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Applicazione e sviluppo di una metodologia di analisi di vulnerabilità sismica : la scheda CARTIS applicata a cinque centri storici lombardi

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Relatrice:Prof.ssa Giuliana Cardani

Federica Oggioni851445 Marta Pagani851115 APPLICAZIONE E SVILUPPO DI UNA METODOLOGIA DIANALISI

DIVULNERABILITA’ SISMICA: la scheda CARTIS applicata a

cinque centristoricilombardi

Anno Accademico 2016/2017 CARAVAGGIO TREVIGLIO RIVOLTA D’ADDA SALO’ GARDONE RIVIERA

POLITECNICO DIMILANO

SCUOLA DIARCHITETTURA,URBANISTICA, INGEGNERIA DELLE COSTRUZIONI

Corso diLaurea Magistrale in Architettura

(2)
(3)

Indice

Indice delle figure Abstract

Introduzione ………....17

Capitolo 1: La sismicità italiana………...21

1.1. Il rischio sismico……….28

1.2. Breve ricostruzione dei danni socio-economici dei terremoti in Italia………. 33

1.3. Evoluzione della normativa e della classificazione sismica ………...35

Capitolo 2: Gli strumenti operativi per il rilievo dei danni………49

2.1. Scheda FAST………...53

2.2. Scheda STOP………....56

2.3. Scheda AEDES...65

2.4. Scheda CHIESE……….74

2.5. Scheda PALAZZI………...85

(4)

Capitolo 3:

La scheda CARTIS e la scheda edifici……….. 99

3.1. Le nozioni preliminari per la compilazione delle schede………103

3.2. La compilazione………..104

3.3. La raccolta dati………...121

3.4. Osservazioni critiche sulle schede………..122

3.5. Importanza di alcuni campi della scheda CARTIS ed edifici……….128

3.6. Il database ReLUIS………..…132

3.7. Incontro in Regione………137

Capitolo 4: Analisi dei centri storici tramite la scheda CARTIS ed edificio……….139

4.1. Caravaggio………..149

4.1.1. Breve storia………149

4.1.2. Principali caratteristiche………151

4.1.3. Osservazioni derivanti dalla schedatura CARTIS………155

4.2. Treviglio………..167

4.2.1. Breve storia………167

4.2.2. Principali caratteristiche………169

(5)

4.3. Rivolta d’Adda………188

4.3.1. Breve storia………188

4.3.2. Principali caratteristiche………193

4.3.3. Osservazioni derivanti dalla schedatura CARTIS………197

4.4. Salò……….206

4.4.1. Breve storia………206

4.4.2. Principali caratteristiche………208

4.4.3. Osservazioni derivanti dalla schedatura CARTIS………211

4.4.4. Le modifiche urbanistiche sul centro storico dopo il sisma del 190………..221

4.5. Gardone Riviera………..227

4.5.1. Breve storia………227

4.5.2. Principali caratteristiche………229

4.5.3. Osservazioni derivanti dalla schedatura CARTIS………236

Capitolo 5: Analisi critica dei risultati della scheda CARTIS………243

5.1. La metodologia di classificazione della vulnerabilità degli aggregati………..246

5.1.1. Caravaggio………..250

5.1.2. Treviglio………..258

(6)

5.1.4. Salò……….273

5.1.5. Gardone Riviera……….280

Capitolo 6: Suggerimenti per la salvaguardia e la conservazione degli edifici……….287

6.1. La vulnerabilità degli aggregati………289

6.2. Fasi di analisi dei singoli edifici………...296

6.3. Abaco interventi………305

6.3.1. Interventi sulle fondazioni……….314

6.3.2. Interventi sulle murature………...315

6.3.3. Interventi su pilastri e colonne………...321

6.3.4. Interventi sugli archi e le volte………324

6.3.5. Interventi sulle strutture orizzontali……….327

Conclusioni………331

Bibliografia / Sitografia………..337

(7)

Indice delle figure

Capitolo 1

Figura 1 – Schemi relativi al terremoto……… 24

Figura 2 – Mappa della pericolosità sismica (28 aprile 2006)……..………. 29

Figura 3 – Classificazione sismica del 1909 e del 1910-1915 (Fonte: https://arcg.is/rLymD)...37

Figura 4 – Classificazione sismica del 1916-1927 e del 1928-1933(Fonte: https://arcg.is/rLymD).……….. 39

Figura 5 – Classificazione sismica del 1934-1935 e del 1936-1938(Fonte: https://arcg.is/rLymD)...……… 41

Figura 6 – Classificazione sismica del 1939-1962 e del 1965-1976(Fonte: https://arcg.is/rLymD)………... 42

Figura 7 – Classificazione sismica del 1978-1984 e del 2003(Fonte: https://arcg.is/rLymD)...…………. 44

Figura 8 – Classificazione sismica del 2015………. 46

Capitolo 2 Figura 9 – Scheda FAST……… 55

Figura 10 – Struttura operativa schede STOP……… 58

Figura 11 – Schema dei dissesti e relative opere provvisionali ……… 60

Figura 12 – Schema dei dissesti e relative opere provvisionali……… 62

Figura 13 – Schema dei dissesti e relative opere provvisionali ……… 63

Figura 14 – Schema dei dissesti e relative opere provvisionali ……… 64

Figura 15 – Scheda AeDES………. 72

Figura 16 – Scheda AeDES………. 73

Figura 17 – Scheda chiese………. 80

Figura 18 – Scheda chiese………. 81

(8)

Figura 20 – Scheda chiese………. 83

Figura 21 – Scheda chiese………. 84

Figura 22 – Scheda palazzi………. 88

Figura 23 – Scheda palazzi………. 89

Figura 24 – Scheda palazzi………. 90

Figura 25 – Scheda palazzi………. 91

Figura 26 – Scheda palazzi………. 92

Figura 27 – Scheda palazzi………. 93

Figura 28 – Scheda palazzi………. 94

Capitolo 3 Figura 29 – Sezione 0 della scheda CARTIS……… 107

Figura 30 – Schemi della posizione della tipologia nel contesto urbano………. 109

Figura 31 – Sezioni 1 e 2 della scheda CARTIS……….. 110

Figura 32 – Abaco delle murature irregolari (Manuale AeDES)……….. 112

Figura 33 – Abaco delle murature sbozzate e regolari (Manuale AeDES)………... 113

Figura 34 – Abaco delle strutture orizzontali deformabili (Manuale AeDES)………115

Figura 35 – Sezione 3.1 A della scheda CARTIS……… 116

Figura 36 – Sezioni 3.1 B e 3.2 della scheda CARTIS………. 119

Figura 37 – Sezione 3.2 e note della scheda CARTIS……….. 120

Figura 38 – Disegni schematici relativi al martellamento e ai piani soffici……… 131

Figura 39 – Schermata iniziale del software con elenco dei comuni schedati……….. 134

Figura 40 – Schermata della pagina dedicata al comune preso in analisi, con la suddivisione in comparti ……… 134

(9)

Figura 41 – Schermata relativa alla suddivisione del comune in comparti………... 135

Figura 42 – Schermata relativa alle diverse tipologie presenti nel singolo comparto……….. 135

Figura 43 – Schermata iniziale delle schede edifici relative al comune………136

Figura 44 – Localizzazione dell’edificio preso in analisi all’interno del comparto……….. 136

Capitolo 4 Figura 45 – Classificazione sismica della regione Lombardia……….. 142

Figura 46 – Cartografia di base del comune con la distinzione delle epoche di costruzione, l’individuazione degli aggregati e dei codici identificativi degli edifici………145

Figura 47 – Immagini del file Excel relativo ai singoli comuni, codici identificativi e primi campi della scheda CARTIS……… 146

Figura 48 – Immagini del file Excel relativo ai singoli comuni, campo relativo alle vulnerabilità strutturali………147

Figura 49 – Inquadramento del comune di Caravaggio……….. 148

Figura 50 – Comune di Caravaggio con indicazione delle soglie storiche………. 152

Figura 51 – Comune di Caravaggio con indicazione dei comparti e degli aggregati………154

Figura 52 – Comune di Caravaggio con indicazione delle aree escluse……… 156

Figura 53 – Immagini relative alle principali aree escluse di Caravaggio……… 157

Figura 54 – Tipologie presenti nei vari comparti componenti il comune………. 164

Figura 55 – Immagini relative ad alcune voci della scheda CARTIS rilevate all’interno del comune…. 165 Figura 56 – Inquadramento del comune di Treviglio………. 166

Figura 57 – Comune di Treviglio con indicazione delle soglie storiche………. 170

Figura 58 – Comune di Treviglio con indicazione dei comparti e degli aggregati. ……….. 172

Figura 59 – Comune di Treviglio con indicazione delle aree escluse……… 174

(10)

Figura 61 – Tipologie presenti nei vari comparti componenti il comune………. 185

Figura 62 – Immagini relative ad alcune voci della scheda CARTIS rilevate all’interno del comune…. 186 Figura 63 – Inquadramento del comune di Rivolta d’Adda……… 187

Figura 64 – Localizzazione del lago Gerundio……….. 191

Figura 65 – Stato di utilizzazione delle cascine. Documento di piano della variante del PGT del 2016.. 192

Figura 66 – Comune di Rivolta d’Adda con indicazione delle soglie storiche……… 194

Figura 67 – Comune di Rivolta d’Adda con indicazione dei comparti e degli aggregati ………. 196

Figura 68 – Comune di Rivolta d’Adda con indicazione delle aree escluse……….. 198

Figura 69 – Immagini relative alle principali aree escluse di Rivolta d’Adda……….. 199

Figura 70 – Tipologie presenti nei vari comparti componenti il comune………. 203

Figura 71 – Immagini relative ad alcune voci della scheda CARTIS rilevate all’interno del comune…. 204 Figura 72 – Inquadramento del comune di Salò………. 205

Figura 73 – Comune di Salò con indicazione delle soglie storiche………. 209

Figura 74 – Comune di Salò con indicazione dei comparti e degli aggregati………...210

Figura 75 – Comune di Salò con indicazione delle aree escluse……… 212

Figura 76 – Immagini relative alle principali aree escluse di Salò……… 213

Figura 77 – Tipologie presenti nei vari comparti componenti il comune……….. 219

Figura 78 – Immagini relative ad alcune voci della scheda CARTIS rilevate all’interno del comune…. 220 Figura 79 – Centro storico di Salò. Tavole censuarie del catasto austriaco 1852. Archivio di Stato di Brescia (fonte: G. P. Treccani, Vulnerabilità sismica e salvaguardia del centro storico. Il caso di Salò (1901-70), Bagnolo Mella, Graficassette, 2005, pag. 204-05)……….. 225

Figura 80 – Centro storico di Salò. Tavole censuarie del catasto del Regno d’Italia 1898. Archivio di Stato di Brescia (fonte: G. P. Treccani, Vulnerabilità sismica e salvaguardia del centro storico. Il caso di Salò (1901-70), Bagnolo Mella, Graficassette, 2005, pag. 204-05)……….. 225

(11)

Figura 81 – Inquadramento del comune di Gardone Riviera………. 226

Figura 82 – Comune di Gardone Riviera con indicazione delle soglie storiche………. 230

Figura 83 – Comune di Gardone Riviera con indicazione dei comparti e degli aggregati……….. 232

Figura 84 – Comune di Gardone Riviera con indicazione delle aree escluse……… 234

Figura 85 – Tipologie presenti nei vari comparti componenti il comune………. 235

Figura 86 – Tipologie presenti nei vari comparti componenti il comune………. 241

Figura 87 – Immagini relative ad alcune voci della scheda CARTIS rilevate all’interno del comune…. 242 Capitolo 5 Figura 88 - Caravaggio con divisione comparti e identificazione del centro storico………. 250

Figura 89 - Classificazione delle vulnerabilità del centro storico……… 251

Figura 90 – Edifici a rischio rilevati nei vari aggregati componenti il centro storico ………. 255

Figura 91 – Edifici a rischio rilevati nei vari aggregati componenti il centro storico………. 256

Figura 92 – Immagini delle principali caratteristiche particolari del comune di Caravaggio……… 257

Figura 93 – Treviglio con divisione comparti e identificazione del centro storico………. 258

Figura 94 – Classificazione delle vulnerabilità del centro storico……… 259

Figura 95 – Edifici a rischio rilevati nei vari aggregati componenti il centro storico……….. 263

Figura 96 – Edifici a rischio rilevati nei vari aggregati componenti il centro storico……….. 264

Figura 97 – Immagini delle principali caratteristiche particolari del comune di Treviglio……… 265

Figura 98 – Rivolta d’Adda con divisione comparti e identificazione del centro storico……… 266

Figura 99 – Classificazione delle vulnerabilità del centro storico……… 267

Figura 100 – Edifici a rischio rilevati nei vari aggregati componenti il centro storico……… 271

Figura 101 – Immagini delle principali caratteristiche particolari del comune di Rivolta d’Adda……… 272

(12)

Figura 103 – Classificazione delle vulnerabilità del centro storico……….. 274

Figura 104 – Edifici a rischio rilevati nei vari aggregati componenti il centro storico di Salò e delle sue Frazioni……….………. 278

Figura 105 – Immagini delle principali caratteristiche particolari del comune di Salò………. 279

Figura 106 – Gardone Riviera con divisione comparti e identificazione del centro storico……… 280

Figura 107 – Classificazione delle vulnerabilità del centro storico……….. 281

Figura 108 – Edifici a rischio rilevati nei vari aggregati componenti il centro storico di Gardone Riviera e delle sue frazioni ……….. 285

Capitolo 6 Figura 109 – Cellule murarie (fonte: C. Donà (a cura di), Manuale delle murature storiche. Volume II, Roma, Tipografia del Genio Civile, 2011, pag. 147)……….294

Figura 110 – Schematizzazione delle Cellule e delle loro problematiche (fonte: C. Donà (a cura di), Manuale delle murature storiche. Volume II, Roma, Tipografia del Genio Civile, 2011, pag. 152-156)……….297

Figura 111 – Confronto tra lo stato di fatto ante sisma e la situazione post sisma rilevata nel comune di Amatrice……….. 308

Figura 112 – Confronto tra lo stato di fatto ante sisma e la situazione post sisma rilevata nel comune di Amatrice……….. 309

Figura 113 – Confronto tra lo stato di fatto ante sisma e la situazione post sisma rilevata nel comune di Amatrice……….. 310

Figura 114 – Confronto tra lo stato di fatto ante sisma e la situazione post sisma rilevata nel comune di Amatrice……….. 311

Figura 115 – Confronto tra lo stato di fatto ante sisma e la situazione post sisma rilevata nel comune di Amatrice……….. 312

Figura 116 – Interventi sulle fondazioni (fonte: C. Donà (a cura di), Manuale delle murature storiche. Volume II, Roma, Tipografia del Genio Civile, 2011, pag. 37 e 47)………. 316

(13)

Figura 117 – Interventi sulle murature (fonte: C. Donà (a cura di), Manuale delle murature storiche. Volume

II, Roma, Tipografia del Genio Civile, 2011, pag. 61, 70, 77, 85, 111, 137)……… 319

Figura 118 – Interventi sulle murature (fonte: C. Donà (a cura di), Manuale delle murature storiche. Volume

II, Roma, Tipografia del Genio Civile, 2011, pag. 95, 99)………322

Figura 119 – Interventi su pilastri e colonne (fonte: C. Donà (a cura di), Manuale delle murature storiche.

Volume II, Roma, Tipografia del Genio Civile, 2011, pag. 255, 260)………323

Figura 120 – Interventi sugli archi e le volte (fonte: C. Donà (a cura di), Manuale delle murature storiche.

Volume II, Roma, Tipografia del Genio Civile, 2011, pag. 161, 266, 283, 313, 326)……….326

Figura 121 – Interventi sulle strutture orizzontali (fonte: C. Donà (a cura di), Manuale delle murature

storiche. Volume II, Roma, Tipografia del Genio Civile, 2011, pag. 184, 192, 196, 201, 244, 245)…………330

Indice delle tabelle Capitolo 1

Tabella 1 – Tabella con confronto tra scala Mercalli e scala Richter……….26 Tabella 2 – Tabella dei terremoti più rilevanti avvenuti in Italia (Fonte: L. Fattori, P. Spatti, Manuale di

progettazione antisismica. Strutture in c.a. vasche e serbatoi sismoresistenti e tecniche di intervento su

edifici esistenti, Palermo, Grafill S.r.l., 2013, pag. 195-196.

http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/emerg_it_sismico.wp) ………....34 Tabella 3 – Tabella degli intervalli dei valori accelerazione a seconda della classificazione sismica….47 Tabella 4 – Tabelle con la variazione del numero di edifici appartenenti alle varie categorie sismiche……….47 Tabella 5 – Tabella con la variazione del numero di edifici appartenenti alle varie categorie sismiche……….48 Capitolo 5

Tabella 6 – Tabella con dati per la classificazione degli aggregati appartenenti al centro storico di Caravaggio………...254

(14)

Tabella 7 – Tabella con dati per la classificazione degli aggregati appartenenti al centro storico di Treviglio………..262 Tabella 8 – Tabella con dati per la classificazione degli aggregati appartenenti al centro storico di Rivolta d’Adda………. 270 Tabella 9– Tabella con dati per la classificazione degli aggregati appartenenti al centro storico di Salò e delle sue frazioni………... 277 Tabella 10 – Tabella con dati per la classificazione degli aggregati appartenenti al centro storico di Gardone Riviera e delle sue frazioni……… 284 Capitolo 6

Tabella 11 – Tabella C8A.1.2 – Livelli di conoscenza in funzione dell’informazione disponibile e conseguenti metodi di analisi ammessi e valori dei fattori di confidenza per edifici in calcestruzzo armato o in acciaio……….. 302 Tabella 12 – Tabella C8A.2.1 - Valori di riferimento dei parametri meccanici (minimi e massimi) e peso specifico medio per diverse tipologie di muratura, riferiti alle seguenti condizioni: malta di caratteristiche scarse, assenza di ricorsi (listature), paramenti semplicemente accostati o mal collegati, muratura non consolidata, tessitura (nel caso di elementi regolari) a regola d’arte; fm= resistenza media a compressione della muratura, t0 = resistenza media a taglio della muratura, E = valore medio del modulo di elasticità normale, G = valore medio del modulo di elasticità tangenziale, w = peso specifico medio della muratura……… 303 Tabella 13 – Tabella C8.5. II – coefficienti correttivi massimi da applicarsi in presenza di: malta di caratteristiche buone; ricorsi o ristilatura; sistematiche connessioni trasversali; consolidamento con iniezioni di malta; consolidamento con intonaco armato; ristilatura armata con connessione dei paramenti……….... 304

(15)

Abstract

I numerosi terremoti che si sono susseguiti recentemente in Italia hanno evidenziato come il patrimonio culturale italiano sia ad elevato rischio sismico. Uno dei maggiori problemi legati al rischio dei centri storici consiste nella mancanza di conoscenze della loro vulnerabilità e la carenza di informazioni sulle tipologie abitative presenti nel territorio italiano. Un punto di partenza è il tentativo di classificazione delle diverse tipologie abitative con l’uso della scheda Cartis-Edificio. La scheda è in fase di sperimentazione ed è stata messa a punto dal consorzio Reluis e il Dipartimento della Protezione Civile.

Queste schede sono state applicate a cinque comuni della Lombardia che presentano una classificazione sismica diversa: Caravaggio, Treviglio e Rivolta d’Adda risultano essere classificati in zona 3, Salò e Gardone Riviera in zona 2. Questi risultano diversi anche per le tipologie edilizie storiche presenti sul territorio e per la tipologia di terreno riscontrabile nell’area soggetta a studio.

Per compilare le schede si devono recuperare gli elaborati cartografici dall’ufficio tecnico che permettano di individuare le soglie storiche, necessarie per datare gli edifici e per definire i comparti (zone omogenee del tessuto edilizio) e successivamente effettuare si devono effettuare dei sopralluoghi che permettano di analizzare i singoli edifici componenti il territorio.

In seguito alla compilazione delle schede CARTIS si sono rilevate delle criticità per la mancanza di informazioni approfondite sui singoli manufatti. Inoltre, per quanto si effettui un’analisi approfondita su ogni edificio per compilare la scheda poi, all’interno di essa, queste informazioni si semplificano riportando i dati in percentuale. La presenza della scheda edificio permette di raccogliere dati su alcuni edifici rappresentativi delle tipologie ricorrenti e sui quali è stato possibile avere accesso ad informazioni. Ovviamente la scheda Cartis-Edificio non permette di avere una schedatura completa del centro.

A seguito della campagna di rilievo tramite Scheda Cartis, e dell'inserimento dei dati nell'apposito database nazionale, si è deciso di sfruttare i dati raccolti sui singoli edifici per fornire un rapporto dettagliato per ogni centro storico, che definisca gli aggregati edilizi soggetti a rischio sismico, secondo una scala di priorità.

(16)

Abstract

The italian building heritage is at risk, mainly because the soil of the nation is frequently interessed by a high number of heartquakes. This high level of risk is caused also by the lack of informations about the vulnerability and the main typology constitutive historical cities of Italy. The CARTIS-building sheets, sperimental instruments created by ReLUIS consortium and the Civil Protection Department, could by a starting point to improve the knowledge of our territory and more specifically our buildings.

These sheets were applied to five towns in Lombardy which present different seismic classification: Rivolta d'Adda, Treviglio and Caravaggio classified in zone 3, Salò and Gardone Riviera classified in zone 2. These cities are different also for the typological historic buildings that characterize the territory and for the type of soil found in the area.

To compile the sheets it’s necessary to retrive the cartographic materials from the municipality, that allows the compiler to have historical threshold, which are required to identify the sectors (homogeneus areas with similar tipology of buildings) and the year range of construction. Afterwards it’s essential to organize a series of inspections to the city to analyze the buildings that are part of the territory.

The compilation of the sheets enlightened a few problem, the main one is that, eventhough the compiler analize every single building present on the territory, the data of all the buildings cannot be found in the sheets, in fact the CARTIS instrument simplifies the informations, reporting only percentage data.

Moreover the buildings sheet provide in-depth information about only buildings rappresentative of the recurring typology and for the one that have enough informations to fill in the building sheet fields. Obviously the CARTIS-building sheets don’t give detailed informations about the historical centers.

Following the survey campaign and the compilation of the national database, the information about the single buildings were used to give a detailed anamesis of every historical center, that allaws the compiler and municipality to identify the aggregates with a high level of seismic risk, following a priority scale.

(17)

17 Introduzione

Questa tesi parte dall’applicazione, a cinque comuni lombardi, della scheda di primo livello CARTIS (CARatterizzazione TIpologico- Strutturale dei comparti urbani), la quale è stata sviluppata nell’ambito del Progetto ReLUIS (Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica) in stretta collaborazione con il DPC (Dipartimento di Protezione Civile1).

Lo scopo principale è quello di creare uno strumento che sia utilizzabile a scala nazionale, per poter definire le tipologie abitative ricorrenti. I dati della scheda cartacea vengono poi inseriti all’interno di un database appositamente creato, utile come strumento conoscitivo per i ricercatori con lo scopo di approfondire le conoscenze sulla vulnerabilità sismica, innanzitutto, e nei confronti di altri fenomeni naturali, quali eruzioni vulcaniche ed eventi idrogeologici.

Una volta rilevate le tipologie strutturali prevalenti, che sul territorio nazionale si sono differenziate nel corso dei secoli a causa di differenti condizionamenti locali e culture, è possibile poi effettuare una valutazione delle vulnerabilità del costruito maggiormente attendibile ricreando opportuni scenari di danno.

La scheda CARTIS ha quindi come finalità il rilevamento delle tipologie edilizie ordinarie, prevalenti nell’ambito di zone comunali, suddivisi in comparti, che risultano essere costituite da omogeneità del tessuto edilizio, data dall’età di primo impianto e/o dalle tecnologie costruttive strutturali. Lo scopo che si è prefissato questo progetto di ricerca è quello di creare per la prima volta, a scala nazionale, una raccolta di informazioni dettagliate sulle tipologie abitative presenti sul territorio italiano.

Tale scheda prende in esame i soli edifici ordinari con destinazione residenziale o residenziale con una parte destinata a servizi, andando quindi ad escludere tutti gli edifici riconducibili a beni monumentali non abitativi, strategici (ospedali, scuole, caserme, prefetture, sedi di protezione civile, etc.) e strutture speciali (capannoni industriali, centri commerciali, etc.). L’analisi dei soli edifici ordinari deriva dal fatto

1 AA. VV., La Scheda Cartis per la Caratterizzazione Tipologico- Strutturale dei Comparti Urbani Costituiti da Edifici Ordinari.

(18)

18

che gli edifici strategici sono già oggetto di studio e verifiche specifiche effettuate dai vari comuni e dallo Stato.

Oltretutto, andando ad analizzare gli ultimi eventi sismici, si può notare come spesso gli edifici ordinari siano risultati essere quelli meno studiati e poco resistenti sotto l’azione dei terremoti, provocando un numero elevato di perdite umane ed un elevato danneggiamento del patrimonio storico comunale.

La scheda è quindi stata applicata a cinque comuni del territorio lombardo, selezionati dall’unità di ricerca del Politecnico di Milano nell’ambito del progetto ReLUIS 2016/2018: Caravaggio e Treviglio in provincia di Bergamo, Rivolta d’Adda in provincia di Cremona, Salò e Gardone Riviera in provincia di Brescia. I primi due comuni, mai interessati da terremoti di forte intensità, sono stati recentemente riclassificati a livello sismico, passando da zona 4 a zona 3. Rivolta d’Adda si presenta come caso particolare, in quanto fino al 2014 una piccola area del cremonese risultava essere classificata come zona 2, classificazione motivata dal fatto che nel 1802 un forte sisma ha avuto come epicentro Soncino e nel 1951 un altro sisma con epicentro Caviaga, fu fortemente avvertito a Cremona dove si ebbero anche i maggiori danni. Per quanto storicamente sia quindi un’area interessata da aventi sismici, nel 2015 fu declassificata a zona sismica 3. Salò e Gardone Riviera invece, sono comuni che nel corso dei secoli sono stati interessati da molteplici eventi sismici, con un ritorno di circa un secolo, fra i quali gli ultimi due risalgano al 1901 e al 2004. Queste due città presentano una classificazione sismica da tempo più elevata; infatti risultano essere classificati in zona 2.

Nel primo capitolo sono riportate brevemente delle nozioni di base relative ai terremoti e al rischio sismico seguendo le indicazioni riportate dalla Protezione Civile. Inoltre, vi è la descrizione dell’evoluzione della classificazione sismica italiana nel corso di tutto il Novecento, con l’evidenziazione di come le normative relative alla costruzione degli edifici si siano modificate insieme anche alla classificazione sismica del territorio italiano a seguito di eventi sismici di grave entità.

Nel secondo capitolo sono state analizzate le differenti caratteristiche delle schede attualmente in uso in Italia in caso di evento sismico per la valutazione dei danni occorsi in seguito ad un evento sismico. Infatti, la valutazione dei danni sismici sul patrimonio edilizio, è una pratica presente da secoli, in diverse forme e gradi di approfondimento, nella pratica architettonica italiana, questo, anche a causa dell'elevato rischio sismico di un'ampia porzione del territorio nazionale. Negli anni essa si è evoluta sulla

(19)

19 sola base della continua esperienza dei tecnici incaricati di questo compito molto importante in quanto la verifica di agibilità implica la responsabilità dell’evacuazione o il ritorno delle persone alle proprie case.

Le schede analizzate sono distinte per livello di approfondimento (livello 0, ispezione post-sisma speditiva, livello 1, ispezione post-sisma completa, livello 2, analisi di vulnerabilità speditiva/territoriale, livello 3, analisi approfondita di vulnerabilità) e tipologie di edifici presi in analisi (palazzi, chiese, etc.).

Il terzo capitolo è dedicato interamente alla spiegazione della scheda CARTIS e delle sue voci, andando a identificare le fasi preliminari necessarie alla raccolta di tutti i dati e il procedimento di compilazione, spiegando ogni voce cosa prende in analisi. Nella parte conclusiva sono invece riportate una serie di critiche individuate da noi durante la compilazione.

Nel quarto capitolo vi è la descrizione dei cinque comuni presi in analisi, concentrandosi sull’inquadramento territoriale, su una breve ricostruzione storica e andando a descrivere le principali caratteristiche di ognuno di essi, prendendo in esame le caratteristiche generali del territorio e quelle specifiche dei manufatti più comuni, e analizzando le caratteristiche di tutte le tipologie edilizie, ottenute dalla schedatura CARTIS, individuate all’interno dei vari comparti costituenti il territorio comunale.

Nel quinto capitolo viene invece proposta una metodologia di analisi che parte dai dati utili alla compilazione della scheda CARTIS. Infatti, attraverso questa metodologia è possibile individuare per ogni comune, una lista di aggregati con maggiore vulnerabilità e per i quali si richiede maggiore approfondimento.

Il sesto capitolo fornisce un’ipotesi di come possano essere sfruttate le informazioni ricavate della scheda CARTIS e dall’analisi delle vulnerabilità dei centri storici, proponendo una metodologia operativa, che presenta come base le indicazioni riscontrabili nel capitolo 8 delle NTC del 2008 e del 2018, e che potrebbe essere utile per offrire ai tecnici comunali una modalità di analisi dei manufatti e un iter operativo degli interventi da realizzare sugli edifici che, secondo la scheda CARTIS e la metodologia di approfondimento proposta nel capitolo cinque, risultano essere vulnerabili.

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“La Terra è un sistema dinamico e in continua evoluzione, composto al suo interno da rocce disomogenee per pressione e temperatura cui sono sottoposte, densità e caratteristiche dei materiali. Questa elevata disomogeneità interna provoca lo sviluppo di forze negli strati più superficiali, che tendono a riequilibrare il sistema spingendo le masse rocciose le une contro le altre, deformandole”.1

Il terremoto è un fenomeno naturale complesso che può avere differenti origini quali eruzioni vulcaniche o movimenti delle placche che costituiscono la crosta terrestre infatti, la litosfera è composta da zolle che si spostano, si urtano, si incuneano e premono le une contro le altre. I movimenti delle placche generano in profondità condizioni di sforzo e di accumulo di energia. Quando questo sforzo supera il valore limite di resistenza le rocce si rompono formando profonde spaccature, dette faglie, e l’energia accumulata si libera dall’ipocentro generando il terremoto (Figura 1, a). L’energia liberata viaggia attraverso la terra (Figura 1, b) sotto forma di onde che, giunte in superficie, si manifestano come movimenti rapidi del terreno. Queste onde possono essere distinte in tre categorie:

• onde P sono le più veloci e sono definite “longitudinali”, perché fanno oscillare le particelle di roccia nella direzione di propagazione, determinando una successione continua di compressioni e dilatazioni;

• onde S, dette anche di taglio o secondarie, causano un moto vibratorio del materiale roccioso che avviene trasversalmente rispetto alla direzione di propagazione e creano variazione di volume al loro passaggio;

• onde Reylight, che sono le onde superficiali. (Figura 1, c)

Un terremoto, soprattutto se forte, è caratterizzato da una sequenza di scosse chiamate sciame sismico, che talvolta precedono e quasi sempre seguono la scossa principale. Le oscillazioni provocate dal passaggio delle onde sismiche determinano spinte orizzontali sulle costruzioni e causano gravi danni o addirittura il crollo. Il terremoto genera oltretutto effetti secondari, come frane, maremoti, liquefazione dei terreni, incendi, a volte più dannosi del sisma stesso. A parità di distanza dalla faglia in cui si è generato il terremoto (ipocentro), l’oscillazione degli edifici dipende dalle condizioni locali del territorio, infatti il sisma

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25 non è sempre uguale ma dipende fortemente da altri parametri fisici come la tipologia di terreno e la topografia del sito.

Anche la profondità dell’ipocentro determina diversi livelli di danno del sisma; infatti, nel caso si presentino sismi con la medesima intensità nella stessa area geografica, la profondità dell’ipocentro determina il minore o maggiore pericolosità del sisma.

Per determinare la forza di un terremoto possono essere utilizzate due grandezze differenti: la magnitudo locale (o magnitudo Richter) e l’intensità macrosismica. La magnitudo è l’unità di misura che permette di esprimere l’energia rilasciata dal terremoto attraverso un valore numerico della scala Richter, scala logaritmica specifica per ogni paese infatti, partendo da una formula di base generale, si vanno ad inserire dei coefficienti determinati dal luogo di studio.

L’intensità macrosismica è invece l’unità di misura determinata dagli effetti provocati da un terremoto, espressa con i gradi della scala Mercalli, i quali forniscono una classificazione dei danni osservabili in seguito al terremoto. È una valutazione empirica sull’intensità valida solo per gli edifici in muratura e utilizzata in Europa Occidentale, mentre in altre parti del mondo vengono utilizzate scale diverse, per esempio nell'Europa Orientale trova largo impiego la scala Medvedev-Sponheuer-Karnik (MSK), in Giappone la scala Shindo e nella Cina continentale la scala Liedu.

Per calcolare la magnitudo è necessario registrare il terremoto con un sismografo, uno strumento che registra le oscillazioni del terreno durante una scossa sismica anche a grandissima distanza dall’ipocentro. L’intensità macrosismica, invece, viene attribuita in ciascun luogo in cui si è risentito il terremoto, dopo averne osservato gli effetti sull’uomo, sulle costruzioni e sull’ambiente (Tabella 1).

Per quanto negli ultimi decenni siano state acquisite molte informazioni riguardanti i terremoti, risulta ancora impossibile prevedere il momento in cui un altro sisma possa verificarsi in una data area. Le uniche informazioni che si hanno sono quelle relative al numero di eventi sismici che si sono verificati in passato, per cui è possibile fare una previsione di tipo statistico che possa definire la probabilità che si verifichi un altro terremoto nell’area soggetta ad analisi, senza però poter prevedere l’esatto momento in cui si verifichi.

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27 Questo tipo di previsione consente di individuare le aree pericolose e di classificarle in funzione della probabilità che si verifichino forti terremoti e della frequenza con cui ce li possiamo aspettare.

La previsione di un sisma potrebbe essere stimata a seguito dello studio dei precursori sismici, ovvero di quei parametri chimici e fisici del suolo e del sottosuolo che subiscono variazioni osservabili prima del verificarsi di un terremoto. In futuro potrebbe essere possibile, attraverso lo studio sistematico di questi precursori, cercare di prevedere quando effettivamente un terremoto si stia per verificare.

La ricerca sui precursori di un terremoto si è concentrata su:

• “precursori geofisici: anomalie delle velocità e delle caratteristiche delle onde sismiche P e S,

variazioni delle caratteristiche magnetiche ed elettriche delle rocce e dell’atmosfera;

• precursori sismologici: prima di un grosso evento sismico si possono verificare una serie di

microtremori, rilevabili solo attraverso gli strumenti, o un cambiamento nella distribuzione della sismicità;

• precursori geodetici: modifiche nella quota, nella posizione, nell’inclinazione di parti della superficie

del suolo e nella velocità degli spostamenti misurati;

• precursori geochimici: variazione della concentrazione nelle acque sotterranee e nei gas al suolo

di alcuni elementi chimici radioattivi, tra cui il gas radon;

• precursori idrologici: variazione del livello della falda acquifera nel sottosuolo, misurata nei pozzi”.2

Lo studio di questi precursori per ora non ha dato risultati affidabili nella previsione dei sismi; infatti si è potuto provare che nessuno dei precursori si manifesta regolarmente prima di un terremoto.

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1.1. IL RISCHIO SISMICO

Si definisce rischio sismico la misura dei danni attesi in un dato intervallo di tempo, in base al tipo di sismicità, di resistenza delle costruzioni e di antropizzazione (natura, qualità e quantità dei beni esposti) ed è determinato dalla combinazione della pericolosità, della vulnerabilità e dell’esposizione.

Nel caso specifico l’Italia si presenta con una pericolosità sismica medio-alta (in base alla frequenza e all’intensità dei fenomeni), una vulnerabilità molto elevata (per fragilità del patrimonio edilizio, infrastrutturale, industriale, produttivo e dei servizi) e un’esposizione altissima (per densità abitativa e presenza di un patrimonio storico, artistico e monumentale unico al mondo). Per questo motivo il nostro paese risulta essere ad elevato rischio sismico, in termini di vittime, danni alle costruzioni e costi diretti e indiretti attesi a seguito di un terremoto.

La pericolosità sismica di un territorio è rappresentata dalla frequenza e dalla forza dei terremoti che lo interessano, ovvero dalla sua sismicità. Viene definita come la probabilità che si verifichi un terremoto che superi una soglia d’intensità in una data area ed in un certo intervallo di tempo (Figura 2).

Nel corso dei secoli si sono studiati i terremoti cercando di comprenderne la natura per limitarne le conseguenze catastrofiche, ma solo con lo sviluppo delle scienze sismologiche, avvenuto nel XIX secolo, è stato possibile caratterizzare il territorio in base all’attività sismica individuata grazie soprattutto alla nascita e diffusione di strumenti sismici e delle reti di monitoraggio che hanno permesso di avere dati quantitativi necessari allo studio e alla comprensione degli eventi sismici.

Oggigiorno questa strumentazione ha permesso di effettuare studi di pericolosità sismica estesi a tutto il territorio che hanno portato alla definizione di zonazioni (pericolosità di base per la classificazione sismica) o microzonazioni (pericolosità locale). Nel caso specifico delle microzonazioni, valutare la loro pericolosità significa individuare le aree a scala comunale che, nel caso di evento sismico, possono essere soggette a fenomeni di amplificazione, permettendo la formulazione di indicazioni utili per la pianificazione urbanistica. Gli studi di pericolosità possono essere utilizzati anche nelle analisi di sito, per localizzare opere critiche dal punto di vista della sicurezza, del rischio o dell’importanza strategica (centrali elettriche, installazioni militari, ospedali).

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Per determinare la pericolosità di un territorio sono utilizzabili due metodologie:

• metodo probabilistico, il quale esprime la probabilità che in un dato intervallo di tempo si verifichi un evento con determinate caratteristiche. Il metodo probabilistico più utilizzato è quello di Cornell, che prevede vengano individuate nel territorio le zone di origine del sisma, che sia quantificato il loro grado di attività sismica e che vengano calcolati gli effetti provocati da tali zone sul territorio in relazione alla distanza dall’epicentro;

• metodo deterministico, il quale si basa sullo studio dei danni osservati in occasione di eventi sismici in una determinata area, andando a ricostruire gli scenari di danno per stabilire la frequenza con cui si sono ripetute nel tempo scosse di uguale intensità. Il problema di questo metodo risiede nel fatto che non sempre sono disponibili dati affidabili riguardanti terremoti precedenti, per questo motivo risulta complicato valutare con precisione l’effettiva pericolosità di un territorio.

La vulnerabilità sismica è la propensione di una struttura a subire un danno di un determinato livello, a fronte di un evento sismico di una data intensità.

Le attuali norme prescrivono che gli edifici debbano garantire un certo livello di resistenza in base all’intensità del sisma che li coinvolge; ovvero che gli edifici non si danneggino per terremoti di bassa intensità, non abbiano danni strutturali per terremoti di media intensità e non crollino in occasione di terremoti forti.

I valori che influenzano sulla vulnerabilità di un edificio risultano essere: la struttura dell'edificio, l’età, il materiale di costruzione, la localizzazione dell’edificio, la vicinanza con altre costruzioni e la presenza di elementi non strutturali vulnerabili.

In caso di sisma, l’edificio è soggetto a un moto oscillatorio, determinato dai movimenti del terreno. Nel caso in cui la struttura risultasse essere duttile, le oscillazioni a cui è soggetto l’edificio vengono assorbite maggiormente, invece nel caso in cui vi sia un edificio che presenta una struttura rigida, le deformazioni che lo coinvolgono possono portare al crollo rovinoso della stessa.

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31 La vulnerabilità può essere valutata post evento sismico, andando a rilevare i danni che si sono formati in conseguenza del terremoto, oppure anche pre-evento sismico. In questo caso risulta essere più complesso rilevare la presenza di vulnerabilità di un manufatto, in quanto non risultano essere osservabili poiché rappresentano delle caratteristiche nascoste dell’edificio (muratura con doppio paramento, natura dei nodi strutturali, etc.). Per questa sono stati messi a punto metodi di tipo statistico, meccanicistico o i giudizi esperti.

“I metodi di tipo statistico classificano gli edifici in funzione dei materiali e delle tecniche con cui sono costruiti, sulla base dei danni osservati in precedenti terremoti su edifici della stessa tipologia. Questa tecnica richiede dati di danneggiamento dei passati terremoti, non sempre disponibili, e non può essere utilizzata per valutare la vulnerabilità del singolo edificio, perché ha carattere statistico e non puntuale.

I metodi di tipo meccanicistico utilizzano, invece, modelli teorici che riproducono le principali caratteristiche degli edifici da valutare, su cui vengono studiati i danni causati da terremoti simulati.

Infine, alcuni metodi utilizzano i giudizi esperti per valutare il comportamento sismico e la vulnerabilità di predefinite tipologie strutturali, o per individuare i fattori che determinano il comportamento delle costruzioni e valutarne la loro influenza sulla vulnerabilità”.3

L’esposizione individua invece la presenza di beni che possano danneggiarsi, in termini di vite umane e beni culturali.

Le cause che possono portare alla perdita di vite umane sono rappresentate dal crollo di edifici e dal danneggiamento di infrastrutture, ma anche da fenomeni naturali causati dal terremoto, quali frane, liquefazione dei terreni, maremoti, incendi. “Da alcune statistiche svolte sui principali terremoti nel mondo

è stato rilevato che circa il 25 % dei morti causati da un terremoto sono dovuti a danni non strutturali degli edifici (caduta di tramezzi, vetrate, cornicioni, tegole, ecc.) e a fenomeni indotti dal terremoto”.4

Dopo ogni evento sismico è necessario sapere quante persone sono rimaste coinvolte, ciò è possibile attraverso delle stime che considerano:

• il numero delle persone che abitano negli edifici;

3 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_sismico.wp?pagtab=2#pag-content 4 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_sismico.wp?pagtab=3#pag-content

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• l’orario del terremoto;

• le possibilità di fuggire e/o di proteggersi; • il numero di persone decedute o ferite;

• la possibilità di morire anche successivamente alle attività di soccorso.

Una stima precisa risulta essere in ogni caso complicata, in quanto i punti sopracitati sono caratterizzati da un livello d’incertezza intrinseco; infatti, il numero di persone che vivono all’interno di un’abitazione varia a seconda della regione, della localizzazione dell’edificio (in campagna o in città) e delle dimensioni del nucleo familiare

Oltretutto in base all’orario in cui si verifica l’evento sismico possono essere coinvolte un numero maggiore o minore di persone, ovvero nel caso ci si trovi in uffici, se il sisma dovesse avvenire fuori orario lavorativo causerà un numero minore di vittime, mentre nel caso ci si trovi all’interno della propria abitazione e il terremoto avvenga nelle ore serali è più probabile che si rimanga coinvolti.

Altro aspetto rilevante dell’esposizione è la presenza in Italia di un patrimonio culturale inestimabile, costituito dall’edificato corrente dei nostri centri storici, che ancora sfugge ad una quantificazione sistematica di consistenza e qualità.

Il primo passo per la prevenzione e mitigazione del rischio sismico del patrimonio storico architettonico è, ovviamente, la conoscenza dei beni esposti.

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33 1.2. BREVE RICOSTRUZIONE DEI DANNI SOCIO-ECONOMICI DEI TERREMOTI IN ITALIA

Ogni volta che si verifica un terremoto si ripete sempre che è necessario mettere in sicurezza il patrimonio edilizio del nostro paese. Infatti, in 2.500 anni, l’Italia è stata soggetta a oltre 30.000 terremoti di media e forte intensità, superiori al IV-V grado della scala Mercalli, e da circa 560 eventi di intensità uguale o superiore all’VIII grado della scala Mercalli. Solo nel XX secolo, 7 terremoti hanno avuto una magnitudo uguale o superiore a 6.5 (X e XI grado Mercalli).

Soprattutto in seguito a terremoti rilevanti, come quello della Val di Noto del 1693 (XI grado della scala Mercalli), o il lungo periodo sismico del 1783 in Calabria (che raggiunse l’XI grado della scala Mercalli), si sono resi necessari massivi interventi di adeguamento sismico e ricostruzione a seguito degli ingenti danni, che talvolta hanno modificato l’assetto storico di città e borghi.

Osservando la storia dei terremoti avvenuti in Italia nell’ultimo secolo risulta essere necessario riflettere sulla reale necessità della messa in sicurezza degli edifici. Negli ultimi quaranta anni, le perdite economici causate da terremoti sono state valutate essere pari a circa 80 miliardi di euro, a cui si aggiungono i danni al patrimonio storico, artistico e monumentale. Per il terremoto dell’Aquila, per esempio, si legge dalla relazione finale del Commissario Delegato per la Ricostruzione, le risorse economiche stanziate con legge n. 77/2009, ammontavano a 10.491,6 milioni di euro, ovvero 10 miliardi di euro (fonte: www.commissarioperlaricostruzione.it).

Il caso italiano risulta essere particolare in quanto, il rapporto tra i danni prodotti dai terremoti e l’energia rilasciata nel corso degli eventi è molto più alto rispetto a quello che si verifica di norma in altri Paesi ad elevata sismicità, come la California o il Giappone. Ad esempio, il terremoto del 1997 in Umbria e nelle Marche ha prodotto un quadro di danneggiamento (senza tetto: 32.000, danno economico: circa 10 miliardi di Euro) confrontabile con quello della California del 1989 (14.5 miliardi di $), malgrado fosse caratterizzato da un’energia circa 30 volte inferiore. Ciò è dovuto principalmente all’elevata esposizione e alla notevole vulnerabilità del nostro patrimonio edilizio (fonte: www.protezionecivile.it). La tabella di seguito è in grado di fornire un’idea di come i terremoti nel nostro paese hanno provocato un elevato costo economico e sociale (Tabella 2).

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DATA AREA EPICENTRICA INTENSITA' (MCS) MAGNITUDO (Maw) VITTIME

8 settembre 1905 Calabria XI 7.1 557

23 ottobre 1907 Calabria meridionale VIII-IX 5.9 167

28 dicembre 1908 Reggio C. - Messina XI 7.2 85926

7 giugno 1910 Irpinia - Basilicata VIII-IX 5.9 50 ca

15 ottobre 1911 Area etnea X 5.3 13

8 maggio 1914 Area etnea IX 5.3 69

13 gennaio 1915 Marsica (Abruzzo) XI 7.0 32610

26 aprile 1917 Val Tiberina IX 5.8 20 ca

29 giugno 1919 Mugello IX 6.2 100 ca

7 settembre 1920 Garfagnana IX-X 6.5 171

27 marzo 1928 Carnia (Friuli) VIII-IX 5.7 11

23 luglio 1930 Alta Irpinia X 6.7 1404

30 ottobre 1930 Senigallia IX 5.9 18

26 settembre 1933 Maiella VIII-IX 5.7 12

18 ottobre 1936 Veneto - Friuli IX 5.9 19

21 agosto 1962 Irpinia IX 6.2 17

15 gennaio 1968 Valle del Belice X 6.1 296

6 maggio 1976 Friuli IX-X 6.4 965

23 novembre 1980 Irpinia - Basilicata X 6.9 2734

26 settembre 1997 Umbria - Marche VIII-IX 6.1 11

31 ottobre 2002 Molise VII-VIII 5.8 30

6 aprile 2009 Abruzzo IX-X 6.3 308

20 maggio 2012 Emilia Romagna e Lombardia IX 5.9 7

24 agosto 2016 Centro Italia 6.0 299

30 ottobre 2016 Centro Italia IX-X 6.5 0

18 gennaio 2017 Centro Italia 5.0 34

21 agosto 2017 Ischia 4.0 2

Tabella 2 – Tabella dei terremoti più rilevanti avvenuti in Italia (Fonte: L. Fattori, P. Spatti, Manuale di progettazione antisismica. Strutture in c.a. vasche e serbatoi sismoresistenti e tecniche di intervento su edifici esistenti, Palermo, Grafill S.r.l., 2013, pag. 195-196. http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/emerg_it_sismico.wp)

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35 1.3. EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA E DELLA CLASSIFICAZIONE SISMICA

Per limitare le conseguenze distruttive derivanti da un’azione sismica, la legislazione italiana nell’ultimo secolo circa ha introdotto diverse norme che regolamentassero le modalità costruttive, tenendo conto delle azioni dei sismi, e ha classificato il territorio nazionale, dividendolo in zone diverse a seconda dalla loro pericolosità.

Fino al 2003 il territorio nazionale era classificato in tre categorie sismiche a diversa pericolosità.

Qui di seguito vi è riportata un’elencazione delle principali norme e delle modifiche apportate alla classificazione sismica, suddivise per anni.

Anno 1908

Le normative5 furono sviluppate a seguito del terremoto del 28 Dicembre 1908 che distrusse completamente Messina e Reggio Calabria. In tale decreto si prescriveva:

• l’esclusione delle strutture spingenti; • il collegamento fra le strutture;

• la distanza massima di 5 metri tra le strutture portanti;

• che le costruzioni fossero realizzate con una ossatura in legno, di ferro, di cemento armato o di muratura armata, limitando la muratura (in mattoni o in blocchi di pietra squadrata o listata) alle costruzioni di un solo piano;

• esclude l’edificabilità su siti inadatti (paludosi, franosi, etc.). Tale norma prescrive inoltre di considerare forze statiche orizzontali e verticali proporzionali ai pesi.

5 Regio Decreto n. 193 del 18 aprile 1909 Norme tecniche ed igieniche obbligatorie per le riparazioni ricostruzioni e nuove

costruzioni degli edifici pubblici e privati nei luoghi colpiti dal terremoto del 28 dicembre 1908 e da altri precedenti elencati nel R.D. 15 aprile 1909 e ne designa i Comuni.

Regio Decreto n. 542 del 15 luglio 1909 Estensione a tutti i Comuni della Calabria e dei Circondari di Messina e Castroreale le norme tecniche ed igieniche approvata dal R.D. 18 aprile 1909, n. 193, e fissa le aree per le nuove edificazioni.

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Dal 1910 al 1915

A seguito del terremoto calabro - siculo del 1908 viene presentata la disposizione dell'art. 26 l. 23 luglio 1910, n. 466 con cui vennero istituiti, tre collegi speciali avente sede rispettivamente a Messina, Reggio Calabria e Palmi, per la cognizione su tutte le questioni che potevano sorgere in ordine ai diritti sugli immobili distrutti e danneggiati.

Con i terremoti dell’area etnea del 1911 e Avezzano del 1915, con il Regio Decreto n. 573 del 1915 si estendono le aree classificate sismiche a cui applicare le precedenti normative.

Dal 1916 al 1927

In seguito al terremoto nell’alto adriatico Riminese e la successiva emanazione del Decreto-legge n. 1526 del 5 novembre 1916 (che riprende formalmente le precedenti normative con delle aggiunte) si sono fatti numerose migliorie.

Infatti, ai divieti istituiti nei precedenti decreti-legge viene aggiunto il divieto di costruire “sul ciglio o al

piede degli appicchi, e su falde detritiche”6, ed inoltre si è modificata drasticamente la quantificazione

delle forze sismiche rispetto alle indicazioni del 1909 e 1912, precisando che l’incremento dei carichi verticali dovrà essere del 50% e le accelerazioni orizzontali saranno cosi valutate: “i rapporti tra le forze

orizzontali da introdurre convenzionalmente nei calcoli ed i corrispondenti pesi debbono essere uguali ad un ottavo il piano terreno ed un sesto per i piani superiore”7 introducendo il concetto per cui maggiore è

l’altezza di un edificio maggiori saranno le azioni orizzontali agenti.

Successivamente vi furono altri terremoti tra cui quello in Val Tiberina nel 1917, nell’Appennino Romagnolo nel 1918, nel Mugello e Toscano Meridionale nel 1919 e nella Garfagnana nel 1920, che portarono alla redazione del Regio Decreto n. 2089 del 13 ottobre 1924 dove gli unici nuovi concetti introdotti riguardano le prescrizioni in cui si indica che le forze orizzontali e verticali non agiscono contemporaneamente, e che la progettazione deve essere eseguita da parte di un ingegnere.

Successivamente venne introdotto il Regio Decreto n. 705 del 3 aprile 1926, in seguito all' evento sismico di Siena e Grosseto, nel quale si introdussero le categorie sismiche, limitando a dieci metri e a due piani

6 https://ingv.maps.arcgis.com/apps/MapJournal/index.html?appid=30f05807a7c248a383f502926c3ca4ab 7 Ibidem

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l’altezza dei fabbricati in zona sismica di prima categoria, e a 12 metri e tre piani in seconda categoria. Per le costruzioni in muratura ordinaria le altezze erano limitate rispettivamente a 8 e 12 metri.

Il Regio Decreto n.431 del 13 marzo 1927 viene modificata la classificazione delle aree sismiche e vengono identificate le aree in seconda categoria. Alcuni comuni vengono declassati molti altri invece vengono aggiunti nelle zone a rischio sismico. Vengono inoltre indicate le dimensioni minime di sezione dei pilastri in cemento armato (30x30 cm). Per la prima volta vengono introdotti differenti valori di forza sismica agente sull’edificio a seconda della zona di progettazione:

• In categoria I le forze sismiche orizzontali corrispondono ad un ottavo della massa per il piano terra e un sesto per i piani superiori, e la componente verticale è considerata con un incremento del 50% della massa;

• In categoria II, per il piano terreno il rapporto è pari ad un decimo e un ottavo per i successivi, mentre per la componente verticale l’incremento è pari a 33%.

Dal 1928 al 1933

In questo periodo di tempo si verificarono numerosi terremoti tra cui quello dei Colli Albani del 1927, quello del Friuli del 1928 e nel Bolognese del 1929. A seguito di questi terremoti le zone colpite furono inserite nella Categoria II con il Regio Decreto n. 682 del 1930.

Seguirono il terremoto dell’Irpinia e delle Marche Settentrionali nel 1930, del Monte baldo nel 1932 e nella Maiella nel 1933.

Il terremoto del Vulture del 1930 fu un sisma di magnitudo 6,7 che si verificò il 23 luglio 1930. Il terremoto causò la morte di 1404 persone prevalentemente nelle province di Avellino e Potenza, interessando oltre 50 comuni di 7 province. Il sisma provocò danni ingenti soprattutto per la scarsa qualità dei materiali usati per le costruzioni e per la natura argillosa dei terreni.

Dal 1934 al 1935

Con il Regio Decreto n.640 del 23 marzo 1935 furono emanate le Norme tecniche di edilizia con speciali prescrizioni per le località colpite dai terremoti precedentemente elencati.

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Dal 1936 al 1938

A seguito del terremoto dell’Alpago-Cansiglio del 1936, si ha la modifica del precedente Regio Decreto con il successivo Regio Decreto-legge n. 2105 del 22 novembre 1937 si aggiorna la lista dei comuni ritenuti a rischio sismico e l’unica novità si osserva nella valutazione dei sovraccarichi.

Dal 1939 al 1962

In questo intervallo di tempo si susseguirono diversi sismi tra cui: quello nel Golfo di Palermo del 1940, quello delle Marche meridionali e Abruzzo del 1943, quello della Calabria centrale nel 1947, quello in Carnia nel 1959, quello nella Valle della Velina nel 1961 e quello dell’Irpinia del 1962.

In questo periodo non furono emanate nuove leggi ma si modificò solo la classificazione delle aree del territorio nazionale, declassando o inserendo vari comuni.

Dal 1965 al 1976

In questi anni ritroviamo eventi sismici nel 1967 sui Monti Nebrodi, nel 1968 nella Valle del Belice e nel 1971 in Tuscania, a cui segue la Legge n.64 del 2 febbraio 1974 la quale da delle prescrizioni per le costruzioni in zona sismica. Inoltre, stabilisce che la classificazione sismica si debba basare su dati tecnico – scientifici.

Con la legge N.176 del 26 aprile 1976 viene creata l’Istituzione del Servizio Sismico, con il compito di aggiornare la conoscenza della sismicità del territorio nazionale e di predisporre elementi tecnici per l’aggiornamento delle norme.

Dal 1978 al 1984

Nel 1979 il progetto Finalizzato Geodinamica del CNR realizzò le carte di scuotibilità del territorio italiano sulle quali quantificare il livello di esposizione del paese al terremoto. Venivano valutati i seguenti tre parametri:

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43 • intensità osservata all’interno di un periodo di tempo;

• il valore del coefficiente C (coefficiente sismico) utilizzato dalla normativa sismica per la verifica delle costruzioni.

Dopo il terremoto del Friuli nel 1976, della Calabria meridionale, del Golfo di Patti nel 1978, della Valnerina nel ’79 e il forte evento sismico nell'Irpinia e Basilicata nel 1980, determinarono l’emanazione delle successive normative.

La prima fu la Legge n.219 del 14 maggio 1981 dove venivano dettati i provvedimenti per la ricostruzione dopo il terremoto di Campania e Basilicata, il secondo fu il Decreto Ministeriale n.515 del 3 giugno 1981, in cui venne introdotta per la prima volta anche la terza categoria di zonazione sismica, questa legge, insieme a quella del 1975 prescriveva i valori dei coefficienti C a seconda della categoria:

• categoria I: C=0,1 (1975); • categoria II: C=0,07 (1975); • categoria III: C=0,04 (1981).

Dal 1996 al 2003

Nel 1998 viene effettuato uno studio, effettuato dal Servizio Sismico Nazionale, con lo scopo di riclassificare sismicamente il territorio il quale però non venne mai adottato.

Nel 2002 un terremoto colpisce la città di San Giuliano di Puglia in Molise, la quale non rientrava in nessuna delle categorie sismiche e che invece, lo sarebbe stato sulla base della Proposta ’98. Questo evento sottolineò la necessità di migliorare quella che è la classificazione sismica.

Venne quindi redatta l’Ordinanza PCM n.3274 del 20 marzo 2003 all’interno della quale si aggiornarono gli elenchi dei comuni e delle aree con attività sismica, andando a introdurre per la prima volta anche la quarta categoria sismica. Così facendo sul territorio italiano non sarebbe più esistita nessuna area classificata non sismicamente attiva. In più vennero introdotte delle norme che regolamentavano la costruzione per ogni zona sismica.

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45 • Zona 2 - In questa zona possono verificarsi forti terremoti;

• Zona 3 - In questa zona possono verificarsi forti terremoti ma rari; • Zona 4 - È la zona meno pericolosa. I terremoti sono rari

Nello specifico ad ogni categoria viene assegnato un parametro ag (accelerazione orizzontale) che rappresenta la possibile accelerazione del sisma in quella zonazione (zona 1=0.35 g, zona 2=0.25 g. zona 3=0.15 g, zona 4=0.05 g).

Dopo il 2003

Un aggiornamento dello studio di pericolosità di riferimento nazionale è stato adottato con l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3519 del 28 aprile 2006.

Il nuovo studio di pericolosità ha fornito alle Regioni uno strumento aggiornato per la classificazione del proprio territorio, introducendo degli intervalli di accelerazione (ag), presenti nella Tabella 3, con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni, da attribuire alle 4 zone sismiche.

Il Ministro delle Infrastrutture, in collaborazione con il Ministro dell'Interno e con il Capo Dipartimento della Protezione civile emana il 14 gennaio 2008 il Decreto Ministeriale che approva le nuove norme tecniche per le costruzioni, nelle quali vengono introdotti:

• i parametri di amplificazione di suolo e topografici; • un diverso modo di calcolare l’azione sismica; • un cambiamento della filosofia di progettazione;

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Tabella 3 – Tabella degli intervalli dei valori accelerazione a seconda della classificazione sismica

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51 Il patrimonio storicizzato, in particolare gli edifici monumentali e il tessuto dei centri storici, risulta essere tra i più vulnerabili nei confronti degli eventi sismici.

Le varie fasi conseguenti ad un evento sismico (emergenza, post-emergenza e ricostruzione/ripristino) fanno parte integrante di quel processo “ciclo-fasi” (riduzione del rischio, preparazione all’emergenza, emergenza, post emergenza, ricostruzione) e sono strettamente collegate tra loro in quanto ogni fase, è condizionata da quella precedente e tutto quello che viene impostato e attuato in una delle fasi condiziona in un modo o nell'altro, quindi in modo positivo o negativo, tutte le fasi successive.

Dopo l’avvento di un sisma un momento significativo è, in genere, rappresentato dal rilievo del danno e dalla valutazione dell’agibilità post sismica. La valutazione dei danni sismici sul patrimonio edilizio, è una pratica presente da secoli, in diverse forme e gradi di approfondimento, nella pratica architettonica italiana, questo, anche a causa dell'elevato rischio sismico di un'ampia porzione del territorio nazionale. Infatti, negli anni essa si è evoluta sulla sola base della continua esperienza dei tecnici incaricati di questo compito molto importante in quanto la verifica di agibilità implica, l’evacuazione o il ritorno delle persone alle proprie case. A tal fine in tutto il mondo, vengono usati, in ausilio alle campagne di sopralluoghi post sisma, strumenti schedografici che offrono una serie di vantaggi:

• costituiscono una check list di guida per il tecnico incaricato delle valutazioni;

• consentono di effettuare un rilievo del danno su tutto il patrimonio colpito dal sisma in modo omogeneo;

• consentono un’immediata informatizzazione e, quindi, un trattamento statistico e informativo dei dati raccolti.

Per lungo tempo, le campagne di sopralluogo post sisma sono state effettuate tramite l’utilizzo di una scheda messa a punto dal Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (Gndt).

Tale scheda era in realtà stata pensata e sviluppata al fine di condurre un’attività di rilievo conoscitivo sulla vulnerabilità e sul danno che, però, non si poneva come obiettivo la valutazione di agibilità sul manufatto.

Per questo motivo tra il 1996 e il 1997 il Gndt e il Servizio sismico nazionale (Ssn) decisero di avviare un gruppo di lavoro che potesse andare a creare un nuovo strumento di studio dei danni sismici che

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comprendesse anche la valutazione dell’agibilità dei manufatti danneggiati da terremoto, così nacque la scheda AeDES. Infatti, subito dopo un evento sismico è di fondamentale importanza andare a definire il livello di danno a cose e persone, valutando anche il livello di agibilità degli edifici e l’eventuale dissesto a scala territoriale.

Col passare degli anni si è sempre di più raffinata la modalità di indagine in zone colpite da terremoti, e altri strumenti di valutazione si sono aggiunti al fine di studiare, a diverse scale di approfondimento, le operazioni necessarie di pronto intervento per la messa in sicurezza degli edifici e la salvaguardia della vita umana in stretta collaborazione con la Regione e gli Enti Locali coinvolti dall'evento. Nello specifico si sono definiti quattro livelli diversi di schedatura, dal meno al più approfondito:

• livello 0, ispezione post-sisma speditiva:

▪ operazioni immediate della protezione civile

▪ valutazione macroeconomica degli effetti del terremoto • livello 1, ispezione post-sisma completa:

▪ valutazioni di intensità macrosismica ▪ valutazione del danno economico ▪ giudizio di agibilità

• livello 2, analisi di vulnerabilità speditiva/territoriale: ▪ definizione di indici di vulnerabilità

▪ previsioni di comportamento

• livello 3, analisi approfondita di vulnerabilità:

▪ rilievo del sistema murario per consentire l'applicazione di analisi semplificate della risposta al sisma basate sull'individuazione dei meccanismi di rottura nel piano e fuori piano

▪ scelta dell'intervento

Qui di seguito sono riportate alcune delle schede che vengono utilizzate più comunemente in fase post-sismica.

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53 2.1. SCHEDA FAST

In seguito agli eventi del 26-30 ottobre 2016, che hanno portato ad un sensibile allargamento dei territori danneggiati a causa del terremoto, si è reso necessario procedere ad una valutazione urgente dell’agibilità post sismica degli edifici privati mediante una nuova procedura. Tale procedura, definita FAST (rilevamento sui Fabbricati per l’Agibilità Sintetica post-Terremoto) è finalizzata all’individuazione rapida delle situazioni nelle quali sussistono le condizioni per la concessione delle soluzioni abitative di breve termine (moduli-container).

La procedura FAST, che fa parte del livello 0 di analisi post – sismica, prevede quindi una rapida ricognizione da effettuarsi o su singoli edifici o a tappeto su tutti i fabbricati (ubicati in aree perimetrate indicate dai Sindaci stessi), il quale esito porta ad una valutazione riportata su una scheda sintetica (scheda FAST, riportata nella Figura 9) finalizzata a selezionare gli edifici agibili rispetto a quelli non utilizzabili. Qualora non sia possibile emettere una valutazione, nella scheda sarà riportato che il sopralluogo non è stato eseguito. Le ispezioni sugli edifici partono di solito sulla base della richiesta del cittadino (proprietario o legale rappresentante) o direttamente del Sindaco.

La procedura non va applicata nelle aree più distrutte, interessate da un danneggiamento quasi totale, in quanto gli edifici presenti sono da considerare comunque non utilizzabili. Inoltre, ai fini della procedura FAST, tutti gli edifici già ispezionati e dichiarati inagibili (poiché già effettuata una valutazione con la scheda AeDES) sono da intendersi non utilizzabili e, pertanto, non saranno oggetto di sopralluogo FAST.

La procedura con scheda FAST non è sostitutiva, ai fini della ricostruzione, della procedura con scheda AeDES per quanto attiene l’approfondimento degli edifici valutati non utilizzabili.

L’attribuzione dell’agibilità è relativa all’edificio nella sua interezza, e non alle singole unità immobiliari o parti dell’edificio. Infatti, l’edificio rappresenta, in linea di principio, l’unità strutturale minima il cui comportamento va visto nel suo complesso ed il cui danneggiamento, anche nelle singole parti (ad esempio il piano terra di un edificio in c.a.), ha ripercussioni importanti sulla sicurezza di tutte le altre parti. La scheda in ogni caso non è e non può essere uno strumento esaustivo.

Il giudizio di agibilità risulta espresso sulla base della sensibilità professionale del rilevatore, il quale esito può essere:

Figura

Tabella 1 – Tabella con confronto tra scala Mercalli e scala Richter
Figura 4 – Classificazione sismica del 1916-1927 e del 1928-1933 (Fonte: https://arcg.is/rLymD)
Figura 6 – Classificazione sismica del 1939-1962 e del 1965-1976 (Fonte: https://arcg.is/rLymD)
Figura 8 – Classificazione sismica del 2015
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