Roberto Capone
Il caos deterministico
Il cavolo romano
I Sistemi caotici come modelli creativi
“Vedere un mondo in un grano di sabbia e un universo in un fiore di campo, possedere l’infinito sul palmo della mano e l’eternità in un’ora” (W. Blake)
“… questo grandissimo libro della natura che
continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l’universo) non si può intendere se prima non si impara a intender la lingua e conoscere i caratteri ne’ quali è scritto. Egli è scritto in
lingua matematica e i
caratteri son triangoli, cerchi ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è
impossibile a intendere
umanamente parola: questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto” (G. Galilei)
"Il più bello dei mondi è un mucchio di rifiuti gettato dal caso"
Introduzione
“Il mondo si può guardare con gli occhi di un poeta, contornandolo di una velata malinconia o di una stravaganza frenetica; si può, con l’immaginazione, varcare i confini del reale, perdersi nella molteplicità dei mille colori di un bosco, credere che un bacio sia un miracolo divino…
Quando uno scienziato si guarda intorno, invece,, cammina sotto la pioggia e pensa all’angolo che essa forma con l’orizzontale, pensa alle parole come alla propagazione nel vuoto del suono, al sesso come a un processo iterativo di input e output…
Oggi, con la sensibilità del poeta, il matematico si perde nella complessità dei mille colori della storia assaporando il gusto di nuove conoscenze, percorrendo sentieri inesplorati e si abbandona a inusitate follie”.(R.Capone)
Pierre-Simon de Laplace disse:
”…Un’intelligenza che , per un istante
dato, conoscesse tutte le forze da cui la natura è animata … abbraccerebbe nella stessa formula i moti dei corpi più grandi dell’universo e quelli dell’atomo più leggero: per essa non ci sarebbe nulla d’incerto e il futuro come il passato sarebbe presente ai suoi occhi…” (1825)
Attraverso i secoli
Eraclito (VI sec. a.C.) Democrito e Leucippo Anassimandro
Epicuro
In tutto c’è parte di tutto
Dall’antica Grecia
• Lucrezio • Newton • Leibnitz
Data aequatione quotcunque fluentes quantitae involvente fluxiones invenire et vice versa
Ai giorni nostri
Laplace (XVIII secolo) Brown (1753 - 1858) Einstein (1879 - 1955) Heisenberg (1927)
Gauss (1777 – 1855) Poincarè (1854 – 1912)
Il Moto Browniano
Già Robert Brown (botanico scozzese) nel lontano 1827, servendosi di un comune microscopio analizzando il comportamento dei granelli di polline immersi in acqua, scoprì che essi si muovono in modo costante , casuale e turbolento, senza relazione con correnti presenti nell’acqua
1827 Gay-Lussac “I gas reagiscono l’uno contro
l’altro secondo proporzioni definite per volume”
A. Avogadro “a TPS tutti i gas contengono uno stesso
numero di particelle in un dato volume”
1858 S. Cannizzaro riconobbe valida l’ipotesi di
Avogadro
1865 J. Lodschmidt stimò il diametro delle
molecole di gas e riuscì a calcolare il numero di molecole in un dato volume di gas a TPS
Seconda metà dell’800 Maxwell e
Boltzmann
“I gas sono composti da molecole in
collisione. Purtroppo il loro moto non è governato dalle leggi della meccanica newtoniana ma se ne puo’ solo
Ogni corpo è costituito da molecole; esse non sono ferme ma oscillano continuamente
La velocità media delle molecole dipende dalla temperatura
Nei solidi e nei liquidi le molecole sono più legate tra loro, oscillano minor ampiezza e non si
spostano sensibilmente
Nei gas le molecole sono più libere e possono anche diffondere
Einstein e il moto browniano
Albert Einstein (1905 - Über die von der molekularkinetishchen
Theorie der Warme gefordete Bewegung von in ruhenden Flussigkeiten suspendierten Teilchen
Einstein puntava , non già come Gibbs ad ottenere una teoria rigorosa che non richiedesse assunzioni sulle molecole, ma trovare prove sulla loro stessa esistenza. Di qui la prima esigenza: dimostrare che moti di tipo browniano esistevano, in natura, come conseguenze della teoria cinetica e che essi si offrivano come referenti per misurazioni di laboratorio capaci di offrire informazioni fondamentali sulla dimensione degli atomi.
Il polline - afferma Einstein - si muove perché
incessantemente colpito, in modo casuale ed imprevedibile, dalle molecole d'acqua che lo circondano e che sono in continuo movimento per agitazione termica
Einstein dimostrò che la distanza media percorsa
dalla particella aumentava in ragione della radice
quadrata del tempo trascorso, in modo, trascorso un
tempo sufficiente, da ritrovarla in un punto molto distante da quello originario
Ma perché Einstein disse "radice quadrata"?
Essa rappresenta una caratteristica del tutto peculiare
e originale della previsione di Einstein.
Infatti essa prevede che in quattro secondi la
particella non si sposterà quattro volte più distante di quanto si sposti in un secondo, ma solo due.
In particolare, Einstein previde che a temperatura
ambiente una particella si sposti a distanza pari ad un decimillesimo di centimetro al secondo
Interpreta il fenomeno in termini di urti con le
molecole del liquido, dando una svolta decisiva ai futuri sviluppi della teoria del rumore e delle
fluttuazioni, ma sopratutto alle nascenti teorie atomiche.
Facevano acqua da tutte le parti i modelli di: Thomson (modello a panettone)
Rutherford (modello planetario)
In questo fervido contesto culturale si individuano
anche le figure di due matematici italiani: Gregorio Ricci Curbastro (1853-1925) e Tullio Levi-Civita (1873-1941)
Interactive physic
M=50 N=100 E=465J N=400 E=1630J N=1600 E=6720J M=100 N=100 E=449J N=400 E=1655J N=1600 E=6496J
Dimostrazione matematica
una particella di massa M immersa in un
fluido, all'equilibrio termodinamico, ad una temperatura T.
Questa particella sarà soggetta ad un attrito
viscoso , dove λ è il coefficiente di attrito viscoso e è la velocità della particella stessa, e dalla forza risultante dagli urti con le molecole che compongono il fluido. Riguardo a questa forza aleatoria possiamo fare le seguenti ipotesi:
Macroscopicamente una particella soggetta ad un
moto browniano subisce, in un tempo infinitesimo δt, uno spostamento distribuito come una gaussiana con
media nulla e varianza 2Dt. Un metodo per studiare questo moto è quello di studiare come evolve la densità di probabilità di trovare la particella nella posizione ad un tempo t + δt.
Questa può essere riscritta come la probabilità che la
particella si trovasse in r ad un tempo t, moltiplicata per la probabilità condizionata che, nell'intervallo di tempo δt, la particella si sia spostata da r a r+dr integrata su tutti gli r :
dove la probabilità condizionata, per quanto visto
Ho sfruttato lo sviluppo in serie di Taylor perché per dt piccoli anche dr saranno piccoli ottenendo la ben nota equazione di diffusione
Si racconta che Heisenberg, uno dei padri della Fisica
quantistica e premio Nobel per la Fisica nel 1932, pochi minuti prima di morire abbia detto: “…quando
nell'aldilà avrò l'opportunità di interrogare il Creatore, gli voglio chiedere due cose: perché la relatività e
perché la turbolenza. Almeno sulla prima spero di ottenere una risposta…".
Non è possibile sapere dove si trova una particella e
seguirla nella sua traiettoria (non esiste più alcuna traiettoria); né si può sperare di trovarla in un determinato punto (la probabilità è zero). Ci si deve accontentare della probabilità di avere la particella in un certo volume dello spazio.
Wolfgang Ernst Pauli (1900 – 1958)
Le conseguenze del principio di indeterminazione di
Heisenberg sono devastanti. Si può finalmente dire addio alle insoddisfacenti orbite planetarie di Rutherford, perché il concetto stesso di orbita non ha più senso. Infatti, ciò che rende unica una traiettoria, che si trova risolvendo le equazioni di Newton, è la conoscenza simultanea di posizione e velocità iniziali di una particella. Ma è proprio ciò che in meccanica quantistica non si può avere!
È Born ad accorgersi che l'algebra soggiacente al
modello di Heisenberg non è commutativa: ab non è uguale a ba. Ciò vuol dire che a e b non possono
essere numeri, ma devono essere quelle tabelle di numeri che i matematici chiamano matrici. I fisici non sono abituati a questo formalismo, ma non
…ogni individuo, anche il più chiuso nella vita più banale, costituisce in sé stesso un cosmo.
Porta in sé le sue molteplicità
interiori, le sue personalità virtuali, un’infinità di personaggi chimerici, una molteplice esistenza nel reale e nell’immaginario, nel sonno e nella veglia, nell’obbedienza e nella
trasgressione, nell’ostentato e nel segreto;
porta in sé brulichii larvali nelle
proprie caverne e nei propri abissi insondabili. Ognuno contiene in se galassie di sogni e di fantasmi, slanci inappagati di desideri e amori, abissi di infelicità,
immensità di glaciale indifferenza, conflagrazioni di astri in fiamme, irruzioni di odio, smarrimenti
stupidi, lampi di lucidità e dementi burrasche …