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Valutazione dell'impatto della mucoadesività di nanoparticelle polimeriche sulla biodisponibilità orale di un farmaco proteico modello

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea in Chimica e Tecnologia

Farmaceutiche

Tesi di Laurea

Valutazione dell’impatto della mucoadesività

di nanoparticelle polimeriche

sulla biodisponibilità orale di un farmaco proteico modello

Relatori:

Proff.ssa Ylenia Zambito

Dott.ssa Angela Fabiano

Candidato:

Maria Elena Pollina

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Indice

Introduzione ... 1

Capitolo 1 ... 2

1.1 Il chitosano ... 2

Modifiche chimiche del citosano ... 3

1.1.1 Chitosano ammonio quaternario ... 3

1.1.2 Tiomeri ... 4 1.1.3 Chitosano S-protetto ... 4 1.1.4 1.2 Le nanoparticelle ... 5 1.2.1 Preparazione nanoparticelle ... 6 1.2.1.1 Reticolazione ionotropica ... 6 1.2.1.2 Coacervazione... 7 1.2.1.3 Microemulsione ... 7

1.2.1.4 Coalescenza di goccioline in emulsione... 7

1.2.1.5 Estrazione del solvente in emulsione ... 8

1.2.1.6 Auto-assemblaggio di chitosano modificato idrofobicamente ... 8

1.2.2 Fluoresceina isotiocianato destrano ... 8

1.2.3 Vantaggi delle nanoparticelle di chitosano nella somministrazione orale ... 9

1.3 La membrana mucosale ... 10

1.3.1 Il muco ... 15

1.3.2 Mucoadesione ... 16

1.3.3 Vantaggi della mucoadesione ... 16

Capitolo 2 ... 18

Parte sperimentale ... 18

2.1 Materiali e Metodi ... 19

2.1.1 Materiali ... 19

2.1.2 Depolimerizzazione acido ialuronico ... 19

2.1.3 Determinazione viscosimetrica del peso molecolare di HA ... 16

2.1.4 Sintesi del coniugato QA-Ch ... 16

(4)

2.1.6 Sintesi 6 –mercaptonicotinammide (6- MNA) ... 17

2.1.7 Sintesi del coniugato QA-Ch-S-protetto ... 18

2.1.8 Determinazione del contenuto di gruppi tiolo e disolfuro nei derivati QA-Ch-SH e QA-Ch-S-protetto…... ... 18

2.1.9 Quantificazione del ligando aromatico 6-MNA ... 19

2.1.10 Preparazione di nanoparticelle contenenti FD4 ... 19

2.1.11 Studi di rilascio di FD4 dalle formulazioni ... 24

2.1.12 Purificazione muco ... 24

2.1.13 Studio in vitro del trasporto acqua-assistito attraverso il muco ... 24

2.1.14 Studi di mucoadesività ex-vivo ... 25

2.1.15 Studi di permeazione di FD4 attraverso intestino isolato di ratto ... 26

2.1.16 Studi di biodisponibilità orale in vivo ... 27

2.2 Risultati e discussioni ... 28

2.2.1 Sintesi del coniugato QA -Ch ... 28

2.2.2 Attacco covalente dei gruppi tiolici sul derivato QA- Ch ... 28

2.2.3 Caratterizzazione del ligando aromatico ... 29

2.2.4 Caratterizzazione del derivato QA-Ch-S-protetto ... 29

2.2.5 Caratterizzazione nanoparticelle di QA-Ch e QA-Ch-S-protetto ... 29

2.2.6 Studi di rilascio di FD4 dalle formulazioni ... 26

2.2.7 Studio di dialisi interrotta ... 26

2.2.8 Studio in vitro del trasporto acqua-assistito attraverso il muco ... 27

2.2.9 Studi di mucoadesività ex-vivo ... 27

2.2.10 Studi di permeazione di FD4 attraverso intestino isolato di ratto ... 27

2.2.11 Studi di biodisponibilità orale in vivo ... 28

Conclusioni ... 29

Grafici e tabelle... 30

(5)

1

Introduzione

La via orale è la via più utilizzata per la somministrazione di farmaci poiché non è invasiva, è indolore e ha un’alta compliance da parte del paziente. Tuttavia essa presenta delle limitazioni, infatti, non è indicata per alcuni tipi di farmaci come quelli di natura peptidica e proteica poichè durante il transito attraverso il tratto gastrointestinale sono esposti a degradazione enzimatica. La mucosa gastrointestinale, inoltre, rappresenta una vera e propria barriera che limita la biodisponibilità di molecole farmacologicamente attive. L’uso di nanoparticelle polimeriche mucoadesive, per incapsulare farmaci peptidici e proteici, rappresenta una strategia farmaceutica utilizzata per proteggere i peptidi e le proteine dalla degradazione enzimatica. Tra i polimeri mucoadesivi, il chitosano è uno dei canditati preferenziali grazie alla sua mucoadesività, biocompatibilità e relativa non tossicità. Le proprietà mucoadesive del chitosano, dovute alle interazioni ioniche tra i gruppi amminici cationici del chitosano e i gruppi funzionali carichi negativamente (come l’acido sialico) del muco, fanno si che aumenti il tempo di residenza delle nanoparticelle nell’intestino aumentando di conseguenza la biodisponibilità del farmaco. Tale proprietà mucoadesive sono fortemente aumentate mediante tiolazione. I polimeri tiolati (tiomeri) formano legami covalenti con le glicoproteine costituenti la mucina mediante reazioni di scambio tiolo/disolfuro. I tiomeri però, sono instabili in soluzione a causa dell’ossidazione dei gruppi tiolici a pH ≥ 6.5. Pertanto nel tratto distale dell’intestino tenue, nel colon o nel retto dove il pH è più alto, la loro mucoadesività si riduce drasticamente. Per tali ragioni, è necessario proteggere i gruppi tiolici dall’ossidazione mediante formazione di ponti disolfuro con 6-marcaptonicotinammide, generando così una nuova classe di derivati del chitosano chiamati chitosano-S-protetti.

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Capitolo 1

1.1 Il chitosano

Il chitosano, è un polisaccaride costituito da unità di glucosammina e basse percentuali di unità di N-acetilglucosammina, unite da legami β(1 - 4) (Peniche and Peniche 2011).

Fig 1: Struttura del chitosano

Non essendo facilmente reperibile in natura, è ottenuto per deacetilazione della chitina, la quale rappresenta il secondo polisaccaride più abbondante in natura dopo la cellulosa poiché costituisce uno dei principali componenti dell’esoscheletro di insetti, ragni e crostacei; inoltre è anche un importante costituente della membrana cellulare di alghe, licheni e funghi. Da un punto di vista chimico la chitina (Figura: 2) è un omopolimero costituito da molteplici unità di N-acetil-D-glucosammina legate tra loro da legami β(1→4).

Fig 2: Struttura della chitina

In commercio, il chitosano è disponibile in diversi pesi molecolari e gradi di deacetilazione: la sua microstruttura, infatti, dipende da come viene condotta la reazione di deacetilazione, se in condizioni eterogenee o omogenee. Questa differenza strutturale è molto importante nel

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3

determinare alcune proprietà del chitosano, come la solubilità. Il chitosano ottenuto in condizioni eterogenee, non è solubile in acqua, sebbene diventi solubile a pH acido; mentre il chitosano ottenuto in condizioni omogenee risulta solubile in acqua. Grazie alle sue eccellenti qualità biologiche il chitosano è un candidato perfetto per applicazioni in campo biomedico e farmaceutico. Esso infatti, ha la capacità di aumentare la permeabilità delle membrane cellulari, sia in vitro che in vivo e di aprire le giunzioni strette delle membrane cellulari permettendo il passaggio di molecole polari. Le proprietà mucoadesive del chitosano derivano sia dalla formazione di legami chimici secondari, come i legami idrogeno, sia da interazioni ioniche tra i gruppi amminici carichi positivamente del chitosano e i residui di acido sialico carichi negativamente della mucina. Queste interazioni permettono ad un farmaco da esso veicolato, una volta a contatto con la mucosa, di essere rilasciato in situ, con aumento del tempo di residenza al sito di legame e conseguente incremento dell’assorbimento del farmaco stesso.

Modifiche chimiche del chitosano

1.1.1

Per migliorare la solubilità e le applicazioni farmaceutiche del chitosano, sono state apportate numerose modifiche alla sua struttura. Il chitosano può essere chimicamente modificato grazie alla presenza sulla sua unità di ripetizione di gruppi –NH2 e –OH dando luogo alla formazione di

numerosi derivati che vengono utilizzati per preparare formulazioni versatili.

Chitosano ammonio quaternario

1.1.2

Uno svantaggio del chitosano è la sua scarsa solubilità a valori di pH fisiologici. Infatti, a causa del pKa del gruppo amminico del chitosano (compreso tra 5.5 e 5.6), il policatione risulta insolubile a pH superiori a 6.5; a valori di pH minori di 6.5, invece, esibisce una carica positiva netta che gli consente di interagire con molecole o superfici cariche negativamente, formando legami di natura ionica. Per ovviare a questo inconveniente le catene del chitosano possono essere chimicamente modificate introducendo gruppi ammonici quaternari che permettono d’incrementare sia la solubilità in acqua per qualsiasi valore di pH, sia di rendere indipendente la carica del polimero dal pH. La quaternarizzazione, quindi, preserva e migliora le proprietà mucoadesive del polimero, potenziando inoltre la capacità di promuovere l’assorbimento di farmaci polari e apolari attraverso i diversi epiteli mucosali.

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4

Tiomeri

1.1.3

I polimeri tiolati o tiomeri vengono ottenuti per immobilizzazione di gruppi tiolici sul polimero con l’obiettivo di migliorare le sue proprietà mucoadesive e di promuovere l’assorbimento. L’immobilizzazione dei gruppi tiolici sui gruppi amminici primari del chitosano viene ottenuta tramite trattamento, in opportune condizioni, del chitosano con acido tioglicolico. L’aumentato carattere mucoadesivo dei tiomeri può essere spiegato grazie alla reazione di scambio dei gruppi tiolici immobilizzati con ponti disolfuro all’interno del muco, o a reazioni di ossidazione con sottodomini di glicoproteine del muco, ricchi in residui di cisteina [Kast e Bernkop-schnurch, 2001]; entrambi, infatti, producono come risultato la formazione di ponti disolfuro tra i derivati tiolati del chitosano ed il muco, migliorando la mucoadesività del polimero.

Fig 3: Possibile meccanismo di formazione del legame disolfuro tra il tiomero e le glicoproteine del

muco (mucina).

A)

Scambio tiolo/disolfuro; B) ossidazione [Verena M. Leitner, et al. (2003)].

Chitosano S-protetto

1.1.4

I chitosani S-protetti, sono una nuova generazione di polimeri tiolati stabili all’ossidazione e con elevate proprietà mucoadesive e coesive. Essi vengono ottenuti proteggendo i gruppi tiolici dall’ossidazione mediante formazione di ponti disolfuro con 6-marcaptonicotinammide (Figura

3). Tale polimero modificato è più mucoadesivo rispetto ai polimeri progenitori e permette di

prolungare il tempo di contatto con il sito di assorbimento favorendo un aumento della biodisponibilità orale. Per tale motivo, i polimeri chitosano-S-protetti possono essere considerati in futuro per lo sviluppo di nuovi sistemi per la somministrazione di farmaci.

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Fig 3: Protezione dei tiomeri con mercaptonicotinamide

[Bernkop-Schnurch, A., et al. (2003)]

1.2 Le nanoparticelle

Il concetto di nanoscienza fu formulato per la prima volta dal fisico Richard Feynman nel 1959 (Feynman, R. 1960) nel discorso intitolato “There’s plenty of room at the bottom-An invitation to enter a new field of physics”, durante il quale ipotizzò che nel futuro si sarebbero potuti costruire dispositivi di varia natura agendo direttamente sulla posizione degli atomi nella materia. Anni dopo, nel 1975, Eric Drexler coniò il termine nanotecnologia definendola: "tecnologia a livello molecolare che ci potrà permettere di porre ogni atomo dove vogliamo che esso stia”. Prende inizio così l'epoca d'oro della nanotecnologia del progettare, sintetizzare e caratterizzare nanoparticelle. Le nanotecnologie trovano applicazione in tutti i settori produttivi ma il settore biomedico è quello che trova maggiori applicazioni, che vanno dall’uso medico dei nanomateriali alla formulazione di nuovi sistemi per la somministrazione dei farmaci (attraverso nanoparticelle). L’applicazione delle nanotecnologie in medicina è definita nanomedicina, la quale comprende un’ampia serie di attività di ricerca che vanno dallo sviluppo di biosensori, nanomateriali con applicazioni biomediche, alla costruzione di nanovettori a scopo terapeutico e diagnostico. I nanosistemi farmaceutici più utilizzati sono: nanoparticelle organiche (a base di polimeri), o costituite da complessi di materiale organico ed inorganico, liposomi, o nanoparticelle a base di proteine e peptidi. Le nanoparticelle sono particelle solide colloidali con diametro da 1 a 1000 nm e in base al metodo di sintesi possono essere distinte in (Fig 8):

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6

 Nanosfere, costituite da una matrice porosa polimerica che è in grado di intrappolare al suo interno e sulla superficie molecole di farmaco

 Nanocapsule, ovvero sistemi vescicolari nei quali la molecola da trasportare è confinata nella cavità circondata dalla membrana polimerica

Fig 8: Rappresentazione schematica di nanosfere e nanocapsule

1.2.1

Preparazione nanoparticelle

Esistono vari metodi per la preparazione di nanoparticelle di chitosano, ma la scelta di una tecnica in particolare deve tenere conto di tanti fattori come la natura del farmaco da incapsulare, il tipo di sistema di rilascio, la via di somministrazione e il sito bersaglio.

1.2.1.1 Reticolazione ionotropica

La reticolazione ionotropica è di gran lunga la tecnica di preparazione di nanoparticelle, a partire da derivati del chitosano, più utilizzata. Questa tecnica si basa sulla formazione di interazioni elettrostatiche tra i gruppi amminici del chitosano e gruppi caricati negativamente di un polianione come il tripolifosfato. È un processo semplice con blande condizioni di preparazione, poiché viene condotto in un mezzo acquoso e non richiede l’impiego di solventi organici. Dapprima il chitosano viene solubilizzato, sotto agitazione, in soluzione acquosa acida e poi si procede con l’aggiunta di un polianione. Le nanoparticelle si formano sotto agitazione meccanica a temperatura ambiente. Le dimensioni e la carica superficiale delle particelle possono essere modificate variando le proporzioni del chitosano e del polianione.

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1.2.1.2 Coacervazione

La coacervazione è ottenuta miscelando due polielettroliti di carica opposta. Si forma un complesso polielettrolitico che si separa in una fase ricca di polimero e una fase molto diluita e va a costituire un film insolubile o una barriera che riveste le particelle. La coacervazione è una tecnica molto blanda ed efficiente per allestire nanoparticelle, ma è necessario partire da soluzioni molto diluite e controllare il pH durante la preparazione, la purificazione e lo stoccaggio per evitare l’aggregazione. Il peso molecolare e il grado di acetilazione del chitosano, così come la stechiometria della miscela di reazione e l’ordine di aggiunta, possono influenzare la composizione, la carica e la stabilità delle nanoparticelle.

1.2.1.3 Microemulsione

La microemulsione si ottiene disperdendo una soluzione acquosa di chitosano contenente il farmaco in una fase continua oleosa, costituita da un solvente organico e da un tensioattivo, sotto continua agitazione per evitare l’intorbidimento. Successivamente si aggiunge un agente reticolante e si fa evaporare il solvente organico. Dalla massa secca ottenuta deve essere eliminato il tensioattivo mediante lavaggio, prima con una soluzione acetone-acqua e poi con acqua distillata, o sciogliendo il pellet in acqua e aggiungendo un sale per far precipitare il tensioattivo; in quest’ultimo caso la soluzione viene dializzata e liofilizzata per ottenere una polvere secca. Con questo metodo si generano nanoparticelle più piccole di 200 nm con una ridotta distribuzione dimensionale. I maggiori limiti di questo processo sono rappresentati dall’uso di solventi organici, dalla procedura di preparazione e dalla complessità della fase di lavaggio.

1.2.1.4 Coalescenza di goccioline in emulsione

Questo metodo consiste nel preparare un’emulsione acqua/olio stabile di una soluzione di chitosano in olio di paraffina e una simile utilizzando una soluzione di NaOH come fase acquosa. Miscelando le due emulsioni sotto vigorosa agitazione, le goccioline coalescono e si ha la precipitazione di piccole particelle di chitosano. Le dimensioni particellari e l’incapsulamento del farmaco sono influenzati dal grado di acetilazione e dal peso molecolare del chitosano e dal tipo di farmaco.

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1.2.1.5 Estrazione del solvente in emulsione

Si prepara un’emulsione olio/acqua, aggiungendo sotto agitazione meccanica un solvente organico parzialmente miscibile in acqua ad una soluzione di chitosano contenente un agente stabilizzante, procedendo poi con un’omogeneizzazione ad alta pressione. L’emulsione viene poi diluita con grandi volumi d’acqua per estrarre il solvente organico. Le nanoparticelle si formano come risultato della diffusione del solvente organico nell’acqua. Questa procedura è adatta a farmaci idrofobici e con essa si raggiunge un’elevata percentuale di farmaco incapsulato. Gli svantaggi più importanti di questo metodo includono l’uso di solventi organici e l’applicazione di elevate forze di taglio.

1.2.1.6 Auto-assemblaggio di chitosano modificato idrofobicamente

È possibile ottenere nanoparticelle a base di chitosano anche per modificazione idrofobica di un suo derivato solubile. Questi derivati sono stati preparati connettendo strutture idrofobiche al chitosano, o al glicol chitosano, attraverso gli amminogruppi delle sue unità di ripetizione. In una soluzione tampone a pH 7.4 i coniugati del chitosano formano spontaneamente nanoparticelle di dimensioni inferiori a 200 nm e mostrano una elevata stabilità termodinamica. Le nanoparticelle che si formano sono caratterizzate da una struttura nucleo-guscio: un nucleo idrofobico in un guscio idrofilico. Il metodo di incapsulamento del farmaco dipende dalle sue caratteristiche chimiche.

1.2.2 Fluoresceina isotiocianato destrano

La fluoresceina isotiocianato destrano (PM 4kDa, FD4) è una molecola modello per farmaci fortemente idrofili. Essa è un complesso macromolecolare idrosolubile composto da frazioni monodisperse e con peso molecolare noto di destrano a cui è stato attaccato con legame covalente un fluoroforo (sostanza in grado di emettere fluorescenza) come la fluoresceina. Nella fluorescenza si distinguono una luce eccitante e una fluorescente: per ogni sostanza fluorescente vi è sempre una caratteristica radiazione capace di eccitare gli atomi o le molecole, e una caratteristica radiazione emessa nel ritorno allo stato fondamentale. Analizzando le radiazioni fluorescenti è possibile ottenere lo spettro di eccitazione, ovvero lo spettro di assorbimento della sostanza e lo spettro di fluorescenza o di emissione che mostra la luce emessa per fluorescenza.La fluoresceina isotiocianato destrano è dunque determinabile per via fluorimetrica con lunghezza d’onda di eccitazione (λex) 490 nm e lunghezza d’onda di emissione (λem) 520. Il destrano è un polimero del glucosio in cui le unità di ripetizione sono legate con legami α-1.6-glucosidici, con

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9

ramificazioni legate nella posizione 3 del glucosio con legami α-1.3-glucosidici. L’FD4, sensibile alla luce, è solubile in acqua, DMSO, formamide e in solventi organici mentre è insolubile in alcool alifatico, acetone, cloroformio e dimetilformamide. La stabilità di questa molecola è molto elevata infatti solo a pH >9 e ad elevate temperature può andare incontro a idrolisi.

Fig4: Struttura Fluoresceina isotiocianato destrano (FD4)

1.2.3 Vantaggi

delle

nanoparticelle

di

chitosano

nella

somministrazione orale

La via orale è la principale via di somministrazione di farmaci in quanto presenta tanti vantaggi: è indolore, semplice, economica e ha un’alta compliance da parte del paziente. Come tutte le vie di somministrazione, però, presenta alcuni svantaggi come l’assorbimento limitato di alcuni tipi di farmaci a causa delle loro caratteristiche chimico-fisiche; la necessità della collaborazione da parte del paziente; l’irregolarità dell’assorbimento in presenza di cibi o di altri farmaci e una ridotta biodisponibilità a causa della possibile metabolizzazione da parte di enzimi presenti nella flora batterica intestinale. Alcuni farmaci inoltre, non possono essere somministrati per via orale; ad esempio, farmaci di natura proteica o mucopolisaccaridica sono degradati prima di essere assorbiti. Infatti¸ l’assorbimento intestinale di farmaci peptidici e proteici è in genere scarso a causa sia dell’idrolisi di questi farmaci da parte di enzimi proteolitici presenti nel tratto gastrointestinale, sia della scarsa permeabilità di peptidi e proteine attraverso la membrana intestinale. Per eliminare il

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10

secondo inconveniente si è ricorso a sistemi di nanoparticelle polimeriche che hanno lo scopo di interagire con le biomolecole che regolano le giunzioni strette tra le cellule epiteliali. Tale interazione causa l’apertura reversibile delle giunzioni strette, il che può permettere ai farmaci proteici di permeare attraverso l’epitelio tramite la via paracellulare. E’ stato dimostrato infatti, che nanoparticelle di dimensioni inferiori a 500 nm riescono a passare attraverso lo strato di muco e ad essere internalizzate dalle cellule epiteliali per endocitosi. La mucoadesività, che consente di prolungare il tempo di residenza dei sistemi nanoparticellari in corrispondenza del sito di assorbimento, e la capacità del chitosano di aprire le giunzioni strette delle cellule epiteliali garantiscono un aumento della biodisponibilità.

1.3

La membrana mucosale

La membrana mucosale rappresenta la tonaca che riveste le cavità dell’organismo comunicanti direttamente o indirettamente con l’esterno, come gli apparati respiratorio, digerente, urogenitale e la cui superficie si mantiene costantemente umida grazie alla presenza di ghiandole che producono muco. Le membrane mucosali sono generalmente costituite da un epitelio superficiale, che può presentarsi come epitelio semplice, pseudostratificato o pluristratificato, in cui sono localizzate le cellule caliciformi o i dotti delle ghiandole mucipare che producono muco, e da un tessuto connettivo lasso, la lamina propria, con funzione di sostegno e organizzazione, in cui si trovano cellule muscolari, vasi sanguigni e linfatici. Le membrane mucosali possono risultare intimamente aderenti alle pareti sottostanti, oppure può esservi un secondo strato di connettivo lasso, la sottomucosa, che le rende capaci di scorrere. Funzione specifica delle membrane mucosali è la produzione di muco, sostenuta dalla presenza di ghiandole mucipare sia nell’epitelio superficiale in forma di cellule caliciformi, sia nella sottomucosa in forma di ghiandole mucose pluricellulari. Nell’epitelio superficiale le ghiandole sono costituite da cellule caliciformi che riversano il loro secreto direttamente nel lume, mentre al livello della sottomucosa le ghiandole sono localizzate nel tessuto connettivo e secernono il muco nel lume grazie alla presenza di un dotto escretore. Nelle cellule mucipare caliciformi, durante il processo di secrezione, gocce di muco si accumulano nella regione di Golgi, situata tra il nucleo e la superficie libera della cellula. L’immagazzinamento del muco determina la distensione della porzione apicale delle cellule che assumono una tipica forma a calice, mentre il nucleo viene schiacciato al polo opposto. La produzione di muco da parte di queste cellule è provocata da stimoli indotti da agenti irritanti e/o variazione dei livelli ormonali e la successiva secrezione avviene mediante l’esocitosi di granuli secretori dalla membrana plasmatica. All’interno dei granuli il muco si trova in forma condensata ma, una volta liberato sulla superficie epiteliale, il muco si idrata, si espande e forma un materiale simile a un gel.

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1.3.1

Il muco

Il muco è una sostanza filante e viscosa, che protegge, lubrifica e riveste la superficie degli epiteli mucosali con uno strato sottile e continuo. Esso svolge molte funzioni importanti tra cui mantenere costantemente umide e lubrificate le mucose, proteggere la mucosa dall’azione di corpi estranei come virus ed agenti patogeni, da sostanze dannose come il fumo e gli acidi gastrici e contribuire al mantenimento dell’equilibrio idrico dell’epitelio. Allo stesso tempo ha un’azione lubrificante che minimizza i danneggiamenti meccanici dovuti agli sforzi di taglio sull’epitelio. La composizione del muco varia notevolmente in base alla specie animale, all’età, al sesso, alla collocazione anatomica, al suo ruolo in un determinato sito ed alle condizioni, patologiche o normali, dell’organismo (Gandhi e Robinson, 1988). I componenti principali possono essere riassunti come segue (Rathbone e Hadgraft, 1991):

Figura 5: Composizione del muco

Le principali proteine costituenti il muco sono le mucine, famiglia di proteine altamente glicosilate con catene laterali di carboidrati. Esse sono responsabili delle proprietà del muco, la cui viscosità, responsabile dell’attività protettiva e lubrificante del muco, è regolata anche dalla presenza di acqua, lipidi e ioni [Lai, Samuel K., et al. (2009)]. Da un punto di vista chimico queste glicoproteine sono costituite per il 20% circa da proteine e in quantità compresa tra il 70 ed il 90%, da catene glucidiche come galattosio, N-acetilgalattosamina, N-acetilglucosamina, fucosio e acido sialico. La porzione proteica è collegata tramite legami O-glicosidici a catene oligosaccaridiche e comprende circa 800 residui amminoacidici caratterizzati maggiormente dalla ripetizione di treonina, serina e prolina. Grazie alle interazioni idrofobiche tra le catene e alla presenza di gruppi sulfidrilici capaci di formare ponti disolfuro intra- e inter-molecolari, le mucine possono associarsi in complessi macromolecolari, responsabili delle proprietà reologiche del muco. Inoltre le mucine possiedono porzioni acide dovute alla presenza di acido sialico e gruppi solfato nelle porzioni glucidiche che, a pH fisiologico, risultano completamente ionizzate, conferendo al muco una carica negativa, essenziale nel processo di mucoadesione con preparati farmaceutici.

COMPOSIZIONE PERCDENTUALE

ACQUA 95%

GLICOPROTEINE E LIPIDI 0.5-5.0%

SALI MINERALI 1%

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1.3.2 Mucoadesione

L’adesione di un polimero ad una superficie epiteliale può essere considerato come l’interazione di una serie di gruppi carichi o neutri presenti nel polimero con il tessuto stesso, seguita dalla formazione di legami non covalenti.In generale il fenomeno della mucoadesione si compone di tre momenti:

 l’intimo contatto fra il polimero e la membrana, attraverso la diffusione e l’espansione del reticolo delle catene polimeriche;

 l’interpenetrazione fra le catene del polimero bioadesivo e quelle della mucina;

 la formazione di legami chimici fra il polimero e la mucina (Jimenez-Castellanos, 1993). Nella prima fase del processo, il polimero bioadesivo si espande sulla superficie mucosale e aderisce ad essa grazie alla tensione superficiale e alle forze presenti al livello del sito di adsorbimento. Inoltre la presenza di acqua permette l’idratazione e il rigonfiamento del polimero, con conseguente aumento dell’area superficiale di contatto tra il sistema bioadesivo e le mucose. Nella seconda fase le catene del polimero diffondono nella membrana mucosale, generando un intreccio di strutture. La velocità con cui il polimero penetra all’interno dello strato di muco dipende dalla flessibilità delle catene polimeriche e dal coefficiente di diffusione. Inoltre la forza del legame adesivo è direttamente proporzionale alla profondità di penetrazione delle catene del polimero stesso.

Nella terza fase si vengono a formare i legami chimici i quali possono essere classificati in primari (legami covalenti) e secondari (interazioni elettrostatiche, Van der Waals, legami a idrogeno). Essenziale per la formazione delle interazioni deboli è la presenza di cariche anioniche e di gruppi chimici, ossidrilici e carbossilici, in grado di originare legami a idrogeno.

1.3.3

Vantaggi della mucoadesione

L’uso di sistemi mucoadesivi comporta l’ottenimento di numerosi vantaggi tra cui il miglioramento delle prestazioni terapeutiche dei preparati farmaceutici. La presenza di materiali polimerici permette la creazione di sistemi a rilascio controllato del farmaco: infatti, la formazione di legami adesivi prolunga il tempo di contatto della formulazione nel sito di applicazione, con un conseguente prolungamento del tempo di rilascio del farmaco. Ciò riduce il numero di somministrazioni con aumento della compliance del paziente. Una riduzione del numero di somministrazioni rappresenta un vantaggio anche quando il sistema mucoadesivo viene utilizzato a livello locale. Questo tipo di applicazione permette inoltre l’ottenimento di altri vantaggi: il

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farmaco, localizzato nel sito di azione, può migliorare e promuovere la sua biodisponibilità, dunque questo sistema è molto utile per farmaci che hanno problemi a raggiungere una concentrazione efficace. Inoltre il farmaco agirebbe in una zona circoscritta con conseguente riduzione degli effetti collaterali e di fenomeni antigenici.

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Capitolo 2

Parte sperimentale

L’utilizzo di nanoparticelle polimeriche mucoadesive (NP), come veicoli per la somministrazione orale di farmaci, ha suscitato un notevole interesse grazie alla loro potenziale capacità di aumentare la biodisponibilità di farmaci avente bassa permeabilità mucosale e/o poca stabilità chimica nel tratto gastrointestinale. Le NP dovrebbero essere in grado di oltrepassare lo strato stagnante di muco adiacente alla membrana intestinale per essere adsorbite nella circolazione sistemica. Il muco, quindi, rappresenta una vera e propria barriera che può limitare il transito di particelle somministrate oralmente a causa della tendenza delle NP di aderire allo strato di muco. Il muco da una parte si oppone al transito fisiologico del sistema di rilascio attraverso il tratto GI, favorendo l’assorbimento del farmaco, dall’altra ostacola il trasporto acqua-assistito delle NP dal lato luminale a quello epiteliale dello strato di muco, diminuendone l’assorbimento. Nel presente lavoro di tesi è stato studiato in vivo l’impatto di NP mucoadesive sulla biodisponibilità orale di un modello di farmaco proteico. A tale scopo sono state preparate due tipi di NP, apparentemente differenti solo per il loro carattere mucoadesivo ed è stata usata la fluoresceina isotiocianato destrano (PM 4kDa, FD4) come farmaco modello. Pertanto, la presente tesi si è articolata nelle seguenti fasi: 1) preparazione di coniugati di chitosano-ammonio quaternario a partire da chitosano commerciale a basso peso molecolare 2) introduzione di gruppi tiolici sui suddetti coniugati mediante formazione di legami ammidici con acido tioglicolico; 3) protezione dei gruppi tiolici mediante addizione di 6- mercaptonicotinammide; 4) preparazione di NP stabili di adeguate dimensioni per reticolazione ionotropica con acido ialuronico depolimerizzato; 5) caratterizzazione delle NP per dimensioni, indice di polidispersione (PI), efficienza di incapsulamento (EI) e potenziale zeta (ZP); 6) studio del rilascio di FD4 dalle NP sottoponendo a dialisi le dispersioni; 7) studio delle proprietà mucoadesive delle NP in vitro e ex-vivo attraverso l’intestino isolato di ratto; 10) studio in vivo della biodisponibilità orale delle NP.

(19)

15

2.1 Materiali e Metodi

2.1.1

Materiali

Sono stati utilizzati i seguenti materiali:

 Chitosano a basso peso molecolare (Ch) (Sigma);

 Tiourea (Sigma);

 6-Cloronicotinammide (Sigma);

 Acido ialuronico (HA)

 Fluoresceina isotiocianato destrano (Sigma);

 Acido Tioglicolico (TGA) (Sigma);

 1-etil-3-(3-dimetilamminopropil) carbodimmide cloridrato (EDAC) (Sigma);

 Membrana di cellulosa cut-off 12.5 kDa

 2-dietilamminoetil cloruro (DEAE-Cl)

Prima dell’uso la membrana di cellulosa è stata immersa in acqua per almeno 24 ore. Tutte le soluzioni/dispersioni acquose sono state preparate con acqua deionizzata.

2.1.2

Depolimerizzazione acido ialuronico

Acido ialuronico (HA) (Figura 9) a basso peso molecolare (rHA) fu ottenuto per degradazione acida di HA commerciale secondo la procedura descritta da Shu et al. (2002). 1 g di HA fu solubilizzato in 100 mL di acqua, la soluzione fu portata a pH 0.5 con acido cloridrico concentrato e mantenuta per 24 ore a 37°C. Per aggiunta di NaOH 1 M fu poi portata a pH 7 e quindi dializzata contro acqua per 3 giorni. Infine la soluzione fu chiarificata per filtrazione e liofilizzata.

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16

2.1.3

Determinazione viscosimetrica del peso molecolare di HA

Il PM medio di rHA fu determinato mediante un viscosimetro a capillare di Ostwald (Cannon-Fenske serie ASTM 75) secondo il procedimento riportato da Khalid et al., (1999). La viscosità ridotta di soluzioni di rHA in NaCl 0.1M, a diverse concentrazioni nell’intervallo 0.1-0.8 mg/mL fu determinata usando l’equazione:

η

red

= (t-to)/ to C (2.1)

dove t e t0 rappresentano, rispettivamente, il tempo di flusso della soluzione e del solvente

attraverso il capillare, e C è la concentrazione della soluzione espressa in g/mL.

Il grafico sperimentale ηred vs C era una retta la cui intercetta sulle ordinate a C=0 fornì la viscosità

intrinseca [η], da cui fu calcolato il peso molecolare viscosimetrico del polimero, Mv, espresso in Dalton, mediante l’equazione di Mark-Houwink:

[η] = KM

(2.2)

I coefficienti K e α per HA in NaCl 0.1M hanno i seguenti valori:

K=0.0336,L/g

α =0.79

Usando questi valori e il valore estrapolato di η= 269.3 mL/g (r2= 0.9523; n=5) nell’equazione 2.2

si ricavò un valore di Mv= 87 kDa.

2.1.4

Sintesi del coniugato QA-Ch

0.5 g di Ch furono disciolti in 20 ml di HCl 0.11 M (pH 4.7). Alla soluzione di Ch furono aggiunti in sequenza 2 g di di DEAE-Cl HCl e 3 mL di NaOH al 15% sotto vigorosa agitazione alla temperatura di 60°C. In seguito all’aggiunta di NaOH il chitosano solido precipitò come una mucillagine dalla soluzione iniziale. L’agitazione ed il riscaldamento furono mantenuti per 2 h nel corso delle quali il pH della miscela di reazione fu tenuto sotto controllo al valore di 8 utilizzando l’elettrodo di un pH-metro immerso nella miscela stessa ed aggiungendo, quando necessario, NaOH acquoso concentrato quanto basta. La miscela, a completa solubilizzazione della mucillagine e dopo raffreddamento, fu neutralizzata portando il pH a 7 per aggiunta di HCl 1M; fu successivamente chiarificata mediante filtrazione e purificata sottoponendola a dialisi contro acqua

(21)

17

per 3 giorni. La soluzione fu infine liofilizzata per ottenere il prodotto puro. Il derivato così ottenuto viene indicato con la sigla QA-Ch.

2.1.5

Attacco covalente di gruppi tiolici sul derivato QA

-Ch

La tiolazione del derivato QA- Ch fu ottenuta per attacco di acido tioglicolico (TGA) ai gruppi amminici primari non sostituiti presenti sulle catene di QA-Ch mediante la formazione di legami ammidici catalizzata da EDAC [Kast e Bernkop-schnurch, 2001]. Durante la purificazione nella fase ricevente della dialisi fu introdotto NaCl, usato per purificare i polimeri tiolati, allo scopo di facilitare l’allontanamento del TGA anionico non reagito e la sua sostituzione con cloruro come controanione di QA-Ch-SH. Nel corso della dialisi fu mantenuto un pH acido perché l’ossidazione del tiolo a disolfuro è favorita da ambienti neutri/alcalini. Il polimero rimase facilmente solubile in acqua. Dopo la dialisi la soluzione del polimero fu liofilizzata per ottenere QA –Ch- SH purificato. I derivati tiolati furono conservati a –20°C al buio.

2.1.6

Sintesi 6 –mercaptonicotinammide (6- MNA)

Il ligando aromatico 6-mercaptonicotinammide (6-MNA), non essendo disponibile in commercio, è stato sintetizzato seguendo il metodo sviluppato da Forrest e Walker (1948) mostrato in Fig 6. Dopo aver sospeso la 6-cloronicotinammide e la tiourea in etanolo, esse furono reflusse per 6 ore sotto atmosfera inerte. La miscela di reazione fu poi raffreddata e agitata per 12 h a temperatura ambiente. Il risultante sale S-(5-carbamil-2-piridil)- tiouronio cloridrato fu separato per filtrazione ed essiccato. Il sale secco fu decomposto attraverso l’addizione di una soluzione alcalina di NaOH 2M, e agitato per 45min a temperatura ambiente. Il pH fu portato a 4 con acido acetico glaciale. La risultante 6-mercaptonicotinammide (6-MNA) fu poi isolata per filtrazione, lavata con acqua ed essiccata. Al fine di evitare l’ossidazione della 6-MNA, fu sintetizzato il dimero 6,6’- ditionicotinammide (6,6’-DTNA). In breve, 6-MNA fu sospesa in acqua e il pH fu portato a 7 prima dell’addizione di H2O2 e la miscela fu agitata per 1h a temperatura ambiente. La 6,6’-DTNA

fu isolata per filtrazione, lavata con acqua ed essiccata. Entrambi i reagenti erano solubili in DMSO ma non in acqua o altri solventi convenzionali.

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18

Fig 6: Sintesi ligando aromatico 6-MNA [Forrest-Walker 1948]

2.1.7

Sintesi del coniugato QA-Ch-S-protetto

Il ligando aromatico 6-MNA fu legato covalentemente al derivato QA- Ch-SH attraverso la formazione di legami disolfuro tra la 6-MNA e i gruppi tiolici liberi del derivato QA-Ch-SH. 200 mg di QA-Ch60SH furono disciolti in 50 mL di una miscela acqua/DMSO (3:7) sotto agitazione. Per evitare la precipitazione del ligando aromatico, dovuta alla sua insolubilità in acqua, 50 mg di 6,6’-DTNA furono disciolti in 50 mL di DMSO e aggiunti alla soluzione polimerica. La miscela fu portata a pH 6.2, agitata per 6h a temperatura ambiente, chiarificata per filtrazione, dializzata 7 volte contro acqua ed infine liofilizzata previa centrifugazione per allontanare 6,6’-DTNA non reagito che precipitava durante la dialisi. Il derivato così ottenuto viene indicato con la sigla QA-Ch-S-pro.

2.1.8

Determinazione del contenuto di gruppi tiolo e disolfuro

nei derivati QA-Ch-SH e QA-Ch-S-protetto

Per determinare i gruppi tiolici i polimeri QA-Ch-SH o QA-Ch-S-protetto (15 mg) furono sciolti in 10 mL di acqua, fu aggiunta una soluzione acquosa all’1% di amido (1mL), il pH fu aggiustato a 3

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19

con HCl 1 M e le soluzioni furono titolate con una soluzione acquosa di iodio 1 mM fino ad una permanente colorazione azzurra. [Kast and Bernkop-Schünrch (2001)].

Per determinare i gruppi disolfuro, questi furono ridotti a tioli aggiungendo 8 mL di sodio boroidruro acquoso al 10% ad una soluzione di 15 mg di polimero in 2 mL di acqua ed agitando per 1 ora. Quindi l’eccesso di sodio boroidruro fu distrutto portando la soluzione a pH 3 con HCl 1 M ed il contenuto di tioli fu determinato mediante titolazione iodometrica descritto precedentemente. Il contenuto in disolfuro fu ottenuto per differenza tra i contenuti in tiolo dei derivati QA-Ch-SH e QA-Ch-S-pro ridotti e non ridotti. I contenuti in tiolo libero e disolfuro furono espressi come μmol per g di polimero.

2.1.9

Quantificazione del ligando aromatico 6-MNA

Per determinare il contenuto in ligando aromatico, a soluzioni del derivato QA-Ch-S-pro allo 0.1% fu aggiunta una soluzione di glutatione ridotto (GSH) allo 0.1%. In queste condizioni, il ligando aromatico fu scambiato e la quantificazione del monomero rilasciato fu determinata spettrofotometricamente a λ=307 nm con riferimento alla retta di calibrazione ottenuta a concentrazioni crescenti di 6-MNA.

2.1.10 Preparazione di nanoparticelle contenenti FD4

Nanoparticelle a base dei derivati QA-Ch e QA-Ch-S-pro e contenenti FD4 si formarono spontaneamente sotto graduale aggiunta di porzioni da 50 μl di una soluzione di un volume di 750 μl contentente 0.2 mg/mL di HA e 4 mg/mL (3mg) di FD4, in tampone fosfato pH 7.4, 0.13M (PB), a 5 mL di derivato QA-Ch o QA-Ch-S-pro 1 mg/mL in PB. La concentrazione finale di FD4 nelle dispersioni nanoparticellari era 0.6 mg/mL. Dopo preparazione, le NP furono caratterizzate per dimensioni e potenziale zeta (ZP). Per purificare le NP, queste furono centrifugate a 20000 rpm per 30 min, a T=4°C, il surnatante rimosso e analizzato fluorometricamente ( λ ex 490 nm, λ em 530 nm) per determinare la quantità di FD4 intrappolata nelle NP (EI) e il pellet fu ripreso e liofilizzato (VirTis adVantage, Congelamento: −35°C, 180 min; essiccamento: 1) −30°C, 360 min; 2) −10°C, 360 min; 3) 10°C, 240 min; 4) 25°C, 180 min). Le dispersioni liofilizzate furono rigenerate dai rispettivi liofilizzati mediante aggiunta di acqua e rigenerando le condizioni isotoniche uguali a quelle di partenza. La quantità di FD4 intrappolata nelle NP (EI) è stata calcolata usando la seguente formula:

EI= [(Mt – Ms) / Mt] x 100

(24)

20

2.1.11 Studi di rilascio di FD4 dalle formulazioni

Per misurare la cinetica di rilascio fu usato il metodo della dialisi dinamica. Una membrana porosa di cellulosa (cut-off 12.5 kDa) fu montata nella cella dell’apparato di dialisi e fu usata per separare la fase donatrice, contenente le NP caricate con FD4, dalla fase ricevente, mantenendo le condizioni di sink. Al tempo t=0, 5 mL di NP caricate con FD4 ottenute come descritto nel paragrafo 2.1.10 o una soluzione di FD4 in PB (controllo), furono poste nel compartimento donatore della cella e fu iniziata l’agitazione della fase ricevente e donatrice, mantenendo il termostato a una temperatura di 37°C. La massa di FD4 introdotta tramite le NP era 0.6 mg, uguale a quella del controllo e il volume di fase ricevente (PB) era 100 mL. Il trasporto dell’FD4 attraverso la membrana fu valutato mediante analisi fluorimetrica della fase ricevente al tempo t. Al termine di ogni corsa, la fase donatrice fu analizzata al fine di valutare le dimensioni nanoparticellari medie. In alcuni esperimenti, la dialisi fu interrotta dopo prestabiliti intervalli di tempo (1,3, 5, 15 e 24h) e a ciascuno di tali tempi, fu determinata la frazione di FD4 passata nella fase ricevente (FFR), quella presente nella fase donatrice ma esterna alle NP (FFD) e quella ancora associata alle NP (FNP). Questa procedura fu ripetuta diverse volte al fine di costruire il grafico della frazione di FD4 in ogni fase in funzione del tempo. L’ultracentrifugazione della fase donatrice seguita da analisi fluorimetrica del surnatante, permise di determinare la FFD e calcolare la FNP.

2.1.12 Purificazione muco

Il muco porcino fu prelevato dall’intestino tenue di un maiale macellato di fresco. Il muco fu purificato e omogeneizzato mediante addizione di 5 mL di NaCl 0.1 M per grammo di muco, seguita da agitazione per 1h a 10 °C. Successivamente, la miscela fu centrifugata (9000 rpm, 4°C, 2h), il surnatante allontanato ed il muco separato dal materiale granulare

.

2.1.13 Studio in vitro del trasporto acqua-assistito attraverso il

muco

Lo strato di muco fu realizzato riempiendo una siringa di plastica da 1 mL con 300 μl di muco purificato. La siringa fu mantenuta in posizione verticale e fu impedito al muco di fuoriuscire dalla siringa grazie all’utilizzo di un filtro da 0.2 µm. 50 μl di di NP caricate con FD4 preparate come

(25)

21

descritto nel paragrafo 2.1.10 furono aggiunti sul filtro prima dell’aggiunta del muco. Fu realizzato un flusso di PBS attraverso lo strato di muco collegando la punta della siringa ad un serbatoio mediante un tubo flessibile, riempiendo il serbatoio con PBS in modo che il livello tra siringa e serbatoio fosse uguale. In questo modo fu creato un flusso di PBS di 125 µL/h che non causò miscelazione dello strato di muco. Il sistema fu mantenuto in posizione verticale per 5h a 37°C , al termine delle quali fu prelevato il surnatante presente sullo strato di muco mentre la siringa fu congelata e successivamente tagliata a fette da 2 mm ciascuna, iniziando dall’estremità in cui furono inserite le NP. Ogni fetta e il surnatante furono poi analizzatisfluorometricamente con riferimento alla relativa curva di calibrazione.

Fig 7: Modello trasporto acqua assistito [A.Fabiano, Y.Zambito 2016]

2.1.14 Studi di mucoadesività ex-vivo

Fu utilizzata la procedura descritta da Zambito et al., 2013. La mucosa intestinale fu isolata da ratti Wistar non a digiuno e di peso compreso tra 250 e 300g. Dopo aver sacrificato il ratto, furono asportati i primi 50 cm del digiuno i quali furono aperti mediante incisione longitudinale e la mucosa fu liberata dai contenuti luminali. Il segmento intestinale fu suddiviso in 3 porzioni da 1.5 cm per facilitare la completa immersione in 1ml della formulazione da testare. Ogni segmento d’intestino fu immerso in 1 mL di NP caricate con FD4. Per assicurare ossigenazione e agitazione fu fatta gorgogliare in ciascun pallone una miscela di 95%O2 e 5%CO2 per 4h senza

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22

e analizzati fluorometricamente in riferimento alla relativa curva di calibrazione. La frazione di massa adsorbita fu calcolata come differenza tra la concentrazione di FD4 prima e dopo incubazione, in percentuale.

2.1.15 Studi di permeazione di FD4 attraverso intestino isolato di

ratto

Fu utilizzata la procedura riportata da Zambito et al., 2013. La mucosa intestinale fu isolata da ratti Wistar maschi non a digiuno e di peso compreso tra 250 e 300g. Dopo aver sacrificato il ratto, furono immediatamente rimossi i primi 20 cm del digiuno. L’intestino fu tagliato in strisce di 1.5 cm e venne gentilmente rimosso il contenuto del lume e montato in una cella di tipo Ussing (area superficiale esposta di 0.78 cm2), senza rimuovere il sottostante strato muscolare. Al lato apicale fu aggiunto 1 mL di tampone fosfato pH 6.8, 0.13M, reso isotonico per aggiunta di cloruro di sodio (PBS) e 3 mL di PB furono aggiunti al lato basolaterale (mezzo accettore). Per assicurare ossigenazione e agitazione fu fatta gorgogliare in ciascun compartimento una miscela di 95% O2 e

5%CO2. Dopo 20 min di equilibrazione, il mezzo di ciascun compartimento donatore fu sostituito

con 1 mL di NP caricate con FD4 o con 1 mL di una soluzione di FD4 in PB (controllo). Ad intervalli di 30 minuti, per un totale di 240 minuti, fu prelevato 1ml di campione dal compartimento accettore e sostituiti con lo stesso volume di mezzo fresco. La quantità di FD4 permeata fu determinata spettrofluorometricamente. Dopo ogni esperimento, il valore di coefficiente di permeabilità apparente, Papp, del permeante attraverso l’intestino di ratto fu

calcolato mediante la seguente equazione:

P

app

= dM/dt 1/AC

0

(3)

dove dM/dt 1/AC0, il flusso di permeazione, è la pendenza della porzione lineare del grafico

quantità cumulativa permeata per unità di superficie di area vs tempo e C0 è la concentrazione

iniziale del permeante presente nel mezzo donatore. I singoli valori di Papp furono poi mediati al

fine di calcolare la permeabilità apparente media Papp (n≥6). La media della quantità cumulativa

permeata fu per riportare in grafico ciascun profilo di permeazione e per determinare T240min. Dalla

Papp è stato poi calcolato il fattore di promozione della permeabilità (ER), definito come il rapporto

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23

2.1.16 Studi di biodisponibilità orale in vivo

Per valutare il profilo plasmatico dell’FD4, dodici ratti Wistar maschi (260-350g) furono anestetizzati con tiopentale (70 mg/kg, i.p.), seguendo le linee guida della direttiva Europea 2010/63 e approvate dal comitato del benessere animale dell’Università di Pisa (D.L. 2014/26). La trachea fu incubata e collegata a un ventilatore (mod 7025 Ugo Basile, Comerio, Italia) per assicurare la ventilazione artificiale con aria ambientale (volume sistolico, 1mL/100g di peso corporeo; 70 battiti/min). L’elettrocardiogramma (ECG) fu continuamente misurato mediante lead II (Minidray, PM5000; 2 Biological Instruments, Varese, Italia), in modo da monitorare le principali funzioni vitali. Dopo un periodo di stabilizzazione di 15 min, una campione di sangue (500 µL) fu prelevato (controllo basale). Successivamente, gli animali furono trattati per gavaggio con 2.5 mg di FD4 contenuta nelle NP allo studio. Le NP somministrate furono ottenute semplicemente sospendendo i rispettivi liofilizzati in acqua e agitando gentilmente. Campioni di sangue (500 µL) furono prelevati dalla carotide a intervalli di tempo di 30, 60, 120, 180 e 300 min dalla somministrazione. Dopo il prelievo, ciascun campione di sangue fu immediatamente centrifugato (2040g, 20 min, 4°C) e il siero (150 µL) fu separato e analizzato spettrofluorometricamente per l’FD4. L’area sotto la curva è stata determinata tra il tempo 0 e 300 min. La significatività dei risultati fu valutata mediante il test t-Student. Dopo avere completato gli studi di biodisponibilità, i ratti furono sacrificati e fegato, milza e rene furono prelevati e omogeneizzati con PBS a 8000 rpm per 10 min. L’omogeneizzato fu centrifugato a 3000 rpm per 5 min e il surnatante (150 µL) fu miscelato con acido acetico al 50% (30 µL). La miscela ottenuta fu centrifugata a 10000 rpm per 5 min per rimuovere le proteine precipitate e il surnatante fu poi analizzato fluorometricamente per determinare il contenuto di FD4 (Tozaki, H et al., 2002). Per riferimento, la procedura descritta fu ripetuta diverse volte su fegato, milza e rene di ratti non trattati con nessuna delle dispersioni nanoparticellari.

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24

2.2 Risultati e discussioni

2.2.1

Sintesi del coniugato QA -Ch

La reazione di Ch commerciale (Mw = 590 kDa) con DEAE-Cl è stata studiata in passato da Zambito et al. (2006, 2008). L’analisi NMR basata su mappe bidimensionali mostrò che i risultanti derivati avevano la struttura di N,O-[N,Ndietilamminometil(dietildimetilene ammonio)n] metilchitosani, contenenti piccole catene pendenti costituite da un piccolo numero di gruppi ammonici quaternari adiacenti, parzialmente sostituiti sulle unità di ripetizione di Ch (Zambito et al., 2006). Il grado di sostituzione (GS) e il numero medio di gruppi ammonici quaternari in ogni piccola catena (n) dipendeva fortemente dal pH della miscela di reazione, che doveva essere strettamente controllato al valore di 8 affinché la reazione di sintesi fosse riproducibile (Zambito et al., 2008). Nella presente tesi, la reazione fu effettuata a partire da Ch (Mw= 524 kDa). Il coniugato ottenuto portava la media di una carica positiva per unità di ripetizione, che è forse la massima possibile per questo tipo di polimeri. I rispettivi valori di GS e n sono riportati nella

Tabella 4.1

2.2.2

Attacco covalente dei gruppi tiolici sul derivato QA- Ch

Dai valori di GS e di acetilazione riportati in Tabella 4.1, sembra che sul derivato QA-Ch erano ancora presenti significative frazioni di unità di glucosammina non sostituite potenzialmente disponibili per l’attacco covalente di gruppi tiolici tramite la formazione di legami ammidici tra il gruppo amminico primario della glucosammina ed il gruppo carbossilico del TGA. La nostra analisi ha infatti dimostrato la presenza di gruppi tiolo e disolfuro legati in modo covalente, le cui frazioni nei prodotti QA-Ch-SH si trovano nella Tabella 4.2. Nella fase ricevente della dialisi è stato introdotto NaCl, usato per purificare i polimeri tiolati, allo scopo di facilitare l’allontanamento del TGA anionico non reagito e la sua sostituzione con cloruro come controanione di QA-Ch-SH. Nel corso della dialisi fu mantenuto un pH acido perché l’ossidazione del tiolo a disolfuro è favorita da ambienti neutri/alcalini. Nonostante tutto, la maggior parte dei tioli subì ossidazione, come appare dal confronto tra contenuto di disolfuro e tioli. Malgrado questo, i polimeri rimasero facilmente solubili in acqua. Il contenuto in tiolo del polimero tiolato rimase virtualmente immodificato dopo un anno dalla conservazione allo stato di liofilizzato a −20°C al buio.

(29)

25

2.2.3

Caratterizzazione del ligando aromatico

I ligandi aromatici sono stati analizzati spettrofotometricamente nel range 800-200 nm. La 6-MNA aveva un picco ben pronunciato a 307 nm, la 6-6’ DTNA aveva un picco significativo a 297 nm e uno di minore intensità a 253 nm (Dünnhaupt, S. et al., 2012). Entrambi i ligandi erano solubili in DMSO ma non in acqua

.

2.2.4

Caratterizzazione del derivato QA-Ch-S-protetto

Il contenuto in gruppi tiolo e disolfuro è stato determinato mediante titolazione iodometrica come descritto nel paragrafo 2.1.6 ed è riportato nella Tabella 4.2. I risultati indicano che la formazione dei legami disolfuro tra i gruppi tiolici del derivato QA-Ch-SH e il ligando aromatico 6,6’-DTNA è stata ottenuta. La struttura piridinica è stata covalentemente attaccata al tiomero e può dare reazioni di scambio con agenti riducenti o composti contenenti gruppi tiolici. Per determinare il contenuto in ligando aromatico, glutatione ridotto fu aggiunto alla soluzione del polimero pro per il rilascio di 6-MNA come descritto nel paragrafo 2.1.7. Il risultante derivato QA-Ch-S-pro aveva 66.3 μmol di 6-MNA per grammo di tiomero. Polimeri titolati senza aggiungere previamente GSH mostravano di contenere una quantità di 6-MNA non significativa. Confrontando il contenuto in disolfuro del campione QA-Ch60-SH con il campione QA-Ch60-S-protetto si osserva che il valore relativo al primo è circa la metà del secondo, ciò indica che tutti i gruppi tiolici presenti in QA-Ch60-SH risultano completamente protetti. Infatti nella titolazione del polimero QA-Ch-S-pro dopo riduzione dei ponti disolfuro andremo a titolare gli SH del polimero e quelli di 6-MNA.

2.2.5

Caratterizzazione nanoparticelle di QA-Ch e QA-Ch-S-protetto

Le dimensioni medie delle NP, i valori di potenziale zeta (ZP) e i valori di efficienza di incapsulamento (EI) sono riportati in Tabella4.3. Le dimensioni medie determinate immediatamente dopo la preparazione o dopo ridispersione dei loro liofilizzati erano sempre comprese nell’intervallo 370 – 390 nm e non erano significativamente diverse le une dalle altre. I valori di ZP erano positivi, in accordo con la presenza di gruppi ammonici quaternari sulla loro superficie e l’EI era sempre intorno al 20% senza significativa differenza tra i due tipi di NP.

(30)

26

2.2.6

Studi di rilascio di FD4 dalle formulazioni

I dati di dialisi dinamica sono stati usati per determinare l’interazione dell’FD4 con la superficie delle NP in dispersione. I dati ottenuti sono stati riportati in grafico in accordo con la seguente equazione, che deriva applicando la prima legge di Fick relativa al passaggio di un soluto attraverso una membrana in condizioni di stato quasi-stazionario Bottari et al. (1975), Zambito et al., (2012), Uccello-Barretta et al., (2010):

ln [( C

d

/ C

do

) x100 ]=4.605-K

m

F

f

t (2)

Dove Cd è la concentrazione iniziale di FD4 nella fase donatrice, Cd0 è la concentrazione nella fase

donatrice al tempo 0, Ff è la frazione di FD4 che non interagisce nella fase donatrice e Km è la

costante di dialisi. Dopo aver determinato Ff , la frazione legata può essere calcolata come 1-Ff. I

dati di dialisi relativi al controllo e alle NP caricate con FD4 sono riportati in Figura 4.1 come ln (Cd / Cdo) x100 vs t. Tutti i grafici sono significativamente lineari, come mostrato dai rispettivi

valori di r2, rispettivamente 0.993, 0.969 e 0.955. Tale linearità indica che in tutti i casi l’equazione 2 è rispettata e Ff è costante al variare di Cd per il tempo di dialisi. Per il controllo, in accordo con

l’equazione 2, lo slope era uguale alla costante di dialisi Km. Gli slope ± le deviziani standard

erano 2.95±0.08 102 h (controllo), 0.97±0.06 102 h (NP QA-Ch) e 0.99±0.07 102 h (NP QA-Ch-S-pro). Questi dati indicano una frazione di FD4 legata di 67.1 e 66.4 % rispettivamente con entrambi i tipi di NP. Quindi, l’FD4 interagisce con entrambi i tipi di NP senza differenze significative tra i due tipi.

2.2.7

Studio di dialisi interrotta

La procedura utilizzata è basata sulla dialisi interrotta seguita dall’ultracentrifugazione della fase donatrice come descritto nella sezione Materiali e Metodi. I risultati dell’analisi cinetica delle fasi sono riportati in Figura 4.2. I dati riportati in figura indicano che per entrambi i tipi di NP, solo il 15% circa dell’intera quantità di FD4 caricata veniva rilasciata dalla matrice nanoparticellare in 5h, mentre l’85% circa rimaneva intrappolata nella matrice. Al termine delle 24h, la quantità di farmaco rimasta intrappolata nella matrice era il 65% circa mentre quella rilasciata era circa il 35%. La frazione di FD4 intrappolata nella NP non mostrava un significativo decadimento per tutto il processo, indicando che la cinetica nella fase ricevente era controllato dalla permeazione attraverso la membrana di dialisi e non dal rilascio dalle NP.

(31)

27

2.2.8

Studio in vitro del trasporto acqua-assistito attraverso il muco

I risultati dello studio effettuati secondo il procedimento descritto nel paragrafo 2.1.13 sono riportati in Figura 4.3. Dopo 5 h di esperimento, la distribuzione delle formulazioni allo studio per tutta la lunghezza dello strato di muco, dalla fetta 1 alla 11, è sostanzialmente uniforme. La fluorescenza trovata nel surnatante è significativa in tutti in casi e indica che l’FD4 è stato trasportato oltre la fetta 11. Analizzando il surnatante per le dimensioni, abbiamo trovato che la fluorescenza trovata nel caso delle NP è associata a queste. Dall’analisi dell’FD4 nel surnatante e dai valori di transport ratio (TR), che è il rapporto tra la concentrazione di FD4 trovata nel surnatante alla fine dell’esperimento (5h) e quella applicata al tempo t=0, riportati in Tabella 4.4, si vede che il trasporto delle NP è significativamente più basso del controllo FD4. In particolare, le NP preparate dal derivato QA-Ch-S-pro sono più lente di quelle preparate al partire dal derivato QA-Ch, probabilmente a causa della presenza di gruppi tiolici protetti sulla catena polimerica che conferiscono al coniugato una maggiore mucoadesività.

2.2.9

Studi di mucoadesività ex-vivo

Il confronto tra le frazioni adsorbite, riportate in Tabella 4.4, per le NP QA-Ch e le NP QA-Ch-S-pro mostra una mucoadesività significativamente più forte delle prime. Questi dati sono in accordo con quelli ottenuti nell’esperimento precedente e spiega i più bassi valori di TR ottenuti con le NP QA-Ch-S-pro, indicando che il trasporto delle NP è fortemente influenzato dalla loro mucoadesività.

2.2.10

Studi di permeazione di FD4 attraverso intestino isolato di ratto

Gli studi su intestino isolato di ratto permettono di valutare la permeabilità dell’epitelio intestinale alle NP preparate con QA-Ch e QA-Ch-S-pro contenenti FD4. I grafici relativi alla permeabilità apparente, in figura 4.4, sono tutti significativamente lineari, in accordo con l’applicazione dell’equazione 3. Tale linearità ha permesso di calcolare i parametri di Papp per ciascuna

formulazione, utile per scopi comparativi. I relativi dati, riportati in Tabella 4.5 mostrano che entrambi i tipi di NP hanno lo stesso impatto sui parametri di permeabilità apparente per l’FD4, infatti non ci sono differenze significative nei rispettivi valori di flusso, Papp o T4h e tutti sono

significativamente più alti dei corrispondenti valori relativi al controllo. Dal momento che la concentrazione nella fase donatrice era la stessa in tutti i casi (0.1mg/mL) i risultati sottolineano una maggiore attitudine delle NP di attraversare la barriera intestinale rispetto alla FD4 in soluzione (controllo).

(32)

28

2.2.11

Studi di biodisponibilità orale in vivo

Il profilo plasmatico della concentrazione di FD4 in funzione del tempo e i relativi parametri farmacocinetici dopo somministrazione orale di NP sono riportati in Figura 4.5 e in Tabella 4.6. La biodisponibilità orale dell’FD4 era più alta dopo somministrazione delle NP rispetto al controllo. In particolare le NP QA-Ch-S-pro mostrano una biodisponibilità maggiore rispetto alle NP QA-Ch. Dai dati farmacocinetici riportati in Tabella 4.6 si vede che Tmax, nel caso delle NP

QA-Ch-S-pro si sposta da 1 a 2h e questo spostamento è accompagnato da un aumento dell’AUC. Questo aumento di biodisponibilità è attribuibile all’aumento del tempo di residenza delle NP al sito di assorbimento, associato all’aumento dell’adesione delle NP al muco che ricopre l’epitelio intestinale. A tale proposito, dovrebbe essere considerato che, come mostrato in un lavoro effettuato nel nostro gruppo di ricerca [Fabiano, A. et al., 2017], la mucoadesività delle NP, non è capace di ostacolare il passaggio attraverso lo strato di muco e il raggiungimento dell’epitelio grazie al trasporto advettivo dell’acqua dal lume all’epitelio. La Figura 4.6 mostra la quantità di FD4 trovata nei tessuti omogeneizzati al termine degli esperimenti di biodisponibilità orale dopo 5h dalla somministrazione di FD4 in soluzione, NP QA-Ch e NP QA-Ch-S-pro in confronto a ratti non trattati (controllo). Nessun aumento nella quantità di FD4 è stata trovata nei differenti tessuti, mentre un significativo aumento di tale massa è stato trovato nel fegato a seguito della somministrazione di NP QA-Ch e NP QA-Ch-S-pro. Il relativo fattore di incremento (EF), calcolato come il rapporto tra la quantità di FD4 trovata nel fegato dopo somministrazione di NP e quella trovata in ratti non trattati (controllo) è 1.5 con entrambi i tipi di NP. Questi dati sottolineano l’accumulo di FD4 nel fegato a seguito della somministrazione di NP. In effetti, è stato dimostrato che, variando le dimensioni delle NP tra 50 e 500 nm, si assisteva a un alto livello di agglomerazione delle NP di dimensioni maggiori nel fegato [Nagayama, S. et al.,2007].

(33)

29

Conclusioni

NP polimeriche mucoadesive contenenti FD4 sono state ottenute da derivati QA-Ch e QA-Ch-S-pro per reticolazione ionotropica con acido ialuronico depolimerizzato. Le NP erano abbastanza stabili per quanto riguarda le dimensioni, immediatamente dopo la loro preparazione e dopo ridispersione dei rispettivi liofilizzati. Gli studi di mucoadesione hanno dimostrato che entrambi i tipi di NP sono mucoadesivi e che le NP preparate a partire dal derivato del chitosano-S-protetto sono maggiormente mucoadesive rispetto ai polimeri progenitori. Questo maggiore carattere mucoadesivo è attribuibile alla protezione dei gruppi tiolici presenti sulle catene polimeriche che previene l’ossidazione precoce dei tioli prima che questi raggiungano lo strato di muco, dove i tioli presenti formano ponti disolfuro con le subunità ricche di cisteina dello strato di muco. Tuttavia, nonostante il carattere mucoadesivo delle NP, mediante lo studio del trasporto acqua-assistito attraverso il muco, è stato dimostrato che le NP sono capaci di oltrepassare la barriera mucosale per effetto del movimento dell’acqua dal lume all’epitelio. Dunque, sebbene le NP abbiano dimostrato difficoltà nell’attraversamento dello strato mucosale dell’epitelio intestinale, in funzione del loro carattere mucoadesivo, hanno la stessa capacità nel promuovere il trasporto dell’FD4 attraverso l’intestino isolato di ratto, suggerendo un possibile aumento della loro biodisponibilità orale. In effetti, con gli studi di biodisponibilità in vivo è stato dimostrato che farmaci intrappolati in NP più mucoadesive hanno una biodisponibilità orale maggiore rispetto a quelli intrappolati in NP meno mucoadesive. La mucoadesività tende a mantenere la formulazione al sito di assorbimento, opponendosi al transito fisiologico dallo stomaco all’intestino, mentre il concomitante movimento dell’acqua facilita il trasporto delle NP attraverso lo strato di muco dal lume all’epitelio, dove le NP possono essere internalizzate dalle cellule.

(34)

30

Grafici e tabelle

Tabella 4.1: Grado di acetilazione (GA), grado di sostituzione (GS), rapporto tra atomi di azoto

quaternari e terziari (n), grado di sostituzione dei gruppi tiolici (GS tioli) e densità di carica positiva (DC)a. Ciascun valore rappresenta la media di almeno tre preparazioni.

Polimero GA(%±DS) GS(%±DS) n±DS DC

QA-Ch 14.9±0.5 59.1±3.1 2.0±0.1 1.2

a

numero di ioni ammonio quaternario per unità di ripetizione.

Tabella 4.2: Medie dei risultati dell’analisi iodometrica dei polimeri QA-Ch-SH e QA-Ch-S-pro.

Polimero GSa Tioli (%) Contenuto in tiolo (μmol/g) GSa Disolfuro (%) Contenuto in disolfuro (μmol/g) Contenuto di ligando legato (μmol/g) QA-Ch-SH 2.1±0.7 31.2±10.1 17.4 ±6.0 260.5±89.8 - QA-Ch-S-pro 1.0±0.4 14.6±6.0 34.8±6.8 521.6±100.1 66.3±6.8 a

grado di sostituzione sulle unità di ripetizione del polimero.

Tabella 4.3: Caratteristiche delle NP determinate dopo purificazione. Media±DS (n=3)

Tipo di NP Dimensioni, nm (PI) ±DS EI% ± DS ZP, mV NP-QA-Ch 371.2 ± 38.5 (0.39±0.08) 23.0 ± 5.0 13.4±0.9 NP QA-Ch-S-pro 375.9 ± 81.9 (0.41 ± 0.1) 23.0 ± 8.3 11.9 ±1.2

(35)

31

Tabella 4.4: Frazione adsorbite sulla mucosa intestinale di ratto dall’FD4 in soluzione (controllo)

e dalle NP QA-Ch e NP QA-Ch-S-protetto e relativi valori di TR. Media±DS (n=3). I dati marcati con * sono significativamente diversi dal controllo FD4; i dati marcati con ** sono significativamente diversi gli uni dagli altri (P<0.05).

FORMULAZIONI TR FRAZIONE FD4 ADSORBITA (%) ± DS

FD4 0.9 12.2 ± 2.0

NP QA-Ch 0.7 22.9 ± 2.8*

NP QA-Ch-S-pro 0.3 45.4 ± 1.8**

Tabella 4.5: Dati di permeabilità apparente dell’FD4 attraverso intestino isolato di ratto.

FORMULAZIONI Flusso 102 (μg cm-2 min-1) Papp a 105 (cm sec- 1) ER b T4h c (μg cm-2) FD4 0.44±0.04 4.40±0.40 - 1.25±0.07 NP QA-Ch 0.88±0.08* 8.80±0.80* 2.0 2.20±0.10* NP QA-Ch-S-pro 1.0±0.01* 10.0±1.0* 2.3 2.10±0.20* a

Permeabilità apparente; b Fattore di promozione della permeabilità; c Trasporto cumulativo dell’intero esperimento (4h). * Significativamente diversi dal controllo FD4 (P<0.05).

Tabella 4.6: Parametri farmacocinetici dopo somministrazione orale di FD4 in soluzione

(controllo), NP QA-Ch e NP QA-Ch-S-pro. I dati marcati con * sono significativamente diversi dal controllo FD4; i dati marcati con ** sono significativamente diversi gli uni dagli altri (P<0.05)

FORMULAZIONI

C

max

(

μg/mL)

T

max

(h)

AUC

0-5

(

μg/mL min)

AUC

rel FD4 0.4±0.1 1 1.2±0.2 - NP QA-Ch 0.7±0.1 1 1.7±0.3* 1.4 NP QA-Ch-S-pro 0.9±0.3 2 2.9±0.4** 2.4

(36)

32

Figura 4.1: Dati di dialisi dinamica. Media±DS (n=3).

a) b)

Figura 4.2: Studi di dialisi interrotta: analisi cinetica delle fasi per le NP-QA-Ch (a) e NP-QA-Ch-S-pro (b)

rigenerate dopo liofilizzazione. FNP= matrice nanoparticellare; FFD=fase donatrice esterna alle NP; FFR= fase ricevente. Media±DS (n=3).

2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 0 20 40 60 80 100 ore F D 4 % FNP FFD FFR 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 0 20 40 60 80 100 ore % F D 4 FNP FFD FFR 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0 4.5 5.0 4.4 4.5 4.6 4.7 ore ln [ (C d /C d 0 ) x 1 0 0 ] FD4 NP QA-Ch NP QA-Ch-S-pro

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