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UNESCO: a tourism destination brand, il caso delle torri campanarie nelle Flamish Art Cities

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale

(ordinamento ex D.M. 270/2004)

in Sviluppo Interculturale dei Sistemi Turistici

LM-49

Tesi di Laurea

UNESCO: a tourism destination

brand:

il caso delle Torri Campanarie nelle

Flemish Art Cities

Relatore

Professor Matteo Giannasi

Correlatore

Professor Andrea Teglio

Laureand

a

Miriam Campese

Matricola 854527

Anno Accademico

(2)

There are two characteristics in a building: its use and its beauty. Its use belongs to its owners, and its beauty to everyone, you, me, all of us. Thus, destroying means disregarding a right. (…) if necessary, a low has to be passed.

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Sommario

INTRODUZIONE ... 1

CAPITOLO I: UNESCO E TURISMO ... 5

1.1 La Convezione, 1972 ... 5

1.2 Bruxelles Charter, 1976 ... 9

1.3 International Cutlural Tourism Charter, 1999... 11

1.4 UNESCO, World Heritage Tourism Program, 2001 ... 13

1.5 Budapest Declaration, 2002 ... 16

1.6 36a Sessione, World Heritage and Sustainable Development: The Role of Local Communities, San Pietroburgo, 2012 ... 18

1.7 UNESCO-Turismo, oggi ... 20

1.8 UNESCO: a destination-brand... 23

CAPITOLO II: TORRI CAMPANARIE DI BELGIO E FRANCIA ... 29

2.1 Descrizione del patrimonio e il suo Outstanding Universal Value ... 29

2.2 I criteri ... 33

2.3 Management Plan ... 35

2.3.1 Francia ... 36

2.3.2 Belgio: Fiandre e Vallonia ... 37

2.5 Buffer zone ... 38

2.6 Le torri campanarie Ieri-Oggi ... 39

2.7 Safeguarding the Carillon Culture, UNESCO 2014 ... 44

CAPITOLO III: LE TORRI CAMPANARIE NELLE FLEMISH ART CITIES ... 49

3.1 L’area del patrimonio ... 49

3.2 Anversa: la cattedrale di Nostra Signora e la sua torre campanaria ... 52

3.2.1 Descrizione del patrimonio ... 52

3.2.2 Maintenance Plan ... 54

3.2.3 Managing today and the future ... 56

3.3 Bruges: la torre campanaria e il Market Hall ... 59

3.3.1 Descrizione del patrimonio ... 59

3.3.2 Maintenance Plan ... 61

3.3.3 Managing today and the future ... 62

(4)

3.4.1 Descrizione del patrimonio ... 65

3.4.2 Maintenance Plan ... 67

3.4.3 Managing today and the future ... 68

3.5 Lovanio: la Chiesa di St. Peter e la sua torre campanaria ... 70

3.5.1 Descrizione del patrimonio ... 70

3.5.2 Maintenance Plan ... 72

3.5.3 Managing today and the future ... 72

3.6 Mechelen: la cattedrale di St. Rumbold e la sua torre campanaria ... 75

3.6.1 Descrizione del patrimonio ... 75

3.6.2 Maintenance Plan ... 77

3.6.3 Managing today and the future ... 78

CAPITOLO IV: IL TURISMO NELLE FLEMISH ART CITIES ... 81

4.1 Il turismo nelle Fiandre: dati statistici ... 81

4.2 Toerisme Vlaanderen, a Destination Management Organization ... 83

4.3 Flemish Art Cities & UNESCO, a destination brand strategy ... 89

4.3.1 Destination brands ... 89

4.3.2 Strategia di destination-image ... 92

4.3.3 Il ruolo fondamentale delle comunità locali ... 99

CONCLUSIONE ... 103

Bibliografia: ... 107

Sitografia: ... 109

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1

INTRODUZIONE

Il caso studio sulle Torri Campanarie – patrimonio UNESCO sin dal 1999 - verte sull’approfondimento del ruolo di destination-image per fini turistici di quest’ultime, nell’area delle Flemish Art Cities e in tutta la regione-stato delle Fiandre, in Belgio.

Le torri campanarie di Belgio e Francia sono state riconosciute come patrimonio seriale trans-nazionale e iscritte come tali alla World Heritage List (WHL) UNESCO nel 2005, complice il valore socio-culturale, storico, architettonico e paesaggistico dei Low Countries, oggi suddivisi in Paesi Bassi, Belgio e Francia.

Costruite in più fasi, in un periodo di tempo che si estende dall’XI al XVII secolo, esse simboleggiano il passaggio dal feudalesimo alla società urbana mercantile sviluppatasi in Europa lungo il Medioevo, riflettendo nella maggior parte dei casi la lotta per l’indipendenza dal potere centrale, lo sviluppo e la ricchezza economica della città, divenendo le costruzioni primordiali dell’architettura civile e pubblica.

Nel 1999, UNESCO (United Nations Scientific, Cultural, Educational Organization) riconobbe l’Outstanding Universal Value (OUV) di 32 torri presenti sul territorio belga.

Nel 2005, grazie ad una rettifica presentata in accordo tra Belgio e Francia, furono riconosciute ulteriori 23 torri campanarie nel territorio francese e la torre di Gembloux in Vallonia, regione-stato nella parte meridionale del Belgio.

Le torri detenevano molteplici funzioni sia di potere civile che temporale: esse sono un esempio eccezionale di quanto fosse sottile la linea di separazione tra Stato e Chiesa all’epoca. Molte di loro furono commissionate in primo luogo come campanile della chiesa, altre furono invece innalzate come torri sovrastanti il market hall, una sala appositamente costruita per lo scambio delle merci, centro quindi del potere economico della municipalità.

Tra le diverse funzioni a loro assegnate, esse scandivano l’orario della giornata lavorativa grazie alle loro campane e successivamente ai carillon (XVI secolo); fungevano poi da torre di controllo in caso di attacchi nemici e/o incendi e al loro interno venivano custoditi i regolamenti della città, il suo tesoro ed il simbolo. Esse rappresentavano il centro legislativo, amministrativo e giudiziario delle singole comunità, fungendo in alcuni casi anche da prigione.

Nonostante nessuna di esse detenga oggi queste funzionalità e molte di loro siano state ristrutturate e/o ricostruite più volte in seguito ad incendi, crolli e bombardamenti, ICOMOS

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2

riconosce la loro autenticità nell’ aver perpetuato nel tempo la loro posizione centrale, attorno alla quale si è sviluppato l’intero tessuto urbano della municipalità circostante fino ad oggi. Da questa analisi è però risultato che una stretta collaborazione tra i due Stati risulta essere assente, perlopiù lo Stato del Belgio - una monarchia parlamentare a statuto federale – poggia su due diversi piani di gestione affidati rispettivamente alla regione-stato della Vallonia e quella delle Fiandre, la quale delega ancora oggi l’intera gestione e manutenzione delle torri alle singole città dove esse sono ubicate.

L’assenza quindi di un piano regolatore e di gestione del patrimonio va a scapito dell’intera filiera turistica, la quale non possiede un marchio e un’immagine univoca che possano essere utilizzati per inserire questo patrimonio come attrattiva turistica.

L’analisi di questo caso studio si è focalizzata sulle torri presenti nelle città di Anversa, Bruges, Gand, Lovanio e Mechelen, note con l’appellativo di Flemish Art Cities proprio per il ricco patrimonio storico e artistico in esse presente, il quale risulta essere la principale ragione che spinge i turisti a dirigersi verso questa meta.

Queste cinque, unite nell’omonima organizzazione no-profit Flemish Art Cities, risultano tutt’oggi essere proprietarie delle torri edificate sul loro territorio, presentando quindi diversi piani di manutenzione e ristrutturazione di quest’ultime. Non tutte presentano tuttavia un piano di gestione, lacuna che rende l’analisi di questo prodotto turistico come possibile fonte di attrazione per lo heritage tourism maggiormente complessa.

L’elaborato è articolato in quattro capitoli.

Nel primo è esaminato il processo di evoluzione del rapporto tra l’agenzia UNESCO e il turismo, dove il secondo sembrava rappresentare una minaccia agli esordi della pubblicazione della WHL, rivelandosi invece nel corso tempo un propulsore per lo sviluppo di alcune aree e un generatore di fondi che permette la preservazione del patrimonio per le generazioni future. Si è constatato che la notorietà dei beni riconosciuti da UNESCO ha fatto in modo che questo diventasse un vero e proprio brand riconosciuto a livello globale, identificandolo come un marchio di garanzia e di qualità della destinazione.

Si è inoltre rilevata importante una stretta collaborazione con la popolazione locale, la quale in primis riconosce il valore intrinseco ed estrinseco del patrimonio in loco, fornendo un importante contributo per lo sviluppo di un turismo sostenibile.

Lo sviluppo della tecnologia e delle ICT ha sicuramente contribuito ad un maggiore avvicinamento dei due, portando oggi ad un rapporto essenziale per uno sviluppo sostenibile.

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3

Nel secondo capitolo si presenta l’intero sito patrimoniale seriale, formato da 56 beni dislocati sull’antico territorio del County of Flanders, corrispondente oggi al territorio dei Paesi Bassi, della regione-stato delle Fiandre, della Vallonia e dell’area denominata Department of Aisme, Somme and Oise, includendo la città di Artois e Pas-de-Calais nella Francia nord-est.

Qui si è analizzato come si sia evoluto l’utilizzo di questo patrimonio nel corso dei secoli, perpetuando la sua importanza sino alla società odierna.

Nel terzo capitolo si è posto il focus sull’analisi delle cinque torri campanarie presenti rispettivamente nelle città di Anversa, Bruges, Gand, Lovanio e Mechelen, le quali essendo città fiamminghe non risultano avere un coeso piano di gestione di questo patrimonio, né di utilizzarlo allo stesso modo come attrazione turistica per i viaggiatori in città. Si è portato alla luce che alcune di queste torri non sono oggi giorno visitabili per motivi legati alla loro struttura primordiale. Inoltre, si è visto che alcune di esse sono utilizzate come musei, altre come sale espositive, altre come attrazione turistica a sé. La ricerca di questo tipo di informazioni è stata resa possibile grazie alla visita personale in loco, la quale mi ha permesso di capire il valore artistico e identificativo di quest’ultime degno di essere parte della destination-image delle cinque città. Molto del materiale analizzato mi è stato indicato per via telematica personalmente, poiché non essendoci ancora un piano di gestione uniforme, non esiste di conseguenza una piattaforma online dove sia possibile reperire i dati necessari.

Nel quarto capitolo è approfondito il ruolo del turismo nella regione delle Fiandre e come quest’ultima potrebbe fare uso del brand UNESCO grazie ai molteplici beni seriali presenti nella cinque città analizzate e nell’intera area fiamminga. Si è inoltre osservato per mezzo di un questionario somministrato per via telematica ad un target sia nazional-belga che internazionale, come le torri campanarie possano essere considerate immagine di destinazione delle cinque città. Vi è inoltre discussa l’importanza della partecipazione della comunità locale per i futuri piani di gestione del bene, la quale oggi invece, non sembra essere molto partecipe nelle strategie finora attuate, risultando vittima piuttosto di un top-down approach per quanto riguarda la gestione e l’utilizzo di questo bene.

Lo sviluppo di un piano di gestione, di marketing e di comunicazione di questo patrimonio seriale, grazie all’utilizzo del brand UNESCO, il quale è ampiamente presente sul territorio data la presenza di molteplici beni seriali diversi, può contribuire allo sviluppo di un turismo

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4

sostenibile se gestito in modo corretto, incentivando i viaggiatori a pernottare più notti in queste città, le quali sembrano soffrire in modo sempre più incisivo di un turismo “mordi-e-fuggi”. Le torri campanarie non solo svolgono il ruolo di riconoscimento delle cinque città, ma la loro immagine potrebbe fungere da marchio identificativo per l’intera regione delle Fiandre. Esse potrebbero essere inserite nella creazione di itinerari di viaggio precostituiti che coniughino un tipo di visita storica, artistica, sportiva, permettendo al consumatore di usufruire di un prodotto di alta qualità e marchiato UNESCO.

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5

CAPITOLO I: UNESCO E TURISMO

1.1 La Convezione, 1972

UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) sottoscrisse The Convection Concerning the Protection of World Cultural and Natural Heritage, nota come La Convezione, il 16 novembre 1972, in seguito alla 17a Conferenza Generale delle Nazioni Unite, riunitasi a Parigi.

La Convenzione introdusse l’idea che sia il patrimonio culturale, sia quello naturale è unico, insostituibile e di grande valore per l’intera umanità.

Considerata la pericolosa situazione che stava incombendo sul patrimonio stesso in quegli anni, si avvertì la necessità di introdurre un piano equilibrato di identificazione, protezione, conservazione, presentazione e riabilitazione di quest’ultimo, affinché le generazioni future potessero godere dei beni culturali e naturali di un valore universale eccezionale.1

La Convenzione promosse due modelli: il primo riguardante la protezione del patrimonio da eventuali pericoli dovuti allo sviluppo moderno, il secondo finalizzato alla protezione del patrimonio come parte di un processo sostenibile e virtuoso in crescita che soddisfacesse pienamente il concetto di equità inter-generazionale.2

La Convenzione entrò in vigore dal 1975; oggi è riconosciuta da 193 Stati. All’Art. 1, la Convenzione ha così considerato patrimonio culturale:

 i monumenti: opere architettoniche, plastiche o pittoriche monumentali, elementi o strutture di carattere archeologico, iscrizioni, grotte e gruppi di elementi di valore universale eccezionale dall’aspetto storico, artistico o scientifico;

 gli agglomerati: gruppi di costruzioni isolate o riunite che, per la loro architettura, unità o integrazione nel paesaggio hanno valore universale eccezionale dall’aspetto storico, artistico o scientifico;

1 UNESCO, Convention concerning the Protection of the World Cultural and Natural Heritage, Parigi, 1972. 2 Labadi, S. UNESCO, World Heritage, and Sustainable Development: International Discourses and Local Impacts,

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6

 i siti: opere dell’uomo o opere coniugate dell’uomo e della natura, come anche le zone e i siti archeologici, di valore universale eccezionale dall’aspetto storico ed estetico, etnologico o antropologico.3

All’ Art. 2 è stato così considerato patrimonio naturale:

 i monumenti naturali costituiti da formazioni fisiche e biologiche o da gruppi di tali formazioni di valore universale eccezionale dall’aspetto estetico o scientifico;

 le formazioni geologiche, fisio-grafiche e le zone strettamente delimitate costituenti l’habitat di specie animali e vegetali minacciate, di valore universale eccezionale dall’aspetto scientifico o conservativo;

 i siti naturali o le zone naturali strettamente delimitate di valore universale eccezionale dall’aspetto scientifico, conservativo o estetico naturale.4

Secondo quanto deliberato dalla Convenzione, sia il patrimonio culturale, sia quello naturale offrono un interesse eccezionale appartenente a tutti i popoli del mondo; la loro degradazione o sparizione avrebbe quindi comportato un’incalcolabile perdita a livello globale.

Tra gli anni ’60 e ’70 le minacce che maggiormente incombevano sul patrimonio erano il rapido sviluppo urbano e industriale che stava portando alla distruzione di numerosi siti patrimoniali:5 non si trattava quindi di sole minacce tradizionali di degradazione, ma era messa a rischio anche l’evoluzione stessa della vita sociale ed economica, dal momento che il mantenimento e la preservazione del patrimonio erano compromessi. Data l’ampiezza e la gravità dei pericoli, spetta tuttora alla collettività internazionale il compito di partecipare alla protezione dei beni culturali e naturali.

L’Atto costitutivo dell’Organizzazione prevede che questa favorirà il mantenimento, il progresso e la diffusione della conoscenza e interesse vegliando alla conservazione e protezione del patrimonio universale e raccomandando ai popoli interessati convenzioni internazionali a tal fine.6

3 UNESCO, Convention concerning the Protection of the World Cultural and Natural Heritage, Parigi, 1972. 4 Ibidem.

5 Labadi, S. UNESCO, World Heritage, and Sustainable Development: International Discourses and Local Impacts,

Springer International Publishing Switzerland ,2017, Cap. 4, pp. 45-60.

(11)

7

Tra i pericoli identificati dalla Convenzione sono stati messi in luce: la sparizione e la degradazione accelerata dovuta a progetti di grandi lavori pubblici o privati, il rapido sviluppo urbano e turistico, la distruzione dovuta a cambiamenti d’utilizzazione o di proprietà terriera, le alterazioni profonde dovute a causa ignota, l’ abbandono per ragioni qualsiasi, il conflitto armato o minaccia di tale conflitto, le calamità e cataclismi, i grandi incendi, i terremoti, gli scoscendimenti, le eruzioni vulcaniche, la modificazione del livello delle acque, le inondazioni, e i maremoti.7

Data la quantità di siti minacciati o già in pericolo, l’Art. 11 Comma 4 della Convenzione decretò la nascita della World Heritage List in Danger, ovvero la lista dei siti ritenuti in pericolo, alla quale furono e saranno sottoscritti solo quei beni sia culturali che naturali minacciati da seri e specifici pericoli, e per la cui salvaguardia sono necessari grandi lavori. L’elenco contiene anche una valutazione delle operazioni.8

Tra le minacce sopracitate, sono ritenuti responsabili da UNESCO anche lo sviluppo urbano e turistico, movimenti inarrestabili e inevitabili oggi. Risulta infatti impossibile pensare ad un sito UNESCO senza immaginare stormi di turisti che scattano foto o selfies, file di autobus parcheggiati e bancarelle di souvenirs.9

Anche se UNESCO non creò la World Heritage List con l’obiettivo di creare una lista di destinazioni turistiche, lo sviluppo di infrastrutture ricettive, servizi di ristorazione, aeroporti, linee stradali e ferroviarie nate attorno ai siti UNESCO fanno parte oggi della sua immagine, dando vita ad un vero e proprio heritagescape e ne collaborano quindi alla sua pianificazione e sviluppo sia esso attraente o meno. Nella maggior parte dei casi si tratta di cambiamenti dell’aspetto morfologico e urbano dei territori ospitanti siti patrimoniali, nonché del cambiamento del rapporto socio-culturale delle comunità locali e limitrofe. Il turismo sembra quindi, de facto, essere una minaccia per il patrimonio mondiale.10

The cultural heritage and natural heritage are increasingly threatened with destruction not only by the traditional causes of decay, but also by changing social and economic conditions which aggravate the situation with even more formidable phenomena of damage and destruction.11

7 UNESCO, Convention concerning the Protection of the World Cultural and Natural Heritage, Parigi, 1972. 8 Ibidem.

9 Bourdeau, L., Gravari-Barbas, M., Robinson, M., “World heritage and Tourism: from Opposition to

Co-production”, World heritage and Tourism: from Opposition to Co-production New York, Routledge, 2016, cap.1., pp. 1-24.

10Ibidem.

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8

La Convenzione esordisce già nel preambolo nei panni di un’istituzione internazionale il cui obiettivo è la protezione del patrimonio, e in particolar modo di quei siti che sono stati identificati di un valore universale eccezionale e che sono a rischio scomparsa a causa dello sviluppo della società.

Sotto questo punto di vista, la Convenzione sembra quindi essere contraria all’odierna iper-modernità e ostacolare uno sviluppo che mira al mercato.12

Pochi anni dopo la Convenzione, nel 1976, ICOMOS (International Scientific Commitee on Cultural Tourism) uno dei tre enti consultivi di UNESCO (Advisionary Bodies) - insieme ad ICCROM (International center for the study of preservation and restoration of Cultural Propertiy ) e IUCN (International Union for the Conservation of Nature) - pubblica La Carta del Turismo Culturale, nota come la Bruxelles Charter, nella quale si identifica il turismo come un fattore sociale, umano ed economico irreversibile. ICOMOS ammette dunque la sua impotenza di fronte a tale sviluppo inarrestabile e ciò porterà UNESCO a rivalutare più volte la propria opinione riguardante lo sviluppo della società inevitabile allora come oggi.

Dal 1976 ad oggi, seguirono ulteriori rettifiche adottate da UNESCO tra cui l’International Cultural Tourism Charter nel 1999, la Dichiarazione di Budapest nel 2002, la 36a Sessione di San Pietroburgo nel 2012, riguardate World Heritage and Sustainable Tourism e per finire l’ultima pubblicazione delle Operational Guidelines (OG) nel 2017 - strumento adottato da UNESCO per l’implementazione e adozione della Convenzione. In esse, al punto 5.d del Format di Iscrizione per gli stati che intendono candidare un loro sito come patrimonio dell’umanità sono richiesti: “Existing plans related to municipality and region in which the proposed property is located (e.g., regional or local plan, conservation plan, tourism development plan)”13

Fin dalla candidatura dei loro siti, gli Stati sono oggi chiamati ad identificare i piani di sviluppo a livello locale e regionale, di conservazione e di sviluppo turistico adottati e accordati con le agenzie responsabili. Sono invitati ad inviare una copia dei suddetti piani all’ UNESCO World Heritage Centre.

In questo capitolo si vuole quindi sottolineare come il rapporto UNESCO - turismo sia cambiato nel corso degli anni: da un primo approccio di opposizione a quello odierno di co – produzione.

12 Labadi, S. UNESCO, World Heritage, and Sustainable Development: International Discourses and Local Impacts,

Springer International Publishing Switzerland ,2017, Cap. 4, pp. 45-60.

13 Operational Guidelines for the Implementation of the World Heritage Convention, World Heritage Centre,

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1.2 Bruxelles Charter, 1976

Nel 1976, ICOMOS (International Council on Monuments and Sites) uno dei tre principali Advisionary Bodies di UNESCO, pubblica la Carta del Turismo Culturale, nota come Bruxelles Charter.

ICOMOS esprime la sua preoccupazione riguardante gli effetti sia postivi che negativi sul patrimonio mondiale causati dallo sviluppo estremamente forte del turismo. Ѐ tuttavia consapevole del fatto che, anche se potente nella sua sfera, non può influenzare vivamente il corso degli eventi. Per questo motivo ha cercato di partecipare in una riflessione congiunta con le ampie organizzazioni mondiali e regionali nella quale fossero condivise le preoccupazioni, e quindi più favorevoli a contribuire ad una implementazione universale, coerente ed efficace.14 Al primo punto della Carta di Bruxelles i rappresentanti di ICOMOS hanno definito il turismo come un fattore sociale, umano ed economico irreversibile. Le sue influenze su monumenti e siti sono particolarmente importanti perché in continuo sviluppo secondo quanto stabilito dalle condizioni di crescita.15

Più precisamente, al punto 3 il turismo culturale è descritto come una forma di turismo il cui oggetto, tra gli altri obiettivi, è la scoperta di monumenti e siti. Su quest’ultimi esso esercita un effetto positivo, in quanto contribuisce al loro mantenimento e alla loro protezione. Questa forma di turismo giustifica infatti il tentativo di soddisfare la domanda di mantenimento e protezione da parte dell’umanità dovuta agli effetti socio-culturali ed economici che conferiscono all’intera popolazione.16

Fin dagli anni ’70, il turismo culturale è stato considerato come un’attività turistica spinta dalla propria motivazione, esperienza o aspirazione, verso una destinazione dotata di beni culturali e siti patrimoniali messi a disposizione dei turisti affinché vengano “consumati”. Il turismo culturale include quindi quattro elementi: il turismo, l’uso di siti patrimoniali, la consumazione di un’esperienza e i prodotti per i turisti.17

Tuttavia, il punto 4 sottolinea il problema che il turismo può causare se mal gestito o non regolato da un piano di gestione:

14ICOMOS, Charter of Cultural Tourism, Bruxelles, 1976. 15Ibidem.

16Ibidem.

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10

“…cultural tourism cannot be considered separately from the negative, despoiling or destructive effects which the massive and uncontrolled use of monuments and sites entails. The respect of the latter, just like the elementary wish to maintain them in a state fit to allow them to play their role as elements of touristic attraction and of cultural education, implies the definition and implementation of acceptable standards.”18

ICOMOS evidenzia ulteriormente la sua preoccupazione legata allo scorretto utilizzo del patrimonio mondiale; afferma ancora una volta che il suo obiettivo è raggiungere un’adeguata conservazione e un corretto piano di gestione dei siti patrimoniali in questione.19

La Bruxelles Charter conclude dichiarando che il loro obbiettivo è il rispetto e la protezione dell’autenticità e diversità dei valori culturali nelle regioni e Stati in via di sviluppo così come in quelli già industrializzati, poiché il patrimonio culturale appartenente all’umanità è fatto della stessa natura agli occhi di un turismo sempre più in espansione.20

Con la carta di Bruxelles si vuole dunque affermare che il turismo è un fattore-guida sempre più in crescita e che caratterizzerà lo sviluppo e l’economia in modo sempre più prorompente. ICOMOS non nasconde la sua incapacità di fermare questo fenomeno naturale della società in via di sviluppo, né nasconde la sua preoccupazione per il patrimonio mondiale. Sottolinea infatti che il suo scopo rimane quello di rispettare e proteggere l’autenticità e la diversità dei valori culturali siano questi in regioni o Stati in via di sviluppo o in nazioni già industrializzate. Oggi l’obiettivo delle Nazioni Unite è raggiungere uno Sviluppo Sostenibile entro il 2030, inerenti i dati del turismo in crescita che raggiungeranno la soglia di 1.8 miliardi. Perseguendo il suo scopo di un’adeguata protezione e gestione del patrimonio mondale sin dal 1976, ICOMOS International Cultural Tourism Commitee (ICTC) è oggi al lavoro su un piano di sviluppo, di protezione e di conservazione del patrimonio al fine di creare un turismo culturale sostenibile. A tale scopo, ICTC incoraggia le comunità locali, persone concerni la protezione e l’industria turistica a collaborare per proteggere il patrimonio culturale, riconoscendo la sua fragilità nel caso di una non-controllata attività turistica.21

ICTC cerca quindi di cooperare con organizzazioni nazionali e internazionali sia nel settore pubblico che privato al fine di promuovere la formulazione di un’effettiva politica integrante piani e responsabili manageriali di attività di turismo sostenibile nelle destinazioni culturali, per

18 ICOMOS, Charter of Cultural Tourism, Bruxelles, 1976.

19 James, Peter C., The role of ICOMOS in Cultural Tourism at World Heritage Sites 20 ICOMOS, Charter of Cultural Tourism, Bruxelles, 1976.

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una migliore protezione dei valori di monumenti e siti. Inoltre, la salvaguardia di significativi luoghi e spazi, tradizioni locali e stili di vita nelle diverse comunità è riconosciuto in tutto il mondo come parte integrante per lo sviluppo di un turismo sostenibile.22

1.3 International Cutlural Tourism Charter, 1999

Come era già reso noto nella Bruxelles Charter del 1976, il turismo era un forte movimento in crescita che stava caratterizzando l’intera economia globale.

Non si trattava più di un fattore sociale, umano ed economico irreversibile era bensì divenuto un fenomeno in crescita dalle dimensioni politiche, economiche, sociali, culturali, istruttive, bio-fisiche, ecologiche ed estetiche.23

Il collegamento tra patrimonio e turismo era ormai inevitabile, dal momento che, i siti e i beni patrimoniali risultavano sempre più essere le mete preferite dai vacanzieri.

La gestione dei siti patrimoniali stava diventando una vera sfida: essi dovevano essere preservati per le generazioni future, ma allo stesso tempo essere accessibili al pubblico odierno come luoghi formazione e di svago, in quanto holiday-destinations. ICOMOS espresse la sua difficoltà affermando: “non è facile trovare un tale equilibrio (tra accessibilità e conservazione), soprattutto perché conservazione e turismo comportano a sforzi opposti. In genere, i conservatori preservano, i turisti consumano.” (ICOMOS 1994, 2)

In occasione della 12a Assemblea Generale svoltasi in Messico nel 1999, ICOMOS sostituì la Bruxelles Charter con l’International Cultural Tourism Charter, attraverso la quale si cercò di delineare i corretti punti necessari per un sostenibile piano di gestione turistica per quei siti di importanza mondiale. Si sottolineò il fatto che i siti patrimoniali appartengo prima di tutto alle comunità locali che convivono e che vivono nella stessa area del bene; i programmi turistici dovrebbero quindi innanzitutto incoraggiare la formazione e l’assunzione di guide turistiche locali e migliorare le conoscenze e competenze delle persone autoctone per una corretta ed esauriente presentazione dei valori culturali del patrimonio a loro circostante.24

Fin dai tempi antichi, lo sviluppo e la crescita delle comunità cittadine sono sempre stati collegati al patrimonio naturale e culturale a loro circostante, facendone una risorsa materiale e

22 ICOMOS; http://icomos-ictc.org/our-goals/, ultimo accesso 14.04.2019

23 ICOMOS, International Cultural Tourism Charter, Managing Tourism at Places of Heritage Significance,

Messico, 1999.

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12

spirituale di notevole importanza. Esso ha ancora oggi un ruolo importante nella vita moderna e deve essere fisicamente ed emotivamente accessibile al pubblico generale che ne deve godere in modo adeguato.25

In base quanto ribadito nella International Cultural Tourism Charter, sia il turismo interno che quello internazionale sono un fattore trainante per lo sviluppo delle singole località: esso porta benefici e dovrebbe perciò spronarle nella cura del patrimonio e della attività culturali. Un piano di gestione e di conservazione delle attrattività turistiche dovrebbero comportare ad equi benefici economici, sociali e culturali a uomini e donne su tutti i piani: attraverso l’istruzione, la formazione e la creazione di posti di lavoro a tempo pieno.26 Al fine di creare un’industria turistica sostenibile che si preoccupi della protezione delle risorse patrimoniali per le generazioni future è importante il coinvolgimento e la co-operazione delle comunità locali rappresentative, degli operatori turistici, dei proprietari dei beni, dei manager e di coloro che lavorano per un piano di sviluppo nazionale.27

Sulla base di quanto riportato soprastante, gli obiettivi auspicati dall’International Cultural Tourism Charter furono i seguenti:

 To facilitate and encourage those involved with heritage conservation and management to make the significance of the that heritage accessible to the host community and visitors

 To facilitate and encourage the tourism industry to promote and manage tourism ways that respect and enhance the heritage and living cultures of host communities

 To facilitate and encourage a dialogue between conservation interests and the tourism industry about the importance and fragile nature of heritage places collections and living cultures including the need to achieve a sustainable future for them.

 To encourage those formulating plans and policies to develop detailed, measurable goals and strategies relating to the preservation and interpretation of heritage places and culture activities, in the context of their preservation and conservation.28

25 ICOMOS, International Cultural Tourism Charter, Managing Tourism at Places of Heritage Significance,

Messico, 1999.

26 Ibidem. 27 Ibidem. 28 Ibidem.

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13

Il fatto che il turismo fosse sempre più importante economicamente in virtù dei benefici e dello sviluppo che esso portava ai singoli Stati, andava quindi a scontrarsi con i piani di conservazione e protezione posti alla base della Convenzione del 1972.

ICOMOS, come mostrato sopra, cambia il suo approccio con il turismo e ne identifica l’importanza per il mantenimento stesso del patrimonio, appartenente prima di tutto alle comunità locali. L’idea di uno sviluppo sostenibile del turismo fu supportata anche dall’ UNWTO (United Nations World Tourism Organization), il quale, sempre nel 1999 adotta il Global Code of Ethics for Tourism (GCET)29, un insieme di principi-chiave indirizzati a governi, industrie turistiche e turisti stessi, il cui obiettivo è massimizzare i benefici del settore, minimizzando contemporaneamente i suoi potenziali impatti negativi sull’ambiente, sul patrimonio culturale e sulle società stesse che abitano la Terra.30

1.4 UNESCO, World Heritage Tourism Program, 2001

L’affermazione secondo la quale il patrimonio mondiale necessitasse di un piano di protezione e manutenzione fu resa ampiamente esplicita nella Convenzione del ’72. Come già evidenziato, la Convenzione sembrava essere l’anti-sviluppo della società: i concetti di “sviluppo” o di “sviluppo sostenibile” non appaiano mai infatti in essa.

Tuttavia, all’Art. 4 si mise in luce che il patrimonio andava salvaguardato affinché le generazioni future non ne fossero private: “ Each State Party to this Convection recognizes that the duty of ensuring th identification, protection, conservation, presentation and transmission to future generations of the cultural and natural heritage referred to in Article 1 and 2 and situated on its territory, belongs to that State. (…)”31

Affinché l’articolo suddetto prendesse forma nella realtà, c’era il bisogno di ideare un piano di sviluppo, che fosse sostenibile per un lungo lasso di tempo.

L’idea prese gradualmente forma e fu resa esplicita dopo più di dieci anni dalla pubblicazione della Convenzione, quando nel 1987 fu adottato il Brutland Report (Our Common Future

29 UNWTO, World Tourism Organization: http://www2.unwto.org, ultimo accesso 20.04.2019

30 UNWTO, Global Code of Ethics for Tourism,

http://ethics.unwto.org/en/content/global-code-ethics-tourism, ultimo accesso 20.04.2019

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Report)32 in seguito alla World Commission on Environment and Development (WCED). Furono proposte strategie ambientali a lungo termine, con l’obiettivo di raggiungere uno sviluppo sostenibile entro l’anno 2000.33 Il report intendeva condurre ad un cambiamento da una sola considerazione di crescita in senso economico, al pensare ad esso come le fondamenta per una equilibrata interazione tra il settore ecologico, economico e di giustizia sociale. Il Brutland Report propose un approccio olistico nel suo insieme, dando anche una definizione di turismo sostenibile, così riassunto nel 2007 da Lansing e De Vriens:

Proposto per soddisfare i bisogni di differenti corpi coinvolti: creare fatturato e profitti all’industria turistica, esperienze di viaggio responsabili per il numero di turisti in crescita che dispongono di buone condizioni economiche, crescita economica affiancata dalla protezione ambientale e socio-culturale dei Paesi e delle loro comunità.34

Sulla scia degli obiettivi da raggiungere secondo il Brutland Report per il nuovo millennio, nel 2001 la WHC creò il World Heritage Tourism Program, la cui chiave fondamentale è il dialogo con l’industria turistica, in modo tale che essa possa contribuire alla salvaguardia delle preziose risorse del pianeta.

Il turismo stava portando ad impatti di sempre più grande rilevanza e andava a toccare trasversalmente la maggior parte dei siti patrimoniali.35

Al sorgere del nuovo secolo, UNESCO notò che molti Stati, soprattutto extra Europei, presentavano ancora una carenza di personale che si occupasse del proprio patrimonio, che avesse esperienza sul campo e in molti casi mancava di una corretta formazione per fare in modo che il turismo fosse utilizzato come uno strumento per raggiungere una conservazione “naturale” a lungo termine e uno sviluppo sostenibile.

Il World Heritage Tourism Program fu creato in occasione della 25a Sessione della WHC, riunitasi ad Helsinki. Il piano faceva parte di un programma pluriennale più ampio

32 The Brutland Report, Our Common Future:

https://www.sustainabledevelopment2015.org/AdvocacyToolkit/index.php/earth-summit-history/historical-documents/92-our-common-future, ultimo accesso 20.04.2019

33 Labadi, S. UNESCO, World Heritage, and Sustainable Development: International Discourses and Local

Impacts, 2017, Springer International Publishing Switzerland, Cap. 4, pp. 45-60.

34 Labadi, S., UNESCO, Cultural Heritage and Outstanding Universal Value, 2013, Plymouth, AltamariaPress

cap. 5, pp. 95-112.

35 UNESCO, A Proposed Framework for the Development of Joint Cooperation On Nature Conservation and

Sustainable Tourism At World Heritage Natural sites

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comprendente 4 piani in totale “nel tentativo di assicurare la sostenibilità delle politiche e azioni di conservazione”.36

Il piano fu ideato con l’obiettivo di attuare delle strategie di conservazione diverse nelle cinque regioni – Europa e America del Nord, America Latina e Caraibi, Africa, Asia e Pacifico, Stati Arabi – di cui tutte necessitavano e i quali risultati avrebbero potuto rafforzare le metodologie di conservazione già applicate. Si cercò di lavorare sulla Capacity-building37 di ogni sito cercando di esportare i risultati in altri siti patrimoniali.

Il World Heritage Tourism Program si concentrò soprattutto in quattro attività, i cui risultati avrebbero posto le basi per la valutazione degli impatti del turismo sul patrimonio mondiale:

 Aiding the work of the WHC and World Heritage regional desks Outcome: World Heritage Tourism Program fully integrated into all activities.

 Increasing World Heritage capacity to plan and manage tourism Outcome: Increased capacity at WHS to spread planning and management skills throughout the five World Heritage regions.

 Promoting alternative livelihoods for local communities Outcome: Demonstration model projects using World Heritage sites and tourism to develop alternative livelihood for local communities aiding the conservation of WHS.

 Engaging the tourism industry to affect increased conservation benefits Outcome: Key tourism industry leaders engaged in solving visitor management and infrastructures site issues, providing funds and in-kind services for sustainable tourism projects at world Heritage Properties and contributing funds for the ongoing activities of world Heritage Sustainable Tourism Program.38

Col fine di trasformare il volto minaccioso del turismo in una possibilità di sviluppo socio-economico se gestito in modo sostenibile, il Tourism Program intraprese una vasta gamma di attività nuove o già esistenti ma tra di loro inter-connesse, spesso in un ambiente complesso. Collaborò con numerosi stakeholders locali, con i quali furono attuate attività di formazione e forniti materiali per la formazione sia di manager che dello staff, sempre mantenendo il focus del progetto sulla capacity building dei singoli patrimoni. Ciò incluse attività di formazione

36 UNESCO, Convention Concerning the Protection of the World Cultural and Natural Heritage, 34th Session,

Brasilia, 2010.

37 Per maggiori informazioni sulla Capacity Building: https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000149993 38 UNESCO, Convention Concerning the Protection of the World Cultural and Natural Heritage, 34th Session,

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(turistiche e ricreazionali), progettazione e sviluppo di piani per l’uso pubblico del patrimonio. Si integrarono attività per lo sviluppo delle comunità rurali e indigene. Il programma fu reso possibile grazie ad un arrangiamento di fondi accordato tra vari donatori e spesso in collaborazione con altre agenzie non-governative.39

Il World Heritage Tourism Program pose gli elementi base per la creazione da parte del World Heritage Centre di futuri altri piani sostenibili concerni il turismo presso siti patrimoniali, cercando di proporre un gruppo-guida che gestisse il progetto. Fu considerato necessario anzitutto un dialogo con gli stakeholders locali, riguardante gli obiettivi da predefinire, i ruoli e i principi da rispettare, una consultazione con i potenziali finanziatori e rafforzare quindi le disposizioni del World Heritage Centre.40

1.5 Budapest Declaration, 2002

Nella Convenzione è data poca importanza al ruolo delle comunità ospitanti beni patrimoniali: all’art. 5 si riconosce, seppur intrinseco, è riconosciuto il ruolo importante del patrimonio nella vita degli individui e delle comunità, e nel rafforzamento quindi della loro identità.41

“States Parties have the duty (…) to adopt a general policy which aims to give cultural and natural heritage a function in the life of the community and to integrate the protection of that heritage into comprehensive planning programs.”42

Il concetto che il patrimonio, prima di tutti, appartenesse alle popolazioni locali che vi abitano attorno e che spettava a loro prendersene cura non era noto a tutti. Come descritto precedentemente, solamente nell’ International Cultural Tourism Charter adottato da ICOMOS, si era messo per iscritto l’importanza delle comunità locali nella custodia e sviluppo dei siti patrimoniali, affinché tutti potessero goderne in modo adeguato.

L’idea di un possibile vero e proprio piano di sviluppo sostenibile e sviluppo delle comunità era del tutto estraneo alla Convenzione del ’72 ma stava di fatto prendendo forma. Solamente nel 2002 fu pubblicato il primo documento ufficiale riguardante il patrimonio e lo sviluppo sostenibile da parte della WHC, noto con il nome di Budapest Declaration, redatta in occasione

39 UNESCO, Convention Concerning the Protection of the World Cultural and Natural Heritage, 34th Session,

Brasilia, 2010.

40 Ibidem

41 Labadi, S. UNESCO, World Heritage, and Sustainable Development: International Discourses and Local Impacts,

Springer International Publishing Switzerland ,2017, Cap. 4, pp. 45-60.

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del 30° anniversario della Convenzione. Il concetto di sviluppo sostenibile divenne ufficialmente associato al processo di identificazione e gestione dei siti patrimoniali.43

We, the members of the World Heritage Committee, recognize the universality of the 1972 UNESCO World Heritage Convention and the consequent need to ensure that it applies to heritage in all its diversity, as an instrument for the sustainable development of all societies through dialogue and mutual understanding.44

In base a quanto dichiarato dalla Budapest Declaration, si tratta di uno sviluppo sostenibile in termini di crescita economica ed equità sociale, collegati ai tre punti pilastro per uno sviluppo sostenibile (sviluppo economico, sociale e ambientale) adottati all’ Earth Summit di Rio de Janeiro nel 1992,45 ripresi successivamente dal Brutland Report e dal World Heritage Tourism Program.

Secondo UNESCO è definita comunità (nel caso di un WHS): i residenti di un’area ospitante un patrimonio mondiale. La partecipazione della comunità consiste in una relazione stabilita dai membri della comunità stessa, data dalla collaborazione nel raggiungere degli obiettivi comuni a facendo della comunità un luogo migliore dove vivere. La partecipazione della comunità può causare però dei conflitti nella gestione del patrimonio, dovuti ai bisogni e agli interessi dei residenti da un lato e la conservazione del sito dall’altro, nonostante entrambi concorrano ad uno miglior stile di vita e sviluppo economico.46

Il ruolo delle comunità viene messo in luce ai punti 3c e 3f della Budapest Declaration, nei quali viene affermato:

c) si cerca di assicurare un appropriato ed adeguato bilancio tra conservazione, sostenibilità e sviluppo, in modo tale che i WHS possano essere protetti attraverso attività che contribuiscano allo sviluppo sociale ed economico, così come alla qualità della vita della comunità.

43 Labadi, S. UNESCO, World Heritage, and Sustainable Development: International Discourses and Local Impacts,

Springer International Publishing Switzerland ,2017, Cap. 4, pp. 45-60.

44UNESCO, The Budapest Declaration on World Heritage, Budapest, 2002.

45 Labadi, S. UNESCO, World Heritage, and Sustainable Development: International Discourses and Local Impacts,

Springer International Publishing Switzerland ,2017, Cap. 4, pp. 45-60.

46S. Mostafa R., Mastura, J., Community Participation toward Tourism Development and Conservation

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f) si cerca di assicurare attività di coinvolgimento delle comunità locali in tutti i livelli: nell’ identificazione, protezione e gestione del patrimonio mondiale.47

In essa viene preso atto del bisogno di assicurare a tutto il patrimonio mondiale, nella sua diversità, un’equa e bilanciata conservazione e sviluppo sostenibile, in modo tale che esso sia protetto attraverso attività appropriate che contribuiscano allo sviluppo sociale ed economico così come ad un miglioramento della qualità della vita delle comunità.48

L’importanza delle comunità locali nel concorrere ad uno sviluppo sostenibile dei siti e l’impatto positivo che il turismo porta alle comunità ospitanti questi siti, sarà ulteriormente riconosciuto dieci anni dopo, nel 2012, in occasione del 40o anniversario della Convenzione, per il quale la World Heritage Committee scelse come tema “World Heritage and Sustainable Development: The Role of Local Communities”.

1.6 36a Sessione, World Heritage and Sustainable Development: The Role of

Local Communities, San Pietroburgo, 2012

In occasione della 36a Sessione riunitasi a San Pietroburgo nel 2012, la World Heritage Committee pose la sua attenzione sulle comunità locali come punto di partenza per l’adozione del nuovo World Heritage and Sustainable Tourism Program (da qui in avanti WH+ST), parte del piano strategico chiamato The Strategic Plan for the Implementation of the World Heritage Convection 2012-2022, promosso dal World Heritage Centre su scala globale.

In seguito alla Budapest Declaration nella quale furono invitati tutti gli State Parties a cooperare e promuovere quelli che furono denominati “4Cs”, Credibilità, Conservazione, Capacity-Building e Comunicazione, fu aggiunto, nel 2007, durante il meeting di Christchurch in Nuova Zelanda, il “5C” ovvero le Comunità: “to enhance the role of the Communities in the implementation of the World Heritage Convection”.49

Come era già stato messo in luce da ICOMOS nel 1994 e precedentemente riportato, la relazione con il patrimonio era frequentemente caratterizzata da contraddizioni e conflitti da

47 UNESCO, The Budapest Declaration on World Heritage, Budapest, 2002. 48 Ibidem.

49 Jokilehto, J., World Heritage and community Involvement, NORDIC WORLD HERITAGE CONFERENCE IN

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parte dei conservatori che vedevano nel turismo una forza compromettente alla conservazione e che mirava solamente al profitto. Dati però gli elevati costi di preservazione e manutenzione che ogni singolo bene necessitava, la difficile gestione del patrimonio e un turismo sempre più in crescita, era evidente l’importanza che quest’ultimo presentava economicamente per alcuni siti, soprattutto se questo era gestito in modo sostenibile.50

Col fine di minimizzare le possibili minacce, si sentiva il bisogno di un dialogo, di una collaborazione e di un coinvolgimento da parte degli stakeholders locali, i quali in prima linea avrebbero beneficiato dell’impatto turistico o ne avrebbero subito amaramente.

Date queste osservazioni, nel 1998, in collaborazione con il governo norvegese, UNESCO lanciò il progetto triennale ‘‘Cultural Heritage Management and Tourism Models for Cooperation among Stakeholders’’ presso il sito patrimoniale di Luang Prabang in Laos, con l’obiettivo di condensare la conservazione del patrimonio con lo sviluppo turistico attraverso una stretta collaborazione con proprietari e operatori turistici sul posto.51 A differenza di altri siti, in quegli anni, il Laos era un Paese allo stato primordiale dello sviluppo e il turismo lo avrebbe rinforzato non solo economicamente ma anche a livello sociale e politico.

Il nuovo WH+ST è stato attuato invece su scala globale: esso rappresenta un nuovo approccio per la protezione e valorizzazione dei siti culturali e naturali patrimonio dell’umanità. Il programma è basato sulla cooperazione e sul dialogo con i singoli stakeholders locali, nonché sulla loro partecipazione nella panificazione della gestione del patrimonio e di un corretto sviluppo turistico.52

Furono individuati quattro punti chiave per la realizzazione del programma:

 “Sustainable Tourism Policy and Strategy development”. Come primo obiettivo, UNESCO vuole rinforzare l’ambiente attraverso delle strategie e strutture che supportino uno sviluppo sostenibile come veicolo-guida per la gestione del patrimonio culturale e naturale. Le strategie di pianificazione, sviluppo e gestione del turismo saranno accordate con gli stakeholders, al fine di rafforzare le comunità locali.

 “Sustainable Tourism Tools”. Con l’aiuto delle piattaforme People Protecting Places, How to Guide e Tourism Checklist, UNESCO mira a promuovere la formazione e l’informazione, nonché il coinvolgimento diretto degli stakeholders locali per una migliore e sostenibile

50 Aas C. et al., Stakeholder collaboration and heritage management, Annals of Tourism Research, 2005, Vol.

32, No. 1, pp. 28–48.

51 Ibidem.

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gestione delle destinazioni World Heritage. In particolare, Tourism Checklist è un piattaforma-guida sviluppata nella regione Nordico-Baltica, la quale offre aiuto in campo organizzativo, manageriale, ambientale, gestione dei visitatori, monitoraggio e ruolo delle comunità locali.

 “Capacity Building Activities”. UNESCO ha individuato tre siti in tre differenti regioni per aiutare manager e stakeholders per una migliore gestione sostenibile. Il progetto prevede corsi di formazione e workshop direttamente in loco.

- Capacity Building in 4 Africa Nature Sites: Ngorongoro Conservation Area (Tanzania), Lake Malawi National park (Malawi), Maloti-Draknsberg Park (Sud-Africa/Lesotho), Mosi-oa-Tunya/Victoria Falls (Zambia/Zimbawe)

- 15 Pilot Sites in Nordic-Baltic Region

- Supporting Community-Based Management and Sustainable Tourism at World Heritage Sites in South-East Asia “Heritage Routes”. UNESCO vuole creare networks in collaborazione con stakeholders locali per promuovere e coordinare tour di alta qualità ed esperienze uniche in siti patrimoniali. Il progetto è attivo in due aree:

- UNESCO Cultural World Heritage Sites in Europe - World Heritage Journeys of Buddhist Heritage Sites.53

UNESCO cerca quindi di creare il giusto equilibrio tra conservazione e consumo dei siti patrimoniali a livello turistico. L’inclusione di tutti gli stakeholders nello sviluppo delle risorse culturali è ritenuta fondamentale per la crescita di una relazione simbiotica di successo turismo-patrimonio. Negli anni è stato riconosciuto che molte difficoltà erano dovute ad una mancanza di interazione tra le parti. La mancanza di comunicazione porta infatti ad uno sviluppo incontrollato e devastante.54

1.7 UNESCO-Turismo, oggi

L’idea che il patrimonio potesse contribuire ad uno sviluppo sostenibile dei siti, come riportato nei paragrafi precedenti, fu assente per un lungo lasso di tempo, nonostante fosse riconosciuto ad esso la sua importanza cruciale per le società e il suo contributo per uno sviluppo sociale,

53 UNESCO, Sustainable Tourism: https://whc.unesco.org/en/tourism/, ultimo accesso 05.05.2019

54 Aas C. et al., Stakeholder collaboration and heritage management, Annals of Tourism Research, 2005, Vol.

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economico e ambientale. Oggi il turismo culturale è divenuto uno dei mercati più grandi con la crescita più veloce al mondo. La cultura, assieme all’industria creativa sono sempre più utilizzate per promuovere le destinazioni e aumentare sia la loro attrattività sia la loro competitività.55

Dallen (2011) identifica più precisamente lo heritage tourism, come una forma di turismo culturale: ci si riferisce quei viaggiatori che visitano o godono dell’esperienza di patrimonio edificato, culture viventi o arti contemporanee, includendo una moltitudine di motivi - il desiderio di aumentare la propria cultura personale, imparare qualcosa di nuovo, trascorrere del tempo con gli amici e la famiglia, soddisfare la propria curiosità, o semplicemente per impiegare il proprio tempo – e di risorse tangibili o intangibili in un ambiente rurale o urbano e sperimentare in modo diverso l’uno dall’altro ogni singolo luogo visitato.56

Nel 2015, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite integrò per la prima volta il ruolo della cultura nel progetto Agenda 2030 for Sustainable Development: il patrimonio culturale e la creatività furono riconosciuti come strumenti-guida allo sviluppo sostenibile nel rispetto degli obiettivi del piano ideato.57

Il 19 novembre 2015, durante la 20a Assemblea Generale degli State Parties firmatari della Convenzione 1972 fu adottato, invece, una policy on the integration of a sustainable development perspective into the process of the World Heritage Convection.

L’obiettivo era quello di aiutare non solo gli Stati ma anche le istituzioni e le comunità attraverso una accurata assistenza, affinché esse contribuissero allo sviluppo sostenibile dei potenziali siti patrimoniali e aumentassero l’efficacia e l’importanza della Convenzione, sempre nel rispetto e nella protezione del loro valore universale eccezionale del patrimonio.58

Il XXI secolo, oltre alla crescita del settore turistico e l’importanza che quest’ultimo tuttora rappresenta per i siti patrimoniali - i quali sono il motivo principale della scelta del luogo di vacanza - vede un ampio avanzamento dell’uso della tecnologia in tutti i settori. Le ICTs

55 UNESCO, Sustainable Tourism: https://whc.unesco.org/en/tourism/, ultimo accesso 05.05.2019

56 Bourdeau, L., Gravari-Barbas, M., Robinson, M., “World heritage and Tourism: from Opposition to

Co-production”, World heritage and Tourism: from Opposition to Co-production New York, Routledge, 2016, cap.1., pp. 1-24.

57 The 2030 Agenda for Sustainable Development:

https://ec.europa.eu/europeaid/policies/european-development-policy/2030-agenda-sustainable-development_en, ultimo accesso 05.05.2019

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(Information and Comunication Technologies) stanno avendo un impatto molto forte sul turismo e sull’industria creativa, mettendo in luce i molteplici aspetti dell’eTourism.59

UNESCO, nel suo interesse, sentì l’esigenza di rimanere al passo con questo mercato, muovendosi verso l’eTourism entrando in collaborazione con TripAdvisor nel 2009.

Francesco Bandarin, direttore del World Heritage Center di UNESCO evidenziò la popolarità di TripAdvisor come “ente consultivo” utilizzato dai turisti in ogni parte mondo, nel fornire informazioni sui diversi siti mondiali, siano essi di qualsiasi natura. Con l’obbiettivo di aumentare e supportare la preservazione dei siti culturali e naturali iscritti alla WHL UNESCO, la collaborazione UNESCO-TripAdvisor vuole essere una piattaforma di informazione sui siti stessi e sulle comunità locali. “Because of TripAdvisor’s excellent reach to their member community, we can, together, raise awareness of World Heritage as well as receive member feedback about sites.”60

Inoltre, recenti studi hanno messo in luce come la tecnologia e in particolar modo le applicazioni stiano oggigiorno influenzando e avendo un maggiore impatto sull’esperienza dei turisti e sul loro comportamento. Oltre a semplificare la pianificazione del viaggio, rendono più flessibile e autentico il corso degli eventi, forniscono informazioni spazio-temporali andando così ad influenzare scelte e movimenti dei turisti.61

Nel luglio 2010, in collaborazione con HarperCollins Publisher, fu annunciata la realizzazione della prima World Heritage Sites Application (App) per iPhone e iPad.

L’ App comprendeva i 911 siti patrimoniali al tempo iscritti alla WHL e fungeva da guida integrale dei siti patrimoniali con le stesse informazioni cartacee del libro-guida The World’s Heritage pubblicato da UNESCO. Essa forniva: mappa di localizzazione di tutti i siti, più di 650 immagini, la capacità di vedere e cercare ogni sito digitando il nome o lo Stato in cui si trova, contrassegnare i propri siti favoriti e tracciarli su Google Maps, la classificazione dei siti culturali, naturali e misti, una completa ottimizzazione per iPad e il collegamento di ogni sito patrimoniale al sito online UNESCO.org per maggiori e dettagliate informazioni.62

Da allora, l’applicazione è aggiornata ogni anno con i nuovi siti riconosciuti da UNESCO.

59 Schieder T., K., et al., Mobile Apps devoted to UNESCO World Heritage Siets: A Map, Information and

communication technologies in Tourism 2014, Springer Cham, 2014, pp. 17-29.

60 UN News:

https://news.un.org/en/story/2009/10/318722-unesco-partners-tripadvisor-help-preserve-world-heritage-sites, ultimo accesso 05.05.2019

61 Schieder T. K., et al., Mobile Apps devoted to UNESCO World Heritage Siets: A Map, Information and

communication technologies in Tourism 2014, Springer Cham, 2014, pp. 17-29.

62 UNESCO WHS iPhone & iPad Application from Harper Collins: https://whc.unesco.org/en/news/748, ultimo

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Oggi, l’App contiene un’integrale descrizione dei 1121 siti della WHL, ed è compatibile sia per sistemi Apple che Android nelle lingue inglese e francese. Tra i vari aggiornamenti, l’App permette di prenotare direttamente un hotel nelle vicinanze del sito patrimoniale attraverso un collegamento diretto al sito booking.com e scaricare immagini anche se offline.63

È dunque indiscutibile, come oggi, il coinvolgimento tra siti UNESCO e turismo sia legato da relazioni di marketing e dai sistemi di comunicazione odierni che pervado lo sviluppo del mondo.

Numerosi siti UNESCO sono oggi un must-see tra le attrazioni turistiche pubblicizzate da tour operator nei loro pacchetti vacanza: essi fungono da marchio di garanzia e di qualità della destinazione visitata, dandone un’importanza trans-nazionale.64

I siti iscritti alla World Heritage List UNESCO, inoltre, sembrano avere impatti socio-culturali di lunga durata: essi rafforzano il senso di identità di un luogo e l’orgoglio delle comunità locali. Gli impatti ambientali che il turismo invece può causare sono ancora discutibili: spesso alcuni siti oggi (per esempio Venezia, Barcellona, Dubrovnik) trovano a scontrarsi con un’ampia domanda globale e politiche di sviluppo non affini ai bisogni dei residenti. Una scorretta politica tourist-oriented può avere molte conseguenze negative sulla vita di ogni giorno delle persone.65 UNESCO non creò la World Heritage List con l’intenzione di trasformare i siti patrimoniali in calamite-attira-turisti, anzi come sopra delucidato, solo negli ultimi anni sembra essere arrivato un punto d’incontro con il turismo, concorrendo simbioticamente ad uno sviluppo economico, ambientale e culturale dei Paesi ospitanti il patrimonio dell’umanità.

1.8 UNESCO: a destination-brand

Come riportato nel paragrafo precedente, la World Heritage List non fu creata da UNESCO con l’intento di istituire una lista di destinazioni turistiche. Tuttavia, il successo registrato dai siti in essa riportati per quanto concernente l’aumento dei visitors sembra essere a ciò strettamente collegato.

63 World Heritage App: https://www.appworldheritage.com/, ultimo accesso 05.05.2019

64 Bourdeau, L., Gravari-Barbas, M., Robinson, M., “World heritage and Tourism: from Opposition to

Co-production”, World heritage and Tourism: from Opposition to Co-production New York, Routledge, 2016, cap.1., pp. 1-24.

65 Yang et al., Tourism-enhancing effect of World Heritage Sites: Panacea or placebo? A meta-analysis, Elsevier,

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I siti patrimoniali UNESCO sono de facto diventati oggi dei must-see tra le mete dei vacanzieri, grazie anche alla loro pubblicizzazione da parte di tour organizer, media e influencers.

Negli anni, il nome dell’agenzia UNESCO, unitamente al caratteristico logo (un quadrato che simboleggia l’uomo, la cultura e le sue abilità, racchiuso da un cerchio rappresentante la natura e i suoi doni66 ha raggiunto lo status di un vero e proprio brand, simbolo di qualità e autenticità che si sostanziano in termini di proprietà e di controllo della qualità del prodotto, giungendo ad essere qualificato come “coveted brand and seal of approval”.67

Il ricadere sotto l’egida di UNESCO sembra essere quindi un catalizzatore-per-turisti presso siti patrimoniali, i quali non solo aumentano il numero dei visitatori incoming ma risultano una vera e propria opportunità per lo sviluppo dell’economia locale. Si creano nuovi posti di lavoro, venendo questi ad assumere il carattere di un “catalyst to the catalyst”.68

L’uso della targa riconoscitiva presso il sito patrimoniale è inoltre auspicato dalle stesse Operational Guidelines, le quali caldeggiano il suo utilizzo non solo nei siti patrimoniali ma anche nei documenti identificativi, nelle brochures e nelle divise dello staff impiegato negli stessi. Un ampio uso del logo va infatti ad accrescere la brand-equity delle mete, favorendo una maggiore visibilità di quest’ultime agli occhi dei visitatori. Esso vuole essere non solo un marchio di riconoscimento a livello locale e nazionale bensì spingersi a livello globale. A pagina 67 delle OGè infatti riportato:

“These plaques are designed to inform the public of the country concerned and foreign visitors that the property visited has a particular value which has been recognized by the international community. In other words, the property is exceptional, of interest not only to one nation, but also to the whole world.”69

I siti World Heritage sono de facto, divenuti dei prodotti-commerciali “lanciati” sul mercato per essere consumati, trasformando così il logo UNESCO in un marchio di riconoscimento per il consumatore.

Buckely (2004) si riferisce ai siti UNESCO come ad un top brand, una calamita soprattutto per turisti stranieri, paragonabile alle Stelle Michelin nella ristorazione.70

66 Baily A., A., Franchising our heritage: The UNESCO World Heritage brand, Elsevier, Tourism Management

Perspectivines, 2017, pp. 48-53.

67 Ryan, J., Silvanto, S., The World Heritage List: The making and management of a brand. Palgrave Macmillan,

2009. Vol. 5, 4., pp. 290–300.

68 Poria, Y. Et al., World Heritage Site- is it an Effective Brand Name? A case study of a Religiuos Heritage Site,

Sage, Journal of Travel Research 50 (5), 2011, pp. 482-495.

69Operational Guidelines for the Implementation of the World Heritage Convention, World Heritage Centre,

2017.

70 Poria, Y. Et al., World Heritage Site- is it an Effective Brand Name? A case study of a Religiuos Heritage Site,

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Il concetto di branding è divenuto nel mondo del turismo un “termine-ombrello” spesso associato ai concetti di equità, identità, posizionamento, personalità, essenza, carattere, anima, cultura ed immagine.71 L’assegnazione ad un brand piuttosto che ad un altro stimola nei consumatori, in questo caso i turisti, un approccio ed un interesse maggiori nei siti WHS. Keller (1993) presenta il concetto di consumer-based brand equity: quando il consumatore gode di una certa familiarità con il nome del brand, nella sua mente si genera una favorevole associazione legata all’unicità dello stesso. Si dice quindi che un marchio gode di una positiva/negativa costumer-based brand equity quando il consumatore reagisce in modo positivo/negativo ad un prodotto e/o servizio attribuito al medesimo marchio. Il caso del WHS-brand è emblematico: gli effetti che quest’ultimo crea sul comportamento dei visitatori si riflettono nella loro willingness to pay relativa al costo di biglietti d’entrata e/o tour guidati; alla willingness to invest time quindi il tempo impiegato per raggiungere il sito e alle overall motivations, cioè le motivazioni che li portano a vistare il sito stesso.72

Deve però essere sottolineato che l’assegnazione dei siti alla WHL è spesso accompagnata da un massiccio sviluppo di infrastrutture quali aeroporti e linee ferroviarie e da un ampio servizio pubblicitario (brochures, pacchetti di viaggio), tale da rendere nota la designazione alla WHL del sito e di conseguenza aumentano l’attrattività del sito stesso.

Un aspetto controverso è però da sottolineare: la designazione può essere un’arma a doppio taglio. Proprio perché i siti patrimoniali sono sottoscritti alla WHL per il loro Outstanding Univeral Value, da un lato essi garantiscono un alto livello di qualità del sito stesso ma dall’altro prevedono dei comuni processi di standardization e beautification che possono intaccare l’autenticità dell’esperienza turistica presso quest’ultimi. Inoltre, a causa della stessa assegnazione alla WHL, i visitatori possono essere meno propensi ad investire il loro tempo per raggiungere il sito o a spendere meno tempo in coda. Proprio perché WHS può essere soggetto ad overtourism,73 l’utenza potrebbe avere una percezione negativa del luogo stesso.

In alcuni casi però, i siti e le destinazioni turistiche non sembrano aver bisogno del riconoscimento UNESCO per raggiungere una fama mondiale. Per esempio, la città di Dresda, iscritta alla WHL con il nome di Dresden Elbe Valley fino al 2007, e volontariamente delistata per la costruzione di un quarto ponte che andava ad intaccare l’autenticità del sito stesso, non ha subito alcun calo negli arrivi turistici. Alcune città avvalorano ulteriormente la tesi, quali

71 Poria, Y. Et al., World Heritage Site- is it an Effective Brand Name? A case study of a Religiuos Heritage Site,

Sage, Journal of Travel Research 50 (5), 2011, pp. 482-495.

72 Ibidem. 73 Ibidem.

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Venezia, Barcellona e Dubrovnik, mete turistiche molto gettonate ma che non sono note in via maggioritaria per essere siti UNESCO.

Una ricerca condotta nel 2002 da Rodwell nel Regno Unito, ha riportato che non esiste una stretta connotazione tra siti UNESCO e numero di visitatori: secondo i suoi studi, laddove è stato registrato un aumento degli arrivi in una meta WHS, un altro sito UNESCO non ha subito alcun incremento.74

L’altra faccia della medaglia è rappresentata da stati quali Australia e Nuova Zelanda, dove le destinazioni turistiche non si pubblicizzano come World Heritage Sites, poiché il significato di questo “titolo” non è conosciuto, e di conseguenza, l’incremento degli arrivi non può essere associato al brand UNESCO.

Si può quindi dire che la designazione alla WHL di un sito patrimoniale goda di una moderata brand-equity, spesso non dovuta alla designazione in sé e per sé bensì all’insieme di attività da essa derivanti.

In una ricerca condotta da Poria, Y. Et al. presso il sito patrimoniale della Basilica dell’Annunciazione di Nazaret (Israele) è stato rilevato l’effetto honey-pot, nonché un effetto cumulativo dei siti riportanti il logo dell’agenzia.

La presenza del marchio sembra infatti accrescere le motivazioni dei turisti a visitare un Paese, anche se apparentemente non rinomato come meta turistica, grazie ai siti iscritti alla WHL, che fungono da calamita per i visitatori. Inoltre, se uno Stato presenta più WH Sites nello stesso territorio, questo può creare un effetto cumulativo: i turisti sembrano presentare un maggiore interesse nel rivisitare l’area, o nell’aumentare la loro permanenza presso il sito, migliorando di conseguenza la destination-image dello stesso.75

Il tipo di relazione instaurata tra l’agenzia ed i singoli Stati ospitanti siti patrimoniali, può essere considerata come un franchise-model, nel quale UNESCO è il franchisor e gli States Parties i franchisees.

Un rapporto di franchising può essere identificato come un contratto mediante il quale un’azienda (gli States Parties) gode del diritto di commercializzare i suoi prodotti/servizi usando il brand di un’altra azienda (UNESCO), dietro pagamento di un canone.76

Questo tipo di rapporto porta reciproci effetti positivi. Per il brand, se ben curato, esso si riflette a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. Inoltre, è stato appurato che il franchisor

74 Poria, Y. Et al., World Heritage Site- is it an Effective Brand Name? A case study of a Religiuos Heritage Site,

Sage, Journal of Travel Research 50 (5), 2011, pp. 482-495.

75 Ibidem

76 Baily A., A., Franchising our heritage: The UNESCO World Heritage brand, Elsevier, Tourism Management

Riferimenti

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