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Educazione Fisica, palestra di emozioni

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Academic year: 2021

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LAVORO DI DIPLOMA DI

MIRCO RATTI

MASTER OF ARTS IN INSEGNAMENTO NELLA SUOLA MEDIA

ANNO ACCADEMICO 2015/2016

EDUCAZIONE FISICA, PALESTRA DI EMOZIONI

RELATORE

FRANCESCO CANUTI

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Abstract

Mirco Ratti,

Master of arts in insegnamento nella scuola media

Educazione Fisica, palestra di emozioni

Professore Francesco Canuti

Introduzione: Al giorno d’oggi la parola emozione è sovente nominata nell’ambito educativo.

Docenti ed educatori sono sempre più interessati nel capire come le sensazioni emotive dello studente possono avere un ruolo nella sua crescita caratteriale e formativa. A seguito di questo interesse, diverse ricerche scientifiche sono state svolte su questo tema. Sulla base dei risultati di questi studi, con il mio lavoro ho voluto scoprire il mondo delle emozioni a Educazione fisica.

Obiettivo: Lo scopo di questa ricerca è di comprendere come un alunno percepisce le proprie

emozioni, quali sono quelle più vissute e come riesce a distinguerle in Educazione fisica. Inoltre, questo studio vuole approfondire in modo specifico l’intelligenza emotiva e provare a capire come essa si sviluppa nel tempo.

Metodo: Questa ricerca segue una metodologia qualitativa. Il lavoro si basa su delle interviste.

Sono stati intervistati nove alunni di cui tre studenti di terza elementare, tre di quinta elementare e tre di terza media. L’analisi è stata eseguita seguendo il principio dell’analisi di testo (Smith, 1995).

Risultati: Le emozioni più presenti durante le ore di educazione fisica sono la felicità, la tristezza e

la rabbia. Inoltre, lo studio mostra come la descrizione delle proprie emozioni e quelle degli altri diventi maggiormente precisa più l’età del soggetto interpellato aumenta.

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« Nella nostra società le emozioni in generale vengono scoraggiate. Benché senza dubbio il pensiero creativo, come ogni altra attività creativa, sia inseparabilmente legato alle emozioni, è diventato un ideale pensare e vivere senza emozioni. Essere emotivo è diventato sinonimo di instabile e squilibrato.»

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Ringraziamenti

Innanzitutto vorrei ringraziare la mia famiglia, che mi ha sempre sostenuto, aiutato e consigliato durante tutto l’arco dei miei studi. Spero che un giorno riuscirò a dare ai miei figli quello che loro hanno dato a me.

Secondariamente, vorrei ringraziare Diana, mia fedele compagna di viaggio, che con la sua pazienza e il suo amore mi ha sempre seguito in questo percorso formativo.

Questo lavoro di diploma lo dedico a mio nonno. Con il suo silenzio mi ha insegnato il valore della parola. Grazie!

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Indice

Indice ... 5 Introduzione ... 7 Quadro teorico ... 9 Emozioni ... 9 Rabbia: ... 11 Tristezza: ... 12 Gioia: ... 13 Intelligenza emotiva ... 14

L’educazione fisica come processo nell’educare l’allievo alle emozioni ... 16

Interrogativi di ricerca ... 20

Domande di ricerca e ipotesi ... 20

Tipo di ricerca ... 21

Popolazione ... 22

Analisi dei risultati e situazione d’intervento ... 22

Risultati ... 24

Le emozioni ... 24

Origine e tipo di emozioni ... 25

Emozioni a educazione fisica ... 26

Rabbia, Gioia, Tristezza nel contesto dell’educazione fisica ... 28

Rabbia ... 29

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Gioia ... 30

Intelligenza emotiva ... 31

Riconoscere le emozioni e la sua importanza ... 32

La gestione delle emozioni negli adulti dal punto di vista dei bambini ... 34

Analisi ... 36

Emozioni ... 36

Rabbia, tristezza e gioia ... 38

Intelligenza emotiva ... 39

Conclusione ... 41

Bibliografia ... 42

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Introduzione

Ho riflettuto a lungo sul possibile tema che avrei potuto trattare nel mio lavoro di diploma. Alla fine, ho pensato di scrivere a proposito di un argomento che m’interessa: la visione che gli alunni hanno delle emozioni che incontrano durante le ore di educazione fisica. Infatti, durante le lezioni di educazione fisica, all’interno delle classi, mi sono molto spesso confrontato con situazioni emotive forti. Fin da subito mi sono reso conto come in questa disciplina ci siano delle situazioni collettive e individuali che portano inevitabilmente a imbattersi in emozioni particolari. Basti, a esempio, pensare al senso di vittoria e di sconfitta, oppure alla paura nell’affrontare un determinato ostacolo. Spesso l’emozione ci spinge a continuare o a frenare una data azione, altre volte un’emozione ci fa piangere o sorridere. Sono sicuro che il campo delle emozioni sia molto vasto e nella mia ricerca ne tratterò solo una piccola parte, eppure, solamente il fatto di conoscerne uno spicchio, mi permetterà di capire meglio quali benefici, una disciplina come la nostra, regala a un alunno dal punto di vista emotivo.

Come si è potuto capire, l’emozione in sé sta alla base di questa ricerca, ma vi è anche il percorso rispetto a tali emozioni che un ragazzo fa nel tempo che m’interessa trattare. Per spiegarmi meglio, posso dire che ognuno di noi ha vissuto una crescita personale rispetto alle emozioni. Se prendo l’esempio delle scuole elementari, posso dire che più gli alunni sono piccoli e più le emozioni che riscontrano durante le attività sono visibili all’occhio umano. Infatti, se hanno una piccola ferita piangono, se hanno paura del “lupo nero” gridano. Le emozioni che vivono, quindi, sono allo stesso tempo molto forti e molto presenti nel loro agire. Alle medie, invece, le emozioni sono ancora presenti eppure si percepisce già come esse siano leggermente mascherate o meglio controllate. Raramente, a quest’età (12-15 anni), gli allievi gridano di felicità e raramente piangono in pubblico. Questo può farci pensare che ci sia stata un’evoluzione nella gestione delle proprie emozioni.

Per riassumere brevemente il mio pensiero di base, posso dire che l’allievo è spesso confrontato con delle sensazioni forti a Educazione fisica e che grazie a queste esperienze emotive egli sia in grado, con il tempo, di capirne meglio il significato, gestendole e controllandole in modo più adeguato

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rispetto alla situazione nella quale si trova. Questa ricerca è per me un modo di capire, in parte, cosa realmente un alunno vive e che esigenze può avere a differenza della sua età.

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Quadro teorico

Emozioni

In questi ultimi decenni, tante ricerche scientifiche sono state fatte a proposito delle emozioni. Quest’ultime, sono diventate per alcuni ricercatori un mondo tutto da scoprire e con mille complessità. Tutt’oggi il tema delle emozioni non è ancora totalmente conosciuto. Troppi sono i dati mancanti che non permettono di dare un significato e un’origine precisa alle sensazioni emotive che colpiscono in modo improvviso il corpo e la mente.

Per rendere ancora più complesso questo settore di ricerca ci si mette anche la differenza interpersonale delle emozioni: ogni persona vive a modo suo queste sensazioni e ognuno di essi le percepisce differentemente a dipendenza del proprio percorso di vita.

Sebbene l’incompleta conoscenza a proposito delle emozioni, in questa parte di lavoro saranno riportate delle ricerche scientifiche che hanno provato a dare un senso alle emozioni. Inoltre, in questa parte di studio, saranno trattati in modo specifico tre tipi di emozioni: la rabbia, la tristezza e la gioia.

Innanzitutto, dal punto di vista linguistico e letterario, la parola “emozione” è esposta in modo quasi simile su ogni dizionario della lingua italiana. Essa è descritta come un “sentimento molto intenso (…), che può provocare alterazioni psichiche e fisiologiche.” Secondo Perna, l’emozione è legata particolarmente allo stato psicofisico di un soggetto e dovuta a stimoli specifici di corta durata (Perna 2001, p.19). L’emozione può esprimersi in modo forte o lieve e creare dei cambiamenti fisiologici percettibili alla vista oppure no. Per esempio, vi può essere l’alterazione della frequenza respiratoria e cardiaca, un senso di freddo, tensione o rilassamento muscolare e via dicendo (Battacchi, 2004, p.5). Piatti, in merito alla descrizione delle emozioni scrive:

“ Riceviamo stimoli emotigeni sia dall’ambiente esterno (recepiti con i nostri cinque sensi), sia dal nostro interno, sia dai pensieri. Se è vero che “passioni ed emozioni hanno la loro miccia negli

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eventi esterni”, è vero anche che nella mente dell’individuo lo stimolo è percepito, valutato sommariamente e interpretato.” (Piatti et al., p.37)

Secondo Aldi (2014), invece, le emozioni nascono da stimoli e la loro conseguenza psicofisica è un processo di adattamento all’ambiente naturale e lo scopo di base è di sopravvivere (Gino Aldi, 2014, p. 61).

Se approfondiamo il tema delle emozioni, possiamo scoprire che sono state riconosciute due grandi categorie: emozioni primarie e secondarie. Battacchi sostiene che le emozioni primarie si manifestano in modo spontaneo, universale e innato. Dall’altra parte ci sono delle emozioni secondarie, la loro comparsa è dovuta principalmente al vissuto personale delle persone, alla loro cultura e alle loro credenze (Battacchi, 2014). Darley pensa che le emozioni primarie siano riconosciute nella paura, nella rabbia, nella tristezza, nella gioia nel disgusto e nella sorpresa. Esse sono emozioni che sono possedute dall’uomo dalla nascita e sono irreducibili (John M. Darley, 1991, p.485). Secondo Plutchik hanno una base neuronale specifica, un’origine comune a tutti (Plutchik, 1995, p.92). Se prendiamo un esempio nel bambino, l’impossibilità di muoversi o l’improvvisa sottrazione di un oggetto in possesso producono, di norma, rabbia. Su quest’argomento, è stata fatta una ricerca sui bambini ciechi e ha dimostrato che questi ultimi hanno delle reazioni facciali medesime ai bambini che hanno una vista normale (John M. Darley, 1991, p.489).

Al contrario, le emozioni secondarie sono condivise nei sentimenti legati alla vergogna, all’amore, alla gelosia. Queste sensazioni sono più soggettive e nascono a dipendenza del carattere della persona. Inoltre, queste emozioni sono maggiormente controllabili e l’uomo ha un effetto importante su di esse (Perna, 2014, p.41). Secondo Plutchik, queste emozioni e l’interpretazione che una persona gli da sono principalmente legate a degli stereotipi esterni, cioè a delle idee che una persona si crea nella propria testa in base al suo vissuto (Plutchik, 1995, p.127). Se prendiamo l’esempio classico della vergogna, è possibile affermare che essa, rispetto alla propria nudità, è cambiata molto negli anni. Infatti, a dipendenza del momento storico nel quale ci troviamo, il senso del pudore è più o meno marcato. Il senso del pudore quindi, è dato principalmente dalla stigmatizzazione che la nudità stessa riveste a livello sociale. Negli anni settanta, un’ondata nuova d’idee è stata introdotta nella società occidentale e con essa la valorizzazione della nudità. La vergogna rispetto al proprio corpo è stata, per un lungo lasso di tempo, accantona dando vita a delle

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vere e proprie colonie di nudisti.1

Questo esempio chiarisce l’idea di quanto detto in precedenza sul come delle emozioni possono essere modificate a dipendenza del vissuto di una persona, di una cultura o di un pensiero politico-religioso.

Come detto in precedenza, in questa parte di ricerca saranno trattate in modo specifico rabbia, tristezza e gioia.

Rabbia:

Se si cerca nei dizionari della lingua italiana il significato della parola “rabbia”, si possono trovare le seguenti definizioni o sinonimi:

“ Sdegno, furore, grande irritazione che possono provocare accessi d’ira o reazioni incontrollate” (Zingarelli, 2013, p. 1836)

“ Violento turbamento dell’anima” (Cusatelli, 1979, p 1387)

Queste due descrizioni danno già un’idea molto precisa della sensazione negativa che una persona può vivere quando si confronta con questo tipo di emozione. Eppure, senza rabbia, la storia dell’umanità sarebbe sicuramente differente, forse anche già finita. Secondo Perna, la rabbia rappresenta uno “strumento di competizione” utile alla sopravvivenza dell’uomo. Questa emozione è considerata una delle maggiori emozioni che l’essere umano può percepire e ha come obiettivo quello di preparare il corpo ad attaccare o a difendersi in situazioni di pericolo (Perna, 2004, p.30). Secondo una ricerca fatta nel 2013 in Finlandia, le emozioni sono percepite principalmente a livello corporeo e ogni sensazione può essere riconducibile a una zona di corpo ben precisa. A proposito della rabbia, la ricerca sostiene che le persone che la vivono hanno un cambiamento corporeo

(calore, brividi,…) che si propaga dall’addome fino alla testa.2

Dal punto di vista fisiologico, la

1 https://it.wikipedia.org/wiki/Naturismo

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rabbia ha la sua origine nell’ipotalamo e crea a livello fisico diverse reazioni a catena: tachicardia, aumento della tensione muscolare, ipersudorazione e pressione sanguinea elevata. Secondo Ekman (2008) a livello visivo si può riconoscere rabbia in un individuo se egli, dopo un evento particolare, tende ad arrossire, a serrare le mascelle, protendere il mento, ad abbassare le sopracciglia e avere i denti scoperti. Le reazioni legate a questa emozione che l’uomo vive, sono paragonabili in modo evidente a quelle di molti animali (Plutchik, 1995,p.42). Su questo punto, Darwin (1872) mise in luce nelle sue scritture che l’espressione di rabbia degli esseri umani sembrasse molto al mostrare i denti proprio dei gatti e dei cani.

Tristezza:

Nei dizionari citati in precedenza, questa sensazione è descritta come:

“ Stato d’animo di chi è triste” (Zingarelli, 2013, p.2447).

“ Stato d’animo di chi è addolorato e malinconico” “Qualcosa che ispira dolore o malinconia” “Sensazione spiacevole, dolorosa” (Cusatelli, 1979, p.1876)

A livello fisiologico questa emozione si può percepire con un “nodo alla gola”, con il pianto, con il silenzio e una postura racchiusa in se stessa (Plutchik, 1995,p.159). Perna aggiunge a queste caratteristiche anche la forma del viso: viso imbronciato, occhi socchiusi, angoli della bocca piegati verso il basso e possibili rughe sulla fronte a forma di ferro di cavallo (Perna, 2004, p.38). Per riprendere la ricerca finlandese citata in precedenza, essa sostiene che la tristezza è percepita con un sentimento di freddo nelle mani e nelle gambe. Secondo Paul Ekman la sensazione di tristezza prolungata sfociano spesso in dolori fisici che possono protrarsi per lungo tempo.

La tristezza se mantenuta per un lungo periodo, può causare impotenza operativa e dare inizio a un

circolo vizioso. Essa è uno dei punti che possono creare la depressione.3

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Gioia:

Secondo i due dizionari già utilizzati in precedenza, la gioia è descritta come:

“Stato d’animo d’intenso godimento e contentezza”(Zingarelli, 2013, p.985)

“Sentimento di piena e viva letizia, piacevole e intensa emozione dell’animo”(Cusatelli, 1979, p.757)

In questo caso, a dispetto delle due emozioni viste in precedenza, la sensazione dovuta a questa emozione è positiva e piacevole. La gioia risulta un momento di corta durata ma intenso che se percepito in modo regolare crea di norma uno stato d’animo di felicità (Perna, 2004, p.34).

A livello corporeo la gioia si manifesta grazie a un’attivazione generale dell’organismo. Sul viso si possono notare delle trasformazioni: sorriso, chiusura degli occhi, piccole rughe attorno agli occhi (John M. Darley, 1991, p.492). Quando si vive questa emozione, le persone hanno spesso una sensazione di calore. Anche per questa sensazione, possiamo dire che vi sono degli animali che producono le nostre stesse reazioni. Per esempio, gli scimpanzé quando vien fatto loro il solletico, emettono una risposta, uditivamente e visivamente, molto simile al riso umano (John M. Darley, 1991, p.492).

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Intelligenza emotiva

Secondo Goleman (1997) l’intelligenza emotiva rappresenta la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri, saper gestire in modo positivo le proprie emozioni, saper motivare noi stessi e saper gestire le sensazioni che ci invadono quotidianamente nelle relazioni con gli altri e con noi stessi in modo adeguato. In altre parole, l’intelligenza emotiva è la capacità con la quale riusciamo ad adattare il nostro comportamento in modo ottimale rispetto alle nostre emozioni e a quelle degli altri. Secondo Jowett (2009) la conoscenza delle proprie emozioni e quella di terzi è una delle forze maggiori che spingono l’individuo a gestire in modo corretto ed efficace le situazioni che gli si pongono davanti. Le persone che hanno una buona intelligenza emotiva hanno una facilità maggiore di raggiungere i propri obiettivi rispetto a chi ne possiede in minor quantità. Un esempio classico è quello legato al nervosismo che si può presentare prima di un esame o di una prova di qualsiasi genere nel quale si è valutati. Se la sensazione di paura non è controllata in modo positivo, essa può influire in modo negativo sul risultato finale della nostra prestazione. Al contrario, se il nervosismo è controllato e trasformato in uno stimolo positivo, la probabilità di riuscire nel raggiungere il proprio obiettivo sarà maggiore. In questo secondo caso, l’intelligenza emotiva della persona è da considerarsi più elevata.

Se ci si concentra sulla relazione interpersonale, possiamo affermare come la comunicazione diretta o indiretta delle emozioni abbia un ruolo fondamentale per il buon funzionamento della vita sociale. L’immagine che diamo grazie alle emozioni è considerata importante per la nostra vita quotidiana e la sensibilità con la quale le persone capiscono le sensazioni presenti accanto a loro determina in modo importante la crescita professionale e dell’individuo (Darley, 1991). Ciarrocchi (2001) approfondisce questo tema sottolineando come la costruzione dell’intelligenza emotiva sia data dall’esperienza avuta in passato e dall’attenzione che ogni persona presta all’ascolto e alla comprensione delle persone che frequenta normalmente. A livello personale, l’intelligenza emotiva si amplifica grazie alle situazioni di vita avute in passato. Per esempio, secondo Lane (2009), la percezione delle emozioni di uno sportivo può essere differente a dipendenza della disciplina praticata o dal paese d’origine. Lane cita l’esempio della differenza emotiva di chi pratica uno sport di competizione (esempio: sci alpino) o di chi pratica un’attività legata al benessere personale (esempio: jogging). Le persone che entrano nella prima categoria vivono molte emozioni legate al piacere di vincere. Al contrario, chi pratica un’attività con obiettivi rispetto alla propria salute, vive maggiormente emozioni che si legano al piacere dello sforzo. Questa visione differente delle

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emozioni e delle sensazioni vissute nel tempo, crea nell’individuo un modo differente di riconoscerle e di adattarsi a esse. Queste differenze a livello emotivo sono anche i principali fattori

che andranno a condizionare una motivazione intrinseca o estrinseca.4

Tornando a Goleman (1997), egli evidenzia cinque principi essenziali dell’intelligenza emotiva:

- Dominio di sé: Controllare in modo adatto le proprie emozioni in base alle situazioni incontrate.

- Motivazione: Sfruttare le proprie emozioni per raggiungere più facilmente gli obiettivi prefissati.

- Consapevolezza di sé: Capire le proprie emozioni e quelle degli altri in tutti gli ambiti della propria vita sociale e privata.

- Empatia: Saper entrare in contatto con altre persone grazie alla comprensione del loro stato d’animo.

- Abilità sociale: Saper relazionarsi con altre persone con esito positivo e sapere gestire flussi emozionali in maniera da risolvere in modo positivo possibili conflitti.

Darley (1993) aggiunge che chi possiede questo tipo d’intelligenza crea all’interno di se stesso una visione delle azioni degli altri un miglior giudizio che, spesso, si avvicina a quelli di chi compie l’azione stessa.

Come possiamo leggere da queste ricerche, l’intelligenza emotiva è da considerarsi un punto importante sul quale lavorare per poter migliorare il proprio benessere mentale e la propria sensibilità verso le persone con cui entriamo in contatto.

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L’educazione fisica come processo nell’educare l’allievo alle emozioni

Dopo aver messo in risalto le differenti emozioni e la loro importanza nell’ambito sociale e personale, in questa parte di ricerca sarà trattato come l’educazione fisica può essere una materia importante per sviluppare l’intelligenza emotiva e per vivere delle emozioni importanti.

Bernardi (2013) pensa che “Ogni attività fisica è legata con un filo rosso ai nostri aspetti mentali: ai nostri istinti, alla nostra razionalità, alle nostre emozioni, alle nostre convinzioni e ai nostri comportamenti agiti”. Per approfondire questa frase, si può citare Ferretti (2008) che sostiene che l’attività fisica è promotrice di sensazioni emotive importanti poiché racchiude in sé una moltitudine di azioni che necessitano la messa in atto di scelte sul proprio comportamento rispetto a una data situazione (scappare, trovare velocemente, affrontare o no un ostacolo,..). Queste decisioni implicano inevitabilmente delle emozioni.

Secondo Parlebas (1981) l’educazione fisica non si limita all’osservazione e alla pratica del

movimento ma favorisce degli aspetti più nascosti, più profondi, che vanno a influenzare in modo

determinante la crescita emotiva dei ragazzi. In altre parole, Parlebas pensa che la condotta motoria non richieda unicamente un movimento o un’azione, ma racchiude in sé il significato soggettivo che gli è associato (intenzioni, percezioni, emozioni). Dunque si può dire che tramite l’azione il ragazzo esprime una parte del suo vissuto e ne crea una parte della sua futura personalità. Vivere l’emozione o il sentimento tramite la condotta motoria, quindi, cambia il modo di vedere le situazioni e aiuta il ragazzo a capire come adattare il proprio operato alle varie opportunità che gli si aprono di fronte. Parlebas aggiunge, quanto già espresso in precedenza, che il docente di educazione fisica è avvantaggiato rispetto ad altre discipline poiché egli può vedere nelle proprie attività come il ragazzo vive e accetta le proprie emozioni (tristezza, gioia, rabbia). Il docente, quindi, deve tener presente che l’alunno, durante una lezione, s’imbatte in diverse dimensioni della personalità. Il docente, quindi, deve essere bravo a riconoscerle e nel focalizzare quelle che ritiene più importanti per la pianificazione del percorso formativo. Queste dimensioni sono riconosciute attualmente nella nostra disciplina in quella biologica (azione fisica), cognitiva (azione mentale), espressiva (immagine che riesce a dare tramite l’azione), relazionale (collaborazione e integrazione) e affettiva/emotiva.

Queste dimensioni sono inserite a loro volta in tre grandi ambiti di competenza: Sociomotoria, Psicomotoria e Incertezza legata all’ambiente. La prima, rappresenta tutte le attività che hanno al

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loro interno una dinamica che mette in valore le interazioni con uno o più partner, con l’avversario o con entrambi. La seconda, invece, racchiude tutte le attività che al loro interno non hanno la presenza di queste interazioni, nelle quali l’attore principale (studente) non è condizionato da fattori esterni ma agisce unicamente grazie alle sue capacità fisiche ed emotive. Il terzo ambito citato, è quello che racchiude tutte le attività che si sviluppano in un contesto nel quale l’attività viene condizionata dall’ambiente fisico, portatore d’incertezze (neve, foresta, acqua).

In questo studio, l’ambito sociomotorio e la dimensione affettiva sono quelle che, più di tutte, sono toccate. Il motivo di questa scelta è fatta seguendo l’idea che questo ambito e questa specifica dimensione rappresentano una parte di attività fisica determinante per lo sviluppo dell’intelligenza emotiva e per la capacità dell’allievo nell’affrontare le proprie emozioni e quelle degli altri. In quasi tutte le attività fisiche si è confrontati con questa dimensione e il docente deve essere abile a sfruttarla, rendendola parte integrante del percorso formativo. La consapevolezza che ci siano delle sensazioni e delle emozioni nella motricità permette al ragazzo di ragionare su quello che sta vivendo e nel rispettare le sensazioni che i suoi compagni percepiscono. Secondo lo stesso autore, “l’affettività è la chiave delle condotte motorie”. Ferretti (2009) si spinge oltre affermando che “l’affettività è la chiave indispensabile delle condotte motorie. Il solo caso in cui si può supporre che l’emozione non intervenga, è quello in cui l’individuo si confronta con una situazione che non ha alcun senso per lui e quindi non provoca alcuna modificazione, alcun apprendimento (Parlebas,1991, p.9-14). In altre parole, se il ragazzo è indifferente all’attività che sta svolgendo, la sua sensazione emotiva sarà quasi nulla e la sua motivazione a svolgere l’esercizio sarà quasi pari a zero.

La dimensione affettiva/ emotiva è riconosciuta anche per il suo forte valore motivazionale. Come già detto in precedenza, chi riesce a gestire le proprie emozioni sarà messo in una condizione favorevole per raggiungere in modo più rapido le proprie ambizioni o i propri scopi.

Se entriamo nel pratico, Parlebas sostiene che già scegliere un ruolo sociomotorio(esempio: lupo o

pecora) all’interno di una squadra rappresenta un impegno affettivo. Infatti, inserire un avversario

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paura, di euforia, di gioia. Questa emotività va a condizionare la condotta motoria del ragazzo e va allo stesso tempo influenzare la sua identità. Caratterialmente vi è una crescita, che sarà in futuro un punto importante del suo identikit caratteriale. Siccome questa dimensione e l’attività fisica sono quasi indissociabili, si può anche sostenere che l’allievo crea nel comportamento motorio un “inconscio motorio” che andrà a influire sulle azioni future della sua vita.

Su questa dimensione Lazarus sostiene che durante le ore di educazione fisica, il contesto è il medesimo per tutti i componenti della classe, ma la percezione dell’attività è differente da individuo a individuo. L’autore aggiunge che i giochi sono anche luoghi emozionali dove trovano spazio gli affetti e le fantasticherie degli studenti. Nel gioco l’alunno esprime il proprio modo di rapportarsi al mondo esterno e a quello interno (Lazarus, p14). Pierre Parlebas nomina questo fenomeno in questo modo: logica esterna delle attività fisiche. Questo termine è da legare quindi alle differenze che ogni componente della classe porta con sé. Ognuno di essi possiede una storia personale ben precisa, delle esperienze proprie, delle rappresentazioni culturali specifiche. Il comportamento che ogni alunno adotta e vive è molto soggettivo e, anche se a primo impatto le reazioni globali della classe sono spesso le stesse, ogni ragazzo ne ha inevitabilmente di proprie (Debois, p.10).

Anche Darley (1993) pone l’accento sull’importanza dell’educazione alle emozioni nella crescita

personale del ragazzo. Nell’infanzia la conoscenza delle emozioni e la scoperta di esse sulla propria pelle diventa un’educazione da non sottovalutare. Sapendo quali emozioni si sta vivendo si può farne oggetto di pensiero e di discorso. Tramite il movimento queste sensazioni spesso vengono amplificate e il discorso che ne sussegue può diventare un motore importante per la comprensione di come comportarsi in alcune situazioni particolari (sconfitta, vergogna,..). Prendendo esempio dal nuovo programma Harmos (documento A), si può capire perché uno degli obiettivi principali del docente di educazione fisica sia quello di “far vivere all’allievo delle emozioni e con questo riuscire a fargli capire come gestirle e come riuscire a controllarle”.

Un altro fattore importante dell’educazione fisica è il fatto chequesta disciplina permetta all’allievo

di riscontrare delle sensazioni all’interno del gruppo, condividendo con esso le bellezze e le difficoltà che queste emozioni fanno nascere in loro. Secondo Meirieu, nel gruppo, ogni membro divide la propria esperienza emotiva tramite una comunicazione omogenea che permette a ogni singolo membro di arricchirsi tramite la condivisione di queste sensazioni (Rouiller e Lehraus, 2008). Freinet (1977), già a suo tempo, sosteneva che la condivisione delle emozioni può stimolare il ragazzo sia sul piano cognitivo sia su quello sociale.

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Si può capire, ora, come l’educazione fisica permetta di affrontare in modo continuo le emozioni del ragazzo e consenta a quest’ultimo di rispettarle e conoscerle.

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Interrogativi di ricerca

Domande di ricerca e ipotesi

• L’educazione fisica è una disciplina che racchiude diverse emozioni. Quali sono le più vissute?

È possibile supporre che l’allievo viva differenti emozioni durante le lezioni di ginnastica. Seguendo la teoria di Bernardi (2013), si può dire, infatti, che l’attività fisica implica in modo automatico e importante degli aspetti emotivi dell’alunno. Spesso le emozioni riscontrate dal ragazzo sono molto contrastanti (felicità-tristezza, rabbia-gioia). Secondo Pietropolli Charmet gli aspetti emotivi principali riscontrati nella preadolescenza e

nell’adolescenza possono essere quelli della tristezza, rabbia e noia.5

Queste tre emozioni sono una conseguenza di un periodo di vita nel quale si è alla ricerca di una propria identità e nel quale le delusioni o il senso di vergogna sono maggiormente forti rispetto ad altri momenti della vita. Seguendo queste teorie, l’ipotesi che possiamo fare è quella che durante le lezioni di educazione fisica il ragazzo potrebbe vivere diverse emozioni contrastanti che passeranno principalmente dalla felicità alla rabbia o dalla vergogna al senso di fierezza.

• Tristezza, gioia e rabbia sono considerate delle emozioni primarie e sono fra le emozioni più presenti all’interno di un ragazzo. Come vivono gli alunni queste tre emozioni durante le ore di educazione fisica?

Le tre emozioni prese in causa sono presenti anche nella vita quotidiana di ogni adulto. Esse rappresentano uno dei motori principali della motivazione. Nel giovane, queste tre sensazioni si scontrano con facilità e sviluppano in lui delle forti situazioni di dubbio o di forza. L’ipotesi che possiamo fare è basata sulla teoria di Darley (1993), che sostiene che nelle ore di educazione fisica le emozioni sono amplificate. Inoltre, secondo l’autore, in questa disciplina l’allievo riconosce le emozioni in modo preciso e le esprime in modo chiaro (urla, esclusione, paura, pianto..).

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• L’intelligenza emotiva può essere allenata e la conoscenza dell’alunno rispetto alle emozioni migliora nel tempo. Quanto precisa può essere la descrizione e la percezione delle emozioni a dipendenza dell’età?

Per questa domanda di ricerca, possiamo riallacciarci alla teoria di Ciarrocchi (2001) secondo la quale, l’intelligenza emotiva si sviluppa grazie alle esperienze e al vissuto personale di ogni singola persona. Questo può far pensare che nella crescita caratteriale di ogni allievo vi è anche un’amplificazione di questo tipo d’intelligenza. Su questa teoria, inoltre, possiamo formulare l’ipotesi che più il ragazzo matura e più la descrizione e il riconoscimento delle emozioni migliorano.

Tipo di ricerca

Questa ricerca segue una metodologia qualitativa. Il lavoro si basa su delle interviste. Quest’ultime sono state fatte senza dare un limite di tempo ai ragazzi. Gli alunni sono stati messi in una situazione di esprimersi liberamente, senza limiti di contenuto. Le domande poste sono state le stesse per tutti i partecipanti. Le due prime domande sono state poste sulle emozioni in generale e sono le seguenti:

1. Sai dirmi cosa è un’emozione? Fai un esempio personale e descrivi quello che hai provato. 2. Riesci a capire se un tuo compagno sta vivendo un’emozione? Fai un esempio di quando hai

visto un tuo compagno/a vivere un’emozione.

La terza e la quarta domanda hanno come obiettivo quello di fare un collegamento fra le emozioni e l’educazione fisica.

3. A ginnastica, vivi delle emozioni? Secondo te quali sono quelle che vivi più spesso? Fai un esempio di quando hai vissuto un’emozione forte a educazione fisica. Cosa ti è successo? 4. Hai già vissuto a ginnastica una sensazione di rabbia, di gioia o di tristezza? Fai un esempio

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La quinta e la sesta domanda si basano sull’importanza di riconoscere le emozioni e sulla consapevolezza che, con il tempo, una persona possa riconoscerle meglio.

5. Perché, secondo te, è importante riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri?

6. Riconosci più facilmente adesso le emozioni o quando eri piccolina/o? Gli adulti riconoscono meglio le emozioni?

Popolazione

Sono stati intervistati nove alunni. Tre studenti frequentano la terza elementare, tre la quinta elementare e tre la terza media. Questi studenti sono stati scelti a caso nelle loro rispettive classi. Per fare questa ricerca si è tenuta in considerazione l’età dei ragazzi così da poter fare, oltre a una ricerca sulle sensazioni emotive in sé, anche su come cambia la loro descrizione nel tempo. Per difendere l’anonimato dei ragazzi si è deciso di nominarli con dei nomi fittizi. Prima di intervistare i ragazzi ho chiesto loro l’accordo e ho fatto firmare un foglio ai loro genitori con scritto la mia intenzione e le procedure del colloquio (Allegato 2).

Analisi dei risultati e situazione d’intervento

Le interviste sono state fatte in italiano. Sul dialogo sono state realizzate delle analisi di contenuto. L’analisi è stata eseguita seguendo il principio dell’analisi di testo (Smith, 1995). Le frasi più significative sono state analizzate e categorizzate in tre categorie: importanza delle emozioni vissute a ginnastica, visione delle emozioni legate alla rabbia-tristezza-gioia, capacità di descrizione delle proprie emozioni e quelle degli altri durante le ore di ginnastica. La ricerca è di tipo deduttivo. Questo perché le ipotesi sono state formulate seguendo delle teorie scientifiche.

Le interviste sono state fatte a seguito di un ciclo di lezioni ben preciso. Infatti, il percorso didattico da me scelto ha toccato in modo mirato l’ambito di competenza sociomotoria e in essa la dimensione relazionale e affettiva. La durata di questo ciclo è stata di tre settimane (12 unità) e il suo scopo è stato di mettere in risalto il tipo di emozioni che gli studenti potevano vivere durante le attività fisiche proposte. Le lezioni potevano avere differenti giochi al loro interno ma il tema di

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discussione era sempre basato sul mondo emotivo. Per entrare nel dettaglio il ciclo di lezioni è stato composto da tre attività, uno per settimana:

- Flipper (3 unità) - Staffette (3 unità)

- Palla due campi (3 unità)

Il primo gioco è stato scelto perché è un’attività asimmetrica. Una squadra deve colpire un solo giocatore. Quest’ultimo vive, in quel preciso momento, delle emozioni molto forti poiché il suo stato mentale deve far fronte ad una situazione di stress accentuata. Tematizzare le sensazioni di paura, gioia o rabbia grazie a questo gioco è facile e arricchente. La seconda attività è stata scelta perché è strettamente legata al concetto di vittoria e sconfitta. Questi giochi, permettono di ragionare sulle sensazioni positive e negative che un giocatore può riscontrare in poco tempo. Il terzo gioco, invece, è stato scelto perché è un’attività simmetrica. Ci sono, infatti, due squadre che si affrontano equamente. In questo gioco, tematizzare il tema delle emozioni è interessante poiché si può introdurre le sensazioni di gioia e di tristezza. Quando il giocatore viene preso, vive immediatamente un sentimento di rabbia o tristezza, al contrario, quando si libera o colpisce un avversario vive le sensazioni opposte.

Trattare in modo approfondito quest’argomento ha messo nelle condizioni favorevoli gli studenti per riflettere sulle sensazioni che, regolarmente, vivono in palestra. Inoltre, questo ciclo di lezioni è stato un allenamento interessante per preparare i soggetti che sarebbero stati intervistati sul mondo delle emozioni. Toccare con mano delle lezioni di educazione fisica e parlare delle emozioni vissute quindi, poteva permettere all’alunno di rispondere alle domande di questa ricerca in modo mirato e coerente. L’itinerario didattico è stato svolto con tutte le fasce d’età, così da non condizionare alcuni soggetti intervistati piuttosto che altri. Le interviste sono state svolte subito dopo questo ciclo di lezioni.

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Risultati

Le emozioni

Diverse ricerche sono state fatte nel campo delle emozioni negli ultimi anni. Esse si sono perlopiù concentrate su come un’emozione può essere riconosciuta e su che effetti psicofisici può provocare. La nostra ricerca, grazie ai bambini e ragazzi interpellati, è intenzionata a capire meglio come un bambino riconosce delle emozioni, se riesce a dargli un’origine e come riesce a viverle a educazione fisica. La tabella sottostante riassume in parte la visione dei bambini rispetto a questo tema e nelle differenti fasce d’età.

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Origine e tipo di emozioni

I bambini vivono quotidianamente diverse emozioni, che provengono da stimoli esterni o interni. Tutti i bambini riconoscono che le emozioni hanno un’importanza nella loro quotidianità e che all’interno del loro corpo si avvertono delle sensazioni particolari quando stanno vivendo un’emozione. Questo tipo di sensazione è riconosciuto, in modo diverso, da tutti i soggetti presenti in questo studio. Il bambino numero 5 esprime così la sua idea in merito:

- «Un’emozione la provi quando sei contenta oppure quando non sei contenta. Quando mi hanno chiamato in una società di ritmica ho sentito dentro di me un’emozione forte, ero felice».

La ragazza numero 7 approfondisce lo stesso concetto:

- «Un’emozione è qualcosa che senti dentro, che deriva da un’azione, gesto o parola».

Interessante da sottolineare come nella maggior parte dei soggetti, la sensazione emotiva è legata al cuore. In altre parole, la maggior parte dei bambini, sostiene che l’emozione nasca dal cuore o che esso sia un fattore importante per lo sviluppo di un’emozione. I soggetti numero 2, 3 e 9 pensano che:

- «Un’emozione è qualcosa che provi dentro al cuore ». - «La felicità è nel cuore, quindi è un’emozione »

- «Un’emozione è quello che provi, Un sentimento che ti viene dentro. (…) Il mio cuore batte più forte e a livello del corpo cambiano diversi fattori. Sento il calore »

Se ci concentriamo sul tipo di emozioni che i bambini conoscono, notiamo una netta differenza fra le fasce d’età. Più l’età del soggetto aumenta e più le emozioni che sa riconoscere e spiegare

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aumentano. I bambini di terza elementare riconoscono maggiormente il sentimento di felicità e di tristezza. Invece, quelli di quinta e terza media, sanno elencare diversi tipi di emozioni.

I soggetti numero 1 e 8 evidenziano questa differenza:

- «Quello che vivo più spesso è la felicità. (…) Dentro di me sento come se esplode una festa ».

- «Vivi un’emozione quando ti arrabbi, quando hai paura, quando c’è amore, quando c’è disgusto. Ho vissuto una tristezza forte quando è morto mio nonno. Ho sentito un vuoto. Mi sono emozionata e sentivo qualcosa di brutto. Le emozioni ti portano fuori controllo».

Emozioni a educazione fisica

Tutti i soggetti di questo studio sono concordi nel dire che all’interno delle lezioni di educazione fisica vivono delle emozioni. La felicità è l’emozione più riconosciuta dai soggetti, indipendentemente dall’età.

Il soggetto numero 1 dice:

- «Quella che vivo più spesso (emozione) è la felicità. Quando c’è un gioco di squadra e tutti collaborano, dentro di me sento come se esplodesse una festa ».

Il soggetto numero 5 pensa :

- « A ginnastica vivo tante emozioni. (…) Vivo spesso la felicità. Mi sento bene ».

Interessante da evidenziare la risposta di una ragazza di terza media (numero 7) in merito alle emozioni che prova in questa disciplina:

- «Più spesso paura e gioia. Quando affronto qualcosa di nuovo ho una sensazione particolare. Devi prepararti e devi rischiare. Ho un po’ di timore, penso diverso tempo se fare l’esercizio oppure no. A volte questa emozione mi frena o mi fa andare avanti, mi da la spinta o mi

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frena. Se la sensazione di paura è troppo grande mi fermo e decido di non provare l’esercizio. A livello di corpo, sento una forza interna, come una voce che mi consiglia cosa fare. Mi succede anche di emozionarmi quando sento la gioia. Quando gioco con i miei compagni sento della gioia e quando collaboriamo sento il piacere di stare assieme».

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Rabbia, Gioia, Tristezza nel contesto dell’educazione fisica

Gli studi fatti negli ultimi anni in merito alle emozioni hanno evidenziato come il sentimento di rabbia, gioia e di tristezza sono fra le più comuni emozioni che un bambino o un adulto vivono nella loro quotidianità. Queste tre sensazioni sono state riprese anche in questo lavoro di ricerca e nella tabella sottostante si riassumono i risultati trovati.

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Rabbia

Questo tipo di emozione è una delle prime sensazioni che un bambino riconosce. A educazione fisica questa emozione è spesso presente nei soggetti interpellati, indipendentemente dall’età. Il soggetto numero 3 e 6 danno la loro opinione:

- «Si ho già vissuto la rabbia. Una volta, per esempio, dicevo che non ero stata presa e il mio amico diceva di si. Lui insisteva. Ero arrabbiata perchè nessuno mi difendeva».

- «Quando facciamo palla due campi e poi perdiamo sento dentro di me del calore. Vorrei spaccare qualcosa o urlare».

Interessante porre l’accento come diversi soggetti mettono in relazione la rabbia con il sentimento d’ingiustizia. Il soggetto 8 spiega:

- «Quando c’è qualcuno che bara o non rispettano le regole. Sento un senso d’ingiustizia e mi viene voglia di tirare dei calci. Mi viene qualcosa in testa».

Tristezza

Anche per quel che concerne il sentimento di tristezza, possiamo dire che tutti i soggetti intervistati sono concordi nel dire che hanno già vissuto questo sentimento. Su questa emozione, però, si denota come per i soggetti più giovani ci sia una presenza più marcata di questa emozione e in quelli più grandi meno. Questi ultimi la riconoscono ma non la vivono più in modo amplificato durante le ore di educazione fisica. I soggetti 4 e 7 dimostrano questa differenza:

- «Se sbaglio qualcosa o se qualcuno mi dice qualcosa, mi sento triste. A ginnastica vivo tante emozioni».

- «Tristezza? Quando ero più piccola. Mi succedeva di piangere. Ma ora non mi capita più a ginnastica».

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Gioia

Il sentimento legato alla gioia è forse l’emozione più riconosciuta a livello generale fra gli adulti e i bambini. Questo sentimento è uno dei motori principali che spingono le persone a svolgere un’attività o a compiere un’azione. Riconoscere questa emozione ad educazione fisica è molto facile e tutti i soggetti intervistati sostengono che la vivono regolarmente durante le attività fisiche proposte a scuola.

Anche per questa emozione, però, si può notare come la descrizione del proprio sentimento cambia in base all’età.

I soggetti numero 1, 5 e 9 ci descrivono a loro modo questa emozione a educazione fisica:

- «Quando qualcuno mi aiuta sento la gioia. Nei giochi di squadra. Non so descriverla però. Mi sento felice che gli altri vogliono aiutarsi l’un l’altro».

- «Quando i miei compagni mi difendono e mi proteggono sento della gioia. Mi sento accolta».

- «A ginnastica vivo delle emozioni. Vivo spesso la felicità. Faccio sempre dei giochi che mi rendono felice. Per esempio a palladuecampi, quando prendo qualcuno mi sento libero, ho delle sensazioni positive. Mi sento più leggero e posso essere più sereno. Rido spesso. L’emozione dura a lungo».

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31 Intelligenza emotiva

L’intelligenza emotiva è riconosciuta come una capacità importante che un individuo sviluppa nel tempo e che gli permette di riconoscere e gestire delle situazioni emotive. Nella ricerca, i soggetti intervistati hanno palesato, a differenza della loro età, una più o meno marcata capacità di riconoscere le emozioni. Nella tabella sottostante è presentato un breve riassunto rispetto a questa tematica.

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Riconoscere le emozioni e la sua importanza

La ricerca, su questo punto, vuole capire se i bambini siano in grado di osservare negli altri le emozioni che stanno vivendo e come, a loro avviso, questa capacità possa aiutarli nella vita di tutti i giorni.

In merito a questo, si può sottolineare come più l’età del soggetto è importante e più la presa di coscienza delle emozioni altrui è evidente.

Questa differenza è evidenziata dai soggetti 2,5 e 8:

- «Sni (riconoscere le emozioni). Per esempio se il Davide è arrabbiato io lo vedo. Perchè non mi parla. Vedo che i suoi occhi sono un po’ lucidi. Per esempio, oggi ho spinto il Mattia e adesso non mi parla. So che è arrabbiato perché ha fatto la faccia da arrabbiato. Poi io mi sono sentito in colpa».

- «Si riesco a riconoscerle. Non sempre però. Secondo me quando un compagno è felice lo vedi perché sorride. Al contrario, se è triste piange o fa delle brutte facce. Ma per altre emozioni, per esempio la gelosia, non riesco a riconoscerle.(…). Una volta ho visto una mia amica emozionarsi tantissimo. Era felicissima, tutta rossa e piangeva. Era sorpresa. Non riusciva più a parlare, respirava velocissimo».

- «Si riesco sempre. Mi dicono che capisco bene gli altri. Quando una mia amica è triste ma non me lo vuole dire, io lo sento. È qualcosa che mi lega a lei, una sensazione che viene dal petto. Loro mi contagiano. Mi metto nei loro panni. Se una persona vive un’emozione io la vivo assieme a lei. Sono sensibile e se vedo queste cose poi le faccio parte di me. Sono anche migliorata tanto nel tempo. Riesco a riconoscere le mie emozioni. Riesco meglio a gestirle».

Possiamo notare, nelle risposte soprastanti, che la ragazza più grande sviluppa una descrizione delle emozioni più marcata. Il racconto di quest’ultima è più mirato e c’è la consapevolezza che nel tempo si è migliorata.

Interessante mettere in risalto come tutti i soggetti intervistati riconoscono le emozioni principalmente attraverso le espressioni del viso (broncio, lacrime, occhi,..). Su questo punto, è chiara la maggiore precisione di descrizione che hanno i ragazzi rispetto ai bambini. Per esempio, i

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ragazzi di terza media parlano sovente del tremolio di una persona, della sua postura, del suo atteggiamento,.. Gli elementi che riescono a riconoscere nelle altre persone sono maggiori con l’aumento dell’età.

Come detto in precedenza, la ricerca è anche interessata a capire se i soggetti interpellati ritengano importante riconoscere le emozioni e per quale motivo.

Su questo punto, i soggetti intervistati concordano tutti con il dire che riconoscere le emozioni è una capacità importante da sviluppare. L’importanza nel riconoscere le emozioni è principalmente data dal fatto che così facendo si può capire la persona che si ha davanti e gestire in modo adeguato la situazione. Per quel che riguarda la comprensione delle proprie emozioni, anche in questo caso, i soggetti sostengono che questa capacità sia fondamentale per controllare i propri comportamenti e impulsi.

I soggetti 1, 5, 6 e 7 esprimono il loro pensiero:

- «Se riconosci le emozioni ti aiuta perché potrai farlo anche da grande. Per esempio, se uno sta vivendo delle emozioni tristi, io cerco di aiutarlo. Se non riconosci le emozioni non capisci bene gli altri».

- «Molto importante. Se tratti male una persona non va bene e li capisci nella sua espressione che non è felice. In quel momento vive un’emozione negativa ma se lo capisci sei ancora in tempo a rimediare. (…) Se una persona è triste puoi aiutarla. Su di me invece, è importante per conoscerti e per descrivere le tue sensazioni. Le persone possono aiutarti. Ora so gestire meglio le emozioni. Riesco a valutarle. Riesco a sapere se è meglio reagire oppure no». - «È bello riconoscere le emozioni degli altri. Se un compagno è triste o arrabbiato posso

aiutarlo e tirargli su il morale. Invece conoscere le mie emozioni significa gestire meglio il tuo corpo e sapere come comportarsi in alcune situazioni. Adesso riesco meglio a conoscermi. Sono più cosciente di quello che sto facendo».

- «Sapere come stai ti permette di affrontare in modo giusto alcune situazioni e far fronte ai problemi».

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La gestione delle emozioni negli adulti dal punto di vista dei bambini

L’idea della ricerca è anche quella di capire il pensiero di un bambino o di un ragazzo in merito allo sviluppo della capacità di riconoscere le emozioni. Per riuscire nell’intento, si è posta la domanda rispetto agli adulti. Infatti, capire la loro opinione rispetto a una persona più grande di loro richiama in modo spontaneo l’idea che nel tempo ci possa essere un miglioramento, oppure no, nella capacità di vivere e riconoscere le sensazioni emotive.

Su questo punto, quasi tutti i soggetti, indipendentemente dalla loro età, sostengono che le persone adulte sono in grado di gestire e riconoscere facilmente le proprie emozioni e quelle degli altri. Importante da rimarcare come per quasi tutti gli intervistati la parola adulto richiami subito alla visione del genitore. Questa visione a sua volta si riallaccia, in modo spontaneo, alla capacità che un papà o una mamma hanno nel capire cosa sta vivendo il proprio figlio. L’esempio del soggetto 4 esplicita questo punto:

- «Gli adulti sono forti a riconoscere le emozioni, soprattutto i genitori. L’adulto ti ha creato e capisce le tue emozioni. Conosce il tuo aspetto. Quando cambi faccia, lui capisce che emozioni stai vivendo».

Un altro punto interessante da non sottovalutare è anche quello rispetto all’allenamento che una persona può fare nel tempo e come essa possa migliorare nella capacità di riconoscere le emozioni. A tal proposito, il soggetto 8 ci spiega:

- «Gli adulti capiscono bene le emozioni perché hanno più esperienza. Sanno gestire i momenti dove possono essere felici, tristi,… Riescono a capire in che momento avere uno stato d’animo. Anch’io sono migliorata nel tempo a vivere delle emozioni. Se ti alleni nel vivere delle emozioni nel tempo, poi riesci a capirle e a saperle gestire. Non per tutte le stupidate piangi e non per ogni piccolezza ti emozioni. Il bambino invece è molto più sensibile, forse si emoziona sempre e per tutto, perché non è abituato».

Per finire questa analisi, è importante sottolineare come il verbo allenarsi compaia spesso nelle parole degli intervistati. Tanti di loro, in aggiunta, pensano che l’educazione fisica sia un mezzo importante per sviluppare la capacità nel riconoscere le emozioni. Il soggetto 7 dice:

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Analisi

Questa ricerca si è concentrata sul tema delle emozioni e come l’educazione fisica possa essere una materia importante nella conoscenza di queste sensazioni. Questo studio mette l’accento sull’importanza che le emozioni hanno sui bambini e su come essi siano in grado, con il tempo, di viverle e accettarle.

In questo studio, tre grandi temi sono stati trattati: le emozioni che il bambino riesce a vivere nella propria quotidianità e a educazione fisica, i sentimenti di rabbia, tristezza, gioia ed infine l’intelligenza emotiva. Queste tre categorie sono indispensabili per capire il ruolo delle emozioni nella crescita caratteriale del bambino e come l’educazione fisica possa essere una materia di spicco per questo sviluppo.

L’obiettivo di questa parte di ricerca è quella di capire se le ipotesi formulate in precedenza possono essere confermate oppure no. Le tre ipotesi elaborate sono:

- Durante le lezioni di educazione fisica il ragazzo potrebbe vivere diverse emozioni contrastanti, che passeranno principalmente dalla felicità alla rabbia o dalla vergogna al senso di fierezza.

- Nelle ore di educazione fisica le emozioni sono amplificate. Inoltre, in questa disciplina l’allievo riconosce le emozioni in modo preciso e le esprime in modo chiaro (urla, esclusione, paura, pianto).

- Più il ragazzo matura e più la descrizione e il riconoscimento delle emozioni migliorano.

Emozioni

La ricerca approfondisce questo tema nei bambini e nei ragazzi. I risultati mostrano come alcune emozioni sono riconosciute in modo chiaro anche nei bambini che frequentano la terza elementare. Quelle più presenti nelle descrizioni dei soggetti sono la felicità, la tristezza e la rabbia. Quest’ultime, vengono sempre descritte tramite una sensazione interna, come se qualcosa internamente al cuore facesse nascere un tipo di perturbamento fisico. Su questo argomento, Perna

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(2004) sostiene che nei bambini le sensazioni emotive sono quasi sempre immaginate all’interno del proprio corpo. Come se un evento creasse un mutamento fisico interno.

Per quel che riguarda il riconoscimento delle emozioni negli altri, i bambini mostrano chiaramente una capacità nel leggere le espressioni di base legate a certe emozioni. Per esempio collegano il pianto con la tristezza, il sorriso con la felicità e la faccia rossa con la rabbia. Agganciandoci a queste osservazioni è possibile riprendere l’idea di Darley (1991) che sostiene che le emozioni primarie siano innate e che fin da bambini esse siano rappresentate in espressioni del viso chiare e riconoscibili. Questa capacità dei bambini nel riconoscere le emozioni di base è evidente soprattutto quando sono coinvolti in situazioni emotivamente importanti. Per esempio, durante un litigio oppure quando un compagno non rispetta una regola o un patto. La ricerca mette in rilievo quest’ultimo punto e dimostra come le emozioni più importanti vissute e riconosciute dai bambini sono quasi sempre messe in relazione con un avvenimento particolare. La situazione nella quale l’emozione è vissuta è sempre descritta in modo preciso, come se la sensazione provata in quel momento rafforzasse il ricordo.

Se ci concentriamo sull’educazione fisica, lo studio fatto dimostra in modo chiaro come questa disciplina sia in grado di far nascere sensazioni positive e negative in continuazione nell’individuo, indipendentemente dall’età. I soggetti interpellati hanno permesso di evidenziare l’importanza delle emozioni in questa materia e come in essa si riesca a vivere le emozioni dette primarie in modo continuo e approfondito. Le sensazioni maggiormente vissute durante queste ore scolastiche sono la felicità e la rabbia. Si tratta di due emozioni contrastanti ma che si ripercuotono sullo studente in modo continuo e marcato. Questa situazione, a primo approccio paradossale, può essere spiegata dal tipo d’attività proposta a educazione fisica. Infatti, come spiega Ferretti (2008), l’attività fisica è promotrice di sensazioni emotive importanti poiché racchiude in sé una moltitudine di azioni che necessitano la messa in atto di scelte sul proprio comportamento rispetto a una data situazione (scappare, trovare velocemente, affrontare o no un ostacolo). Queste decisioni implicano inevitabilmente delle emozioni. Nella stessa lezione quindi, il ragazzo è confrontato con la vittoria e la sconfitta, con la gioia e la delusione.

A seguito di queste osservazioni, possiamo dire che la ricerca fatta conferma solo in parte l’ipotesi fatta su questo tema. Il ragazzo vive delle emozioni contrastanti a educazione fisica che si concentrano sulla rabbia e la felicità. Eppure, la ricerca non può confermare che anche il senso di

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fierezza e il senso di vergogna compaiono in modo evidente nelle ore di educazione fisica perché i soggetti interpellati non ne hanno mai parlato.

Rabbia, tristezza e gioia

Queste tre emozioni sono state descritte in modo chiaro da tutti i soggetti interpellati. I risultati scaturiti sono assai evidenti nel mostrare come queste tre sensazioni sono riconosciute in modo preciso, indipendentemente dall’età. Lo studio fatto mostra come per ogni tipo di emozione il bambino o il ragazzo sia in grado di segnalare delle caratteristiche facciali o fisiche. Questa scoperta si riallaccia pienamente alla teoria di Ekman (2008) che sostiene che le emozioni primarie sono facilmente riconoscibili grazie a dei cambiamenti fisici. Se ci si concentra sulla rabbia, per esempio, un soggetto arrabbiato ha una tendenza ad arrossire, a serrare le mascelle, ad abbassare le sopracciglia e così via.

La ricerca fatta, inoltre, dimostra come a educazione fisica tutte e tre le emozioni sono presenti. Ogni soggetto interpellato racconta delle situazioni di gioco nelle quali riesce a riconoscere queste sensazioni. Esse sono spesso descritte con dei termini comuni, tali che pianto, urla (“vorrei spaccare tutto”), saltelli (“saltello dappertutto e vorrei abbracciare tutti) e via dicendo. Queste tre emozioni, secondo la nostra ricerca, sono vissute in modo intenso nelle ore di educazione fisica e scaturiscono negli allievi dei comportamenti ben precisi. Essi sono riconosciuti dai compagni e riescono a far passare un messaggio non verbale importante. Su questo punto Zerbini (2011) conferma la nostra idea, dicendo che il ragazzo esplicita in modo chiaro i suoi sentimenti quando sta svolgendo un’attività fisica, perché in essa si sente maggiormente libero di farlo rispetto a in un altro contesto sociale (classe, casa). Lo studio aggiunge a quest’idea il fatto che in un luogo come la palestra, il bambino è meno inibito e lascia uscire le sue emozioni in modo più libero. Le sensazioni vissute internamente si amplificano e gli atteggiamenti legati a esse si moltiplicano. Darley (1993), su quest’argomento, afferma che il movimento amplifica le sensazioni emotive di chi le vive.

Per questi motivi, la ricerca conferma la seconda ipotesi formulata. L’allievo vive in modo importante le emozioni a educazione fisica e sia lui sia i suoi compagni riescono a riconoscere le sensazioni che sta vivendo.

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39 Intelligenza emotiva

Il tema dell’intelligenza emotiva è chiaramente quello più coinvolgente nella ricerca e quello che più aiuta il lettore a capire l’importanza delle emozioni nella crescita caratteriale del ragazzo. Lo studio fatto dimostra come la descrizione delle proprie emozioni e quelle degli altri diventa maggiormente precisa più l’età del soggetto interpellato aumenta. Le frasi di un ragazzo di terza media, legate a questo tema, cambiano in modo radicale rispetto a quelle di uno di terza elementare. Quest’ultimo, è più impacciato e con la visione delle emozioni leggermente offuscata. Al contrario, il ragazzo più grande è capace di raccontare nei dettagli le sensazioni interne ed esterne che alcune emozioni fanno scaturire nell’essere umano. Inoltre, nella ricerca è chiara la differenza di capacità nel gestire le proprie emozioni fra i soggetti più giovani e quelli più grandi. A partire dai ragazzi di quinta elementare si inizia a intuire come alcune emozioni sono “assimilate” e come le conseguenze di esse nel loro atteggiamento è meno marcato. Per esempio, la tristezza non è più legata unicamente al pianto ma viene associata a un senso di solitudine. I ragazzi di quinta, quindi, mostrano già una capacità marcata nel gestire le sensazioni emotive che si presentano nella quotidianità. Di conseguenza, è possibile confermare che nel tempo vi è uno sviluppo dell’intelligenza emotiva. Su questo punto Goleman (1997) conferma la nostra visione, dicendo che l’intelligenza emotiva rappresenta la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri, saper gestire in modo positivo le proprie emozioni, saper motivare noi stessi e sapere gestire le sensazioni che ci invadono quotidianamente nelle relazioni con gli altri e con noi stessi in modo adeguato.

L’idea di Goleman è quindi evidente nello studio fatto e ci conferma come a differenza dell’età, la consapevolezza di poter vivere o meno delle emozioni aumenta o diminuisce.

Per quel che riguarda l’educazione fisica, la ricerca mette in luce come essa può essere un mezzo importante per sviluppare questo tipo d’intelligenza. I risultati presentati in questo documento, infatti, dimostrano come i soggetti interpellati riconoscono che nell’attività fisica si sviluppano delle sensazioni emotive molto importanti. Maggiore è l’età del soggetto intervistato e maggiore è la consapevolezza che in questa materia si vivono delle emozioni. I soggetti più maturi inoltre, spiegano che riescono a viverle in modo più sereno e che, a confronto di quando erano piccoli, riescono a capire come comportarsi quando delle situazioni emotive si presentano a loro. Per molti, l’emozioni è diventato un mezzo per ascoltarsi e per capire come svolgere una data azione (“saltare

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nel vuoto oppure no”). Parlebas (1981) rafforza questa nostra idea sottolineando che tramite l’azione il ragazzo esprime una parte del suo vissuto e ne crea una parte della sua futura personalità. Vivere l’emozione o il sentimento tramite la condotta motoria, quindi, cambia il modo di vedere le situazioni e aiuta il ragazzo a capire come adattare il proprio operato alle varie opportunità che gli si aprono di fronte.

La ricerca svolta vuole far capire, inoltre, come gli stessi ragazzi si rendano conto che saper gestire le proprie emozioni e riconoscerle negli altri sia una capacità importante da sviluppare (“così puoi aiutare gli altri o accettare alcuni loro atteggiamenti”).

Seguendo questi punti, possiamo confermare la terza ipotesi fatta. Il ragazzo, nel tempo riesce a migliorare la sua capacità di descrizione ed osservazione rispetto alle emozioni. Questa capacità lo aiuta a gestire i sentimenti emotivi e a comportarsi in maniera adatta quando li vive.

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Conclusione

Grazie a questa ricerca ho potuto associare in modo concreto la parte pratica vista in classe con gli allievi alla teoria imparata alla Scuola Pedagogica di Locarno. Inoltre, ho potuto fare una ricerca in un ambito che mi piace e che considero molto importante per la mia formazione come docente. Riuscire a studiare e a capire come le emozioni dei ragazzi possono svilupparsi nel tempo e soprattutto nella mia materia è stato per me una grande soddisfazione e conferma di idee già sviluppate in passato. Questa ricerca ha rafforzato in me le convinzioni che l’educazione fisica è una materia privilegiata per lo sviluppo caratteriale dell’alunno rispetto a tante altre perché racchiude in essa l’azione. Quest’ultima diventa fondamentale per far vivere ai bambini delle situazioni emotive importanti. L’educazione fisica, inoltre, diventa quindi cruciale per la personalità dell’alunno. Le attività fisiche lo spingono a mettersi in gioco in situazioni differenti e a vivere delle emozioni. Migliorare e sviluppare l’intelligenza emotiva diventa uno degli aspetti più belli della nostra disciplina.

In prospettiva, grazie a questa ricerca, mi piacerebbe trattare con le mie classi degli itinerari didattici che hanno come primo tema quello delle emozioni. Fare delle attività legate alla dimensione affettiva e rendere attenti i ragazzi sulle differenti emozioni che riscontrano, potrebbe essere un percorso formativo arricchente e potrebbe sviluppare delle conoscenze approfondite su come e quando i ragazzi vivono delle particolari sensazioni. Inoltre, tematizzare questo campo di studio permetterà agli allievi, in modo inconscio, di allenare l’intelligenza emotiva. Per entrare nel concreto, un tema che mi piacerebbe approfondire, seguendo la linea avuta in questa ricerca, è quello legato alla paura. Infatti, questa emozione può essere trattata grazie a delle attività psicomotorie come la scalata o i tuffi. Riuscire a conoscere le proprie paure, combatterle o farne tesoro, potrebbe essere la base di un percorso didattico futuro divertente e valorizzante per tutti.

Questa pubblicazione, Educazione Fisica, Palestra di Emozioni, scritta da Mirco Ratti, è rilasciata sotto Creative Commons Attribuzione – Non commerciale 3.0 Unported License.

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