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Effetti del compost e del vermicompost derivanti da scarti agro-alimentari su colture orticole organico-biologiche

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE 3

SCOPO DELLA TESI 4

TECNOLOGIE DI ESTRAZIONE OLEARIA 6

CARATTERISTICHE DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE 8

TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE 9

IL COMPOSTAGGIO 11

IL VERMICOMPOSTAGGIO 16

GLI ORGANISMI EFFETTORI DEL PROCESSO DI VERMICOMPOSTAGGIO 17

I MICRORGANISMI 17

I LOMBRICHI 18

EFFETTO DEI LOMBRICHI SUL SUOLO 19

UTILIZZO DEL VERMICOMPOST 20

LEGISLAZIONE RELATIVA ALLE AV E AL COMPOST 21

SCHEMA DI LAVORO 24

MATERIALI 30

IL TERRENO 31

GLI AMMENDANTI 33

CALCOLO DELLA NECESSITÀ DI COMPOST 34

SCHEDE BOTANICHE 36

BRASSICA OLERACEA L. CONVAR. BOTRYTIS (L.) ALEF. VAR. BOTRYTIS 36

CICHORIUM INTYBUS L. V. FOLIOSUM BISHOFF 38

FOENICULUM VULGARE MILLER 40

ALLIUM PORRUM L. 42 METODOLOGIE ANALITICHE 38 ANALISI FISICHE 41 TESSITURA 41 ANALISI CHIMICHE 42 PH 42 CONDUCIBILITÀ ELETTRICA 42 AZOTO AMMONIACALE 42

CARBONIO ORGANICO TOTALE 42

AZOTO TOTALE 43

CARBONIO IDROSOLUBILE 43

CARBONIO UMICO 43

ACIDI FULVICI (CAF) 44

ACIDI UMICI (CAU) 44

ANIONI 44

POLIFENOLI 45

ANALISI BIOCHIMICHE 46

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2

PIROLISI GAS-CROMATOGRAFIA (PY-GC) 50

ANALISI STATISTICA 52

ANALISI STATISTICA MULTIVARIATA DELLE COMPONENTI PRINCIPALI (PCA) 52

RISULTATI 55

ANALISI SULLA PIANTA 56

BIOMASSA FRESCA 56

ANALISI SUL TERRENO 58

PARAMETRI CHIMICI 58

PARAMETRI CHIMICO-STRUTTURALI 83

DISCUSSIONE DEI RISULTATI 86

APPENDICE 92

(3)
(4)

Introduzione

4

INTRODUZIONE

L’olio d’oliva è un grasso da sempre utilizzato dai popoli del bacino mediterraneo, tuttavia, recentemente, la sua importanza in un’ alimentazione naturale è notevolmente aumentata: numerose ricerche hanno infatti evidenziato gli effetti benefici dei grassi monoinsaturi di cui l’olio d’oliva è molto ricco. Inoltre, è stata dimostrata l’importanza, sotto l’aspetto nutrizionale, della presenza di alcuni composti minori (Montedoro et al. 1991). Attualmente, i processi di estrazione tendono a cercare di migliorare la qualità dell’olio, soprattutto attraverso l’incremento del tenore di questi composti, con particolare riguardo ai polifenoli. I polifenoli sono composti ad azione antiossidante che consentono di ridurre i processi di degradazione a carico dei grassi dell’olio e quindi di migliorarne la conservazione. Inoltre sono utili all’organismo umano nel ridurre la presenza di radicali liberi (wikipedia, 2007).

Figura 1 - Olea europea L.

Figura 2 - Olio extravergine d'oliva

Scopo della tesi

Il lavoro trattato in questa tesi si inserisce in un progetto di collaborazione tra l’Istituto per lo Studio degli Ecosistemi (sede di Pisa) ed il Comune di San Giuliano Terme (Pisa) mirato al trattamento delle acque di vegetazione, ottenute dai processi di estrazione dell’olio di oliva, al fine di ottenere un prodotto valorizzato da utilizzare in agricoltura: il vermicompost.

Lo scopo di questa tesi è stato quello di confrontare gli effetti agronomici del materiale ottenuto (il vermicompost) con quelli derivanti da un compost convenzionale e valutare

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Introduzione

specifici parametri, sia chimici che biochimici, per seguire il processo di degradazione e umificazione della sostanza organica nel suolo.

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Introduzione

6

Tecnologie di estrazione olearia

Durante il processo di spremitura delle olive per la produzione di olio, oltre alle sanse (refluo solido) si ottiene un refluo liquido, detto acque di vegetazione (AV). Le caratteristiche chimico-fisiche e biologiche delle acque di vegetazione variano in funzione del tipo di impianto di estrazione utilizzato:

1. Impianto di estrazione tradizionale, detto per pressione o a ciclo discontinuo: questo tipo di impianto prevede che, una volta lavate e spremute le olive, la pasta ottenuta passi alla macchina gramolatrice, che con un leggero rimescolamento della pasta oleosa e un blando riscaldamento (20-25°C), consente la rottura dell’emulsione acqua-olio e la separazione dell’olio dalla pasta. Successivamente la pasta oleosa passa alla fase di estrazione, che consiste in una singola spremitura della durata di circa 90 minuti tramite presse idrauliche che consentono di esercitare una pressione di lavoro variabile tra 50 e 115 kg/cm2. A questo punto la fase liquida raggiunge i separatori a centrifuga che provvedono a separare l’olio dall’acqua. Utilizzando questa tecnica di estrazione si hanno le seguanti rese: 15-25 % di olio, 45-50 % di acqua di vegetazione e circa il 35 % di sansa. Le acque di vegetazione così ottenute sono composte unicamente dall’acqua presente nella drupa e dalle sostanze in essa disciolte; di conseguenza tali acque risultano essere più concentrate rispetto a quelle provenienti dagli altri tipi di impianti esistenti.

2. Impianto di estrazione per centrifugazione, detto a ciclo continuo o a tre fasi: in questo tipo di impianto, dopo il lavaggio e la frangitura delle olive, la pasta è gramolata in continuo con aggiunta di acqua (in media 50 litri per quintale di olive) e sottoposta all’azione di un estrattore a centrifuga ad asse orizzontale che permette di separare la pasta nei suoi tre componenti, cioè olio, sansa e acqua di vegetazione. L’olio ottenuto viene mandato ad un ulteriore separatore centrifugo che consente di abbassare il contenuto di umidità e di impurezze. Anche l’acqua di vegetazione viene mandata ad un secondo separatore per recuperare la piccola frazione di olio sfuggita alla prima separazione; le sanse vengono, invece, essiccate in quanto contengono un elevato livello di umidità. In questo tipo di processo si ottiene un quantitativo di acqua di vegetazione maggiore rispetto

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Introduzione

all’impianto di estrazione tradizionale (Baldini e Scaramuzzi, 1981) che in media si aggira intorno agli 80-10 litri/100 kg di olive (AA.VV., 2001)

3. Impianto discontinuo a due fasi: questo impianto produce un unico residuo di lavorazione costituito dalle sanse umide, ovvero la pasta di olive disoleata imbevuta della sola quantità di acqua presente nell’oliva.

Successivamente all’estrazione dell’olio i reflui vengono stoccati in vasche o in silos prima di procedere allo smaltimento.

Le acque di vegetazione trattate in questo lavoro di tesi provengono da un impianto di estrazione di tipo tradizionale.

Figura 3 - Centrifuga

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Introduzione

8

Caratteristiche delle Acque di Vegetazione

Le acque di vegetazione sono costituite da una soluzione acquosa di sostanze organiche e minerali e talvolta contiene in sospensione del materiale solido vegetale sfuggito nella fase finale di separazione del mosto oleoso. Hanno un elevato contenuto di sostanza organica, come indicato dagli elevati valori di B.O.D. (domanda biologica di ossigeno) dell’ordine di 89-100 g/l e C.O.D. (domanda chimica di ossigeno) dell’ordine di 80-200 g/l (Fadil et al., 2003) e quindi facilmente fermentabili.

Le acque di vegetazione presentano differenti caratteristiche che dipendono dalla varietà e dalla maturità delle olive, dal clima e, come già detto in precedenza, dal metodo di estrazione che le ha prodotte.

Il loro colore va dal bruno scuro fino al nero, con un caratteristico odore che ricorda, quando le AV sono ancora fresche, il frutto che le ha prodotte. Il colore scuro è dovuto ad un pigmento di natura catecolmelaninica costituito da un polimero che si forma dagli o-difenoli di cui il refluo è ricco, ed in particolare dalla oleocianina, per azione della fenoilossidasi in presenza di aria (AA. VV., 2001).

Il valore del pH si aggira intorno a 4-5, a causa della presenza di acidi organici volatili, in particolare acido malico e citrico (Aktas et Al., 2001; Garcìa et al., 2000). Il pH risulta poco influenzato dal sistema di lavorazione delle olive a causa del potere tampone di cui le acque stesse sono dotate (AA. VV., 2001).

Hanno elevata conducibilità elettrica dell’ordine di 8000-22000 µS/cm

Contengono grassi emulsionati in concentrazioni diverse, che variano da circa il 2% del peso secco delle acque nel caso dell’estrazione per pressione, fino al 10% in seguito ad estrazione centrifuga.

Sono presenti zuccheri riduttori (3-5 g/l) ed elevati livelli di potassio (2 g/l).

Hanno un’alta concentrazione di polifenoli che varia da 3000 a 24000 µg/ml (Sierra et al., 2001). Quest’ultimi si originano dall’idrolisi degli esteri e glucosidi presenti nelle drupe durante l’estrazione dell’olio (Sierra et al., 2001). I composti fenolici presentano una lenta biodegradabilità in quanto hanno azione antimicrobica. Sono inoltre fitotossici come dimostrano i fitotest eseguiti su Lepidium sativum in presenza di AV (Potenz et al., 1985).

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Introduzione

Infine sono presenti acidi organici volatili (5-15 g/l) che conferiscono alle AV un pH acido ed inibiscono, insieme ai polifenoli, l’attività dei microrganismi (batteri e funghi), i quali non sono in grado di degradare naturalmente l’elevato carico organico delle A.V. (Ranalli, 1989).

Trattamento delle acque di vegetazione

A causa delle caratteristiche fisico-chimiche, che le rendono potenzialmente pericolose a livello ambientale, lo smaltimento delle AV deve avvenire adottando tecniche e/o accorgimenti ben precisi.

I metodi che consentono uno smaltimento sicuro delle acque di vegetazione sono riconducibili a tre tecniche principali: 1) depurazione microbiologica; 2) depurazione

chimico-fisica 3) spandimento su terreno agrario.

1) Depurazione microbiologica:

- Biodigestione anaerobica: le AV sono sottoposte a fermentazione in ambiente

anaerobico, costituito da reattori chiusi e adeguatamente termostatati (30-35°C o 50-55°C). Questa tecnica è caratterizzata dalla produzione per via microbiologica di biogas, principalmente costituito da metano.

- Trattamento a fanghi attivi: la depurazione avviene grazie alla flora microbica

spontanea delle acque di vegetazione e realizzata per via aerobica. Questa metodologia incontra serie difficoltà nel trattamento dei reflui oleari: il processo avanza con lentezza a causa della ridotta attività microbica dovuta ad un rapporto carbonio/azoto sbilanciato a favore del carbonio e alla presenza di sostanze ad azione antimicrobica.

- Trattamento con polienzimi: secondo il brevetto del dottor Achille Poglio

(Acqua e Ambiente, 1990), il recupero delle acque di vegetazione può avvenire mediante trattamento con appositi catalizzatori e miscela polienzimatica. Si ottiene un prodotto inodore, neutralizzato, ricco in enzimi ed acidi umici, adatto all’impiego in agricoltura come fertilizzante organico.

2) Depurazione chimico-fisica: questi metodi si basano principalmente sulla riduzione del volume del refluo per rimozione parziale o totale dell’acqua

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Introduzione

10 trattabile, rispetto al refluo di partenza e potenzialmente utilizzabile come concime. Lo svantaggio di questo metodo e che richiede un notevole consumo energetico incidendo molto sui costi. Una soluzione economica consiste nell’utilizzare fonti energetiche naturali, come l’energia geotermica o solare, e/o riducendo i consumi mediante recupero di calore.

- Incenerimento: l’incenerimento diretto è una tecnica che permette

l’eliminazione dell’acqua dai reflui oleari (Arpino e Carola 1978; Baccioni, 1981). Anche questa tecnica richiede un elevato consumo di energia, incidendo molto sui costi di smaltimento.

- Ultrafiltrazione ed osmosi inversa: la rimozione dell’acqua mediante

filtrazione su membrana è una tecnologia di interessanti prospettive (Specchia e Ramondetti, 1980; Vigo et al., 1981, Jemmet et al., 1983). Essa consiste nell’impiego di membrane microporose e selettive in grado di trattenere parzialmente (ultrafiltrazione) o totalmente (osmosi inversa) le sostanze presenti in soluzione. Le acque di vegetazione devono comunque subire dei pre-trattamenti in grado di abbattere materiali in sospensione, pectine e mucillagini che tendono ad occludere i filtri. Queste metodologie non richiedono elevati consumi energetici ma sono comunque molto dispendiose per gli elevati costi delle membrane utilizzate

- Spandimento su terreno agrario: lo spandimento consiste nella distribuzione uniforme dei reflui sul suolo agrario (Catalano, 1989; Catalano et al., 1985; De Felice e Catalano, 1989 Lombardo et al., 1988; Proietti et al., 1988; Bonari, 1990). L’utilizzo agricolo delle acque di vegetazione presenta vantaggi e rischi: alcuni autori (Della Monica et al., 1978; Lombardo et al., 1988) hanno messo in evidenza la possibilità di spandere i reflui oleari senza arrecare danno alle colture e al suolo. Esistono però potenziali fenomeni negativi, quali il ruscellamento e la percolazione con rischio di inquinare le falde freatiche superficiali. La pratica dello spandimento deve quindi avvenire mettendo in atto tutti quegli accorgimenti che consentono di eliminare o comunque di ridurre i fattori di rischio. Tale pratica è regolamentata in Italia dalla legge 11 Novembre 1996, n. 574 “Nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari” (vedi paragrafo Legislazione relativa alle AV e al compost).

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Introduzione

Figura 5 - Carro spandiliquame

Questi sopra elencati sono metodi convenzionali di trattamento, alcuni dei quali (fanghi attivi) hanno scarsi effetti nel rimuovere alcuni inquinanti, mentre i processi chimico-fisici (ultrafiltrazione e osmosi inversa) sono piuttosto costosi (Vinciguerra et al., 1995). Lo spandimento è una tecnica economica, ma spesso, come ad esempio nel Comune di San Giuliano Terme (Pisa) dove si è svolta la fase sperimentale di questa tesi, non sono presenti sufficienti terreni che rientrino nei vincoli di legge.

Oggi vengono considerate soluzioni alternative a basso costo come i trattamenti biologici quali il compostaggio e il vermicompostaggio.

Il compostaggio

Il compostaggio è un processo di biostabilizzazione aerobica (ossigeno-dipendente) di matrici fermentescibili. È un processo controllato di degradazione della sostanza organica attraverso il quale è possibile ottenere un prodotto finito stabile dal punto di vista fisico, chimico e microbiologico, di colore brunastro e con le caratteristiche di un ammendante: il compost (Vallini, 1995).

In condizioni ottimali, il compostaggio si svolge attraverso tre stadi principali:

- Fase mesofila o di latenza: la matrice iniziale viene invasa dai

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Introduzione

12 all’intervento di specie microbiche mesofile che utilizzano rapidamente i composti solubili e facilmente degradabili.

- Fase termofila o di stabilizzazione: in questa fase la temperatura

raggiunge valori molto elevati, anche superiori ai 70 °C e si ha l’igienizzazione del substrato: le specie patogene per l’uomo e per le piante e i semi delle infestanti vengono disattivati (De Bertoldi et al., 1983).

- Fase di maturazione: con il ridursi della disponibilità di composti ricchi

di energia, la temperatura della matrice in trasformazione diminuisce, consentendo alle popolazioni microbiche mesofile, responsabili dei processi di umificazione, di colonizzare il substrato (De Bertoldi et al., 1985). Dopo questa fase si ottiene un prodotto costituito da sostanza organica stabilizzata, formata da composti ad alto peso molecolare (Senesi, 1989).

Figura 6 - Compost

La Legge 748 del 19/10/1984 e successive integrazioni classifica il compost come un

ammendante vegetale composto, cioè “un prodotto fermentato derivato da una miscela

di sostanze di origine vegetale che può contenere rifiuti di origine animale e/o sostanze minerali e/o sostanze inerti e nel quale il contenuto in torba è inferiore al 30% delle sostanze vegetali totali”. Tale prodotto deve avere un contenuto minimo di sostanza organica del 20% sul tal quale e del 30% sul secco. Inoltre il rapporto C/N deve essere inferiore a 55 e il contenuto in azoto inferiore al 3% sul secco (Tomati, Galli, 2001).

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Introduzione

Per creare e mantenere le condizioni ambientali richieste dall’attività microbica è importante controllare i fattori condizionanti il processo:

 ossigenazione della biomassa

 natura del substrato e concentrazione degli elementi nutritivi  umidità

 pH

 pezzatura della matrice  temperatura

La richiesta di ossigeno è molto elevata nella fase termofila per poi decrescere lentamente durante l’avanzamento del processo: esiste infatti una relazione tra consumo di ossigeno e attività microbica, consumo che risulta massimo a temperature tra i 30-55 °C (Haug, 1980). La scarsa ossigenazione della massa può portare allo sviluppo di una microflora artefice di fermentazioni indesiderate, di accumulo di composti ridotti (acidi grassi volatili, idrogeno solforato, mercaptani) e rilascio di odori sgradevoli (Vallini, 1995; AA.VV., 2000). Per assicurare una buona ossigenazione la biomassa deve essere aerata tramite rivoltamento o insufflazione di aria.

Fondamentali nel metabolismo microbico sono il carbonio e l’azoto, il primo usato come fonte energetica, il secondo per la sintesi del protoplasma (AA.VV., 2000). Con un rapporto tra questi elementi troppo alto (C/N > 35) il boom microbico non ci sarà fino a che il rapporto non si sarà abbassato con l’ossidazione del carbonio in eccesso. Con un rapporto C/N troppo basso, invece, sono favorite perdite di azoto sotto forma ammoniacale. Il rapporto ottimale è di 20-25 parti di carbonio su una di azoto (Vallini, giugno 1995). Durante il processo si verifica una perdita di azoto, imputabile alla volatilizzazione sia di ammoniaca che di azoto elementare. La perdita di azoto, dovuta ai processi anaerobici di denitrificazione, può essere limitata attraverso l’aerazione della massa. Nelle ultime fasi del processo si ha comunque un parziale recupero dell’azoto perduto grazie all’attività dei batteri azoto-fissatori liberi (Vallini, 1982; Nuntagij, 1990).

Un giusto equilibrio tra la fase acquosa e la fase gassosa della biomassa consente, nel primo caso, di veicolare il trasporto degli elementi nutritivi e il movimento dei microrganismi e, nel secondo caso, di garantire una sufficiente ossigenazione. Un valore

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Introduzione

14 Il valore del pH varia notevolmente durante il processo a seconda della fase in cui ci troviamo: durante la prima fase, in cui si ha il rilascio di acidi organici, il pH tende a scendere, per poi subito risalire durante la fase termofila in cui la proteolisi e il rilascio di ammoniaca ne provocano un innalzamento. Nelle fasi finali tende di nuovo ad abbassare ritornando a valori intorno alla neutralità (Vallini, 1987).

Come accennato in precedenza, la fase termofila del processo di compostaggio è molto importante dal punto di vista sanitario e fitosanitario: le elevate temperature di questa fase garantiscono la disattivazione dei patogeni umani, della maggior parte dei microrganismi fitopatogeni e dei semi delle erbe infestanti. Tuttavia temperature elevate per lunghi periodi di tempo possono portare ad una riduzione degli effettori del processo di compostaggio, problema controllabile comunque attraverso una buona aerazione. Durante la fase mesofila, invece, la sostanza organica si avvia verso la stabilizzazione, che consiste soprattutto in un arricchimento in composti umici. Tali composti, una volta applicati al terreno, andranno lentamente incontro a processi di mineralizzazione rilasciando nutrienti utili alla crescita delle piante.

Le popolazioni microbiche che partecipano al processo, variano a seconda delle condizioni del microambiente della massa in fermentazione: la fase termofila ospita solo una cerchia ristretta di batteri, in grado di sopravvivere ad alte temperature: i batteri termofili. I funghi invece, responsabili della degradazione di complessi carboniosi come la cellulosa e la lignina, intervengono nella fase mesofila, quando la temperatura scende al di sotto di una certa soglia. La fase finale, in cui si ha l’umificazione della sostanza degradata nelle fasi precedenti, avviene ad opera degli attinomiceti (AA. VV. 2000). Dal punto di vista macroscopico, oltre ad una notevole riduzione della biomassa iniziale da ½ ad ¼, si può apprezzare una omogeneizzazione del materiale originale, che assume aspetto sempre più simile ad un terriccio.

Alcuni studi affermano che il compostaggio delle AV può essere una adeguata strategia a basso costo per il riciclaggio delle AV. Infatti, dopo un periodo di circa 120 gg, si riscontra nella biomassa un decremento del contenuto in carbonio totale, dell’azoto totale e del rapporto C/N. Si verifica inoltre una diminuzione del contenuto in lipidi e una completa detossificazione del materiale di partenza già dal trentesimo giorno, coincidente con una diminuzione degli acidi organici volatili e dei composti fenolici (Filippi et al., 2002).

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Introduzione

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Introduzione

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Il vermicompostaggio

Il vermicompostaggio è un processo di stabilizzazione bio-ossidativa che avviene in condizioni mesofile (temperatura non superiore ai 35 °C). A differenza del compostaggio, il vermicompostaggio manca della fase termofila di igienizzazione. Tuttavia, numerose prove dimostrano come i microrganismi patogeni non riescano a sopravvivere al processo di vermicompostaggio (Maboeta and van Rensburg, 2003). I lombrichi, ingerendo e trasformando la materia organica, svolgono azione di frantumazione, inoculo microbico e rimescolamento della massa, come avviene meccanicamente nel compostaggio, trasformando i materiali di scarto in un composto di più fine pezzatura, omogeneo, umificato e microbiologicamente attivo (Aranda et al., 1999). Nel cast dei lombrichi è stata inoltre dimostrata la presenza di sostanze ad azione fito-ormonale, in grado di stimolare la crescita delle piante (Atiyeh et al., 2002; Edwards, 1995)

Numerosi sono i vantaggi del vermicompostaggio come tecnica di bioconversione della sostanza organica. Infatti, questo processo richiede costi ridotti e consente di ottenere un prodotto umificato di buona qualità. Inoltre, non necessita dell’intervento dell’uomo o di attrezzature meccaniche, poiché le condizioni aerobiche necessarie sono mantenute dai lombrichi stessi, che con la loro attività creano gallerie e rimescolano continuamente il materiale. Il risultato che si ottiene è un ammendante organico unificato e ricco di acidi fulvici ed umici, con azione agglutinante per il terreno e stimolante per lo sviluppo delle piante. In quanto ammendante è inoltre in grado di migliorare le caratteristiche chimico-fisiche del suolo.

Nel vermicompostaggio è tuttavia necessario il mantenimento di condizioni ambientali (pH, temperatura, umidità, ecc.) idonee alla sopravvivenza e riproduzione dei lombrichi. Inoltre in questo processo la stabilizzazione è lenta (6-9 mesi) ed avviene su cumuli bassi per evitare l'innalzamento termico, incompatibile con la vita del lombrico. Per questi motivi non risulta opportuno per lo smaltimento massale della sostanza organica (Canditelli).

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Introduzione

Figura 8 - Vermicompost

Gli organismi effettori del processo di vermicompostaggio

I microrganismi

I microrganismi che presiedono al processo di vermicompostaggio sono batteri, funghi, attinomiceti, alghe e protozoi.

I batteri coinvolti nel processo sono per la maggior parte rappresentati da specie mesofile (simili a quelle che si ritrovano nella fase mesofila del processo di compostaggio) aerobiche o anaerobiche facoltative, che vivono a temperature comprese tra i 15 ed i 45° C. Un ampio range di batteri sono stati isolati nei processi di compostaggio e vermicompostaggio, come ad esempio Pseudomonas, Klebsiella e

Bacillus (Nakasaki et al., 1985; Strom, 1985 a,b).

I funghi presenti sono mesofili in quanto crescono ad una temperatura compresa tra 5 e 37° C, con un optimum di temperatura compreso tra i 25 ed i 30° C (Dix, Webster, 1995). I funghi, in generale, sono in grado di degradare polimeri complessi di origine vegetale quali cere, emicellulose, cellulosa, pectina e lignina. Quindi, nei processi di degradazione della sostanza organica, i funghi giocano un ruolo fondamentale poiché rendono disponibili metaboliti intermedi che i batteri provvedono poi a trasformare

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Introduzione

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I lombrichi

La digestione del lombrico gioca un ruolo molto importante nella regolazione del ciclo della sostanza organica. Durante il passaggio nell’intestino, il materiale ingerito (minerali e materia organica) viene rapidamente e completamente destrutturato e ristrutturato sia dal punto di vista chimico-fisico che biologico. Il cast, cioè il prodotto della deiezione del lombrico, è completamente differente dal substrato originalmente ingerito: è generalmente nero, poroso e umificato.

Gli enzimi che maggiormente vengono ritrovati nell’intestino dei lombrichi sono: chitinasi, proteasi, fosfatasi, cellulasi e ogni altro enzima glucosidico (Lattaud et al., 1997; Zhang et al., 2000). Questi enzimi possono essere secreti dalla parete intestinale oppure prodotti dai microrganismi viventi nell’intestino. Gli enzimi permettono ai lombrichi di digerire batteri, protozoi, funghi e detriti parzialmente decomposti; non si trovano, invece, enzimi capaci di digerire la lignina, composti polifenolici o composti umificati (Lee, 1985). Tuttavia, alcune specie di lombrichi, tra cui Eisenia foetida, possono partecipare alla decomposizione della lignina ed ai processi di umificazione (Scheu, 1993) grazie alla presenza, nel tratto intestinale, dell’enzima perossidasi che rompe gli anelli aromatici della lignina (Hassett et al., 1988; Neuhauser et al., 1978). Alla digestione partecipano, inoltre, i microrganismi presenti nella matrice di partenza che vengono attivati dai lombrichi grazie all’istaurarsi di una relazione mutualistica. Questi microrganismi possiedono un corredo enzimatico che consente di digerire la maggior parte dei composti organici; tuttavia si trovano in una situazione di latenza e per attivarsi hanno bisogno di una fonte di carbonio facilmente assimilabile che non sempre sono in grado di estrarre da soli dalla sostanza organica. Il lombrico interviene a questo punto giocando un ruolo chiave poiché secerne muco, ricco di sostanze facilmente assimilabili e ad una temperatura ottimale per l’attivazione dei microrganismi.

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Introduzione

Figura 9 - Esemplari di lombrichi in vermicompost

Figura 10 - Esemplare di Eisenia foetida

Effetto dei lombrichi sul suolo

I lombrichi esercitano un importante ruolo di regolazione sulle funzioni del suolo, sulla sua struttura fisica (aggregazione e porosità) e sui processi chimici e biologici. Inoltre, influiscono anche sull’accrescimento radicale e sullo sviluppo della pianta. La porzione di suolo sotto l’azione diretta del lombrico (detta anche drilosfera, secondo Lavelle, 1988), interagisce con tutte le altre sfere biologiche e non presenti nel suolo, come la rizosfera, l’aggregatosfera, la porosfera e il detrito presente sulla superficie del suolo (detritosfera)

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Introduzione

20 I lombrichi sono caratterizzati, in presenza di condizioni ambientali favorevoli, da un’elevata mobilità nel suolo, per cui esplorano notevoli volumi di terreno ingerendone ed espellendone grandi quantità così da condizionarne le caratteristiche chimico-fisiche. Le gallerie scavate dai lombrichi favoriscono sia l’aerazione che la permeabilità dell’acqua nel suolo. Il passaggio delle particelle di terreno attraverso il tubo digerente le arricchisce di sostanze mucopolisaccaridiche che svolgono azione cementante tra le componenti organiche e minerali, influenzando così lo stato di aggregazione del suolo. In generale i lombrichi favoriscono i processi di degradazione e umificazione della sostanza organica presente nel suolo, con conseguente aumento di sostanza organica ad alto peso molecolare e stabilizzata (humus). La presenza di humus nei terreni migliora: - le caratteristiche fisiche, incrementando la porosità del terreno e la coesione tra gli elementi minerali.

- le caratteristiche chimiche, regolando i processi di mineralizzazione della sostanza organica e costituendo una riserva di energia per gli organismi viventi.

- le caratteristiche biologiche: infatti le sostanze umiche svolgono azione chelante nei confronti dei microelementi indispensabili per le piante, mitigano gli effetti della salinità del suolo sulle colture (Masciandaro et al.,1997) e svolgono un’azione pseudo-ormonale nei confronti della germinazione e crescita delle piante.

Utilizzo del vermicompost

Come già detto in precedenza, il prodotto risultante dai processi di vermicompostaggio è un prodotto stabilizzato, maturo, contenente materia organica stabile umificata. È un prodotto atossico, quindi ideale come ammendante in ambito agricolo e per il recupero di suoli degradati (Ceccanti, Masciandaro, 1999; Masciandaro et al., 1997). L’aggiunta ad un suolo di un ammendante organico, come il vermicompost, apporta sostanza organica umificata ad alto peso molecolare ed enzimaticamente attiva che ne migliora sensibilmente la qualità. Infatti si ha sia una modificazione della struttura fisica del terreno che un apporto di sostanze pseudo-ormonali che intervengono sulla germinazione del seme e nei processi di crescita delle piante.

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Introduzione

Si ha inoltre un aumento delle attività microbiologiche e biochimiche del terreno che contribuiscono al miglioramento della ciclizzazione dei nutrienti (Chaoui et al., 2003; Atiyeh et al., 2002; Atiyeh et al. 2001).

Le sostanze umiche sono in grado di legare proteine a carattere enzimatico e formare complessi umo-enzimatici, considerati di grande importanza per la fertilità del suolo in quanto rappresentano un ponte di collegamento tra le reazioni minerali e le reazione organiche che avvengono nel terreno. Gli enzimi dei complessi umo-enzimatici sono enzimi extracellulari, che in questo stato sono capaci di mantenere la propria attività anche quando le condizioni del suolo sono proibitive per la loro attività, condizioni che spesso si vengono a verificare in suoli degradati o stressati (Masciandaro, Ceccanti; 1999).

Infine il vermicompost è considerato un fertilizzante/ammendante organico a lento rilascio di nutrienti. Infatti, le cariche negative, che caratterizzano le sostanze umiche, tendono a legare le cariche positive di macro e micronutrienti (NH4+, K+, Fe++, Ca++,

Mg++,Zn++,Cu++) evitando così la perdita di questi ultimi per lisciviazione o per trasformazione in composti poco solubili.

Il vermicompostaggio è un metodo efficace per detossificare le AV e trasformarle in un prodotto valorizzato sia dal punto di vista chimico che biochimico, non tossico e che non presenta cattivi odori (Sodini, 203)

Legislazione relativa alle AV e al compost

Il destino delle AV, come detto in precedenza può essere:  lo spandimento su suoli agrari

 lo smaltimento

Lo spandimento delle AV sui terreni agricoli è regolamentato dalla Legge 574/96 “Nuove norme in materia di utilizzazione delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari”. Tale normativa si riferisce ad AV che non hanno subito alcun trattamento né ricevuto alcun additivo ad eccezione delle acque per la diluizione delle paste e/o per la lavatura degli impianti. I limiti di accettabilità stabiliti dalla legge all’art. 2 sono di 50 m3/ha/anno per le acque provenienti da frantoi a ciclo tradizionale e

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Introduzione

22 perito agrario, un agro-tecnico o un geologo, in cui viene decritto l’assetto pedogeomorfologico, , le condizioni idrologiche e le caratteristiche in genere dell’ambiente ricevitore. Sulla base di queste indicazioni, il sindaco del comune interessato può disporre la sospensione della distribuzione o ridurre i limiti di accettabilità. In ogni caso è vietato lo spandimento su terreni appartenenti alle seguenti categorie:

1. terreni situati ad una distanza inferiore ai 300 m. dalle aree di salvaguardia delle captazioni di acque destinate al consumo umano 2. terreni situati ad una distanza inferiore ai 200 m. dai centri abitati 3. terreni con colture orticole in atto

4. terreni con falda inferiore ai 10 m. di profondità 5. terreni gelati, innevati, saturi d’acqua e inondati

Lo stoccaggio invece deve essere effettuato per un termine non superiore a 30 giorni in silos, cisterne o vasche interrate o sopraelevate all’interno del frantoio o in altra località, previa comunicazione al sindaco del luogo dove ricadono.

Nel caso le AV non siano utilizzate per fini agronomici, tali reflui dovranno essere soggetti a processi di depurazione, dai quali si origina una fase liquida, quindi uno scarico disciplinato dalle norme sulla tutela delle acque (D.lgs n° 152/99), ed una fase solida avente natura di fango di depurazione, la quale pertanto troverà disciplina nel D.lgs. 27 Gennaio 1992 n.99 (attuazione della direttiva 86/278/CEE, concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura) e nella legge n.748/84 che disciplina i fertilizzanti.

Per quanto riguarda la legislazione relativa alla classificazione e all’utilizzo delle varie tipologie di compost è necessario fare riferimento alla normativa sui fertilizzanti, la Legge 748/84, e alla sua successiva revisione attraverso il D. lgs. 217 del 2006. Nell’allegato 2 di tale decreto legislativo il compost viene classificato in 3 categorie:

 ammendante compostato verde: derivante da rifiuti organici costituiti da scarti della manutenzione del verde ornamentale, residui delle colture, altri rifiuti di origine vegetale con esclusione di alghe e altre piante marine;

 ammendante compostato misto: derivante da rifiuti organici che possono essere costituiti dalla frazione organica degli RSU proveniente da raccolta differenziata, da rifiuti di origine animale compresi liquami zootecnici, da rifiuti di attività agro-industriale e da lavorazione del legno e del tessile naturale non

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Introduzione

trattati, da reflui e fanghi, nonché dalle matrici previste per l’Ammendante Compostato Verde;

 ammendante torboso compostato: derivante da una miscela di torba con ammendante compostato verde o misto (Torba: minimo 50% sul tal quale). Gli ammendanti che abbiamo utilizzato nella sperimentazione appartengono alla categoria “ammendante compostato misto”.

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Schema di lavoro

SCHEMA DI LAVORO

La parte sperimentale della tesi è stata svolta nel 2004/2005 presso l’azienda agricola Bonamici, situata nel comune di San Giuliano Terme, in provincia di Pisa. L’azienda opera su una superficie totale di circa 10 ettari di cui 1,5 ettari attrezzati a serra fredda e 8,5 ettari in piena aria e produce ortaggi e frutta secondo i metodi dell’agricoltura organico-biologica (Reg. C.E.E. 2092/91).

Il terreno su cui sono state eseguite le prove ha una superficie pianeggiante di circa 1000 mq. ed è orientato in direzione est-ovest. È stato mantenuto incolto per circa 3 anni e durante l’ultimo periodo estivo è stato sottoposto a falciatura e aratura poco profonda (25 cm). Poco prima dell’inizio della sperimentazione sul terreno è stata praticata una erpicatura.

Il terreno è stato suddiviso in 36 parcelle di due metri per un metro ciascuna, con una corsia di servizio della larghezza di 1 metro. Per la prova sperimentale sono state scelte quattro specie diverse:

• Allium porrum L. (porro)

• Cichorium intybus L. var. foliosum (cicoria verde da foglia) • Foeniculum vulgare Mill. (finocchio)

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Schema di lavoro

26 Per ogni specie sono state previste 3 parcelle per il controllo, cioè per il non trattamento, 3 parcelle per il trattamento con vermicompost e tre parcelle per il trattamento con compost,come riassunto nel seguente schema:

specie trattamento Numero di parcelle A. porrum L. controllo vermicompost compost 3 3 3 C. intybus L. controllo vermicompost compost 3 3 3 F. vulgare Mill. controllo vermicompost compost 3 3 3 B. oleracea L: controllo vermicompost compost 3 3 3 Parcella 2m 1m

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Schema di lavoro

Figura 12 - Parcella allestita Figura 13 - Parcella allestita

-Durante il mese di Settembre in ogni parcella sono state trapiantate 10 piante ad una distanza di 20 cm sulla fila e 60 cm tra le file e sono stati effettuati i trattamenti secondo lo schema randomizzato sottostante. Le dosi di trattamento applicate, calcolate sulla base del contenuto in sostanza organica, sono di circa 2 kg di vermicompost e 5 kg di compost convenzionale per parcella.

Figura 14 – Appezzamento diviso in parcelle Figura 15 – Vermicompost

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Schema di lavoro

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Figura 16 - Schema della disposizione spaziale dei controlli (giallo), trattamento con vermicompost (verde) e trattamento con compost convenzionale (arancio) delle 36 parcelle coltivate con le quattro specie.

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Schema di lavoro

Sulle file è stata applicata una copertura pacciamante con teli in bioplastica di colore nero totalmente biodegradabile.

La raccolta della parte edule e i campionamenti di terreno sono stati effettuati nel mese di gennaio per A. porrum, C. intybus e F. vulgare e nel mese di febbraio per B.

oleracea.

Il periodo del campionamento ha coinciso con la maturazione delle specie vegetali. Per quanto riguarda la raccolta della biomassa, è stata prelevata la parte aerea ed asportata la porzione edule. I prelievi di terreno sono avvenuti secondo uno schema non sistematico, nella misura di 3 prelievi per parcella ad una distanza di circa 5 cm dall’apparato radicale e prelevando lo strato superficiale biologicamente attivo del terreno. I campioni di biomassa e di terreno sono stati trasportati in laboratorio per le analisi. I campioni di terreno sono stati omogeneizzati in base alla specie vegetale e al tipo di trattamento. Non sono stati necessari trattamenti fitosanitari sulla coltura.

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Materiali

MATERIALI

Il terreno

Il terreno su cui sono state eseguite le prove è stato caratterizzato dal punto di vista fisico, chimico, biochimico e chimico-strutturale.

La determinazione della tessitura, eseguita con i levigatori di Andreasen, ha consentito di individuare le seguenti frazioni granulometriche e le relative percentuali:

• Sabbia: 56,51 % • Limo: 36,53 % • Argilla: 6,96 %

Sulla base del triangolo USDA, rappresentato in fig. 1, è stato possibile classificare il terreno come franco-sabbioso.

Figura 17 – Il triangolo USDA per la classificazione del terreno sulla base delle frazioni granulometriche

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Materiali

32 I parametri chimici, biologici e chimico-strutturali presi in considerazione sono riassunti nella tabella seguente:

Tabella 1 – Parametri chimici, chimico-strutturali biochimici e del terreno utilizzato nella sperimentazione

Parametri Valori pH 7,5±0,7 CE (mS/cm) 0,08±0,01 N totale (%) 0,2±0,005 C organico totale (%) 2,5±0,4 C/N 12,7±1,3 Nitrati (µµµµg/g ss) 83±7,1 Ammoniaca (µµµµg/g ss) 2,4±0,1 C idrosolubile (µµµµg/g ss) 579±38 C umico (µµg/g ss) µµ 8530±597 Acidi Umici (µµµµg/g ss) 1953±156 Acidi Fulvici (µµµµg/g ss) 6577±526 Cloruri (µµµµg/g ss) 361±29 Fosfati (µµg/g ss) µµ 13±0,7 Solfati (µµµµg/g ss) 16±1,3 N/O 1,1±0,08 B/E3 0,7±0,05 AL/AR 0,5±0,04 IG (%) 88±7,0

Deidrogenasi tot. (µµµµg INTF/g ss*h) 0,24±0,01 β β β β-glucosidasi tot. (µµµµg PNG/g ss*h) 188±35 Ureasi tot. (µµµµg NH3/g ss*h) 24±1,9 Fosfatasi tot. (µµg PNF/g ss*h ) µµ 339±4,1 Proteasi tot. (µµµµg NH3/g ss *h) 39±1,95

Sulla base dei parametri chimici, il terreno (tab. 1) è stato classificato come segue: • a reazione neutra

• non salino

• medio contenuto in sostanza organica • buon contenuto in azoto

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Materiali

Gli ammendanti

Gli ammendanti utilizzati nella sperimentazione sono un vermicompost da acque di vegetazione e un compost convenzionale da RSU. I parametri chimici, biochimici e chimico-strutturali dei due ammendati sono riportati in tab. 2

Tabella 2 – Parametri chimici, chimico-strutturali biochimici e dei due ammendanti utilizzati nella sperimentazione.

Parametri Vermicompost Compost convenzionale

pH 7,7±0,4 7,7±0,5 CE (mS/cm) 0,76±0,10 0,44±0,08 N totale (%) 1,5±0,003 1,1±0,035 C organico totale (%) 29,7±0,7 11,1±0,3 C/N 20,1±2,1 10,4±0,7 Nitrati (µµµµg/g ss) 2564±178 432±26 Ammoniaca (µµg/g ss) µµ 6,1±0,3 13,5±1,7 C idrosolubile (µµg/g ss) µµ 2237±30 2457±38 C umico (µµµµg/g ss) 53814±3767 53676±3221 Acidi Umici (µµµµg/g ss) 774±38 18536±1483 Acidi Fulvici (µµg/g ss) µµ 53039±3713 35140±3757 Cloruri (µµµµg/g ss) 40±3 143±8,58 Fosfati (µµµµg/g ss) 678±41 68±4,1 Solfati (µµg/g ss) µµ 51±3,6 276±22 N/O 0,8±0,06 1,0±0,08 B/E3 0,7±0,04 1,1±0,1 AL/AR 0,4±0,03 0,5±0,0 IG (%) 80±6,4 79±7,10

Deidrogenasi tot. (µµµµg INTF/g ss*h) 3,8±0,21 4,5±0,07

β ββ β-glucosidasi tot. (µµµµg PNG/g ss*h) 1087±45 183±7 Ureasi tot. (µµµµg NH3/g ss*h) 115±10,35 88±6,16 Fosfatasi tot. (µµµµg PNF/g ss*h ) 1471±133 355±40 Proteasi tot. (µµg NHµµ 3/g ss *h) 58±3,48 26±1,82

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Materiali

34

Calcolo della necessità di compost

Il calcolo si basa sul bilancio tra apporto e perdita di sostanza organica del terreno.

Calcolo delle perdite di sostanza organica:

Se il peso specifico apparente di un terreno di medio impasto lavorato a 30 cm di profondità è 1,2 t/m3, il peso di un ettaro di terreno è:

10.000 m2/ha × 0,3 m × 1.200 kg/m3 =3.600.000 kg/ha Contenuto in s. o. del terreno: 2,5 % * 1,724 = 4,31 %

Se il contenuto in sostanza organica del terreno è pari al 4,31 % del suo peso: 3.600.0000 × 4,31 % = 155000 kg di sostanza organica da reintegrare

Ipotizzando un coefficiente di mineralizzazione del 2%:

155.000 kg ×2% = 3100 kg/ha di humus mineralizzato

Per conoscere il contenuto in sostanza organica nei due ammendanti è necessario moltiplicare la percentuale di carbonio organico totale per un fattore di conversione: 1,724

Sostanza organica nel vermicompost: 29,7% di C org. tot. * 1,724 = 51,2%

Sostanza organica nel compost convenzionale: 11.1% di C org. tot. * 1,724 = 19,1 %

Necessità di vermicompost per il reintegro della sostanza organica mineralizzata = 3100 kg/s.o.c./K1 = 30273 kg/ha

Necessità di compost convenzionale per il reintegro della sostanza organica mineralizzata = 3100

kg/s.o.c./K1= 81151 kg/ha dove:

s.o.= sostanza organica (%)

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Materiali

Necessità di vermicompost per parcella: circa 6 kg.; poiché il ciclo biologico delle specie vegetali utilizzate copre circa 4 mesi dell’anno, si considera un apporto di 2 kg di vermicompost per parcella.

Necessità di compost per parcella: 16 kg; per gli stessi motivi sopra citati, si considera un apporto di 5 kg di compost per parcella.

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Materiali

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Schede botaniche

Brassica oleracea L. convar. botrytis (L.) Alef. var. botrytis

Figura 18 - Disegno di Rembert Dodoens/Rembertus Dodonaeus del 1544 (probabilmente la prima opera manoscritta in cui compare un cavolfiore)

Figura 19 - Fotografia della parte edule della pianta Brassica oleracea L. convar. botrytis

Questa specie vegetale fa parte della famiglia delle Brassicaceae, meglio nota col nome classico ma non più valido di Cruciferae.

Il cavolfiore è pianta con radice fittonante, fusto di altezza variabile dai 15 ai 50 centimetri, con foglie più o meno sviluppate, le più alte delle quali, avvolgono il germoglio. L'ipertrofia della gemma apicale porta alla formazione di una infiorescenza molto sviluppata che costituisce la parte commestibile della pianta.

Si conoscono oltre duemila varietà orticole che si differenziano essenzialmente per la forma dell'infiorescenza o germoglio. Il criterio di distinzione utilizzato per il cavolfiore è l'epoca di maturazione.

Il cavolfiore è una pianta adatta ai climi temperati. La germinazione avviene a temperature minime di 6 °C e massime di 35 °C, con optimum intorno a 25 °C. Le cv autunno-invernali si impianto in estate e quindi durante le prime fasi di vegetative richiedono temperature alte (20-25 °C media mensile), mentre in seguito, durante la formazione della testa, temperature di 10-15 °C sono indispensabili per ottenere corimbi compatti e di buona qualità.

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Materiali

Nei riguardi del terreno il cavolfiore è una pianta poco esigente, potendosi adattare a tutti i tipi di terreno, anche a quelli a tessitura sottile perché ben strutturati e arricchiti in sostanza organica; il pH ottimale è compreso tra 6- 7; nei riguardi della salinità è considerata specie abbastanza tollerante ad esclusione delle prime fasi vegetative. Nei terreni acidi il cavolfiore è soggetto a carenze di molibdeno ed all’ernia del cavolo. Le esigenze idriche sono elevate, tuttavia la irrigazione si richiede solo nelle prime fasi della coltura in estate in quanto nel periodo autunno-invernale le piogge sono normalmente sufficienti a soddisfare il fabbisogno.

Le esigenze nutritive del cavolfiore non sono rilevanti tuttavia la pianta reagisce in maniera evidente alla concimazione, soprattutto azotata o fosfoazotata. Il rapporto di asportazione tra N: P2O5: K2O risulta di 1:0,4:1,25 per produzioni di 300 q/ha di

corimbi si considera un fabbisogno per ha di 120 Kg di N, 48 Kg di P2O5, 150 Kg di

K2O.

La raccolta si effettua quando l'infiorescenza è già sviluppata ed ancora compatta e hanno raggiunto una sufficiente grandezza (minimo 11-13 cm di diametro).

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Materiali

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Cichorium intybus L. v. foliosum Bishoff

Figura 20 - Fotografia della parte edule e fittone della Cichorium intybus L. v. foliosum, coltivata ai nostri giorni

Figura 21 - La cicoria selvatica nell'iconografia del Cruijdeboeck di Rembert Dodoens/ Rembertus Dodonaeus (1544)

Figura 22 - La cicoria coltivata nell'iconografia del Cruijdeboeck di Rembert Dodoens/ Rembertus Dodonaeus (1544

Di questo genere di piante fanno parte molte diverse specie, tra le quali le più conosciute sono i radicchi da taglio a foglie verdi o rosse, le cicorie da foglie, da radici e da germogli ed infine le cicorie e i radicchi da forzare.

La specie più diffusa è la Cichorium intybus, che può essere annuale, biennale o perenne. Le foglie sono di dimensioni decrescenti (più grandi quelle più in basso e più piccole quelle più alte), e i fiori sono color azzurro chiaro e raggruppati in capolini ascellari o terminali. I frutti sono achenii color sabbia, e spesso vengono scambiati per semi. All' interno di ogni achenio è contenuto solo un seme.

Si tratta di una specie microterma

La cicoria è specie a microterma, a basse esigenze termiche e con buona resistenza al freddo (0,-2 °C) per brevi periodi.

I terreni profondi e freschi, ben dotati di sostanza organica, sono i più idonei allo svolgimento delle colture, anche se la cicoria si adatta bene ai terreni pesanti, purché ben drenati; il pH ottimale è compreso tra 6 e 7.

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Materiali

Le asportazioni minerali variano con livelli e tipo di produzione, tuttavia si considerano valori di 0,4-0,7 Kg di N; 0,2-0,4 Kg di P2O5 e rapporto spostato a favore del potassio; è

considerata una pianta a medie esigenze nutritive.

Come pratica di concimazione viene consigliato l’impiego del letame (300-400 q/ha) e del fosforo (200 Kg/ha di P2O5) alla preparazione del terreno, a cui seguirà la

concimazione azotata in copertura (100 Kg/ha di N); in caso di terreni poveri di K viene consigliato di distribuire 200-250 Kg/ha di K2O, parte all’impianto e parte in copertura

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Materiali

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Foeniculum vulgare Miller

Figura 23 - Fotografia della parte edule della pianta Foeniculum vulgare Figura 24 - Disegno dell’infiorescenza e la parte edule.

Il finocchio è pianta perenne (della famiglia delle Umbrelliferae) dal fusto ramificato, alta fino a 2 m, spontanea nelle località aride delle zone mediterranee; possiede foglie verde scuro e produce piccoli fiori gialli raccolti in ombrelle terminali. Su queste si sviluppano in estate i frutti, prima verdi e poi grigiastri, di odore aromatico.

Il finocchio è specie a medie esigenze termiche, con temperature ottimali per la crescita comprese tra 15 e 25 °C; la temperatura minima per la germinazione è di 7 °C, le semine effettuate in condizioni di temperatura elevata con fotoperiodo lungo predispongono alla prefioritura od alla produzione di grumoli scadenti, analogamente agli stress idrici nel periodo estivo.

Il finocchio preferisce terreni profondi fertili e freschi, ben dotati di sostanza organica, con pH intorno alla neutralità; non sono adatti i terreni troppo sciolti o compatti con ristagni di umidità.

Le esigenze idriche sono rilevanti sopratutto nelle fasi iniziali della coltura quando l’apparato radicale non si è ancora approfondito; il finocchio cresce rapidamente in condizioni di umidità elevata e costante nel terreno.

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Materiali

Le esigenze nutritive sono medie, con asportazioni, per produzione di grumoli di 450 q/ha, di 30 Kg di N, 105 Kg di P2O5 e 484 Kg K2O con un rapporto di 1:0,32:1,52. per

questa coltura è considerata molto efficace la concimazione organica (300-400 Kg di letame maturo).

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Materiali

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Allium porrum L.

Figura 25 - Fotografia dell’Allium porrum L

Figura 26 - Tavola botanica dell’Allium porrum L

Il porro (Allium ampeloprasum var. porrum (L.) J. Gay) è un ortaggio facente parte, con la cipolla e l'aglio, delle Liliaceae, la famiglia delle cipolle;è una pianta da orto coltivata in tutta l'Italia e originaria probabilmente delle regioni mediterranee.

Pianta biennale viene coltivata come annuale. Alta 40-80 cm, ha un apparato radicale fascicolato formato da numerosissime radici sottili, queste si originano da un fusto ridotto. Nel fusto sono inserite anche le foglie lineari e lanceolate, strettamente sovrapposte le une alle altre nella porzione basale, e disposte in due serie opposte. Il porro si adatta tanto a climi temperato-caldi che quelli temperato-freddi. La temperatura minima di germinazione è di 12 °C; durante la crescita le temperature ottimali sono comprese tra 15 e 25°C.

I terreni più adatti sono quelli di impasto di impasto medio, con buona capacità idrica di ritenuta, ma senza problemi di drenaggio; una buona dotazione di sostanza organica è favorevole per la crescita, così come un pH compreso tra 6 e 7; scarsa è la tolleranza alla alle elevate salinità.

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Materiali

Le asportazione su colture invernali sono di medie esigenze, per Kg di prodotto, sono di 0,31 Kg di N, 0,08 Kg di P2O5 e 0,31 Kg di K2O, con un rapporto di 1:0,26:1 per

produzione di 400 q/ha si considera un fabbisogno netto 123 Kg di N, 32 Kg di P2O5 e

125Kg K2O; nella pratica si consiglia l’impiego di 400-500 q/ha di letame ben maturo

da interrare nella preparazione del terreno.

L’irrigazione è quasi sempre indispensabile (ad esclusione del periodo invernale) per avere buone produzioni.

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Metodologie analitiche

METODOLOGIE ANALITICHE

I campioni di terreno, dopo essere stati essiccati a temperatura ambiente, sono stati pestati e passati al setaccio con maglie di 2 mm. Sulla frazione con diametro inferiore a 2 mm sono state eseguite le analisi fisiche, chimiche, biochimiche e chimico-strutturali. Le analisi fisiche comprendono:

• tessitura

Le analisi chimiche comprendono: • pH; • conducibilità elettrica; • ammoniaca; • carbonio totale; • azoto totale; • carbonio idrosolubile; • carbonio estraibile totale; • acidi umici;

• acidi fulvici; ; • anioni; • polifenoli.

Le analisi biochimiche comprendono: • deidrogenasi totale;

• β-glucosidasi totale; • proteasi totale; • ureasi totale; • fosfatasi totale.

Le analisi chimico-strutturali comprendono: • pirolisi-gas cromatografia.

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Metodologie analitiche

40 (biomassa fresca) durante la fase fenologica corrispondente alla produzione destinata al consumo.

Preparazione del campione

Estratti acquosi

Gli estratti acquosi vengono preparati per poter eseguire le analisi di pH, conducibilità elettrica, carbonio totale e carbonio idrosolubile.

In tubi di plastica da centrifuga si pongono terreno ed acqua distillata in rapporto 1:10 peso/volume. Le sospensioni vengono poste ad agitare in bagno termostatico (tipo Doubnoff) a 60°C per un’ora e successivamente centrifugate a 15000 rpm per 15 minuti. Il sopranatante viene filtrato su membrana batteriologica MILLIPORE della porosità di 0,45 µm di diametro e trasferito in altri contenitori. Gli estratti così preparati vengono conservati a 4°C.

Estratti in pirofosfato alcalino

Su tali estratti vengono determinati il carbonio estraibile totale e gli acidi umici e fulvici.

In tubi di plastica da centrifuga si pongono il terreno e la soluzione di pirofosfato di sodio alcalino 0,1M (Na-PPi/H3PO4), pH 11, in rapporto 1:10 peso/volume. I tubi

vengono posti ad agitare in bagno termostatico a 60°C per 4ore. Gli estratti vengono quindi centrifugati a 9000 rpm per 15 minuti e il sopranatante viene filtrato su membrana batteriologica MILLIPORE della porosità di 0,45 µm.

Per lo svolgimento delle analisi di laboratorio sono stati utilizzati reagenti con le seguenti caratteristiche: i substrati per la misura delle attività enzimatiche quali, il p-Iodo-Nitro-Tetrazolium-chloride (INT), il Para-Nitrofenil-Glucopiranoside (PNG), il Para-Nitrofenil-Fosfato (PNP) e l’N-α-Benzoil-L-α-Arginammide-Hydrochoride (BAA) sono stati acquistati dalla Fluka (Svizzera) e sono stati utilizzati senza ulteriore purificazione. I reattivi impiegati per la preparazione delle soluzioni sono stati acquistati dalla Carlo Erba (Italia).

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Metodologie analitiche

Analisi fisiche

Tessitura

PRINCIPIO: La granulometria consiste nella determinazione della distribuzione delle particelle singole del terreno in base al loro diametro. Normalmente la separazione delle singole particelle con diametro maggiore di 0.2 mm si esegue mediante setacci; per la frazione di diametro inferiore si ricorre a criteri idrodinamici fondati sulla differenza di velocità di sedimentazione di particelle con peso diverso.

Le determinazioni sono state effettuate su 10 g di suolo essiccato all’aria e setacciato a 2 mm. Il suolo in esame è stato posto in un becher da 200 ml e ad esso è stata aggiunta acqua deionizzata fino ad un volume di 30-40 ml e 5 ml di esametafosfato di sodio (NaPO3)6 al 5%. Il tutto è stato posto ad agitare su agitatore magnetico per un paio

d’ore. Il contenuto del becher è stato poi versato in un levigatore di Andreasen, portato a volume con acqua deionizzata e agitato per circa 2 minuti in modo da ottenere una sospensione omogenea. Una volta terminata l’agitazione sono stati attesi 9 minuti e 36 secondi per eseguire il primo prelievo, che è costituito da limo e argilla (L+A). La sospensione restante è stata nuovamente agitata e lasciata a sedimentare per 16 ore, al fine di eseguire il prelievo dell’argilla (A). Ogni frazione è stata raccolta in una capsula tarata e successivamente posta in stufa prima di essere pesata.

Calcolo: Argilla (%)=(AD)⋅VV P l p 100 Limo (%)=(LD)⋅VV P l p 100 Sabbia (%) =100−(L+ A )

D = peso del disperdente (esametafosfato di sodio) Vl = volume del levigatore

Vp = volume prelevato

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Metodologie analitiche

42

Analisi chimiche

pH

Il pH è stato misurato con elettrodo combinato METROHM sugli estratti acquosi (1:10) dei campioni.

Conducibilità elettrica

La conducibilità elettrica è stata determinata sugli estratti acquosi (1:10) dei campioni mediante una cella a lamine di platino distanti 1cm (PHILIPS). I valori sono espressi come mS/cm.

Azoto ammoniacale

L’ammoniaca è stata determinata sugli estratti acquosi mediante l’elettrodo selettivo per l’NH3. La lettura è stata effettua su 10ml di estratto acquoso, ai quali sono stati aggiunti 0,1ml di NaOH (10 M) per liberare l’NH3 gassosa; la soluzione è stata mantenuta costantemente in agitazione tramite un agitatore magnetico.

Carbonio organico totale

La determinazione del carbonio totale (frazione organica e frazione inorganica) è stata effettuata su 50-100 mg di terreno setacciato molto fine, attraverso l’utilizzo di un analizzatore elementare, RC-412 MULTIPHASE CARBON. Il metodo è fondato sulla completa ed istantanea ossidazione del campione per “flash combustion” con conseguente conversione di tutte le sostanze organiche ed inorganiche in prodotti gassosi. Attraverso l’analisi del campione, in atmosfera ossidativa, tutte le forme di carbonio (ad eccezione di qualche carburo simile a SiC) sono state convertite in CO2. Il campione è stato introdotto all’interno di una fornace impostata per passare da una temperatura di 300°C a 950°C. Con l’aumentare della temperatura si ha la combustione delle diverse forme del carbonio; per la parte organica il range di temperatura di ossidazione-volatilizzazione è compreso fra i 300°C e i 600°C, mentre per la frazione inorganica tra i 650°C e i 950°C. La CO2 prodotta è trasportata tramite un flusso di ossigeno fino ad una cella IR, dove attraverso un sistema di spettrometria infrarossa lo strumento è in grado di determinare l’identità e la quantità delle molecole residenti all’interno della cella. Il quantitativo di carbonio è stato espresso in percentuale.

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Metodologie analitiche

Azoto totale

La determinazione dell’azoto totale è stata effettuata su 60-80 mg di campione setacciato molto fine, attraverso l’utilizzo di un analizzatore elementare FP-528 PROTEIN/NITROGEN DETRMINATOR. Il metodo è fondato sulla completa ed istantanea ossidazione del campione per “flash combustion” (900°C) con conseguente conversione di tutte le sostanze organiche ed inorganiche in prodotti gassosi.

Tutte le forme di azoto sono convertite (atmosfera ossidativa) in ossidi di azoto (NOx), raccolte e infine ridotte ad azoto molecolare (N2). Tra i prodotti della combustione sono presenti anche CO2 e H2O che sono eliminati grazie alla presenza di due trappole che ne consentivano la cattura.

La quantità dell’azoto è rilevata da una cella a conducibilità termica ed espressa in percentuale.

L’apparecchio è stato calibrato con EDTA con concentrazioni di azoto pari a 9,57%.

Carbonio idrosolubile

Il carbonio idrosolubile è stato determinato sugli estratti acquosi mediante prove effettuate in triplo preparate in tubi di vetro pirex da 20 ml muniti di tappo.

Prove: 2 ml di estratto + 1 ml di K2Cr2O7 2N + 2 ml di H2SO4 concentrato

Bianco: 2 ml di H2O distillata + 1 ml di K2Cr2O7 2N + 2 ml diH2SO4 concentrato

Prove e bianco vengono agitati mediante agitatore meccanico, dopodichè vengono tappati e posti in Block Digestor (Technicon 40) alla temperatura di 150°C per 2 ore. Dopo raffreddamento sono state effettuate le letture spettrofotometriche alla lunghezza d’onda di 590nm, contro il bianco ottenuto nelle stesse condizioni sperimentali delle prove ma in assenza di campione. Le densità ottiche rilevate dallo strumento sono state trasformate in concentrazioni, espresse in µg C/gss di terreno, mediante una retta standard ricavata da concentrazioni note di Carbonio (come glucosio) trattato nelle stesse condizioni.

Carbonio umico

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Metodologie analitiche

44 Le prove sono state scaldate alla temperatura di 150°C per due ore. Dopo il raffreddamento sono state effettuate le letture spettrofotometriche alla lunghezza d’onda di 590 nm, contro il bianco ottenuto nelle stesse condizioni sperimentali delle prove ma in assenza di campione. Le densità ottiche rilevate dallo strumento sono state trasformate in concentrazioni, espresse in µgC/gss di terreno mediante una retta standard ricavata da concentrazioni note di carbonio (come glucosio) trattato nelle stesse condizioni.

Acidi fulvici (CAF)

La determinazione degli acidi fulvici è stata condotta sull’estratto in pirofosfato alcalino trattato con H2SO4 concentrato fino al raggiungimento del valore 2 di pH. A questo pH infatti, gli acidi umici precipitano mentre gli acidi fulvici rimangono in soluzione.

Prove: 2 ml di estratto + 1ml di K2Cr2O7 2N + 2 ml di H2SO4 concentrato

Bianco: 2 ml di H2O distillata + 1 ml di K2Cr2O7 2N + 2 ml diH2SO4 concentrato

Le prove sono state scaldate alla temperatura di 150°C per due ore. Dopo raffreddamento sono state effettuate le letture spettrofotometriche alla lunghezza d’onda di 590 nm, contro il bianco preparato nelle stesse condizioni sperimentali, ma in assenza di campione. Le densità ottiche rilevate dallo strumento sono state trasformate in concentrazioni, espresse in µgC/gss di materiale organico mediante una retta standard ricavata da concentrazioni note di C-glucosio.

Acidi umici (CAU)

La determinazione degli acidi umici avviene per differenza tra il carbonio estraibile in PPi-NaOH 0,1M a pH 11 del campione e il carbonio di acidi fulvici dello stesso estratto. Anioni

I nitrati, fosfati, solfati e cloruri sono stati determinati sugli estratti acquosi mediante cromatografia ionica. Per la loro quantificazione sono state preparate delle rette di taratura mediante l’impiego di soluzioni standard a concentrazione nota, nell’intervallo 0,5-30 µg/ml. Le misure sono state espresse in µg di anione/gdi materiale organico solido essiccato all’aria.

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Metodologie analitiche

Polifenoli

La miscela degli acidi fosfotungstico (H3PW12O40) e fosfomolibdico (H3PMo12O40) (reattivo di Folin-Ciocalteaus) ossida in ambiente basico (Na2CO3) gli OH fenolici e si riduce dando una miscela di ossidi W8O23 e Mo8O23 di colore blu, con un massimo di assorbimento tra 725-750 nm.

I polifenoli sono stati determinati sugli estratti acquosi (1:10).

Prove: 0,5ml di estratto + 3,5ml di Na2CO3 3,7% + 0,5ml di CuSO4 0,06%.

Le prove sono state agitate a temperatura ambiente per 30 minuti. L’eventuale precipitato è stato eliminato per centrifugazione. Successivamente è stato aggiunto 0,5ml di reattivo FOLIN-CIOCALTEU (1:4); quindi i campioni sono stati nuovamente agitati per 15 minuti a 35-40°C. Il colore si trasforma gradualmente da giallo-verde in blu. Infine sono state effettuate letture spettrofotometriche alla lunghezza d’onda di 725nm, contro un bianco preparato nelle stesse condizioni sperimentali, contenente tutti i reagenti escluso il campione. Le densità ottiche rilevate dallo strumento sono state trasformate in concentrazioni, espresse in µgfenolo/ml, mediante una retta standard preparata con concentrazioni note di fenolo trattato nelle stesse condizioni.

Figura

Figura 16 - Schema della disposizione spaziale dei controlli (giallo), trattamento con vermicompost  (verde) e trattamento con compost convenzionale (arancio) delle 36 parcelle coltivate con le quattro  specie
Figura  17  –  Il  triangolo  USDA  per  la  classificazione  del  terreno  sulla  base  delle  frazioni  granulometriche
Tabella 1 – Parametri chimici, chimico-strutturali biochimici e   del terreno utilizzato nella sperimentazione
Tabella 2 – Parametri chimici, chimico-strutturali biochimici e dei due ammendanti utilizzati nella  sperimentazione
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