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Ruolo del microbiota intestinale nella fisiopatologia delle malattie neurologiche

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Indice

Riassunto ... 2

Introduzione ... 3

Capitolo 1: Cenni di anatomia dell’intestino e panoramica del Microbiota ... 5

1.1.Cenni di anatomia dell’intestino ... 5

1.2. Microbiota intestinale ... 7

1.2.1.Definizione ... 7

1.2.2.Composizione ... 11

Capitolo 2: Ruolo del microbiota intestinale nel mantenimento dell’omeostasi intestinale ... 13

2.1.Interazione del microbiota con la barriera intestinale ... 17

2.2.Interazione del microbiota con il sistema immunitario ... 23

2.3.Interazione del microbiota con il Sistema Nervoso Enterico ... 29

Capitolo 3: Ruolo del microbiota intestinale nel mantenimento dell’omeostasi nel SNC 36 Capitolo 4: Ruolo del microbiota intestinale nella MP e nella MA ... 44

4.1. Malattia di Parkinson (MP) ... 44

4.1.1. Epidemiologia e caratteristiche cliniche ... 45

4.1.2. Basi patogeniche e fisiopatologiche ... 49

4.1.3. Attuali terapie ... 51

4.1.4. Microbiota intestinale nella malattia di Parkinson ... 53

4.1.5. Evidenze cliniche ... 54

4.1.6. Evidenze precliniche ... 59

4.2. Malattia di Alzheimer (MA) ... 62

4.2.1. Epidemiologia e caratteristiche cliniche ... 63

4.2.2. Basi patogeniche e fisiopatologiche ... 66

4.2.3. Attuali terapie ... 67

4.2.4. Microbiota intestinale nella malattia di Alzheimer ... 71

4.2.5. Evidenze cliniche ... 71

4.2.6. Evidenze precliniche ... 73

Conclusioni ... 78

Bibliografia ... 85

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Riassunto

Le malattie neurologiche, come la malattia di Parkinson (MP), la malattia di Alzheimer (MA), la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la sclerosi multipla (SM), sono spesso associate a disturbi gastrointestinali funzionali. Questi disturbi gastrointestinali possono verificarsi in tutte le fasi delle malattie neurodegenerative, a tal punto che ora sono considerati parte integrante del loro quadro clinico. Diverse linee di evidenza supportano la tesi secondo cui, nelle malattie neurodegenerative centrali, i cambiamenti nel microbiota intestinale e le alterazioni del sistema neuro-immune enterico potrebbero contribuire a disfunzioni gastrointestinali, nonché all'inizio ed alla diffusione verso l'alto del disturbo neurologico. Il presente elaborato ha lo scopo di fornire una panoramica completa delle conoscenze disponibili sul ruolo svolto dal microbiota enterico, dal sistema immunitario della mucosa e dal sistema nervoso enterico, considerati come una rete integrata, nella fisiopatologia delle principali malattie neurologiche note per essere associate ai disturbi intestinali. Inoltre, lo scopo della mia tesi è discutere criticamente le attuali evidenze cliniche e precliniche sul ruolo del microbiota intestinale nella fisiopatologia delle malattie di Parkinson e Alzheimer.

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Introduzione

I disturbi neurologici, come la malattia di Parkinson (MP), la malattia di Alzheimer (MA), la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la sclerosi multipla (SM), sono spesso associati a disturbi gastrointestinali (GI) funzionali, inclusi sporadici movimenti intestinali, distensione addominale e stipsi, causando un impatto negativo sulla qualità della vita dei pazienti, contribuendo così alla morbilità di queste malattie e complicando la loro gestione clinica [1], [2], [3]. Di nota, i disturbi gastrointestinali nei disordini neurologici possono verificarsi in tutte le fasi del processo neurodegenerativo, a tal punto che ora sono considerati parte integrante del quadro clinico [4]. Tale correlazione è ad oggi oggetto di numerosi studi, favoriti dalle sempre più diffuse ed efficaci tecniche di diagnostica molecolare. Diverse linee di evidenze supportano la tesi secondo cui, nelle malattie neurodegenerative centrali, gli squilibri dell'asse cervello-intestino neuro-immune potrebbero portare al verificarsi di condizioni neuroinfiammatorie intestinali e disfunzioni GI [5], [6]. Altre, in linea con l'ipotesi di Braak sulla patogenesi della malattia di Parkinson, affermano che le malattie neurodegenerative centrali potrebbero avere esordio nel sistema nervoso enterico (SNE) per poi diffondersi progressivamente verso il sistema nervoso centrale (SNC) attraverso le vie nervose che collegano l'intestino al cervello (cioè il nervo vago) [7]. A questo proposito, l'accumulo di α-sinucleina (una proteina, segno distintivo della MP) nei neuroni mienterici rappresenta uno dei primi segni della malattia, che potrebbe contribuire allo sviluppo di disturbi GI e a una successiva diffusione verso l’alto della MP attraverso la trasmissione dei prioni tra i neuroni [8], [9].

Vi sono anche prove crescenti che suggeriscono che i cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale possano contribuire ai disturbi gastrointestinali e alla patogenesi di diverse malattie neurodegenerative [10]. Infatti, i pazienti con MP, MA, SLA e SM presentano una composizione batterica colica diversa rispetto a quella dei controlli su pazienti sani, incentrata verso un profilo pro-infiammatorio [11], [12], [13], [14], [15]. Sulla base dello sfondo

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sopra riportato, il presente elaborato tenterà di fornire una panoramica completa delle attuali conoscenze sul ruolo svolto dal microbiota enterico, dal sistema immunitario mucoso e dall’ SNE, considerati come una rete integrata, nella fisiopatologia delle principali malattie neurologiche, prestando una particolare attenzione alla malattia di Parkinson, alla malattia di Alzheimer e ai loro disturbi intestinali associati. Inoltre, sulla base degli attuali dati relativi all’uomo e sulla base delle prove pre-cliniche, vogliamo discutere criticamente se i cambiamenti nell'interazione dinamica tra il microbiota intestinale, la barriera epiteliale intestinale e il sistema neuro-immune enterico sono una conseguenza della neurodegenerazione centrale o rappresentano il punto di partenza del processo neurodegenerativo, e se il dismicrobismo enterico può essere considerato un percorso comune che guida l'insorgenza delle principali malattie neurodegenerative, anche se ciascuna malattia presenta caratteristiche cliniche distinte.

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Capitolo 1: Cenni di anatomia dell’intestino e panoramica

del Microbiota

1.1.Cenni di anatomia dell’intestino

L'intestino è una porzione dell'apparato digerente compresa tra il piloro e l'orifizio anale (Fig.1). Anatomicamente è suddiviso in due tratti, distinti in intestino tenue ed intestino crasso.

Figura 1 Anatomia dell'intestino

L'intestino tenue è un organo cavo di forma tubulare. Inizia con lo sfintere pilorico e termina con la valvola ileocecale nell'ileo terminale connettendo perciò lo stomaco all'intestino crasso. È diviso in tre parti: duodeno, digiuno ed infine ileo. Sulle pareti interne dell'intestino tenue sono presenti delle piccole estroflessioni, i villi intestinali, costituiti da più cellule epiteliali, ciascuna delle quali possiede altre minuscole estroflessioni, i microvilli, che, nel loro insieme, formano l'orletto a spazzola. Ogni cellula epiteliale a sua volta possiede due tipi di cellule: gli enterociti e le cellule caliciformi. Nella prima parte dell’intestino tenue (duodeno) vengono secreti degli enzimi che idrolizzano i glucidi, i lipidi, gli acidi nucleici e i protidi.

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Alcuni enzimi vengono prodotti in apposite ghiandole (pancreas, fegato, cistifellea) e arrivano all'intestino per compiere la sintesi molecolare dei vari alimenti. A livello dell’intestino tenue viene completata la digestione degli alimenti e il 90% dei principi nutritivi ottenuti viene assorbito.

Il duodeno è il primo tratto dell'intestino tenue, si sviluppa al di sopra dell'ombelico e la sua forma ricorda quella di una "C" con il tratto inferiore allungato, la cui convessità è rivolta a destra e la curva è antero-posteriore. Sino alla metà del primo tratto (2,5–3 cm dal piloro) il duodeno è intraperitoneale; per il resto del suo decorso è retroperitoneale, con una piccola porzione intraperitoneale a livello dell'angolo duodeno-digiunale. Il digiuno è il secondo tratto dell'intestino tenue; la sua lunghezza media è di 2,5 metri. L'assorbimento a livello del digiuno è massimo, di conseguenza rimane spesso vuoto; da questa osservazione il nome, in quanto nel cadavere si trova generalmente privo di contenuto. L'ileo è la parte finale dell'intestino tenue, preceduto da duodeno e digiuno. È separato dal cieco tramite la valvola ileocecale. La funzione principale dell’ileo è quella di assorbire la vitamina B12, gli acidi della bile ed eventuali prodotti non assorbiti dal digiuno. L'intestino crasso è la seconda e ultima parte del sistema digestivo, con la funzione principale di assorbire l'acqua rimanente dai resti non assimilati del cibo, espulsi in seguito tramite l'ano. L'intestino crasso è diviso in cieco, colon e retto; il colon viene suddiviso anatomicamente in sei tratti che vengono rispettivamente chiamati: cieco, colon ascendente, colon trasverso, colon discendente, sigma e retto (Fig.2).

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Figura 2 Intestino crasso

I compiti dell’intestino crasso sono quello assorbire l’acqua e gli elettroliti che passano attraverso la valvola ileocecale, assimilare le vitamine che vengono create dai batteri del colon e compattare le feci mantenendo la materia fecale nel retto fino all’atto della defecazione.

Per vivere, la flora batterica intestinale ricava l'energia necessaria al proprio sostentamento dalla digestione della fibra alimentare e di altri prodotti (soprattutto zuccheri) che risultano indigeribili all'uomo. Dalla degradazione batterica della fibra si formano gli acidi grassi a catena corta che vengono utilizzati dal nostro organismo per ricavare energia. Le feci, espulse all'esterno attraverso l'ano, sono costituite prevalentemente da acqua (75%), batteri, grassi (poiché la loro digestione è più complicata di quella degli altri nutrienti), sostanze inorganiche (minerali ed in particolare calcio, ferro, zinco), proteine, materiale non digerito (in particolare la fibra) e dagli enterociti desquamati [16], [17].

1.2. Microbiota intestinale 1.2.1.Definizione

Il microbiota intestinale è uno degli elementi fondamentali di tutto l’ecosistema intestinale. Quest’ultimo, infatti, comprende tre componenti: la barriera intestinale, un filtro molto selettivo e importante per il benessere dell’intero organismo, una

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struttura di tipo neuroendocrino oggi chiamata comunemente “secondo cervello” e, infine, il microbiota intestinale che, pur non essendo un vero organo perché funzionalmente ci appartiene, da sempre ci accompagna nell’evoluzione filogenetica.

Con il termine microbiota intestinale si definisce la comunità microbica del tratto enterico –viene stimato che il numero di cellule microbiche, che risiedono nel lume, sia maggiore di circa 10 volte rispetto al numero totale di cellule del nostro organismo, che le specie batteriche presenti siano più di mille, ed infine, che i batteri possiedano una quantità di geni 150 volte superiore a quella del genoma umano–, costituita prevalentemente da batteri, oltre a lieviti, parassiti e virus. Quando queste comunità vivono in equilibrio vi è una condizione definita di eubiosi. Il termine Eubiosi deriva dal greco ed è composto dal prefisso eu- (buono) e da biotikós (vitale): letteralmente, “benefico per la vita”, “(che assicura) il ben vivere. L’omeostasi, come già accennato in precedenza, è molto importante perché permette alle varie componenti del microbiota intestinale di essere funzionalmente efficaci e soprattutto di essere sincronizzate sia tra di loro, sia con gli altri componenti dell’ecosistema intestinale.

In tal modo il microbiota è in grado di svolgere una serie di funzioni essenziali per l’ospite: funzioni di tipo metabolico come la sintesi di sostanze utili all’organismo, di tipo enzimatico, di protezione e stimolo verso il sistema immunitario e di eliminazione di tossici. Pertanto, il ruolo che svolge un microbiota in eubiosi, è fondamentale per la salute generale dell’organismo.

Il microbiota intestinale è legato all’età: l’organismo cerca di mantenere un equilibrio adeguato della composizione microbica, soprattutto nella fase centrale della vita. Nei primi due anni, quindi nella tarda e nella prima infanzia, questo equilibrio è molto più instabile e viene addirittura a mancare negli anziani, nei quali assistiamo a variazioni significative del microbiota. Anche negli adulti il microbiota subisce piccole variazioni giornaliere, condizionate soprattutto dall’alimentazione. Se analizziamo quali sono i fattori che intervengono negativamente nella determinazione della composizione del microbiota ci accorgiamo che esistono due casi: la presenza di infezioni che sopraggiungono dall’esterno

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causando disbiosi acuta e fattori che incidono in modo più subdolo e più lento determinando uno stato di disbiosi cronica. Quest’ultima rappresenta il caso delle alimentazioni scorrette, per esempio le diete iperproteiche o con troppi carboidrati e degli stili di vita sbagliati (mancanza di attività fisica, fumo, abuso di alcool, ecc.) protratti nel tempo. Inoltre, tra gli elementi che contribuiscono a modificare l’equilibrio e la composizione del microbiota bisogna annoverare anche le componenti farmacologiche. Larga parte della popolazione infatti assume farmaci in modo cronico e questo contribuisce all’alterazione della composizione del microbiota.

La letteratura scientifica indica che l’uso di inibitori di pompa protonica (PPI), cortisonici e contraccettivi orali fa sì che si creino “disbiosi subdole”, che non vengono percepite immediatamente dal paziente come quelle acute. D’altra parte vi sono antibiotici che scatenano disbiosi acute con sintomi facilmente rilevabili come diarrea, dolore addominale e meteorismi.

L'immaturità funzionale del sistema immunitario e dell'epitelio intestinale può influenzare il modello di colonizzazione intestinale aberrante che si verifica nei neonati pretermine. Il tipo di alimentazione nella prima infanzia (allattata al seno vs latte artificiale) sembra anche condizionare la composizione del microbiota, nonché la maturazione del sistema immunitario.

Quando si instaura uno stato di disbiosi cronica, si stabiliscono lentamente anche importanti alterazioni funzionali che coinvolgono soprattutto la barriera intestinale. Questo accade perché la barriera intestinale è selettiva: esistono delle strutture chiamate “giunzioni strette” o “tight junctions” che mettono in collegamento le varie cellule intestinali e che permettono il passaggio bidirezionale di sostanze dal lume intestinale al torrente circolatorio. Queste strutture proteiche traggono grande beneficio e sono molto condizionate nella loro funzionalità da sostanze come gli acidi grassi a catena corta, prodotti proprio dal metabolismo del microbiota intestinale.

L’alterazione del microbiota intestinale dal punto di vista metabolico comporta, di riflesso, la modifica della funzionalità delle giunzioni serrate e quindi il passaggio

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di sostanze tossiche, di allergeni, di microbi nel torrente circolatorio e quindi dall’intestino a tutto l’organismo. Per questo motivo è necessario mantenere l’eubiosi del microbiota intestinale [18] .

Lo studio del microbiota intestinale è un argomento di attuale interesse nel panorama scientifico internazionale a seguito della sua importanza in molteplici processi fisiologici. La ricerca in questo campo, mossa inizialmente da una lunga storia di segnalazioni aneddotiche anamnestiche, ha avuto una rapida ascesa grazie al superamento dei limiti tecnologici della microbiologia classica mediante le piattaforme di sequenziamento di nuova generazione che hanno permesso lo studio del “metaboloma”, cioè il complesso superorganismo costituito dal genoma di microbiota ed ospite, e la sua influenza sullo stato di salute e di malattia. La mancanza di adeguate tecniche di laboratorio ha per molto tempo condizionato lo studio del microbiota intestinale, essendo le classiche metodiche colturali inadeguate ed essendo gran parte della flora costituita da germi anaerobi. Lo sviluppo delle tecniche basate sul sequenziamento della subunità 16S dell’RNA ribosomiale ha facilitato l’identificazione e la classificazione dei batteri.

In passato sono state documentate numerose testimonianze di effetti collaterali psichiatrici di antibiotici, anche in pazienti senza una storia psichiatrica premorbosa [19]; conseguentemente sono stati improntati tentativi di influenzare la composizione del microbiota intestinale per ottenere benefici clinici. Ad esempio, nei primi decenni del ventesimo secolo, i preparati probiotici contenenti ceppi di Lactobacillus furono commercializzati ampiamente come mezzo per migliorare la salute mentale o curare i disturbi psichiatrici. Questi approcci fallirono nel 1920 a causa della mancanza di comprensione meccanicistica e del loro legame con il modello di "autointossicazione" sempre più fuori moda.

Il potenziale contributo della comunicazione bidirezionale tra l'intestino e il sistema nervoso centrale (SNC) è quindi suggerito da alti tassi di comorbilità tra malattie gastrointestinali e psichiatriche. [20] Ad esempio, i disturbi dell'umore colpiscono più della metà di tutti i pazienti con sindrome dell'intestino irritabile, [21] per cui gli antidepressivi costituiscono una terapia piuttosto comune.

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1.2.2.Composizione

La maggior parte del microbiota intestinale è composta da microrganismi definiti anaerobi obbligati perché vivono esclusivamente in ambienti privi di ossigeno. Il loro numero è doppio o triplo rispetto agli anaerobi facoltativi (che tollerano la presenza di ossigeno) e agli aerobi (che vivono solo in presenza di ossigeno). I microrganismi si classificano in “regni”, “phyla” e “classi”. Ad oggi, nell’insieme, sono stati individuati nel microbiota cinquanta phyla di batteri e 35.000 specie. Le colonie più numerose sono delle specie Bacteroidetes e Firmicutes. Actinobacteria, Fusobacteria ed altre sono presenti in minori quantità. Va tenuto presente, però, che la ricerca in questo campo è stata fortemente ostacolata sia dalla difficoltà di raccogliere campioni rappresentativi sia dai problemi correlati alla creazione di modelli che riproducessero in laboratorio l’ambiente del lume intestinale nel quale vivono gli elementi del microbiota. Uno dei progetti più importanti volti a definire la composizione del microbiota è quello denominato Human Microbiome Project (progetto del microbioma umano), abbreviato in HMP che coinvolge numerosi centri di ricerca prestigiosi in tutto il mondo [22] .

Considerando i diversi tratti dell’apparato digerente, dall’esofago all’intestino retto, la composizione del microbiota in esso contenuto non è omogenea, né come quantità, né come tipi di microrganismi presenti. Il numero di batteri localizzati nel canale alimentare varia continuamente a cominciare da un valore di 101 a 103 per

grammo di contenuto nello stomaco e nel duodeno, passando a 104-107 nel digiuno e

nell’ileo, per arrivare infine ai valori di 1011-1014 nel colon. Inoltre, la distribuzione

dei tipi di microbi varia da tratto a tratto: Firmicutes e Actinobacteria prevalgono nel tenue e Bacteroidetes e Lachnospiraceae (famiglia di Firmicutes) sono più abbondanti nel colon. Ma esiste un altro fattore di variabilità. Non solo la composizione delle colonie cambia tra i tratti “a monte” e quelli “a valle”, ma anche passando dagli strati di microbiota a diretto contatto con la mucosa (il tessuto che tappezza internamente l’intestino), a quelli più distanti. Inoltre va specificato che la mucosa è ricoperta da muco e proprio nell’ambito dello spessore del muco si stratificano le diverse colonie di microbi.

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Lo sviluppo dell’ecosistema microbico intestinale è un evento complesso e cruciale nella vita dell’uomo, altamente variabile da individuo a individuo, ed influenzato da numerosi fattori (Fig.3).

Figura 3 Sviluppo della flora batterica Intestinale

Nell’utero materno i bambini sono considerati sterili, e dunque soggetti al momento del parto alla colonizzazione da parte dei microbi, grazie anche al fatto che essi già dalla nascita portano con se una tolleranza immunitaria “insegnata” dalla madre. Al momento del parto si verifica la colonizzazione ad opera di un piccolo inoculo di origine materna, formato in genere da aerobi obbligati e facoltativi (inizialmente l’intestino contiene ossigeno), poi sostituiti da anaerobi obbligati, i batteri tipici presenti nell’età adulta, cui i primi colonizzatori hanno preparato l’ambiente idoneo.

Inoltre è presente un basso numero di taxa differenti, con dominio relativo dei phyla Proteobacteria e Actinobacteria, che rimane tale anche durante il primo mese di vita, ma non nei successivi dove si verifica un grande aumento della variabilità, parallelo a quello di nuove varianti genetiche.

I bambini nati con parto naturale ospitano comunità microbiche diverse dai bambini nati con parto cesareo e si imbattono in differenti fonti di inoculo. Inoltre, i bambini nati con parto cesareo presentano una conta batterica intestinale più bassa ed una minore diversità nelle prime settimane di vita rispetto ai bambini nati con parto naturale.

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seconda settimana di vita i virus, dapprima assenti, iniziano a costituire parte integrante del microbiota intestinale in via di sviluppo [23].

L’ecosistema intestinale tipico del giovane adulto è relativamente stabile nel tempo (comprese le componenti virale, eucariotica e gli Archeobatteri) sino alla vecchiaia: è dominato nella popolazione occidentale da specie dei phyla Firmicutes, che rappresentano circa il 60% della comunità batterica intestinale, Bacteroidetes ed Actinobacteria (principalmente con il genere Bifidobacterium), ognuno rappresentante circa il 10% della comunità batterica, seguiti da Proteobacteria e Verrucomicrobia.

I generi Bacteroides, Clostridium, Faecalibacterium, Ruminococcus ed Eubacterium, costituiscono, assieme a Methanobrevibacter smithii, la grande maggioranza della comunità batterica intestinale dell’adulto.

Negli anziani, come già visto nei neonati, il microbiota intestinale va incontro a sostanziali cambiamenti. In uno studio condotto in Irlanda su 161 persone sane di 65 o più anni, nella maggior parte dei soggetti il microbiota intestinale è distinto da quello degli adulti più giovani, con una composizione che sembra essere dominata dai phyla Bacteroidetes, i principali, seguiti dai Firmicutes, con percentuali quasi inverse rispetto a quelle trovate negli adulti più giovani (anche se sono state osservate notevoli variazioni tra i soggetti). Tra i generi più abbondanti si trovano i Faecalibacterium, che rappresentano circa il 6% dei 15 generi principali, seguiti dalle specie dei generi Ruminococcus, Roseburia e Bifidobacterium (quest’ultimo intorno allo 0,4%).

Anche la variabilità nella composizione delle comunità è più grande rispetto ai giovani adulti, il che potrebbe essere dovuto alla maggior morbilità associata all’età, e quindi il successivo utilizzo di medicinali, nonché a variazioni della dieta [24], [25].

Capitolo 2: Ruolo del microbiota intestinale nel

mantenimento dell’omeostasi intestinale

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Un'interazione dinamica tra il microbiota intestinale, la barriera epiteliale intestinale e il sistema neuro-immune enterico contribuisce al mantenimento dell'omeostasi digestiva (Fig.4) [26].

Fig.4: Diagramma che mostra il ruolo fisiologico delle interazioni tra microbiota intestinale, barriera mucosa intestinale e sistema neuroimmune enterico. (1) I batteri enterici e i loro prodotti metabolici, principalmente AGCC, contribuiscono a preservare l'integrità della barriera epiteliale intestinale, attraverso la regolazione della crescita e la differenziazione delle cellule epiteliali, l'espressione delle proteine a giunzione stretta e la permeabilità della mucosa. (2) Il microbiota intestinale interagisce direttamente con il sistema immunitario enterico. In particolare, i prodotti batterici (ad es. MAMP e AGCC) contribuiscono a mantenere la tolleranza immunitaria innata intestinale. Inoltre, i batteri enterici possono influenzare lo sviluppo e la differenziazione delle cellule T CD4 + e CD8 +, nonché l'attività delle cellule B e la produzione di IgA. (3) La microflora intestinale influenza lo sviluppo e la funzione dell’ SNE e delle CGE. In particolare, i prodotti derivati dai microbi attraverso l'attivazione di TLR, espressi in neuroni mioenterici e CGE, influenzano lo sviluppo e

l'organizzazione della rete neurale enterica e la motilità

digestiva. (4) Le CGE, attraverso il rilascio di mediatori specifici (ad esempio GDNF, TGF-β1 e fattore gliale 15dPGJ2) sono coinvolti nel mantenimento dell'integrità della barriera epiteliale e dell’ SNE. (5) Il microbiota intestinale può anche regolare direttamente la motilità digestiva stimolando il rilascio di 5-HT dalle cellule enterocromaffini e influenzando l'interazione tra neuroni enterici e macrofagi muscolari attraverso una regolazione del rilascio di CSF1 e BMP2. Abbreviazioni: SNE: sistema nervoso enterico; CGE: cellule gliali enteriche; CSF1: fattore stimolante la colonia; GDNF: fattore neurotrofico derivato dalle cellule gliali; MM: macrofagi muscolari; 5-HT: serotonina; SERT: trasportatore reuptake selettivo della serotonina; AGCC: acidi grassi a catena corta; BMP2: proteina morfogenetica ossea 2; TLR(toll-like receptor): recettore a pedaggio; MAMP: modelli molecolari associati ai microbi; 15dPGJ2: fattore gliale 15desossi (12,14) -prostaglandina J2; TGF-β1: trasformazione del fattore di crescita beta-1

Infatti, alterazioni anormali della composizione del microbiota intestinale (disbiosi), alterazioni della barriera epiteliale intestinale, risposte immunitarie incontrollate agli stimoli patogeni e cambiamenti adattativi nell’ SNE rappresentano i principali fattori implicati nella patogenesi di diversi disturbi intestinali (ad es., malattie infiammatorie intestinali, sindrome dell'intestino irritabile ed altri disturbi digestivi funzionali) [27], [28].

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In questo contesto, il microbiota intestinale è attualmente considerato un elemento chiave e, attraverso le interazioni con tutti gli altri componenti, regola sia il mantenimento che la disgregazione dell'omeostasi intestinale [29].

All'omeostasi, il microbiota beneficia dell'ambiente caldo e ricco di nutrienti dell'intestino per stabilire un ecosistema relativamente stabile. A nostra volta, beneficiamo di un motore metabolico altamente adattivo, o bioreattore, che oltre a fornire fattori non nutritivi essenziali (ad es. Vitamine) aumenta considerevolmente la nostra capacità di assimilare i nutrienti dal cibo. Ciò è principalmente dovuto al completamento da parte del microbiota della limitata diversità di enzimi codificati nel genoma umano in grado di metabolizzare carboidrati complessi.

In sintesi, le funzioni del microbiota sono diverse:

 Produzione di vitamine come la vitamina K, importante per ossa e coagulazione sanguigna, ed i folati (vitamina B9), di particolare rilevanza anche in momenti specifici come la gravidanza.

 Produzione di amminoacidi come arginina e glutammina

 Aumento dell’assorbimento di minerali come calcio, ferro e magnesio  Rifornimento di nutrienti ed energia all'ospite attraverso la

fermentazione di componenti dietetici non digeribili nell'intestino crasso. I principali prodotti della fermentazione del substrato nell'intestino sono gli “acidi grassi a catena corta (AGCC)”, che interagiscono positivamente con il microbiota intestinale e le cellule ospiti.

 Prevenzione della colonizzazione da parte di agenti patogeni, che trovano più difficile “installarsi” nel nostro intestino e svolgervi quindi la propria azione.

 Rilascio di fattori antinfiammatori e ostacolo di altri in grado invece di promuovere i processi infiammatori

 Relazione con il sistema immunitario: sorprendentemente, il microbiota intestinale è anche in contatto con il secondo più grande pool neurale (dopo il cervello) di cellule del corpo, nonché con il più grande gruppo di cellule

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immunitarie nel nostro organismo. Il microbiota guida la maturazione del sistema immunitario durante l'infanzia, contribuisce al mantenimento della sua omeostasi durante la vita e stimola la produzione di anticorpi, in particolare di immunoglobuline A (IgA).

 Controllo della proliferazione e differenziazione delle cellule epiteliali  Dialogo con il sistema nervoso centrale (asse intestino-cervello): negli

ultimi anni è stato infatti proposto, a fronte di evidenze crescenti, che il microbiota intestinale possa influenzare sviluppo e funzione del sistema nervoso centrale. Il dialogo intestino-cervello si rivela quindi a due vie: non è solo il cervello ad avere un effetto sulle funzioni del nostro intestino, come noto da tempo, ma viceversa lo stato del nostro ambiente intestinale può influire su alcune funzioni cerebrali.

Sebbene i microrganismi intestinali svolgano funzioni essenziali per i loro ospiti, rappresentano comunque una costante minaccia di invasione a causa del loro elevato numero e della grande superficie intestinale. Il sistema immunitario intestinale ha sviluppato adattamenti immunitari unici che gli consentono di gestire il suo elevato carico batterico per mantenere l’omeostasi. Questi meccanismi immunitari lavorano insieme per garantire che i batteri commensali rompano raramente la barriera intestinale e che i microrganismi patogeni vengano uccisi rapidamente e non penetrino nei siti sistemici. Un elemento chiave della strategia intestinale dei mammiferi per il mantenimento dell'omeostasi con il microbiota è di minimizzare il contatto tra i microrganismi luminali e la superficie delle cellule epiteliali intestinali. Ciò si ottiene migliorando la barriera fisica attraverso la produzione di muco, proteine antimicrobiche e IgA. Un secondo strato di protezione immunitaria intestinale si basa sulla rapida individuazione e uccisione dei batteri che penetrano nella superficie delle cellule epiteliali. Ciò si verifica con diversi meccanismi immunitari, tra cui l'assorbimento batterico e la fagocitosi da parte delle cellule immunitarie innate e una serie complessa di risposte mediate dalle cellule T. Una terza barriera immunitaria è rappresentata dai linfonodi mesenterici, che costituiscono un "firewall" immunitario che limita la penetrazione dei microrganismi commensali nel sistema immunitario sistemico. Ciò consente di

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indurre risposte immunitarie adattive ai batteri residenti e confinarli nel compartimento immunitario della mucosa.

Tuttavia, il microbiota non è innocuo e, in condizioni che compromettono la capacità dell'organismo ospite di limitare il suo ingresso dal lume intestinale, alcuni dei suoi componenti possono invadere e minacciare l'essere vivente ospitante. Inoltre, modificazioni nella composizione del microbiota, indotti da cambiamenti nella dieta, trattamenti antibiotici o agenti patogeni invasivi, possono disturbare l'equilibrio degli organismi nel microbiota alterandone la rete metabolica della collettività e favorendo la crescita di componenti potenzialmente patogeni, dando luogo alla disbiosi. Ciò può perturbare le reti regolatorie immunitarie che normalmente trattengono l'infiammazione intestinale e possono contribuire alla malattia immuno-mediata diretta contro gli antigeni del microbiota.

2.1.Interazione del microbiota con la barriera intestinale

Il microbiota intestinale consiste di oltre un trilione di microrganismi, inclusi batteri, virus, funghi e protozoi. Le specie batteriche dominanti nel tratto GI sono abbastanza stabili e comprendono quattro principali phyla: Bacteroidetes, Firmicutes, Attinomiceti e Proteobatteri [30]. I batteri enterici interagiscono direttamente con l'epitelio intestinale, che, insieme allo strato di muco, rappresenta una barriera interposta tra il contenuto luminale e i sottostanti compartimenti immunitario, neuronale e muscolare [31].

La barriera intestinale copre una superficie di circa 400 m 2 e richiede circa il 40%

del dispendio energetico del corpo. Previene la perdita di acqua ed elettroliti e l'ingresso di antigeni e microrganismi nel corpo, consentendo allo stesso tempo lo scambio di molecole tra l'ospite e l'ambiente e l'assorbimento dei nutrienti nella dieta. Gli adattamenti specializzati della mucosa intestinale dei mammiferi svolgono due funzioni apparentemente opposte: in primo luogo consentono una pacifica coesistenza con i simbionti intestinali senza generare un’infiammazione cronica e in secondo luogo forniscono una risposta infiammatoria e difensiva adatta alla minaccia dei patogeni. È un sistema multistrato complesso, costituito da una barriera "fisica" esterna e una barriera immunologica "funzionale" interna. L'interazione

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di queste 2 barriere consente di mantenere una permeabilità equilibrata. Per comprendere questa complessa barriera, è necessario considerare non solo le funzioni dei suoi componenti, ma anche i processi di interazione dei componenti batterici e altri componenti del lume con le cellule e i recettori dell'ospite. I dati sperimentali hanno mostrato che l'interruzione della coesistenza pacifica con i simbionti intestinali nella prima infanzia, e forse anche più tardi nella vita, provoca una grave immunodeficienza e rischio di malattia [32] . Tali scoperte supportano l'ipotesi che la rottura dei meccanismi di controllo della barriera intestinale significhi pericolo e possibilmente malattia.

Il termine "barriera mucosa" è stato adottato da Cummings nel 2004 per descrivere la struttura complessa che separa l'ambiente interno dall'ambiente luminale [33]. La barriera fisica comprende una componente cellulare costituita dall'endotelio vascolare, dal rivestimento delle cellule epiteliali e dallo strato di muco. Insieme a questa barriera fisica, anche le sostanze chimiche prendono parte alla funzione barriera, costituite da: secrezioni digestive, molecole immunitarie, prodotti cellulari come citochine, mediatori infiammatori e peptidi antimicrobici, prodotti principalmente dalle cellule di Paneth e dalle ghiandole intestinali. Il microbiota intestinale è coinvolto nei processi metabolici e modula la barriera, ma non rappresenta una funzione barriera di per sé.

I termini "barriera intestinale" e "permeabilità intestinale" descrivono due diversi aspetti della stessa struttura anatomica: la parete intestinale, composta a sua volta da quattro strati (la mucosa, la sottomucosa, la muscolatura e la sierosa). Il termine "Permeabilità intestinale" è stato modellato preferenzialmente dagli elettrofisiologi che studiano la permeabilità epiteliale con apposite apparecchiature utilizzando espianti di tessuto di animali o umani a fini di ricerca [34] . "Barriera intestinale" è un termine che è stato stabilito più recentemente da gastroenterologi, immunologi e microbiologi per enfatizzare il componente protettivo dell'intestino che ci protegge dall'invasione batterica o dall'invasione di altri microrganismi e dalle loro tossine. Pertanto, secondo le definizioni proposte, la permeabilità intestinale può essere intesa come una caratteristica misurabile della barriera intestinale.

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Le definizioni proposte ampliano l'approccio più descrittivo di Cummings et al., che ha riassunto:

(1) La barriera mucosa è una struttura complessa che separa l'ambiente interno dall'ambiente luminale.

(2) Fisicamente, la barriera comprende componenti cellulari e stromali, dall'endotelio vascolare al rivestimento delle cellule epiteliali e lo strato di muco, che consiste in un gel formato dall'interazione di varie secrezioni della mucosa, vale a dire mucine, peptidi a trifoglio e lipidi tensioattivi .

(3) Oltre alla barriera fisica, esiste una barriera chimica costituita da secrezioni digestive, peptidi antimicrobici e altri prodotti cellulari (citochine, mediatori infiammatori ecc.).

(4) Anche il microbiota intestinale può essere considerato una barriera. (5) Infine le funzioni immunitarie e la motilità contribuiscono alla barriera.

Un singolo strato di cellule epiteliali costituisce la principale barriera fisica tra il lume ed i tessuti della mucosa(Fig.5).

Figura 5 Barriere chimiche e fisiche nell'intestino

Lo spazio paracellulare è sigillato da giunzioni strette (Tight Junctions) il cui compito è sigillare la regione apicale delle cellule interconnesse in modo da impedire il passaggio di ioni e molecole attraverso gli spazi intercellulari. Il passaggio delle molecole e degli ioni è sottoposto a selezione molecolare, in quanto mediato da proteine transmembrana [35] . Sotto le giunzioni strette ci sono le

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giunzioni di aderenza, che sono importanti nella segnalazione cellula-cellula e nella riparazione delle lesioni superficiali epiteliali, così come i desmosomi che supportano la stabilità epiteliale, conferendo alta resistenza alla trazione. I complessi TJ sono costituiti da proteine intra-membrana, occludina e diversi membri della famiglia delle claudine a seconda del tessuto e della posizione che le collegano all'interno dello spazio paracellulare. L'occludina, le claudine e la tricellulina connettono le cellule adiacenti al citoscheletro di actina attraverso proteine citoplasmatiche di impalcatura come le proteine Zonula occludens. La tricullina e l'occludina, nonché una nuova proteina chiamata marvel D3, possono essere sostituite in parte l'una con l'altra, ma se tutte e tre sono sotto-regolate o carenti allora si verificano perdite gravi [36]. Le claudine sono una famiglia di proteine a giunzione stretta costituite da molecole di saldatura e pori che facilitano la perdita di acqua ed elettroliti. Le proteine Zonula occludens (1, 2 e ZO-3) sono importanti proteine intracellulari a giunzione stretta, che collegano il citoscheletro cellulare alle proteine a giunzione stretta transmembrana.

Mentre l'occludina e la molecola di adesione della giunzione hanno un ruolo regolatorio, le claudine sono proteine transmembrana principalmente responsabili della funzione di barriera intestinale.

I diversi sottogruppi di cellule che costituiscono l’epitelio intestinale, hanno la funzione di assicurare l’integrità della barriera epiteliale e la regolazione della permeabilità paracellulare. Un regolatore centrale di questa barriera epiteliale è il microbiota intestinale [37] . L'importanza della TJ epiteliale intatta è dimostrata nuovamente nelle malattie infiammatorie intestinali (IBD). Ad esempio, le indagini condotte su pazienti con malattia di Crohn (CD) hanno indicato una compromissione della complessità delle TJ nelle biopsie del colon sigmoideo accompagnate da una ridotta espressione del sigillo claudina-3, −5 e −8 e occludina, nonché una ridistribuzione di claudina-5 e -8 al largo della TJ. Analoghi cambiamenti sono stati osservati nella colite ulcerosa (UC), come la diminuzione di attività di claudina-1 e −4 e occludina, ed anche l’aumento di attività della claudina-2 che forma i pori [38] .

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L'epitelio intestinale si rinnova ogni 5 giorni circa nell'uomo a causa della proliferazione e della differenziazione delle cellule staminali multipotenti situate nelle cripte di Lieberkühn. Sull’estremità del villo e della superficie epiteliale del colon le cellule completamente differenziate subiscono l'apoptosi e vengono estruse nel lume. Le cellule staminali intestinali possono differenziarsi in 4 linee evolutive cellulari, vale a dire: enterociti, cellule enteroendocrine, cellule caliciformi che producono muco e cellule di Paneth che si trovano solo nell'intestino tenue umano. Le cellule caliciformi secernono mucina che è fortemente glicosilata e polimerizzata in un'enorme struttura a rete. La Mucina 2 è il componente principale della mucina secreta nell'intestino tenue e crasso e svolge un ruolo chiave nel mantenere i microbi intestinali a distanza dalla superficie epiteliale.

La colonizzazione da parte del microbiota intestinale commensale è limitata a uno strato di muco "allentato" esterno e interagisce con i diversi oligosaccaridi delle glicoproteine di mucina, mentre uno strato di muco aderente "interno" è in gran parte privo di batteri [39]. In entrambi i modelli sperimentali di malattie infiammatorie intestinali e nell'uomo lo strato di muco diventa più permeabile ai batteri ed è quindi considerato tra i fattori eziologici critici in questa malattia e forse in altri disturbi intestinali. Oltre alle mucine superficiali, la superficie apicale dell'epitelio è protetta da un glicocalice costituito da mucine legate alla membrana. Queste sono anche glicosilate e vengono rilasciate legandosi con microrganismi come meccanismo di difesa per prevenire la colonizzazione [40]. Recentemente è stato riconosciuto che i siti di eliminazione cellulare rappresentano un terzo sito per la barriera intestinale fisica. L'epitelio intestinale è uno dei più dinamici del corpo con cellule epiteliali derivanti da cellule staminali alle basi della cripta, che migrano verso la punta del villo nel caso dell'intestino tenue e sulla superficie del colon da cui vengono liberate. Questo processo di estrusione cellulare potrebbe potenzialmente compromettere l'integrità dell'epitelio. Studi recenti hanno dimostrato che in condizioni fisiologiche sane l'estrusione epiteliale è innescata dallo stiramento della cellula epiteliale, che viene rilevata dall'attivazione di un canale cationico sensibile allo stiramento. Ciò innesca una via di trasduzione del segnale che coinvolge la sfingosina 1 chinasi, il recettore S1P e la Rho chinasi. Questo percorso si innesca con una ridistribuzione delle proteine dalla

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giunzione stretta per circondare la cellula eliminata e riempire il vuoto lasciato dopo che l'estrusione è stata completata, mantenendo così la barriera. Questo meccanismo sembra essere molto robusto, tanto che la barriera raramente fallisce nei siti di spargimento delle cellule.

In queste circostanze, la ridistribuzione della giunzione stretta non sempre sigilla lo spazio lasciato dalle cellule estruse. Questo è spesso osservato perché più di una cellula epiteliale viene liberata da un sito lasciando uno spazio troppo grande per essere colmato dalla ridistribuzione delle proteine a giunzione stretta [41].

Un punto importante è la direzione del flusso attraverso gli spazi che non sono sigillati che può essere sia all'interno che all'esterno della parete intestinale. La pressione locale, i gradienti elettrochimici e osmotici determinano la direzione del flusso. Contrariamente alla giunzione stretta, i difetti nei siti di eliminazione cellulare sono troppo ampi per consentire la generazione di gradienti osmotici direttamente all'interno. Invece la direzione del flusso è determinata dall'equilibrio di gradienti osmotici ed elettrochimici diretti verso l'interno tra il lume e il tessuto sottoepiteliale e gradienti idrostatici diretti verso l'esterno generati dalla pressione idrostatica e la peristalsi. C'è una pressione idrostatica positiva nel tessuto sottoepiteliale. La direzione del flusso è quindi altamente labile e può essere prontamente modificata dalle alterazioni dell'osmolarità del contenuto luminale come si verifica durante il mescolamento mentre il cibo viaggia nell'intestino [42] . I batteri enterici (ad es. Faecalibacteria) e i loro prodotti metabolici, principalmente acidi grassi a catena corta (AGCC), contribuiscono direttamente a preservare l'integrità della barriera epiteliale intestinale attraverso la regolazione della crescita, la differenziazione cellulare, l'espressione delle proteine a giunzione stretta e la permeabilità della mucosa [43].

Gli AGCC (Acidi grassi a catena corta) sono acidi grassi saturi con una lunghezza della catena che varia da uno a sei atomi di carbonio, prodotti principali della fermentazione della fibra alimentare nel colon. Circa 500-600 mmol di AGCC vengono prodotti al giorno nell'intestino a seconda del contenuto di fibre della dieta e tra questi i più abbondanti nel corpo umano, nonché gli anioni più abbondanti nel

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colon sono l’Acetato (C2), il propionato (C3) e il butirrato (C4). Sono responsabili della caduta del pH quando si passa dall'ileo terminale al colon prossimale.

1) il butirrato è la principale fonte di energia per l'epitelio del colon;

2) l’acetato e il propionato sono metabolizzati dal fegato (propionato) o dai tessuti periferici, in particolare i muscoli (per l’acetato), e possono avere un ruolo come modulatori del metabolismo del glucosio e del colesterolo. I batteri che producono AGCC sembrano influenzare il ciclo degli enterociti nel colon; in particolare il butirrato inibisce la proliferazione cellulare, stimola la differenziazione nelle 10 linee cellulari neoplastiche epiteliali in vitro e promuove il ritorno da fenotipo neoplastico a non neoplastico.

Altri AGCC, vale a dire formiato, valerato e caproato, sono prodotti in quantità minori.

L’Eubiosi è quindi uno stato di equilibrio importante: cambiamenti specifici nella composizione del microbiota intestinale possono portare ad una rottura della barriera epiteliale intestinale e ad un aumento della permeabilità della mucosa, con conseguente traslocazione batterica nella mucosa e possibile disseminazione sistemica.

2.2.Interazione del microbiota con il sistema immunitario

Oltre all'epitelio intestinale, il microbiota intestinale interagisce direttamente con il sistema immunitario enterico, contribuendo al mantenimento della tolleranza immunitaria e modellando le risposte immunitarie durante l'infiammazione [44]. Il sistema immunitario della mucosa intestinale è costituito da tre diverse strutture linfoidi della mucosa: le placche di Peyer, la lamina propria e l'epitelio [45].

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Figura 6 Sistema immunitario della mucosa intestinale

Lo strato di muco sulla superficie delle cellule epiteliali è la prima linea di difesa nella barriera fisiologica dell'organismo (Fig.6). Nell'epitelio dell'intestino tenue, le cellule di Paneth, situate alla base delle ghiandole, sono in grado di secernere nel lume intestinale peptidi antimicrobici (AMP) in risposta a batteri o agenti patogeni e sono in grado di contribuire alla difesa innata intestinale dell'ospite [46]. Gli AMP includono α-difensine, RegIII, lisozimi, ecc. [47]. Lo strato di muco e i peptidi antimicrobici costituiscono la barriera mucosa per prevenire l'invasione di batteri simbionti. Studi all’avanguardia hanno scoperto un ruolo importante degli AMP nella difesa della mucosa dell'ospite, indicando che influenzano direttamente il microbiota nel lume intestinale. Gli AMP possono esercitare attività antimicrobiche per uccidere i microrganismi in vitro. RegIIIγ, per esempio, ha svolto un ruolo vitale nell’isolamento dei batteri dall'epitelio intestinale e la sua assenza ha portato ad un aumento della colonizzazione batterica sull'epitelio e all'attivazione dell'immunità adattativa [48].

Le cellule epiteliali sono la seconda barriera fisica del sistema immunitario della mucosa intestinale e partecipano direttamente alla sorveglianza immunitaria dell'intestino; non sono coinvolte solo nella difesa diretta dei microrganismi ma inviano anche segnali al sistema immunitario della mucosa producendo citochine e chemochine [49].In risposta agli stimoli, una classe di cellule linfoidi innate (ILC) situate nelle cellule epiteliali può essere attivata per produrre citochine, che

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svolgono un ruolo difensivo o patogeno nell'infiammazione; questa risposta è strettamente correlata al controllo dell'omeostasi intestinale nei mammiferi. IL-22 è prodotto dalle ILC e promuove l'omeostasi e la guarigione durante l'infezione nell'intestino. Il microbiota produce metaboliti, come i metaboliti di decomposizione del butirrato e del triptofano che sono in grado di migliorare l'integrità intestinale e stimolare le cellule linfoidi innate gruppo 3 (ILC3) per produrre IL-22. I linfociti intraepiteliali (IEL), costituiti da popolazioni di cellule T αβ + e γδ +, svolgono un ruolo importante nella difesa e nella patogenesi durante

l'infiammazione. Quando i linfociti intraepiteliali vengono attivati, esprimono le citochine, come IFN-γ e il fattore di crescita dei cheratinociti, per proteggere le cellule epiteliali dalle lesioni. Il livello di IFN-γ, prodotto dai linfociti intraepiteliali, è strettamente legato alle patologie infiammatorie intestinali. Le cellule dendritiche (DC) sono responsabili della capacità del sistema immunitario di riconoscere efficacemente ed eliminare i patogeni esogeni. Le DC hanno la capacità di far passare continuamente gli antigeni attraverso la barriera al tessuto linfoide associato alla mucosa o di drenare i linfonodi [50].Allo stato stazionario, le DC regolano la tolleranza immunitaria intestinale promuovendo la differenziazione delle cellule T CD4 + verso le cellule T regolatorie (Tregs) [51] e l'attivazione di

quest’ultime attraverso il percorso autofagico non classico. Le cellule pro-infiammatorie T helper (Th) svolgono un ruolo importante nell'autoimmunità eliminando i patogeni durante la reazione di difesa dell'ospite e inducendo l'infiammazione dei tessuti, che porta alla successiva distruzione dei tessuti. Le cellule T regolatorie sono un importante componente regolatoria della tolleranza immunitaria e dell'infiammazione. Pertanto, la disregolazione delle cellule T regolatorie e delle cellule Th pro-infiammatorie nell'intestino sono strettamente associate all'autoimmunità intestinale, come nelle malattie infiammatorie intestinali. Inoltre, le cellule secretorie nello strato cellulare epiteliale possono sintetizzare e secernere proteoglicani per formare muco e altre cellule coinvolte nella difesa microbica ausiliaria. Le cellule epiteliali esprimono anche vari recettori di riconoscimento dei modelli (PRR), inclusi i recettori Toll-like (TLR) e la proteina 2 (NOD2) contenente dominio di oligomerizzazione legante i nucleotidi, che

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producono anche chemochine per le cellule del midollo osseo e i linfociti su stimoli anti-infiammatori(Fig.7).

Figura 7 Regolazione dell'espressione proteica antimicrobica

I TLR sono un gruppo di PRR importanti che svolgono un ruolo vitale nel sistema immunitario innato [52]. I microbi possono riconoscere i regolatori immunitari, come le chemochine, le citochine pro-infiammatorie e le citochine anti-infiammatorie, attraverso il PRR, e questi regolatori svolgono un ruolo importante nell'autoimmunità e nell'immunità adattativa.

La lamina propria, che consiste di cellule B e T, risiede nello strato inferiore delle cellule epiteliali intestinali. Le cellule T rispondono rapidamente al segnale dall'ambiente del lume e iniziano risposte infiammatorie e antinfiammatorie. Il

microbiota intestinale ha promosso la differenziazione delle

cellule T CD8 + naive verso le cellule T CD4 +. Le cellule T CD4 + della lamina

propria hanno secreto IL-17 e IL-22, che sono state coinvolte nella regolazione dell'infiammazione intestinale. Le cellule epiteliali intestinali producono IL-17, che può indurre l'espressione di chemochine, come le chemochine CXC e CC. Le placche di Peyer, la sede della maturazione delle cellule B che producono IgA, sono distribuite lungo l'intestino tenue con conteggi di 100-200 negli esseri umani e 6-12 nei topi. Queste placche contribuiscono alla generazione di cellule B e plasmacellule. Le cellule B attivate nelle placche di Peyer generano costantemente plasmacellule che producono IgA per risposte T-dipendenti e indipendenti dalle

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cellule T nell'intestino. La secrezione di IgA è il loro principale contributo alla protezione della barriera intestinale. Dopo l'attivazione, le cellule T e le cellule B ritornano alla lamina propria, funzionando come parte della specifica risposta immunitaria. Le cellule intestinali M (microfold) sono cellule epiteliali che sono principalmente presenti nelle placche di Peyer dell'intestino tenue e trasportano gli antigeni nelle placche di Peyer per le risposte immunitarie appropriate. Più recentemente, l'espressione della lectina F (Siglec-F) simile all'immunoglobulina legante l'acido sialico è stata identificata sulle cellule M del topo nell'intestino tenue; Siglec-F funziona nel trasporto dell'antigene nell'intestino.

L'equilibrio del sistema immunitario della mucosa intestinale svolge un ruolo chiave nell'omeostasi e nella difesa dell'ospite. Gli studi sui topi germ free (GF, caratterizzati dalla completa delezione del microbiota intestinale) hanno suggerito che il microbiota intestinale svolge un ruolo vitale nella formazione dell'immunità della mucosa. Rispetto agli animali specifici senza patogeni (SPF), gli animali GF producono meno IEL e hanno ridotto significativamente le plasmacellule secernenti IgA nella lamina propria [53], nonché un numero inferiore di Treg. L'angiogenina-4 (AngL'angiogenina-4) è una classe di proteine microbicide nelle cellule di Paneth e può essere secreta nel lume intestinale contro i microbi. RT-PCR quantitativa in tempo reale ha suggerito che il livello di espressione di mRNA di Ang4 è notevolmente diminuito nei topi GF rispetto ai topi convenzionali. Questo risultato indica che il microbiota intestinale è necessario per l'immunità della mucosa. Inoltre, le placche di Peyer nei topi GF contengono un centro germinale più piccolo rispetto ai topi convenzionali. La mucosa intestinale è il sito principale per le interazioni microbioma-ospite. Uno studio recente ha dimostrato che le IgA nelle feci sono aumentate significativamente dopo il trattamento con prebiotici, mentre l'espressione del fattore pro-infiammatorio nei linfonodi mesenterici e nelle placche di Peyer è stata significativamente ridotta. Inoltre, i geni IL-10, CXCL-1 e Mucin-6 erano sovraregolati, mentre i geni mucosa colica 4, IFN- γ, GM-CSF e IL-1 β erano sottoregolati nell'ileo [54]. Questi risultati hanno indicato che il microbioma intestinale influisce sull'equilibrio immunitario della mucosa intestinale.

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L'interazione dinamica tra il microbiota e i fattori ambientali modella l'immunità mucosa e sistemica. Dieta e substrati esogeni sono i principali fattori regolatori del microbioma intestinale. Nei soggetti obesi, è stato riportato che il rapporto tra Bacteroidetes / Firmicutes è diminuito [55]. L'alimentazione ricca di grassi e zuccheri ha cambiato la composizione e la diversità del microbioma intestinale nei topi, portando ad un'alterata produzione di AGCC. In soggetti sani, il microbioma

è costituito principalmente da 4 gruppi di

batteri: Firmicutes, Bacteroidetes, Proteobacteria e Actinobacteria.

In condizioni eubiotiche quindi, i pattern molecolari associati ai microbi (MAMP), espressi dal microbiota intestinale, attivano recettori di riconoscimento del pattern, come i recettori toll-like della superficie transmembranale o endosoma (TLRs) sulla superficie delle cellule immunitarie innate, inducendo la secrezione di mediatori antinfiammatori, che contribuiscono a mantenere la tolleranza immunitaria intestinale [56]. Al contrario, in seguito all'invasione dei patogeni, alla disbiosi o alla rottura della barriera, i MAMP stimolano i macrofagi e le cellule dendritiche a produrre citochine proinfiammatorie che, a loro volta, attivano le cellule immunitarie adattative, contribuendo così alla disgregazione dell'omeostasi immunitaria. Oltre alle cellule immunitarie innate, i batteri enterici possono influenzare direttamente le risposte immunitarie adattative [57]. I componenti principali del sistema immunitario adattivo sono le cellule T, in particolare le cellule T CD4 + e CD8 +. Dopo stimolazione, come abbiamo precedentemente detto, le cellule T CD4 + naive possono differenziarsi in sette sottotipi: T helper 1 (Th1), Th2, Th9, Th17, Th22, cellule T regolatorie (Treg) o cellule follicolari T helper (Tfh), che esprimono diverse serie di fattori di trascrizione e citochine [58]. Il microbiota intestinale influenza lo sviluppo e la differenziazione delle cellule T CD4 + e CD8 +. Infatti, i topi privi di germi (GF) mostrano una marcata diminuzione del numero di cellule CD4 + e CD8 + T e il trattamento con le miscele di AGCC è associato ad un aumento della densità delle cellule T [59]. Presi insieme, questi risultati suggeriscono che il microbiota intestinale e il sistema immunitario enterico interagiscono continuamente per mantenere un complesso equilibrio dinamico a supporto dell'omeostasi intestinale.

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2.3.Interazione del microbiota con il Sistema Nervoso Enterico

Il sistema nervoso autonomo (SNA), conosciuto anche come sistema nervoso vegetativo o viscerale, è quell'insieme di cellule e fibre che innervano gli organi interni e le ghiandole, controllando le cosiddette funzioni vegetative, ossia quelle funzioni che generalmente sono al di fuori del controllo volontario. Il SNA è parte del sistema nervoso periferico ed è costituito da porzioni anatomicamente e funzionalmente distinte ma sinergiche:

 il sistema nervoso simpatico; fa capo a reazioni opposte rispetto all'innervazione parasimpatica come ad esempio la broncodilatazione, la vasocostrizione, la tachicardia e la contrazione degli sfinteri.

 il sistema nervoso parasimpatico; provvede a funzioni viscero-sensitive e somato-sensitive, oltre a broncocostrizione, peristalsi della muscolatura gastroenterica, eccitosecrezione ghiandolare. Genera reazioni opposte rispetto al sistema simpatico: vasodilatazione, rallentamento del battito cardiaco, broncocostrizione, contrazione delle pupille, stimolo della mobilità intestinale.

 il sistema nervoso enterico (o metasimpatico); costituito dalle fibre nervose

che innervano i visceri. Ha la funzione di regolare

l'omeostasi dell'organismo ed è un sistema neuromotorio non influenzabile dalla volontà che opera con meccanismi appunto autonomi, relativi a riflessi periferici sottoposti al controllo centrale.

Prove emergenti suggeriscono che la microflora intestinale influenza lo sviluppo e la funzione del sistema nervoso enterico(SNE) [60].

Infatti, i cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale o una completa ablazione dei batteri enterici nei topi sono associati ad una sostanziale diminuzione della densità dei neuroni mienterici e alla comparsa di disfunzioni del motore intestinale, suggerendo che i batteri enterici sono determinanti significativi del trofismo del sistema nervoso enterico [61]. Il Sistema nervoso enterico, costituito dal plesso mienterico (o di Auerbach) e sottomucoso (Meissner), è una rete semiautonoma neuronale intrinseca, che regola le funzioni digestive (es. Motilità e

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secrezione) e coopera con il SNC attraverso percorsi simpatici e parasimpatici [62]. Il plesso mienterico è localizzato tra lo strato muscolare longitudinale più esterno e quello circolare ed interessa il tratto gastrointestinale in tutta la sua lunghezza, mentre il plesso sottomucosale, che interessa solo il tratto intestinale, è localizzato tra lo strato muscolare circolare e la sottomucosa(Fig.8).

Figura 8 Struttura e organizzazione della parete intestinale

Un componente importante dell’ SNE è rappresentato dalle cellule gliali enteriche (CGE), che sono associate sia ai neuroni sottomucosi che a quelli mienterici [63]. Le cellule gliali enteriche si trovano anche in prossimità delle cellule epiteliali e i loro processi terminali si dirigono verso la membrana basale epiteliale e i capillari sanguigni [64].

La prima descrizione delle CGE nell'intestino fu fatta nel 1899. Tuttavia, per decenni, il loro ruolo nell'intestino è stato ampiamente ignorato ed è stato ritenuto semplicemente come quello di cellule affidatarie che accompagnano e supportano i neuroni enterici. Nell'intestino, le CGE sono il principale costituente del sistema nervoso enterico e superano di numero i neuroni enterici di un fattore da 4 a 10. Possiedono una matrice densamente integrata di filamenti intermedi ricchi di proteine acide fibrillari gliali (GFAP) ed esprimono la proteina legante il calcio S-100β [65]. Queste CGE possono avvolgere i corpi cellulari neuronali all'interno dei gangli enterici, così come i processi interganglionici neuronali enterici e i processi che si estendono dai plessi enterici alle mucose muscolari ed esterne, ai vasi sanguigni e alle ghiandole mucose. Le CGE sono tipicamente descritte come piccole cellule altamente irregolari, di forma stellata, che forniscono segnali

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regolatori per lo sviluppo e la funzione di neuroni e gangli nel tratto gastrointestinale. Come è noto, la glia enterica condivide molte somiglianze strutturali e funzionali con gli astrociti nel sistema nervoso centrale. Numerose prove indicano il ruolo critico degli astrociti nel mantenimento della barriera emato-encefalica. Per quanto riguarda le CGE, è stato dimostrato che essi ricevono e propagano attivamente segnali, da e verso i neuroni enterici vicini e l'epitelio intestinale [66]. Pertanto, le CGE possono essere un tipo di cellula candidata ideale per mantenere la corretta integrità della barriera epiteliale intestinale (Fig.9).

Figura 9 Distribuzione delle cellule gliali enteriche nella parete intestinale

Diverse linee di evidenza implicano un ruolo essenziale delle CGE della mucosa per l'integrità dell'epitelio intestinale. L'esame del tessuto intestinale non coinvolto in pazienti con morbo di Crohn ha dimostrato che la rete delle CGE era significativamente interrotta e sembrava rispondere male ai segnali infiammatori in questi pazienti [67]. Gli studi sugli animali hanno dimostrato che l'ablazione genetica condizionata delle CGE nei topi potrebbe indurre la disgregazione dell'integrità intestinale e disturbi vascolari e alla fine portare a digiuno-ileite emorragica fatale. Ulteriori osservazioni hanno mostrato che la distruzione della rete CGE con metodi chimici o autoimmuni mirati alle cellule T ha provocato un collasso del rivestimento epiteliale e la guarigione della mucosa è stata ovviamente ritardata. In un modello di topo con danno intestinale causato da gravi ustioni, la stimolazione del nervo vago potrebbe attivare le CGE; una volta attivate, successivamente hanno prevenuto la permeabilità intestinale indotta da ustioni e

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attenuato il danno istologico [68]. Quindi, è immaginabile che le CGE siano un componente importante del microambiente della barriera epiteliale intestinale che favorisce la protezione delle barriere.

Le CGE mucosali si trovano nella mucosa direttamente sotto le cellule epiteliali, suggerendo che la regolazione delle funzioni barriera epiteliale intestinale da parte delle CGE potrebbe avvenire attraverso vie paracrine. Da notare che le cellule gliali enteriche, attraverso il rilascio di specifici mediatori (ad esempio, fattore neurotrofico derivato da cellule gliali (GDNF), fattore di crescita trasformante [TGF] β1 e 15-desossi- (12,14) -prostaglandin J2 [15dPGJ2] fattore gliale) sono coinvolti in modo determinante nel mantenimento dell’SNE e dell'integrità della barriera epiteliale [1, 64].

Il GDNF promuove potentemente la sopravvivenza e la differenziazione di molti tipi di neuroni ed è in grado di prevenire l'apoptosi dei neuroni indotta dall'assotomia. Nell'intestino, la principale fonte di GDNF potrebbe essere identificata come le CGE del plesso mucoso. È stato riferito che l'immunoreattività del GDNF è stata fortemente sovraregolata nell'epitelio del colon durante la colite sperimentale nel ratto e che il GDNF ha avuto forti effetti anti-apoptotici sulle cellule epiteliali del colon. E’stato dimostrato che il GDNF potrebbe reagire in modo autocrino per proteggere le CGE dall'apoptosi nei pazienti con malattia di Crohn. L'interruzione di questa rete protettiva potrebbe contribuire a una maggiore suscettibilità all'apoptosi delle CGE e quindi indurre un'alterazione dell'integrità della mucosa. E’ stato anche studiato il ruolo del GDNF nelle risposte infiammatorie della mucosa ed è interessante notare che il GDNF potrebbe inibire l'espressione di citochine pro-infiammatorie (interleuchina (IL) -1β, fattore di necrosi tumorale (TNF) –α) e attività mieloperossidasi nel colon del ratto [69]. TGF-β1 è secreto dagli astrociti e svolge un ruolo chiave nell'omeostasi neuronale. Gli studi fenotipici delle CGE hanno rivelato che potrebbero sintetizzare e rilasciare TGF-β1. Inoltre, è stato riportato che TGF-β1 rappresenta circa il 12% -30% degli effetti delle CGE sulla proliferazione delle cellule epiteliali intestinali. È interessante notare che la valutazione dell'effetto delle CGE coltivate su linee cellulari epiteliali supporta il concetto secondo cui le CGE potrebbero

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inibire significativamente la proliferazione delle cellule epiteliali intestinali e contemporaneamente aumentare la superficie cellulare delle cellule epiteliali in parte attraverso un percorso TGF-β1-dipendente.

Il fattore gliale 15dPGJ2 è una fonte cellulare del ligando del recettore γ attivato dai proliferatori dei perossisomi (PPARγ) e sembrerebbe essere fornita dalle CGE. Attraverso l'attivazione di PPARγ, 15dPGJ2 ha mediato gli effetti inibitori delle CGE sulla proliferazione delle cellule epiteliali e gli effetti positivi delle CGE sulla differenziazione epiteliale, promettendo il continuo processo di rinnovamento dell'epitelio intestinale. Come è noto, il processo di rinnovo delle cellule epiteliali intestinali (IECs) comporta la comparsa delle cellule epiteliali dalle cripte mucose e la successiva migrazione cellulare lungo l'asse cripta-villo, durante la quale le IECs cessano di proliferare e acquisire funzioni differenziate. Tuttavia, dovrebbe essere degno di nota il fatto che il fattore gliale 15dPGJ2 derivato dalle CGE non ha avuto alcun effetto sulla permeabilità paracellulare del colon. Ulteriori prove hanno dimostrato che gli effetti antiproliferativi delle CGE potrebbero essere attribuiti alla loro induzione di un blocco del ciclo cellulare in fase G0 / G1 nelle cellule epiteliali. Inoltre, il Krüppel-like factor 4, che è espresso nelle IECs e svolge ruoli importanti nella loro differenziazione e maturazione, doveva essere il bersaglio cellulare candidato di PPARγ dopo l'attivazione da parte delle CGE. GSNO è un altro potente fattore di induzione della barriera presente nelle cellule enteriche gliali condizionate. È interessante notare che GSNO è la forma nitrosilata del glutatione ridotto (GSH) e la nitrosilazione di GSH è responsabile di un'azione citoprotettiva antiossidante. È stato dimostrato che la somministrazione intraperitoneale di GSNO ha ovviamente inibito l'aumento della permeabilità intestinale indotta dall'asportazione delle cellule gliali enteriche nei topi transgenici. Questo effetto induttore di barriera di GSNO potrebbe essere associato all'espressione sovraregolata di F-actina peri-giunzionale e proteine associate a TJ come zonula occludens-1 (ZO-1) e occludina. GSNO può anche mantenere la funzione di barriera epiteliale migliorando la localizzazione delle proteine della giunzione stretta intestinale, come ZO-1, occudina e MLC fosforilato. Inoltre, GSNO può inibire la risposta infiammatoria intestinale attraverso la s-nitrosilazione sensibile all’ossidoriduzione della segnalazione infiammatoria del fattore nucleare

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κB (NF-κB), sopprimendo la trascrizione di mediatori pro-infiammatori come TNF-α. Come è noto, GSNO è un potente donatore di ossido nitrico, che può funzionare con le proteine S-nitrosilate e svolgere un ruolo importante nel corretto trasporto degli ioni epiteliali [70].

Inoltre, le CGE coordinano la propagazione del segnale da e verso i neuroni mienterici e le cellule epiteliali, regolando così la motilità intestinale e le funzioni secretorie e di assorbimento dell'epitelio enterico. Il microbiota intestinale è anche in grado di regolare la colonizzazione iniziale delle CGE nella mucosa intestinale [71]. I topi GF infatti mostrano una marcata diminuzione della densità delle CGE della mucosa. I meccanismi molecolari alla base dell'interazione tra batteri enterici e SNE si basano principalmente su TLR, in particolare TLR-2 e -4, espressi in neuroni mienterici e CGE. Una volta attivati da prodotti a base di microbi, questi recettori influenzano lo sviluppo e l'organizzazione delle reti neurali enteriche così come la secrezione di cloro e la motilità digestiva [72].

Riassumiamo l'impatto dei fattori microbici intestinali sullo sviluppo dell’SNE e l'omeostasi.

I segnali provenienti dai microbi intestinali sono riconosciuti in parte dai recettori Toll-like (TLR). I topi knock out per il recettore TLR4 (TLR4-/-) sono

caratterizzati da motilità intestinale anomala e da un numero ridotto di neuroni inibitori nitrergici (ossido nitrico sintasi [nNOS] +), un fenotipo simile a quello

osservato negli animali GF e trattati con antibiotici. Questo fenotipo è stato anche riprodotto nei topi con la delezione specifica SNE di MyD88 , una molecola adattatrice essenziale per la trasduzione del segnale mediata dal TLR , che suggerisce ruoli chiave del percorso TLR4 sullo sviluppo e l'organizzazione funzionale delle reti neurali intestinali. Uno studio separato ha dimostrato che la delezione di TLR2 , che è espressa dai neuroni enterici, dalle CGE e dalle cellule muscolari lisce della parete intestinale, ha portato anche alla riduzione dei neuroni nNOS + e delle fibre colorate con acetilcolina-esterasi nei gangli

mioenterici. I profili neurochimici alterati dei neuroni enterici nell'intestino dei topi con deficit di TLR2 erano accompagnati da dismotilità intestinale e produzione di cloruro attenuata da parte di espianti intestinali. È interessante notare che anche

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