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Approccio numerico per la diagnosi d'impatto a basse velocità su pannelli sandwich

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Academic year: 2021

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Facolt`

a di Ingegneria Industriale

Corso di Laurea in

Ingegneria Meccanica

Approccio Numerico per la Diagnosi

d’Impatto a Bassa Velocit`

a su Pannelli

Sandwich

Relatore: Prof.r Marco GIGLIO

Co-relatore: Dott. Claudio SBARUFATTI Dott. Andrea GILIOLI

Tesi di Laurea di: Monica ARIOTTI Matr. 750222 Anno Accademico 2011/2012

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Il monitoraggio strutturale (SHM - Structural Health Monitoring) permette di monitorare in tempo reale il danneggiamento dei componenti consentendo cos`ı l’ottimizzazione delle operazioni di manutenzione, dando la possibilit`a di passare da un approccio di manutenzione programmata ad un approccio di tipo correttivo. Questo approccio risulta essere particolarmente interessan-te quando viene applicato a mainteressan-teriali innovativi come i pannelli sandwich. Questi sono ampiamente utilizzati in campo aeronautico, in particolare per le fusoliere degli elicotteri. La configurazione pi`u comune utilizzata per la realizzazione di telai di elicotteri `e quella costituita da una struttura a nido d’ape in Nomex e le pelli in alluminio Al2024.

I pannelli sandwich sono esposti ad impatti a bassa velocit`a che possono ridurne drasticamente la resistenza, compromettendo la sicurezza dei pas-seggeri.

Lo scopo di questo lavoro di tesi `e quello di sviluppare un sistema SHM in grado di monitorare gli impatti a basse velocit`a sui pannelli sandwich composti da un cuore a nido d’ape in Nomex e pelli in alluminio Al2024-T3. Inizialmente `e stato utilizzato un modello a elementi finiti (FEM) del pannel-lo sandwich mediante ABAQUS 6.10 con il quale `e stato possibile simulare i fenomeni d’impatto ad energie tali per cui si ha plasticizzazione del pan-nello. Uno dei requisiti fondamentali che il modello deve rispettare `e quello di permettere tempi di simulazione ridotti mantenendo comunque una buo-na approssimazione. I risultati ottenuti sono stati quindi confrontati con i risultati sperimentali, riscontrandone una buona correlazione.

Tale modello `e stato utilizzato per creare un database di informazioni utiliz-zate per allenare e testare una rete neurale artificiale creata mediante Matlab. Lo scopo della rete `e quello di quantificare l’energia d’impatto e localizzare il punto d’impatto nel pannello sandwich. Tale rete neurale artificiale `e stata poi ottimizzata e ne sono state valutate le prestazioni.

(4)

Al fine di studiare nel dettaglio la propagazione dell’onda elastica, sono state analizzate le pelli in alluminio per basse energie d’impatto, ossia per energie tali per cui la lastra non subisce deformazioni plastiche permanenti. Sono state seguite due strategie differenti per la modellazione FEM, sempre con l’ausilio di ABAQUS 6.10: la modellazione mediante solid elements e la mo-dellazione mediante shell elements. Queste sono state confrontate tra loro sia in termini di tempistiche di calcolo, sia in termini di approssimazione del modello.

I risultati ottenuti dallo studio della propagazione dell’onda elastica sono stati utili alla progettazione dei test sperimentali, oggetto di ricerche future. Infine vengono riportati e riassunti i risultati ottenuti e vengono proposti dei suggerimenti per eventuali sviluppi futuri.

Abstract in english

Structural Health Monitoring (SHM) system can monitor damage of com-ponents in real time, allowing for the maintenance operations, giving the possibility to replace the classical scheduled maintenance approach with a continuous monitoring of the structural integrity of components. This ap-proach is particularly interesting when it’s applied to innovative materials such as sandwich panels. These structures are largely adopted in the aero-nautical field and in particular for the construction of helicopter frames. For this scope the most common configuration of sandwich panel is the one with Nomex honeycomb core and Al2024 aluminium skins.

Sandwich panels are exposed to low velocity impacts which can reduce dra-stically their strenght, compromising passenger’s safety.

Aim of the present work is to demonstrate the possibility of development of a SHM system: it should be able to monitor low-velocity impacts on sand-wich panels with Nomex honeycomb core and aluminium Al2024-T3 skins. Firstly a finite element model of the sandwich panel was created using ABA-QUS 6.10 able to simulate the impact phenomena. One of the basic require-ments is that the model has to be light, allowing reduced simulation times and maintaining a good approximation. The results obtained were compared with the experimental results, with a good correlation of results.

As a result, an artificial neural network was carried out using the software Matlab. The purpose of the network is to quantify the impact energy and

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locate the point of impact in the sandwich panel. The data of elastic de-formation obtained by the FEM simulations were used to train and test the network created, evaluating its performance.

At this point the skins of the sandwich panel have been analyzed and mode-led in detail to study the wave propagation of elastic strain. Two different strategies were followed for modeling FEM using ABAQUS 6.10: a model based on solid elements and another one with shell elements. These were compared both in terms of time of calculation, and in terms of approxima-tion of the model.

Based on the results obtained in the study of elastic wave propagation, the instrumentation for the experimental tests has been chosen but, for reasons of time, were not carried out and it was not therefore possible to make a comparison with the data obtained in simulations.

Finally, these results are reported and summarized; moreover new ideas for future developments are proposed.

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1 Introduzione 15

1.1 Pannelli Sandwich . . . 16

1.2 Propriet`a . . . 17

1.2.1 Calibrazione delle propriet`a dell’honeycomb . . . 18

1.2.2 Calibrazione delle propriet`a delle pelli . . . 21

1.2.3 Prove d’impatto a bassa velocit`a . . . 25

2 Teoria delle Reti Neurali Artificiali 31 2.1 Stato dell’arte . . . 31

2.2 Il neurone biologico . . . 33

2.3 Le reti neurali . . . 34

2.4 Topologia delle reti neurali . . . 36

2.5 Insieme di apprendimento, convalida e controllo . . . 39

3 Rilevazione dell’impatto mediante Rete Neurale 43 3.1 Modellazione FEM del pannello sandwich . . . 43

3.2 Training e Test . . . 49

4 Modellazione FEM delle pelli 57 4.1 Modellazione mediante solid elements . . . 57

4.2 Modellazione mediante shell elements . . . 64

4.3 Confronto tra i due modelli . . . 65

5 Conclusioni e sviluppi futuri 67 5.1 Setup Sperimentale . . . 68

5.2 Sviluppi futuri . . . 70

(8)
(9)

1.1 Pannello sandwich . . . 17

1.2 Disegni costruttivi dei pannelli testati. . . 18

1.3 Curve forza/spostamento sperimentali nel caso di compressio-ne quasi-statica. . . 20

1.4 Fase di densificazione. . . 21

1.5 Curve sforzo/deformazione per diveri provini e spessori delle pelli di 1 e 1.5mm. Prova quasi-statica. . . 21

1.6 Curve sperimentali forza/spostamento. . . 22

1.7 Disegno costruttivo del provino per prove di trazione nel caso di spessore 1 mm. . . 22

1.8 Confronto tra il legame costitutivo di JC calibrato JC da bibliografia [3] per Al2024-T3. . . 24

1.9 Mesh del provino testato. . . 24

1.10 Curve forza-spostamento sperimentali/numeriche per prova di trazione su provini con spessore 1mm. . . 25

1.11 Attrezzatura per l’afferraggio ed il bloccaggio dei pannelli. (a) Pannello inferiore. (b) Pannello superiore. . . 26

1.12 Pannello sandwich opportunamente bloccato nel suo sistema di fissaggio. . . 26

1.13 (a) Pannello da 1 mm in cui `e avvenuto un cedimento completo delle pelle superiore (E=185 J); (b) Imbozzamento della pelle inferiore. . . 27

1.14 Macchina a misura di coordinate. . . 27

1.15 Profilo di danno per pannello con pelle da 1 mm. . . 28

1.16 Profilo di danno per pannello con pelle da 1.5 mm. . . 28

1.17 Massimo affondamento in funzione dell’energia d’impatto. . . . 29

2.1 Il neurone biologico. . . 33

2.2 Modello matematico del neurone. . . 34

2.3 Esempio di rete neurale costituita da 2 nodi di input, 1 singolo hidden layer composto da 5 nodi e 1 solo output . . . 35

(10)

2.4 Funzione di attivazione lineare. . . 35 2.5 Funzione di attivazione sigmoide. . . 36 2.6 Single Layer Network. . . 37 2.7 (a) Apprendimento supervisionato. (b) Apprendimento non

supervisionato. . . 41 3.1 (a) Modello del pannello sandwich, costituito da due pelli di

alluminio e honeycomb. (b) L’honeycomb `e stato modellato mediante molle non lineari. . . 43 3.2 Distribuzione dello sforzo nel pannello dopo l’impatto con la

sfera. Il pannello mostrato permette di apprezzare meglio la deformazione (somma delle componente elastica e plastica). . . 45 3.3 Confronto tra i risultati sperimentali e i risultati del FEM in

funzione dell’energia d’impatto. Sono stati esaminati due con-figurazioni differenti dello spessore delle pelli, rispettivamente da 1 mm e da 1.5 mm. . . 45 3.4 Griglia sensori (17x17). . . 47 3.5 Effetto dell’impatto a diverse energie rilevato dalla linea di

sensori virtuali evidenziati in Fig.3.5a pu`o essere apprezzato in Fig.3.5b. . . 48 3.6 L’effetto dell’impatto per diverse posizioni rilevato dalla linea

di sensori virtuali evidenziati in Fig.3.6a pu`o essere apprezzato in Fig.3.6b. . . 48 3.7 Rete di sensori (a) configurazione 2x2, (b) configurazione 3x3

e (c) posizioni simulate per l’impatto per il training di energia e posizione. . . 49 3.8 Performance della rete neurale per la quantificazione

dell’ener-gia d’impatto per la griglia di sensori 2x2(a) e per 3x3(b). Il range di energie considerato per il training `e 45J ÷ 145J . . . 50 3.9 Performance della rete neurale per la localizzazione

dell’impat-to per la griglia di sensori 2x2(a) e per 3x3(b). Le posizioni del punto d’impatto sono rappresentate in Fig.3.7 . . . 51 3.10 Mean Square Error in funzione del numero di hidden layer

-Set. . . 52 3.11 Mean Square Error in funzione del numero di hidden layer

-Training. . . 53 3.12 Mean Square Error in funzione del numero di hidden layer

-Validation. . . 53 3.13 Mean Square Error in funzione del numero di hidden layer

(11)

3.14 Mean Square Error in funzione del numero di hidden layer

-Training. . . 54

3.15 Mean Square Error in funzione del numero di hidden layer -Validation. . . 55

4.1 Modello realizzato con solid element. (a) Modello 1, (b) Mo-dello 2, (c) MoMo-dello 3 . . . 58

4.2 Confronto dei modelli per 0,5J e ∆t1 . . . 59

4.3 Confronto dei modelli per 0,5J e ∆t2 . . . 59

4.4 Confronto dei modelli per 1J e ∆t2 . . . 59

4.5 Confronto dei modelli per 1J e ∆t2 . . . 60

4.6 Posizione dei sensori di lettura rispetto al punto d’impatto. . . 61

4.7 Lettura delle deformazioni nel tempo da parte dei due senso-ri di Fig.4.6. per il modello della lastra realizzato con solid elements. . . 62

4.8 Curva di deformazione per ∆t1 = 0.1 µs e ∆t2 = 1 µs. . . 62

4.9 Zoom della curva di deformazione di Fig.4.8. . . 63

4.10 Zoom della curva di deformazione di Fig.4.8. . . 63

4.11 Modello realizzato con shell element. . . 64

4.12 Lettura delle deformazioni nel tempo da parte dei due senso-ri di Fig.4.6. per il modello della lastra realizzato con shell elements. . . 65

4.13 Lettura delle deformazioni nel tempo da parte del sensore pi`u vicino al punto d’impatto. . . 65

4.14 Lettura delle deformazioni nel tempo da parte del sensore pi`u lontano dal punto d’impatto. . . 66

5.1 Estensimetri. . . 68

5.2 Lastra con estensimetri. . . 69

5.3 Lastra in alluminio con estensimetri. . . 69

(12)
(13)

1.1 Caratteristiche pannelli testati. . . 18

1.2 Nomenclatura Honeycomb. . . 18

1.3 Propriet`a dell’honeycomb fornite dal produttore. . . 19

1.4 Costanti legame costitutivo Johnson-Cook. . . 24

(14)
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Introduzione

Nel campo dell’aeronautica ricopre un ruolo fondamentale contenere il peso delle strutture in modo da minimizzare il consumo di carburante richiesto per il volo e, di conseguenza, minimizzare il costo del carico pagante. Con questo obiettivo, negli ultimi anni le industrie aeronautiche stanno cercando di sostituire i componenti in metallo (tipicamente alluminio) con materiali dalle alte prestazioni caratterizzati da una bassa densit`a e che assicurano le stesse performance in termini di resistenza. I materiali compositi hanno la peculiarit`a di garantire alta resistenza nella direzione in cui le condizioni di carico richiedono alte performance. Le strutture sandwich, in particolare, mostrano propriet`a statiche quali alta resistenza in rapporto al peso ed al-to carico di buckling, caratteristiche molal-to importanti soprattutal-to in campo aeronautico. Nel campo elicotteristico, dove i livelli di stress sono inferiori, vengono gi`a largamente utilizzate.

Una delle principali limitazioni nell’uso di pannelli sandwich `e legata ad una mancanza di conoscenza sugli effetti indotti da danni d’impatto. Tuttavia, in servizio, tali strutture vi sono esposte, per esempio durante il rullaggio o manovre di decollo e durante le operazioni di manutenzione.

Il monitoraggio strutturale (SHM - Structural Health Monitoring) per-mette di monitorare in tempo reale il danneggiamento dei componenti me-diante una rete integrata di sensori, consentendo cos`ı l’ottimizzazione delle operazioni di manutenzione correttiva e sostituendo l’approccio di una manu-tenzione programmata che richiederebbe tempi pi`u lunghi nell’individuazione dei componenti danneggiati e nella valutazione dell’entit`a del danneggiamen-to stesso. Quesdanneggiamen-to aspetdanneggiamen-to non solo permette di ridurre i tempi di fermo del velivolo, ma consente una evidente riduzione dei costi di manutenzione. In questo lavoro di tesi si `e cercato di applicare questo approccio alle

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strut-ture sandwich modellandole e caratterizzandole per condizioni di impatto a basse velocit`a mediante elementi finiti e per via sperimentale. In seguito `e stata creata una rete neurale in grado di quantificare e localizzare il punto di impatto ed, infine, `e stata condotta una campagna sperimentale per testare il modello numerico creato.

1.1

Pannelli Sandwich

I materiali compositi stanno subendo un notevole incremento del loro uti-lizzo, specialmente negli ultimi anni, nel campo della costruzione di mezzi di trasporto grazie all’ottimo rapporto tra prestazioni strutturali e basso pe-so. Tale incremento `e notevole specialmente nel campo aerospaziale, dove la riduzione di peso `e strettamente correlata alla capacit`a di carico e alle prestazioni del velivolo.

Attualmente vengono affiancate strutture in materiale composito alla classica struttura metallica utilizzata per le fusoliere di elicottero, prevalentemente il lega di alluminio, in modo da poter ottimizzare la spinta grazie alla pos-sibilit`a di creare materiali in grado di adattarsi alle esigenze delle singole strutture. Un esempio tipico sono le strutture sandwich, composte da pi`u strati di materiali, anche differenti, e fortemente ottimizzate per la tipologia di carico a cui devono resistere.

La peculiarit`a delle strutture sandwich risiede nell’eccellente efficienza strut-turale, le cui caratteristiche verranno meglio approfondite nel Paragrafo 1.2. Inoltre queste strutture offrono ulteriori vantaggi quali l’eliminazione delle saldature ed un isolamento migliore; al contrario, non sono adatte a sopporta-re sollecitazioni di flessione ma solo carichi psopporta-revalenti di tipo membranale che vengono sostenuti dalle pelli metalliche; la particolare costruzione permette comunque di ottenere una accettabile rigidezza flessionale e una discreta sta-bilit`a a compressione senza un marcato aumento di peso.

Il concetto di struttura sandwich non `e particolarmente innovativo, ma la limitata conoscenza delle propriet`a meccaniche ne ha limitato l’uso a parti non prettamente strutturali.

I pannelli con pelli metalliche hanno comunque il vantaggio di una mino-re sensibilit`a agli impatti a bassa velocit`a, requisito molto importante in particolar modo per strutture esterne di elicotteri, fortemente esposte a nu-merosi impatti.

(17)

Nella Sez.1.2 sono riportate le attivit`a svolte dal dottorando Andrea Gilioli ed i risultati da lui ottenuti per la determinazione della struttura sandwich in esame.

1.2

Propriet`

a

Il componente analizzato `e un pannello composto nella parte centrale da tre strati. Le due pelli esterne sono realizzate con sottili lastre di alluminio Al2024-T3, mentre il nucleo centrale `e costituito da una struttura a nido d’ape fabbricato con Nomex A10-32-5, fogli cartacei a base di fibra aramidica. I tre strati sono uniti tra loro tramite incollaggio, come mostrato in Fig.1.1.

Figura 1.1: Pannello sandwich

Tale configurazione permette di ottenere elevate rigidezze flessionali, ma al contempo garantisce un’ottima leggerezza del componente. Strutture di questo tipo possono trovare impiego in ambito aerospaziale e meccanico so-prattutto in virt`u della possibilit`a di ridurre sensibilmente le masse dei com-ponenti e di conseguenza ridurre i consumi, aspetto cruciale in ambito vei-colistico e aeronautico.

Criticit`a delle strutture sandwich `e per`o la sensibilit`a a impatti a bassa ve-locit`a. Tali carichi, di tipo impulsivo, possono pregiudicare l’integrit`a dei componenti ed `e quindi necessario un opportuno studio atto a verificarne l’influenza. Per tale motivo larga parte dell’attivit`a svolta riguarda la verifica della resistenza di pannelli sandwich in seguito a impatti a bassa velocit`a.

(18)

In Fig.1.2 sono riportati i disegni costruttivi dei pannelli testati nelle prove d’impatto. In Tab.1.1 sono riassunte le caratteristiche dei pannelli testati.

Figura 1.2: Disegni costruttivi dei pannelli testati. Tabella 1.1: Caratteristiche pannelli testati. Pannello Tipo 1 Tipo 2 Spessore totale [mm] 22 22 Spessore pelle superiore [mm] 1 1.5 Spessore pelle inferiore [mm] 1 1.5 Spessore core [mm] 20 19

Nei Par.1.2.1 e Par.1.2.2 sono riportati rispettivamente dati pi`u specifici delle propriet`a del cuore e delle pelli.

1.2.1

Calibrazione delle propriet`

a dell’honeycomb

L’honeycomb `e stato prodotto dalla societ`a Hexcell con sigla A10-32-5 (in Tab.1.2 viene specificata la nomenclatura dell’honeycomb).

Tabella 1.2: Nomenclatura Honeycomb. Tipo di HC Densit`a [Kgm3] Dimensione cella [mm]

A10 32 5

Si tratta di un honeycomb non metallico, costituito da fogli in aramide, configurati per formare una struttura a nido d’ape, e rivestiti con resina fe-nolica. Il materiale composito, costituito dall’insieme dei fogli di aramide

(19)

rivestiti, prende il nome commerciale di Nomex.

Tra le peculiarit`a di questa tipologia di honeycomb, le principali sono: • Elevata resistenza meccanica, in particolare rapportata alla bassa densit`a • Elevatissima resistenza alla corrosione provocata da eventuali agenti chi-mici

• Eccellente resistenza al danneggiamento causato da impatti • Eccellente resistenza all’azione dell’umidit`a

• Propriet`a ignifughe e autoestinguenti

• Buone propriet`a dielettriche, trasparenza per le onde radio e radar • Facilit`a d taglio e lavorazione per ottenere la forma finale voluta • Bassa conduttivit`a termica

• Compatibilit`a per l’incollaggio con i pi`u leggeri materiali compositi, for-nendo un ottima superficie d’incollaggio per adesivi di tipo Redux e per i sistemi d’incollaggio di tipo prepreg.

In Tab.1.3 sono riportate le propriet`a nominali dell’honeycomb fornite dal produttore.

Tabella 1.3: Propriet`a dell’honeycomb fornite dal produttore.

Resistenza a Modulo Resistenza Modulo Resistenza Modulo compressione [M P a] direzione L direzione L direzione W direzione W

[M P a] [M P a] [M P a] [M P a] [M P a] 1.2 75 0.7 29 0.4 19 Flatwise Compression

Dal punto di vista della resistenza ad impatto, particolare importanza riveste la resistenza a compressione in direzione perpendicolare al piano dell’honey-comb (direzione T). Per questo motivo `e stata realizzata una campagna spe-rimentale atta a descrivere il comportamento meccanico dell’honeycomb in

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compressione. Le prove sono state eseguite basandosi sulla normativa ASTM C365/C 365M-05 [1]. I provini analizzati sono di due dimensioni differenti: una da 50x50x22 mm e l’altra da 100x100x22 mm con spessore delle pelli variabile da 1 a 1.5 mm come riportato in Tab.1.1.

Figura 1.3: Curve forza/spostamento sperimentali nel caso di compressione quasi-statica.

In Fig.1.3 sono riportate le curve sperimentali per i pannelli studiati nel caso di compressione statica. E’ interessante osservare come le curve possano essere suddivise sempre in tre parti:

1. La prima parte della curva `e essenzialmente lineare e termina raggiun-gendo un chiaro picco di forza. Si tratta di una zona in cui il pannello non subisce alcun danneggiamento irreversibile. Questa parte termina quando si ha un’instabilit`a delle celle esagonali con conseguente crollo della forza. 2. La seconda parte inizia appena dopo il primo picco e viene generalmente definita zona di plateau. Essa pu`o essere in realt`a suddivisa a sua volta in due sotto-regioni. La prima `e quella subito dopo il picco, in cui si ha un crollo della forza fino a un minimo e poi una sua ricrescita fino ad un valore pressappoco costante. La seconda sotto-regione `e quella di plateau vero e proprio, in cui il livello della forza permane praticamente costante e le celle continuano a deformarsi seguendo un cedimento di tipo folding.

3. L’ultima zona `e quella detta di densificazione. Qui la forza torna a cresce-re in maniera significativa. Tale inccresce-remento `e dovuto ad un impaccamento dell’honeycomb (Fig.1.4). In altre parole, incrementando oltre certi limiti lo spostamento, si giunge ad un punto per cui l’honeycomb risulta estremamen-te compresso. A questo punto la struttura cellulare del cuore `e praticamente

(21)

sparita lasciando spazio ad una sorta di continuo, la cui compressione causa un incremento molto significativo della forza.

Figura 1.4: Fase di densificazione.

In Fig.1.5 si possono vedere le curve sperimentali della compressione sta-tica espresse in termini di sforzi/deformazioni. Si osserva come, sostanzial-mente, operando in termini di sforzi e deformazioni, le curve tra provini di diverse dimensioni diventino estremamente simili, mettendo cos`ı in luce le propriet`a cellulari della struttura.

Figura 1.5: Curve sforzo/deformazione per diveri provini e spessori delle pelli di 1 e 1.5mm. Prova quasi-statica.

1.2.2

Calibrazione delle propriet`

a delle pelli

Le pelli in lega di alluminio Al2024-T3 vengono testate mediante prove di trazione su provini a sezione rettangolare, come da norma ASTM [1], in mo-do da poter determinare in maniera accurata le propriet`a meccaniche e il loro discostamento dai valori bibliografici. In questa fase i test permettono anche di verificare l’eventuale anisotropia del materiale, in quanto ciascun set di provini `e stato ritagliato in direzione ortogonale rispetto all’altra..

(22)

L’approccio seguito `e stato di tipo combinato, accoppiando l’attivit`a spe-rimentale (con elaborazioni dei dati) ad opportuni modelli numerici (virtual testing). La replica numerica delle stesse prove sperimentali di calibrazione ha permesso di determinare e validare grandezze rappresentative del com-portamento del materiale.

La definizione del solo legame costitutivo elasto-plastico (σ − ε) richiede l’u-tilizzo di prove di trazione semplici.

Il profilo del provino `e riportato in Fig.1.6.

Figura 1.6: Curve sperimentali forza/spostamento.

In Fig.1.7 sono rappresentati i risultati in termini di forza/spostamento dell’estensometro per tutti i provini, sia nel caso di spessore 1mm che 1.5mm.

Figura 1.7: Disegno costruttivo del provino per prove di trazione nel caso di spessore 1 mm.

Dalla Fig.1.7 si evince un lieve effetto di anisotropia del materiale nei provini testati, che si manifesta sia in un differente flusso plastico, sia in un differente spostamento a rottura tra i due set di provini testati. Tale effetto non appare eccessivamente rilevante e pu`o essere trascurato.

(23)

In tutte le analisi che seguiranno, si utilizza come confronto sperimentale una curva media tra tutte quelle sperimentali ottenute.

Legame Costitutivo

Dalla curva forza-spostamento `e possibile calcolare sforzi-deformazioni inge-gneristici applicando (1.1) e (1.2): σing = F A (1.1) εing = ∆l l0 (1.2) E’ possibile ottenere gli sforzi e le deformazioni veri applicando (1.3) e (1.4):

σreal = σing(1 + εing) (1.3)

εreal= ln (1 + εing) (1.4)

A causa dell’esiguo spessore dei provini e delle propriet`a intrinseche del materiale, non si ha un evidente fenomeno di necking prima del cedimen-to. Questo permette quindi di applicare (1.3) e (1.4) fino a rottura senza dover utilizzare alcun tipo di correzione e di ottenere cos`ı il legame sforzi-deformazioni.

A questo punto, occorre interpolare adeguatamente i dati in maniera da ottenere una formulazione univoca del legame costitutivo mediante la for-mulazione di Johnson-Cook [3], la quale permette di ottenere una formula-zione semplice che sia in grado di descrivere il legame costitutivo anche in condizioni pi`u complesse. L’equazione utilizzata `e (1.5):

σ = A + B εn (1.5) In Fig.1.8 `e riportato un confronto tra il legame costitutivo di JC calibrato nella presente ricerca e un criterio di JC reperito in bibliografia [3] sempre per Al2024-T3.

In Tab.1.4 sono esplicitati i valori delle costanti utilizzati per descrivere il legame costitutivo utilizzando il modello di JC.

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Figura 1.8: Confronto tra il legame costitutivo di JC calibrato JC da bibliografia [3] per Al2024-T3.

Tabella 1.4: Costanti legame costitutivo Johnson-Cook. A [MPa] B n E [MPa] ν

335.1 511.6 0.4524 68710 0.33 Vitual Testing

Le analisi sono state svolte mediante il software ABAQUS 6.10. Gli elementi utilizzati sono di tipo solido a 8 nodi con integrazione ridotta. In Fig.1.9 `e riportato il modello geometrico del provino con la relativa mesh utilizzata. Il modello di spessore 1 mm contiene 17856 elementi che hanno, nella zona centrale, una dimensione di 0.245x0.245x0.25 mm. Il modello con spessore 1.5 mm contiene 26784 elementi, la cui dimensione (nella zona centrale) `e di 0.245x0.245x0.25 mm.

Figura 1.9: Mesh del provino testato.

Con tali modelli `e stato quindi possibile riprodurre esattamente le prove sperimentali, costruendo un test virtuale (virtual test). In Fig.1.10 vengo-no riportati i risultati dei confronti numerico/sperimentali per provini dai spessore 1mm, utilizzando le calibrazioni di legame costitutivo e criterio di danneggiamento descritte ampiamente nelle precedenti sezioni. Le curve

(25)

nu-meriche presentano una buona verosimiglianza con quelle sperimentali per tutta l’estensione della prova, e soprattutto fino a rottura.

Figura 1.10: Curve forza-spostamento sperimentali/numeriche per prova di trazione su provini con spessore 1mm.

Inoltre, `e rilevante sottolineare come la curva numerica riesca, come pre-visto, a comportarsi come una media tra tutte le prove sperimentali, sia direttamente in termini di forza/spostamento che in termini di spostamento a rottura.

1.2.3

Prove d’impatto a bassa velocit`

a

Le prove consistono nell’impatto di masse in caduta libera su un pannello sandwich. Le dimensioni dei pannelli testati sono descritti in Fig.1.2. So-stanzialmente si tratta di pannelli quadrati di lato 400 mm. Vengono testati pannelli aventi pelli con spessore 1 mm e 1.5 mm. I pannelli sono vincolati alla pavimentazione mediante un’opportuna attrezzatura progettata ad hoc (Fig.1.12). Tale attrezzatura consiste in due cornici che vincolano il contorno esterno del pannello, posizionato tra una cornice superiore ed una inferiore. In Fig.1.11 sono riportati i disegni quotati di tale attrezzatura.

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Figura 1.11: Attrezzatura per l’afferraggio ed il bloccaggio dei pannelli. (a) Pannello inferiore. (b) Pannello superiore.

Figura 1.12: Pannello sandwich opportunamente bloccato nel suo sistema di fissaggio.

Il sistema `e in grado di effettuare test d’impatto da diverse altezze, per-mettendo cos`ı di modificare l’energia potenziale iniziale dell’impattatore. L’impattatore principale consiste di un cilindro in acciaio con a un’estre-mit`a saldata ad una sfera per cuscinetti di diametro 1 pollice (25.4 mm). Il range di energie realizzate `e compreso tra 15 ÷ 241 J; con tali energie `e possibile portare a rottura completa solo la tipologia di pannelli aventi spes-sore delle pelli di 1 mm (Fig.1.13), mentre nel caso dei pannelli di spesspes-sore 1.5 mm, nonostante si siano ottenute significative deformazioni, non si `e mai riusciti a raggiungere una completa rottura delle pelli.

E’ interessante sottolineare come, una volta raggiunto il cedimento completo delle pelli, il sottostante cuore offre una scarsissima resistenza ad impatto, tanto che nei due casi in cui si `e arrivati a rottura (185 J e 217 J per pelle di spessore 1 mm) si pu`o osservare un significativo danneggiamento anche della pelle inferiore.

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Figura 1.13: (a) Pannello da 1 mm in cui `e avvenuto un cedimento completo delle pelle superiore (E=185 J); (b) Imbozzamento della pelle inferiore.

Per stabilire l’esatta energia d’impatto, durante le prove `e stato utilizzato un laser a triangolazione ed un sistema di acquisizione dati. Il laser permette di valutare lo spostamento di un oggetto attorno ad un valore nullo posto ad una certa distanza dal punto di emissione del laser stesso.

Misurazione del profilo di danno

I pannelli impattati sono sati misurati in modo da ottenere una valutazione quantitativa del profilo di danneggiamento. Si `e utilizzata una macchina a misura di coordinate, Zeiss Prismo 5 HTG. Il profilo di affondamento `e stato misurato con sonda da 1 mm di diametro lungo due direzioni tra loro ortogonali e parallele ai lati del pannello. Il sistema di riferimento per le misure `e stato scelto in maniera tale che l’origine fosse centrata nel punto di affondamento massimo. A partire dal minimo, la zona in cui si sono effettuate le scansioni copre un’estensione di ±60 mm ed `e stato acquisito un punto ogni 0.1 mm. In Fig.1.14 `e possibile osservare la macchina di prova per misurare le coordinate, nonch´e un pannello impattato durante una misurazione.

(28)

Nelle Fig.1.15 e Fig.1.16 sono riportati i risultati delle misurazioni del profilo di danno.

Figura 1.15: Profilo di danno per pannello con pelle da 1 mm.

Figura 1.16: Profilo di danno per pannello con pelle da 1.5 mm. I risultati di tutte le prove d’impatto possono essere efficacemente sinte-tizzati in un unico grafico in cui viene riportato l’affondamento massimo in funzione dell’energia d’impatto, Fig.1.17. I punti sperimentali possono essere interpolati con una funzione polinomiale di secondo grado. E’ interessante notare come, coerentemente con quello che ci si potrebbe aspettare nel caso in cui si usi uno spessore delle pelli maggiore, l’affondamento risulta inferiore.

(29)

Quantitativamente si pu`o vedere che, passando da uno spessore di 1 mm ad uno di 1.5 mm, si ha una riduzione dell’affondamento massimo pari a circa al 20%. In Fig.1.17 sono riportate anche le equazioni utilizzate per interpolare i dati.

(30)
(31)

Teoria delle Reti Neurali

Artificiali

Le reti neurali artificiali nascono dall’esigenza di riprodurre attivit`a tipiche del cervello umano, come il riconoscimento di forme e caratteri, la percezio-ne delle immagini, la comprensiopercezio-ne del linguaggio e il coordinamento senso-motorio. Un calcolatore `e infatti molto bravo nell’eseguire in tempi brevissimi una sequenza ordinata e determinata di comandi, ma non `e in grado di ela-borare alcuna risposta di fronte a nuove situazioni. Ci`o vuol dire ad esempio, che per far in modo che una macchina riconosca che un certo carattere scritto a mano, in forme diverse, rappresenta sempre la stessa lettera dell’alfabeto, occorrerebbe prendere in considerazione, in un ipotetico programma, tutte le possibili calligrafie.

Una rete neurale, invece, `e in grado di apprendere dall’esperienza ed elaborare risposte nuove anche di fronte a nuove situazioni. Essa riesce ad adattarsi all’ambiente circostante e a modellare la realt`a, imparando le leggi che la governano attraverso l’esperienza. E la cosa pi`u impressionan-te `e che essa ha la capacit`a di comprendere e sintetizzare le leggi che legano gli eventi anche laddove noi non ne conosciamo una formula matematica che li spieghi: semplicemente analizzando le cause e gli effetti una rete riesce autonomamente a riprodurre il legame che condiziona un evento.

2.1

Stato dell’arte

La biologia `e stata sicuramente la musa ispiratrice della ricerca nel campo dei modelli a reti neuronali. Il fascino esercitato dalle molteplici e complesse funzionalit`a del cervello umano ancora da scoprire ha infatti stimolato e sti-mola tutt’oggi la ricerca su tecnologie capaci di fornire nuove congetture sulle

(32)

modalit`a di funzionamento del cervello. Inizialmente anche le reti neurali so-no state sviluppate per studiare ed approfondire l’attivit`a delle reti neuronali biologiche al fine di riuscire ad emulare il funzionamento (paradigma debole dell’Intelligenza Artificiale) e a simularlo (paradigma forte dell’Intelligenza Artificiale).

Con il tempo le reti neurali hanno continuato a destare un forte interesse presso gli studiosi di diverse discipline non come cloni biologici dei neuroni naturali ma come modelli matematici finalizzati ad imitare principalmente le enormi potenzialit`a del cervello umano. La principale di tali potenzialit`a `

e legata alla complessit`a del cervello stesso che risulta costituito da circa 10 miliardi di neuroni interconnessi generanti circa un milione di miliardi di connessioni.

L’informazione quindi non `e localizzata in singole componenti ma `e distribui-ta nell’intero sistema che elabora in parallelo. La straordinaria capacit`a di calcolo del cervello umano sembra derivare proprio dal meccanismo diffuso e parallelo di trasmissione dell’informazione. La tesi secondo cui l’elaborazione non risiede in singole unit`a del cervello ma interessa varie regioni dell stesso sembra avvalorata da alcuni esperimenti biologici, che hanno dimostrato che, in seguito a lesione celebrale, le prestazioni intellettuali degradano propor-zionalmente alla superficie di lesione.

Il sistema `e quindi capace di tollerare errori, ovvero di funzionare anche in caso di perdita di alcuni neuroni. Un’altra caratteristica fondamentale della funzionalit`a del cervello umano `e il modo con cui tale funzionalit`a vie-ne acquisita, cio`e mediante l’apprendimento: la struttura del sistema nervoso di ogni individuo, la capacit`a di memorizzare e riconoscere forme viene con-tinuamente modificata e personalizzata tramite l’interazione con il mondo esterno.

(33)

2.2

Il neurone biologico

Figura 2.1: Il neurone biologico.

Il neurone biologico, Fig.2.1, `e composto da tre principali componenti: . corpo cellulare;

. dendriti; . assone.

Il corpo cellulare contiene al suo interno il nucleo, a cui afferiscono uno o pi`u dentriti ed un assone. I primi trasportano i segnali verso il corpo cellula-re (input) mentcellula-re il secondo `e portatore dell’output del neurone. La sinapsi rappresenta il punto di contatto tra due neuroni, in cui il segnale proveniente dal primo si trasmette al secondo, attraverso un processo elettrio-chimico. Il corpo cellulare `e rivestito di una membrana in grado di mantenere una polarizzazione, ovvero una concentrazione di cariche elettriche.

Il neurone pu`o essere assimilato ad un sistema bipolare, in quanto pu`o assu-mere uno stato attivo o rimanere in uno stato di riposo. Allo stato di riposo i neuroni sono polarizzati, ovvero esiste una differenza di cariche elettriche tra l’esterno e l’interno della membrana. Le comunicazioni tra neuroni nello spazio sinaptico sono dovute al rilascio da parte delle celle pre-sinaptiche dei neurotrasmettitori ed al loro successivo assorbimento da parte delle celle post-sinaptiche.

L’input del neurone `e quindi rappresentato dalla combinazione dei vari se-gnali confluenti sul neurone attraverso i dendriti. I sese-gnali possono essere di segno opposto (eccitatori o inibitori) e ci`o porta ad un diverso valore, o peso, da attribuire ad ogni singolo input. Il valore ottenuto dalla combinazione dei vari segnali, tenuto conto della loro importanza relativa, viene confrontato con un valore predefinito, o valore di soglia, la cui funzione `e di stabilire un limite al di sotto del quale il neurone non viene attivato e al di sopra del quale invece il neurone viene attivato e lascia fluire lungo l’assone il

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segna-le costituente il valore di output. Sulla trasmissione del segnasegna-le influiscono inoltre gli eventi esterni, che possono sia aumentare che diminuire il livello di eccitazione del neurone, provocando rispettivamente una minore o maggiore resistenza al passaggio degli impulsi nervosi.

Il neurone rappresenta il componente elementare del sistema nervoso. Vi-sto che un neurone pu`o assumere solo due stati, cio`e pu`o attivarsi o non attivarsi, questo pone in evidenza come la potenza del cervello umano sia dovuta all’elevato numero di connessioni, che assicurano un elevato paral-lelismo nell’elaborazione dell’informazione, che non `e localizzata in singole componenti ma `e ampiamente distribuita nell’intero sistema.

Inoltre bisogna sottolineare la forte plasticit`a del cervello umano, ovvero la capacit`a di modificare continuamente i pesi delle connessioni, che rende gli uomini capaci di classificare e generalizzare gli stimoli ambientali e di adattarsi all’ambiente esterno, ovvero di imparare dall’esperienza.

2.3

Le reti neurali

Le reti neurali artificiali prendono esempio dalla biologia e, in particolare, proprio dalla struttura del cervello umano. Pertanto `e possibile definire un neurone artificiale come un modello matematico semplificato del neurone biologico (Fig.2.2), previsto di una funzione d’attivazione che dipende dagli stimoli che riceve in input.

Figura 2.2: Modello matematico del neurone.

In altre parole, la rete neurale non `e altro che un insieme ordinato di neuroni, detti nodi, collegati opportunamente tramite elementi detti pesi. I nodi si distribuiscono in strati: il primo `e quello di input, poi ci sono gli strati intermedi, (hidden layers), e infine lo strato di output ; i pesi collegano tutti i nodi di ogni strato con ogni nodo dello strato successivo, ma non con quelli dello stesso strato.

(35)

Figura 2.3: Esempio di rete neurale costituita da 2 nodi di input, 1 singolo hidden layer composto da 5 nodi e 1 solo output

La funzione di attivazione definisce l’uscita di un neurone in funzione del livello di attivazione a = Σn

i=0wixi, dove xi sono i valori dei neuroni dello

strato precedente e wi i pesi che collegano quest’ultimi al nodo in esame.

L’uscita pu`o essere un numero reale, un numero reale appartenente ad un certo intervallo (ad esempio [0,1]), oppure un numero appartenente ad un insieme discreto (tipicamente {0, 1} oppure {−1, +1}).

Di seguito vengono riportati alcuni esempi di funzione di attivazione:

. funzione di attivazione lineare, utilizzata nel caso di problemi di regressione: f (a) = a

(36)

. funzione di attivazione sigmoide, utilizzata per problemi di classifica-zione: f (a) = 1+exp1 −a

Figura 2.5: Funzione di attivazione sigmoide.

2.4

Topologia delle reti neurali

Per comprendere effettivamente le potenzialit`a e il potere computazionale di una rete neurale `e necessario enunciare il seguente teorema:

Teorema di approssimazione universale. Una rete neurale multistra-to, con un singolo hidden layer `e in grado di apprendere qualsiasi funzione continua e di approssimarla con qualsiasi grado di precisione. (Teorema d’esistenza di Kolmogorov applicato alle reti neurali da Cybenco,1988 e Hor-nik,1989)

In pratica una rete neurale, potenzialmente, pu`o rappresentare, con la pre-cisione desiderata, qualunque fenomeno descrivibile attraverso una legge di tipo continuo. Ovviamente, aumentando il numero degli strati nascosti si possono cogliere anche le discontinuit`a di una funzione, ma con un costo computazionale che potrebbe risultare troppo elevato.

Il problema per`o `e che il teorema garantisce soltanto l’esistenza di una rete che soddisfi determinate condizioni, ma purtroppo non fornisce alcun metodo pratico per trovarne la struttura o i parametri corrispondenti.

Le reti neurali sono costituite da una serie di neuroni le cui funzionalit`a sono state descritte in precedenza, organizzati in livelli o strati in modo tale che ciascun neurone in uno strato `e connesso a tutti o ad alcuni neuroni dello strato nascosto.

Con il termine di architettura o topologia di una rete neurale si indica la struttura della rete, cio`e il numero degli strati, il numero degli strati, il nume-ro di unit`a in ciascuno di essi e le modalit`a con cui tali unit`a sono organizzate.

(37)

Lo strato che riceve le informazioni dall’ambiente esterno viene definito li-vello di input e presenta un numero di neuroni determinato dal numero di variabili. Tale livello, nella maggior parte dei casi, non svolge alcuna fun-zione di elaborafun-zione ma trasmette semplicemente le informazioni al livello successivo funzionando da buffer dei segnali in ingresso.

Il livello di output fornisce invece i risultati finali prodotti dalla rete all’e-sterno del sistema. Tra questi due livelli di neuroni che devono essere neces-sariamente presenti in ogni rete, ci possono essere uno o pi`u strati intermedi detti anche strati nascosti (hidden layer ) in quanto non sono direttamente a contatto con l’ambiente esterno.

Figura 2.6: Single Layer Network.

L’architettura neuronale pi`u semplice `e quella con un solo strato di neuro-ni interconnessi della autoassociativa in quanto le uneuro-nit`a di input coincidono con quelle di output e la rete deve cercare di elaborare le informazioni in input, fornendone una versione modificata o completata.

Questi modelli neuronali vengono utilizzati soprattutto nei casi in cui le in-formazioni fornite in input non sono precise o perch`e incomplete o perch`e affette da rumore per cui la rete ricostruisce l’informazione mancante o di-storta e fornisce in output l’informazione completa.

Le reti a due livelli, ovvero con un solo strato di pesi (Single Layer Net-works) mostrata in Fig.2.3, sono costituite da m unit`a di input (x1, ..., xn)

connesse ad uno strato di p unit`a di output (y1, ..., yp) tramite un sistema W

(38)

W =       w11 · · · w1j · · · w1p · · · · wi1 · · · wij · · · wip · · · · wn1 · · · wnj · · · wnp       .

Il generico peso wij rappresenta il peso della connessione tra il neurone

i -esimo dello strato di input ed il neurone j -esimo dello strato di output. Aggiungendo all’architettura neuronale mostrata nella figura precedente uno o pi`u strati intermedi si ottengono reti pi`u complesse dette multistrato (Multi-Layer Perceptron, MLP), come ad esempio quella rappresentata in preceden-za in Fig.2.2.

Si noti che le reti mostrate nelle Fig.2.2 e Fig.2.3 presentano connessioni solo di tipo feed-forward ovvero i collegamenti sono esclusivamente di tipo unidirezionale, dalle unit`a di un livello a quelle del livello successivo, nes-sun output pu`o essere un input per un nodo sullo stesso livello (connessioni interstrato) o livelli precedenti (connessioni feedback) ma ogni unit`a di un livello `e connessa a tutte le unit`a del livello immediatamente successivo (reti totalmente interconnesse).

Le reti autoassociative, in cui il livello di input e di output coincidono, si differenziano da quelle eteroassociative in cui tali livelli sono distinti.

Le connessioni presenti all’interno di una rete possono collegare neuroni ap-partenenti a strati differenti (connessioni interstrato) o neuroni dello stesso strato (connessioni intrastrato).

La topologia complessiva di una rete neurale viene quindi stabilita definendo: . numero di strati o livelli (Single Layer Network, MLP );

. direzione dell’informazione (feed-forward, feed-back );

. numero di connessioni (totalmente interconnessa, totalmente connessa); . tipo di connessioni (interstrato, intrastrato);

. diversificazione degli strati di input e di output (autoassociative, eteroas-sociative).

(39)

2.5

Insieme di apprendimento, convalida e

con-trollo

Nell’ambito delle reti neurali, i parametri (pesi w) vengono stimati sulla base dell’insieme di apprendimento. Poich`e il modello ha fini soprattutto previsio-nali, si richiede che il modello abbia buone propriet`a di generalizzazione, cio`e che sia capace di effettuare buone stime in corrispondenza di valori d’ingresso x non compresi nell’insieme di apprendimento.

L’insieme dei dati disponibili viene suddiviso in tre parti:

. Insieme di apprendimento o Training `e un insieme di esempi uti-lizzati per stimare i parametri della rete.

. Insieme di convalida o Validation set `e un insieme di esempi utilizzato per regolare i parametri della rete.

. Insieme di controllo o Test set `e un insieme di esempi utilizzato uni-camente per valutare le prestazioni (generalizzazione) della rete.

Alla fine del training si otterr`a il vettore di pesi che permette alla rete di approssimare al meglio la funzione o il problema che gli `e stato sottoposto. Il Teorema di Approssimazione Universale, per`o, lascia aperto un pro-blema, che `e quello della scelta dei parametri: non esiste alcun metodo che ci permetta di sapere, a priori, qual `e il numero di nodi da immettere nello strato intermedio, n´e quanti strati inserire, n´e qual `e il numero d’iterazioni necessarie nella fase di training, n´e, tanto meno, qual’`e il valore ottimale da dare al coefficiente d’apprendimento.

Dalla scelta di tutti questi parametri dipende la capacit`a d’approssimazione e di generalizzazione e l’efficienza della rete: meno nodi si hanno nello strato intermedio, pi`u aumenta la capacit`a di generalizzazione della rete, ma, con-temporaneamente, diminuisce la precisione nell’approssimazione.

Maggiore `e il numero degli strati, maggiore `e la complessit`a della situazione che la rete pu`o rappresentare, ma maggiori sono i tempi necessari per l’ap-prendimento e il costo computazionale.

Maggiore `e il numero d’iterazioni, maggiore `e il grado di precisione che la rete raggiunge, ma maggiore `e il rischio di overfitting, cio`e il pericolo che la rete rimanga troppo legata ai dati e non sia in grado poi di dare buone risposte di fronte a situazioni mai viste.

Per comprendere meglio questo concetto, `e come se uno studente imparasse a memoria una particolare lezione, ma non sapesse rispondere a domande pi`u

(40)

generali sull’argomento o non fosse in grado di trarre conclusioni autonome su di esso.

L’apprendimento rappresenta la fase pi`u importante ed affascinante dei mo-delli neurali. Le reti neurali vengono addestrate, nel senso che esse partono da una situazione iniziale in cui non hanno alcuna conoscenza del problema da risolvere per poi arrivare ad uno stato in cui esse sono in grado non solo di utilizzare la conoscenza acquisita dall’analisi di un set di esempi, ma anche di generalizzare tale conoscenza a situazioni nuove.

L’immagazzinamento della conoscenza all’interno della rete avviene grazie ad opportuni algoritmi di apprendimento che, partendo da un insieme di esempi significativi, provocano un aggiustamento successivo dei parametri della rete fino all’ottenimento di un livello accettabile di performance. I parametri soggetti a tale modifica durante il processo di apprendimento so-no i pesi associati alle connessioni tra i vari neuroni, che vengoso-no modificati in modo tale da conseguire il funzionamento desiderato della rete.

In termini matematici la fase di apprendimento permette di calcolare il valore δwij in grado di permettere l’aggiornamento del peso associato alla

connessione tra l’i -esima e la j -esima unit`a:

wij −→ wij(t + 1)wij(t + 1) = wij(t) + δwij ∀j, ∀t ∈ T

dove con T si `e indicato il numero di passi da effettuare nel processo di ap-prendimento per giungere ad uno stato stabile. Il processo di apap-prendimento consiste quindi nell’utilizzo di procedure in grado di produrre una configura-zione stabile ed ottimale di tali parametri.

Sebbene non sia possibile riferirsi a procedure uniche di addestramento, `e possibile comunque raggruppare tutti gli algoritmi in due grandi categorie: . algoritmi di apprendimento supervisionati,

. algoritmi di apprendimento non supervisionati.

Tale distinzione riflette fondamentalmente la diversa struttura dell’insieme. Nel caso degli algoritmi supervisionati, per ogni insieme di input si presenta alla rete anche l’output desiderato, in modo tale che la rete sia in grado di correggere i propri parametri minimizzando la differenza tra output calcolato ed output desiderato.

L’algoritmo detto retropropagazione (backpropagation) `e quello pi`u utilizzato per l’apprendimento supervisionato. Questa tecnica si basa sulla valutazione

(41)

Figura 2.7: (a) Apprendimento supervisionato. (b) Apprendimento non supervisionato.

dell’errore commesso dalla rete neurale in funzione dei parametri della rete stessa e sulla sua diminuzione tramite una modifica dei parametri operata nella direzione del gradiente della funzione errore.

Per via della necessit`a di calcolare il gradiente della funzione calcolata dalla rete neurale, tale tecnica pu`o essere utilizzata solo se la funzione di attiva-zione dei neuroni `e derivabile rispetto ai parametri da configurare.

L’algoritmo modifica i parametri di configurazione in base al contributo che essi danno alla diminuzione dell’errore. A ogni passo di apprendimento, si presenta un esempio agli ingressi della rete neurale, si calcola la relativa usci-ta prodotusci-ta dalla rete, e la si confronusci-ta con il valore di usciusci-ta atteso. La differenza tra il valore di uscita dell’esempio e il valore di risposta della rete neurale costituisce l’errore commesso dalla rete stessa.

Procedendo a ritroso dall’uscita della rete verso i neuroni pi`u interni, si cal-cola il gradiente dell’errore rispetto ai parametri dei neuroni considerati e lo si utilizza per modificare i parametri stessi in modo da far diminuire l’errore.

(42)

Le procedure di addestramento non supervisionato non richiedono la pre-senza del valore dell’output desiderato: la rete analizza i segnali in input alla ricerca di regolarit`a e relazioni presenti nei dati.

In questo lavoro di tesi verranno utilizzati algoritmi di apprendimento su-pervisionati, grazie alla grande quantit`a di informazioni disponibili ricavate dalle diverse simulazioni numeriche.

(43)

Rilevazione dell’impatto

mediante Rete Neurale

3.1

Modellazione FEM del pannello sandwich

A partire da tutti i dati sperimentali raccolti, si `e costruito un modello a elementi finiti dell’intero pannello di dimensioni 400x400 mm in grado di re-plicare i test d’impatto. L’informazione che si ottiene da tale modello `e la curva affondamento massimo-energia, da confrontare con la Fig.1.17 ottenuta sperimentalmente. Si `e voluto puntare sull’ottenimento di un modello nume-rico piuttosto “leggero”, cio`e tale per cui le richieste hardware non fossero particolarmente stringenti. Un altro aspetto interessante del modello `e che si presta facilmente a modifiche in modo da poter eventualmente descrivere materiali diversi coinvolti nel fenomeno.

Figura 3.1: (a) Modello del pannello sandwich, costituito da due pelli di alluminio e honeycomb. (b) L’honeycomb `e stato modellato mediante molle non lineari.

(44)

Il modello numerico sviluppato si basa su un approccio legato all’utilizzo di molle non lineari. Sostanzialmente il cuore in honeycomb viene modellato come un equivalente insieme di molle poste ai vertici delle celle esagonali. Il comportamento delle molle `e poi stato scelto in maniera che rispecchiasse quello macroscopico osservato nelle prove di compressione flatwise. In altre parole viene previsto un tratto iniziale lineare, un successivo plateau e, ad un certo livello di spostamento, anche il rinforzamento finale (densificazione). Appare chiaro che tale approccio risulta essere una semplificazione della realt`a fisica, in quanto si cerca di discretizzare un continuo cellulare (ho-neycomb) con delle molle discrete ed indipendenti tra loro. Le molle infatti interagiscono una con l’altra solo tramite delle pelli metalliche a cui sono col-legate. Inoltre il fenomeno d’impatto che si vuole simulare `e molto localizzato mentre i dati sperimentali ottenuti dalle prove di compressione flatwise han-no carattere pi`u distribuito.

Ne consegue che per caratterizzare il comportamento non lineare delle molle non si possa inserire direttamente i dati di forza-spostamento determina-ti sperimentalmente, ma occorre scalare quesdetermina-ti uldetermina-timi in modo opportuno. Quindi per determinare le propriet`a delle molle non lineari da inserire nel modello si `e proceduto con un approccio “trial and error” in cui si `e anda-ti a scalare l’originaria curva forza-spostamento sperimentale delle prove di compressione flatwsise, moltiplicandola per un opportuno coefficiente, finch´e non si `e trovata la curva che meglio permetteva di riprodurre numericamente i risultati sperimentali (Fig.1.18).

Il numero totale di molle utilizzate `e 8214. Per quanto riguarda invece le pelli metalliche in lega di alluminio, esse sono state modellate utilizzando elementi shell ad integrazione ridotta S4R. Il numero di elementi di ciascuna lastra `e 48400, e la dimensione degli elementi `e di 1.82x1.82 mm.

L’impattatore `e stato modellato come una sfera rigida. Il numero di ele-menti con cui si `e meshata la sfera `e 9616, di cui 320 elementi R3D3 a tre lati e 9296 elementi R3D4 a 4 lati. La dimensione media minima degli elementi della sfera `e 0.408 mm.

Si `e applicato un vincolo d’incastro lungo i quattro lati di entrambe le lastre, mentre si `e imposta una velocit`a iniziale alla sfera. In sostanza si `e imposta una certa energia d’impatto e si `e andati a valutare infine l’affondamento massimo residuo previsto dal modello.

(45)

Le analisi sono state realizzate utilizzando il software commerciale ABAQUS 6.10 e sono state di tipo esplicito non lineare.

Figura 3.2: Distribuzione dello sforzo nel pannello dopo l’impatto con la sfera. Il pannello mostrato permette di apprezzare meglio la deformazione (somma delle componente elastica e plastica).

I risultati in termini di affondamento massimo previsto in funzione del-l’energia sono raccolti in Fig.1.20.

Figura 3.3: Confronto tra i risultati sperimentali e i risultati del FEM in funzione dell’energia d’impatto. Sono stati esaminati due configurazioni differenti dello spessore delle pelli, rispettivamente da 1 mm e da 1.5 mm.

Si pu`o osservare come il modello FEM permetta di prevedere con un buon livello di accuratezza l’affondamento massimo subito dal pannello. Vale la pena notare come la calibrazione delle propriet`a delle molle sia stata fatta solo in riferimento agli impatti sul modello con spessore delle pelli di 1 mm. Ne consegue che la procedura adottata presenta ottima generalit`a in quanto, applicando le stesse propriet`a al caso con spessore delle pelli da 1.5 mm, i

(46)

risultati sono rimasti ancora molto buoni. Ci`o `e una significativa prova che la metodologia adottata per lo sviluppo del modello `e rigorosa ed estendibile a casi pi`u generali di quelli in esame.

Per quanto riguarda specificatamente la qualit`a dei risultati si pu`o notare che, nel caso di spessore da 1 mm, i risultati sono meno precisi rispetto al caso da 1.5 mm. La ragione di tale comportamento `e da imputarsi all’avvi-cinarsi all’energia che provoca lo squarcio delle pelli. In queste analisi infatti non `e stato implementato un criterio di rottura, il cui effetto si `e preferito studiare a parte.

Ne consegue che il comportamento per elevate plasticizzazioni delle pelli, e vicino alla rottura, diverga da quello sperimentale. Nel caso con pelli da 1 mm ci`o `e evidente perch´e la rottura `e prevista per un’energia di 185J e di conseguenza le prove sperimentali si avvicinano molto a tale valore.

Una volta stabilita un’effetiva correlazione tra l’energia d’impatto con il dan-neggiamento, sia in termini numerici che sperimentali come descritto nella sezione 1.3, `e necessario definire una metodologia per la rilevazione e la ca-ratterizzazione dell’impatto in termini di energia e posizione mediante una rete di sensori.

L’idea `e quella di utilizzare i dati ricavati dalle simulazioni FEM in modo da estrarre l’esperienza necessaria per poter poi interpretare in modo corretto i dati provenienti dai sensori. Per`o, prima di intraprendere questa strada, `e necessario identificare i parametri da cui dipende l’impatto.

(47)

Conseguentemente, si effettua una analisi dei picchi dei segnali generati dal danneggiamento. Questi picchi vengono estratti dai dati provenienti dalle simulazioni FEM in corrispondenza degli elementi sui quali verranno applicati i sensori (Fig.2.3).

Figura 3.4: Griglia sensori (17x17).

Il primo passo da fare riguarda la quantificazione, ossia l’identificazio-ne dell’el’identificazio-nergia d’impatto. Dalla Fig.1.20 si nota una buona correlaziol’identificazio-ne tra FEM e parte sperimentale nel range di energie tra i 45J e i 145J nel caso di pannelli sandwich con skin di spessore 1.5 mm; quindi sono stati simulati mediante ABAQUS 6.10 per questo range di energie con passo 10J, median-te il modello FEM descritto nella Sez.1.3, undici casi d’impatto lasciando invariata la posizione d’impatto della sfera. La finestra di osservazione del fenomeno `e stata fissata a 20 ms.

L’effetto dell’energia d’impatto sul picco del segnale misurato in corrispon-denza della linea di sensori evidenziata in Fig.2.4a pu`o essere apprezzato in Fig.2.4b.

Si `e poi proceduto con la localizzazione, ossia l’identificazione della posi-zione d’impatto della pallina. Quindi sono state simulate mediante ABAQUS 6.10 sedici diverse posizioni d’impatto della sfera per ogni energia analizzata per la quantificazione, per un totale di 176 simulazioni.

(48)

corri-(a) (b)

Figura 3.5: Effetto dell’impatto a diverse energie rilevato dalla linea di sensori virtuali evidenziati in Fig.3.5a pu`o essere apprezzato in Fig.3.5b.

spondenza della linea di sensori evidenziata in Fig.2.5a pu`o essere apprezzato in Fig.2.5b.

(a) (b)

Figura 3.6: L’effetto dell’impatto per diverse posizioni rilevato dalla linea di sensori virtuali evidenziati in Fig.3.6a pu`o essere apprezzato in Fig.3.6b.

La simmetria del sistema sotto controllo `e evidente. Il trend pu`o essere sfruttato al fine di stimare anche la posizione d’impatto, una volta installata la rete di sensori nella struttura.

(49)

e posizione d’impatto. A questo punto `e necessario trovare una correlazione tra il sensore di lettura e l’impatto che si verifica sulla struttura.

3.2

Training e Test

Per trovare la correlazione tra il sensore di lettura e l’impatto si `e deciso di adottare le Reti Neurali Artificiali (ANN - Artificial Neural Network ), in quanto risultano le pi`u adatte nell’approssimazione di funzioni non note e non lineari, basate sul linguaggio di programmazione Matlab.

Mediante l’utilizzo di ABAQUS 6.10 sono state modellate e simulate diverse casistiche d’impatto e i dati ottenuti sono stati utilizzati per il training della rete neurale artificiale. Per avere una stima preliminare delle capacit`a del sistema, si `e deciso di disaccoppiare il problema in quantificazione e loca-lizzazione.

In particolare, per la quantificazione dell’energia d’impatto si `e deciso di fis-sare la posizione del punto d’impatto della sfera, come mostrato in Fig.3.7(c), per un range di energie compreso tra 45J e 145J con un passo di 10J. Nel-l’altro caso, invece, si `e deciso di mantenere fissa l’energia d’impatto (pari a 105J) e di variare la posizione d’impatto della sfera, come mostrato sempre in Fig.3.7(c).

A questo punto sono stati utilizzati i dati relativi alla deformazione elastica ottenuti mediante l’analisi FEM per gli elementi del pannello in corrispon-denza dei vari sensori; si `e deciso di considerare due tipologie di griglie di sensori: la 2x2 (Fig.3.7(a)) e la 3x3 (Fig.3.7(b)).

Figura 3.7: Rete di sensori (a) configurazione 2x2, (b) configurazione 3x3 e (c) posizioni simulate per l’impatto per il training di energia e posizione.

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Tuttavia, `e importante sottolineare che se si considerano dati puri del FEM per il training della rete neurale, ossia dati che non presentano alcun tipo di rumore nella misura e considerano un modello matematico del pan-nello che non rispetta le caratteristiche che si riscontrano poi nella realt`a, le performance della rete neurale decrescono sensibilmente. Per questo motivo si `e deciso di rielaborare i dati provenienti dal FEM introducendo del rumore in modo da rendere l’algoritmo di diagnosi pi`u robusto.

In letteratura viene suggerito di considerare un livello di rumore pari al 10% dei valori dei dati di deformazione forniti dal FEM. Per questo motivo si `e proceduto replicando 10 volte i valori di deformazione per ogni sensore sele-zionando casualmente una deviazione pari a ±10%.

Le performance della rete neurale artificiale per la quantificazione dell’e-nergia d’impatto possono essere apprezzate in Fig.3.8, dove sono riportati i risultati per la griglia di sensori 2x2 (Fig.3.8(a)) e per la griglia di sensori 3x3 (Fig.3.8(b)).

Figura 3.8: Performance della rete neurale per la quantificazione dell’energia d’impatto per la griglia di sensori 2x2(a) e per 3x3(b). Il range di energie considerato per il training `e 45J ÷ 145J

Analizzando i risultati ottenuti `e palese come un aumento del numero di sensori consenta di aumentare le capacit`a di quantificazione dell’energia da parte della rete neurale artificiale. Questo `e anche dovuto al fatto che, considerando la griglia di sensori 3x3, uno dei sensori si trova esattamente in corrispondenza della posizione d’impatto della sfera. Questa posizione `e ovviamente caratterizzata da un’alta sensitivit`a, come mostrato in Fig.3.5.

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Tuttavia, anche la griglia di sensori 2x2 dimostra una buona capacit`a di quantificazione dell’energia d’impatto.

Per quanto riguarda la localizzazione del punto d’impatto mediante rete neurale artificiale si sono ottenuti i risultati riportati in Fig.3.9.

Figura 3.9: Performance della rete neurale per la localizzazione dell’impatto per la griglia di sensori 2x2(a) e per 3x3(b). Le posizioni del punto d’impatto sono rappresentate in Fig.3.7

Si nota nuovamente un chiaro incremento di prestazioni di apprendimento da parte della rete neurale artificiale aumentando il numero di sensori. La decisione sulla risoluzione della rete di sensori `e quindi chiaramente asso-ciata alle prestazioni richieste del sistema diagnostico, che dipendono a loro volta dalle operazioni di manutenzione.

Una volta effettuato il training e il test della rete neurale artificiale con i dati delle deformazioni provenienti dalle simulazioni ottenute variando ener-gia e punto d’impatto, si `e deciso di testare la rete con dati nuovi, cio`e con dati provenienti dalla simulazione FEM considerando un’energia d’impatto differente sempre all’interno del range 45J ÷ 145J pari a 58J.

Per cui sono state effettuate ulteriori analisi utilizzando il FEM considerando un’energia d’impatto pari a 58J per tutte e 16 le posizioni d’impatto e i dati di deformazione ricavati sono stati utilizzati per la sola fase di test della rete neurale artificiale. I dati utilizzati per la fase di training provenienti alle 176 simulazioni precedenti vengono rinominati dati del Data Base.

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Per poter valutare le prestazioni della rete neurale artificiale `e necessario definire l’Errore Quadratico Medio (MSE - Mean Square Error ), che indica la discrepanza quadratica media fra i valori dei dati osservati ed i valori dei dati stimati. M SE = 1 nΣ n i=1(xi − ˆxi) 2

dove xi rappresenta il valore vero e ˆxi rappresenta il valore stimato.

`

E stato quindi calcolato l’errore quadratico medio per set, training e va-lidation utilizzando come dati di test i dati provenienti dalla simulazione a 58J per un numero di hidden layer crescente compreso tra 1 ÷ 40 per valutare ed apprezzare meglio le prestazioni della rete neurale artificiale.

Figura 3.10: Mean Square Error in funzione del numero di hidden layer -Set.

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Figura 3.11: Mean Square Error in funzione del numero di hidden layer -Training.

Figura 3.12: Mean Square Error in funzione del numero di hidden layer -Validation.

Si nota dalle Fig.3.10, Fig.3.11 e Fig.3.12 come per un numero di hidden layer pari a 9 la rete neurale artificiale dimostra delle prestazioni accettabili.

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Infine sono stati confrontati quest’ultimi con i Mean Square Error calco-lati con i dati Data Base.

Figura 3.13: Mean Square Error in funzione del numero di hidden layer -Set.

Figura 3.14: Mean Square Error in funzione del numero di hidden layer -Training.

Dalle Fig.3.13, Fig.3.14 e Fig.3.15 si ricava una percentuale di errore com-messa dalla rete neurale artificiale nella quantificazione dell’energia d’impatto e nella localizzazione del danneggiamento `e di circa il 15% ÷ 20%.

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Figura 3.15: Mean Square Error in funzione del numero di hidden layer -Validation.

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Modellazione FEM delle pelli

Si `e proceduto all’analisi a elementi finiti della lastra che compone il pannello sandwich utilizzando due approcci differenti: il primo riguarda la modella-zione della lastra mediante elementi solidi (solid element ) e l’ottimizzamodella-zione del numero di elementi che permetta comunque di ottenere tempi di calcolo ridotti. Il secondo approccio riguarda la modellazione della lastra mediante elementi shell (shell elements). Infine si `e effettuato un confronto tra i due modelli ottenuti.

Con questo lavoro sar`a possibile caratterizzare l’onda elastica che si propaga all’interno della lastra in seguito ad impatti a basse velocit`a. Per ottenere dei tempi di simulazione ridotti, la lastra analizzata `e di dimensioni 100x100x2 mm, composta in alluminio Al2024-T3 e vincolata con un incastro ai quattro lati.

4.1

Modellazione mediante solid elements

Inizialmente sono stati sviluppati tre diversi modelli con l’utilizzo di elementi solidi per la modellazione della lastra, in cui sostanzialmente la differenza sta nella dimensione dell’elemento (Fig.4.1):

. Modello 1: elemento solido di dimensione 0,5x0,5x0,5 mm, per un tota-le di etota-lementi pari a 160000 (Fig.4.1(a)).

. Modello 2: elemento solido di dimensione 1x1x1 mm, per un totale di ele-menti pari a 20000 (Fig.4.1(b)).

. Modello 3: elemento solido di dimensione 1x1x0,5 mm, per un totale di elementi pari a 40000 (Fig.4.1(c)).

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1J) per una finestra temporale di 0,003 s e per due diversi passi di discretiz-zazione temporale ∆t1 = 0.00360 = 5 10−5 s, ∆t2 = 0.003120 = 2, 5 10−5 s.

Il martello dinamometrico `e stato modellato mediante una sfera rigida di diametro 10 mm, a cui `e stata imposta una certa velocit`a di caduta per ot-tenere le energie di impatto desiderate. Le analisi sono state di tipo esplicito.

Figura 4.1: Modello realizzato con solid element. (a) Modello 1, (b) Modello 2, (c) Modello 3

Il confronto fra i tre modelli sono riportati per 0,5J in Fig.4.2 con un passo di discretizzazione ∆t1 e in Fig.4.3 per ∆t2. Si osserva che un passo di

di-scretizzazione pi`u piccolo (∆t2) permette di apprezzare meglio l’andamento

dell’onda elastica senza dilatare troppo i tempi di calcolo. Questi risultano maggiori se si condiderano il numero di elementi totali con cui si mesha la lastra.

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Figura 4.2: Confronto dei modelli per 0,5J e ∆t1

Figura 4.3: Confronto dei modelli per 0,5J e ∆t2

Si riporta inoltre in Fig.4.4 il confronto fra i tre modelli per 1J di energia d’impatto e ∆t2.

Figura 4.4: Confronto dei modelli per 1J e ∆t2

L’andamento dell’onda risulta quindi influenzato dal tipo di mesh che si decide di adottare e dal passo di discretizzazione temporale. Adottare un

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tipo di mesh con elementi non cubici (Modello 3) non ha apportato evidenti benefici, ma ha dimostrato di essere una semplice via di mezzo tra i Modelli 1 e 2.

Considerando quindi di adottare un passo di discretizzazione temporale pari a ∆t2 = 2.5 10−5 s, `e lecito chiedersi quale sia il numero ottimale di elementi

nello spessore tale per cui le curve di deformazione che si ottengono risultino comparabili tra loro, mantenendo comunque un tempo di calcolo ammissibile. A tal proposito, sono state realizzate delle simulazioni in cui la dimensio-ne massima dell’elemento cubico che costituisce la mesh della lastra `e dato dalla dimensione dello spessore della lastra stessa (2 mm) diviso il numero di elementi scelto, cio`e 2,4,6 e 8. Per cui si ha:

. 2 elementi: elemento solido di dimensioni 1x1x1 mm, per un totale di elementi pari a 20000.

. 4 elementi: elemento solido di dimensioni 0,5x0,5x0,5 mm, per un totale di elementi pari a 160000.

. 6 elementi: elemento solido di dimensioni 0,33x0,33x0,33 mm, per un totale di elementi pari a 540000.

. 8 elementi: elemento solido di dimensioni 0,25x0,25x0,25 mm, per un totale di elementi pari a 1280000.

Si ottengono le curve di deformazione riportate in Fig.4.5.

Figura 4.5: Confronto dei modelli per 1J e ∆t2

Si nota che il numero ottimale di elementi in spessore tale per cui si ha una buona rappresentazione della forma d’onda elastica, contenendo i tempi di calcolo, risulta essere 4.

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