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Transizione superconduttore-isolante in reticoli Josephson con simmetria T3

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(1)

Universit`

a degli studi di Pisa

Facolt`a di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Specialistica in Scienze Fisiche Anno Accademico 2002-2003

Tesi di Laurea Specialistica

Transizioni di fase

in reticoli Josephson con simmetria

T

3

Candidato Matteo Rizzi

Relatore Prof. Rosario Fazio

(2)
(3)

Indice

Introduzione 3

1 I reticoli di giunzioni Josephson 7

1.1 Le giunzioni Josephson . . . 8

1.2 Reticoli di giunzioni . . . 11

1.2.1 Il modello di Bose-Hubbard . . . 17

2 Propriet`a dei reticoli T3 21 2.1 Definizione del r eticolo in esame . . . 22

2.2 Motivi di inter esse . . . 26

2.2.1 Localizzazione in gabbie di Ahar anov-Bohm . . . 27

2.2.2 Degenerazione di stato fondamentale nei JJA . . . 32

3 Propriet`a delle fasi 37 3.1 Lo stato isolante di Mott (MI) . . . 38

3.2 Il cr iter io di tr ansizione . . . 40

3.3 Eccitazioni del superconduttore (SC) . . . 42

4 Transizione superconduttore-isolante 45 4.1 Il diagr amma di fase . . . 46

4.1.1 Fr ustr azione elettr ica . . . 50

4.2 Analisi del compor tamento cr itico . . . 55

4.3 Compor tamento del par ametr o d’or dine . . . 64

4.3.1 Analisi var iazionale . . . 65

Conclusioni 69

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B Calcolo della matrice inversa di capacit`a 77

C Offset e riempimento 81

D Calcolo e propriet`a dei correlatori 85

D.1 Cor r elator e a due fasi . . . 86 D.2 Cumulante a quattr o fasi . . . 88

E Metodo variazionale 91

F Trasformata di Hubbard-Stratonovich 95

(5)

Introduzione

Fin dalla realizzazione dei primi campioni all’inizio degli anni Ottanta, i reticoli di giunzioni Josephson1 si sono rivelati un sistema modello in cui studiare una grande variet`a di fenomeni come transizioni di fase classiche, effetti di frustrazione in presenza di campi elettromagnetici, dinamica di vortici e caos. Il progresso delle nanotecnologie ha consentito poi di costruire reticoli in cui emergono anche effetti legati alla quantizzazione della carica. I reticoli Josephson sono costituiti da “isole” di materiale supercondut-tore connesse tra loro da giunzioni di materiale isolante di dimensioni pi`u ridotte rispetto alle isole, disposte in maniera regolare a formare un reticolo perio-dico: la loro disposizione e quella delle giunzioni determinano la ge-ometria locale del sistema (quadrata, triangolare, T3 o “dice lattice”, . . .). Ben al di sotto della temperatura critica superconduttiva del materiale `e possibile considerare la gap costante in modulo per tutte le isole. Inoltre, se le dimensioni dell’isola sono trascurabili rispetto alla lunghezza di coerenza superconduttiva ξ `e possibile escludere gradienti di fase all’interno di un’iso-la. La variabili importanti per la descrizione di ciascuna isola sono allora la fase del parametro d’ordine e la carica in eccesso, quantizzata in unit`a di coppie di Cooper.Gli effetti quantistici sono dettati dalla non commutativit`a tra gli operatori carica e fase, canonicamente coniugati.

Le due scale di energia caratteristiche in un JJA sono l’energia Josephson

EJ, associata al tunnelling di coppie di Cooper attraverso le giunzioni tra

isole vicine, e l’energia elettrostatica EC necessaria per inserire una carica

in eccesso su di un isola neutra. L’Hamiltoniana viene dunque ad essere co-stituita da due termini con effetti opposti, in competizione tra loro: la parte di carica tende a localizzare le coppie di Cooper mentre l’effetto Josephson privilegia una configurazione di fasi tra loro coerenti. A seguito di questa

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competizione, non `e possibile minimizzare contemporaneamente questi due termini dell’energia e questo provoca la nascita di due fasi termodinamiche distinte. Se predomina EJ il sistema `e globalmente coerente e pertanto

superconduttore, se invece prevale EC il sistema `e complessivamente un

isolante anche se ogni isola resta superconduttiva. La transizione di fase quantistica non dipende dalla temperatura ma dal peso relativo delle due scale di energia.

Per descrivere la transizione si fa uso di un parametro d’ordine definito come la media dell’esponenziale di fase ψ = eıφ. In analogia alla teoria degli isolanti sviluppata per sistemi elettronici, questo numero complesso indica la localizzazione della fase: se `e nullo questo significa una indeter-minazione nella fase (ossia ci si trova nella fase isolante con cariche localiz-zate) mentre un suo valore finito fornisce anche una stima della larghezza di distribuzione della fase relativa tra le isole (fase superconduttiva).

In questo lavoro vogliamo indagare gli effetti di una geometria locale non banale sul diagramma di fase a temperatura nulla: scegliamo un reti-colo T3 che ha la peculiarit`a di essere costituito da un sottoreticolo con coordinazione 6 e da due con coordinazione 3. L’esistenza di sottoreticoli differenti `e responsabile dell’esistenza di modulazioni nel parametro d’ordine

ψ in prossimit`a della transizione, legate appunto al differente numero di co-ordinazione. Ci occupiamo inoltre della struttura del diagramma di fase in presenza di frustrazione elettrica (molto ricca sempre grazie alla strut-tura locale), mentre per ragioni di tempo non verr`a analizzato il purmolto interessante comportamento in campo magnetico.

Il primo capitolo `e dedicato ad un’introduzione del sistema fisico delle giunzioni, ed in particolare ai reticoli per i quali si introduce un’Hamil-toniana modello e si mostrano i possibili collegamenti con il modello di Bose-Hubbard molto studiato in letteratura.

Nel secondo capitolo motiviamo il nostro interesse verso la geometria T3 esponendo brevemente alcuni fenomeni molto interessanti ad essa collegati anche in ambiti differenti dalle giunzioni Josephson. Un sistema elettronico in un tale potenziale periodico sottoposto ad un campo magnetico presen-ta infatti effetti di localizzazione dovuti ad effetto Aharanov-Bohm, assenti nelle geometr ie semplici (quadr ato, tr iangolar e, . . . ). Inoltr e JJA con sim-metria T3 opportunamente frustrati mostrano una grande degenerazione di

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stato fondamentale, che potrebbe portare al loro impiego nella computazione quantistica.

Il terzo capitolo espone in dettaglio il significato del parametro d’ordine scelto come discriminante tra la fase isolante di Mott (cariche localizzate a causa delle correlazioni elettrostatiche) e la fase coerente (in cui invece circola una supercorrente di coppie di Cooper).

Nell’ultima parte riportiamo i risultati sulla transizione di fase e sugli effetti di modulazione ad essa associati, ottenuti nell’ambito di questo lavoro di tesi. Limitatamente al caso non frustrato magneticamente ricaviamo, facendo uso di un metodo di autoconsistenza, la condizione di transizione e una possibile scrittura del funzionale energia libera di Ginzburg-Landau.

Analizziamo il diagramma di fase anche in presenza di frustrazione elet-trica generata da un potenziale costante cui si pu`o sottoporre il campione. Emergono, al variare di tale offset, complicate strutture a lobi corrispondenti a stati fondamentali elettrostatici con riempimento frazionario.

Mediante il funzionale di Ginzburg-Landau ricostruiamo, sfruttando risul-tati noti del gruppo di rinormalizzazione, la classe di universalit`a della tran-sizione confermando la nostra intuizione riguardo l’analogia col caso quadra-to gi`a studiato in letteratura. Essa risulta essere quella di un modello XY in 2 + 1 dimensioni in assenza di frustrazione elettrica, mentre in sua presen-za la modifica in un “antiferromagnete itinerante”: questo cambio di classe esula dalla trattazione e non dipende neppure dalla geometria.

La scrittura dell’energia libera suggerisce la modulazione del parametro d’ordine su reticoli differenti citata precedentemente: un metodo numeri-co di tipo variazionale ci numeri-consente di analizzarla quantitativamente, an-che lontano dal punto di transizione, evidenziando una sua dipendenza dall’accoppiamento Josephson e la sua scomparsa nel limite EJ → ∞.

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Capitolo 1

I reticoli di giunzioni

Josephson

Nei primi anni Ottanta, all’interno di un progetto IBM per lo sviluppo di dispositivi elettronici basati su superconduttori, furono realizzati i primi esemplari di reticoli di giunzioni Josephson [1]. Questi sistemi sono costitui-ti da un certo numero di “isole” di materiale superconduttore (Al, N b, . . .) connesse tra loro da giunzioni di materiale isolante. Le isole possono essere disposte in maniera regolare e formare un reticolo periodico1: la lor o dispo-sizione e quella delle giunzioni determinano la geometria locale del sistema (quadrata, triangolare, T3, . . .), ai cui effetti ci siamo interessati in questo lavoro di tesi.

Il grande interesse sperimentale e teorico nei confronti dei reticoli di giun-zioni Josephson si spiega con la possibilit`a, emersa fin da subito, di utilizzarli come sistema modello in cui studiare una grande variet`a di fenomeni classici [2, 3] quali ad esempio transizioni di fase legate alla temperatura, effetti di frustrazione in campo magnetico ed elettrico, dinamica di vortici. Negli ulti-mi anni l’interesse verso questi sisteulti-mi `e ulteriormente cresciuto, grazie alla possibilt`a di utilizzarli anche per studiare transizioni di fase quantistiche, ossia transizioni di fase a temperatura nulla dovute alla competizione tra due termini dell’Hamiltoniana dl sistema. Prima per`o di procedere con una spiegazione di questi fenomeni `e opportuno aprire una breve parentesi sui costituenti fondamentali del sistema in esame, ossia le giunzioni.

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1.1

Le giunzioni Josephson

Una giunzione `e costituita da due elettrodi superconduttori S1 e S2 uni-ti tra loro da una debole2 connessione costituita, a seconda dei casi, da un restringimento netto del materiale superconduttore (S-c-S) o da uno strato di metallo (S-N-S) o ancora da una sottile barriera di isolante (S-I-S). Con-sidereremo nel seguito il caso S-I-S, che `e quello sperimentalmente realizzato nella maggior parte dei reticoli.

tipo S-I-S supercond.1 elettrodo supercond.2 elettrodo ossido barriera supercond.1 elettrodo supercond.2 elettrodo gap metallo normale strato di prossimità tipo S-N-S tipo S-c-S supercond.1 elettrodo supercond.2 elettrodo costrizione

Figura 1.1: Schema dei tre tipi fondamentali di giunzione

Un superconduttore `e descritto tramite un parametro d’ordine com-plesso, dipendente dalla temperatura, ∆ eıφ. I due elettrodi superconduttori,

supposti tra loro identici, sono considerati macroscopici ed assunti in equilib-rio: pertanto il modulo del parametro d’ordine `e assunto costante all’interno di ciascuna isola ed uguale tra esse3. La fase di ciascuna isola non `e invece

2nel senso di dimensioni trascurabili rispetto alla lunghezza ξ di coerenza

superconduttiva negli elettrodi

3per un’ampia trattazione della teoria della superconduttivit`a rimandiamo a

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osservabile, essendo legata ad una rottura spontanea di una simmetria di gauge4 U (1), mentre la differenza di fase tra i due superconduttori

accop-piati `e all’origine dell’effetto scoperto da Josephson nel 1962 [6].

Josephson predisse che tra i due elettrodi dovesse scorrere una “supercor-rente” a tensione nulla pari a

Is= Icsin φ12

dove Ic `e la corrente critica, ossia la massima corrente che pu`o fluire senza

differenza di potenziale, e φ12`e la differenza di fase tra i parametri d’ordine delle due isole. La corrente critica `e determinata, attraverso una trattazione microscopica, dalla formula di Ambegaokar-Baratoff [7]:

Ic(T ) = π∆(T ) 2eRn tanh[∆(T ) 2kBT ]

dove Rn `e la resistenza della giunzione quando gli elettrodi si trovano nello

stato normale.

Per rispettare l’invarianza di gauge elettromagnetica, le derivate del parametro superconduttivo che compaiono nelle espressioni delle osservabili vanno sostituite con le derivate covarianti (q `e la carica del campo, ossia delle coppie di Cooper):

∂µ−→ Dµ= ∂µ+ ıqAµ

Da tale riscrittura discendono una definizione gauge-invariante della dif-ferenza di fase tra le isole (indicate con 1 e 2)

γ12= ∆φ12 Φ0  2 1 A· dl = ∆φ12− A12 Φ0= h c 2e `e il quanto di flusso

e una importante relazione sull’evoluzione della differenza di fase in termini della differenza di potenziale tra gli elettrodi

d φ12 dt = 2eV12 ¯ h = 2π c V12 Φ0

4una bellissima derivazione della superconduttivit`a in termini di tale rottura spontanea

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che prevede una corrente alternata di frequenza ν = c V12

Φ0 in presenza di una

d.d.p. costante.

La corrente Josephson `e una propriet`a di equilibrio, non dissipativa, ed `e quindi possibile collegarla al fatto che l’energia libera immagazzinata nella giunzione dipenda dalla differenza di fase tra i due superconduttori. Tale dipendenza pu`o essere ricavata integrando il lavoro elettrico fatto da una sorgente di corrente nel cambiare la differenza di fase (A costante):

F =  IsV dt =  Icsin(γ)Φ0 = cost.− EJcos(γ)

dove EJ I2πccΦ0 `e l’energia di accoppiamento Josephson (dipendente da T

attraverso Ic) utilizzata nel resto della trattazione.

Il termine energetico appena scritto favorisce la coerenza di fase, es-sendo minimo per γ = 0, ma non `e l’unico in gioco nella descrizione della giunzione. Infatti, al diminuire delle dimensioni del sistema assume impor-tanza un termine di tipo elettrostatico che ostacola il passaggio della carica. Ne possiamo dare una stima considerando l’energia di una carica unitaria nell’approssimazione di condensatore piano per la giunzione:

C ≈ ε0εr

S

d −→ EC = e2

2C

Questo secondo effetto tende a privilegiare uno stato in cui le cariche siano ben localizzate sugli elettrodi e nessuna supercorrente fluisca nella giunzione: questo fenomeno va sotto il nome di Coulomb Blockade.

Grazie alle moderne nanotecnologie `e diventato possibile studiare an-che campioni sufficientemente piccoli (e quindi con capacit`a molto ridotte e resistenza molto elevate) da far emergere l’importanza di una descrizione quantistica. Perch´e siano osservabili effetti di singola particella `e necessario infatti sopprimere (quanto pi`u possibile) gli effetti delle fluttuazioni termiche e quantistiche della carica:

• le prime sono trascurabili se l’energia coulombiana Ec `e molto pi`u

grande di kT , il che si traduce per T 1K nella richiesta C ≤ 10−15F

(area di giunzione ≤ 10−8cm2);

• per quanto riguarda le seconde deve essere soddisfatta la relazione

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carica e2/2C e il tempo caratteristico della giunzione RnC, da cui

risulta Rn ≥ RQ = 4eh2 ≈ 6500 Ω.

Se ci troviamo in tali condizioni, non possiamo trattare le variabili nu-mero e fase come variabili classiche, ossia specificabili contemporaneamente con arbitraria precisione, ma dobbiamo tenere conto del fatto che esse sono operatori canonicamente coniugati e dunque vale una regola di indetermi-nazione5:

[φi, Qj] = 2e ı δi,j −→ ∆φi∆ni ≥ 1

La coniugazione tra queste variabili si pu`o mostrare a partire dalla costruzione BCS dello stato superconduttivo [4]:

|ψφ =  k  |uk| + |vk| eıφc+k↑c+−k↓  |0

in cui |vk|2 e |uk|2 assumono il significato di probabilit`a rispettivamente di avere e non avere una coppia di Cooper (c+ sono i creatori di elettroni con impulso k e spin σ). La proiezione di tale stato sullo spazio a numero di coppie n definito `e data dall’integrale su tutte le fasi, in maniera analoga a quanto avviene perle usuali osservabili posizione e impulso:

|ψN =



e−ınφ|ψφ

1.2

Reticoli di giunzioni

Le isole e le giunzioni possono essere disposte in maniera regolare a formare una struttura reticolare creando cos`ı il sistema fisico noto come JJA. In questa sezione forniamo una descrizione di tale sistema, costruendo un hamiltoniana modello a partire da quanto detto per le singole giunzioni e fornendo una panoramica dei molti fenomeni studiati in letteratura. Si mette inoltre in evidenza un collegamento con il modello di Bose-Hubbard, oggetto di numerose ricerche vista la sua semplicit`a.

Nella descrizione del reticolo i parametri elettrostatici da tenere in con-siderazione sono due: la capacit`a C0 di ogni isola rispetto ad un piano di terra e la capacit`a tra siti differenti, che nel seguito si assume data dal

5la notazione `e gi`a generalizzata al caso dei JJA: gli indici etichettano la posizione

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“condensatore”-giunzione e nulla in assenza di tale accoppiamento (le isole sono piccole e distanti). Ciascuna isola `e assunta essere all’equilibrio su-perconduttivo e dunque i gradienti di fase sono trascurati al suo interno: il sistema fisico JJA pu`o essere descritto sono semplicemente per mezzo delle variabili ni e φi di ogni isola (indicizzata con i).

Isola superconduttiva Giunzione tunnell C EJ 0 C,

Figura 1.2: Le grandezze che caratterizzano gli accoppiamenti del sistema

Seguendo quanto esposto nella sezione precedente l’Hamiltoniana del sistema pu`o essere scritta come somma di un contributo elettrostatico, dato dalle capacit`a del sistema, e di un contributo Josephson di accoppiamento tra le fasi. Introduciamo a tale scopo le matici di “connessione” T e di capacit`a C:

• l’elemento di matrice Ti,j indica se i siti indicizzati da i e j sono

con-nessi tra loro da una giunzione, fatto che dipende solo dalla posizione relativa dei due siti e non dalla posizione “assoluta” nel reticolo

Ti,j(∆) =



1 se c’`e giunzione trai e j 0 se non c’`e

Il numero di coordinazione zi di un punto reticolare si definisce come

il numero di vicini di quel sito, ed `e per tanto:

zi =



j

Ti,j

• la parte fuori diagonale della matrice di capacit`a C dipende

(15)

numero di coordinazione6:

Ci,j = (C0+ ziC) δi,j− C Ti,j

Ne risulta l’espressione seguente (modello a fase quantistica, o QP):

H = Hch+HJ

in cui i termini sono dati dalle espressioni seguenti:

Hch =

1 2



i,j

(Vi− Vi,of f) Ci,j (Vj− Vj,of f)

= 4E0 

i,j

(ni− ni,of f) Ci,j−1(nj− nj,of f)

= 4E0  i,j niCi,j−1nj  i Vi,of fni HJ = 1 2EJ  i,j e−ıφi T

i,j eıφjeıAi,j

Dovendo nel resto della trattazione occuparci di reticoli in cui non tutti i punti sono equivalenti (si veda cap. 2) e quindi dotati di base all’interno della cella unitaria convenzionale, si espliciter`a, ove necessario, la notazione:

• il vettore t indicher`a la cella: t = ν1t1+ ν2t2 con ν1, ν2 interi e t1, t2 definiti dalla periodicit`a minima del reticolo;

• l’indice romano sottoscritto etichetter`a l’elemento di base in esame, e

dunque assumer`a tanti valori quanti sono gli elementi in una cella.

Ad esempio, W1(t1) indicher`a la variabile W calcolata sul sito di tipo 1 nella cella identificata dal vettore t1. Le matrici prima definite dipenderanno, oltre che da entrambi gli indici di base, solamente dal vettore differenza

∆ = t− t tra le celle e non separatamente da t, t. `

E comodo adottare delle “unit`a di misura standard” per misurare le distanze (passo reticolare a), le cariche (2e), le capacit`a (C0) e le energie (E0 = 2Ce2

0) in gioco al fine di snellire le notazioni e ridurre il numero di

parametri realmente utili alla descrizione del sistema7:

6la sua inversa `e calcolata, mediante trasformate di Fourier, nell’app.B 7si adotter`a nel testo la convenzione ¯h = k

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C/C0 fornisce una stima del range dell’interazione elettrostatica nel reticolo (λ≈



C

C0 come spiegato nell’app. B);

EJ/E0 indica l’importanza dell’accoppiamento Josephson rispetto all’inter-azione elettrostatica tra le coppie cariche;

noff(oVoff) carica (o potenziale) di offset cui sono sottoposte le isole: pu`o essere introdotto volontariamente come gate oppure essere causato da cariche intrappolate nel substrato;

f = 1 PAij frustrazione magnetica: impone un vincolo sulla configu-razione delle fasi intorno ad una placchetta modificando cos`ı lo stato fondamentale della parte Josephson (vedi sotto);

(kBT)/E0 temperatura cui `e mantenuto il campione sotto esame.

Il contributo Josephson tende a instaurare una coerenza di fase, coerenza che pu`o essere raggiunta se attraverso il reticolo fluisce una supercorrente. D’altra parte l’energia elettrostatica privilegia la localizzazione delle cariche e quindi la soppressione della coerenza superconduttiva: il reticolo viene a comportarsi come un isolante, bench`e ogni singola isola rimanga nello stato superconduttivo (fase di Mott)8. La competizione tra questi due effetti induce transizioni di fase “quantistiche” (a temperatura nulla) in funzione del rapporto tra le intensit`a di tali accoppiamenti.

Nel limite classico EJ  EC le fluttuazioni di fase sono molto deboli

e il sistema `e globalmente superconduttore; nel limite opposto EJ  EC

le cariche sono ben localizzate su ogni isola, le fluttuazioni di fase conse-guentemente molto forti e il sistema si comporta come un isolante di Mott. Nel caso in cui l’accoppiamento Josephson EJ sia predominante questi

sistemi rappresentano una realizzazione fisica del modello XY; le eccitazioni sono di due tipologie fondamentali:

onde di fase , ossia in sostanza l’oscillazione delle fasi secondo i modi

nor-mali del modello armonico con cui si pu`o approssimare il coseno (si veda cap. 3.3);

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vortici : eccitazioni locali situate in una placchetta sul cui contorno la

differenza di fase sia 2π, il cui effetto svanisce a grande distanza; l’in-terazione tra vortici e anti vortici `e logaritmicamente attrattiva (non analizzeremo i dettagli).

Sopra la temperatura di transizione BKT (Berezinskii-Kosterlitz-Thouless [11]), TBKT ∝ EJ, le coppie vortice-antivortice si rompono e i vortici liberi

distruggono la coerenza di fase impedendo al reticolo di comportarsi glo-balmente come un superconduttore, mentre per temperature inferiori la coerenza `e ripristinata.

Nel caso opposto (EC predominante) le eccitazioni non sono pi`u i vortici

di fase ma la presenza di coppie in eccesso (difetto) sulle isole. L’interazione tra una coppia in eccesso e una in difetto `e logaritmica fino ad una distanza di screening dell’ordine di



C

C0 (si veda app.B): ne risulta, nel caso C0= 0

la possibilit`a di una transizione BKT (TBKT ∝ EC) come nell’altro regime.

Un aspetto interessante della questione `e la dualit`a di queste situazioni e-streme, cio`e il fatto che risultati simili (o identici) si trovino scambiando tra loro vortici e cariche nei due limiti.

E /J E0 T/E0 superconduttore isolante di Mott normale (resistivo/conduttivo) BKT - vortici trans. quant.

Figura 1.3: Diagramma di fase schematico per il JJA non frustrato: la transizione BKT di carica `e presente solo nel limite di range elettrostatico infinito

In presenza di campo magnetico esterno `e utile pensare il reticolo in termini di placchette elementari, definite come la porzione di sistema rac-chiusa da un percorso (di giunzioni) chiuso minimale. L’effetto di tale campo

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impone un vincolo sulla somma delle differenze di fase gauge-invarianti γij

intorno ad una placchetta9 P :

 P γij =  P ∆φij +  P Aij = 0 mod 2π + 2π Φ Φ0 ≡ 2π(f − n)

considerando che la fase deve ritornare al valore iniziale (mod 2π) dopo un giro e che la circuitazione del potenziale vettore `e il flusso del campo magnetico:  P ∆φij = (0 mod 2π)  P Aij = P Adl =  BdS = 2π Φ Φ0

L’indice f `e noto come indice di frustrazione perch´e, anche in assenza del termine elettrostatico, impedisce l’allineamento contemporaneo delle fasi. Il campo magnetico pu`o essere considerato uniforme, se la lunghezza di screening λ = cΦ20Ic `e molto maggiore delle dimensioni del reticolo,

con-dizione soddisfatta per i parametri sperimentali usuali.

Un secondo tipo di frustrazione presente nei JJA `e quella di tipo elettrico, generata dalla presenza di un potenziale rispetto a terra che introduce un offset nelle cariche:

nof f =

1

8CVof f ←→ Vof f = 8C

−1n of f

Sperimentalmente `e molto facile realizzare un potenziale di offset uniforme su tutto il campione: grazie alla regola di somma10

 j Cij = cost. ∀i −→  j Cij−1 =   j Cij   −1 ∀i

questo implica carica di offset uniforme (e viceversa) rendendo cos`ı semplice un interpretazione in termini di coppie.

9analogamente alla quantizzazione del flussoide in un anello superconduttore,

presentata su tutti i testi

10una facile dimostrazione `e la seguente:

si consideri il vettore Qi≡ Ci,jVj nel caso in cui V sia costante Vj = v: grazie al fatto chejCi,j= c ∀i si ha che anche Q `e costante, cio`e Qi= c v. Invertendo la relazione si ottiene v = Vi= Ci,j−1Qj=jCi,j−1c v ∀i da cui la tesi



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In assenza di offset (o in presenza di nof f intero), lo stato fondamentale

della parte elettrostatica dell’hamiltoniana `e chiaramente caratterizzato da

ni = nof f ∀i e Hch = 0; nel caso invece la carica di offset non sia intera

il sistema `e frustrato, nel senso che non `e possibile minimizzare localmente l’energia del sistema, a causa della quantizzazione delle coppie. Questo fatto si traduce in una variazione dello stato fondamentale elettrostatico al variare dell’offset11: oltre un certo valore di nof f la configurazione di

minimo non `e pi`u quella in cui il sistema `e carico uniformemente ma presenta uno riempimento frazionario. In questa configurazione le coppie tendono a disporsi il pi`u lontano possibile per minimizzare gli effetti dell’interazione a parit`a di guadagno dal potenziale, il cui contributo `e proporzionale al numero di coppie, indipendentemente dalla loro posizione.

Il nostro interesse in questo lavoro sar`a limitato allo studio degli ef-fetti di una geometria locale non banale, quella T3 o “dice lattice”12, sul-la transizione di fase quantistica tra superconduttore ed isosul-lante di Mott limitatamente al caso di frustrazione magnetica nulla. Saranno oggetto di indagine il diagramma di fase (anche con frustrazione elettrica) e la classe di universalit`a della transizione: emergeranno alcune propriet`a interessanti di modulazione spaziale legate proprio alla geometria locale, in particolare all’esistenza di siti con differente numero di coordinazione.

1.2.1 Il modello di Bose-Hubbard

Prima di passare alla specificit`a del reticolo oggetto della nostra indagine, `e opportuno, considerata la fiorente letteratura su questo argomento, mostrare qui la possibilit`a di descrivere il nostro sistema per mezzo di una seconda Hamiltoniana modello, quella di Bose-Hubbard [12].

Tale Hamiltoniana, nella sua versione originale, `e un semplice modello per il movimento di elettroni liberi in un cristallo di ioni che tiene conto della repulsione tra elettroni con uguale spin:

HH =  i,j,σ t eıAij[c+ i,σcj,σ+ ci,σc+j,σ] + U  i ni,↑ni,↓− µ  i,σ ni,σ

11sar`a oggetto di indagine nella sezione 4.1 dedicata al diagramma di fase

12si veda il capitolo 2 per una sua definizione e per l’esposizione di una serie di propriet`a

(20)

dove U `e l’ampiezza dell’interazione, t l’integrale di salto e µ il potenziale chimico.

Per mostrare il collegamento con il nostro sistema fisico dobbiamo consi-derare che lo stato del JJA pu`o essere descritto in due rappresentazioni, ossia utilizzando due basi differenti, a seconda di quale osservabile si vuol rendere diagonale.

“base delle fasi” |−→φ = |φ1 ⊗ . . . ⊗ |φN; “base delle cariche” |−→m = |m1 ⊗ . . . ⊗ |mN.

Tali rappresentazioni sono collegate attraverso la trasformata di Fourier:

−→m|−→φ =√1 2πNe ı−→m·−→φ = 1 2πN j mj φj |ψ =−→mc−→m|−→m =  d−→φ 2πN P (−→φ )|−→φ

Conviene, per i nostri scopi, utilizzare la base delle cariche, in cui `e facile vedere che l’esponenziale della differenza di fase applicato ad uno stato di base `e collegato agli operatori di creazione e distruzione di una coppia:

  φi−φj  |−→m =  d−→φ 2πN eı(φi−φj)eık mk φk |−→φ =  d−→φ 2πN (k=i,j mk φk+(mi+1)φi+(mj−1)φj) |−→φ = |m1. . . (mi+ 1) . . . (mj− 1) . . . mN ∝ b+i bj |−→m e−ı   φi−φj  |−→m = |m1. . . (mi− 1) . . . (mj+ 1) . . . mN ∝ bi b+j |−→m

Il coefficiente di proporzionalit`a nelle relazioni precedenti `e differente tra le due e dipende dai numeri di occupazione degli stati di base, come stabilito dalla nota regola di commutazione [bi, b+j] = δij:

b+i |−→m = √mi+ 1|m1. . . (mi+ 1) . . . mN

bi |−→m = √mi |m1. . . (mi− 1) . . . mN

Per avere lo stesso fattore si pu`o introdurre l’approssimazione b+i bj|−→m ≈



mi mj |m1. . . (mi+ 1) . . . (mj− 1) . . . mN dove mk =



(21)

numero medio di particelle (nel sito k) dello stato|ψ cui vengono applicati creatori e distruttori, commettendo un errore

 (mi+ 1)mj  mi mj  |m1. . . (mi+ 1) . . . (mj− 1) . . . mN.

Al pi`u basso ordine nello scarto δk= mk− mk l’errore commesso sullo stato

`e dato da: |ψ = b+i bj |ψ =  m c−→m  (mi+ 1)mj |−→mi+,j− |∆ψ =  m c−→m  (mi+ 1)mj  mi mj  |−→mi+,j− ψ|ψ = mimj+ mj ∆ψ|∆ψ = 2mimj  1 + 1 2mi  1 + 1 mi  + +mj 2δ2 i + 2(1 + mi)mjδiδj+ (1 + mi)2δj2 4mj(mi+ 1) mj 4mi +mj 2σ ii+ 2(1 + mi)mjσij+ (1 + mi)2σjj 4mj(mi+ 1)

dove l’ultima scrittura `e ottenuta sviluppando per mi  1.

La corrispondenza del modello di Bose-Hubbard col modello a fase quan-tistica introdotto precedentemente pu`o essere instaurata se il numero medio di particelle (coppie di Cooper) per sito `e elevato e quasi definito (mk 1

e σkl mkml). ti,j = EJ  mi mj Ui,j = 8 E0Ci,j−1 µi = Vof f = 8 E0Ci,j−1nj,of f

(22)
(23)

Capitolo 2

Propriet`

a dei reticoli

T

3

Come anticipato alla fine del capitolo precedente, intendiamo occupar-ci nel nostro lavoro degli effetti che la geometria locale di un reticolo di giunzioni Josephson ha sulle propriet`a del sistema, in particolare per quanto riguarda la transizione di fase superconduttore-isolante di Mott.

Il diagramma di fase di un JJA con un reticolo in cui tutti i siti sono tra loro equivalenti (ad es. reticolo quadrato) `e gi`a stato studiato diffusa-mente in letteratura1. Il fatto che tutte le isole siano equivalenti fa s`ı che il parametro d’ordine scelto (cfr. cap. 3) assuma, dopo la transizione, un valore uniforme su tutto il reticolo e l’effetto della geometria sia limitato a fattori numerici legati al diverso numero di coordinazione.

Strutture pi`u “complesse” possono essere ottenute in tre modi differenti (due di essi sono illustrati in fig. 2.1):

• introducendo disordine per mezzo di una densit`a finita di difetti

reti-colari all’interno di una struttura di per s`e semplice e ordinata;

• disponendo placchette regolari in maniera non periodica, come avviene

nello riempimento di Penrose;

• utilizzando disposizioni reticolari perfettamente regolari, in cui per`o

coesistano siti con diverso numero di coordinazione, come il T3. Nonostante l’apparente semplicit`a di trattazione rispetto ai casi disordi-nati o non periodici, molti fenomeni interessanti emergono anche nel caso

(24)

Figura 2.1: A sinistra, riempimento di Penrose. A destra, il reticolo T3.

delle strutture periodiche non banali, anche in contesti pi`u generali della specificit`a delle giunzioni Josephson. Questo fatto ha indirizzato il nostro lavoro verso la ricerca di conseguenze dei dettagli locali nell’ambito della transizione di fase quantistica: ambito ancora quasi inesplorato e nel quale uno dei primi lavori sperimentali2 `e quello di Abilio et al. [8].

Proprio di tali fenomeni (limitatamente al T3) ci vogliamo occupare in questo capitolo, non prima di aver dato una definizione del reticolo che sar`a specifico oggetto della nostra analisi.

2.1

Definizione del reticolo in esame

Il reticolo T3 che mi propongo di studiare, noto anche come “dice lat-tice” (“reticolo dado”) perch´e appare come la proiezione di tanti cubi, `e sostanzialmente un reticolo triangolare in cui alcuni link non sono presenti, secondo la seguente regola:

• si prenda un sito dell’originale reticolo triangolare e lo si colleghi ai sei

ad esso adiacenti;

• si colleghino i secondi solamente a uno ogni due dei propri primi vicini; • questi ultimi abbiano nuovamente sei connessioni;

• si reiteri in maniera analoga.

(25)

I siti con sei giunzioni sono perci`o connessi solo a siti con tre, e vice-versa. Non ci sono altre differenze, nel senso che tutti i siti hanno le stesse caratteristiche fisiche: la peculiarit`a sta nell’esistenza dei sottoreticoli.

Il reticolo cos`ı ottenuto non `e di Bravais, dunque si rende necessario scegliere una cella unitaria convenzionale. La scelta effettuata (cfr. fig.2.2) `e una cella romboidale con tre elementi di base (a `e la distanza tra vicini):

t1 =  3 2; 3 2  a t2 =  3 2; + 3 2  a d1= (0; 0) a d2 = (0; 1) a d3 = (0; 2) a

Il numero di coordinazione di un sito in posizione di `e zi = 3(1 + δi,1): un

terzo dei siti ha sei connessioni, gli altri solo tre.

Il vettore cartesiano v che indica la posizione del sito (ν, j) `e dato da

v = a  3 21+ ν2) + (j− 1)  x + 3 2 2− ν1)y  = t + dj A B C t1 t2

Figura 2.2: I punti di colore diverso rappresentano i tre sottoreticoli, le linee in chiaro le giunzioni tra essi, la figura pi`u scura `e la cella elementare scelta

Restano allora definiti i vettori di base del reticolo reciproco:

ga· tb= 2πδa,b −→ g1= a  1 3; 3 3  g2= a  1 3; + 3 3 

La prima zona di Brillouin `e data dall’esagono in fig. 2.3 ma sar`a pi`u agevole, per i calcoli numerici delle trasformate, utilizzare una cella primitiva come

(26)

quella romboidale della stessa figura: essa ha il pregio infatti di essere il luogo dei punti K = α1

g1+α2π2g2 con α1 e α2 ∈ [−π; π] senza complicati

vincoli geometrici.

Un vettore del reticolo reciproco `e individuato da una coppia di interi:

K(n1, n2) = n1g1+ n2g2= a  1 3(n1+ n2) Kof f+ 3 3 (n2− n1) Ky 

Il prodotto scalare tra un vettore del reticolo reciproco e uno del diretto `e esprimibile con l’usuale prodotto scalare tra i vettori delle componenti:

K· t = [n1g1+ n2g2]· [ν1t1+ ν2t2] = 2π n· ν

g1

g2

Γ Q

P

Figura 2.3: Le linee scure sono i vettori di base, l’esagono `e la prima zona di Brillouin, il rombo la scelta alternativa di cella elementare descritta sopra

`

E spesso molto utile considerare un reticolo finito con condizioni perio-diche al contorno di tipo Born-Von Karman, in cui cio`e si facciano coincidere i bordi in maniera “toroidale”:

t = ν1t1+ ν2t2 − Nj ≤ νj ≤ Nj (νj =−Nj)≡ (νj = Nj)

Ogni funzione W di cui ci interessi solo il valore sui siti si pu`o esprimere in termini della sua trasformata di Fourier limitata ai K della prima zona di Brillouin3 e della forma imposta dalle condizioni periodiche:

Wj(t) = 1 4N1N2  K  Wj(K) eıK·t K = n1 2N1g1+ n2 2N2g2 −Nj ≤ nj < Nj

(27)

Infatti l’esponenziale eıK·t `e periodico in K secondo il reticolo reciproco se

t `e un vettore del reticolo diretto: questo limita la sommatoria ad una cella elementare. D’altra parte Born-Von Karman richiede la periodicit`a in t di periodo 2Njtj e questo `e ver o se e solo se la componente j di K moltiplicata per2Nj da un intero. Il numero totale di vettori K cui `e estesa la somma `e

4N1N2, esattamente come il numero effettivo di siti del reticolo.

La relazione pu`o essere invertita ricordando che teıK·t= 4N1N2δK,0:  Wj(K) = 1 4N1N2  t Wj(t) e−ıK·t

La trasformata di Fourier altro non `e se non un cambio unitario di base dall’indicizzazione (i, t) a quella (i, K) descritto dalla matrice U (U+= U−1)

Ui,j(K, t) = δi,j

e−ıK·t

4N1N2

Sia, come sopra, W un vettore a 3·4N1N2componenti che descrive una vari-abile sul reticolo e D una matrice che indica un qualche tipo d’accoppiamento tra i siti del sistema:



W = U W ↔ W = U+W



D = U D U+ ↔ D = U D U+

Lavorare in trasformata ha il vantaggio, non trascurabile, che la matrice di connessione T `e diagonale a blocchi 3× 3, grazie al fatto che dipendono solo dalla mutua distanza tra i siti e non dalla posizione (cos`ı pure la matrice C

perle giunzioni, misurata in unit`a di C0):  Tj,k(K, K) =    0 a(K) b(K) a(K) a∗(K) 0 0 b∗(K) a(K) 0 0     Cj,k(K, K) =    1 + 6C −C a(K) −C b(K) a(K) −C a∗(K) 1 + 3C 0 −C b∗(K) a(K) 0 1 + 3C    in cui si `e usata la notazione αi = 2π|gKi

i|, a(K) = (1 + e

ıα1 + eıα2) e

(28)

`

E molto utile anche il fatto che la trasformata dell’inversa `e l’inversa della trasformata:



D−1= (U+)−1D−1U−1 = U D−1U+= !D−1

L’inversa della matrice capacit`a C perun sistema di giunzioni pu`o essere dunque calcolata numericamente4 mentre `e evidente che quella di “connes-sione” T non `e invertibile5.

L’Hamiltoniana QP peril JJA pu`o pertanto essere riscritta come:

H = 4(n − nof f)+C−1(x) (n− nof f) y 2ψ +T ψ = 4(n − !nof f)+C−1(x) (n − !nof f) y 2(e ı φ)+T e ı φ

anche se non `e particolarmente comodo studiare la dinamica del sistema nel reticolo reciproco, perch´e le regole di commutazione diventano

[qj(K), eı φk(K

)

] = δj,keı φj(K+K

)

2.2

Motivi di interesse

Intendiamo qui presentare, come anticipato, una rapida panoramica dei motivi che hanno reso interessante la struttura reticolare T3. Perragioni di sintesi la trattazione non si spinge nei dettagli: maggiori informazioni e fatti pi`u precisi si possono trovare nei riferimenti bibliografici citati.

Lo studio di tali reticoli `e iniziato nell’ambito di sistemi elettronici sotto-posti a potenziale periodico, ambito in cui si `e messo in evidenza un primo fenomeno peculiare della geometria T3: l’intrappolamento della funzione d’onda elettronica all’interno di cosiddette gabbie di “Aharanov-Bohm” di cui parliamo in 2.2.1. Tale problema `e per noi interessante perch´e stretta-mente collegato a quello di un reticolo di fili superconduttori, come illustrato sinteticamente in 2.2.1.

Un altro fatto interessante messo in luce per sistemi di giunzioni `e poi l’enorme degenerazione dello stato fondamentale in termini di configurazioni di vortici, nel limite di interazione elettrostatica nulla, ossia considerando

H = Hch+HJ HJ (sez. 2.2.2).

4maggiori dettagli nell’appendice B

5il che ci creer`a qualche problema ad applicare gli usuali metodi per scrivere l’energia

(29)

2.2.1 Localizzazione in gabbie di Aharanov-Bohm

La dinamica di una particella quantistica in presenza di un potenziale periodico e di un campo magnetico uniforme e statico `e un campo di indagine ricco di fenomeni interessanti ed `e stato al centro della ricerca per molti anni. La struttura periodica fornisce una prima naturale scala di lunghezza pari al passo reticolare, mentre il campo magnetico ne definisce un’altra in base all’area attraverso cui fluisce un quanto Φ0 = hc/2e. La competizione tra queste due scale genera disposizioni molto complesse dei livelli di energia: in due dimensioni, ad esempio, ne risulta uno spettro frattale ricavato da Hofstadter[16] e simile ad una farfalla.

Un effetto sorprendente nei reticoli T3 `e la riduzione dello spettro a tre autovalori quando la frustrazione `e 1/2, ossia perflusso magnetico in una placchetta elementare pari a met`a di un quanto Φ = Φ0/2. Questo

sug-gerisce la possibilit`a (assente nel semplice reticolo quadrato) di costruire stati estremamente localizzati in cui la probabilit`a di trovare l’elettrone `e nulla al di fuori di quella che Vidal e Dou¸cot [17] chiamano “gabbia di Aharanov-Bohm” [18]: il meccanismo che sta alla base di tale effetto `e in-fatti l’interferenza distruttiva tra i cammini che circondano un mezzo quanto di flusso. Anche nel caso a campo nullo la topologia del T3 impone la pre-senza di stati localizzati (cap. 3.3 e [19]): questo effetto `e sempre presente (indipendentemente dal campo) ma gli stati localizzati sono solo alcuni tra i tanti mentre la peculiarit`a del caso completamente frustrato `e che tutti gli autostati sono localizzati.

Analizziamo pi`u in dettaglio il meccanismo di localizzazione: si consideri un’Hamiltoniana di tipo tight-binding

H0=



i,j

tij|i j|

dove |i `e un orbitale localizzato sul sito i e tij = eıγijTij con T matrice

dei vicini introdotta sopra e γij = φ0

"j

i A· dl; il flusso attraverso una

placchetta elementare `e poi Φ = Ba2√3/2. Lo spettro di questo problema pu`o essere opportunamente mappato in quello di un reticolo triangolare [17] per ottenere la figura a farfalla 2.4.

Scegliamo una gauge a simmetria cilindrica definita da A = H/2(−y, x, 0) che rispetta la simmetria rotazionale discreta che esiste localmente. Utiliz-ziamo un metodo ricorsivo introdotto da Haydock-Heine-Kelly per ottenere

(30)

0 1/3 1/2 2/3 1 Reduced flux 18 18 0 Energy

Figura 2.4: Lo spettro “a farfalla” di Hofstadter per il T3, tratto da Vidal [17]

una matrice tridiagonale, da cui `e facile poi estr ar r e la densit`a locale di stati sullo stato di partenza con un procedimento “`a la Lanczos”:

bn+1|ϕn+1 = (H0− an)|ϕn − bn|ϕn−1 G00(E + ıε) = 0| 1 E− H0+ ıε|ϕ0 =  m |ϕ0|ϕm|2 1 E− Em+ ıε = 1 (E + ıε− a0) b21 (E+ıε−a1)−b22... n0(E) = m |ϕ0|ϕm|2δ(E− Em) = 1 πεlim→0+Im(G00(E + ıε))

L’HamiltonianaH0 `e puramente fuori diagonale e quindi an= 0 ∀ n; la

definizione di |ϕn e il valore di bn dipendono dalla scelta del sito iniziale

0 ≡ |0.

Se|0 `e un sito di tipo A (coordinazione 6) si ottiene (cfr. fig. 2.5):

H00 = 6  i=1 |i b1 =√6, 1 = 1 6 6  i=1 |i H01 = b10 + 2 cos(πf)√1 6 6  i=1 |i b2 = 2 cos(πf ), 2 = 1 6 12  i=7 |i

(31)

Per f = 1/2 si ha b2 = 0 e quindi ogni pacchetto d’onda inizialmente localizzato sul sito 0 resta intrappolato nella “gabbia” costituita dai suoi primi vicini. Il meccanismo `e basato sull’effetto Aharanov-Bohm: l’ampiezza

A0→3→9 = cos(γ39) per andar e da 0 a 9 attr aver so 3 `e esattamente opposta ad A0→2→9= cos(γ29) = cos(π− γ39) perfarlo passando da 2.

Se |0 `e un sito di tipo B (coordinazione 3) si ottiene (cfr. fig. 2.5):

b1 =3 b2 =4 cos2(πf ) + 3 b3 = #

8 cos2(πf ) + 4[cos(πf ) + cos(3πf )]2 4 cos2(πf ) + 3

Per f = 1/2 si ha b3 = 0 e quindi ogni pacchetto d’onda inizialmente localizzato su un sito di tipo B resta intrappolato nella “gabbia” costituita dai suoi secondi vicini.

b1 b2 b3

Figura 2.5: Gabbie di Aharanov-Bohm, ottenute con il metodo di ricorsione HHK: la funzione d’onda localizzata sui siti “bianchi” non esce dalla gabbia “nera”

Nel reticolo quadrato la localizzazione non avviene perch´e dai primi vicini si arriva ai terzi con un solo passo: anche in quel caso a f = 1/2 l’ampiezza sui secondi vicini `e nulla ma la funzione d’onda non resta intrappolata perch´e pu`o sempre sfuggire lungo linee orizzontali e verticali (cfr. fig. 2.6)

Va sottolineato che questo tipo di localizzazione non dipende n`e dal disor-dine n`e da un’estrema degenerazione di stati estesi che sovrapposti generano uno stato localizzato: le gabbie di Aharanov-Bohm sono un fenomeno di interferenza quantistica dovuta alla topologia locale del reticolo.

(32)

La propriet`a peculiare del reticolo in esame non `e tanto l’esistenza di gabbie, quanto la limitatezza di tutte per un particolare valore di f . A seconda della geometria locale del sistema si possono infatti incontrare diversi casi [17]:

• tutte le gabbie sono infinite perogni valore di f (es. ret. quadrato,

triangolare,...);

• alcune gabbie sono limitate per particolari valori di f (es. riempimento

`

a la Penrose);

• tutte le gabbie sono limitate perlo stesso valore di f (es. il nostro T3).

Figura 2.6: Assenza di gabbie di Aharanov-Bohm nel reticolo quadrato, a causa della possibilit`a di “fuggire” lungo vie rettilinee e pertanto non interferenti: la f.d.o. inizialmente localizzata sul sito “bianco” non pu`o arrivare sui punti “neri” ma solo su quelli “grigi”, scappando lungo le frecce

Certamente l’interesse di questo meccanismo di localizzazione sarebbe ridotto a una pura questione accademica se non fosse resistente al disordine e agli effetti di finitezza con cui si devono fare i conti durante un esperimento. Un primo modo di ottenere disordine `e cambiare localmente la struttura reticolare, ad esempio ribaltando tre rombi adiacenti (cfr. fig. 2.7). Un numero finito di tali “scambi” non modifica l’esistenza delle gabbie: prima o poi la funzione d’onda si viene a trovare nel vero T3 e l`ı resta bloccata. Per densit`a finite di scambi, l’esistenza delle gabbie scompare: la determinazione della densit`a critica si pu`o trattare come problema di percolazione.

(33)

Figura 2.7: Un possibile modo di introdurre disordine nel reticolo T3, ribaltando localmente la struttura

Un secondo modo di generare disordine `e introdurre termini diagonali random nell’Hamiltoniana: Hdis=  i,j tij|ij| +  i Vi|ii|

Se Vi sono variabili gaussiane indipendenti con varianza σ2, al crescere di

σ si ha prima un mescolamento intra-banda e poi anche inter-banda se σ

diventa comparabile ai gap. Nel caso f = 1/2 il primo meccanismo non si innesca grazie alla non dispersivit`a delle bande: dunque l’esistenza delle gabbie localizzanti `e preservata per piccoli valori di σ.

La finitezza del sistema implica che i siti reticolari pi`u esterni abbiano un numero di coordinazione diverso dal normale T3: il risultato `e l’esistenza di stati localizzati “di bordo” concentrati in una sottile striscia tutt’intorno al campione. Le gabbie centrate su siti interni restano tali, considerato che dipendono da propriet`a locali.

Una questione pi`u delicata riguarda le interazioni elettrone-elettrone: da un’analisi ricorsiva come quella nel caso puro emerge una distruzione, almeno parziale, del meccanismo di localizzazione. Se questo sia sufficiente a modificare le propriet`a macroscopiche `e una questione ancora aperta in letteratura e noi non ce ne occuperemo.

Localizzazione in reticoli di fili superconduttivi

La fisica di questi sistemi elettronici `e connessa a quella dei reticoli di fili superconduttori o di giunzioni Josephson (JJA): nel limite E0  EJ

la tendenza del sistema a localizzare le coppie di Cooper `e rinforzata dalla presenza delle gabbie di Ahranov-Bohm. Manifestazioni degli effetti appena illustrati si sono osservate sperimentalmente nelle propriet`a macroscopiche di reticoli di fili superconduttori, come la variazione di temperatura e corrente critica rispetto al campo magnetico [8, 9].

(34)

I primi ad aver mostrato la connessione tra l’equazione di Ginzburg-Landau linearizzata usata per descrivere il reticolo di fili superconduttori vicino alla transizione BCS e lo spettro del problema elettronico nello stesso reticolo, sono stati De Gennes [20] ed Alexander [21]. Alla transizione, il parametro d’ordine superconduttivo `e costituito da modi propaganti soluzioni dell’equazione (1D lungo il filo) [4]

 −ıd dx− A 2 ψ + 1 ξ2ψ = 0

in cui si sono poste ¯h, c, 2e, 2m uguali all’unit`a.

Se ψ = ncnψn, con ψn autovettori, il termine quadratico dell’energia

libera GL viene scritto come  $$ $$−ıd dx − A  ψ$$$$ 2 + α|ψ|2  = n n−2+ a(T− Tc))|cn|2

la temperatura critica `e ottenuta dal pi`u grande valore ξ∗ di ξ percui esiste autovalore, noto come lunghezza di coerenza di Ginzburg-Landau. L’indice

f `e la frustrazione cui `e sottoposto il reticolo.

Tc(f )− Tc(0)∝ (ξ∗(f ))−2

Lo spettro `e determinato dalle condizioni di continuit`a della funzione d’onda e di conservazione della corrente nei nodi del reticolo, esattamente come nel caso elettronico: la transizione `e determinata dalla sua banda pi`u bassa.

2.2.2 Degenerazione di stato fondamentale nei JJA

Gli esperimenti di Abilio et al. [8] hanno stimolato un certo interesse verso lo studio di altri tipi di reticoli superconduttivi con reticolo T3. Nel caso dei reticoli Josephson non `e possibile, a causa della non linearit`a del termine cos φ nell’Hamiltoniana, legare le propriet`a dei JJA a quelle del modello tight-binding corrispondente.

Per reticoli di giunzioni classiche un fenomeno interessante collegato al-la struttura locale del reticolo `e costituito dai risultati di esperimenti di decorazione di vortici che hanno messo in luce l’assenza di regolarit`a nella configurazione di stato fondamentale a f = 1/2. Alcuni lavori hanno cer-cato di collegare tale disordine al fenomeno di localizzazione descritto nella sezione precedente; altri, come Korshunov [22], lo hanno spiegato in termini

(35)

di una enorme degenerazione di stato fondamentale dovuta alla possibilit`a di accostare, senza costo energetico, zone con configurazioni di per s`e ordinate. Di questo secondo approccio vogliamo qui discutere brevemente.

Un reticolo di superconduttori in cui l’interazione coulombiana sia trascu-rabile `e descritto, con la solita simbologia, dall’Hamiltoniana:

H =  ij TijV (θij) θij = ϕi− ϕj Φ0  j i Adl≡ −θji

La forma di V (θ) dipende dal sistema: perreticoli di giunzioni Josephson

V (θ) =−J cos θ mentre per reticoli di fili superconduttori sottili V (θ) ∝ θ2

(in cui ϕi− ϕj va sostituito con l’integrale di dϕ/dx lungo il filo).

Se V `e periodico in θ conviene esprimere il vincolo di frustrazione come 

P

θij = 2πM

con M = f mod m, m intero; se poi V `e par i, M `e equivalente a −M.

a b c

Figura 2.8: a) disposizione delle fasi corrispondente a 2.9a); b) la terna di giun-zioni che permette di costruire tutti i “fondamentali”; c) disposizione delle fasi corrispondente a 2.9b). I tre tipi di frecce indicano i tre valori di differenza di fase

I vortici possono essere pensati posizionati nei centri delle placchette romboidali; tali placchette sono disposte sul reticolo duale del T3, noto come reticolo di Kagom`e (cfr. fig. 2.9): tutti i punti hanno quattro vicini (uno per lato) ma la cella reticolare presenta una base. Nel caso pienamente

(36)

frustrato f = 12 esistono due tipi di “semi-vortici” tra loro equivalenti, cio`e

M =±1/2: l’interazione `e attrattiva tra quelli di segno opposto e repulsiva

per segni concordi. Dato che il reticolo di Kagom`e `e costituito da triangoli, `e impossibile disporre i vortici in modo che tutte le coppie di primi vicini abbiano segni opposti: questo `e il motivo per cui si parla di frustrazione.

Una disposizione che soddisfa tutti i vincoli e che, perla sua semplicit`a e simmetria, sembra essere quella di energia minima `e illustrata in fig. 2.8a): prevede solo tre valori della fase θ e ne risulta una disposizioni di vortici a triadi allineate dello stesso segno (vedi fig.2.9a)). L’oggetto fondamentale nella costruzione `e la terna di giunzioni di fig. 2.8b): in ogni punto del reticolo duale deve entrare ed uscire lo stesso numero di “freccette” (equivale ai vincoli sulla fase imposti dalla frustrazione).

`

E per `o possibile costruire molte altre configurazioni degeneri in energia con quella appena proposta, semplicemente disponendo in maniera diversa la stessa terna fondamentale. Queste diverse disposizioni possono essere pen-sate separate da “linee ad energia nulla” di due tipi fondamentali (illustrati in fig. 2.9):

• rotazione delle triadi negative (o positive) di 60◦, ovvero riflessione

rispetto ad un asse normale alla linea e passante per un estremo di una triade di tale tipo;

• scambio dei ruoli tra le triadi, ovvero riflessione rispetto alla linea di

separazione.

a b c

Figura 2.9: a) la disposizione ordinata e periodica da cui si parte; b) primo tipo di variante: rotazione delle triadi; c) secondo tipo di variante: scambio di ruoli tra + e

(37)

-In un sistema costituito da N1× N2 placchette, la degenerazione viene ad essere 2N1+N2+1 considerando la possibilit`a che ogni riga e colonna

pos-sa costituire una “linea di separazione ad energia nulla” e i due modi di realizzare il primo tipo di linea.

Si viene cos`ı a costituire un sistema “frazionato” in domini ordinati sepa-rati dalle linee appena descritte: questo fatto ha suggerito a Cataudella e Fazio [23] la possibilit`a che a basse temperature si instauri nel JJA frustrato una dinamica di tipo vetrosa.

La disponibilit`a di un enorme numero di stati degeneri e la relativa sta-bilit`a di tale degenerazione sembrano poi aprire le porte dell’utilizzo dei reti-coli Josephson nella realizzazione del Quantum Computer come proposto da Ioffe e Feigel’man [24].

Non ci addentreremo nei dettagli di questi lavori, citati qui solamente per rendere conto del grande interesse che circonda i reticoli di giunzioni Joseph-son con geometria non banale. Questi ed altri aspetti della frustrazione magnetica saranno oggetto di nostri futuri studi.

Nella parte originale del lavoro di tesi, esposta nei prossimi due capitoli, ci occuperemo solamente del caso non frustrato magneticamente f = 0 e a temperatura nulla T = 0: dopo aver introdotto le fasi termodinamiche in gioco e il criterio di transizione adoperato (cap. 3) esamineremo il diagram-ma di fase, anche frustrato elettricamente (sez. 4.1), determineremo la classe di universalit`a della transizione a partire dalla scrittura dell’energia libera di Ginzburg-Landau (4.2) e, infine, esporremo le propriet`a di modulazione peculiari del JJA T3.

(38)
(39)

Capitolo 3

Propriet`

a delle fasi

Prima di procedere all’analisi della transizione vogliamo riassumere in questo capitolo le propriet`a peculiari delle due fasi in cui il sistema si pu`o trovare: isolante di Mott (MI) e coerenza superconduttiva (SC).

Per quanto concerne la prima, viene fornita una rapida sintesi della teo-ria dello stato isolante e viene posta in luce la differenza tra la comune definizione di isolante a bande e quella basata sulla localizzazione delle par-ticelle cariche. Quest’ultima rende conto di sistemi in cui sono le correlazioni tra le particelle a dominare la fisica, sistemi che mostrano comportamento isolante a dispetto di uno spettro metallico. Illustriamo brevemente un metodo perdefinire in modo non ambiguo tale localizzazione in un sistema elettronico.

Esponiamo poi il criterio ad esso ispirato ed adoperato nel capitolo successivo per indagare la transizione SC-MI, ossia la definizione di un parametro d’ordine complesso eıφ nullo nell’isolante e finito nel super-conduttore. Esso infatti racchiude informazione sulla media e sullo scarto quadratico della fase, ben definiti solo nella fase coerente. La fase media non `e una quantit`a gauge-invariante e pertanto non `e osservabile; la fisica `e riassunta nella localizzazione della fase, che vedremo essere modulata sui vari sottoreticoli nel caso T3 (cap. 4).

Riguardo lo stato superconduttivo, viene analizzato brevemente lo spet-tro delle eccitazioni ad onda di fase (corrispondenti ad una approssimazione armonica dell’interazione Josephson). Emerge l’esistenza, peculiare della geometria T3, di una branca perfettamente non dispersiva ovvero di una eccitazione localizzata. La presenza di una branca acustica (ω ∝ |K| per

(40)

|K| → 0), invece, `e conseguenza del teorema di Goldstone sulla rottura

spontanea di simmetria.

3.1

Lo stato isolante di Mott (MI)

Un’isolante `e comunemente definito come un materiale la cui condut-tivit`a si annulla a basse temperature e basse frequenze, differenziandosi in questo da un metallo che invece presenta sempre una conduttivit`a non nul-la. Un altro segnale dello stato in cui si trova il sistema elettronico `e la polarizzazione in campo elettrico esterno: nei metalli essa `e un fenomeno indipendente dal materiale e legato all’azione delle cariche libere, mentre negli isolanti dipende dalle propriet`a del materiale ed `e un fenomeno che interessa gli elettroni pi`u legati agli ioni. Queste caratteristiche sono evi-dentemente legate all’organizzazione degli elettroni (o delle particelle cariche responsabili della conduzione) nello stato fondamentale.

L’usuale distinzione tra isolanti e metalli `e basata invece sulla teoria a bande: se il livello di Fermi cade all’interno del gap tra due bande allora il sistema `e isolante, in caso contrario il livello interseca una banda e il sistema `e metallico (assenza di gap nelle eccitazioni).Questo approccio `e limitato e per certi versi fuorviante. Innanzitutto ha senso solo nei materiali cristallini in cui sia lecita l’approssimazione ad elettroni indipendenti (ben pochi) mentre esistono isolanti non cristallini il cui comportamento `e legato al disordine (is. di Anderson) o alle correlazioni elettroniche peculiari di un sistema a molti corpi (is. di Mott). In secondo luogo questo approccio si concentra sulle differenze nelle eccitazioni mentre l’organizzazione dello stato fondamentale non appare sostanzialmente diversa: gli stati occupati sono, in entrambi i casi, di Bloch e qualitativamente molto simili.

Una definizione di isolante molto simile a quella intuitiva di isolante come materiale in cui le cariche sono localizzate `e fornita da Kohn in un lavoro di grande rilevanza [25]. In questo lavoro, si definisce localizzata una funzione d’onda a molti corpi che si possa scrivere come somma di funzioni Ψ =J ΨJ essenzialmente localizzate in regioni RJ dello spazio

delle configurazioni, tra loro non connesse (le ΨJ presentano sovrapposizioni

esponenzialmente piccole). Sotto questa ipotesi di localizzazione `e possibile dimostrare che la conduttivit`a DC si annulla a basse frequenze: esulando dai

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nostri scopi, non ci addentreremo in questo calcolo, basato sull’invarianza di gauge dei livelli in presenza di campo elettromagnetico.

Esponiamo qui l’approccio proposto da Resta-Sorella [26] e Aligia-Ortiz [27] per definire rigorosamente un concetto di localizzazione che discrimini tra le propriet`a metalliche e quelle isolanti. Tale approccio ha ispirato la scelta del parametro d’ordine nel trattare la transizione SC-MI, come sar`a chiarito nella sezione seguente.

In sostanza si indaga il comportamento di un parametro d’ordine ζL

ζL[n0] = Ψ|eı 2πl LX|Ψ  X = N  i=1  xi

a partire dal quale si possono definire grandezze intensive collegate alla media della posizione e al corrispondente scarto quadratico, quindi alla polarizzazione e alla larghezza dello stato:

xc = 1 2πnIm ln ζL[n0] x2c =  1 2πn 2 N ln|ζL[n0]|2

In un isolante queste quantit`a assumono un valore finito, mentre in un me-tallo ζL→ 0 e quindi esse divergono: `e possibile mostrarlo esattamente nel

caso di elettroni indipendenti (per mezzo di determinanti di Slater), mentre nel caso disordinato o correlato (quello che interessa a noi) viene postulato sulla base della definizione di Kohn.

Per correlazioni sufficientemente forti `e stato dimostrato che gli elet-troni (o le particelle cariche in gioco) rimangono intrappolate in gabbie di potenziale e vanno incontro alla cosiddetta “cristallizzazione di Wigner”: il sistema diviene isolante anche nel caso la teoria a bande per elettroni indipendenti preveda un assenza di gap e dunque un comportamento metal-lico. Questa particolare realizzazione di uno stato non conduttivo, basata sulla localizzazione e non sulle propriet`a dello spettro, va sotto il nome di “isolante di Mott” ed `e, lo sottolineiamo, slegata da effetti di disordine.

Nel caso dei reticoli Josephson, il termine di correlazione `e costituito dall’interazione coulombiana tra le coppie di Cooper e il fenomeno di lo-calizzazione, a scapito della coerenza superconduttiva, va sotto il nome di

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“Coulomb Blockade”. Un segnale della transizione isolante - (super)condut-tore pu`o essere allora cercato nella chiusura del gap elettrostatico tra stati a differente riempimento (si confronti [28]): ribadiamo che tale gap `e dovuto alla correlazione e non alle propriet`a spettrali di particelle indipendenti.

3.2

Il criterio di transizione

La nostra indagine, seppure ispirata all’approccio appena esposto, segui-r`a un’altra strada. Prima di procedere, fissiamo le idee su cosa significhi fisicamente la transizione.

Quando l’interazione Josephson diventa sufficientemente intensa, il si-stema predilige trovarsi in uno stato in cui le fasi delle isole siano quanto pi`u possibile allineate tra loro: in assenza dell’interazione coulombiana lo stato fondamentale sarebbe quello coerente (φi = φj∀i, j). Quale

precisa-mente sia tale valore comune non `e significativo: l’Hamiltoniana `e invariante a vista sotto una trasformazione che ridefinisca le fasi traslandole di una quantit`a ϕ. La determinazione della fase implica intrinsecamente una inde-terminazione sulla carica a causa della non commutativit`a degli operatori, come detto gi`a nel capitolo 1: questa indeterminazione si riflette fisicamente nella circolazione di una supercorrente all’interno del reticolo.

Per studiare il comportamento delle fasi, non `e possibile dare senso ad una scritturaφj =

"

−∞φjP (−→φ )d−→φ (con P (−→φ ) opportuna distribuzione di

probabilit`a) a causa del comportamento periodico della fase. Ci`o nonostante `e intuitivo che si possa definire un centro della distribuzione limitandosi all’intervallo [0, 2π[.

Definiamo un parametro d’ordine complesso

ψj = eıφj = eı j−→ φ =  0 e ı−→j−→φP (−→φ )d−→φ

dove −→j `e il vettore con la sola componente j-esima uguale ad 1 e le altre nulle. La media `e quella termodinamica, ossia

P (−→φ ) = 1 Z 

Figura

Figura 1.1: Schema dei tre tipi fondamentali di giunzione
Figura 1.2: Le grandezze che caratterizzano gli accoppiamenti del sistema
Figura 1.3: Diagramma di fase schematico per il JJA non frustrato: la transizione BKT di carica ` e presente solo nel limite di range elettrostatico infinito
Figura 2.1: A sinistra, riempimento di Penrose. A destra, il reticolo T3.
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