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Cambiamenti del proteoma salivare in risposta a stress e stimoli sensoriali

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Farmacia

Corso di laurea magistrale in

Chimica e Tecnologia Farmaceutiche

TESI DI LAUREA

Cambiamenti del proteoma salivare

in risposta a stress e stimoli sensoriali

RELATORE:

CORRELATORE:

Prof.ssa Maria Rosa Mazzoni Dott.ssa Laura Sebastiani

CANDIDATO: Gianmarco Becherini

Anno accademico 2017/2018

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Abstract Pag 1

1. Introduzione Pag 2

1.1. Le caratteristiche dell’ansia sociale Pag 3 1.2. L’ansia sociale di performance degli studenti. Pag 6

1.3. Modulazione olfattiva Pag 8

1.4. Effetti Fisiologici Pag 12

1.5. Indicatori biologici ematici Pag 15

1.5.1. Adrenalina/Noradrenalina Pag 16

1.5.2. Cortisolo Pag 18

1.6. Proteomica salivare Pag 23

1.6.1. L’alfa-amilasi Pag 28

1.6.2. IgA e altre proteine Pag 31

2. Scopo della tesi Pag 36

3. Materiale e metodi Pag 38

3.1. Descrizione del test di stress Pag 39

3.2. Raccolta delle salive Pag 40

3.3. Soluzioni e strumentazioni utilizzare Pag 40 3.4. Quantificazione delle proteine totali dosaggio colorimetrico Biorad Pag 41

3.5. Elettroforesi Bidimensionale 2-DE Pag 44

3.5.1. Preparazione del campione per l’isoelettrofocusing Pag 44

3.5.2. Isoelettrofocusing Pag 45

3.5.3. Equilibratura della strip per la seconda corsa elettroforetica Pag 47 3.5.4. Seconda corsa elettroforetica SDS PAGE Pag 48 3.6. Colorazione dei gel con coloranti fluorescenti: [Ru(BPS)3]Na4 Pag 50 3.7. Colorazione dei gel con Argento compatibile ad analisi MS/MS. Pag 51

3.8. Acquisizione immagini Pag 52

3.9. Analisi statistica dei risultati Pag 53

4. Risultati e conclusioni Pag 54

5. Bibliografia Pag 69

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1

Abstract

La saliva è un complesso fluido biologico prodotto dalle ghiandole salivari. La secrezione e la composizione di questo fluido sono regolate dal sistema nervoso centrale.

Tra i fluidi biologici, la facilità di campionamento non invasivo insieme al fatto che il contenuto proteico fornisce informazioni di carattere generale, rendono l’analisi proteomica della saliva una buona via analitica.

Lo stress è una condizione fisiologica in cui l’equilibrio psicofisico viene alterato e l’organismo reagisce per adattarsi e ripristinare una situazione bilanciata. Tale adattamento avviene attraverso l’attivazione di diverse vie neuronali tra cui l’asse ipotalamo-ipofisario oppure la stimolazione dei neuroni del sistema simpatico. Questo tipo di attività causa una variazione nella composizione dei vari fluidi biologici.

La stimolazione di neuroni appartenenti al sistema simpatico, per esempio, causa un cambiamento nella secrezione della proteina α-amilasi da parte delle ghiandole salivari. Lo scopo del mio lavoro di tesi è stato quello di studiare il proteoma salivare per vedere le variazioni rispetto a situazioni di stress e/o stimolazioni sensoriali.

L’utilizzo di un approccio proteomico ha il vantaggio di fornire una visione contemporanea del pattern proteico salivare.

È stato effettuato un esperimento in cui un gruppo di studenti, di età compresa tra 18 e 30 anni, attentamente selezionati utilizzando diversi questionari, veniva sottoposto a una fase di rilassamento musicale eventualmente associato ad una stimolazione olfattiva, seguita da una fase di stress ottenuta simulando un esame orale di fronte ad un docente universitario.

È stata raccolta la saliva dei candidati nella fase di rilassamento e nella fase di stress. Le salive sono state analizzate attraverso elettroforesi bidimensionale per studiare i cambiamenti del pattern proteico nelle diverse fasi. I risultati ottenuti suggeriscono che le proteine salivari (in particolare l’alfa-amilasi e alcune classi di immunoglobuline) sono potenziali biomarcatori di risposta a situazioni di stress.

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Capitolo 1

Introduzione

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3

1.1 Le caratteristiche dell’ansia sociale

Ogni persona, almeno una volta nella vita, si è trovato davanti ad un ostacolo da superare di diversa natura, sia per motivi lavorativi sia nella quotidianità e chiunque può affermare di aver provato una sensazione particolare di apprensione ed insicurezza riconducibile alla definizione di ansia.

Con questo termine molto usato ed abusato, si fa riferimento a moltissime situazioni in cui un individuo è soggetto a giudizio da parte di altri come per esempio un colloquio di lavoro, un esame universitario, l’esposizione di un proprio lavoro, ma anche a situazioni extra lavorative, come conoscere nuove persone, trasferirsi in nuove città ecc.

L'ansia è uno stato psichico di un individuo, prevalentemente cosciente, caratterizzato da una sensazione di intensa preoccupazione o paura, spesso infondata, relativa a uno stimolo ambientale specifico, associato ad una mancata risposta di adattamento da parte dell'organismo in una determinata situazione, che si esprime sotto forma di stress per l'individuo stesso. [1]

All’interno della definizione di ansia sono racchiusi diversi tipi di disturbi mentali ed i più comuni sono: Disturbo d’ansia generalizzato (DAG), Disturbo da Panico (DP), Ipocondria, Fobia sociale, Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), Disturbo post traumatico da stress (DPTS) ed altre fobie specifiche.

Secondo l’ICD10 (classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, proposta dall’OMS) la fobia sociale è costituita da paure relative al giudizio da parte di altre persone, che conducano a voler evitare le situazioni sociali. Questo tipo di ansia, si manifesta con una serie di sintomi fisici o motori, quali arrossamento, tremori, sudorazione, blocco della parola, diarrea, nausea, urgenza di urinare. Questi sintomi possono progredire fino a causare attacchi di panico.

Il disturbo di ansia sociale è definito nel DSM V (The Diagnostical and Statistical Manual of Mental Disorders) attraverso diversi criteri:

a) l’ansia sociale è una paura marcata o ansia in una o più situazioni sociali o di performance sociale in cui la persona è esposta al possibile giudizio degli altri. Gli

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4 esempi includono interazioni sociali come avere una conversazione, essere osservati mentre si mangia o fare delle cose davanti ad altri per esempio tenere un discorso

b) l’ansia sociale è la paura individuale di comportarsi in un certo modo, o mostrare sintomi di ansia, che saranno valutati negativamente (essere umiliati o in

imbarazzo, portati al rifiuto o all’offesa da altri)

c) l’esposizione a queste situazioni sociali provoca quasi invariabilmente paura o ansia

d) le situazioni sociali sono evitate o sopportate con intenso disagio e sofferenza e) la paura o l’ansia sono sproporzionate, irragionevoli ed eccessive rispetto al reale

pericolo rappresentato dalla situazione sociale f) la durata è di almeno 6 mesi

g) l’ansia, la paura e l’evitamento causano un disagio clinicamente significativo o la compromissione di aree importanti: sociali, lavorative o in altri ambiti

h) l’ansia, la paura e l’evitamento non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (droga di abuso) o di una condizione medica generale

i) se sono presenti altre condizioni mediche come Parkinson, obesità e infortuni, la paura, l’ansia e l’evitamento non sono correlate o sono eccessive.

Oltre all’ansia durante la performance, può verificarsi anche una situazione ansiosa da alcune ore fino a settimane prima dell’evento e questo può causare un circolo vizioso costituito da una fase di ansia anticipatoria, caratterizzata da forte apprensione, che porta a una performance negativa la quale a sua volta determinerà una maggiore ansia anticipatoria futura. [2]

Possiamo individuare 2 sottotipi di ansia sociale in base al tipo di situazione temuta: nel primo caso rientrano le situazioni interpersonali come partecipare a una festa, avere un appuntamento, conoscere nuove persone, parlare con un superiore od iniziare una conversazione.

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5 Nel secondo caso le situazioni temute sono di performance, come partecipare a una cerimonia, cantare o fare sport davanti a una platea, fare un errore in pubblico o parlare e scrivere in pubblico.

L’ansia per i discorsi in pubblico è un particolare sottotipo, che differisce sia qualitativamente sia quantitativamente dagli altri sottotipi di fobie sociali. [3]

Il disturbo di ansia sociale (SAD) ha una prevalenza tra il 7 e il 13% ed è il disturbo d’ansia più frequente; in Italia colpisce più di un milione di persone. Pur essendo riconosciuto dagli anni 80, pochi ne sono a conoscenza e solo il 25% cerca una terapia.

Le persone che soffrono di questo disturbo, sono caratterizzate da iperreattività emotivo-fisiologica e manifestazioni cognitive distorte, ed hanno una tendenza al perfezionismo. [4]. Questi soggetti sono particolarmente organizzati e ordinati, percepiscono gli errori come un fallimento e per questo tendono ad ottenere una performance perfetta, imponendosi standard elevatissimi e autovalutandosi di continuo.

Per quanto riguarda l’iperreattività, i sintomi più comuni sono sudorazione accentuata, palpitazioni, balbettii, tremori e sensazione di nausea, mentre le manifestazioni cognitive sono prevalentemente caratterizzate da: un senso crescente di allarme e pericolo, immagini e ricordi negativi indotti, comportamenti protettivi, sensazione di vuoto mentale e sensazione di essere al centro dell’attenzione altrui. [5] I soggetti che soffrono di ansia sociale, mostrano una reazione emotiva negativa esagerata, una regolazione cognitiva ridotta rispetto ai soggetti sani e questo deriva da una diversa attivazione neuronale. [6] Le regioni coinvolte nella valutazione cognitiva esagerata degli elementi intorno a se sono molteplici, per esempio la valutazione emotiva è sotto controllo della corteccia prefrontale, ventrolaterale e dorsomediale, il riconoscimento delle emozioni invece è regolato dalla corteccia del cingolo anteriore perigenuale. Altri circuiti neuronali come l’attivazione dell’amigdala generano risposte negative alla vista di facce con espressioni rigide o arrabbiate [7], mentre la parte rostrale della corteccia del cingolo anteriore si occupa di registrare uno stimolo esterno come una potenziale minaccia sociale. Una connessione difettosa tra il sistema di regolazione dorsale e le regioni limbiche ventrali è segno di una disfunzione emotiva, tipica dell’ansia.

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6 Per quanto riguarda l’ansia anticipatoria, è coinvolto un grande network di regioni cerebrali, come l’amigdala, il cingolo anteriore, la corteccia prefrontale (PFC) dorsolaterale e la corteccia orbitofrontale (OFC). [8] In particolare, l’amigdala è molto coinvolta, infatti influenza i processi cognitivi anche attraverso le sue connessioni con i nuclei a funzione modulatoria sia dopaminergici e noradrenergici che serotoninergici e colinergici. [9] Inoltre, i nuclei basolaterali dell’amigdala sono anche connessi con i gangli alla base per i comportamenti d’azione e di evitamento, con la corteccia orbitofrontale per le scelte ‘emotive’ e con l’ippocampo per il consolidamento di memorie emotive. [10] L’amigdala gioca quindi un ruolo importante nella modulazione mnemonica, infatti uno stress elevato può compromettere il recupero dei ricordi.

La risposta allo stress coinvolge anche il nucleo paraventricolare dell’ipotalamo, il lobo anteriore della ghiandola ipofisaria e la corteccia della ghiandola surrenale, che costituiscono l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA); l’amigdala svolge un ruolo di retroazione sull’asse HPA promuovendo lo stress attraverso il nucleo della stria terminale, l’ippocampo ed il nucleo del tratto solitario. Il nucleo della stria terminale, insieme ai fattori di liberazione della corticotropina e della vasopressina, agisce su stimoli impliciti nella risposta della paura senza oggetto, come accade nell’ansia.

Questo tipo di disturbo ha delle ripercussioni sia sulla vita scolastica [11] che in ambito lavorativo. [12] Infatti le persone che soffrono di questo disturbo tendono ad evitare qualsiasi situazioni accademiche/scolastiche o lavorative che vengono percepite come minacce. [13] Questo causa un impatto negativo sia sulle performance scolastiche/occupazionali, che sull’interazioni sociali e sulla qualità della vita. [14]

1.2 L’ansia sociale di performance degli studenti

Un particolare caso di ansia sociale è l’ansia da esame che può essere classificata come ansia da performance. Questo tipo di ansia sociale è molto comune negli studenti che si apprestano a sostenere un esame e mentre la maggior parte di essi riesce a tollerarne i sintomi e continuare nel percorso universitario, altri studenti presentano un livello adeguato di stress che può avere un effetto positivo sulla performance, mantenendo uno

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7 stato mentale vigile e fisico attivato. [15] Quando però il livello di stress è eccessivo, l’ansia interferisce con l’apprendimento e con la performance portando ad una prestazione peggiore rispetto a studenti meno ansiosi, a parità di preparazione, ed in questo caso si parla di “Test anxiety”. [16]

Chi soffre di ansia da performance presenta almeno uno dei seguenti sintomi: • percepisce una forte paura di essere impreparato per superare la prova • percepisce la paura di fare scena muta o non ricordare i concetti

• si preoccupa di fare brutta figura davanti agli altri

• percepisce la paura delle conseguenze di un esito negativo

• spesso è consapevole che la paura è esagerata, ma non riesce a controllarla

Ovviamente vanno esclusi da questi casi, soggetti con disturbi di apprendimento e del linguaggio.

L’eventuale fallimento della prova provoca delle ripercussioni sia sulla vita accademica, sia al di fuori di essa. [17] Oltre a un peggioramento dei rapporti sociali, questo problema può causare abbandono degli studi, disturbi del sonno, abuso di alcol o di caffeina. [18] Questo disturbo può essere aggravato anche da esperienze negative passate: come scarsa preparazione, brutti voti, ma anche dalla reputazione, spesso infondata, del professore (professore particolarmente rigido o severo) circolante tra gli studenti, che vanno a costituire un muro immaginario che può risultare insormontabile.

Si possono classificare 3 tipi di sintomi più o meno gravi durante un esame:

1. Sintomi fisici come sudorazione accentuata, tremori, tachicardia, secchezza della bocca, nausea e problemi gastro-intestinali. Nei casi più lievi la sensazione più comune è una tensione simile “ad avere le farfalle nello stomaco” mentre i casi più gravi possono portare a attacchi di panico

2. Sintomi cognitivi portano ad agitazione e comportamenti come l’evitamento dell’esame, oppure l’insicurezza dell’esito positivo pur essendo preparati adeguatamente, con pensieri confusi che si ripetono in un circolo vizioso, con difficoltà di concentrazione, blocco o vuoti di memoria e come conseguenza il fallimento della prova

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8 3. Sintomi emotivi come depressione, angoscia, frustrazione, bassa autostima, rabbia

e rassegnazione (Centro Europeo per i disturbi d’ansia ed emotivi, CEDANS)

In definitiva l’ansia compromette l’efficienza del processamento in misura maggiore rispetto alla qualità della performance, alterando l’efficienza dell’esecutivo centrale della memoria di lavoro. Questo è confermato dalla “Teoria dell’efficienza del processamento” sviluppata da Eysenck e Calvo nel 1992 e aggiornata nella “Teoria del Controllo Attenzionale”. [19]

L’ansia da test è presente in studenti di diversa età e di entrambi i sessi [20], ma gli studenti più giovani presentano un livello più alto grazie a strategie di adattamento (coping) meno efficaci. [21] Ci sono però dei parametri che possono incrementare o ridurre lo stress durante una performance, per esempio la gentilezza del professore e dei compagni porta ad una riduzione del livello di stress, al contrario lo scorrere del tempo durante la prova, ha un effetto negativo sulla performance cognitiva e genera un livello maggiore di ansia. [22]

Questa ultima affermazione è particolarmente importante, perché giustifica alcune scelte fatte nel protocollo sperimentale; nel nostro esperimento infatti, è stato simulato un esame orale, in cui un candidato deve prima studiare e poi esporre un argomento davanti ad un professore in un tempo ristretto mentre precedentemente alla prova il candidato viene fatto rilassare ascoltando della musica alternata ad una stimolazione olfattiva.

1.3 Modulazione olfattiva

L’olfatto è uno dei cinque sensi specifici dell’uomo e rende possibile la percezione dell’identità di molecole volatili e di gas presenti nell’aria. Nonostante sia meno utilizzato in confronto con altre specie, l’olfatto umano riesce a discriminare un trilione di stimoli olfattivi differenti [23], numero molto maggiore alle capacità del sistema visivo ed uditivo. Nonostante l’alto numero, riusciamo a ricordare un odore grazie al collegamento con la memoria, associandolo a un evento passato sia piacevole che spiacevole.Un odore piacevole, per esempio, può aiutarci a ricordare più velocemente [24] e questo può essere sfruttato per scopi terapeutici.

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9 Fin dall’antichità infatti, sono state usate piante aromatiche con finalità mediche e le prime civiltà che si avvicinarono a queste pratiche furono quelle della Cina, dell’India e dell’Egitto. Nel corso degli anni l’aromaterapia è stata ampiamente studiata e associata alla medicina e alla psicologia.

Al giorno d’oggi, l’aromaterapia è ampiamente usate per favorire il benessere e l’equilibrio psicofisico del soggetto, sfruttando gli oli essenziali. Questi oli si trovano in diverse parti delle piante (radici, foglie, corteccia, fiori, resina o buccia dei frutti) in bassa quantità e vengono ottenuti per distillazione in corrente di vapore, in cui si fa passare il vapore sulla parte della pianta, in modo da far evaporare l’acqua e l’essenze, le quali si separano dopo raffreddamento grazie alle proprietà di idrosolubilità. Gli oli così ottenuti possono essere puri od in miscele, sono molto concentrati, poco solubili in acqua, solubili in alcol, volatili e sensibili alla luce. Ogni olio essenziale puro al 100% contiene una serie di molecole come alcoli, fenoli, terpeni, ossidi, aldeidi, esteri da cui derivano le varie attività e vanno a costituire il fitocomplesso. Questo complesso ci identifica l’olio essenziale, mentre le componenti aromatiche con maggiori concentrazioni costituiscono il chemiotipo, cioè l’impronta digitale dell’olio essenziale.

L’aromaterapia si effettua sfruttando la diffusione aerea dell’essenza scelta, mediante l’uso di spray ambientali, lampade in ceramica o altri tipi di diffusori.

Il sistema dell’olfatto oltre ai bulbi olfattivi, coinvolge diverse strutture appartenenti al sistema limbico, il giro cingolato ed il giro paraippocampale. Per i compiti di semplice percezione, rilevamento e discriminazione sono coinvolti corteccia piriforme, tubercolo olfattivo, corteccia entorinale, parti dell’amigdala, parti dell’ipotalamo, talamo mediodorsale, corteccia orbitofrontale mediale e laterale e parti dell’insula. La corteccia olfattiva primaria è connessa alla orbitofrontale tramite i nuclei profondi dell’amigdala e il nucleo medio-dorsale del talamo, struttura che è anche coinvolta nel panico. Per molti anni queste strutture erano considerate coinvolte principalmente nel senso dell’olfatto, Papez ipotizzò per primo l’associazione del sistema limbico con le emozioni [25], nonostante sia anche implicato nelle funzioni olfattive. I centri responsabili dell’olfatto quindi, sono in stretta relazione con il sistema delle emozioni. Le proiezioni dalla corteccia olfattiva primaria

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10 raggiungono la corteccia orbitofrontale in modo diretto e indiretto per mezzo dei nuclei profondi dell’amigdala e del nucleo medio-dorsale del talamo, struttura coinvolta nel panico. Altre proiezioni della corteccia olfattiva primaria sono dirette allo striato ventrale, in particolare al nucleus accumbens, e ai nuclei profondi dell’amigdala, strutture coinvolte in vari pattern emotivi, come piacere e paura. Le aree attivate da sostanze odorose comprendono quindi regioni distinte dell’ipotalamo e dell’amigdala, le quali sono coinvolte in altre funzioni relative al comportamento riproduttivo, alimentare, motorio, emotivo-viscerale e sociale. È stato scoperto che l’amigdala subisce diverse attivazioni: in risposta ad odori spiacevoli subisce l’attivazione maggiormente l’amigdala destra, mentre la sinistra si attiva in seguito a paura sociale. Subisce anche un’attivazione bilaterale in risposta a odori piacevoli e quindi l’amigdala è fortemente collegata sia al sistema emotivo che a quello olfattivo. Infatti, vediamo che il complesso amigdala-ippocampo e la corteccia entorinale sono coinvolti in molti aspetti legati alle emozioni ed alla memoria; in particolare l’amigdala è connessa direttamente al nervo olfattivo e questa particolarità risulta importante per l’apprendimento emozionale. [26] La corteccia orbito frontale, che è, invece, responsabile dell’elaborazione degli odori e dell’assegnazione di un valore affettivo agli stimoli, è coinvolta nell’ansia anticipatoria. [23] Odori positivi e negativi attivano aree diverse di essa. La stretta relazione tra sistema emozionale e sistema olfattivo ha permesso la realizzazione di studi basata sulla modulazione olfattiva delle emozioni. È stato osservato che gli odori sono in grado di produrre stati d’ansia, ma anche felicità o disgusto, rispetto a rabbia o tristezza che sono evocate prevalentemente da stimoli visivi. [27] Ovviamente, ogni odore presenta un’attivazione e quindi un effetto finale diverso; per esempio in letteratura è stato visto come l’odore di lavanda, bergamotto, pompelmo e basilico riduca la tensione prima di un esame o di un colloquio di lavoro. [26]

Un’altra pianta di cui ci sono molti riscontri in letteratura è la Mentha piperita dalla quale si estrae l’olio essenziale di “menta piperita”, che grazie al principio attivo mentolo sembra stimolare l’attività ippocampale con effetti positivi sulla memoria [28] e un incremento dell’attenzione legato all’azione stimolante sulla corteccia frontale. [29]

Un altro olio essenziale molto studiato in letteratura è quello estratto dalla Lavandula angustifolia. I principali componenti dell’olio essenziale di lavanda sono il linalolo (20-50%)

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11 e l’acetato di linalile (20-30%), che sono responsabili degli effetti positivi sul miglioramento dell’umore e sulla riduzione dell’ansia. [30] È stato visto, mediante studi di risonanza magnetica funzionale (fNMR) che l’olio essenziale di lavanda modula la trasmissione gabaergica con un aumento del tono inibitorio e del sistema nervoso al pari dell’azione del Lorazepam. [31]

Un altro odore che è stato studiato è quello dell’arancio dolce (Citrus sinensis dulcis). Tale aroma migliora l’attenzione selettiva, mette a suo agio le persone [32] e riduce il livello di ansia. Un effetto analogo si ottiene utilizzando l’odore del bergamotto nella fase di attesa preparatoria. [33] Il bergamotto che deriva dalla pianta Citrus bergamia o aurantium, provoca una riduzione del cortisolo salivare, che è un indice del livello di stress, ed aumenta l’attività parasimpatica. In conclusione, gli oli essenziali di lavanda, menta, arancio dolce e bergamotto sono stati ampiamente studiati e possiedono tutti una certa attività ansiolitica. A differenza di sostanze che agiscono direttamente sul sistema nervoso centrale, gli effetti degli oli essenziali presentano una certa variabilità, la quale dipende sia dall’interazione dell’individuo con la propria cultura che dalla sua storia, in particolare la situazione emotiva al momento della codifica influisce in modo preponderante.

Nonostante gli effetti intrinsechi evidenziati in vari studi, vanno considerati anche gli effetti di mediazione cognitiva, di suggestione e di condizionamento classico conosciuti dai vari ricercatori, i quali attribuiscono alla stimolazione olfattiva un effetto evocativo, per questo risulta prematuro parlare di terapia olfattiva in modo semplicistico. Ma questi aspetti ci forniscono una buona base di partenza per il nostro studio.

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1.4 Effetti fisiologici

L’ansia e lo stress quindi, influiscono in modo importante sulle capacità cognitive di un individuo, ma risulta difficile valutarne i livelli basandosi solamente sui risultati ottenuti nelle prove d’esame. La risposta da stress coinvolge due sistemi primari [34]: l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) e il sistema simpatico adrenergico (SAM), che sono strettamente correlati ad un terzo sistema, il sistema immunitario. [35]

Per quanto riguarda il monitoraggio dell’attività neuronale, si può utilizzare la tecnica dell’elettroencefalogramma (EEG). Le emozioni e lo stress infatti, portano ad attivazione dei neuroni centrali ed attivano il sistema nervoso simpatico a discapito del parasimpatico. Con l’elettroencefalogramma è possibile misurare l’attività dell’encefalo applicando degli elettrodi, posizionati secondo il sistema internazionale 10-20’, sulla cute del cuoio capelluto. (Figura 1). L’EEG è l’espressione dei processi sinaptici, di potenziali dendritici e di potenziali di neuroglia. Con l’EEG si riesce ad individuare le differenze dei potenziali espresse con tracciati grafici costituiti da onde valutate in base alla differenza di ampiezza o tensione (microVolt) e di frequenza (cicli per secondo).

Figura 1-Posizionamento elettrodi EEG Figura 2-Esempio onde cerebrali misurate con EEG

Dall’elettroencefalogramma si ottengono quattro diverse onde. (Figura 2) Le onde Alpha con frequenze di 8-13 Hz tipiche dello stato di veglia ad occhi chiusi con riposo mentale, queste saranno presenti nella fase di rilassamento precedente al test. Le onde Beta, 13,5-30 Hz, sono preponderanti in un soggetto ad occhi aperti impegnato in qualsiasi attività e durante la fase REM. Le onde Theta, 4-8 Hz, sono presenti in fase di addormentamento,

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13 alternato dai fusi del sonno, in ipnosi e in alcuni stati di tensione emotiva. Infine, le onde Delta, 0,5-4 Hz, sono tipiche della fase del sonno profondo (n-REM).

Per quanto riguarda l’interpretazione dell’EEG, risulta molto importante il fenomeno di cross-frequency coupling, con il quale si studia l’accoppiamento tra vari tipi di onde a diversa ampiezza come Delta-Alpha, Delta-Beta e questo fornisce molte informazioni su stati emotivi come ansia, evitamento di situazioni e motivazione associata. [36] L’accoppiamento tra onde lente e veloci, indica una connessione tra centri sottocorticali, corticali e del sistema limbico. [37] In particolari vengono fatti accoppiamenti di fase o di ampiezza sfruttando i picchi delle due frequenze iscrivendo la più alta (Beta) nella frequenza più bassa (Delta).

È stato osservato che un incremento significativo di accoppiamento tra onde Delta e Beta, si ottiene in seguito a una singola somministrazione di cortisolo. [38] Il cortisolo è un ormone correlato allo stress ed alti livelli di esso sono associati a stati d’ansia in soggetti sani. Uno studio di Vladimir Miskovic del 2010 ha dimostrato che i soggetti con disturbo d’ansia sociale presentavano alti livelli di accoppiamento EEG Delta-Beta. Il fenomeno di relazione delta-beta è stato studiato anche come endofenotipo tra più generazioni di soggetti con ansia sociale, dimostrando valori più negativi durante la fase anticipatoria nei partecipanti subcomparati con i soggetti sani. In uno studio per investigare meglio le connessioni cortico-sottocorticali, è stato osservato che soggetti con ansia sociale alta mostrano un incremento dell’accoppiamento Delta-Beta nella regione frontale. [39] È importante considerare anche le onde Alpha, le quali sono implicate nel processamento delle emozioni.

La valutazione del sistema simpatico adrenergico (SAM), è limitata a misure elettrofisiologiche come l’attività e la frequenza cardiaca, mediante elettrocardiogramma (ECG), la conduttanza cutanea che misura la conduttività elettrica dalla sudorazione della pelle. L’ECG è uno strumento utile per valutare l’attività cardiaca; con questo strumento si registrano gli impulsi elettrici proveniente dal cuore, i quali generano differenze di potenziali variabili nello spazio e nel tempo, registrati da degli elettrodi posti sulla superficie del corpo. Il risultato è un tracciato costituito da una serie di onde positive e negative che si ripetono ad ogni ciclo con un aspetto caratteristico. Durante ogni battito, infatti, si susseguono in maniera ordinata diverse onde di depolarizzazione e polarizzazione

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14 con l’ampiezza che rappresenta l’intensità del potenziale elettrico presente momento per momento.

Il tracciato ECG è composto in ordine da un’onda P positiva, seguita da un segmento PR rettilineo a cui segue in successione un’onda Q negativa, una R positiva e un’altra onda negativa l’onda S. Queste 3 onde vanno a costituire il complesso QRS, a cui segue un segmento ST rettilineo che termina con l’ultima onda positiva T. Si può misurare la frequenza cardiaca misurando l’intervallo tra due complessi QRS [40], ovvero il numero di battiti al minuto ed è mediata dal sistema simpatico e parasimpatico [41].

La misura della sua variabilità indicata come heart rate variability (HRV) è un classico indice nello studio degli effetti fisiologici dell’emozione, cambiamenti dell’HRV, infatti, sono correlati alle emozioni ed alle funzioni cognitive. È importante anche calcolare la densità di potenza spettrale delle componenti oscillatorie che caratterizzano HRV nel dominio delle frequenze; abbiamo, infatti, le alte frequenze (HF) che esprimono l’attività vagale parasimpatica e sono influenzate dal ritmo e dalla profondità del respiro, le basse frequenze (LF) invece, esprimono l’attività simpatica. Il rapporto LF/HF indica l’equilibrio tra attività simpatica e vagale e costituisce un importante indice del funzionamento cardiovascolare.

I disturbi d’ansia sono una causa della diminuzione della variabilità naturale della frequenza cardiaca nel corso del tempo, con un aumento del rischio di malattie cardiache. Un soggetto ansioso, durante un esame orale, presenta una diminuzione della variabilità della frequenza cardiaca la quale si manifesta con aumento delle palpitazioni. In caso di ansia si registra un aumento della frequenza cardiaca con possibile tachicardia, segno di maggiore attività simpatica rispetto alla parasimpatica. È stato visto che i soggetti con ansia sociale hanno un livello HF/LF più alto. [42] In uno studio su studenti universitari [43] è stato visto che tutti gli studenti sottoposti a rivelazione HRV presentavano un livello maggiore di ansia 30 minuti prima dell’esame, associata a una minore HRV e quindi con una riduzione dell’attività parasimpatica.

Un altro parametro che può essere monitorato è la conduttanza cutanea, indice dell’attività elettro-cutanea rilevata mediante elettrodi posti sulla superficie delle mani o delle dita.

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15 L’attività conduttiva della pelle espressa come SCA dipende dalla secrezione delle ghiandole sudoripare che causa diminuzione della resistenza al passaggio della corrente attraverso il derma. È stato visto, che l’attività delle ghiandole sudoripare durante un discorso in pubblico, aumenta la conduttanza e quindi la registrazione della conduttanza cutanea risulta essere un buon mezzo per misurare l’attività simpatica.

Ci sono due tipi di attività elettrodermica analizzabile in termini di resistenza: l’attività tonica che indica lo stato generale di attivazione del sistema nervoso; se presenta un valore alto l’individuo risulta tranquillo e rilassato se invece l’individuo è agitato aumenta la sudorazione e diminuisce la resistenza e quindi si otterrà un valore più basso.

L’altra attività analizzabile è quella fasica, che indica rapide risposte provocate da emozioni o da stimoli sensoriali. In generale uno studente sottoposto ad esame, mostra un aumento del ritmo cardiaco e dell’attività fasica, con sintomi come sudorazione accentuata, vampate di calore e arrossamento.

Oltre a queste tecniche, è possibile valutare il livello di attivazione dei vari sistemi di risposta allo stress di un organismo facendo uso dei biomarcatori, ovvero indicatori biologici che possono essere oggettivamente misurati a livello tissutale, cellulare o nei fluidi biologici come sangue, saliva ed urina; un esempio è il livello di catecolammine (adrenalina e noradrenalina) e di cortisolo nel sangue.

1.5 Indicatori biologici ematici

L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, il sistema simpatico adrenergico ed il sistema immunitario, sono coinvolti nella risposta allo stress. [44] Questi tre sistemi hanno una caratteristica in comune, ovvero hanno una funzione secretoria. Infatti, rispondono secernendo sostanze, le quali attraverso il sangue si distribuiscono in tutto il corpo. Per questo motivo, per valutarne l’attività, è possibile andare a misurare i loro prodotti nel sangue ed in altri fluidi biologici.

Nel caso del sistema adrenergico (SAM), il secreto è costituito prevalentemente da catecolamine come adrenalina e noradrenalina.

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1.5.1 Adrenalina/Noradrenalina

Tra le catecolamine più importanti a livello biologico, troviamo adrenalina, noradrenalina e dopamina. Derivano dall’aminoacido tirosina e dal punto di vista chimico sono caratterizzate da un gruppo amminico e da un anello fenolico di tipo catecolico; vengono prodotte a livello della midollare del surrene e dalle fibre post gangliari del sistema nervoso simpatico.

In particolare, l’adrenalina è un ormone, prodotto nelle ghiandole surrenali e rilasciata in particolari condizioni; infatti a differenza della dopamina, che agisce come neurotrasmettitore nel sistema nervoso centrale, l’adrenalina viene rilasciata nel sangue. Il rilascio di adrenalina avviene in seguito a stimolazioni da parte del sistema simpatico, che rilascia acetilcolina dalle fibre pregangliari, attivando i recettori colinergici nicotinici, causando l’ingresso di sodio, provocando depolarizzazione della membrana cellulare. In risposta al potenziale d’azione generato, le cellule cromaffini della midollare secernano adrenalina nel circolo sanguigno. L’azione che ne consegue, è caratterizzata da una serie di effetti riconducibili alla definizione “combatti e fuggi”. Infatti, gli effetti di questa risposta a livello sistemico comprendono: rilassamento gastrointestinale, dilatazione dei bronchi, aumento della frequenza cardiaca, del volume sistolico e della gittata cardiaca, ridistribuzione del flusso sanguigno in favore di muscoli, fegato, miocardio e cervello. Dal punto di vista metabolico, per affrontare una situazione di emergenza, l’adrenalina agisce aumentando la glicemia inibendo l’azione dell’insulina e potenziando quella del glucagone. L’adrenalina, quindi, stimola glicogenolisi e gluconeogenesi, inibendo, viceversa, glicolisi e glicogeno sintesi; inoltre aumenta i livelli plasmatici di acidi grassi liberi e di colesterolo LDL per attivazione della trigliceridolipasi.

L’azione dell’adrenalina sulla muscolatura varia in basse al tipo di recettore con cui interagisce. Esistono in fatti diversi tipi di recettori adrenergici localizzati su diversi organi; a livello cardiaco infatti causa un aumento della contrazione agendo su recettori β1, essi

sono localizzati anche a livello renale, dove la loro stimolazione causa l’aumento di secrezione di renina con ritenzione idrica ed incremento della volemia e della pressione

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17 sanguigna. Al contrario, a livello della muscolatura liscia, sono presenti i recettori β2

adrenergici e la loro stimolazione causa rilassamento con conseguente broncodilatazione ed aumento dell’ingresso di ossigeno, vasodilatazione a livello sia coronarico che delle arterie che irrorano la muscolatura scheletrica e dell’arteria epatica con conseguente aumento del flusso sanguigno, aumento della gittata cardiaca ed incremento del metabolismo del fegato e dei muscoli con minor affaticamento.

Altri effetti dell’adrenalina sono sui processi digestivi, con inibizione del tratto gastroenterico mediato dai recettori α2 adrenergici. Infine, l’adrenalina attivando i recettori

α1 adrenergici localizzati sulle arteriole causa vasocostrizione riducendo il flusso sanguigno

alla periferia. Tutte queste azioni permettono ad un individuo di rispondere in modo adeguato ad una situazione di pericolo, ecco perché questo sistema viene attivato dallo stress.

La noradrenalina, oltre a essere un ormone rilasciato in misura minore dalla midollare del surrene, è un neurotrasmettitore del sistema nervoso rilasciato dai neuroni noradrenergici; viene rilasciata in seguito all’attivazione di una area nel tronco encefalico, il locus ceruleus. Le terminazioni simpatiche ad eccezione della midollare del surrene contengono noradrenalina. L’azione della noradrenalina è simile a quella dell’adrenalina; agisce prevalentemente sui recettori α1 e β1 adrenergici, con effetti di intensità maggiore od

uguale a quelli dell’adrenalina.

Ci sono però differenze tra le due catecolammine; infatti per avere un aumento di adrenalina è sufficiente uno sforzo di modesta intensità, un’emozione improvvisa od una situazione di stress moderato, mentre il rilascio di noradrenalina avviene in situazioni di grave allarme o pericolo di vita come un trauma grave, interventi chirurgici od un’infezione sistemica.

Poiché una situazione di tipo stressante causa un’attivazione del sistema adrenergico con secrezione di catecolamine, ecco che l’analisi dei livelli plasmatici di questi ormoni, può essere un utile metodo per valutare il livello di stress di un individuo. Un evento stressante in grado di attivare questo sistema può essere di tipo fisico, come una corsa intensa, oppure di tipo mentale come il calcolo aritmetico a mente. È stato infatti effettuato uno studio su

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18 studenti sottoposti a un test di calcolo aritmetico a mente che ha messo in relazione i livelli plasmatici di adrenalina e noradrenalina con con la pressione sanguigna e con la frequenza cardiaca. Lo stress mentale derivante dal calcolo mentale causa un notevole incremento dei livelli plasmatici di adrenalina e noradrenalina correlati anche all’aumento della pressione sanguigna. [45]

Un’altra catecolammina molto studiata è la dopamina, prodotta in diverse aree del cervello, tra cui la substantia nigra e l’area tegmentale; è presente nei gangli della base nel telencefalo, nell’accumbens, nel tubercolo olfattorio, nel nucleo centrale dell’amigdala, nell’eminenza mediana e nella corteccia frontale. Oltre ad essere un importante neurotrasmettitore può essere anche considerata un neuro ormone rilasciato dall’ipotalamo, la cui funzione principale è l’inibizione del rilascio di prolattina da parte dell’ipofisi. La dopamina presenta anche altri effetti tra cui emesi a livello gastrointestinale, aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca.

La dopamina, come neurotrasmettitore, svolge un ruolo importantissimo a livello cerebrale ed è infatti implicata nella regolazione del movimento volontario, nella modulazione del sonno, della motivazione, dell’umore, dell’attenzione, della memoria e dell’apprendimento. La sua attività è prevalentemente di tipo inibitorio sui neuroni GABAergici.

Anche la dopamina aumenta in risposta ad uno stress, a causa dell’attivazione del sistema simpatico adrenergico e la sua azione risponde a situazioni che richiedono un aumento dell’attenzione e del lavoro mentale. I livelli di catecolammine plasmatiche, lo stress fisico e mentale e l’intelligenza cognitiva risultano strettamente correlati ed i rapporti DA/A e NA/DA sembrano avere effetti positivi sulla capacità di calcolo e di vocabolo nei test QI. [46]

1.5.2 Cortisolo

Oltre al sistema simpatico adrenergico, la risposta allo stress attiva un altro importante sistema neuroendocrino, l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, la cui attivazione induce, come risultato finale, un aumento della secrezione e quindi dei livelli plasmatici di cortisolo

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19 In situazioni stressanti, i centri corticali e sottocorticali modulano l’attivazione dei nuclei paraventricolari dell’ipotalamo inducendo un rilascio di corticotropina (Corticotropin Releasing Hormone, CRH) nel circolo ipofisario. Il CRH, una volta raggiunta l’ipofisi anteriore, induce la produzione di ormone adrenocorticotropo (Adrenocorticotropic hormone, ACTH) il quale una volta rilasciato nel circolo sistemo, raggiunge la ghiandola surrenale stimolando la produzione di cortisolo.

Il cortisolo è un ormone steroideo derivante dal colesterolo ed appartiene alla famiglia dei glucocorticoidi. Presenta una struttura a 21 atomi di carbonio, disposti a formare la tipica struttura del ciclopentanoperidrofenantrene; è sintetizzato a partire dal

progesterone a sua volta derivante dal colesterolo. Una volta secreto nel sangue, il cortisolo si trova nella maggior parte (90-98%) legato alle proteine plasmatiche (CBG) e in minima parte libero. La quota biologicamente attiva è la somma del cortisolo libero e di quello legato all’albumina. La secrezione del cortisolo è caratterizzata dall’avere un ritmo circadiano che segue quella dell’ACTH; presenta, infatti, uno zenit alle ore 7, un picco secretorio preprandiale ed un nadir serale verso le ore 20 (Figura 3). [47]

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20 Il cortisolo sostiene l’omeostasi dell’organismo di fronte a una situazione stressante, stimolando le vie cataboliche agendo sul metabolismo di proteine, di lipidi e di glucidi. Il cortisolo facilita la mobilizzazione degli amminoacidi da cui promuove la gluconeogenesi a livello epatico ed aumenta la concentrazione plasmatica di glucosio con effetto diabetogeno. A livello muscolare inibisce la sintesi proteica e ne aumenta il catabolismo, facilita la mobilizzazione dei lipidi dal tessuto adiposo, stimola la lipogenesi nella regione toraco-addominale e nel viso (tipico effetto collaterale dei farmaci a base di cortisone). È quindi un ormone antinsulinico nonostante promuova la glicogenosintesi, azione che lo distingue dal glucagone.

Oltre a queste funzioni metaboliche, il cortisolo agisce sul sistema cardiovascolare inducendo vasocostrizione, mentre a livello respiratorio induce bronco dilatazione ed a livello renale induce l’escrezione di fosfati e calcio riducendo il riassorbimento di quest’ultimo; svolge diverse funzioni sul sistema endocrino come riduzione della secrezione di testosterone, aumento del rilascio di paratormone e riduzione dell’attività dell’ormone della crescita. [48]

A livello del sistema nervoso centrale causa euforia, insonnia e ipereatività; inoltre il cortisolo agisce, con un meccanismo a feed-back negativo (figura 4), a livello ipotalamico inibendo la produzione di CRH con conseguente riduzione della secrezione ipofisaria di ACTH e quindi inibendo la secrezione di ulteriore cortisolo. [49]

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Figura 4-Risposta allo stress dell'asse Ipotalomo-Ipofisi-Surrene

Il cortisolo svolge anche un’importante funzione modulatoria sul sistema immunitario; infatti presenta un’azione antiinfiammatoria, inibendo l’enzima 5-lipossigenasi presente nella cascata dell’acido arachidonico e responsabile della produzione dei leucotrieni, mediatori dell’infiammazione. Il cortisolo, inoltre, riduce il livello di linfociti circolanti, la sintesi degli anticorpi e la chemiotassi con il risultato di un effetto generale di riduzione delle difese immunitarie e quindi maggiore suscettibilità a contrarre patologie.

È importante quindi valutare i livelli di questo ormone nel sangue, per avere informazioni sul livello di attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Considerate le variazioni di cortisolo durante la giornata, è essenziale standardizzare l’orario del prelievo del campione al fine di ottenere una corretta interpretazione. Le analisi dei livelli di cortisolo nel siero si possono riferire alla forma bioattiva ovvero la forma libera, oppure si può analizzare la forma totale risultante dalla somma tra frazione libera e legata. Mediante l’analisi dei livelli del cortisolo plasmatico, è possibile ottenere informazioni sulle diverse risposte a stress psicologici tra individui diversi. La risposta a uno stesso stress è associata a vari tratti della personalità; infatti individui con un’apertura mentale maggiore presentano un livello di cortisolo inferiore rispetto ad individui con un punteggio inferiore. [50] Situazioni psicologicamente stressanti, come essere soggetti ad una valutazione provoca un

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22 incremento della cortisolemia. [51] Tuttavia non tutti gli eventi stressanti provocano questo tipo di risposta ed inoltre, come già detto, è presente una notevole variabilità individuale. [52]

Nonostante i molti studi, l’analisi della cortisolemia presenta diversi limiti, come l’alta presenza di fonti di errore legati alle caratteristiche del campione in relazione al metodo usato, la possibile presenza di interferenze nella matrice, o derivanti da un eventuale trattamento del campione. Un altro problema può derivare dal metodo di ottenimento del campione, perché il prelievo ematico può essere un evento stressante per l’individuo e questo potrebbe causare un risultato non attendibile.

Viste le problematiche derivanti dall’utilizzo del sangue come fluido biologico, per valutare la risposta allo stress, la ricerca ha identificato una valida alternativa, la saliva.

La raccolta del campione salivare è particolarmente indicata per la sua non-invasività e per la quasi completa assenza di influenza sullo stato di stress del paziente, non richiede inoltre personale specializzato come per il prelievo di sangue.

Molti studi riportano l’analisi del cortisolo salivare, per valutarne i livelli circolanti; infatti le concentrazioni salivari di cortisolo rispecchiano i livelli plasmatici dell'ormone libero, cioè la frazione non legata alle proteine trasportatrici. Le concentrazioni salivari di cortisolo corrispondono a circa il 50-60% di quelle del cortisolo libero sierico.

Il cortisolo salivare quindi è utile per valutare l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene mentre per quanto riguarda il sistema simpatico adrenergico è utile valutare il

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23 contenuto proteico della saliva in quanto l’innervazione simpatica stimola la secrezione di proteine da parte delle cellule degli acini delle ghiandole salivari (Figura 5). [53]

Figura 5-Controllo della secrezione salivare ad opera del sistema simpatico e parasimpatico

1.6 Proteomica salivare

Con il termine saliva, si indica la secrezione dalle ghiandole salivari situate nella cavità orale, che si suddividono in salivari maggiori comprendenti la parotide, le sottomandibolari e le sottolinguali e salivari minori. Quest’ultime sono localizzate nelle labbra e nella mucosa interna della bocca.

Il fluido salivare ha diverse funzioni comportandosi da solvente, per il prevalente contenuto di acqua, che agisce anche come umettante bagnando il bolo così da evitare danneggiamento degli epiteli. La saliva, grazie alla sua composizione, ha una funzione antibatterica, opponendosi alla crescita di batteri nel cavo orale; ha un pH neutro che oscilla tra 6,5 e 7,5 che si abbassa in caso di scarsa igiene orale, con conseguente danno ai tessuti duri del dente. Altra funzione molto importante della saliva è quella digestiva, grazie alla presenza di proteine come l’-amilasi, un enzima in grado di idrolizzare i legami glicosidici dei carboidrati.

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24 La saliva è composta per il 98% da acqua, il restante 2% è costituito da:

• elettroliti: come ioni potassio, calcio, magnesio, cloruro, bicarbonato, fosfato; • muco costituito da glicosaminoglicani e glicoproteine;

• proteine con funzione antibatterica come le immunoglobuline IgA, l’enzima perossidasi, la lattoferrina ed il lisozima;

• proteine di cui alcune con funzione enzimatica come: l’albumina, l’actina, l’-amilasi, l’anidrasi carbonica, la lipasi, pepsina ed altri enzimi;

• cellule epiteliali e neutrofili;

• batteri e virus in caso di infezioni del cavo orale;

• altre sostanze come cortisolo salivare, testosterone, estrogeni ed urogastrone.

Data la sua composizione, la saliva è considerata un utile fluido biologico per scopi diagnostici (Tabella 1)

Tabella 1-Diversi componenti salivari con potenzialità diagnostiche

Cellule e particelle

Cellule epiteliali; Neutrofili; Microrganismi (batteri, virus e protozoi); Micro particelle (0.1-1μm); Esosomi (<0,1 μm)

Proteine e peptidi

Glicoproteine Mucina (MUC5B, MUC7); Staterine; Anidrasi carbonica 6; Istatine; IgA; IgG; Albumina,Lisozima;

Lactoferrina; Interleukina 8; Fattore di crescita nervoso; Leptina;

Acidi nucleici

mRNA; RNA non codificante; microRNA;

Ormoni steroidei

Estrogeni; Testosterone; Cortisolo;

Lipidi Trigliceridi; Colesterolo; Molecole segnale Adenosina difosfato Ioni Na+ ; Cl ; Ca2+

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25 La secrezione salivare è sotto il controllo del sistema nervoso autonomo e regolata dai riflessi. La via riflessa è costituita da una componente afferente, il centro salivare, e una efferente che porta all’attivazione delle cellule delle ghiandole salivari. Il riflesso gustativo-salivare coinvolge i segnali sensoriali dei chemocettori gustativi attivati nelle papille gustative linguali, della faringe e della laringe, che vengono trasmessi al nucleo del tratto solitario lungo le fibre sensoriali dei nervi facciali, glossofaringeo e vagale. [54] Il riflesso masticatorio volontario conduce impulsi somatosensoriali, che sono principalmente indotti dall'attivazione dei meccanocettori nel legamento parodontale durante la masticazione, ma anche dall'attivazione di propriocettori e/o nocicettori nella cavità orale, attraverso i nervi sensoriali trigemino e glossofaringeo ai nuclei trigemino mesencefalico e spinale. [55] I segnali trasmessi dai nuclei sensoriali lungo i neuroni ascendenti di secondo e terzo ordine, attivano i centri cerebrali superiori, che modulano i riflessi attraverso gli input efferenti. Quindi non solo gli impulsi afferenti masticatori e gustativi, ma anche gli stimoli olfattivi, nocicettivi, termocettivi e psichici influenzano la salivazione. [55]

Gli impulsi afferenti sono trasmessi al centro salivare, comprendente i nuclei salivari parasimpatici superiori ed inferiori nel tronco cerebrale ed il centro simpatico di salivazione nei segmenti toracici superiori del midollo spinale, ed alle strutture cerebrali superiori, che possono inviare sia proiezioni efferenti eccitatorie che inibitorie ai nuclei salivari (figura 6). Gli input sono integrati nei centri di salivazione, che inducono la generazione di impulsi nervosi nei neuroni parasimpatici e simpatici che innervano le ghiandole salivari. Nel cervello umano, gli esatti percorsi neuroanatomici per le connessioni tra il centro di salivazione e le strutture del proencefalo non sono ancora stati completamente esplorati, e la maggior parte delle conoscenze sulle proiezioni dai centri cerebrali superiori al tronco cerebrale deriva da studi sugli animali. [56]

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Figura 6-Innervazione simpatica delle ghiandole salivari

La parte efferente del riflesso è costituito da neuroni secretomotori parasimpatici e simpatici, che innervano le ghiandole salivari. Nel complesso, l'innervazione parasimpatica delle cellule delle ghiandole salivari è più abbondante dell'innervazione simpatica. Dopo stimolazione, i nervi parasimpatici e simpatici causano la secrezione di fluidi e di proteine, così come la contrazione delle cellule mioepiteliali, e le due componenti del sistema nervoso autonomo interagiscono sinergicamente. Poiché l'attività parasimpatica porta a grandi volumi di saliva e l'attività simpatica si manifesta in piccoli volumi, la secrezione salivare indotta dalla stimolazione parasimpatica è caratterizzata dall’essere povera di proteine (in termini di concentrazione) al contrario della saliva indotta dalla stimolazione simpatica che risulta essere ricca di proteine. [57]

Diversi studi indicano un possibile ruolo secretorio degli ormoni gastrointestinali. [58] La gastrina, la colecistochinina e la melatonina (quest'ultima trovata in grandi quantità nell'intestino a parte la sua tradizionale localizzazione pineale) inducono la secrezione proteica, ma non la secrezione di fluidi nella parotide del ratto. [59] Inoltre, studi in vitro, sul tessuto della parotide umana, dimostrano un incremento dell’esocitosi acinosa di granuli proteici, dopo stimolazione con pentagastrina e melatonina. Pertanto, le ghiandole

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27 salivari e le loro secrezioni possono, come altre ghiandole digestive, essere sotto il controllo di una fase cefalica (nervi), una fase gastrica (gastrina) e una fase intestinale (colecistochinina e melatonina). [60]

La funzione delle ghiandole salivari è sotto l'influenza di vari fattori e stimoli, che possono alterare il volume, il flusso e la composizione della saliva. Ad esempio, la quantità di saliva mostra variazioni circadiane, con un picco nel pomeriggio e un intervallo di 12 ore tra i tassi secretori più alti e quelli più bassi. Le proteine salivari mostrano un andamento simile, a differenza delle concentrazioni di sodio e di cloruro, che seguono un ritmo inverso con livelli più alti la mattina. È quindi necessario prestare attenzione a queste variazioni, in caso di prelievo per scopi analitici.

Un altro fattore che può influenzare la secrezione salivare è il livello di idratazione del corpo. È stato dimostrato che la velocità del flusso salivare diminuisce significativamente negli adulti sani sia giovani che anziani dopo un periodo di 24 ore di astinenza dai liquidi e dal cibo [61] e che le condizioni di disidratazione acuta causano una riduzione della salivazione.

La saliva svolge molteplici funzioni, che sono importanti per il mantenimento della salute orale e generale. La saliva lubrifica e purifica i denti e la mucosa orale mantenendo il pH neutro attraverso il suo effetto tampone, previene la demineralizzazione dei denti e esercita azioni antimicrobiche, avvia la digestione enzimatica dell'amido ed è indispensabile per la masticazione e la deglutizione. [62] Svolge anche un ruolo importante nel mantenimento dell’integrità della mucosa e nella formazione del microbiota orale permettendo l’adesione inziale e la colonizzazione dei microrganismi.

Le numerose funzioni svolte dalla saliva derivano, in parte, dal suo numeroso contenuto proteico di cui una parte è di origine microbica. Le proteine salivari sono coinvolte in una serie di funzioni, ad esempio le proteine acide ricche di prolina, l’istatina e la cistatina hanno un’alta affinità per l’idrossiapatite. La staterina, in particolare, inibisce la precipitazione dei sali di fosfato di calcio dalla saliva e quindi svolge un ruolo centrale nell'integrità dei denti. [63] Altre proteine mostrano una multifunzionalità ed una sinergia

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28 nell’azione, come le istatine, proteine basiche, che svolgono un ruolo nella guarigione delle ferite, nella fissazione dello smalto e presentano, anche, un’attività antimicrobica. [63] Altro ruolo importante della saliva, è la capacità tamponante ascritta alla presenza di elettroliti come fosfati, bicarbonati e a proteine che partecipano al mantenimento del pH salivare che è importante per il mantenimento del microbiota salivare. [64,65] In particolare, il bicarbonato agisce come tampone ideale nel cavo orale, anche grazie all’azione dell’anidrasi carbonica 6, enzima che catalizza la conversione del bicarbonato a anidride carbonica gassosa e acqua, con conseguente riduzione dell’acidità. [66]

Recenti studi hanno anche rivelato la presenza nella saliva di diverse centinaia di acidi grassi, peptidi, amminoacidi ed altri metaboliti a basso peso molecolare che costituiscono il metaboloma salivare umano, e questi forniscono biomarcatori dell’attività metabolica umana e microbica. [67]

La saliva quindi risulta essere una matrice biologica ricca di proteine che variano in base a diverse situazioni. In particolare, diversi studi dimostrano come l’-amilasi sia un buon indicatore del grado di attivazione del sistema simpatico adrenergico (SAM) e quindi risulta utile l’analisi dei livelli di questa proteina nella saliva, per valutare la risposta di un individuo allo stress.

1.6.1 L’-amilasi

L’enzima -amilasi è una proteina presente nella saliva, appartenente alla famiglia delle idrolasi; la sua massa è di circa 55 KDa mentre il suo punto isoelettrico è 6,34. (Figura 7)

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Figura 7- Struttura tridimensionale dell’-amilasi

L’-amilasi è un enzima abbondante nella saliva, che esercita diversi ruoli nella biologia del cavo orale; la sua funzione principale è quella di catalizzare l’idrolisi dei legami -1-4 glicosidici di vari polimeri del glucosio ed è, quindi, importante nelle prima fasi della digestione dei carboidrati. Viene sintetizzata e secreta dalle cellule acinose, che costituiscono oltre l'80% delle cellule principali delle ghiandole salivari. [68] Oltre alla sua primaria funzione idrolitica dell’amido e del glicogeno, è, anche, coinvolta nell’immunità del cavo orale poiché inibisce l’aderenza e la crescita batterica.

L’amilasi salivare è il prodotto dei geni AMY1A, AMY1B ed AMY1C che codificano sequenze proteiche identiche [69], ma mostrano variazioni interindividuali del numero delle copie e quindi dell’espressione della proteina. [70]

L’-amilasi subisce diverse modificazioni post-traduzionali, [71] con il 25% dell’amilasi salivare che è glicosilata mentre percentuali variabili dell’enzima subisce deamidazione di residui di asparagina e di glutammina. [72] La presenza di proteasi nel cavo orale causa un grande numero di isoforme di amilasi; infatti uno studio che ha esaminato la mappatura dei polipeptidi salivari mediante 2-DE seguita da analisi di massa MALDI-TOF ha evidenziato

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30 la presenza di oltre 140 isoforme separate di amilasi, confermando, anche, che questa grande diversità è attribuibile all’attività delle proteasi. [73]

Sono stati riportati cambiamenti nei livelli di questo enzima, in seguito a patologie come la paradontite [74] e la sindrome di Sjögrens [75]; altre alterazioni sono state evidenziate in seguito al legame dei tannini salivari. [76,77]

In questi ultimi anni questa proteina ha acquisito un interesse particolare, come indicatore di stress. Infatti, sono presenti molti studi che evidenziano una variazione positiva dei livelli di -amilasi in seguito a situazioni di stress fisico e psichico, da correlarsi all’attivazione del sistema simpatico.

Già nel 1979, Gilman riportava che l'intenso esercizio fisico causa l’aumento dei livelli dell’-amilasi salivare e questo incremento deriva dall’attivazione di recettori adrenergici sulle cellule delle ghiandole salivari. [78] A conferma di questo nel 1996 è stata trovata una significativa correlazione positiva tra livelli di amilasi salivare e di noradrenalina plasmatica in risposta ad una corsa di 20 minuti. [79] Per quanto riguarda lo stress psicologico sono stati rilevati marcati aumenti dell’-amilasi in risposta ad un lancio con il paracadute [80] ed ad un videogioco stressante. [81]

Lo stress psicosociale fa, quindi, aumentare i livelli di amilasi salivari e questo è stato confermato da una serie di studi che hanno utilizzato il Trier Social Stress Test (TSST). [82] Per studiare ulteriormente l'associazione delle risposte salivari dell’alfa-amilasi con il sistema nervoso autonomo, due studi hanno utilizzato un approccio farmacologico. L'applicazione di un bloccante dei recettori -adrenergici ha avuto successo nel ridurre gli aumenti di amilasi indotti da stress [83], mentre la stimolazione del sistema nervoso simpatico con la somministrazione di un antagonista dei recettori 2-adrenergici, la

yohimbina, ha portato all’aumento dell’amilasi salivare. [84]

Un problema chiave nel determinare la validità delle misurazioni dell’amilasi, è se essa sia indipendente dal flusso salivare. Infatti, la secrezione di saliva è generalmente attivata da stimoli tattili e gustativi a livello del cavo orale e da stimoli visivi ed olfattivi. La stimolazione meccanica o con fluidi induce un aumento del flusso salivare ed anche un decremento del pH induce una maggiore secrezione di saliva. [85] Mentre la stimolazione della secrezione

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31 delle proteine salivari è generalmente attribuita alla stimolazione simpatica, il flusso è principalmente mediato dai nervi parasimpatici. [86] Poiché il sistema parasimpatico stimola la velocità del flusso salivare, l'inibizione indotta dallo stress tende quindi a ridurre tale flusso. Una diminuzione del flusso di saliva in presenza di una secrezione proteica invariata, teoricamente potrebbe portare ad un incremento della concentrazione proteica nella saliva senza un effettivo aumento della secrezione proteica da parte delle cellule acinose. Ciò ridurrebbe l'utilità dell’-amilasi salivare come marker per l'attivazione simpatica.

Per verificare questa ipotesi, è necessario conoscere il tipo di risposta allo stress, il flusso salivare e risulta, anche, molto utile il monitoraggio del ritmo cardiaco. [87] Per esempio è stato segnalato una riduzione del flusso salivare in un modello di stress accademico dove il flusso era inferiore nel giorno del test accademico [88]. Il flusso sembra diminuire anche in risposta all'esercizio fisico. [89] È stato segnalato un incremento del flusso salivare in seguito alla visione di un video stressante, mentre il flusso appare ridursi durante un’attività mnemonica. [90]

In conclusione, l’analisi dell’-amilasi salivare, risulta essere, nonostante alcuni limiti, uno strumento utile per saggiare la risposta a stimoli stressanti sia fisici che psichici, ma è necessario un monitoraggio di altri parametri come elettroencefalograma (EEG) e elettrocardiogramma (ECG) e conduttività cutanea per verificare l’effettiva attivazione del sistema simpatico in seguito allo stimolo stressante.

1.6.2 IgA ed altre proteine

Oltre all’amilasi salivare, sono presenti nella saliva altre proteine che variano in risposta allo stress, come per esempio le immunoglobuline IgA.

Le IgA sono un tipo di anticorpi che come le altre classi di immunoglobuline vengono prodotte dai linfociti B e più precisamente dalle plasmacellule. Possono essere sintetizzate in forma monomerica e dimerica e svolgono importanti funzioni immunitarie a livello delle mucose oltre che nell’immunità neonatale. Una IgA in forma monometrica è costituita come tutte le immunoglobuline, da una coppia di catene pesanti(H) ed una di catene

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32 leggere (L). Le catene leggere, di tipo  e , sono uguali in tutte le immunoglobuline e contengono ognuna due domini, uno variabile (VL) ed uno costante (CL). Le catene pesanti sono di tipo α, contengono un dominio variabile (VH o Vα) e tre domini costanti (CH1/2/3). Le catene α, inoltre, possono essere di due diversi sottotipi, α1 e α2. Pertanto, si distinguono due possibili sottoclassi di IgA, le IgA1 e le IgA2, con struttura e funzioni analoghe.

Le IgA possono anche essere in forma dimerica, ed è questa la forma con cui si presentano più frequentemente soprattutto nelle secrezioni. In questo caso, due monomeri IgA vengono collegati mediante ponti disolfuro che si formano a livello delle estremità carbossi-terminali delle catene α. Inoltre, per stabilizzare il complesso, ad esso viene addizionato un polipeptide di 15 kDa che prende il nome di catena J (join chain). In particolare, le IgA presenti nella saliva (IgA secretorie o sIgA) sono in forma dimerica e presentano una componente polipeptidica addizionale detta componente secretoria (SC) responsabile della resistenza alla proteolisi dell’immunoglobulina. (Figura 8)

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33 Quindi la composizione molecolare delle IgA salivari è (IgA)2-J-SC, ed il suo peso molecolare è circa 2,5 volte maggiore delle IgA presenti nel siero in forma monomerica. [91,92,93] La funzione principale delle sIgA è quella di opporsi all’ingresso di agenti patogeni e di blocco della loro infettività in particolare assicurando l’immunità antivirale. Infatti, il legame dell’sIgA al capside virale abolisce la capacità del virus stesso di penetrare ed infettare in modo produttivo le cellule [94,95]

Numerosi studi hanno dimostrato che i livelli di sIgA presenti nella saliva, sono soggetti a variazioni in risposta a fattori dietetici, fisici e psichici; questa variabilità rende le sIgA salivare un possibile marker biologico per valutare le variazioni della risposta immunitaria in risposta a diversi stimoli. Un importante fattore da considerare per determinare la concentrazione delle sIgA è il flusso salivare, il quale è controllato da una varietà di fattori, come l’ingestione di cibo, la stimolazione sensoriale, l’uso di farmaci, il fumo, il posizionamento del corpo, il grado di idratazione [96,97] e lo stress.

In studi che hanno coinvolto persone anziane, è stato osservato che il cambiamento più grave per i meccanismi di difesa del cavo orale è l’iposalivazione [98,99], mentre le concentrazioni assolute delle sIgA non mostravano variazioni significative. Considerando il flusso salivare e le concentrazioni di sIgA, è possibile postulare il tasso di secrezione, cioè la quantità totale di sIgA presenti nel cavo orale. Questa valutazione si ottiene moltiplicando la concentrazione assoluta delle sIgA con la velocità di flusso salivare. Anche l’attività fisica agisce sui livelli salivari di sIgA. Infatti, è stato osservato che l’attività intensa di atleti in vista di competizioni abbassa la concentrazione di sIgA e il tasso di secrezione nella saliva. [100,101]

Una scoperta interessante è stata che la stimolazione del flusso salivare può contrastare il basso tasso di secrezione basale delle slgA. Questa conclusione deriva da uno studio condotto su un giovane studente universitario, che dall’anamnesi mostrava frequenti infezioni del tratto respiratorio superiore. È stato riscontrato un basso livello di sIgA, un flusso salivare ed un tasso di secrezione inferiore rispetto a studenti della stessa età e che svolgevano un’attività simile. A seguito della stimolazione del flusso salivare mediante

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34 acido citrico, è stato ripristinato il livello normale di sIgA. [102] Questo esperimento ha dimostrato la correlazione tra flusso salivare e livelli di sIgA.

I livelli delle sIgA salivari hanno anche acquisito importanza per valutare la risposta allo stress, in quanto sono soggetti a variazioni in seguito ad eventi desiderabili od indesiderabili, a problemi quotidiani e prestazioni cognitive. [103] Una riduzione significativa dei livelli di sIgA è stata riscontrata durante un esame, mentre nei giorni precedenti è stato riscontrato un incremento di tali livelli. [104,105] Ciò significa che le circostanze di esami accademici sono condizioni stressanti che causano cambiamenti nelle funzioni del sistema immunitario. Il risultato di questa osservazione è coerente con precedenti studi che hanno dimostrato che lo stress da esame in studenti di medicina sani potrebbe portare a ridurre i parametri del sistema immunitario con una diminuzione della sua attività ed una minore capacità di controllare l'espressione di virus latenti come il virus Epstein-Barr (EBV) ed il virus Herpes Simplex di tipo 1 (HSV-1).[106]

In un altro studio, sono stati osservati aumenti dei livelli di sIgA e cortisolo salivare dopo un esame basato sul calcolo aritmetico mentale. Tuttavia, l'aumento delle sIgA era transitorio mentre la riduzione delle sIgA nei 20 minuti successivi allo stress era significativamente correlata con l'aumento del cortisolo salivare. Inoltre, studi precedenti su animali da laboratorio hanno dimostrato la relazione tra cortisolo e livelli di sIgA dopo una situazione stressante.[107] È stato riportato che il livello basale di sIgA e di cortisolo potrebbe predire gli esiti, legati allo stress, sulla salute. A seguito di una sessione d’esame, studenti con livelli basali di sIgA bassi ed alti livelli di cortisolo hanno mostrato esiti sulla salute peggiori rispetto a studenti con alti livelli basali di sIgA e bassi livelli di cortisolo. In effetti, il rilascio eccessivo di cortisolo, come detto in precedenza, può sopprimere la funzione immunitaria ed avere effetti negativi sulla salute, ed è quindi necessario valutare i livelli di entrambi per avere un’indicazione più precisa.

In futuro, può essere utile valutare gli effetti di stimoli olfattivi e gustativi sul flusso salivare e conseguentemente anche sui livelli delle sIgA salivari. In conclusione, l’analisi delle sIgA salivari, così come di altri parametri, è un ottimo strumento per valutare la risposta allo

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