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Analgesia postoperatoria nelle pazienti sottoposte a taglio cesareo: due protocolli terapeutici a confronto

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Academic year: 2021

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Facoltà di Medicina e Chirurgia

Scuola di Specializzazione in Anestesia Rianimazione e Terapia

intensiva

Direttore Prof. Francesco Forfori

Tesi di specializzazione:

Analgesia postoperatoria nelle pazienti sottoposte a taglio

cesareo: due protocolli terapeutici a confronto

Candidato

Relatore

Dott.ssa Pellottieri Anika

Prof. Forfori Francesco

Dr. Carnevale Pasquale

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SOMMARIO

1. Riassunto analitico pag. 3

2. Considerazioni generali pag. 4

3. Materiale e metodo pag. 16

4. Risultati pag. 18

5. Discussione pag. 21

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1. RIASSUNTO ANALITICO

L’analgesia necessaria per il controllo del dolore post-operatorio, in caso di taglio cesareo (TC), è multimodale, poiché, oltre alla componente somatica, è presente anche una componente viscerale legata al “globo di sicurezza” dell’utero.

Il nostro studio confronta il protocollo antalgico applicato in presenza e in assenza di catetere peridurale alle partorienti sottoposte a taglio cesareo presso l’Ospedale Versilia. Basandoci sui risultati di studi recenti effettuati su larghi campioni di donne, il trattamento peridurale dovrebbe garantire un miglior comfort materno, un miglior controllo del dolore, una rapida ripresa dell’autonomia materna e una minor richiesta di farmaci aggiuntivi in dose rescue, con però le possibili complicanze legate all’infusione di farmaci in peridurale. Poiché un contingente di pazienti verrà sottoposto sempre a taglio cesareo urgente/emergente, la valutazione del controllo del dolore nelle donne senza catetere peridurale è utile per considerare la necessità o meno di implementare il protocollo antalgico postoperatorio per garantire anche a queste pazienti, la miglior analgesia possibile.

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2. CONSIDERAZIONI GENERALI

Il taglio cesareo è l’intervento chirurgico attraverso il quale uno o più feti e gli annessi fetali vengono estratti mediante un’incisione della parete addominale e della parete anteriore dell’utero.

A partire dal 1985, la comunità medica internazionale ha ritenuto che il tasso ideale di TC dovesse essere compreso tra il 10% e il 15% (1). Ancora nel 2015 l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che il tasso di cesarizzazione non superi il 10-15% delle nascite. La frequenza dei TC invece è andata progressivamente aumentando nel corso degli ultimi anni, sia nei paesi sviluppati sia nei paesi in via di sviluppo. Alcune spiegazioni potrebbero essere:

 Il minor numero di figli, la nulliparità può infatti provocare un rischio più elevato di TC.

 L’età materna in costante aumento.

 L’utilizzo, ormai presente in tutti i travagli, di EFM (Electronic Fetal Monitoring), anche se un TC eseguito per “distress fetale” è poco frequente, è invece più frequente l’indicazione “anormale o non rassicurante” cardiotocogramma.

 La presentazione podalica.

 Il fallimento del parto operativo.

 Il continuo aumento di frequenza dell’induzione di travaglio di parto (il travaglio indotto, soprattutto tra le nullipare, costituisce un rischio aumentato di TC).

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 La preeclampsia.

 La riduzione del “parto di prova” in donne precesarizzate.

 La paura, da parte degli operatori sanitari, di conseguenze medico-legali legate a possibili lesioni fetali.

Nel 2015 la percentuale di tagli cesarei in Italia si attestava all’incirca sul 37% delle nascite (i dati ISTAT del 2013 basati sulle schede di dimissione ospedaliera, SDO, parlano del 36.3%), con grande diversità tra le varie regioni (in Toscana era circa del 24%, con ulteriore diversificazione del tasso tra le varie province e soprattutto tra enti pubblici e privati), a livello europeo la media era invece molto inferiore, pari al 26-27%. Considerando poi i motivi che portano all’esecuzione del taglio cesareo, è stato valutato che il 62,2% viene effettuato in elezione, mentre il 37,8% viene effettuato per reale situazione di rischio della madre e/o del feto.

Le indicazioni al TC sono classificate in: materne, materno-fetali, fetali.

Le principali indicazioni materne sono: precedente taglio cesareo; anomalia di presentazione; richiesta materna (2); precedente isterotomia corporale; cicatrice uterina pregressa di sconosciuta localizzazione; deiscenza dell’incisione uterina; precedente miomectomia uterina coinvolgente tutta la parete; neoformazione che ostruisce il canale genitale; cancro cervicale invasivo; presenza di cerchiaggio permanente; pregressa chirurgia pelvica ricostruttiva; anomalie del bacino; infezione da Virus Herpes Simplex o HIV; malattia cardiopolmonare; aneurisma cerebrale o malformazione artero-venosa; patologia che richiede un contemporaneo intervento chirurgico addominale; taglio cesareo peri-mortem.

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Le indicazioni materno-fetali sono: sproporzione cefalo-pelvica; fallimento del parto operativo (PO) vaginale; placenta previa; distacco di placenta(3).

Le indicazioni fetali sono: stato fetale non rassicurante; anomalie di presentazione; macrosomia; anomalie congenite; flussimetria ombelicale patologica; trombocitopenia; precedente trauma neonatale alla nascita (4).

Valutando complessivamente le indicazioni più frequenti al TC, l’85% è rappresentato da: precedente TC; distocia; sofferenza fetale; presentazione fetale anomala.

Il TC è efficace nel ridurre la mortalità materno infantile, solo se eseguito in base ad una specifica indicazione medica, alcuni studi hanno dimostrato che un tasso di cesarei superiore al 10%, non è associato ad una riduzione della mortalità materna e fetale (5).

La morbilità materna è aumentata di due volte con il taglio cesareo rispetto al parto vaginale spontaneo, le cause principali sono: infezioni, emorragie, patologia tromboembolica. Inoltre la morbilità materna è aumentata anche dalle complicanze anestesiologiche (6,7).

Il taglio cesareo può effettivamente ridurre la mortalità e la morbilità materna e perinatale se eseguito sulla base di una specifica indicazione medica (8). Tuttavia, non vi è evidenza scientifica che provi i benefici del cesareo per donne o bambini nei casi in cui questa procedura non sia clinicamente giustificata.

Come ogni intervento chirurgico, il taglio cesareo comporta dei rischi a breve e lungo termine con conseguenze anche a distanza di molti anni dal parto, e può

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compromettere la salute della donna, del bambino e delle future gravidanze. Tali rischi sono maggiori nelle donne che hanno un accesso limitato all’assistenza ostetrica completa (9,10,11).

Negli ultimi anni i governi e i medici hanno espresso preoccupazioni per l’aumento del tasso di cesarei e per le potenziali conseguenze negative sulla salute materno-infantile (12,13,14,15). Anche i costi sono un fattore critico per garantire un accesso equo all’assistenza materna e neonatale, poiché i TC rappresentano una spesa significativa per i sistemi sanitari sovraccarichi e spesso indeboliti (15,16,17).

La presenza di una classificazione riguardante il ricorso al taglio cesareo che consenta una rapida ed efficace comunicazione all’interno del team di sala parto (ginecologo, ostetrica, anestesista e neonatologo), con conseguente migliore qualità dell’assistenza, è estremamente utile (18).

In letteratura esistono diverse classificazioni, ma quella di Lucas (19) è la prima ad essere stata sottoposta a valutazione di qualità da parte dei medici ostetrici e degli anestesisti attraverso un processo di comparazione con scale non standardizzate (Tab. 1). Nonostante questa sia ancora poco utilizzata nella pratica clinica, è l’unica classificazione accettata ufficialmente dal Royal College of Obstetricians and Gynecologists (20) e dal National Institute for Health and Clinical Excellence (21). Il gold standard anestesiologico per il taglio cesareo è l’anestesia loco-regionale. La paziente gravida è sempre da considerare a stomaco pieno, inoltre, per le modifiche indotte dalla gravidanza, il rischio di inalazione del contenuto gastrico è

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aumentato (per effetto del progesterone si ha ridotto tono del LES e rallentato svuotamento gastrico).

La gestante viene descritta come intubazione difficile per definizione, durante la gravidanza, il travaglio e il parto si osserva un continuo cambiamento del Mallampati della donna, legato al maggiore edema delle mucose e alla facilità di sanguinamento delle stesse. Il controllo delle vie aeree e l’incidenza di fallita intubazione nelle pazienti ostetriche è 1:300 (rischio ulteriormente aumentato nei TC emergenti/urgenti durante travaglio) (22). E’ da segnalare che la mortalità materna per causa anestesiologica era 16 volte maggiore con anestesia generale rispetto alla loco-regionale, l’introduzione e il prevalere delle tecniche loco-regionali ha ridotto drasticamente la mortalità per cause anestesiologiche.

La soddisfazione materna è molto aumentata, poiché con l’anestesia loco-regionale possono partecipare in maniera attiva al parto, garantendo così l’interazione precoce madre-neonato (bonding).

Le tecniche loco-regionali utilizzate in ambito ostetrico sono:

 Anestesia subaracnoidea

 Anestesia epidurale

 Anestesia combinata (CSE: spino-peridurale)

L’Anestesia Subaracnoidea consiste nella somministrazione di anestetico locale, associato o meno ad oppioide, direttamente nel liquor cefalorachidiano. Questa tecnica ha il vantaggio di essere relativamente semplice e affidabile (fallimenti nel 1%), l’onset è rapido con blocco profondo, la tossicità sistemica da anestetico locale

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è minima, così come minima è l’esposizione fetale ai farmaci, inoltre il rischio di inalazione è estremamente basso.

Gli svantaggi sono invece legati alla durata d’azione limitata (se il TC si dovesse prolungare per complicanze di qualsiasi genere oltre la durata del blocco profondo, è necessaria la conversione in anestesia generale con i rischi associati a quest’ultima), all’elevata incidenza di ipotensione (23) e alla nausea e vomito intraoperatori.

L’Anestesia Peridurale consiste nella somministrazione di anestetico locale, con o senza oppioide, al di fuori delle meningi, tra il legamento giallo e la dura madre. La distanza tra il legamento giallo e la dura madre varia da 2-3 mm a livello cervicale fino a 5-6 mm nella regione medio-lombare. Lo spazio peridurale contiene tessuto connettivo, grasso, plessi venosi vertebrali e le radici dei nervi spinali e nell’80-90% dei pazienti, esiste una pressione negativa al suo interno.

I vantaggi dell’anestesia epidurale sono una minore incidenza e, qualora si presentasse, una minore gravità, dell’ipotensione materna, permette di prolungare l’effetto anestetico al dilazionare dei tempi chirurgici, somministrando quote aggiuntive di anestetici attraverso il cateterino presente nello spazio peridurale, inoltre garantisce un ottimo controllo del dolore nel post-operatorio.

Gli svantaggi sono rappresentati da un onset graduale e relativamente lento del blocco profondo, la tecnica è più complessa rispetto all’anestesia spinale, e rispetto a questa ha una maggiore incidenza di fallimento (2-6% vs 1%), sono necessarie grandi quantità di anestetico e quindi è aumentato anche il rischio di tossicità.

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L’Anestesia Combinata (CSE) è una tecnica ago- attraverso ago, che implica l’avanzamento di un ago subaracnoideo 27G (lungo 136 mm), attraverso l’ago peridurale di Tuohy 16-18G (lungo 90 mm), per poter iniettare la miscela di anestetico ed oppioide nel liquor cefalorachidiano e, una volta rimosso l’ago subaracnoideo, posizionare il cateterino peridurale attraverso l’ago di Tuohy nello spazio peridurale per 3-4 cm.

Questa tecnica combina i vantaggi dell’anestesia spinale (rapido onset, efficacia, minima tossicità, bassa incidenza di fallimento) con la flessibilità dell’anestesia peridurale (prolungare l’anestesia qualora l’intervento chirurgico avesse tempistiche maggiori, ottimo controllo del dolore postoperatorio, estensione del blocco in altezza).

Si distinguono due tecniche:

 CSE STANDARD: il blocco spinale viene utilizzato per l’intervento chirurgico, il catetere peridurale viene impiegato solo in caso di blocco insufficiente e sfruttato per il controllo del dolore postoperatorio.

 CSE SEQUENZIALE: con paziente seduta si somministra nello spazio subaracnoideo anestetico locale con o senza oppioide tale da ottenere un blocco T8-T9; dopo 10 minuti, con paziente in posizione supina e cuneo sotto il fianco destro, si estende, attraverso il cateterino peridurale precedentemente inserito, il blocco fino a T4 con iniezione di fisiologica o di anestetico locale: 1-1,5 ml per segmento che si vuole bloccare (24).

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La tecnica CSE è anche la tecnica di scelta per il controllo del dolore in travaglio di parto e il cateterino peridurale può essere utilizzato per eseguire un taglio cesareo emergente/urgente, in questi casi è però fondamentale: un’adeguata comunicazione con il team di sala parto; identificare il grado di urgenza/emergenza; avere conferma del corretto funzionamento del catetere peridurale; somministrare boli con miscela anestetica già in sala travaglio; usare anestetici locali a rapido onset (lidocaina 2% carbonata con adrenalina); monitorizzare materno-fetale; estensione del blocco (S5-T4).

In caso di anestesia inadeguata esistono diverse opzioni (25), sempre valutando il grado di urgenza/emergenza:

 Blocco incompleto o unilaterale: ritirare di poco il catetere peridurale e iniettare un ulteriore bolo di anestetico locale

 Nessun blocco in caso di TC urgente/emergente: eseguire una anestesia spinale single shot (rischio di spinale totale) o una anestesia generale

 Nessun blocco in caso di TC ritardabile/elettivo: si può eseguire un’anestesia spinale single shot (rischio di spinale totale), una anestesia generale, ma sarebbe più indicato eseguire una anestesia combinata con appropriata somministrazione di miscela anestetica.

Esistono ancora oggi indicazioni precise all’esecuzione di una anestesia generale per taglio cesareo, che includono condizioni particolari (26), quali: anestesia loco-regionale non riuscita; grave emorragia con instabilità emodinamica; alcune patologie cardiache nelle quali il blocco simpatico è controindicato e pericoloso;

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coagulopatie; terapia anticoagulante; sepsi; infezione nella zona lombare; urgenze estreme (es. prolasso di funicolo) che richiedono l’inizio immediato dell’intervento. Indipendentemente dalla tecnica anestesiologica adottata, è necessario ricordare che è fondamentale mantenere un buon livello di ossigenazione materno-fetale e un’adeguata perfusione placentare, garantendo contemporaneamente una sufficiente analgesia materna senza provocare depressione neonatale.

Il controllo del dolore dopo taglio cesareo ha molte delle stesse indicazioni cliniche dell’analgesia dopo altre forme di chirurgia addominale. Precauzioni ulteriori, nella popolazione post-cesareo, includono l’obiettivo di minimizzare la sedazione materna, per facilitare l’interazione col neonato, i familiari e gli amici, ridurre il trasferimento di analgesici nel latte materno, abbreviare il tempo di degenza dopo l’intervento.

Il dolore acuto postoperatorio o nocicettivo che segue il TC è una combinazione di dolore viscerale dall’utero e dolore somatico dalla parete addominale. Un’analgesia efficace post-cesareo è un obiettivo raggiungibile, raccomandato da numerose organizzazioni professionali nazionali (27, 28).

La terapia seguita è solitamente multimodale, con l’obiettivo di integrare le varie azioni farmacologiche per ottenere una copertura analgesica migliore e parallelamente ridurre gli effetti collaterali dei farmaci riducendo le dosi individuali degli stessi (29, 30). Componenti della terapia multimodale sono gli oppioidi per via sistemica (molto efficaci, ma gravati da una relativamente elevata incidenza di eventi avversi, come nausea e vomito, sedazione, depressione respiratoria, prurito,

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ritenzione urinaria), i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) per via sistemica, i farmaci per via peridurale (oppioidi, adiuvanti, anestetici locali), i farmaci per via intratecale (oppioidi, adiuvanti), i trattamenti diretti in sede di ferita (anestetici locali, FANS).

Studi dimostrano che, anche una singola dose di morfina peridurale, si associa ad una migliore analgesia post-cesareo rispetto al placebo (31) e rispetto agli oppioidi intramuscolari (32, 33), però è riferita una maggior frequenza di prurito rispetto alla somministrazione sistemica e intramuscolo. La somministrazione invece attraverso un’analgesia peridurale controllata dalla paziente (PCEA) con oppioidi dimostra un miglior controllo del dolore, minore somministrazione di farmaci, ma maggior prurito (34, 35).

E’ stato dimostrato che la clonidina è il miglior adiuvante tanto nella somministrazione peridurale quanto in quella intratecale, quando aggiunto ad una singola dose di oppioide (36).

Gli anestetici locali, da soli o in combinazione con gli oppioidi, possono essere infusi per mezzo della via peridurale lombare per l’analgesia postcesareo. La strategia d’infusione può essere continua o mediante PCEA, analogamente ai regimi di analgesia postoperatoria per interventi di chirurgia addominale sul basso addome (37). La somministrazione di una miscela di anestetico locale e di un oppioide per via peridurale, può avere un effetto di risparmio di farmaco, ma può determinare un blocco motorio, di grado variabile, degli arti inferiori ed un ritardo di mobilizzazione. Studi recenti hanno dimostrato che si ottiene una migliore diffusione della soluzione

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analgesica all’interno dello spazio peridurale, quando si iniettano boli intermittenti, piuttosto che durante le infusioni continue (38, 39). Nelle tecniche PIEB (Programmed Intermittent Epidural Bolus) confrontate con le infusioni continue, è presente una maggior pressione di picco all’erogazione del bolo rispetto alla tecnica in continuo; valutazioni in vitro suggeriscono che questo meccanismo può spiegare la maggior diffusione della soluzione analgesica nello spazio peridurale (40). Tuttavia è possibile che non solo la pressione di picco della pompa, ma anche il metodo di rilascio del bolo, influenzi la dinamica del blocco nervoso.

Valutando la farmacodinamica, il movimento dell’anestetico locale all’interno del nervo avviene secondo il gradiente di diffusione, determinando la creazione e la rimozione dell’analgesia e del blocco motorio. Sia l’analgesia che il blocco motorio sono prodotti dal movimento della soluzione analgesica dallo spazio extraneurale all’interno del nervo secondo un gradiente di concentrazione. Col passare del tempo, la concentrazione extraneurale eguaglierà quella intraneurale di anestetico locale, raggiungendo uno steady state. Il blocco nervoso è eventualmente superato qualora la concentrazione all’interno del nervo superi quella all’esterno, invertendo il gradiente di diffusione. Somministrando basse concentrazioni di anestetico locale in boli intermittenti, il blocco delle fibre motorie è raro, in quanto la quantità di anestetico all’interno del nervo non è sufficiente a determinarlo. Diversamente nelle infusioni continue, la concentrazione extraneurale di anestetico locale è, in maniera prolungata, più alta che nello spazio intraneurale, con un aumento della concentrazione totale all’interno del nervo si può quindi instaurare un blocco delle

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fibre motorie. Questo meccanismo può spiegare la manifestazione frequente e l’intensificazione del blocco motorio durante le infusioni continue prolungate. Questa caratteristica è stata confermata in report preliminari, in cui è stato osservato che la PIEB può potenzialmente ridurre l’estensione del blocco sensitivo così come del blocco unilaterale e motorio quando usata per un periodo di tempo relativamente lungo, come nel caso dell’analgesia post-cesareo (41).

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3. MATERIALE E METODO

L’analgesia necessaria per il controllo del dolore postoperatorio, in caso di taglio cesareo, è multimodale, poiché oltre alla componente somatica, è presente anche una componente viscerale legata al “globo di sicurezza” dell’utero. Oltre al controllo del dolore post-chirurgico, è importante garantire una mobilizzazione precoce della donna, il rapido recupero delle sue funzioni fisiologiche, favorire per quanto possibile l’allattamento al seno , il legame (bonding) materno-neonatale, e la prevenzione del dolore pelvico cronico.

Il tipo di analgesia postoperatoria è sempre da mettere in relazione con la metodica anestesiologica utilizzata per l’esecuzione dell’intervento.

Il nostro studio confronta il protocollo antalgico applicato in presenza e in assenza di catetere peridurale alle donne sottoposte a taglio cesareo presso l’Azienda Ospedaliera Versilia.

Il protocollo antalgico redatto dal Dr. Pasquale Carnevale e dalla Dr.ssa Elisabetta Bernardini, e approvato dal Direttore di UOC Anestesia e Rianimazione Dr. Stefano Buzzigoli, prevede in presenza di catetere peridurale due opzioni terapeutiche:

 Somministrazione di Paracetamolo 1 gr e.v. 4 volte/die; iniezione epidurale di Clonidina Cloridrato 75 μg + Morfina Cloridrato 2 mg in un volume complessivo di 10 ml 2 volte/die

 Paracetamolo 1 gr e.v. 4 volte/die; infusione epidurale (PCEA) di Levobupivacaina 0,0625 mg + Sufentanyl 0,5 μg in bolo temporizzato 5 ml ogni 60’ + bolo a richiesta 5 ml lock out 30’.

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Prima del trasferimento in degenza della paziente, l’Anestesista valuta la necessità di somministrare un bolo start di analgesia ( Clonidina Cloridrato 75 μg + Morfina Cloridrato 2 mg + Levobupivacaina 0,0625 mg per un volume complessivo di 15 ml). Diversamente, in assenza di catetere peridurale:

 Se somministrata Morfina 0,1 mg intratecale all’atto dell’anestesia subaracnoidea: Paracetamolo 1 g e.v. 4 volte/die

 Paracetamolo 1g e.v. 4 volte/die + Morfina 10 mg i.m. 2 volte/die

In caso di TC in anestesia generale, l’anestesista può, a fine intervento, eseguire un blocco ecoguidato del piano del muscolo trasverso dell’addome (TAP block); in alternativa, il ginecologo può infiltrare la ferita chirurgica con 20 ml di anestetico locale, a livello sottofasciale.

In tutti i casi, se il VAS≥4, la dose Rescue è rappresentata da Ketorolac 30 mg e.v. 3 volte/die.

Il nostro studio è iniziato a gennaio u.s., in contemporanea con l’introduzione delle pompe antalgiche in ostetricia e comprende 44 casi. Il nostro scopo è quello di confrontare il grado di analgesia che si raggiunge con la terapia e.v./i.m. con quello in peridurale/e.v., per ottenere questi dati abbiamo interrogato le donne sottoposte a taglio cesareo in seconda giornata operatoria, chiedendo una stima del dolore secondo la scala VAS (dolore da 0 a 10), i dati ottenuti sono stati poi integrati con la richiesta al personale medico-infermieristico di reparto, da parte delle donne, della dose rescue antalgica.

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4. RISULTATI

Il nostro campione è composto da 44 donne, di età compresa tra i 23 e i 46 anni (età media 36,1), di queste 16 (36,4%) avevano un cesareo programmato per: feto podalico (6 pazienti, 37,5%); rialzo pressorio/pre-eclampsia (3 pazienti, 18,8%); precedente taglio cesareo (3 pazienti, 18,8%); patologie chirurgiche materne (precedente intervento chirurgico proctologico con complicanze, miomectomia uterina pregressa; 3 pazienti, 18,8%); tocofobia (1 paziente, 6,1%).

Nel TC in elezione, salvo complicanze materne, il tipo di anestesia proposto è sempre, per i motivi che abbiamo largamente spiegato in precedenza, una locoregionale; nel nostro campione in 9 pazienti (56,3%) è stata eseguita una anestesia subaracnoidea, in 6 pazienti (37,5%) una combinata e in 1 paziente (6,2%) un’anestesia generale (per rifiuto della donna all’esecuzione di una anestesia locoregionale).

I restanti 28 casi (63,6%) erano tagli cesarei emergenti/urgenti. In particolare, gli interventi in urgenza sono stati 17 (60,7%), di cui 6 (35,3%) per attività contrattile e/o PROM in feto podalico; 5 (29,4%) per arresto di progressione in travaglio di parto; 4 (23,5%) per anomalia di posizione durante il travaglio; 1 (5,9%) per fallita induzione e 1 (5,9%) per parto operativo fallito. E’ importante segnalare che di queste 17 donne, 11 avevano iniziato il percorso di partoanalgesia e quindi avevano una peridurale funzionante posizionata, nei restanti 6 casi, invece, per l’esecuzione del taglio cesareo, è stata proposta ed eseguita un’anestesia subaracnoidea single

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shot in 4 gestanti, mentre in 2 gravide è stato possibile procedere con una anestesia combinata spino-peridurale.

I tagli cesarei emergenti sono invece stati 11 (39,3%), dei quali 3 (27,3%) per sanguinamento in placenta con posizione anomala (centrale o marginale); 3 (27,3%) per rialzo pressorio in gravidanza pretermine; 2 (18,1%) per grave gestosi associata a ritardo di prescita in pretermine; 1 (9,1%) per sospetto distacco di placenta; 1 (9,1%) per P-PROM a 31 settimane di gestazione; 1 (9,1%) per decelerazioni e bradicardia fetale.

In accordo con il protocollo antalgico approvato all’Ospedale Versilia, tutte le pazienti che avevano un cateterino peridurale hanno ricevuto un’analgesia attraverso una pompa PCEA con bolo temporizzato orario e bolo a richiesta associata alla somministrazione e.v. di paracetamolo; le pazienti sprovviste di cateterino peridurale hanno invece ricevuto un’analgesia sistemica con paracetamolo e.v. associato a morfina i.m., per entrambi i gruppi la dose rescue eventualmente da aggiungere era il ketorolac e.v.

Nel gruppo di pazienti (19 componenti, pari al 43,2%) con analgesia postoperatoria peridurale/e.v., il valore medio di VAS ottenuto è pari a 3, il valore massimo riferito è stato di 6, in una paziente con dislocazione (fuoriuscita completa) del catetere, mentre il valore minimo registrato è stato di 0, in una donna che però ha avuto un parziale blocco sensitivo/motorio unilaterale. Le uniche complicanze rilevate sono state: la fuoriuscita del catetere (1 caso, 5,2%); il parziale blocco sensitivo/motorio (1 caso), risoltosi con la sospensione del trattamento peridurale, incrementando

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invece la copertura antalgica e.v.; lieve prurito, che non ha necessitato di trattamento antagonizzante (1 caso). A controprova del reale controllo analgesico con la pompa associata a paracetamolo, soltanto la paziente con dislocazione del catetere ha richiesto dosi aggiuntive analgesiche, mentre tutte le altre donne non ne hanno avuto necessità.

E’ da segnalare inoltre che la collaborazione con le ostetriche di reparto per la mobilizzazione, la ripresa delle funzioni fisiologiche e la gestione del neonato in rooming-in, è stata più rapida rispetto al gruppo contrapposto, senza tralasciare la notevole soddisfazione materna riguardo al buon controllo del dolore.

Nel gruppo con terapia e.v./i.m. (25 pazienti, pari al 56,8%) invece il valore medio del VAS è stato di 5,2, con valore massimo riferito pari a 7 e minimo di 3, di queste donne 9 hanno richiesto la dose rescue analgesica (36%). Nessuna di queste pazienti ha presentato effetti collaterali al trattamento antalgico eseguito.

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5. DISCUSSIONE

Il nostro studio, in accordo con quanto già evidenziato in letteratura, evidenzia, nonostante i limiti del campione analizzato (pochi casi disponibili), che il trattamento multimodale antalgico nel post-cesareo con somministrazione di farmaci in peridurale associati ad analgesici endovenosi, garantisce: un miglior controllo del dolore, una maggior soddisfazione materna, una più rapida ripresa dell’autonomia delle pazienti, una minor richiesta di farmaci rescue. Il prezzo da pagare è sulle possibili complicanze del trattamento peridurale stesso, per esempio, il blocco sensitivo/motorio, che dovrebbe essere minimo con un’infusione temporizzata rispetto alla continua, si è comunque presentato nel nostro studio, mettendo in evidenza la necessità di uno stretto monitoraggio in corsia delle pazienti nel post-operatorio, in modo da riconoscere eventuali complicanze quanto più precocemente possibile, così da poterle trattare tempestivamente.

Inoltre emerge che le donne sottoposte a terapia e.v/i.m hanno un dolore postoperatorio elevato a confronto del gruppo con terapia peridurale. Considerando che ci saranno sempre donne che riceveranno una terapia antalgica di questo tipo, poiché sottoposte a taglio cesareo emergente/urgente in anestesia spinale single shot o in anestesia generale (a seconda della gravità della situazione), sarebbe utile valutare come implementare il loro trattamento antalgico. Per esempio, in accordo con i ginecologi, si potrebbe considerare l’introduzione routinaria dell’infiltrazione della ferita chirurgica con anestetici locali al termine dell’operazione e rivalutare il dolore con scala VAS in questo gruppo di pazienti nei giorni successivi all’intervento

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oppure l’esecuzione standard del TAP block (entrambe queste possibilità già presenti nel protocollo antalgico, ma attualmente poco eseguite).

Concludendo, in accordo con i risultati (parziali) del nostro studio, si segnala che, quando possibile, sarebbe utile candidare il maggior numero di donne a trattamenti anestesiologici con peridurale (quindi aumentare l’esecuzione delle CSE nel cesareo programmato e/o urgente senza peridurale posizionata in partoanalgesia, se le condizioni materno fetali lo permettono), per garantire loro un migliore outcome postoperatorio in accordo con quanto motivato precedentemente.

I limiti di questa realtà saranno sempre: la possibilità o meno di poter posizionare una catetere peridurale (sia per partoanalgesia che per CSE); la conformazione e i limiti anatomici individuali delle partorienti (scoliosi, forte obesità, collaborazione durante l’esecuzione della procedura); l’esperienza dell’anestesista; la disponibilità di pompe antalgiche dedicate; la collaborazione e l’attenzione del personale di corsia alla gestione della pompa e del cateterino peridurale.

Sarebbe auspicabile, visto il parziale risultato del nostro studio, valutare nel tempo efficacia ed effetti collaterali del protocollo antalgico peridurale/ev su un campione numericamente maggiore.

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6. BIBLIOGRAFIA

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