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UNIVERSITA` DI PISA
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale
Direttore Prof. Blandizzi Corrado
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE E TECNICHE DELLE
ATTIVITA` MOTORIE PREVENTIVE E ADATTATE
“PRINCIPI DI ATTIVITA` MOTORIA
ADATTATA NELL’ALTA DISABILITA` IN
ETA` GIOVANE-ADULTA.”
Relatore: Candidato:
Prof. Alberto Franchi Dott. Michele Dini
14 Dicembre 2016
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INDICE
Introduzione
Capitolo 1: La disabilità
1.1 Menomazone-Disabilità-Handicap
1.2 Inquadramento della disabilità 1.3 Concetti fondamentali
Capitolo 2: Attività motoria adattata.
2.1 La storia
2.2 Concetto di adattamento
2.3 Attività motorie nella disabilità 2.4 Obbiettivi di miglioramento
Capitolo 3: Paralisi Cerebrale Infantile (PCI)
3.1 Descrizione 3.2 Epidemiologia 3.3 Eziologia 3.5 Diagnosi 3.5.1 Esame obbiettivo 3.5.2 Esame radiologico 3.5.3 Elettroencefalogramma 3.5.4 Esami di laboratorio 3.5.5 controlli vari 3.6 Terapia 3.7 Prevenzione
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Capitolo 4: Tetraparesi Spastica
4.1 Definizione 4.2 I sintomi 4.3 Le cause
4.4 Diagnosi e Cure
Capitolo 5: Attività motoria adattata nella Paralisi Cerebrale
Infantile (PCI) e Tetraparesi Spastica.
5.1 Obbiettivi della ginnastica nella disabilità
5.2 Metodologie e principi della ginnastica nella disabilità
5.3 Esercizi per la Paralisi Cerebrale Infantile (PCI) e Tetraparesi Spastica
Capitolo 6: Esempio di soggetto affetto da Paralisi Cerebrale
Infantile (PCI) e Tetraparesi Spastica
6.1 Presentazione soggetto 6.2 Esame morfologico 6.3 Obiettivi 6.4 Fase operativa - 6.4.1 mobilizzazione attiva-passiva - 6.4.2 schemi crociati - 6.4.3 esercizi di allungamento
- 6.4.4 attività motorie con schemi crociati -6.4.5 esercizi con piccoli attrezzi
- 6.4.6 test
- 6.4.7 Posizionatore Antalgico Lombare (P.A.L.)
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INTRODUZIONE
Durante questo anno accademico ho svolto un lavoro di tirocinio presso la Palestra di Uliveto Terme; sono stato affiancato dal Professore Alberto Franchi che mi ha permesso di esprimermi in questa tesi dove sono riportati i principi di un’attività motoria adattata con alta disabilità, elaborati e messi in pratica attraverso il sostegno della Signora Martina
Durante l’affiancamento ho approfondito le mie conoscenze nell’ambito della disabilità motoria, acquisito tecniche di lavoro, capacità di integrarsi e rapportarsi con soggetti diversamente abili.
L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di favorire il raggiungimento dell’autonomia personale e del benessere psicofisico del soggetto. Durante il periodo in cui ho partecipato alle lezioni abbiamo eseguito dei test valutativi a inizio e fine ciclo e, come vedremo, i risultati ottenuti hanno dimostrato un miglioramento della mobilità e capacità di movimento del soggetto. Questo per noi è stato un grande risultato che ci ha
confermato le nostre aspettative ovvero che l’attività fisica programmata e ben eseguita porta benefici a tutte le persone.
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CAPITOLO 1
LA DISABILITA’
“Per persone con disabilità si intendono soggetti con menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con altri” (Convenzione sui diritti della persona con disabilità, ONU 2006).
1.1 La sequenza Menomazione – Disabilità –
Handicap.
Per capire meglio il concetto di disabilità bisogna poterla inquadrare in un contesto più ampio. L’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS)
suddivide le disabilità motorie in:
- menomazione: qualsiasi perdita o anormalità a carico di strutture e/o
funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche; essa rappresenta l’esteriorizzazione di uno stato patologico e in linea di principio essa riflette i disturbi a livello d’organo.
- disabilità: qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a una
menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano. La disabilità rappresenta l’oggettivazione della menomazione e come tale riflette disturbi a livello della persona. La disabilità si riferisce a incapacità funzionali estrinsecate attraverso atti e comportamenti che per generale consenso costituiscono aspetti essenziali della vita di ogni giorno.
- handicap: condizione di svantaggio vissuta da una determinata
persona in conseguenza di una menomazione o di una disabilità che limita o impedisce la possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio a quella persona (in base all’età, al sesso e ai fattori socio-culturali). Esso rappresenta la socializzazione di una menomazione o di una disabilità e come tale riflette le conseguenze culturali, sociali, economiche e ambientali, che per l’individuo derivano dalla presenza della menomazione e della disabilità. Lo svantaggio deriva dalla diminuzione o dalla perdita delle capacità di conformarsi alle
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aspettative o alle norme proprie dell’universo che circonda l’individuo.
Il concetto fondamentale dell’OMS è basato sulla sequenza: Menomazione -> Disabilità -> Handicap.
1.2 Inquadramento della disabilità
La disabilità viene intesa come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, fattori personali e fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui egli vive. Ne consegue che ogni individuo, date le proprie condizioni di salute, può trovarsi in un ambiente con caratteristiche che possono limitare o restringere le proprie capacità funzionali e di partecipazione sociale.
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L’ICF ( Internetional Classification of Functioning, disability and health) correlando la condizione di salute con l’ambiente promuove un metodo di misurazione della salute, delle capacità e delle difficoltà nella realizzazione di attività che permette di individuare gli ostacoli da rimuovere o gli
interventi da effettuare perché l’individuo possa raggiungere il massimo della propria autorealizzazione. Questa classificazione tiene conto di cinque parametri:
- fattori ambientali: tutti gli aspetti del mondo esterno ed estrinseco
che formano il contesto della vita di un individuo e, come tali, hanno un impatto sul funzionamento della persona (es. ambiente fisico e sue caratteristiche, atteggiamenti, valori, politiche, sistemi sociali e servizi etc).
- partecipazione: coinvolgimento in una situazione di vita; essa
rappresenta la prospettiva sociale del funzionamento. Esistono delle restrizioni della partecipazione e sono i problemi che un individuo può sperimentare nel coinvolgimento nelle situazioni di vita. La presenza di una restrizione alla partecipazione viene determinata paragonando la partecipazione dell’individuo con quella che ci si aspetta da un individuo senza disabilità in quella stessa cultura o società.
- attività: è l’esecuzione di un compito o di una azione di un
individuo; essa rappresenta la prospettiva individuale del
funzionamento. Possiamo individuare delle limitazioni dell’attività ovvero difficoltà che un individuo può incontrare nell’eseguire delle attività. Una limitazione dell’attività può essere una deviazione da lieve a grave, in termini quantitativi o qualitativi, nello svolgimento dell’attività rispetto al modo e alla misura attesi da persone senza la condizione di salute.
- strutture corporee: sono le parti strutturali o anatomiche del corpo
(organi, arti e loro componenti) classificati secondo i sistemi corporei.
- funzioni corporee: sono le funzioni fisiologiche dei sistemi
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La classificazione internazionale specifica in modo dettagliato i parametri di riferimento così riportato in tabella.
Classificazione ICF (2001):
Fattori ambientali - Ambiente naturale
- Relazione e sostegno sociale - Atteggiamento
- Sistemi e servizi politici
Partecipazione - Vita domestica
- Interazione e relazioni
personali
- Vita sociale
Attività - Apprendimento e
associazione conoscenze
- Compiti e richieste generali - Comunicazione
- Mobilità
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Strutture corporee - Sistema nervoso (SN)
- Visione e udito - Comunicazione verbale - Sistemi cardiovascolare, immunologico, ematologico,endocrino, riproduttivo - Apparati respiratorio e digerente
- Sistemi osseo, muscolare,
articolare
- Cute e strutture collegate
Funzioni corporee - Funzioni mentali, sensoriali
- Funzioni della voce e
dell’eloquio
- Funzioni dei sistemi
cardiovascolare, ematologico, immunologico, respiratorio - Funzioni dell’apparato digerente e sistemi metabolico e endocrino - Funzioni riproduttive e genitourinarie - Funzioni neuro-muscolari-scheletriche correlate al movimento
- Funzioni cutanee e delle
strutture correlate
La disabilità è una riduzione parziale o totale della capacità di
svolgere attività nei tempi e nei modi definiti “normali” e può essere:
- reversibile o irreversibile. - progressiva o regressiva. - transitoria o permanente.
- conseguenza diretta di una menomazione.
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1.3 Concetti fondamentali
Chi lavora nel mondo della disabilità deve confrontarsi con tre concetti fondamentali che si basano; sulla persona diversamente abile, sul pensare disabile e sulla disabilità nella normalità.
- La persona diversamente abile: Nessuno sceglie di essere
diversamente abile, ogni persona disabile ha il diritto di essere trattata senza pietismi né buonsensi
- Pensare disabile: comporta porsi delle domande mettendosi nei
panni del disabile.
- La disabilità nella normalità: creare ambienti dove tutti i ragazzi si
allenano in un contesto di normalità, potendo in questo modo socializzare e rapportarsi con gli altri.
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CAPITOLO 2
ATTIVITA’ MOTORIA ADATTATA
In campo scolastico, il concetto di adattamento è ciò che distingue la tradizionale educazione fisica e sportiva, dall’attività motoria adattata. La prima, l’educazione fisica, è tradizionalmente centrata sulla disciplina e richiede un adattamento degli studenti al piano di lavoro e ai suoi contenuti, secondo una logica di individualizzazione. La seconda, l’attività motoria adattata, adotta una logica inversa, parte dalle reali capacità e potenzialità degli allievi per costruire un percorso che sia per loro significativo,
secondo una logica di personalizzazione.
Se si assume l’ottica delle attività fisiche adattate si deve promuovere, quindi, un’educazione fisica e sportiva opportunamente modificata, in grado di valorizzare le capacità di chi si trova in una situazione di disabilità.
2.1 La storia
L’adattamento dell’attività motoria e sportiva per le persone disabili è un fatto abbastanza recente. L’idea nacque negli anni ‘40, nell’ambito della riabilitazione. L’iniziatore fu Ludwig Guttman (1899 – 1980),
neurochirurgo, direttore del National Spinal Injures Centre dell’ospedale Stoke Mandeville, Londra, il quale, operando con soldati reduci della seconda guerra mondiale, invalidi più o meno gravi, si rese conto
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dell’importanza della pratica motoria e sportiva per la loro riabilitazione. Guttmann ebbe il grande merito di comprendere il vantaggio della
collaborazione attiva del paziente nella riabilitazione, soprattutto per la prevenzione e la terapia delle “affezioni satellite” che affliggono il soggetto diversamente abile, quali la depressione, deficit motori, ect.
Grazie allo sport i pazienti di Gutmann rinforzarono non solo la
muscolatura delle braccia e delle spalle, raggiungendo risultati di molto superiori a quelli della chinesiterapia, ma ritrovarono anche la voglia di vivere e la volontà di essere attivi.
A Berlino nel 1986 fu data la prima vera definizione di AFA:
“ AFA comprende ogni movimento, attività fisica o sport che può essere praticato da individui limitati nelle loro capacità da deficit fisici,
psicologici, mentali o da alterazioni di alcune grandi funzioni”
Alla base di tale pratica vi era l’idea che ciò che può essere fatto deve corrispondere alle reali capacità del soggetto, e che si debba partire da lui e dalle potenzialità residue del disabile.
Nel 2000 il Consiglio Mondiale della Scienza dello Sport e dell'
Educazione Fisica (ICSSPE, International Council of Sport Science and Physical Education), pubblicò un vademecum nel quale comparve una definizione aggiornata di AFA, definita, secondo le direttive europee, come un “termine ombrello”, usato in tutto il mondo, per individuare un’area interdisciplinare di saperi e di attività che includono l’educazione fisica, il tempo libero, la danza, lo sport, il fitness e la riabilitazione, indirizzati a individui con impedimenti, di qualsiasi età e lungo il ciclo della vita: in esso sono integrate informazioni e risultati di ricerche di sottodiscipline delle scienze del movimento e dello sport (come la biomeccanica, psicologia dello sport, pedagogia dello sport etc.), e aree scientifiche (medicina, riabilitazione scienze, psicologia etc.) che si occupano dell’attività fisica e dello sport di persone con bisogni particolari e individui con disabilità.”
Il concetto di AFA definì, quindi, una vasta area interdisciplinare comprendente attività, discipline Sportive e scienze al servizio delle persone diversamente abili, rivolte a identificare e risolvere problemi di motricità, sviluppare metodi di comportamento a supporto dell’avvio allo sport e a uno stile di vita attivo, a studiare sistemi di potenziamento della cooperazione dei servizi casa, scuola, comunità.
Attualmente il concetto di AFA si è ulteriormente ampliato, considerando tutti gli adattamenti utilizzati sia per la popolazione dei disabili sia per tutte le categorie di soggetti con problemi speciali: anziani, malati organici (diabetici, asma, obesi, anoressici ecc.), fino a comprendere soggetti che si trovano in situazione di disagio e di esclusione sociale, quali detenuti, malati di Aids, etc. Tale elenco è destinato probabilmente ad arricchirsi
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ulteriormente, includendo le nuove categorie che via via si verranno a formare, quali, ad esempio, i bambini piccoli o degenti in ospedale, etc.
2.2 Concetto di adattamento
Nel 1984 il Consiglio d’Europa istituì un apposito gruppo di studio che scrisse la Carta Europea dello Sport per Tutti, in cui viene sottolineato che “l’accessibilità nella pratica sportiva da parte di utenti portatori di
handicap diviene sempre più condizione indispensabile per fare dello sport un servizio ed un fenomeno rispondente alle attese della società”.
Attualmente il concetto di AFA sta ad indicare un area interdisciplinare che comprende attività, discipline sportive e scienze adattate non solo alla popolazione disabile ma anche a tutte le categorie di soggetti con problemi speciali: anziani, malati organici e persone in situazione di disagio e di esclusione sociale.
Il concetto di “adattamento” segna la differenza tra l’educazione fisica tradizionalmente intesa e l’attività fisica e sportiva adattata. L’adattamento nelle AFA consiste quindi nel “trovare soluzioni alternative per permettano di raggiungere gli scopi prefissati”.
Gli adattamenti possono essere classificati secondo tre diverse ottiche:
- sportiva: riguarda l’adattamento nello sport, che deve mantenere
delle caratteristiche di base come la performance, l’allenamento e la pratica organizzata.
- sociale: consiste nell’inserimento del disabile in reti sociali per
procurare piacere nell’attività praticata (tempo libero).
- psicomotoria: si rifà all’aiuto rivolto a quei soggetti che non sono in
grado di scegliere autonomamente di praticare un attività fisica, affinché reagiscano e diventino attivi dimostrando soddisfazione personale
.
2.3 Le capacità motorie nella disabilità
Per capacità motorie intendiamo lavorare su quelle capacità che possono risultare utili nella vita quotidiana di un soggetto diversamente abile; spingere la carrozzina, afferrare oggetti, etc.
Cerchiamo quindi di allenare:
- capacità condizionali: principalmente la forza resistente che è
quella maggiormente utilizzata nei gesti di vita quotidiana.
- capacità coordinative: lavoriamo maggiormente sullo sviluppo
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della persona, quindi parliamo di capacità di apprendimento,
controllo, adattamento, equilibrio, organizzazione spazio-temporale, ritmizzazione, coordinazione oculo-manuale e oculo-podalica.
- mobilità articolare; cerchiamo di ridurre e combattere le rigidità e
le retrazioni che spesso riscontriamo su soggetti con ridotta
motricità, avendo l’accortezza di non forzare le articolazioni per non provocare ulteriori problemi.
- capacità senso percettive; andremo a utilizzare gli stimoli tattili,
visivi e uditivi attraverso lavori/giochi specifici
- organizzazione neurologica: questo concetto viene molto utilizzato
nell’ambito delle attività motorie in quanto una disabilità motoria è prima di tutto una disorganizzazione a livello neuromuscolare, ed ecco perché è opportuno partire sempre dagli schemi motori di base per cercare di stabilire, nei limiti, corrette sequenze motorie.
2.4 Obiettivi di miglioramento
Quando intraprendiamo una qualsiasi attività motoria bisogna sempre avere degli obbiettivi da cercare di raggiungere. Nell’ Attività Motorie Adattate i principale scopi dell’attività sono:
- attività come momento curativo o terapeutico: miglioramento della resistenza, coordinazione, mobilità articolare, rapidità di movimento, bonificazione muscolare
- attività come valore psicologico e ricreativo: sviluppo delle attività mentali, favorire l’autonomia e l’autocontrollo, occasione di
divertimento, mezzo per scaricare le tensioni.
- attività come mezzo di integrazione sociale: migliora i rapporti con la realtà, motiva l’uscita dall’ambiente familiare, favorisce interscambi sociali, incrementa l’autostima.
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CAPITOLO 3
Paralisi Cerebrale Infantile (PCI)
3.1 Descrizione
La paralisi cerebrale infantile è un disturbo neurologico persistente, non progressivo, che altera la coordinazione dei movimenti, la postura, la
tonicità e la padronanza dei muscoli scheletrici, la percezione dello spazio e le capacità comunicative del soggetto.
Le cause vanno ricercate in un disturbo al cervello, che si può verificare in determinate occasioni, quali, per esempio, un parto prematuro, un'infezione ai danni della madre o un incidente nei primi anni di vita.
I sintomi della paralisi cerebrale infantile sono molto vari e ogni paziente rappresenta un caso a sé stante; tale variabilità dipende dall'estensione del danno cerebrale, che è misurabile solo tramite esami radiologici (TAC e risonanza magnetica nucleare).
Pur non essendoci alcuna possibilità di guarigione, si possono mettere in pratica delle contromisure terapeutiche in grado di migliorare la
sintomatologia e il tenore di vita dei pazienti.
Alla PCI si associano epilessia, disturbi sensoriali, del linguaggio, dell’apprendimento e della personalità.
La paralisi cerebrale infantile è un disturbo neurologico persistente, ma non progressivo; pertanto, non peggiora nel tempo. Ciò non esclude, tuttavia, che possano insorgere delle complicazioni dovute alla scarsa tonicità muscolare e alla mancata coordinazione motoria.
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In base alla sede del disturbo motorio, si distinguono:
- tetraplegia o quadriplegia (paralisi del tronco e di tutti gli arti). - emiplegia (paralisi di un emilato).
- diplegia (paralisi di una parte del corpo).
In base alle caratteristiche del movimento si distinguono:
- forme spastiche: sono le più frequenti, corrispondono a emiplegie,
tetraplegie e paraparesi spastiche e sono caratterizzate da ipertonia disordinata dei muscoli (arto superiore in flessione e arto inferiore in estensione e rotazione interna).
- forme atetosi: sono caratterizzate da disturbi della coordinazione e
dell’equilibrio e da movimenti involontari continui ( per esempio movimenti del capo e del tronco, movimenti spasmodici delle mani)
- forme atassiche-distoniche: sono caratterizzate da movimenti
parassiti, fluttuanze del tono muscolare, andatura a “ubriaco”.
3.2 Epidemiologia
Nei paesi occidentali si registrano 2-3 casi ogni 1000 nati vivi. I soggetti più colpiti sono i nati prematuri, 40-50% dei casi e coloro che hanno un peso estremamente basso alla nascita 6% dei casi.
Il 70-90% dei bambini, con paralisi cerebrale infantile, ha sviluppato il disturbo prima della nascita.
3.3 Eziologia
La paralisi cerebrale infantile insorge dopo che un danno al cervello ne ha bloccato il normale sviluppo e danneggiato parte della sua struttura
nervosa.
Le principali cause sono:
- una mutazione genetica a carico di uno o più geni, coinvolti nello
sviluppo cerebrale
- un disturbo di salute della madre durante la gravidanza; disturbo che
può essere rappresentato da un'infezione virale o batterica che si trasmette al feto (rosolia, varicella, citomegalovirus, toxoplasmosi, sifilide) problemi alla tiroide, ipertensione arteriosa, attacchi di epilessia ricorrenti, contatto con del materiale tossico.
- un ictus fetale, che consiste in un'interruzione del flusso di sangue al
cervello del bambino (sia prima che dopo la nascita).
- una carenza d'ossigeno al compartimento cerebrale (asfissia), che
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- un'infezione fetale, che colpisce il cervello del bambino dopo la
nascita come meningite batterica, encefalite virale o itterizia grave
- un trauma cerebrale, ai danni del bambino. Esempi di traumi sono
quelli provocati da una caduta dal letto o dal seggiolino della bici.
- la nascita prematura: è considerata tale quando avviene prima della
37esima settimana di gestazione. Secondo un'indagine statistica, sono ad alto rischio tutti coloro che nascono prima della 32esima settimana.
- il basso peso alla nascita: i bambini ad alto rischio sono quelli che
pesano tra 1 e 1,5 chilogrammi.
- parto podalico, ovvero quando il bambino, alla nascita, si presenta
con i piedi, anziché con la testa.
Ogni paziente, affetto da paralisi cerebrale infantile, rappresenta un caso a sé stante, in quanto i sintomi e i segni dipendono dalla gravità e
dall'estensione dell'insulto cerebrale. Maggiore è il danno al cervello e maggiore è il numero di funzioni cerebrali compromesse.
La mancanza di coordinazione nei movimenti e l'alterata padronanza dei muscoli scheletrici sono, in assoluto, le manifestazioni più caratteristiche della malattia; inoltre, il quadro sintomatologico può complicarsi con tantissimi altri disturbi, da quelli dell'apprendimento e delle facoltà comunicative a quelli della vista e dell'ingestione di cibo. Ecco alcuni esempi che possiamo riscontrare nella PCI:
tonicità dei muscoli ridotta. La massa muscolare si indebolisce, ipotonia muscolare, e assume un aspetto molle.
spasticità muscolare, caratterizzata da riflessi tendinei esagerati.
rigidità muscolare.
mancanza di coordinazione motoria (atassia).
tremori alle mani o movimenti involontari.
lenti movimenti torcenti (atetosi).
ritardo o difficoltà nell'imparare a impugnare gli oggetti, ad alzarsi in piedi senza aiuti e a gattonare.
camminata difficoltosa: l'andatura tipica è quella sulle punte (andatura a forbice).
sbavamento eccessivo, difficoltà di masticazione e deglutizione
problemi di linguaggio e nel parlare in modo chiaro.
problemi di postura e malformazioni della colonna, dovuti principalmente allo scarso tono muscolare.
deficit d'udito e di vista.
epilessia.
disturbi mentali e scarso apprendimento.
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Le complicazioni della paralisi cerebrale infantile possono insorgere sia tra adolescenza ed età adulta, sia durante la prima infanzia.
Esse si devono, principalmente, alla scarsa tonicità muscolare, alla spasticità e alla mancata coordinazione motoria.
Le complicanze più importanti sono:
- le contratture muscolari: queste, a lungo andare, ostacolano la
normale crescita ossea, deformano le articolazioni e provocano l'artrosi.
- malnutrizione, specie quando le difficoltà di masticazione e
deglutizione sono notevoli.
- scoliosi, provocata da una muscolatura del tronco inadeguata a
debole.
3.4 Diagnosi
Se ci sono le condizioni perché un bambino possa essere affetto da paralisi cerebrale infantile, il primo controllo diagnostico da effettuare consiste in un esame obiettivo accurato.
Dopodiché, la situazione viene chiarita definitivamente da una serie di controlli specifici sul cervello; esami radiologici, elettroencefalogramma e esami di laboratorio.
3.5.1 Esame obbiettivo
Durante l'esame obiettivo, il medico analizza approfonditamente l'intera sintomatologia e, assieme alla madre, indaga la storia clinica del piccolo paziente, da prima della nascita al momento del parto, ai giorni
immediatamente successivi. Ad esempio, per quanto detto riguardo ai fattori di rischio, a fini diagnostici può essere fondamentale sapere se il parto è stato prematuro, se il bambino pesava molto poco alla nascita, se c'è stata un'infezione virale o batterica ai danni della madre ecc. Queste
informazioni, molto spesso, sono più importanti di tutti i vari esami radiologici e di laboratorio.
3.5.2 Esami radiologici
Le immagini radiologiche mostrano le condizioni di salute in cui versa il cervello e quali aree dell'organo sono effettivamente danneggiate. Inoltre, sono molto importanti ai fini della diagnosi differenziale, cioè
nell'esclusione delle patologie simili a quella sospettata. Gli esami consistono in:
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Risonanza magnetica nucleare (RMN): è un esame non nocivo per la salute del bambino, che si svolge in un'ora e mostra le sedi delle varie anomalie cerebrali.
Tomografia assiale computerizzata (TAC): si svolge in 20 minuti circa ed è in grado di mostrare gli insulti cerebrali. Fa uso di basse dosi di radiazioni ionizzanti nocive.
Ecografia cerebrale: dei tre, è il meno attendibile. Si svolge per la sua velocità e per la sua non invasività.
3.5.3 Elettroencefalogramma
L'EEG misura l'attività elettrica cerebrale, tramite degli elettrodi applicati sulla testa del paziente. Spesso si ricorre a questo esame quando il paziente, con sospetta paralisi cerebrale infantile, mostra degli attacchi di epilessia.
3.5.4 Esami di laboratorio
Gli esami del sangue (da quelli classici a i test genetici) servono, al medico, per escludere o meno la possibilità che i disturbi siano dovuti a patologie della coagulazione sanguigna o a malattie genetiche congenite.
3.5.5 Controlli vari
In base ai sintomi manifestati dal paziente, è possibile svolgere una lunga serie di indagini aggiuntive, che riguardano la vista, l'udito, le capacità di linguaggio, le facoltà intellettive, la coordinazione motoria ecc. Lo scopo è quello di valutare l'entità del problema per poter pianificare il giusto
trattamento.
3.6 Terapia
Poiché l'insulto al cervello non si può riparare, la paralisi cerebrale infantile non è curabile.
Tuttavia, sono disponibili delle contromisure terapeutiche, in grado di migliorare la sintomatologia (di conseguenza anche il tenore di vita) e rallentare l'insorgenza delle complicazioni. Questi trattamenti sono,
principalmente, su base farmacologica e fisioterapica, anche se non vanno escluse la chirurgia (nei casi più gravi), la terapia occupazionale e la logopedia.
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- Il trattamento farmacologico ha lo scopo di migliorare i disturbi
connessi alla spasticità e rigidità muscolari. La scelta dei farmaci più adeguati dipende da quali e quanti muscoli sono coinvolti.
- Attività motoria adattata: lo scopo è quello di migliorare la forza e
l'elasticità muscolari, la mobilità articolare e la coordinazione motoria del soggetto. I possibili interventi sono;
posizione prona sul pavimento (caldo-pulito-sicuro)
impostazione degli schemi motori di base, soprattutto andature e striscio, quadrupedica, rotolamento
studio di posizioni in equilibrio in ginocchio, da seduti e in piedi con sbilanciamenti provocati dall’insegnante posto dietro il soggetto
impostazione di schemi crociati delle varie posture
mobilizzazioni attivo-passive
impostazione della camminata in ginocchio, prima con l’aiuto di un bastone sorretto da due aiutanti che accompagnano e non precedono il movimento
combattere le retrazioni
ginnastica respiratoria intrinseca (GRI)
- Terapia occupazionale: ha come obbiettivo quello di favorire
l'inserimento del paziente nel contesto sociale (scuola, famiglia ecc.) e rendere il malato il più possibile indipendente dagli altri,
insegnandogli a prendersi cura della propria persona, a usare adeguatamente i supporti per la deambulazione, ad adattarsi a un ambiente non idoneo alle sue capacità motorie.
- La logopedia: il logopedista propone al paziente degli esercizi di
rieducazione funzionale, mirati a migliorare le compromesse capacità comunicative e il linguaggio stentato.
Nei casi più gravi, può istruire il malato ad avvalersi di ausili tecnologici, come computer o tablet.
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- Chirurgia: si ricorre alla chirurgia solo quando la spasticità
muscolare provoca contratture così dolorose, che nessun'altro trattamento è in grado di alleviarle con lo scopo di corregge le deformità articolari, in modo tale migliorarne la mobilità.
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Prevenzione
La paralisi cerebrale infantile non si può prevenire; tuttavia, si possono ridurre le situazioni di rischio. In quest'ottica la madre, o una donna che voglia avere un figlio, dovrebbe:
- vaccinarsi contro le infezioni, quando possibile
- avere cura della propria salute e vivere in un ambiente salubre,
lontano da fonti infettive o sostanze tossiche
- quando si è in stato di gravidanza, sottoporsi a controlli medici
regolari. In particolare, se si sono avute già esperienze di parti prematuri o caratterizzati da basso peso alla nascita.
- ricorrere a tutte le misure precauzionali disponibili (cinture di
sicurezza, letto con protezioni, caschetti per la bici ecc), per salvaguardare la salute del proprio figlio, specie nei primi anni di vita, in cui il rischio di sviluppare la paralisi cerebrale infantile è molto alto.
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CAPITOLO 4
LA TETRAPARESI SPASTICA
4.1 Definizione
La tetraparesi spastica è una forma di paralisi che interessa la muscolatura volontaria di tutti e quattro gli arti: si tratta, infatti, di una condizione legata a disturbi della sensibilità, oltre che alla perdita completa o parziale del movimento.
4.2 I sintomi
I sintomi della tetraparesi spastica sono riferiti ad una paralisi della muscolatura volontaria degli arti, possono infatti essere presenti anche rigidità e ipertono muscolare, ovvero la sindrome piramidale. Circa un quarto dei pazienti con tetra paresi spastica sviluppano scoliosi e sono particolarmente predisposti a tale tipo di deformazione della spina dorsale. La scoliosi, peraltro, aggrava le difficoltà di deambulazione.
Nei soggetti con tetraparesi spastica sono molto diffuse anche le deformità dei piedi. L’anca rigida, una condizione in cui la flessibilità dell’anca è limitata e la persona cammina sulle punte dei piedi, può essere presente.
Inoltre, i movimenti volontari non sono ben coordinati, oltre che
insufficienti e possono essere presenti contratture muscolari, movimenti involontari, ipotonia, paralisi flaccida, epilessia, ipotermia, mancata coordinazione dei movimenti della lingua e della deglutizione, ritardo nell’apprendimento e linguaggio ritardato e disturbi visivi, come nistagmo e strabismo. Inoltre, il soggetto affetto da tetraparesi spastica può avere grandi difficoltà di deglutizione (disfagia). Ciò può comportargli non solo difficoltà nella nutrizione ma anche difficoltà respiratorie nel caso in cui il cibo venga aspirato.
4.3 Le cause
Le cause della tetraparesi spastica possono essere diverse e tutte queste portano a un esteso danno encefalico provocato da lesioni subite in epoca pre, peri o neonatale o da malformazioni congenite dell’encefalo. Questa malattia può, infatti, essere provocata da traumi o compressioni del midollo
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spinale a livello del rachide cervicale, oltre che da disturbi circolatori, in grado di provocare ischemia del tessuto nervoso. La tetraparesi spastica può, poi, derivare da poliomielite, ictus, miastenia gravis, sclerosi multipla, tumori cerebrali, tumori del midollo spinale, porfiria, encefalite
giapponese, morbo di Paget, siringomielia, radicolopatia, fattori prenatali come; malformazioni cerebrali, infezioni durante la gestazione, ittero neonatale, anomalie cromosomiche o traumi perinatali ad esempio
meningiti, encefaliti, disturbi elettrolitici, tromboflebiti dei vasi cerebrali, malattie genetiche, ipossia, carenza di potassio e eccesso di sodio nel sangue. Inoltre, anche le reazioni allergiche possono essere causa di tetraparesi spastica.
4.4 La diagnosi e cure
Alla comparsa di segni e sintomi, è opportuno contattare il medico che stabilirà la diagnosi e, dunque, la terapia da seguire adeguata al caso specifico.
Non esistono dei rimedi contro la tetraparesi spastica, molto utile può essere la ginnastica adattata, per quanto riguarda lo sviluppo motorio così come l’ausilio di presidi ortopedici e la possibilità di effettuare degli interventi chirurgici. È necessario, inoltre, effettuare delle visite dal logopedista per sviluppare le abilità vocali e aiutare il paziente nella comprensione del linguaggio. È possibile, poi, assumere dei farmaci in grado di evitare convulsioni, oltre che per ridurre l’ipertono e integrare l’alimentazione.
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CAPITOLO 5
ATTIVITA’ MOTORIA ADATTATA NELLA
PARALISI CEREBRALE INFANTILE (PCI) E
TETRAPARESI SPASTICA
5.1 Obiettivi della ginnastica nella disabilità.
L’attività fisica è certamente un mezzo fondamentale per il miglioramento che può offrire a tutti i livelli di gravità. Nell’ambito della ginnastica nella disabilità si distinguono due tipologie di obiettivi; generali o specifici.
- generali: mantenimento di uno stato di buona salute e il
raggiungimento di un buon grado di autonomia personale.
- specifici: sviluppo, miglioramento, consolidamento, mantenimento
di schemi motori di base e miglioramento delle capacità psicomotorie.
5.2 Metodologie e Principi della ginnastica nella
disabilità
Nella programmazione di un lavoro con un soggetto diversamente abile, bisogna determinare il metodo di lavoro da utilizzare per offrire al
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Esistono due tipi di metodo;
- Il metodo analitico ovvero partire da un’ azione motoria e
scomporla in più movimenti. Si utilizza questo metodo se siamo in presenza di persone con ridotta motricità ma con buon livello cognitivo.
- Il metodo globale, considera invece l’azione nella sua globalità
(basta che l’esercizio sia fatto). Si utilizza questo metodo con soggetti in presenza di una sufficiente motricità ma non altrettanto sul versante cognitivo.
Con il procedere dell’allenamento si passa dal metodo globale al metodo analitico, cosi come dal facile al difficile. Utilizzeremo
programmi individualizzati che coinvolgono emotivamente il soggetto e lo rendono protagonista del momento. Lavoreremo, possibilmente, in piccoli gruppi per favorire la concentrazione ed evitare distrazioni. Oltre alla metodologia giusta da utilizzare, bisognerà tener di conto anche dei principi della ginnastica nelle disabilità;
- dare opportunità di movimento, spesso si lavora con soggetti che
stanno gran parte della loro giornata seduti su una carrozzina,
bisogna quindi cercare di favorire al massimo la motricità volontaria.
- compensare la mancanza di movimento naturale con un’appropriata
Attività Fisica Adattata.
- prevenire le deformità e trattare quelle esistenti che possono essere
causa di dolori articolari e muscolare.
5.3 Esercizi per la Paralisi Cerebrale Infantile (PCI)
e Tetraparesi Spastica
Dopo aver pianificato gli obbiettivi e elaborato una metodologia
possiamo iniziare a lavorare con il soggetto. Importante a questo punto diventa il luogo di lavoro, infatti, bisogna assicurarsi un pavimento idoneo, superficie il più possibile sicura, pulita, liscia, piacevole al tatto come possono essere tappeti. Molto utile può risultare utilizzo di
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Prima di passare all’esecuzione degli esercizi bisogna effettuare un esame morfologico e funzionale del soggetto andandosi a soffermare principalmente su;
- Lateralizzazione:
Sincinesie (contrazione involontaria di un gruppo muscolare che si verifica quando il soggetto, effettuando un movimento riflesso o volontario, ne mette in azione un altro.
Movimenti parassiti (Sono tutti quei movimenti che
boicottano le nostre azioni, ma che inseriamo in esse in modo inconsapevole, ha lo scopo di scaricare la tensione ed è
particolarmente frequente nell’insufficiente inibizione motoria) Pinza superiore Schema corporeo - Esame funzionale Mobilità articolare Capacità motorie Paramorfismi – Dismorfismi - Comunicazione Verbale Non verbale Scritta
- Capacità di attenzione e relazionale
Concentrazione
Partecipazione
Emotività
- Livello cognitivo
Organizzazione motoria; vediamo se il soggetto si muove secondo schemi crociati, è in grado di strisciare, gattonare, camminare, rotolare, salire, scendere, lanciare, afferrare. Se presenta sincinesie o movimenti parassiti, se è in grado di muovere un solo arto, è in grado di effettuare la pinza
superiore (opposizione del primo e secondo dito della mano con chiusura ad anello) e se questo non avviene è un indice di danno neurologico
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Livello funzionale: andremo a determinare il grado di escursione articolare e di allungamento, l’efficienza delle capacità condizionali ( se il soggetto è in grado di portare a termine un compito motorio che necessita la contrazione per un certo tempo) se si sviluppa un certo grado di forza e una velocità di movimento. L’efficienza delle capacità
coordinative,ossia se il soggetto può apprendere, controllare e adattare un movimento in diverse situazioni e in che grado, se è presente un certo grado di coordinazione spazio-temporale, oculo-podalica e oculo-manuale, se l’equilibrio statico
dinamico è soddisfacente.
I principali esercizi che possiamo adattare con persone affette da PCI sono i seguenti:
- mobilizzazione attiva-passiva, questi esercizi rivestono una grande
importanza soprattutto nel caso in cui l’immobilità è una costante della vita quotidiana del soggetto. La mobilità passiva è solo un mezzo iniziale per permettere al soggetto di potersi muovere in futuro con un certo grado di autonomia.
- striscio a schema crociato, per schema crociato si intende la corretta
alternanza a livello di contrazione-rilasciamento dell’arto superiore destro con l’arto inferiore sinistro.
- andatura quadrupedica a schema crociato (dalla posizione in
quadrupedia, muovere alternativamente il braccio e la gamba opposti)
- rotolamento (dalla posizione decupito supino, braccia e gambe
estese, rotolare nei due sensi)
- esercizi con piccoli attrezzi (mobilizzazione attiva) (bastone, pallina
da tennis, palla di gommapiuma, elastici, piccoli pesi etc.)
- schemi crociati: torsione del busto, del collo, delle anche,
bracci-gambe.
- studio del cammino in ginocchio, con il sostegno di un bastone
tenuto da due persone che accompagnano il movimento ma senza anticiparlo.
- studio della posizione seduta cercando di mantenere l’equilibrio
aiutandosi con la presa della spalliera.
- studio della posizione in piedi, schiena in appoggio ad un angolo
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- cammino con deambulatore per far assumere una postura più eretta. - potenziamento addominali,proponiamo un movimento di sit-up su di
una comune panca addominali. Es 3 serie da 10/15 ripetizioni
aumentando la difficoltà con l’abbassamento del piano di appoggio.
- sollevamento dell’arto inferiore con blocco osseo sull’arto contro
laterale.
- ginnastica respiratoria intrinseca
- esercizi di allungamento; principalmente dei muscoli adduttori,
ischio-crurali, ileo psoas, quadricipite, pettorali e dorsali.
CAPITOLO 6
ESEMPIO DI SOGGETTO AFFETTO DA
PARALISI CEREBRALE INFANTILE (PCI) E
TETRAPARESI SPASTICA.
6.1 Presentazione
Soggetto
In questo periodo, presso la Palestra di Uliveto Terme, ho svolto il mio tirocinio scolastico affiancato dal Professor A. Franchi e in questa struttura ho conosciuto Martina.
Martina è una signora giovane- adulta, ha compiuto 42 anni, ed è affetta da Paralisi Cerebrale Infantile (PCI) in particolare da tetraparesi spastica. La signora
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potuto dedicarsi ad altri campi come pittura, lettura e scrittura. Il lavoro che svolge in palestra ha principalmente lo scopo di aumentare il benessere fisico della persona in vista di una più ampia autonomia personale.
Frequenta la Palestra due volte a settimana, il lunedì e mercoledì dalle 15.00 alle 16.00, allenandosi e nello stesso tempo socializzando con persone di tutte le età che frequentano la struttura.
Secondo la classificazione ICF (2001) è opportuno inquadrare la disabilità attraverso:
- fattori ambientali e partecipazione: Martina vive con i sui genitori e
il fratello gemello in una casa di proprietà nel comune di Pisa. Ha il diploma della scuola media e, attraverso associazioni, pratica attività rieducative e di socializzazione. Il soggetto, infatti, frequenta la S.P.E.S. di Uliveto Terme (dal 1991) e l’Unitalsi (dal 1994) che sono associazioni socio-ricreative-riabilitative dove Martina può socializzare e praticare attività didattiche come lettura, scrittura, pittura etc.
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- Attività: il soggetto ha una buona capacità di apprendimento e
applicazione delle conoscenze, è capace di svolgere compiti richiesti nel limite delle sue capacità (esempio; semplici movimenti degli arti), e possiede una buona mobilità articolare. Martina ha un’ottima capacità di comunicazione e conoscenze generali di qualsiasi campo per poter affrontare un colloquio e confrontarsi con altre persone.
- strutture e funzioni corporee: Martina possiede una buona capacità
uditiva mentre per quanto riguarda la vista porta gli occhiali in quanto non ha una buona capacità visiva. Non avendo mai praticato attività fisica, è al momento adeguata la programmazione di
allenamento di Attività Motoria adattata per due volte a settimana, un’ora ciascuna, non essendo il suo corpo e le sue strutture (sistemi, apparati etc.) in grado di sostenere allenamenti più numerosi e duraturi.
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6.2 Esame morfologico
Per stabilire un protocollo motorio, a fronte della diagnosi clinica e funzionale del personale medico, del parere dei familiari e del soggetto stesso, che è comunque fondamentale consultare, bisogna innanzitutto effettuare un esame morfologico e funzionale.
Alla prima sessione di allenamento abbiamo fatto un esame morfologico e funzionale a Martina dal quale è risultato:
Da seduta (su carrozzina):
- Arti inferiori
Flessione coscia su bacino destra e sinistra assente
- Arti superiori
Elevazione arti superiori destra e sinistra buona
Estensione e flessione avambraccio su braccio nel limite Fisiologico
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Pinza superiore sinistra presente, destra accennata
- Movimenti del collo
Estensione e flessione buona
Torsione destra e sinistra efficiente
Inclinazione non completa In piedi con mani alla spalliera
- Visione laterale
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- Visione posteriore
Piede destra spostamento in avanti effettuato con difficoltà, indietro movimento assente
Piede sinistra lo spostamento sia in avanti che indietro è adeguato
6.3 Obiettivi
Prima di arrivare alla fase operativa, e quindi alla pratica e svolgimento degli esercizi ci siamo posti degli obiettivi:
-
obiettivi generali: incremento del grado di mobilità e autonomiapersonale, necessari per l’integrazione e la partecipazione alla vita sociale
-
obbiettivi specifici: miglioramento nella velocità di esecuzione deglischemi motori e della mobilità articolare. Come vedremo più avanti abbiamo misurato e analizzato la velocità di esecuzione di Martina nel compiere un giro in posizione prona, sia nella fase iniziale del programma motorio che dopo due mesi.
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6.4 Fase operativa
Una volta stabiliti gli obiettivi del nostro lavoro e fatto un esame
morfologico, con l’autorizzazione del Medico nel praticare l’attività fisica adattata, possiamo passare alla fase esecutiva dove mettiamo in pratica tutti gli esercizi che possono risultare utili al soggetto per migliorare la propria autonomia nella vita quotidiana.
6.4.1 Mobilizzazione attiva-passiva
La vita quotidiana di un soggetto diversamente abile è spesso
caratterizzata da scarso movimento, le cause principali sono la posizione in carrozzina che permette al soggetto di spostarsi più o meno autonomamente, ma con scarse possibilità di
movimento. Gli esercizi di
mobilizzazione passiva rivestono quindi una grande importanza in quanto permettono il miglioramento dello stato articolare combattendo le
aderenze che si vengono a formare tra i capi ossei.
A livello biologico l’articolazione è costituita dalla membrana sinoviale dove troviamo le cellule perisinoviali,che secernono un liquido
lubrificante nell’articolazione, il sinovia, questo fluido è necessario per avere un movimento fluido e non doloroso.
La mobilizzazione passiva stimola la secrezione del liquido sinoviale. Inoltre attraverso la mobilizzazione i muscoli si rilassano, i tessuti molli (retratti) si allungano, migliora la circolazione sanguigna e soprattutto il nutrimento del tessuto cartilagineo. Tutto questo permette un miglior movimento dell’articolazione, riducendo il dolore e facilitando l’uso dell’arto.
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Esecuzione:
posizioniamo il paziente in posizione supina su un tappeto morbido e pulito, senza scarpe e stabilizzando in un corretto assetto posturale ed eliminando eventuali compensi; per fare questo possiamo aiutarci con l’utilizzo di supporti in gommapiuma o Balance Disc di varie misure e spessori da utilizzare a livello della colonna verticale, in base alla patologia del paziente, e a livello delle ginocchia per stabilizzare le anche. Collocare poi sotto la testa un cuscino o un rialzo per avere in linea la testa con la colonna vertebrale.
Possiamo adesso passare alla mobilizzazione passiva, assumendo da parte dell’insegnate una posizione comoda in modo da poter eseguire l’esercizio sul paziente in modo armonioso.
- Mobilizzazione delle dita dei piedi;
Movimento di flesso-estensione delle dita
- Mobilizzazione della caviglia;
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Movimento laterale destra-sinistra del piede
Rotazione senso orario
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- Mobilizzazione del ginocchio;
Movimento di flesso-estansione della gamba sulla coscia
Movimento di rotazione del ginocchio (orario/antiorario)
- Mobilizzazione anca;
Movimento di rotazione della coscia (orario/antiorario)
- Mobilizzazione dita delle mani;
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- Mobilizzazione polso;
Movimento di flesso-estensione della mano
Movimento laterale destra-sinistra della mano
Rotazione senso orario
Rotazione senso antiorario
- Mobilizzazione gomito;
Movimento di flesso-estensione dell’avambraccio sul braccio
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- Mobilizzazione spalla;
Movimento in rotazione (orario/antiorario) con allungamento del braccio
Movimento di allungamento e rilascio con braccio allungato
- Mobilizzazione colonna vertebrale;
Movimenti di torsione da decupito supino ginocchia al petto
6.4.2 Schemi crociati
Gli esercizi a schema crociato divengono molto importanti nella tabella di allenamento di un soggetto diversamente abile in quanto riproducono lo stesso principio del movimento durante il cammino.
Per schema crociato si intende la corretta alternanza a livello di
contrazione-rilasciamento dell’arto superiore destro con l’arto inferiore sinistro e viceversa.
Esistono varie esercizi dove possiamo applicare la base a schema crociato;
- schema crociato della torsione del busto: il soggetto si presente in
posizione da decupito supino con gli arti inferiori flessi a 90° e uniti, si eseguono delle torsioni a livello del bacino, mentre il soggetto
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effettua dei movimenti contro laterali del collo. L’angolo formato da coscia e bacino deve essere di 90° per non lordizzare il tratto
lombare della colonna vertebrale.
- schema crociato braccia-gambe: facciamo posizionare il soggetto in
posizione decupito supino, con le braccia in alto, flettiamo la gamba destra in modo da toccare il braccio sinistro che si solleva e si
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- schema crociato delle anche: soggetto in posizione da decupito
supino flettiamo in abduzione la gamba sull’anca, quindi si adduce e in seguito si estende l’arto inferiore alternando destro e sinistro. Fare attenzione che mentre un arto compie l’esercizio, l’arto a riposo deve rimanere in posizione, se questo non avviene, con l’aiuto di un
collega, cerchiamo di far mantenere al soggetto la giusta posizione.
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- schema crociato del collo: in posizione da decupito supino facciamo
ruotare la testa alternativamente a destra e sinistra, sollevando il braccio sullo stesso lato e tenendo l’arto opposto lungo il corpo.
6.4.3 Esercizi di allungamento
L’allungamento è fondamentale anche nella ginnastica con soggetti diversamente abili, infatti la persona disabile è condizionata dal fatto che passa molte ore della giornata seduta sulla propria carrozzina in posture contratte. Grazie ad esercizi specifici, possiamo avere un miglioramento della flessibilità ed elasticità muscolare e tendinea con un miglioramento della facilità dei movimenti, si prevengono inoltre le contratture muscolari e i traumi all’apparato locomotore, si constata un miglioramento della circolazione sanguigna, e un miglioramento della coordinazione dei movimenti. Possiamo affermare quindi che
l’allungamento migliora la consapevolezza del proprio corpo e agevola il rilassamento generale del soggetto.
Esercizi di allungamento: disporre il soggetto a terra su un materasso morbido e pulito, in un ambiente sicuro. Eseguire gli esercizi di allungamento per almeno 1 minuto per esercizio, senza forzare sull’apparato muscolo-scheletrico del soggetto agevolando il rilassamento.
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I principali esercizi di allungamento che possono risultare utili al soggetto sono:
- Adduttori: in posizione da decupito supino, portare le ginocchia al
petto formando una angolo di 90° con l’anca, evitando cosi lordizzazione del tratto lombare della colonna vertebrale. E divaricare le gambe.
- Allungamento tratto lombare della colonna vertebrale: posizione
decupito supino, sollevare da terra il bacino cercando di avvicinare il più possibile le ginocchia al petto.
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- Ischio-crurali: posizionare il soggetto in decupito supino, flettere la
gamba sul bacino, mantenendo l’altra in posizione di allungamento, ripetere poi ‘esercizio per l’arto opposto.
- Quadricipite: in posizione decupito laterale flettere la gamba libera
del soggetto sulla coscia, aiutandosi con gli arti inferiori, e mantenere in allungamento l’arto a contatto con il suolo.
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- Pettorali e dorsali: posizionare il soggetto in decupito supino, portare
gli arti superiori dietro testa e fare pressione sulle braccia portandole verso il suolo. Meglio aggiungere al di sotto delle ginocchia un rialzo, per non gravare sulla colonna vertebrale.
6.4.4 Attività motoria con schemi crociati
Come abbiamo detto nei capitoli precedenti, lo schema crociato è da ricercare ed utilizzare nell’attività motoria adattata per la disabilità,
permettendo in questo modo al soggetto di riprodurre gli schemi motori di base e producendo effetti motori per quanto riguarda:
- l’organizzazione neurologica.
- potenziamento dell’apparato circolatorio.
- potenziamento della muscolatura degli arti superori, inferiori, e dei
muscoli addominali .
- mobilizzazione delle articolazioni scapolo-omerale, coxo-femorale e
colonna vertebrale.
- coordinazione dinamica degli arti inferiori e superiori. - organizzazione spaziale.
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Una volta assicurati della sicurezza dell’ambiente intorno a noi e che le condizioni siano ottimali per eseguire gli esercizi possiamo passare alla parte pratica proponendo ai ragazzi diversamente abili i seguenti esercizi:
- striscio a schema crociato: dalla posizione di ducupito prono il
soggetto porta braccio e gamba opposta estesi e cerca di avanzare sulla superficie alternando gli arti come si fa durante il cammino. Se il soggetto dimostra delle difficoltà possiamo aiutarlo semplicemente facilitandoli la spinta posizionandosi come supporto dietro al piede una volta flessa la gamba. Oppure cambiando piano di inclinazione dell’area di esecuzione dell’esercizio.
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Sinistra:
- rotolamento: facciamo posizionare il paziente in posizione ducupito
supino con gli arti inferiori e posteriori estesi, cerchiamo di far rotolare il soggetto nei due sensi. Possiamo facilitare l’esercizio aiutando il soggetto con lievi spinte laterali che per ottimizzare la spinta che lo porta a rotolare.
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- Andatura quadrupedica a schema crociato: posizione in quadrupedia
cerchiamo di far muovere al soggetto alternativamente al soggetto il braccio e la gamba opposti.
6.4.5 Esercizi con piccoli attrezzi
Per allenare le capacità coordinative motorie generali e speciali in un soggetto disabile è opportuno e consigliato l’utilizzo di piccoli attrezzi con cui svolgere esercizi basilari ma di grande importanza nell’esercitare
l’organizzazione neurologica, il potenziamento delle capacità coordinative e senso-percettive e allenare gli schemi motori di base.
Gli attrezzi utilizzati sono principalmente:
- bastone
- pallina da tennis
- palla in gomma piuma - piccoli pesi
- funicelle
Grazie all’utilizzo di questi piccoli attrezzi possiamo coinvolgere il
soggetto disabile nel cercar di lanciare, afferrare , rotolare, spingere, colpire etc.. in questo modo possiamo sviluppare e migliorare nel soggetto le
proprie capacità coordinative, sensoriali, percettive etc. Svolgimento degli esercizi:
- sollevamento del bastone: posizioniamo il soggetto in posizione
decupito supino su un tappeto pulito e confortevole, svolgere l’esercizio portando con le mani il bastone dal bacino a dietro la testa con tutti e due gli arti superiori in allungamento. Far ripetere l’esercizio per 1 minuto in 2/3 serie, con recupero di 1 minuto.
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- spostamento del bastone destra/sinistra: in posizione decupito supino
il soggetto porta in allungamento le braccia e con la punta del bastone va a toccare il pavimento prima dal lato destro poi sul lato sinistro. Svolgere l’esercizio in 2/3 serie da un minuto con recupero di 1 minuto.
- passaggio con pallina da tennis: posizione in decupito supino, su una
superficie confortevole, il soggetto deve far passare da una mano all’altra la pallina facendoli toccare a terra prima il suolo
destro,all’altezza del bacino, poi passaggio all’altra mano, e arrivare al suolo dalla parte sinistra sempre all’altezza del bacino. Far
ripetere l’esercizio per un minuto per 2/3 serie con recupero di un minuto.
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- trattenute con palla di gommapiuma: con soggetto in posizione
decupito supino, e arti superiori distesi lungo il corpo:
comprimere la palla di gommapiuma con la mano sul suolo prima sul lato destro, poi sul lato sinistro.
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comprimere la palla di gommapiuma con il braccio verso il torace; prima sul lato destro poi steso esercizio sul lato sinistro
Svolgere gli esercizi con la palla per un minuto per 2/3 serie con un minuto di recupero.
6.4.6 Test
L’obiettivo di questo corso, come già abbiamo anticipato nei capitoli precedenti, è quello di migliorare le capacità motorie del soggetto per agevolarlo nelle semplici attività giornaliere cercando di renderlo il più possibile autonomo. Per fare ciò abbiamo fatto un test in palestra all’inizio dell’attività, come valutazione iniziale, e riproposto, lo stesso test, dopo circa un mese, e infine lo stesso test dopo circa sei mesi come monitoraggio in itinere.
Il test consisteva nel far assumere al soggetto una posizione in decupito prono su un pavimento liscio, per non avere attriti e quindi per non aumentare le difficoltà per il soggetto diversamente abile, e far compiere mezzo giro o un giro completo con il movimento dello striscio a schema crociato.
Per fare ciò ci siamo serviti di un nastro adesivo di carta e un cronometro. Abbiamo attaccato il nastro adesivo sul pavimento a formare una X, per avere in questo modo un riferimento nel far compiere al soggetto uno o mezzo giro in base al test scelto.
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Data 30/05 Svolgimento:
far compiere al soggetto ½ giro (180°) in posizione di decupito prono compiendo lo striscio a schema crociato.
Di seguito sono riportati i tempi di esecuzione delle prove prima
compiendo il movimento verso destra per tre volte, poi lo stesso esercizio nell’altro senso.
1° prova 2° prova 3° prova
Destra 33”44 30”53 33”10
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Nel grafico sottostante sono riportati sull’asse delle ascisse il tempo di esecuzione dell’esercizio, sell’asse delle ordinate le prove eseguite.
Tempo medio:
- Destra: 32”36 - Sinistra: 45”09
Risultati:
Possiamo notare che il soggetto ha più difficoltà a compiere lo schema crociato dello striscio girando verso sinistra, che compie infatti più tempo, rispetto a muoversi verso destra.
Data 30/05 Svolgimento:
far compiere al soggetto 1 giro (360°) in posizione di decupito prono compiendo lo striscio a schema crociato.
1° prova 2° prova 3° prova
Destra 1’03”23 1’04”58 1’02”10 Sinistra 1’21”32 1’23”04 1’19”16 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50
1° prova 2° prova 3° prova
Destra Sinistra
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Tempo medio:
- Destra: 1’03”30 - Sinistra: 1’21”51
Risultati:
Anche in questo caso possiamo notare che il movimento del soggetto è più veloce girando verso destra che viceversa.
Data 27/06 Svolgimento:
far compiere al soggetto ½ giro (180°) in posizione di decupito prono compiendo lo striscio a schema crociato.
1° prova 2° prova 3° prova
Destra 32”02 31”23 32”10 Sinistra 43”57 43”06 42”33 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4
1° prova 2° prova 3° prova
Destra Sinistra
57
Tempo medio:
- Destra: 31”78 - Sinistra: 42”99
Risultati:
Dopo un mese di lavoro abbiamo avuto nella media un miglioramento nel tempo di esecuzione dell’esercizio sia compiendo il movimento verso destra sia verso sinistra.
Data 27/06 Svolgimento:
far compiere al soggetto 1 giro (360°) in posizione di decupito prono compiendo lo striscio a schema crociato.
1° prova 2° prova 3° prova
Destra 59”47 1’02”23 1’00”42 Sinistra 1’20”21 1’19”35 1’20”59 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50
1° prova 2° prova 3° prova
Destra Sinistra
58
Tempo medio:
- Destra: 1’00”73 - Sinistra: 1’20”05
Risultati:
Abbiamo ottenuto un miglioramento anche per quanto riguarda l’esercizio compiuto in un minuto di tempo.
Data 05/12 Svolgimento:
far compiere al soggetto ½ giro (180°) in posizione di decupito prono compiendo lo striscio a schema crociato.
1° prova 2° prova 3° prova
Destra 30”12 32”57 32”03 Sinistra 35”46 34”37 37”58 0,9 0,95 1 1,05 1,1 1,15 1,2 1,25
1° prova 2° prova 3° prova
Destra Sinistra
59
Tempo medio:
- Destra: 31”57 - Sinistra: 35”80
Risultati:
Dopo sei mesi di lavoro possiamo confermare il miglioramento nel tempo di esecuzione dell’esercizio sia che venga eseguito verso destra (migliorato di qualche decimo di secondo) sia verso sinistra (migliorato notevolmente circa 7 sec.).
Data 05/12 Svolgimento:
far compiere al soggetto 1 giro (360°) in posizione di decupito prono compiendo lo striscio a schema crociato.
1° prova 2° prova 3° prova
Destra 55”42 51”14 52”28 Sinistra 1’00”63 1’02”23 1’00”74 0 5 10 15 20 25 30 35 40
1° prova 2° prova 3° prova
Destra Sinistra
60
Tempo medio:
- Destra: 52”80 - Sinistra: 1’01”20
Risultati:
Abbiamo ottenuto un ottimo risultato anche nel test del giro completo, migliorando i tempi di esecuzione in tutti e due i sensi di rotazione.
0,75 0,8 0,85 0,9 0,95 1 1,05
1° prova 2° prova 3° prova
Destra Sinistra
61
Test del ½ giro (180°) a confronto:
Destra (test1) Sinistra (test1) Destra (test 2) Sinistra (test2) Destra (test3) Sinistra (test3) 1° Prova 33”44 46”20 32”02 43”57 30”12 35”46 2° Prova 30”53 45”58 31”23 43”06 32”57 34”37 3° Prova 33”10 43”49 32”10 42”33 32”03 37”58 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50
1° prova 2° prova 3° prova
Destra (test1) Sinistra (test1) Destra (test2) Sinistra (test2) Destra (test3) Sinistra (test3)
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Test 1 giro (360°) a confronto:
Destra (test1) Sinistra (test1) Destra (test2) Sinistra (test2) Destra (test3) Sinistra (test3) 1° prova 1’03”23 1’21”32 59”74 1’20”21 55”42 1’00”63 2° prova 1’04”58 1’23”04 1’02”23 1’19”35 51”14 1’02”23 3° prova 1’02”10 1’19”16 1’00”42 1’20”59 52”28 1’00”74
Tempi medi a confronto:
Destra (test1) Destra (test2) Sinistra (test1) Sinistra (test2) Destra (test3) Sinistra (test3) Prova (180°) 32”36 31”78 45”09 42”99 31”57 35”80 Prova (360°) 1’03”30 1’00”73 1’21”51 1’20”05 52”80 1’01”20 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4
1° prova 2° prova 3° prova
Destra (test1) Sinistra (test1) Destra (test2) Sinistra (test2) Destra (test3) Sinistra (test3)
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Conclusioni:
Abbiamo visto, confrontando i risultati dei test, che con solo sei mesi di allenamento il soggetto è migliorato acquisendo maggior velocità nel compiere i test. Questo per noi è stata una grande soddisfazione, in quanto ci ha dimostrato che il lavoro che abbiamo svolto è servito a Martina
rendendo i suoi movimenti più veloci, migliorando la coordinazione e aumentando la propria autostima. Con ciò abbiamo dimostrato che, anche in periodo brevi, l’allenamento migliora le capacità motorie del soggetto, quindi l’attività fisica può sempre essere utile a qualsiasi persona,
diversamente abile o no, migliorando le sue capacita motorie ma soprattutto aumentando l’autostima che il soggetto ha di se e rendendo la persona sempre più autonoma nei gesti da compiere.
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6.4.7 P.A.L.
Il P.A.L. (posizionatore antalgico lombare) di Magri è un attrezzo valido in presenza di stenosi del canale spinale perché permette di decomprimere i dischi lombari riducendo passivamente la lordosi lombare. In soggetti diversamente abili che spesso passano molto tempo seduti, può risultare molto utile l’utilizzo del P.A.L. in quanto attua una trazione del bacino verso l’alto mettendo in scarico il segmento lombare della colonna vertebrale, in particolare a livello di L5-S1.
Il Posizionatore Antalgico Lombare si utilizza in una posizione da decupito supino, braccia lungo il corpo e gambe flesse sopra gli appositi poggia piedi dell’attrezzo in modo da avere un angolo di 90° tra gamba e coscia e sempre un angolo di 90° tra busto e gamba. Questa posizione permette lo scarico dei dischi intervertebrali attraverso una decompressione passiva. Avremo quindi un miglioramento a livello di idratazione dei dischi intervertebrali, infatti il disco intervertebrale se sottoposto a pressione si disidrata.
Nel protocollo di lavoro di un’attività motoria adattata è utile utilizzare il P.A.L. a fine seduta di allenamento, per permettere di scaricare le tensioni muscolari a livello lombare e defaticare l’allenamento svolto. È opportuno mantenere la posizione per almeno 10 miunti.