prognosi sfavorevole, con ridotta OS e PFS.

(19)

19 I cariotipi complessi contengono numerose aberrazioni cromosomiche: spostamenti non equilibrati di materiale genico, formazione di cromosomi ad anello e “double minut” ovvero piccoli frammenti di DNA extracromosomici che vanno incontro ad amplificazione.

Tali anomalie, in generale, sono guadagni o perdite di frammenti di materiale genetico, o ancora, traslocazioni bilanciate e non, suggerendo l’estrema varietà dei meccanismi implicati nella genesi delle cellule leucemiche.124

Come già preannunciato, le anomalie citogenetiche rappresentano un fattore prognostico indipendente nella LAM che ci consentono di identificare sottogruppi di pazienti con caratteristiche biologiche diverse, in modo tale da poter adottare strategie terapeutiche specifiche nel singolo caso.

L’impatto delle anomalie in questione sul decorso della patologia, può essere sia favorevole che negativo. Nel primo caso rientrano la t(15;17)(q22;q21), t(8;21)(q22;q22) e inv(16)(p13q22)/t(16;16)(p13;q22). Nel secondo, oltre i portatori di un cariotipo complesso, abbiamo abn(3q) [escluse t(3;5)(q25;q34)], inv(3)(q21q26)/t(3;3)(q21;q26), add(5q)/del(5q), 5, -7, add(7q)/del(7q), t(6;11)(q27;q23), t(10;11)(p11~13;q23), altri t(11q23) [escluso t(9;11)(p21~22;q23) e t(11;19)(q23;p13)] , t(9;22)(q34;q11), -17 e abn(17p).125

Alcuni studi hanno focalizzato la loro attenzione sulla presenza di monosomie cromosomiche; parliamo di monosomal karyotype (MK), definito come tale dalla presenza di due o più monosomie negli autosomi o una singola monosomia in presenza di almeno una anormalità strutturale.

Profili MK sono stati associati ad una prognosi infausta, con scarsi risultati terapeutici. Le più frequenti monosomie si ritrovano a carico dei cromosomi -7 e -17.126

Le anomalie citogenetiche della LAM con i rispettivi geni coinvolti, la loro incidenza e la correlazione con la clinica e la prognosi sono riportate in tabella. (Tab.1)

(20)

20

Citogenetica Geni coinvolti Fenotipo clinico Prognosi

Incidenza approssimativa

LAM de novo

t(8;21 RUNX1/RUNX1T1

Giovani adulti (III decade)

LAM con maturazione (FAB M2)

Corpi di Auer solitamente presenti

Favorevole 5 - 7%

t(15;17) PML/RARA

Giovani adulti (IV decade) Promielocitica, FAB M3) CID (coagulazione intravascolare disseminata) Favorevole, (terapia con acido retinoico) 5 - 8%

t(11;17) ZBTB16/RARA Clinicamente simile alla Promielocitica Scarsa risposta all’acido trans retinoico <1% abn(16q22) CBFB/MYH11 Giovani adulti (35-40 anni) Leucemia acuta mielomonocitica (FAB M4) con eosinofilia Favorevole 5%

abn(11q23) MLL ed altri pattern

Pazienti più anziani (età >50 anni) Leucemia acuta monoblastica e monocitica (FAB M5) Iperleucocitosi e malattia extramidollare Sfavorevole adeccezione di t(9;11) 3% +8 Morfologia variabile, talvolta associata ad altre aberrazioni cromosomiche Sfavorevole 3 - 10% del 5, del 7, 5q-, 7q-

Anziani (età >60 anni) Morfologia variabile, comune nella leucemia acuta eritroide (FAB M6) o nei pazienti con LAM secondaria a MDS

Sfavorevole 15 - 20%

Inv 3 RPN1/MECOM

Anomalie megacariociti; aumentato numero di piastrine; associate altre aberrazioni

cromosomiche

Sfavorevole <1%

abn(p17) TP53

Giovani adulti (età <60 anni) morfologia variabile;

comuni altre anomalie cromosomiche e cariotipo complesso

Sfavorevole 5%

+13

Anziani (età >60 anni) Morfologia variabile, spesso indifferenziata

(21)

21 t(6;9)(p2;q34) DEK/NUP214

LAM con maturazione (FAB M2)/ leucemia mielomonocitica acuta (FAB M4) con basofilia

Sfavorevole <1 to 2%

t(9;22) BCR/ABL1

Anziani (età >50 anni) LAM con minima differenziazione (FAB M1), prominente splenomegalia, possibile trasformazione in una forma cronica Sfavorevole 1% t(1;22) RBM15/MKL1 Infanzia ( 0 - 3 anni) Leucemia megacarioblastica acuta (FAB M7), prominente organomegalia Sfavorevole <1% t(8;16) KAT6A/CREBBP Leukemia mielomonocitica acuta (FAB M4) e monoblastica/monocitica (FAB M5) Sfavorevole <1%

Tab.1 Anomalie cromosomiche nella LAM

1.6 Quadro clinico

I sintomi più precoci della LAM possono mimare quelli di una sindrome influenzale o di altre malattie molto più frequenti: di pari passo alla progressiva infiltrazione di blasti leucemici nel midollo osseo e nel sangue periferico compaiono pallore, astenia, affaticabilità fino alla dispnea marcata, dovuti all’anemia. Possono seguire la comparsa di ecchimosi, manifestazioni purpuriche e/o altre manifestazioni emorragiche come gengivorragie, epistassi, e menorragie dovute alla trombocitopenia. Infine la neutropenia può causare un quadro infettivo con febbre. Più rara e di difficile riconoscimento, perché responsabile della comparsa di un corredo di sintomi estremamente variegato, è l’esordio con infiltrazione d’organo da parte delle cellule leucemiche. Essa può coinvolgere la milza ed il fegato manifestandosi con epato-splenomegalia, i linfonodi, la cute, i reni, le ossa ed il SNC.

Sintomi neurologici si verificano nei casi di iperleucocitosi (leucociti>100xE9/L), presente in circa il 10% dei pazienti; la leucostasi che ne deriva può determinare cefalea, convulsioni, emorragia cerebrale fino al coma, papilledema e visione offuscata. In questi casi possono essere associati anche sintomi quali cianosi, acidosi ipossica ed emorragie polmonari, causate dallo stesso meccanismo fisiopatologico verificatosi al livello del polmone.127

(22)

22 Infine, molto raro (incidenza dell’1%) è l’esordio della LAM con una massa extra-midollare, definita Sarcoma Mieloide: esso può derivare dall’evoluzione blastica di una malattia mieloproliferativa, di una MDS, oppure essere insorto de novo. Generalmente le sedi colpite sono i tessuti molli, la cute, l’osso, il tratto gastrointestinale ed i testicoli.128

1.7 Caratteristiche di laboratorio

L’emocromo alla diagnosi evidenzia un’anemia normocromica e normocitica con gravità variabile, il conteggio dei reticolociti è normale o raramente ridotto, il 75% dei pazienti presenta una conta piastrinica inferiore a 100.000 cellule/uL ed il restante 25% inferiore a 25.000 cellule/uL.

Il numero dei leucociti in media è circa 15.000 cellule/uL; il 20% dei pazienti ha invece una conta leucocitaria sopra 100.000 cellule/uL ed il 25-40% ha meno di 5.000 cellule/uL. Nel 95% dei casi ritroviamo mieloblasti, ovvero le cellule immature responsabili dell’invasione leucemica, allo striscio di sangue periferico.

Tali pazienti possono presentare una vasta gamma di anomalie metaboliche e disordini idroelettrolitici causati per lo più dall’elevato turnover delle cellule leucemiche proliferanti.

In una fase più avanzata della patologia si possono riscontrare iperfosfatemia, ipocalcemia, iperuricemia, o iperpotassiemia, che ci inducono a sospettare una sindrome da lisi tumorale (TLS) (vedi complicanze).

1.8 Diagnosi e Diagnosi Differenziale

L’indagine morfologica, ovvero l’osservazione al microscopio ottico di campioni di sangue periferico e di midollo osseo, è il metodo fondamentale per la diagnosi della LAM.

L’analisi dello striscio di sangue periferico deve essere sempre accompagnata da quello midollare, poiché il primo da solo può fornire informazioni incomplete o addirittura falsi negativi, in quanto la percentuale di cellule circolanti può essere influenzata dalla emodiluizione o da artefatti derivanti dalle metodiche con cui viene trattato il campione. Nella maggior parte dei casi il midollo osseo si presenta ipercellulato a causa della sostituzione, totale o parziale, delle

(23)

23 normali cellule midollari da parte di quelle immature non differenziate. Più raramente si ha invece ipocellularità.

Per poter eseguire una diagnosi certa è necessario il conteggio di almeno 200 leucociti nel sangue periferico e di almeno 500 cellule nucleate nel midollo osseo. Inoltre è richiesto un conteggio di blasti nel midollo o nel sangue > o uguale al 20%. Fanno eccezione alcune forme di LAM con determinate anomalie genetiche, quali t(15;17), t(8;21), inv(16) o t(16;16) o il sarcoma mieloide, considerati diagnostici senza necessità di dover ricorrere alla conta delle cellule immature.124

Generalmente però l’analisi morfologica viene affiancata da ulteriori indagini, specialmente nelle forme di LAM scarsamente differenziate, dove l’aspetto delle cellule al microscopio può essere equivoco.

Aggiungendo un’analisi citochimica dei campioni, solitamente la più usata è la reazione con la mieloperossidasi (MPO), la LAM può essere più appropriatamente diagnosticata.

I mieloblasti si presentano con un nucleo di dimensioni aumentate dal quale deriva un anomalo rapporto nucleo citoplasma che tende ad incrementare proporzionalmente al grado di immaturità della cellula. Essi hanno prominenti nucleoli ed un citoplasma blu pallido dopo colorazione con Giemsa Wright.

Al loro interno è possibile identificare delle formazioni patognomoniche, definite “coni retinici di Auer”, la cui frequenza varia a seconda del sottotipo di LAM; essi sono delle strutture granulari rosso/rosa all’interno del citoplasma. Talvolta i Coni Retinici di Auer, quando numerosi, possono associarsi tra di loro andando a formare i “Corpi di Auer”. (Fig.2)

(24)

24

FIig.2 Mieloblasti con Corpi di Auer nella Leucemia Mieloide Acuta su analisi di striscio di sangue periferico.

Ci sono due mieloblasti che si presentano di grandi dimensioni, con elevato rapporto nucleo-citoplasma e nucleoli prominenti. Ciascun mieloblasto presenta nel citoplasma strutture rosa/rosse rappresentate dai Corpi di Auer. Tatto da: Brunning RD, McKenna RW. Tumors of the bone marrow. Atlas of tumor pathology (electronic fascicle), Third series, fascicle 9, 1994, Washington, DC. Armed Forces Institute of Pathology.

Alla diagnosi di LAM contribuisce inoltre lo studio immunofenotipico, che però non deve mai essere usato in sostituzione di quello morfologico. Esso utilizza una vasta gamma di anticorpi monoclonali che attraverso l’esame citofluorimetrico sono in grado di identificare numerosi antigeni espressi sulla membrana o nel citoplasma delle cellule in studio definiti come markers, ovvero tratti distintivi del differenziamento mieloide. Essi sono utili specialmente nell’identificazione delle forme di LAM morfologicamente indifferenziate. Nonostante l’espressione di numerosi antigeni fornisca informazioni riguardo i diversi livelli di maturazione delle cellule in esame, a causa della eterogeneità delle linee mieloidi e delle loro fasi evolutive ancora oggi non è possibile proporre una classificazione della LAM solo su base immunofenotipica. Non esiste un modello specifico in quanto sono presenti differenti markers fra i vari sottotipi di LAM, ma la maggior parte dei casi esprime CD34 e HLA-DR, CD117, CD13, CD33.129

Nella tabella (Tab.2) sono riportati i principali marcatori cellulari che possono guidarci nella diagnosi di LAM.

(25)

25

Espressione cellulare dei marcatori di superficie e citoplasmatici

Diagnosi di LAM

Precursori CD34, CD117, CD33, CD13, HLA-DR

Marcatori granulociti CD65, MPO citoplasmatica

Marcatori monociti CD14, CD36, CD64

Marcatori linea megacariocitica

CD41 (glicoproteina IIb/IIIa), CD61 (glicoproteina IIIa)

Marcatori linea eritroide CD235a (glicoforina A), CD36

Tab.2 Tratto da: “Diagnosis and management of AML in adults: 2017 ELN recommendations from an international expert panel”

L’analisi citogenetica è una componente fondamentale della valutazione di tutti i pazienti con diagnosi certa o sospetta di LAM, in quanto circa il 60% dei pazienti affetti presenta cellule tumorali con anomalie cromosomiche. Come già accennato in precedenza infatti è stato addirittura dedicato un intero capitolo specifico della nuova classificazione WHO alle “AML with recurrent genetic abnormalities”, che includono traslocazioni bilanciate, inversioni e loro varianti. È comunque necessario riconoscere anche le anomalie citogenetiche che non rientrano nella classificazione WHO ma che fanno parte del gruppo delle LAM con cariotipo complesso.

Le anomalie cromosomiche riscontrate in alcuni casi sono associate in maniera specifica a distinti sottotipi morfologici ed immunofenotipici, assumendo importanza diagnostica, prognostica e terapeutica.

Qualora l’analisi citogenetica dovesse fallire può essere utilizzata l’ibridazione in situ che ci permette di identificare riarrangiamenti genici, la presenza di geni di fusione e la perdita di materiale cromosomico.

Si evince che un accurato studio in biologia molecolare dei singoli geni coinvolti, già trattati in precedenza, non può mancare dal workup diagnostico delle LAM. Abbiamo infatti visto come essi, da soli o interagendo tra loro, impattino sull’outcome dei pazienti, come possano essere

(26)

26 utilizzati nel monitoraggio della MRD e infine come potrebbero essere potenziali bersagli di terapie mirate.124

La diagnosi differenziale deve essere eseguita in quei casi in cui la percentuale di blasti nel sangue periferico o nel midollo osseo non raggiunge il 20% ma è comunque elevata. Questa percentuale borderline la possiamo ritrovare nelle sindromi mielodisplastiche/mieloproliferative e in tutti quei casi in cui si ha una rigenerazione del midollo osseo, ad esempio dopo chemioterapia o dopo somministrazione di fattori di crescita.

Altra situazione che dovrebbe guidare e indurre il sospetto di una diagnosi diversa da quella di LAM è la difficoltà nel dimostrare che i blasti siano esclusivamente di origine mieloide: essi infatti possono essere riscontrati anche in altre leucemie acute, come nella leucemia linfoblastica, dove possono esprimere contemporaneamente marcatori mieloidi e non.

Il fenotipo dei mieloblasti talvolta può essere riscontrato anche in cellule facenti parte di tumori non ematopoietici, quali il carcinoma polmonare a piccole cellule, che quindi in casi particolari entra in diagnosi differenziale con la LAM.

1.9 Classificazione: vecchia FAB e WHO a confronto

Secondo i vecchi criteri FAB (French-American-British) la classificazione delle LAM era esclusivamente basata sulla morfologia, i livelli di differenziazione tra le diverse linee cellulari e sul grado di maturazione delle cellule. (Tab.3)

Nel 2016 la World Healt Organization (WHO), ha pubblicato una nuova classificazione basandosi su dei criteri che incorporano ed integrano quelli della classificazione FAB: morfologia, citogenetica e biologia molecolare (Tab.4).

I criteri WHO si applicano nella fase diagnostica su prelievi di sangue periferico e di midollo osseo ottenuti prima di qualsiasi terapia.

La morfologia, la citochimica e l’immunofenotipo vengono utilizzati per stabilire la linea dalla quale derivano le cellule neoplastiche e per valutare il loro stato di maturazione.

Il numero dei blasti riscontrati nei campioni analizzati rimane uno strumento pratico per la diagnosi di LAM o per valutare l’eventuale progressione di altre neoplasie mieloidi, quali sindromi mielodisplastiche o mieloproliferative, verso la leucemia.

(27)

27 Differenza significativa tra le due classificazioni è che la WHO richiede come requisito alla diagnosi che la percentuale di tali cellule sia almeno del 20%, rispetto al 30% della FAB, che si presentava quindi maggiormente restrittiva.130

Nella classificazione FAB venivano riconosciute otto categorie, definite da M0 a M7.

Classificazione FAB

M0 Mieloblastica senza maturazione; (associata l’analisi immunofenotipica) M1 Mieloblastica indifferenziata; nessuna granulazione citoplasmatica

M2 Mieloblastica differenziata; poche o molte cellule possono presentare granulazioni sparse

M3 Promielocitica; granulazioni tipiche di morfologia promielocitica

M4 Mielomonoblastica; morfologia mista di tipo mieloblastico e monocitoide M5 Monoblastica; morfologia di tipo monoblastico puro

M6 Eritroleucemica; predominante morfologia di eritroblasti immaturi; talora aspetto megaloblastico. (Associata l’analisi immunofenotipica)

M7 Megacarioblastica; le cellule presentano bordi villosi che possono mostrare qualche protrusione. (Associata l’analisi immunofenotipica)

Tab.3: Classificazione FAB Nella classificazione WHO ci sono sei principali gruppi:

• LAM con anomalie genetiche ricorrenti (AML with recurrent genetic abnormalities) • LAM MDS-correlate (AML with myelodysplasia-related features)

• LAM terapia-correlate (Therapy-related AML and MDS) • LAM non altrimenti specificate (AML, not otherwise specified) • Sarcoma Mieloide (Myeloid sarcoma)

• Proliferazioni mieloidi correlate alla Sindrome di Down (Myeloid proliferations related to Down syndrome)

Ciascuno di essi presenta poi dei sottotipi di LAM con caratteristiche specifiche ben definite.

LAM con anomalie genetiche ricorrenti:

Questa categoria rappresenta circa il 20-30% dei casi di LAM. Essa contiene le varianti più comuni associate ad anomalie genetiche, distinte sulla base dell’importanza prognostica. Le

(28)

28 anomalie strutturali classificate sono nove, ma ne possono essere presenti anche altre che non sono state categorizzate. Inoltre sono state riconosciute due entità, definite provvisorie: la LAM con RUNX1 mutato e la forma con il gene di fusione BCR-ABL.1

La classificazione comprende:

• LAM con t(8;21)(q22;q22.1);RUNX1-RUNX1T1

• LAM con inv(16)(p13.1q22) or t(16;16)(p13.1;q22);CBFB-MYH11 • Leucemia Promielocitica con PML-RARA

• LAM con t(9;11)(p21.3;q23.3);MLLT3-KMT2A • LAM con t(6;9)(p23;q34.1);DEK-NUP214

• LAM con inv(3)(q21.3q26.2) or t(3;3)(q21.3;q26.2); GATA2, MECOM • LAM (megacarioblastica) con t(1;22)(p13.3;q13.3);RBM15-MKL1 • Entità provvisorie:

• LAM con BCR-ABL1

• LAM con mutazione di NPM1

• LAM con mutazione biallelica di CEBPA • LAM con mutazione di RUNX1

LAM MDS-correlata:

In questa categoria rientrano forme di LAM, definite come tali, in quanto soddisfano i criteri per una diagnosi di leucemia acuta (numero di blasti > o uguale 20%), non associate a storia di precedente terapia citotossica per malattia non correlata, e, con associata una o più tra le seguenti caratteristiche: LAM che deriva dall’evoluzione di una sindrome mielodisplastica (MDS) precedentemente documentata, presenza di una MDS associata ad anomalie citogenetiche, quali monosomia 5 o del (5q), monosomia 7 o del(7q), identificazione morfologica di una displasia multilineare, ovvero una displasia presente in più del 50% delle cellule, in due o più linee emopoietiche.1,131

(29)

29 La diagnosi di LAM terapia-correlata viene posta quando la valutazione del midollo osseo e del sangue periferico dimostra cambiamenti morfologici, immunofenotipici e citogenetici che si verificano progressivamente e in modo costante in un paziente che è stato sottoposto a terapia con agenti citotossici e/o radiazioni ionizzanti.

Oggi si è cercato di restringere tale definizione nel tentativo di ridurre la preoccupazione che i pazienti con questa diagnosi non potessero fare un’appropriata terapia potenzialmente curativa a causa di una presunta cattiva prognosi.

LAM non altrimenti specificata:

In questa categoria rientrano quelle forme di LAM che non soddisfano i criteri che ci consentirebbero di classificarli nelle categorie sopra descritte. Esse vengono quindi definite LAM non altrimenti specificate (NOS).

I casi di LAM NOS sono ulteriormente sottoclassificati secondo il criterio morfologico, in modo simile alla classificazione FAB:

• LAM con minima differenziazione (AML with minimal differentiation): corrisponde alla M0, rappresenta il 6% delle LAM NOS e meno del 5% delle LAM totali.

• LAM senza maturazione (AML without maturation): corrisponde alla M1, rappresenta il 25% delle LAM NOS ed il 5-10% delle LAM totali.

• LAM con maturazione (AML with maturation): corrisponde alla M2, rappresenta il 28% delle LAM NOS ed il 10-14% delle LAM totali.

• Leucemia Mielomonocitica Acuta (Acute myelomonocytic leukemia): corrisponde alla M4, rappresenta il 21% delle LAM NOS ed il 5-10% delle LAM totali.

• Leucemia Monocitica e Monoblastica Acuta (Acute monoblastic and monocytic leukemia): corrisponde alla M5, rappresenta il 15% delle LAM NOS ed il 5% delle LAM totali.

• Leucemia eritroide pura (Pure erythroid leukemia): corrisponde alla M6, rappresenta il 4% delle LAM NOS e meno del 5% delle LAM totali.

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30 • Leucemia Megacarioblastica Acuta (Acute megakaryoblastic leukemia): corrisponde alla

M7, rappresenta l’1% delle LAM NOS e meno dell’1% delle LAM totali.

• Leucemia Basofila Acuta (Acute basophilic leukemia): rappresenta meno dell’1% dei casi di LAM.

Panmielosi Acuta con Mielofibrosi (Acute panmyelosis with myelofibrosis): entità estremamente rara, incorporata nella categoria delle LAM a causa del riscontro di un numero elevato di blasti e la sua natura particolarmente aggressiva.

Attualmente, la sottoclassificazione dei pazienti con LAM NOS non fornisce informazioni prognostiche aggiuntive.1,132

Sarcoma Mieloide:

Il Sarcoma Mieloide è una massa extra-midollare costituita da blasti mieloidi in grado di cancellare l’intera architettura del tessuto ospite.

Esso rientra nella classificazione WHO, ma non lo possiamo propriamente definire come un sottotipo di LAM, ma piuttosto come una presentazione clinica associata ad una qualsiasi forma di LAM. Il sarcoma mieloide può presentarsi simultaneamente o precedere la malattia nel midollo osseo, può essere presente nella recidiva, o manifestarsi come la progressione di un’altra neoplasia mieloproliferativa.1

Proliferazioni mieloidi correlate alla Sindrome di Down:

Questa categoria include due entità che si sviluppano in individui affetti dalla Sindrome di Down: “Transient abnormal myelopoiesis (TAM)” e “Myeloid leukemia associated with Down syndrome”.

La prima rappresenta una proliferazione mieloide riscontrata, alla nascita, nel 10-30% dei neonati affetti da Trisomia 21. Tale patologia è caratterizzata dalla presenza di blasti, rappresentati in genere da megacarioblasti, associata all'acquisizione di una mutazione somatica del gene che codifica per il fattore di trascrizione ematopoietico GATA-1. La TAM

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31 predispone il neonato ad un rischio di mortalità precoce e all’insorgenza di LAM successive, specialmente nei primi quattro anni di vita.

La seconda, ovvero la classe delle neoplasie mieloidi in corso di Sindrome di Down, ha un decorso simile alla TAM, che però è indipendente dal conteggio dei blasti. Entrambe le condizioni sono caratterizzate da mutazioni GATA1 e mutazioni della via JAK-STAT, fondamentali nel controllo di una corretta ematopoiesi, associate o meno ad altre mutazioni tipiche delle LAM.1,133

Classificazione WHO (2016)

AML with recurrent genetic abnormalities

AML with t(8;21)(q22;q22.1);RUNX1-RUNX1T1

AML with inv(16)(p13.1q22) or t(16;16)(p13.1;q22);CBFB-MYH11 APL with PML-RARA

AML with t(9;11)(p21.3;q23.3);MLLT3-KMT2A AML with t(6;9)(p23;q34.1);DEK-NUP214

AML with inv(3)(q21.3q26.2) or t(3;3)(q21.3;q26.2); GATA2, MECOM AML (megakaryoblastic) with t(1;22)(p13.3;q13.3);RBM15-MKL1

Provisional entity: AML with BCR-ABL1

AML with mutated NPM1

AML with biallelic mutations of CEBPA

Provisional entity: AML with mutated RUNX1

AML with myelodysplasia-related changes Therapy-related myeloid neoplasms AML, NOS

AML with minimal differentiation AML without maturation

AML with maturation

Acute myelomonocytic leukemia Acute monoblastic/monocytic leukemia Pure erythroid leukemia

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32 Acute basophilic leukemia

Acute panmyelosis with myelofibrosis Myeloid sarcoma

Myeloid proliferations related to Down syndrome Transient abnormal myelopoiesis (TAM)

Myeloid leukemia associated with Down syndrome

Tab.4: Classificazione WHO

1.10 Prognosi e indici prognostici: la stratificazione del rischio

La prognosi del paziente con LAM è influenzata da numerosi elementi: 1) fattori di rischio che oltre a predisporre l’individuo all’insorgenza della malattia ne vanno ad influenzare il suo decorso, comprendenti sia caratteristiche cliniche dell’individuo che il background genetico; 2) l’andamento della malattia minima residua (MRD).

Partendo dall’analisi dei fattori che agiscono nella prima fase della LAM, è stato visto che impattano sulla PFS e OS alcune caratteristiche cliniche, quali:

1) Età: l’incidenza delle LAM aumenta con l’età del paziente, colpendo maggiormente individui

dopo la V decade. Inoltre i più anziani hanno tassi più bassi di remissione completa e sopravvivenza libera da malattia rispetto ai pazienti più giovani.

2) Performance status (PS): importante soprattutto per procedere o meno con l’inserimento del

paziente in un determinato schema terapeutico. Dobbiamo inoltre valutare le comorbidità, come insufficienza cardiaca, insufficienza renale, infezioni concomitanti che influenzano la risposta del paziente alla chemioterapia e impattano sulle possibili complicanze che ne possono derivare. Generalmente lo strumento più utilizzato per valutare il PS del paziente è l’“Eastern Cooperative Oncology Group (ECOG) performance status”. (Tab.5)

(33)

33 Eastern Cooperative Oncology Group (ECOG) performance scale

PS Definizione

O Pienamente attivo; Nessuna restrizione di prestazioni.

1 Attività fisica intensa limitata; completamente ambulatoriale ed in grado di svolgere lavori leggeri.

2 Capace di provvedere alla cura di se stesso. Incapace di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Riesce a stare alzato per un tempo >50% delle ore di veglia.

3 Capacità di provvedere alla cura di se stesso limitata. Confinato a letto o sedia per un tempo > 50% delle ore di veglia.

4

Completamente incapace. Impossibilità nel prendersi cura di se stesso. Totalmente confinato a letto o sedia.

Tab.5: ECOG scale

Il Performance status e l'età vengono combinati alla diagnosi e ci aiutano a stimare la percentuale di pazienti che morirà entro i primi 28 giorni di trattamento. Questa varia da 5% per i pazienti sotto l'età di 50 anni con un PS ECOG < 3, a 57% per i pazienti con più di 69 anni con un PS ECOG > o uguale a 3.124,134

3) Esposizione ad agenti citotossici o radiazioni ionizzanti: questi pazienti sono a rischio di

sviluppare la LAM ed altri disordini mieloproliferativi. Come già visto in precedenza il peso di tale fattore di rischio ha fatto sì che nella nuova classificazione WHO 2016 vi sia stato dedicato un capitolo specifico: neoplasie mieloidi correlate alla terapia. (vedi tab)

4) Disordini ematologici antecedenti: MDS e sindromi mieloproliferative, specialmente in

pazienti anziani, hanno una probabilità elevata di evolvere in LAM. Anche in questo caso (vedi tab), le LAM così insorte vengono classificate nella WHO 2016.1

5) le specifiche caratteristiche citogenetiche e molecolari: la loro conoscenza, anche se in

continua evoluzione, ci consente di ottenere una stratificazione delle LAM in diversi gruppi prognostici.

La classificazione in questione, definita “ELN (Europea LeukemiaNet) risk stratification by genetics”, integra caratteristiche citogenetiche e molecolari, riconoscendo tre categorie di rischio che differiscono tra loro sulla base dei tassi di remissione completa, OS, PFS.

(34)

34 Tali categorie di rischio definite “Favorable”, “Intermediate” e “Adverse” sono così formate: Rischio Favorevole:

• t(8;21)(q22;q22.1); RUNX1-RUNX1T1

• inv(16)(p13.1;q22) or t(16;16)(p13.1;q22); CBFB-MYH11

• NPM1 mutato senza FLT3-ITD o con un FLT3-ITD a bassa ratio allelica (<0.5) • Mutazione biallelica di CEBPA

Pazienti appartenenti a questa categoria di rischio presentano una buona prognosi, con un tasso di recidiva post-chemioterapia del 30%.

Rischio Intermedio:

• NPM1 mutato con un’ elevata ratio allelica (>0.5) di FLT3-ITD

• NPM1 wild-type senza FLT3-ITD o con un bassa ratio allelica (<0.5) of FLT3-ITD • t(9;11)(p21.3;q23.3); MLLT3-KMT2A

• Anomalie citogenetiche non classificate come favorevoli o sfavorevoli

In passato venivano riconosciute due categorie di rischio intermedie definite I e II, distinte per le diverse anomalie genetiche che le caratterizzavano. Studi successivi hanno dimostrato che l’OS nei due gruppi era sovrapponibile, specialmente nella popolazione anziana che rappresenta quella maggiormente colpita.

La categoria a rischio intermedio si presenta voluminosa ed eterogenea, in quanto contiene un ampio spettro di forme di LAM interposte tra i due estremi, con una prognosi estremamente variabile.

Rischio sfavorevole:

• t(6;9)(p23;q34.1); DEK-NUP214 • t(v;11q23.3); riarrangiamenti di KMT2A • t(9;22)(q34.1;q11.2); BCR-ABL1

• inv(3)(q21.3;q26.2) or t(3;3)(q21.3;q26.2); GATA2, MECOM (EVI1) • Monosomia 5 o del(5q); monosomia 7; monosomia 17/abn(17p) • Cariotipo Complesso (CK), Cariotipo Monosomiale (MK)

(35)

35 • Mutazioni di RUNX1, ASXL1, or TP53

Lo scopo della classificazione ELN è quello di standardizzare la presenza di specifiche anomalie genetiche e molecolari e correlarle sia con le caratteristiche cliniche che con l’outcome.

Infine abbiamo già accennato quanto sia importante il monitoraggio della MRD in corso e di seguito al trattamento: la MRD generalmente viene valutata in seguito alla terapia di induzione e di consolidamento per definire il tipo di risposta al trattamento (vedi dopo “response criteria of AML).

Sono disponibili due approcci per rilevare la MRD: la citometria a flusso multiparametrica (MFC) e le tecniche molecolari, che comprendono la PCR real time quantitativa, la digital PCR e nuove tecnologie basate sul sequenziamento genico.

La MRD studiata con la MFC fornisce un importante fattore predittivo per l’outcome dei pazienti, molto più affidabile rispetto ai convenzionali studi morfologici.124,135

1.11 Evoluzione e complicanze

Il decorso clinico della LAM è complesso. Sintomi associati con l'anemia, infezioni ed emorragie si presentano quasi universalmente nei pazienti affetti, sia come conseguenza dell’evoluzione della malattia, sia come conseguenza al trattamento.

Altre condizioni che possono sopraggiungere e che devono essere riconosciute, in quanto possono andare ad interferire con il trattamento, sono: la leucostasi, le anomalie metaboliche ed il coinvolgimento del SNC.

Le alterazioni metaboliche derivano dall’innesco di meccanismi fisiopatologici estremamente gravi; essi determinano l’instaurarsi di un quadro clinico che rappresenta un’emergenza oncologica ed una tra le più temibili complicanze della LAM: la Sindrome da lisi tumorale (TLS). La TLS è causata da una massiva lisi delle cellule tumorali, con il rilascio di grandi quantità di potassio, fosfato ed acidi nucleici nel circolo sistemico. Gli acidi nucleici che sono trasformati in acido urico in seguito al loro catabolismo, determinano un quadro di iperuricemia che si ripercuote soprattutto a livello renale determinando un quadro di insufficienza renale acuta.

(36)

36 Sempre a livello renale, il fosfato può precipitare sotto forma di fosfato di calcio e determinare il danno renale acuto.

La TLS si verifica più spesso dopo l'inizio della terapia citotossica e la ritroviamo in tutti quei tumori che presentano un alto indice proliferativo e sensibilità al trattamento.

La sintomatologia della TLS include nausea, vomito, diarrea, anoressia, ematuria, scompenso cardiaco e aritmie, crampi muscolari, tetania, sincope e possibile morte improvvisa.136

Un’altra altra complicanza che può verificarsi, molto rischiosa per il paziente, è la neutropenia. Essa insorge in pazienti sottoposti a cicli di chemioterapia intensiva con la conseguente esposizione ad un elevato rischio infettivo. La neutropenia viene definita tale quando il conteggio assoluto dei neutrofili (ANC) < 1500 cellule/uL. Parliamo di neutropenia grave quando ANC < 500 cellule/uL.

Sulla base della conta dei neutrofili, la durata della neutropenia e la presenza o meno di febbre, si parla di situazioni a basso o alto rischio.

Nel primo caso la neutropenia si risolve entro 7 giorni dalla sua insorgenza; nel secondo dura più di 7 giorni e la conta assoluta dei neutrofili scende al di sotto di 100 cellule/uL, in presenza di

comorbidità e instabilità clinica.

La chemioterapia convenzionale si associa ad un 15% di mortalità durante il primo ciclo e ad un 5% nei cicli successivi, proprio dovuta in gran parte ad infezioni che intervengono nel periodo di neutropenia.137

La chemioterapia aumenta il rischio di infezioni agendo sia sulla produzione dei neutrofili sia per gli effetti citotossici diretti sulle cellule ad elevato turnover; i siti più coinvolti nelle infezioni sono il tratto gastrointestinale, le prime vie aeree ed i polmoni, le vie urinarie e la cute.

Per quanto riguarda l’apparato gastrointestinale una complicanza infettiva importante e frequente nei pazienti neutropenici sottoposti a chemioterapia intensiva per LAM è rappresentata dalla Enterocolite del neutropenico (Neutropenic Enterocolitis: NEC).138

(37)

37 1.12 Terapia: Criteri di risposta al trattamento e monitoraggio della MRD

Il Trattamento della Leucemia Mieloide Acuta si basa essenzialmente sulla chemioterapia citotossica e sul possibile trapianto di midollo osseo.

La terapia si articola in due momenti, una prima fase detta di Induzione che ha lo scopo di ottenere (indurre) la remissione completa, seguita da una seconda fase detta di consolidamento, che ha lo scopo di eliminare l’eventuale persistenza di cellule leucemiche residue.

Dopo circa 7-10 giorni dalla fine della terapia di induzione viene solitamente eseguito un aspirato di midollo osseo per valutare il tipo di risposta ottenuta.

La RC è definita come percentuale di blasti nel midollo osseo inferiore al 5%, assenza di blasti circolanti, assenza di malattia extra-midollare, neutrofili superiori a 1.000/uL e piastrine superiori a 100.000/uL.

Possiamo anche parlare di una RCi, ovvero incompleta, quando i criteri ematologici (numero di neutrofili e piastrine) non vengono rispettati ed il paziente presenta ancora neutropenia e trombocitopenia nonostante l’ottima risposta in termini di numero di blasti circolanti e midollari (Tab.6)124.

Oltre ai principali fattori prognostici presenti alla diagnosi (citogenetici e molecolari), il mancato ottenimento di una remissione completa dopo la prima induzione rappresenta un fattore prognostico negativo.

Il protocollo terapeutico è influenzato da caratteristiche individuali del paziente quali età, PS, comorbidità ed eventuale precedente MDS, le quali aumentano il rischio di mortalità correlato al trattamento.

Durante il trattamento la risposta alla terapia viene valutata su base morfologica, citofluorimetrica, citogenetica e molecolare.139

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