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I frammenti dell'erudita Demò: edizione, traduzione e commento, con un'introduzione sull'allegoresi antica

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA

CORSO DI DOTTORATO (XXIX CICLO) DI LETTERATURE E CULTURE

CLASSICHE E MODERNE, CURRICULUM SCIENZE DELL’ANTICHITÀ

(CODICE 5147), ORIENTAMENTO “A” (FILOLOGIA CLASSICA E

LETTERATURE GRECA E LATINA)

Tesi di dottorato

I frammenti dell’erudita Demò:

edizione, traduzione e commento,

con un’introduzione sull’allegoresi antica

Tutor

Prof. Franco Montanari

Candidato

Martina Savio

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Sommario

Introduzione

1. L’allegoria e l’allegoresi 1.1 Terminologia

1.2 Allegoria scientifico-filosofica, allegoria retorico-letteraria e allegoresi 1.3 Tipi di allegoresi

1.3.1 Allegoresi sostitutiva

1.3.1.1 Allegoresi fisica (tecnico-scientifica e cosmologico-filosofica [-teologica])

1.3.1.2 Allegoresi etico-filosofica 1.3.1.3 Allegoresi storico-realistica

1.3.2 Allegoresi neoplatonica-dieretica e la funzione apologetico-zetematica dell’allegoresi

2. Esegesi evemeristico-palefatea (non allegorica) 3. Razionalizzazione “interna” del mito

4. Letture allegoriche dei poemi omerici (e del mito) e divulgazione scientifica 5. Demò

5.1 L’esegesi “scientifica” di Demò: uno strumento didattico-divulgativo? 5.2 Il ms. Vindobonense

5.3 L’opera di Demò

5.3.1. Demò fonte di Tzetze e Eustazio: la circolazione dello scritto di Demò nel XII sec.

5.3.2. La natura dello scritto di Demò

5.3.3. Origine dei rapporti fra materiali di Demò ed esegesi simili proposte da altri autori

5.4 Il contesto storico-culturale dell’autrice Testimoni manoscritti

Testimonianze

T 1 (Sud. β 195)

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T 3 (Mich. It. Ep. 32, pp. 205, 22-206, 1 Gautier)

Frammenti

F 1 (Sch. D Il. 1, 593) F 2 (Eustath. ad Il. 719, 44-46) F 3 (Sch. D Il. 2, 205) F 4 (Eustath. ad Il. 560, 37-44)

F 5a (Sch. ex. Il. 5, 722-731)-b (Eustath. ad Il. 598, 41-45) F 6 (Eustath. ad Il. 1154, 40-1155, 3) F 7 (Eustath. ad Od. 1597, 59-62) F 8 (Sch. in Luc. 24, 23)

Frammenti dubbi

F 1* (Eustath. ad Il. 695, 9-11) F 2* (Eustath. ad Il. 697, 9-12) F 3* (Eustath. ad Il. 1003, 8-12) F 4* (Eustath. ad Il. 828, 44-49)

Commento

Testimonianze

T 1 (Suda)

T 2a-b (Giovanni Tzetze) T 3 (Michele Italico)

Frammenti

F 1 (La caduta di Efesto dall’Olimpo) F 2 (µέγας Κρόνος)

F 3 (Κρόνος ἀγκυλοµήτης)

F 4 (Oto ed Efialte nell’Iliade: l’imprigionamento di Ares) F 5a-b (Il carro di Era)

F 6 (Lo scudo di Achille) 1. L’esegesi di Demò

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1.2 La sfera celeste e la sua proiezione terrestre: lo zodiaco, l’asse, i paralleli e le zone climatiche

1.2.1 La costruzione geometrica della sfera celeste: lo scudo circolare

1.2.2 La fascia zodiacale, il suo spessore e l’eclittica: il triplo bordo scintillante

1.2.3 L’asse del cosmo/sfera celeste: la tracolla

1.2.4 I cinque κύκλοι paralleli: i limiti degli strati dello scudo

1.2.5 Le cinque ζῶναι, definite su base astronomico-geometrica e climatica: gli strati costituiti dei diversi metalli

1.3 Le due città

1.4 La “persona autoriale” di Demò: ἡ σοφὴ ἀσπιδοποιὸς

2. L’esegesi dello scudo di Achille nelle Questioni omeriche di Eraclito 2.1 La κοσµικὴ γένεσις

2.2 I metalli simbolo degli elementi

2.3 La forma dello scudo e la sfericità del cosmo 2.4 Le πτύχες e le zone climatiche

2.5 Le due città

2.6 Origine delle analogie fra le esegesi di Demò ed Eraclito 3. L’esegesi dello scudo di Achille nelle Allegoriae Iliadis di Tzetze

4. Le allegoresi degli scudi di Achille ed Agamennone: Demò, Senocrate, Eraclito e il problema dell’attribuzione a Cratete

4.1 Le edizioni ottocentesche dello scolio esegetico: Dindorf (Maass) e Heinze 4.2 Le attribuzioni a Cratete delle esegesi dei due scudi

4.2.1 Maass 4.2.2 Reinhardt 4.2.3 Wehrli 4.2.4 Mette 4.2.5 Erbse

4.3 L’edizione Isnardi Parente 4.4 L’edizione Broggiato

4.5 Perché le allegoresi dei due scudi vanno “restituite” a Senocrate e Demò F 7 (Gli amori adulterini di Ares e Afrodite svelati dal Sole)

F 8 (Oto ed Efialte nell’Odissea: il tentativo di ascesa all’Olimpo)

Frammenti dubbi

F 1* (La catena d’oro “di Zeus”) F 2* (Il carro di Zeus)

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F 4* (Lo scudo di Agamennone)

Appendice

1. Il contesto socio-culturale di Tzetze

2. La carriera di Tzetze: l’autopromozione come concreta necessità 3. Il trattamento delle fonti fra denigrazione e valorizzazione

Bibliografia

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1. L’allegoria e l’allegoresi 1.1 Terminologia

Il termine ἀλληγορία è postclassico (non attestato prima del I sec. a.C.1) e la sua originaria accezione di natura squisitamente retorico-letteraria, riassumibile nel concetto di “metafora complessa”, (vd. infra, § 1.2), non si riferiva (né pare averla contemplata: vd. infra, § 1.2) alla sottesa allusione da parte del poeta a principi e/o fenomeni di natura scientifico-filosofica e/o teologico-filosofica del tutto avulsi dal piano della narrazione poetico-letteraria. Il termine ἀλληγορία non si riferiva cioè in origine a quel fenomeno per cui esso è stato anche, a partire da un certo periodo che sembra potersi collocare fra I e II sec. d.C., e poi esclusivamente, impiegato (vd. infra, § 1.2), e che, proprio a seguito di tale evoluzione linguistica, è normalmente e comunemente designato con il termine “allegoria” e i suoi derivati.

I termini con cui il concetto di “significato nascosto”, etico-filosofico, teologico, scientifico, celato sotto il piano della narrazione mitico-poetica, è stato in origine definito sono ὑπόνοια2,

αἶνος3 e αἴνιγµα. Questi sono stati poi (vd. supra e infra, § 1.2) affiancati e infine sostanzialmente sostituiti da ἀλληγορία; il verbo derivato da αἶνος, αἰνίττεσθαι, è invece rimasto, fino ad epoca bizantina, il verbo tecnico normalmente usato per introdurre un’intrepretazione allegorica, accanto al più recente ἀλληγορέω (con il nomen agentis da questo derivato, ἀλληγορητής, impiegato soprattutto in ambito bizantino)4.

1.2 Allegoria scientifico-filosofica, allegoria retorico-letteraria e allegoresi

La varietà terminologica delle fonti ha comportato una certa confusione5 e alcuni sostanziali fraintendimenti nella considerazione dell’“allegoria”, probabilmente potenziati dal giudizio “moderno” del fenomemo come espressione sostanzialmente ingenua e ascientifica, il quale, oggi quasi totalmente superato, è dipeso in passato dall’astorica applicazione di criteri tecnico-letterari ed ermeneutici moderni al fenomeno antico6.

Quella che definiremo allegoria (e allegoresi: vd. infra) scientifico-filosofica è una realtà che risulta ampiamente diffusa e radicata, soprattutto in alcuni specifici contesti, sin dall’età arcaica (vd. infra, § 4), intrinsecamente connessa alla portata culturale-“sapienziale” ed educativa, fondamentale e inaggirabile, riconosciuta in tutta la storia della “grecità” ai testi dei “grandi poeti antichi”, e di Omero prima di tutti, e/o ai miti in essi narrati, seppur secondo dinamiche che variano nei diversi e specifici contesti storico-culturali (vd. infra, § 4).

1 Vd. Montanari 1987; Ford 2002, 72-76; Pontani 2005a, 28; infra.

2 Nell’accezione di “pensiero/senso sotteso/profondo”: cfr. Pl. Resp. 378d; Xen. Symp. 3, 6. 3 Nell’accezione di “racconto allusivo” (il nome ricorre ad esempio per definire le favole di Esopo). 4 Su ἀλληγορία, ὑπόνοια e αἶνος cfr. Ford 2002, 72-76. Per il rapporto fra ὑπόνοια e ἀλληγορία, in

particolare, vd. Montanari 1987.

5 Cfr. Long 1992, 41-43; Domaradzki 2015, 247-249. 6 Cfr. Pontani 2005a, 26-27 con ampia bibliografia.

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L’allegoria scientifico-filosofica, in origine designata con i nomi ὑπόνοια, αἶνος e αἴνιγµα (vd. supra, § 1.1), consiste in sottese allusioni a principi e/o fenomeni di natura fisica, etico-psicologica, teologica, storico-sociale (vd. infra, §§ 1.3.1.1-1.3.1.3, 1.3.2), oggetto e/o prodotto della riflessione e dell’indagine in campo scientifico-filosofico e teologico, che coloro i quali si sono cimentati e applicati in questi ambiti, nelle diverse fasi della grecità, hanno rintracciato nel testo dei “poeti antichi”, Omero, Esiodo ed Orfeo in particolare, e/o nei miti in questo narrati.

L’allegoria (e allegoresi: vd. infra) scientifico-filosofica si fonda su due presupposti essenziali, che emergono in modo chiaro dalle fonti superstiti e che costituiscono una sorta di costante del fenomeno, pur nelle sue varie declinazioni, fra loro anche profondamente differenti, non solo sul piano dei contenuti (vd. infra, §§ 1.3.1.1-1.3.1.3), ma anche delle premesse e delle finalità (vd. infra e §§ 1.3.2, 4):

1) il poeta e/o gli antichi che hanno elaborato il mito, nella loro straordinaria saggezza e sapienza (vd. infra, § 4), avrebbero posseduto una, almeno embrionale, conoscenza dei principi e/o dei fenomeni espressi/descritti per mezzo dell’allegoria7;

2) nei testi dei grandi poeti antichi (o nel mito in essi narrato) sono rintracciabili due distinti piani di lettura, l’uno del tutto autonomo dall’altro: da una parte quello della narrazione mitico-poetica (che comprende anche tutte le forme di espressione non letterale, ma metaforico-allusiva, tipiche del codice espressivo poetico-letterario), dotato di una propria ed autonoma economia interna, a tutti comprensibile e noto, nonché realizzato in modo da adeguarsi al “gusto” e al “costume” degli antichi e/o “della massa”; dall’altra quello, che definiremo allegorico, totalmente avulso dalla dinamica poetico-narrativa dell’opera (e/o

7 Vd. e.g. infra (in § 4) Arist. Cael. 270b 13-31; Meteor. 347a 5-8; Metaph. 1074a 29-b 14: (...) τὸ δὲ τί

ἦν εἶναι οὐκ ἔχει ὕλην τὸ πρῶτον· ἐντελέχεια γάρ. ἓν ἄρα καὶ λόγῳ καὶ ἀριθµῷ τὸ πρῶτον κινοῦν ἀκίνητον ὄν· καὶ τὸ κινούµενον ἄρα ἀεὶ καὶ συνεχῶς· εἷς ἄρα οὐρανὸς µόνος. παραδέδοται δὲ παρὰ

τῶν ἀρχαίων καὶ παµπαλαίων ἐν µύθου σχήµατι καταλελειµµένα τοῖς ὕστερον ὅτι θεοί τέ εἰσιν οὗτοι καὶ περιέχει τὸ θεῖον τὴν ὅλην φύσιν. τὰ δὲ λοιπὰ µυθικῶς ἤδη προσῆκται πρὸς τὴν πειθὼ τῶν πολλῶν καὶ πρὸς τὴν εἰς τοὺς νόµους καὶ τὸ συµφέρον χρῆσιν (...); vd. inoltre Ps.-Plut. Vit.

Hom. 92: ὁ δὲ θεωρητικὸς λόγος ἐστὶν ὁ περιέχων τὰ καλούµενα θεωρήµατα, ἅπερ ἐστὶ γνῶσις τῆς ἀληθείας γινοµένη µετὰ τέχνης. ἀφ’ ὧν ἔστι τὴν φύσιν τῶν ὄντων, θείων τε καὶ ἀνθρωπίνων πραγµάτων, κατανοεῖν, καὶ τὰς περὶ τὸ ἦθος ἀρετὰς καὶ κακίας διαιρεῖν, καὶ εἴ τινι τέχνῃ λογικῇ µετέρχεσθαι τὴν ἀλήθειαν προσήκει µανθάνειν. ταῦτα δὲ µετεχειρίσαντο οἱ ἐν φιλοσοφίᾳ διατρίψαντες, ἧς ἐστι µέρη τὸ φυσικὸν καὶ ἠθικὸν καὶ διαλεκτικόν. ἐν δὴ πᾶσι τούτοις τὰς ἀρχὰς καὶ τὰ σπέρµατα ἐνδιδόντα Ὅµηρον εἰ καταµάθοιµεν, πῶς οὐκ ἂν εἴη πρὸ πάντων θαυµάζεσθαι ἄξιος; εἰ δὲ δι’ αἰνιγµάτων καὶ µυθικῶν λόγων τινῶν ἐµφαίνεται τὰ νοήµατα, οὐ χρὴ παράδοξον

ἡγεῖσθαι (vd. Kindstrand 1990, V-XII sull’opera biografica pseudo-plutarchea, probabilmente databile

al II sec. d.C., nella quale è compilata una vasta gamma di allegoresi [vd. infra] di natura scientifco-filosofica, di tradizione anche molto più antica dell’opera in questione ed elaborate in origine nei contesti più disparati, in quanto “raccolta” di natura dossografico-erudita delle conoscenze variamente riconosciute al poeta; per il processo di trasmissione dei materiali allegorici confluiti nell’opera vd.

infra, §§ 5.2, 5.3.2). Per altre testimonianze in questo senso e per il concetto di πολυµάθεια/πολυµαθία

(11)

dell’episodio mitico), la cui comprensione è accessibile solo agli specialisti delle diverse discipline8.

Il messaggio allegorico infatti sarebbe stato scientemente celato dal poeta nella composizione dell’opera (e in questo caso si può usare la definizione [moderna] di “allegoria forte”9) o dagli

“antichi” nell’elaborazione della narrazione mitica tradizionale, che il poeta si sarebbe “limitato” a trasmettere, sotto il piano mitico-letterario della narrazione. Trattandosi comunque di un messaggio, pur del tutto altro rispetto all’economia poetico-narrativa del testo letterario o del mito, anche l’allegoria scientifico-filosofica si pressuppone elaborata dal poeta e/o dagli antichi per mezzo degli strumenti espressivi tipici del linguaggio allusivo, non solo poetico, ossia connessioni di natura metaforico-metonimico-etimologica.

8 Vd. Pap. Derv. 7, 2-7 Kouremenos-Parássoglou-Tsantsanoglou: [..ὕ]µνον̣ [ὑγ]ι̣ῆ καὶ θεµ[ι]τ̣ὰ

λέγο[ντα· ἱερουργεῖ]τ̣ο γὰρ [τῆ]ι̣ ποήσει. [κ]αὶ εἰπεῖν οὐχ οἷον τ[ε τὴν τῶν ὀ]νοµάτων [λύ]σιν καίτ[οι] ῥηθέντα. ἔστι δὲ ξ̣[ένη τις ἡ] πόησις̣ [κ]α̣ὶ ἀνθρώ[ποις] αἰνι̣[γµ]ατώδης, [κε]ἰ [Ὀρφεὺ]ς̣ αὐτ[ὸ]ς̣ [ἐ]ρίστ’ αἰν[ίγµα]τα οὐ̣κ ἤ̣θελε λέγειν, [ἐν αἰν]ίγµασ̣[ι]ν δὲ [µεγ]άλα̣.; Pap. Derv. 9, 1-6 K.-P.-T.: ε̣ἶ̣ν̣α̣ι̣· τ̣ὴ̣[ν ἀρ]χ̣ὴν οὖν τοῦ ἰσχυρ̣[ο]τάτου ἐπόη̣[σεν] εἶναι ὡσ̣[περ]ε̣ὶ παῖδα πατρό̣ς. οἱ δὲ οὐ γινώσκον[τες] τὰ λεγό[µεν]α̣ δοκοῦσι τὸν̣ Ζᾶνα παρὰ τοῦ αὑτο[ῦ] πατρὸς [τὴν] ἀλκήν τε κα[ὶ] τὸν δαίµονα λαµβά[νειν.] γινώσκ[ω]ν̣ οὖν τὸ πῦρ ἀν̣α̣µ̣εµειγµένον τοῖς ἄλλοις (...); Pap. Derv. 23, 1-3 K.-P.-T.: τοῦτ̣ο τὸ ἔπος πα̣[ρα]γωγὸν πεπόηται καὶ το[ῖς] µ̣ὲν πολλ̣οῖς ἄδηλόν ἐστιν, τοῖς δὲ ὀρθῶς γινώσκουσιν εὔδηλον ὅτι (...): esistono due diversi livelli di fruizione del testo (poetico-letterario e allegorico-sapienziale) forieri di messaggi fra loro totalmente diversi, e il secondo, ossia il contenuto profondo degli αἰνίγµατα, è decifrabile solo dagli specialisti/iniziati, ossia a “coloro che sanno/capiscono”, contrapposti “ai più” che non “sapendo” colgono del poema solo il significato poetico-letterario (cfr. Ford 1999, 39-44; Ford 2002, 73-76; vd. infra [§§ 1.3.1, 4] per la datazione e la natura del commentario allegorico trasmesso dal Papiro di Derveni, nel quale è possibile riconoscere la riproposizione e/o l’applicazione dell’allegoresi scientifico-filosofica presocratica in un’ottica complessivamente teologico-religiosa, “misterico-iniziatica”, in quanto strumento per decifrare gli αἰνίγµατα del poeta-teologo Orfeo); vd. Philod. Poëm. 2, PHerc. 1676 fr. 2, 20 ss. + PHerc. 1081b, fr. 12, 1 ss.: ἔνιοι δὲ καὶ φανερῶς µαίνονται, καθάπερ οἱ τὰς δύο ποήσεις Ὁµήρου περί τε τοῦ κόσµου λέγοντες πεποιῆσθαι µερῶν

καὶ περὶ νόµων καὶ ἐθισµῶν τῶν παρ’ ἀνθρώποις, καὶ τὸν Ἀγαµέµνονα µὲν αἰθέρα εἶναι, τὸν

Ἀχιλλέα δ’ ἥλιον, τὴν Ἑλένην δὲ γῆν καὶ τὸν Ἀλέξανδρον ἀέρα, τὸν Ἕκτορα δὲ σελήνην καὶ τοὺς ἄλλους ἀναλόγως ὠνοµάσθαι τούτοις. τῶν δὲ θεῶν τὴν Δήµητρα µὲν ἧπαρ, τὸν Διόνυσον δὲ σπλῆνα, τὸν Ἀπόλλω δὲ χολήν (cfr. infra [§ 4] Tat. Or. 21, 3 = Metrod. fr. 61 A 3 D.-K.): pare decisamente significativo nel confermare la natura (almeno in origine e probabilmente ancora a questa altezza cronologica: vd. infra) extra-poetico-letteraria dell’allegoresi scientifico-filosofica, di cui Filodemo riporta alcuni esempi e alla quale si sta qui chiaramente riferendo, il fatto che quest’ultima, diffusa e ampiamente impiegata in contesti e con finalità extra-letterari (vd. infra, § 4), in un lavoro di natura critico-poetica come il Περὶ ποιηµάτων sia invece condannata come “follia” (ἔνιοι δὲ καὶ φανερῶς µαίνονται); si rivela inoltre degno di nota che a contemplarla (per quanto condannandola) anche in un lavoro di natura critico-poetica non sia un grammatico ma un filosofo come Filodemo, nel pensiero del quale discorso filologico-letterario e filosofico risultano intrinsecamente connessi, e la ποιητικὴ τέχνη perde parte della propria autonomia, essendo concepita (anche) come strumento di speculazione filosofica (sul Περὶ ποιηµάτων, la concezione poetica di Filodemo e la sua peculiarità teoretico-filosofica vd. Asmis 1991; Janko 2000; Blank 2001; Janko 2011). Vd. inoltre Ps.-Plut. Vit. Hom. 92: (...) εἰ δὲ δι’ αἰνιγµάτων καὶ µυθικῶν λόγων τινῶν ἐµφαίνεται τὰ νοήµατα, οὐ χρὴ παράδοξον

ἡγεῖσθαι· τούτου γὰρ αἴτιον <ἡ> ποιητικὴ καὶ <τὸ> τῶν ἀρχαίων ἦθος, ὅπως οἱ µὲν φιλοµαθοῦντες µετά τινος εὐµουσίας ψυχαγωγούµενοι ῥᾷον ζητῶσί τε καὶ εὑρίσκωσι τὴν ἀλήθειαν, οἱ δὲ ἀµαθεῖς µὴ καταφρονῶσι τούτων ὧν οὐ δύνανται συνιέναι. καὶ γάρ ἐστί πως τὸ µὲν δι’ ὑπονοίας σηµαινόµενον ἀγωγόν, τὸ δὲ φανερῶς λεγόµενον εὐτελές; e cfr. supra Metaph. 1074a

29-b 14: (...) τὰ δὲ λοιπὰ µυθικῶς ἤδη προσῆκται πρὸς τὴν πειθὼ τῶν πολλῶν καὶ πρὸς τὴν εἰς

τοὺς νόµους καὶ τὸ συµφέρον χρῆσιν (...).

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Queste ultime potranno essere rintracciate e decifrate, ossia in qualche modo percorse a ritroso, solo da coloro che possiedono le competenze di base per farlo, ossia gli “eletti”, specialisti delle discipline cui afferiscono i singoli contenuti sapienziali che il poeta o gli antichi avrebbero inteso celare dietro il piano poetico-narrativo, mentre resteranno del tutto sconosciute ai più, i quali coglieranno solo la narrazione mitico-fantastica e/o poetica10.

In quanto afferente ad una dimensione squisitamente contenutistico-culturale, questo tipo di messaggio allegorico è concepito come fenomeno extra-letterario, che esula dai criteri di valutazione dell’opera in quanto prodotto tecnico-artistico, fra i quali non è contemplata, almeno a partire da Aristotele e probabilmente fino alla prima età imperiale (vd. infra, §§ 1.3.2, 4), l’effettiva verità scientifico-filosofica dell’oggetto della narrazione poetica.

Di tutt’altra natura, almeno alla sua origine, è quella che definiremo allegoria retorico-letteraria, che corrisponde al significato originario del termine ἀλληγορία. Si tratta di un τρόπος, ossia di una figura retorica, consistente in una successione o concatenazione di metafore, cioè di una sorta di metafora complessa e/o potenziata, che si gioca nell’impiego di un’intera proposizione e/o breve narrazione il cui significato strettamente letterale è diverso da quello che si vuole davvero (ed esclusivamente) intendere11. In questo caso la distinzione

è, esattamente come per la metafora, fra piano letterale e metaforico, ma è solo in quest’ultimo che risiede l’unico significato dell’espressione.

Il concetto, come il termine ἀλληγορία che lo definisce, risulta alle sue origini elaborato, definito e trattato esclusivamente in ambiti tecnico-retorici12: insieme ai contesti e ai modi in cui esso è definito, a denunciare la sua radicale distinzione, almeno fino a una certa altezza cronologica (vd. infra), da quella che abbiamo definito allegoria scientifico-filosofica, concorrono gli esempi citati come rappresentativi di questo tipo di τρόπος. Si tratta infatti di citazioni omeriche in cui il dettato prevede una chiara ed inequivocabile lettura metaforica, indispensabile a restituire senso alla proposizione all’interno del contesto in cui è inserita dal poeta, del tutto funzionale e inscindibilmente connessa all’economia poetico-narrativa del testo13: niente a che vedere dunque con il messaggio nascosto, di natura filosofica, scientifica,

10 Vd. i testi citati nelle note precedenti.

11 Vd. Philod. Rhet. I p. 174, 19-25 Sudhaus: ἔνιοι τῶν νέων (...) πότε δεῖ χρῆσθαι µεταφοραῖς ἤ

ἀλληγορίαις καταγράφουσιν; Cic. Orator 27, 94: Aristoteles autem translationi et haec ipsa subiungit

et abusionem nem, quam katachresin vocat, ut cum minutum dicimus animum pro parvo; et abutimur verbis propinquis, si opus est vel quod delectat vel quod decet. Iam cum fluxerunt continuo plures

translationes, alia plane fit oratio; itaque genus hoc Graeci appellant allegorian: nomine recte,

genere melius ille qui ista omnia translationes vocat; Tryph. Περὶ τρόπων p. 193, 8-12 Spengel: γʹ.

ΠΕΡΙ ΑΛΛΗΓΟΡΙΑΣ. ἀλληγορία ἐστὶ λόγος ἕτερον µέν τι κυρίως δηλῶν, ἑτέρου δὲ ἔννοιαν

παριστάνων καθ’ ὁµοίωσιν ἐπὶ τὸ πλεῖστον, οἷον «ἧς τε πλείστην µὲν καλάµην χθονὶ χαλκὸς ἔχευεν»

(vd. Il. 19, 222) (su Trifone e il Περὶ τρόπων vd. Montana 2015, 180-183); infra Dem. Eloc. 99-102. Per una considerazione dell’allegoria retorico-letteraria in relazione all’attività esegetica di Aristarco vd. Cucchiarelli 1997.

12 Vd. i testi citati nella nota precedente e cfr. Montanari 1987; Pontani 2005a, 28-29.

13 Vd. supra Il. 19, 222 (ἧς τε πλείστην µὲν καλάµην χθονὶ χαλκὸς ἔχευεν, “[una battaglia] in cui molta

(13)

teologica, etc., celato sotto il piano poetico-letterario e dall’economia di quest’ultimo del tutto autonomo, indirizzato dal sapiente poeta ai pochi “esperti” delle discipline in questione (vd.

supra).

Risulta particolarmente significativo il fatto che, anche dopo l’avvento del termine ἀλληγορία (vd. supra, § 1.1), quest’ultimo non sia impiegato, dai medesimi autori che invece lo usano per definire il τρόπος della metafora complessa (vd. supra), per designare il fenomeno dell’allegoria scientifico-filosofica, per il quale essi utilizzano ancora i nomi ὑπόνοια e αἴνιγµα14.

dell’espressione è quello dell’estrema fatica patita in battaglia per ottenere magrissimi risultati) in Tryph. Περὶ τρόπων p. 193, 8-12 Spengel e Od. 22, 195-196 in Ps.-Plut. Vit. Hom. 69-70: ἔστι δέ τι

εἶδος εἰρωνείας καὶ ὁ σαρκασµός, ἐπειδάν τις διὰ τῶν ἐναντίων ὀνειδίζῃ τινι µετὰ προσποιήτου

µειδιάµατος, (...) τούτοις παραπλησίως ἔχει καὶ ἡ ἀλληγορία, ἥπερ ἕτερον δι’ ἑτέρου παρίστησιν, οἷόν ἐστι τοῦτο· «νῦν µὲν δὴ µάλα πάγχυ, Μελάνθιε, νύκτα φυλάξεις, / εὐνῇ ἔνι µαλακῇ καταλέγµενος, ὡς ἐπέοικε·» (vd. Od. 22, 195-196) τὸν γὰρ ἐν δεσµοῖς ὄντα καὶ ἀνηρτηµένον ἐν κοίτῃ ἁπαλῇ ὑπνώσειν λέγει. L’allegoria come strumento di composizione del dettato poetico è accostata al sarcasmo, a sua volta forma d’ironia, in quanto consiste nella creazione di una metafora complessa/continuata (vd. supra), in cui si dice una cosa per intenderne un’altra, nello specifico caso trattato (Od. 22, 195-196), il suo esatto contrario: al traditore Melanzio, legato ed appeso da Eumeo, il porcaro prospetta una notte di veglia sdraiato sul morbido letto che si merita.

14 Si tratta di Filodemo, il quale impiega il termine ἀλληγορία, in associazione alla metafora, nel Περὶ ῥητορικῆς (vd. supra Philod. Rhet. I p. 174, 19-25 Sudhaus: ἔνιοι τῶν νέων [...] πότε δεῖ χρῆσθαι

µεταφοραῖς ἤ ἀλληγορίαις καταγράφουσιν), ma non per definire l’allegoria scientifico-filosofica alla

quale certamente si riferisce (per condannarla in quanto estranea alla τέχνη critico-letteraria: vd. supra) nel Περὶ ποιηµάτων (vd. supra Philod. Poëm. 2, PHerc. 1676 fr. 2, 20 ss. + PHerc. 1081b, fr. 12, 1 ss.) e dello Ps.-Plutarco, il quale nella propria ampia riflessione sulle più svariate nozioni scientifico-filosofiche che sarebbero state celate da Omero sotto il piano poetico-narrativo dei poemi definisce tali messaggi nascosti con i nomi ὑπόνοια e αἴνιγµα (vd. supra Ps.-Plut. Vit. Hom. 92: [...] εἰ δὲ δι’

αἰνιγµάτων καὶ µυθικῶν λόγων τινῶν ἐµφαίνεται τὰ νοήµατα, οὐ χρὴ παράδοξον ἡγεῖσθαι· τούτου

γὰρ αἴτιον <ἡ> ποιητικὴ καὶ <τὸ> τῶν ἀρχαίων ἦθος, ὅπως οἱ µὲν φιλοµαθοῦντες µετά τινος εὐµουσίας ψυχαγωγούµενοι ῥᾷον ζητῶσί τε καὶ εὑρίσκωσι τὴν ἀλήθειαν, οἱ δὲ ἀµαθεῖς µὴ καταφρονῶσι τούτων ὧν οὐ δύνανται συνιέναι. καὶ γάρ ἐστί πως τὸ µὲν δι’ ὑπονοίας σηµαινόµενον ἀγωγόν, τὸ δὲ φανερῶς λεγόµενον εὐτελές), mentre impiega il termine ἀλληγορία per riferirsi all’allegoria retorico-letteraria, metafora complessa (vd. supra Ps.-Plut. Vit. Hom. 69-70: [...] ἡ ἀλληγορία, ἥπερ ἕτερον δι’ ἑτέρου

παρίστησιν, οἷόν ἐστι τοῦτο· «νῦν µὲν δὴ µάλα πάγχυ, Μελάνθιε, νύκτα φυλάξεις, / εὐνῇ ἔνι µαλακῇ

καταλέγµενος, ὡς ἐπέοικε·» [vd. Od. 22, 195-196] τὸν γὰρ ἐν δεσµοῖς ὄντα καὶ ἀνηρτηµένον ἐν κοίτῃ ἁπαλῇ ὑπνώσειν λέγει). Una evidente distinzione fra i termini ἀλληγορία e αἴνιγµα si riconosce anche nella riflessione del retore Demetrio: vd. Dem. Eloc. 99-102: µεγαλεῖον δέ τί ἐστι καὶ ἡ ἀλληγορία, καὶ µάλιστα ἐν ταῖς ἀπειλαῖς (...). ἔοικεν δὲ καὶ ἡ ἀλληγορία τῷ σκότῳ καὶ τῇ νυκτί. φυλάττεσθαι µέντοι κἀπὶ ταύτης τὸ συνεχές, ὡς µὴ αἴνιγµα ὁ λόγος ἡµῖν γένηται. Anche qui l’ἀλληγορία è chiaramente intesa come τρόπος retorico (vd. supra), come concatenazione di metafore, particolarmente indicata, si dice, per la composizione di discorsi di cui si voglia mettere in risalto il carattere minaccioso, ma è significativamente accompagnata dall’ammonimento a mantenere sempre una componente di chiarezza nella correlazione fra immagine metaforica e suo referente, che dovrà essere colto con una certa intuitività dal fruitore dell’opera letteraria, affinché quanto composto per mezzo dell’allegoria (retorica) non sia invece un αἴνιγµα: ora la caratteristica primaria dell’allegoria scientifico-filosofica è

esattamente quella di messaggio tanto nascosto e autonomo dal piano poetico-narrativo dell’opera e

della sua fruizione estetico-artistica, da poter essere rintracciato solo dagli “iniziati” ai principi specialistici di una data materia (vd. supra), tant’è che uno dei termini comunemente impiegati per designare tali messaggi è proprio αἰνίγµατα (vd. supra e § 1.1). Sull’identità dell’autore del Περὶ

ἑρµηνείας vd. Innes 1995, 312-321; passim; per le possibili datazioni dell’opera da quella più alta (II-I

(14)

La sostanziale identificazione fra i due concetti, ossia allegoria scientifico-filosofica (in origine “extra-letteraria”) e allegoria retorico-letteraria, e con essa la confusione delle loro definizioni e la sovrapposizione dei nomi usati per designarli (ὑπόνοια, αἶνος e αἴνιγµα da una parte e ἀλληγορία dall’altra), pare con una certa chiarezza aver coinciso con la rifunzionalizzazione in senso apologetico-zetematico dell’allegoria in origine concepita in senso scientifico-filosofico.

Questo tipo d’impiego dell’allegoria, essendo finalizzato a “liberare” Omero dalle accuse di

aprepeia di natura etico-teologica, in particolare connesse all’immagine di divinità che

emerge dagli episodi mitici narrati nei poemi, comporta che il messaggio allegorico e totalmente altro rispetto al contenuto mitico-poetico obliteri completamente quest’ultimo: in questi contesti la menzione del messaggio allegorico non serve per far risalire all’auctoritas omerica e/o degli antichi l’originaria elaborazione o conoscenza di specifici principi di natura sapienziale (ai quali il poeta e/o gli antichi avrebbero alluso nascostamente, celando qua e là nei poemi e/o nel mito messaggi extra-poetici indirizzati ai pochi capaci di comprenderli: vd.

supra e infra, § 4), bensì solo a dimostrare, come in un’arringa difensiva, che in realtà il poeta

non aveva detto affatto quello che è narrato nei poemi, ma aveva detto esclusivamente altro (vd. infra, § 1.3.2).

In quest’ottica quelle che prima erano ὑπόνοιαι extra o ultra-poetiche vanno a coincidere perfettamente con le ἀλληγορίαι, in quanto sono intese come vere e proprie metafore complesse per mezzo delle quali il poeta avrebbe espresso il proprio unico messaggio poetico-letterario, concepito per sostituirsi totalmente, sul piano semantico-espressivo, alla sconveniente narrazione mitica. Non sarà forse un caso che la prima esplicita identificazione fra le accezioni dei termini ὑπόνοια e ἀλληγορία, oltretutto proprio all’interno di una riflessione sulla natura inappropriata e diseducativa delle narrazioni mitiche (dei poemi omerici), sia proposta da Plutarco, uno dei primi autori in cui è più evidente quel revival della critica platonica alla poesia, omerica in particolare (vd. infra, § 4), che ha più o meno direttamente influenzato l’evoluzione del fenomeno allegorico in senso apologetico-zetematico (vd. infra, § 1.3.2)15.

15 Vd. Plut. Quomodo adul. 19e-f: αὗται µὲν οὖν αἱ τῶν λόγων ἀποφάσεις καὶ δόξαι παντός εἰσι

κατιδεῖν τοῦ προσέχοντος· ἑτέρας δ’ ἐκ τῶν πραγµάτων αὐτῶν παρέχουσι µαθήσεις, ὥσπερ ὁ Εὐριπίδης εἰπεῖν λέγεται πρὸς τοὺς τὸν Ἰξίονα λοιδοροῦντας ὡς ἀσεβῆ καὶ µιαρόν, «οὐ µέντοι πρότερον αὐτὸν ἐκ τῆς σκηνῆς ἐξήγαγον ἢ τῷ τροχῷ προσηλῶσαι». παρὰ δ’ Ὁµήρῳ σιωπώµενόν

ἐστι τὸ τοιοῦτο γένος τῆς διδασκαλίας, ἔχον δ’ ἀναθεώρησιν ὠφέλιµον ἐπὶ τῶν διαβεβληµένων µάλιστα µύθων, οὓς ταῖς πάλαι µὲν ὑπονοίαις ἀλληγορίαις δὲ νῦν λεγοµέναις παραβιαζόµενοι καὶ

διαστρέφοντες ἔνιοι (...). Sul rapporto fra la considerazione plutarchea della poesia e delle sue diverse forme di esegesi, la polemica platonica, di natura essenzialmente didattico-educativa (vd. infra, § 4), e l’evoluzione dell’allegoresi in ambito medio-platonico e neoplatonico in senso apologetico-zetematico e dieretico (cfr. infra, §1.3.2) vd. Bernard 1990, 183-275. Questo processo di sovrapposizione o fusione da una parte del concetto di allegoria retorico-letteraria, in quanto metafora complessa/continuata, e del termine ἀλληγορία originariamente concepito per designarlo, e dall’altra parte dell’allegoria scientifico-filosofica, in un’ottica squisitamente apologetico-zetematica, risulta non solo pienamente operante nelle Questioni omeriche di Eraclito (ca. II sec. d.C.: vd. Pontani 2005a, 5-40;

(15)

Russell-Tale concezione dell’allegoria, in quanto strumento eminentemente apologetico e/o messaggio che oblitera completamente il significato poetico-letterario16, poiché parte integrante del codice espressivo poetico e non più autonomo e altro rispetto a quest’ultimo, (che si accompagna ad una sostanziale rifunzionalizzazione in questo senso dell’allegoria scientifico-filosofica, nonché alla totale o tendenziale identificazione fra quest’ultima e l’allegoria retorico-letteraria: vd. supra), non solo risulta tanto diffusa fra piena età imperiale e tardoantica (segnatamente in contesti più o meno direttamente influenzati dal neoplatonismo) da identificarsi per questo periodo, almeno nelle fonti superstiti, con la concezione dell’allegoria tout court17, ma rappresenta anche la peculiarità essenziale dell’allegoria (e dell’allegoresi, vd. infra) impiegata in età bizantina in contesti di natura esegetico-filologica18.

Konstan 2005, XI-XIII; XVII-XXIV; XXVII-XXIX) ma pare anche costituire la premessa fondamentale dell’opera nel suo complesso. Vd. Pontani 2005a, 10-13; 28-30 sul fatto che Eraclito impieghi la definizione di ἀλληγορία tipica del τρόπος retorico-poetico (vd. Heraclit. Quaest. Hom. 5, 2: ὁ γὰρ ἄλλα µὲν ἀγορεύων τρόπος, ἕτερα δὲ ὧν λέγει σηµαίνων, ἐπωνύµως ἀλληγορία καλεῖται) per fare riferimento al contenuto della propria opera, di fatto una raccolta per lo più composta di

allegoresi (vd. infra) scientifico-filosofiche (fisiche, teologiche, etiche, storico-realiste: vd. infra, §§

1.3.1.1-1.3.1.3) come possibile indizio della natura principalmente, se non prettamente, retorico-apologetica dell’opera (analoga all’Orazione 53 di Dione Crisostomo: vd. infra, § 1.3.2). A ulteriore conferma di come in opere e contesti di questo tipo si assista alla confusione di concetti in origine del tutto distinti ed ispirati a premesse e finalità profondamente differenti si potrà citare il fatto che Eraclito non solo riporta la definizione standard di allegoria retorica (vd. supra), per definire il tipo di messaggi che egli proporrà di rintracciare nel testo poetico, ossia (per la quasi totalità) allegorie scientifico-filosofiche (quasi totalmente attinte da fonti più antiche: sul processo di trasmissione dei materiali allegorici confluiti nell’opera eraclitea vd. infra, §§ 5.2, 5.3.2), in origine concepite in contesti e con intenti specifici differenti e qui rifunzionalizzate in senso prettamente apologetico, ma mantiene anche traccia evidente dell’originaria peculiarità dell’allegoria retorica (vd. Heracl. Quaest. Hom. 5, 1-12). Infatti gli esempi che Eraclito accompagna alla definizione di ἀλληγορία non sono affatto le allegorie scientifico-filosofiche che costituiscono la materia quasi esclusiva della sua arringa in favore di Omero, ma sono precisamente allegorie retorico-letterarie, metafore continuate, il cui significato metaforico è l’unico messaggio poetico-narrativo del passo (cfr. supra): i primi esempi citati sono un frammento di Archiloco, in cui le traversie della guerra sono rappresentate ricorrendo all’immagine del mare in tempesta (fr. 105 West), e il celeberrimo frammento alcaico, in cui il poeta ricorre all’immagine della nave in balia della tempesta per esprimere poeticamente gli sconvolgimenti comportati dalla guerra civile (fr. 208 Voigt). In questa confusione fra dimensione poetico-letteraria e culturale-“sapienziale” dei poemi, a sua volta intrinsecamente connessa alla rifunzionalizzazione dell’allegoria (e allegoresi: vd. infra) scientifico-filosofica in senso apologetico-zetematico, il piano metaforico “semplice” e quello allegorico (fra i quali permane una sottile distinzione anche in questi contesti) non appartengono più a due sfere distinte e autonome, ossia quella poetico-letteraria per la metafora (come per l’allegoria retorico-letteraria) e quella altra, culturale-“sapienziale”, per l’allegoria scientifico-filosofica, ma si collocano semplicemente a due diversi livelli di profondità (meno profondo per la “pura” metafora e più profondo per l’allegoria) della medesima scala di allusività di un unico codice espressivo poetico-letterario: vd. la distinzione, ma al contempo la continuità, fra ἀλληγορικῶς e piano metaforico “semplice” µεταληπτικῶς in Heracl. Quaest. Hom. 26, 11: τὸν γοῦν Ἥφαιστον οὐκ ἀλληγορικῶς ἐν ἑτέροις ἀλλὰ διαρρήδην φησὶν Ὅµηρος πῦρ εἶναι (...)· µεταληπτικῶς ὑπὸ τοῦ Ἡφαίστου τὰ σπλάγχνα φησὶν ὀπτᾶσθαι.

16 Vd. infra (§ 1.3.2) per l’allegoria e l’allegoresi dieretica.

17 Vd. Bernard 1990, passim; i testi citati supra; infra, §§ 1.3.2, 5.4.

18 Per l’allegoresi dieretico-neoplatonica impiegata da Michele Psello in quanto strumento

(16)

Si tratta della nostra principale fonte, in termini quantitativi, dei materiali allegorici “antichi” (vd. infra, §§ 4, 5.2-5.3.2), ossia di quegli scritti di carattere compilativo, tendenzialmente meccanico o “autoriale”, concepiti come supporto didattico, a diversi livelli, per la fruizione dei testi della letteratura pagana antica, in primis dei poemi omerici ed esiodei, all’interno dei quali gli interpretamenta di natura allegorica occupano in generale un ruolo di primaria importanza, costituendo inoltre materia esclusiva di molti di questi lavori (vd. infra, § 5.2, 5.3.2).

Il fatto che per un medesimo passo poetico siano citati molteplici interpretamenta allegorici, fra loro anche profondamente differenti in termini di contenuti e di impostazione originaria, insieme alla natura prettamente esegetico-letteraria degli scritti in questione, che solo al fine della comprensione del testo poetico propongono tali riflessioni, denuncia chiaramente la funzione squisitamente apologetica e critico-letteraria di cui l’interpretazione allegorica è investita in questi contesti (vd. infra, §§ 5.2, 5.3.2). In essi si registra altresì la quasi totale perdita di un interesse specifico per i singoli e differenti contenuti, di natura scientifica, filosofica, teologica etc, in funzione dei quali queste interpretazioni erano state evidentemente concepite in origine (vd. infra, § 4).

Tale dinamica trova esplicita conferma nelle riflessioni di natura teorico-programmatica sull’allegoria e l’interpretazione allegorica (o allegoresi: vd. infra) proposte dai grammatici bizantini, Tzetze ed Eustazio in particolare19. Qui la peculiarità primaria

riconosciuta all’allegoria è quella di θεραπεία τοῦ µύθου, “cura del mito”20, ossia di strumento per liberare i poemi omerici, e tutti i “grandi classici” della letteratura pagana, in quanto parte imprescindibile di ogni percorso di formazione culturale, ai vari livelli (cfr.

infra, §§ 5.2-5.3.2), e più che in altre fasi della storia bizantina proprio in età comnena (vd.

appendice, § 1-2), dalla componente di questi testi che alla sensibilità cristiana si presentava più inappropriata e pericolosa sul piano educativo21.

È primariamente in quest’ottica che un’enorme congerie di interpretamenta allegorici antichi è stata compilata nei mss. medievali e/o riproposta in opere come le Allegoriae

Iliadis e Odysseae di Tzetze (vd. comm. T 2 e appendice, § 2) e i Commentari eustaziani

(vd. infra, §§ 5.3.1-5.3.2). L’intento sostanzialmente unitario, apologetico-letterario, che anima la riproposizione delle riflessioni di natura allegorica in queste fonti, tende a proiettarsi retroattivamente su tali riflessioni, in origine elaborate nei più diversi contesti e

19 Sulle figure e sull’attività esegetico-filologica dei due grammatici vd.: comm. T 2 e appendice per

Tzetze; infra, §§ 5.3.1-5.3.2, con ulteriori rimandi al commento dei singoli frammenti, per Eustazio. Sulla concezione dell’allegoria e sull’impiego dell’interpretazione allegorica in età bizantina, segnatamente in relazione agli scritti di Tzetze ed Eustazio vd. Cesaretti 1991, 127-301.

20 Vd. e.g. infra Eustath. ad Il. 3, 25-34.

21 Per quanto anche nel “dettato” della narrazione mitica, in quanto πλάσις (“invenzione” poetica), e

non solo nei suoi significati allegorici, vengano riconosciuti in questi contesti alcuni, seppur assolutamente parziali, “elementi di verità”: vd. e.g. Eustath. ad Il. 3, 25-34: καὶ τοὺς µύθους τὰ

πρῶτα µὲν τίθενται οὕτως ἔχειν ὡς λέγονται, καὶ ἐπισκέπτονται τὴν πλάσιν αὐτῶν καὶ τὴν ἐν αὐτῇ

(17)

con differenti presupposti e finalità, comportando naturalmente un deciso “appiattimento” di tali materiali (cfr. infra, § 4), in particolare negli scritti frutto di compilazione tendenzialmente meccanica.

D’altra parte nelle osservazioni di Tzetze ed Eustazio, pur nella complessiva riconsiderazione dell’allegoria in quanto “cura del mito”, è ancora rintracciabile qualche eco dell’originaria varietà, in termini di concezioni, presupposti, finalità e contenuti specifici, del fenomeno dell’allegoria (e allegoresi: vd. infra) antica22: in particolare in

relazione all’originaria distinzione e sostanziale autonomia fra piano poetico-letterario ed allegorico-sapienziale23, nonché fra quelle che abbiamo definito allegoria scientifico-filosofica e retorico-letteraria24 (vd. supra), e con riferimento ai diversi ambiti d’indagine

scientifico-filosofica e agli interessi specifici che hanno originariamente ispirato l’elaborazione dei diversi interpretamenta25.

Con il sostantivo allegoresi, conio moderno26 che non ha alcun puntuale corrispettivo nel

lessico antico, ci si riferirà invece all’interpretazione allegorica (associata, segnatamente nelle

22 Cfr. e.g. infra Eustath. ad Il. 3, 25-34: ταύτης τῆς ὁδοῦ ἐχοµένη καὶ ἡ παροῦσα πραγµατεία οὐδὲ

τοὺς µύθους ἀνεπισκέπτους εἰς τὸ πᾶν ἀφήσει, ἀλλὰ περιεργάσεταί που αὐτοὺς ἀκολούθως τοῖς

παλαιοῖς.

23 Cfr. Tz. Exeg. Il. 43, 5-9 Papathomopoulos: il significato allegorico del testo poetico non oblitera

totalmente il suo significato letterale, la lettura è duplice e si snoda su due binari paralleli e autonomi, il testo poetico, che, in quanto tale, è stato composto secondo i principi dell’arte poetica, fra i quali è compresa la “finzione”, il racconto fantastico, può essere fruito e giudicato in termini prettamente estetico-artistici anche a prescindere dalla bontà/verità dei propri contenuti (cfr. supra). D’altra parte nella visione tzetziana il piano della narrazione mitico-poetica, che pure mantiene una propria parziale autonomia, è sostanzialmente “degradato” al puro scherzo, divertimento (παίζειν), finalizzato a rendere ai giovani meno faticoso e pedante l’insegnamento del poeta, celato nel testo per mezzo dell’allegoria: vd. Cesaretti 1991, 135-138; 153-155; 167 e cfr. appendice, § 3.

24 Vd. Eustath. Op. 56, 41-45 Tafel: ἔστι δὲ πρὸς τούτοις καὶ ἀλληγορικὸς ὁ ἀνὰ χεῖρα µελοποιός

καθ’ἐκατέραν ἀλληγορίαν, τήν τε κατὰ ῥήτορας, ἣν καὶ Ἑρµογένης οἶδε καὶ οἱ Ὁµηρίζοντες, καὶ

ἣν πραγµατεύονται οἱ τὰ µυθικὰ θεραπεύοντες. La considerazione dell’allegoria di Ermogene (cfr. Hermog. Id. 1, 6), pur essendo espressa in termini e in un contesto tipicamente retorici (evidentemente colti come tali da Eustazio), era già influenzata, al pari di quella di Eraclito (vd. supra e infra, § 1.3.2) dalla “nuova” concezione poetica e critico-letteraria, in cui di fatto allegoria retorica(-apologetico-letteraria) e allegoria scientifico-filosofica cessano di appartenere a due orizzonti separati e vengono confuse in quanto strumento di composizione poetica: vd. supra e infra (§ 1.3.2).

25 Vd. e.g. Eustath. ad Il. 3, 25-34: καὶ τοὺς µύθους τὰ πρῶτα µὲν τίθενται οὕτως ἔχειν ὡς λέγονται, καὶ

ἐπισκέπτονται τὴν πλάσιν αὐτῶν καὶ τὴν ἐν αὐτῇ πιθανότητα, δι’ ἧς ἐν µύθοις ἀλήθειά τις εἰκονίζεται. εἶτα διὰ τὸ ἐν αὐτοῖς φύσει ψευδὲς ἀφέντες τὸ σωµατικὸν εἰκόνισµα ἀνατρέχουσιν εἰς τὴν ἐξ ἀλληγορίας θεραπείαν τοῦ µύθου ἢ φυσικῶς ἐξετάζοντες, ὡς ἄλλοι δηλοῦσι πλατύτερον, ἢ κατὰ ἦθος· πολλαχοῦ δὲ καὶ ἱστορικῶς. οὐκ ὀλίγοι γὰρ µῦθοι καὶ πρὸς ἱστορίαν ἐκθεραπεύονται, ὡς ἀληθῶς µὲν γενοµένου τοῦδέ τινος πράγµατος ἐν τῷ καθ’ ἡµᾶς βίῳ, τοῦ δὲ µύθου τὸ ἀληθὲς ἐκβιαζοµένου πρὸς τὸ τερατωδέστερον. ταύτης τῆς ὁδοῦ ἐχοµένη καὶ ἡ παροῦσα πραγµατεία οὐδὲ τοὺς µύθους ἀνεπισκέπτους εἰς τὸ πᾶν ἀφήσει, ἀλλὰ περιεργάσεταί που αὐτοὺς ἀκολούθως τοῖς παλαιοῖς. Per la definizione dei diversi “tipi” di allegoria su base essenzialmente contenutistica nelle opere di Tzetze ed Eustazio vd. Cesaretti 1991, 145-170; 222-242. Cfr. inoltre infra (§ 2) per l’esegesi evemeristico-palefatea (~ ἱστορία).

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fonti bizantine, ai verbi αἰνίττεσθαι27 e ἀλληγορέω: vd. supra, § 1.1), ossia all’individuazione,

all’interno del testo poetico e/o del mito, delle corrispondenze (di natura metaforico-etimologica: vd. supra e infra, § 1.3) fra piano poetico e piano allegorico, nella quale si realizza la decifrazione/ricostruzione del messaggio allegorico, sia inteso come totalmente altro rispetto al messaggio poetico-letterario (allegoresi scientifico-filosofica), sia concepito come più profondo e unico messaggio poetico-letterario (allegoresi zetematico-apologetica28). Non useremo invece il termine allegoresi per designare l’attività di interpretazione dell’ἀλληγορία come “puro” τρόπος poetico-letterario, in quanto totalmente coincidente con la pratica, squisitamente critico-letteraria, di esegesi delle metafore presenti nel dettato poetico.

1.3 Tipi di allegoresi 1.3.1 Allegoresi sostitutiva

L’etichetta (allegoria-)allegoresi “sostitutiva”, pur elaborata nella storia degli studi in contrapposizione a quella di (allegoria-)allegoresi “dieretica”29 (vd. infra, § 1.3.2), si rivela anche in termini assoluti decisamente efficace nel definire l’interpretazione allegorica/allegoresi (vd. supra, § 1.2), nella sua forma più comune, nonché originaria. Rispetto ad essa l’unica effettiva eccezione è costituita appunto da quella che è stata definita allegoresi dieretica, elaborata e diffusa in ambito neoplatonico e pressoché esclusivo appannaggio di tale scuola (vd. infra, § 1.3.2).

L’allegoresi scientifico-filosofica (non dieretica), al pari della sua rifunzionalizzazione in senso apologetico-zetematico, può efficacemente definirsi sostitutiva in quanto si realizza nella costruzione di una rete di corrispondenze (la cui complessità varia sensibilmente di caso in caso) di natura etimologica, metaforica, metonimica e/o analogica, fra singoli elementi del testo poetico e/o della narrazione mitica da una parte e singoli elementi, aspetti o passaggi del principio e/o del fenomeno scientifici, filosofici, teologici, etico-psicologici, storico-sociali, etc. ai quali il poeta o gli antichi che hanno plasmato il mito avrebbero inteso alludere nascostamente (vd. supra, § 1.2) dall’altra: il messaggio allegorico, sia se inteso come completamente altro ed autonomo rispetto al piano mitico-poetico sia se concepito come

unico messaggio poetico che oblitera completamente quest’ultimo (vd. supra, § 1.2), si

costruisce attraverso la “sostituzione” dei primi elementi (quelli del testo poetico e/o del mito) con il loro corrispettivo allegorico.

27 Che nelle fonti più antiche tende a designare il processo di composizione dell’allegoria piuttosto che

quello della sua decifrazione.

28 Alla quale va aggiunta a assimilata sotto questo profilo l’allegoresi dieretica neoplatonica (vd. infra,

§ 1.3.2).

29 Per la definizione di “allegoresi sostitutiva”, anche se con particolare riferimento alla sua specifica

declinazione stoica, secondo la tradizionale tendenza all’identificazione fra allegoresi pre-neoplatonica e allegoresi stoica (vd. infra, § 4), vd. specialmente Bernard 1990, 1-20 e cfr. Pontani 2005a, 30-31.

(19)

Realizzandosi in primis nella costruzione di un’impalcatura e di uno schema di corrispondenze, questo tipo di allegoresi si rivela strumento estremamente versatile, in quanto un medesimo schema o nucleo allegorico di base può essere poi arricchito di volta in volta di nuovi ed ulteriori abbinamenti che consentono di aumentare la complessità della riflessione svolta per mezzo dell’allegoresi, o può addirittura essere “riempito” di contenuti specifici di volta in volta anche profondamente diversi fra loro, nonché essere impiegato con i presupposti e le finalità fra loro più differenziati, anche reciprocamente incompatibili.

Questo processo di rifunzionalizzazione, in contesti via via differenti, di schemi di corrispondenze allegoriche in origine elaborati con presupposti e finalità, nonché specifiche declinazioni, differenti, evidentemente favorito dalla natura essenzialmente strumentale dell’allegoresi, si riscontra nella storia del fenomeno sin dalle sue fasi più antiche.

Certamente una tale dinamica si può riconoscere negli interpretamenta proposti nel commentario allegorico di uno dei numerosi poemi teogonici attribuiti al mitico poeta-teologo Orfeo trasmesso dal Papiro di Derveni (databile fra la fine del V e i primi decenni del IV sec. a.C.), almeno in parte frutto della riproposizione di riflessioni in origine elaborate dagli scienziati-filosofi presocratici con tutta probabilità a fini didattico-argomentativi e con specifico riferimento alle loro “nuove” teorie scientifico-filosofiche sulla natura (vd. infra, § 4), e nel commentario coniugate in un’ottica complessivamente connotata in senso teologico-religioso. Il progetto che anima il commentario e per realizzare il quale l’allegoresi si rivela strumento particolarmente efficace è sostanzialmente una sorta di “aggiornamento” dei contenuti specifici del “testo sacro” per mezzo di una loro nuova e più profonda lettura, possibile solo agli eletti, ossia a coloro che possiedono una preparazione tale da cogliere i significati nascosti sotto il piano mitico-poetico, e rispetto all’economia di quest’ultimo del tutto autonomi (vd. supra, § 1.2)30.

Per molti versi analogo, in termini di “aggiornamento” in senso teoretico-filosofico del testo sacro e di testimonianza della straordinaria versatilità dell’allegoresi sostitutiva, si può considerare il poderoso lavoro di esegesi allegorica della Bibbia realizzato da Filone di Alessandria (I sec. a.C.-I sec. d.C.). Qui allegoresi, per lo più del testo omerico ed esiodeo, risultano riadattate, spesso già mediate da una compilazione/rielaborazione stoica (vd. infra, § 4), al testo sacro ebraico31. L’enorme mole di materiale dal quale Filone ha potuto attingere

costituisce una delle tante testimonianze (vd. supra, § 1.2 e infra, § 4) della già lunga e

30 Sul commentario del Papiro di Derveni vd. Ricciardelli-Apicella 1980; Bernabé 2002; Betegh 2004;

Kouremenos-Parássoglou-Tsantsanoglou 2006; Bernabé 2007; Bernabé 2013; Piano 2016. Sui rapporti fra elaborazione (allegorica e non) dei presocratici e l’allegoresi del commentario vd. in particolare Piano 2016, 277-307.

31 Cfr. e.g. la “storia” dell’allegoresi di Oto ed Efialte riadattata da Filone a Mosè e Aronne in comm. F

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consolidata tradizione e dell’estrema diffusione della pratica allegorica, anche nell’Alessandria di età ellenistica (cfr. infra, §§ 4, 5.4)32.

Una tendenza alla riproposizione di nuclei allegorici dall’origine e dal contenuto eterogenei, accompagnata da una loro complessiva rilettura e rifunzionalizzazione in senso eminentemente teologico-filosofico, si riconosce anche come fenomeno caratterizzante dell’impiego dell’allegoresi in contesti più o meno direttamente influenzati dallo stoicismo (vd. infra, § 4). La medesima dinamica si riscontra in ambito neoplatonico (vd. infra, § 1.3.2), nell’impiego sia dell’allegoresi sostitutiva (in un’ottica essenzialmente apologetico-zetematica) sia di quella dieretica (nell’elaborazione della quale hanno spesso giocato un ruolo rilevante gli spunti forniti da alcune specifiche corrispondenze di natura “sostitutiva”: vd. infra, § 1.3.2).

L’estrema versatilità dello strumento dell’allegoresi sostitutiva e la conseguente risemantizzazione e rifunzionalizzazione cui sono stati di frequente sottoposti medesimi nuclei interpretativi nei contesti e con le finalità fra loro più differenti (vd. supra e infra, §§ 1.3.2, 4) sconsiglia pertanto qualunque rigido schematismo e comporta la necessità di analizzare ogni singolo interpretamentum nella sua specificità, anche in presenza di una generica e/o superficiale omogeneità di contenuti (vd. infra, §§ 1.3.1.1-1.3.1.3).

1.3.1.1 Allegoresi fisica (tecnico-scientifica e cosmologico-filosofica[-teologica])

Si parla normalmente e genericamente di (allegoria-)allegoresi “fisica”, secondo un uso simile a quello già rintracciabile nelle fonti (soprattutto di natura compilativa, autoriale o meccanica) di età imperiale e bizantina33, in relazione a tutti quegli interpretamenta che rintracciano nel testo poetico o nella narrazione mitica sottese allusioni a principi, fenomeni e/o elementi “naturali”. Fra i materiali restituiti dalla tradizione che possono essere annoverati in tale generica categoria sono però riconoscibili sensibili e sostanziali differenze, in termini sia di contenuti specifici, sia di declinazione dell’esegesi, sia di suoi altrettanto specifici presupposti e finalità.

In termini generali è possibile l’individuazione di due tendenze principali. Nella prima, che definiremo tecnico-scientifica, nell’allegoresi sono invocati e/o trattati, ora più ora meno puntualmente, principi e/o fenomeni afferenti alle varie branche dello studio scientifico-

32 Sull’esegesi biblica di Filone vd. Pépin 1957; Droge 1989; Dawson 1992; Borgen 1997; Runia (et.

al.) 2000-2006; Boyarin 2010.

33 Cfr. e.g. Heracl. Quaest. Hom. 8, 5: ἐπειδήπερ οὖν ἕνα µὲν καὶ τὸν αὐτὸν ὑφίσταται τῷ Ἀπόλλωνι

τὸν ἥλιον, ἐκ δὲ τοῦ ἡλίου τὰ τοιαῦτα τῶν παθηµάτων συνίσταται, φυσικῶς ἐπέστησε τῷ λοιµῷ τὸν Ἀπόλλωνα (sulla natura compilativa dei materiali allegorici confluiti nelle Questioni omeriche di Eraclito, nel Compendio di teologia greca di Anneo Cornuto, nel De Homero dello Ps.-Plutarco e nelle

Questioni omeriche porfiriane vd. infra, §§ 5.2, 5.3.2-5.3.3); Sch. Od. 12, 129: ἑπτὰ βοῶν ἀγέλαι]

Ἀριστοτέλης φυσικῶς τὰς κατὰ σελήνην ἡµέρας αὐτὸν λέγειν φησὶ τνʹ οὔσας; Eustath. ad Il. 3, 25-34 (supra): (...) εἶτα διὰ τὸ ἐν αὐτοῖς φύσει ψευδὲς ἀφέντες τὸ σωµατικὸν εἰκόνισµα ἀνατρέχουσιν εἰς τὴν ἐξ ἀλληγορίας θεραπείαν τοῦ µύθου ἢ φυσικῶς ἐξετάζοντες (...).

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specialistico della realtà naturale, scienza fisica, meteorologica, astronomica, geografica, etc., considerati esclusivamente nella loro dimensione tecnica, priva di ulteriori implicazioni di natura teologico-cosmologica. Fermo restando che anche questi interpretamenta sono stati come gli altri soggetti a successive rifunzionalizzazioni nel loro processo di trasmissione, l’originaria elaborazione di questo tipo di allegoresi risulta, almeno tendenzialmente, associabile a contesti di natura scientifico-specialistica, in cui l’allegoresi si rivela sostanzialmente impiegata come strumento didattico-argomentativo che consente di connettere e/o ricondurre alla prestigiosa e notoria narrazione mitico-poetica principi e nozioni scientifici “nuovi” e complessi (vd. infra, §§ 4, 5.1, 5.4).

Nella seconda, che definiremo cosmologico-filosofica(-teologica), l’individuazione della connessione allegorica fra aspetti o personaggi della narrazione mitico-poetica ed elementi o fenomeni “naturali”, questi ultimi tendenzialmente solo cursoriamente menzionati e non trattati e/o descritti nella loro specificità tecnico-scientifica, risulta propedeutica e subordinata a riflessioni di natura prettamente teologica o comunque squisitamente filosofico-cosmologica e cosmogonica.

Si tratta essenzialmente di considerazioni, esplicitamente proposte o chiaramente presupposte in questo tipo di allegoresi e che ne costituiscono evidentemente il fine primario, sul carattere divino della natura o di riflessioni di carattere “puramente filosofico” sull’origine e la costituzione del cosmo, del tutto sganciate dalla ricerca tecnico-fisica applicata all’osservazione dei fenomeni. Questo tipo di interpretamenta risulta non solo ma principalmente associabile alla declinazione squisitamente teologico-filosofica dell’allegoresi, nonché dello studio della natura fisica, della scuola stoica o dei contesti da questa più o meno direttamente influenzati (vd. infra, § 4), e successivamente di ambiti neoplatonici (vd. infra, § 1.3.2), dove l’allegoresi, anche, e talvolta principalmente, quella “fisica”, è impiegata in quanto strumento per una rilettura della “religione tradizionale” come rappresentazione mitico-fantastica dell’unica natura divina, sia in quanto sostanzialmente coincidente con la divinità ilozoista stoica sia in quanto prodotto della ψυχή cosmica trascendente neoplatonica34.

1.3.1.2 Allegoresi etico-filosofica

Sempre sulla base di una generica e del tutto superficiale omogeneità di contenuti, sono annoverabili nella categoria “etico-filosofica” tutte le allegoresi che prevedono l’individuazione, in alcuni “elementi” del testo poetico e/o di un episodio mitico, di una sottesa rappresentazione simbolica di principi etico-morali-psicologici o filosofici.

Come appena osservato a proposito dell’allegoresi di tipo “fisico” (vd. supra, § 1.3.1.1), anche in questa categoria contenutistica ricadono interpretamenta profondamente diversi fra

34 Cfr. e.g. i numerosi testi trattati infra, in §§ 5.2; 5.3.2; in comm. F 1; F 3; F 4; F 5; F 6, §§ 1.1, 1.3,

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loro sul piano delle premesse, delle finalità e dei contenuti specifici. Pur trattandosi infatti genericamente di riflessioni di natura etico-morale, alcune di queste coinvolgono esclusivamente il piano psicologico-comportamentale umano e sono prive di alcuna implicazione teologica o “filosofico-teoretica”35, altre vice versa s’inseriscono,

presupponendolo e coinvolgendolo direttamente, in un discorso di natura squisitamente filosofico-teoretica e/o teologico-filosofica36.

1.3.1.3 Allegoresi storico-realistica

Oltre all’esegesi storico-realistica di tipo palefateo, così detta anche evemeristica, fenomeno distinto dall’allegoresi seppur ad essa per alcuni aspetti affine, e per ciò talvolta con essa confusa, di cui si dirà in seguito (vd. infra, § 2)37, è attestata dalle fonti una forma di vera e

propria allegoresi sostitutiva storico-realistica, connotata in senso “politico-istituzionale”, folclorico e/o antiquario, la quale si realizza nell’individuazione, in miti o narrazioni poetiche, della sottesa allusione ad istituzioni, norme e/o costumi tipici di una determinata società38. 1.3.2 Allegoresi neoplatonica-dieretica e la funzione apologetico-zetematica dell’allegoresi

L’etichetta (allegoria-)allegoresi “diairetica o dieretica” designa un tipo affatto peculiare di allegoresi, diversa nei presupposti e nella tecnica esegetica da quella che è stata definita (allegoria-)allegoresi sostitutiva (vd. supra, § 1.3.1). Essa presuppone l’idea che alcuni

35 Vd. e.g. l’allegoresi paretimologica, trasmessa sotto l’auctoritas di Democrito, dell’epiteto

Tritogenia di Atena, considerato allusione ai tre aspetti in cui si realizza e/o secondo cui può essere giudicata la razionalità (φρόνησις) dell’uomo, allegoricamente identificata in Atena (cfr. Pl. Cra. 407a 8-b 6), ossia il pensiero, la parola e l’azione/comportamento: vd. infra (§ 4, n....) Democr. fr. 68 B 2 D.-K.: Etym. Orion. p. 153, 4-7 Sturz.

36 Vd. e.g. le varie declinazioni dell’allegoresi di Oto ed Efialte in Il. 5, 381-391 come rappresentazione

dei due tipi di λόγος (quest’ultimo inteso al contempo in quanto principio cosmologico-divino e pensiero e parola umani) in comm. F 4.

37 Di tale differenza permane un’eco nei commentatori bizantini. Eustazio registra infatti la distinzione

fra vera e propria allegoresi sostitutiva ed esegesi storico-evemeristica, consistente nella ricostruzione dell’origine del mito da fatti reali, come frutto della tradizione precedente al poeta e di cui egli stesso in molti casi ha perso memoria (vd. infra, § 2): vd. Eust. Il. 157, 23-25: ταῦτα δὲ µύθου τε πιθανότητα ἔχουσιν ἀσφαλῆ ἐν τῷ πλάσµατι, ὡς ἐξ ἀφορµῆς τινος ἱστορικῆς, καί που καὶ ἀλληγορικῶς

θεραπεύονται (...). καὶ τοιαύτη µὲν ὁλικώτερον ἡ περὶ τοῦ τοιούτου Ἡφαίστου ἀλληγορία. τὸ δὲ ἐν

Λήµνῳ κατενεχθῆναι αὐτὸν τῇ µυθικῇ συµβάλλεται πιθανότητι ὡς ἀπὸ ἱστορίας; cfr. Cesaretti 1991, 248-251.

38 Vd. gli esempi citati in comm. F 6, § 1.3; cfr. inoltre, sempre e.g., l’allegoresi di Ares e del suo

comportamento nella narrazione omerica in quanto allusione nascosta da parte del poeta alla dinamica tradizionale della battaglia, alle tecniche di schieramento dei soldati e alle strategie belliche (vd. Heracl. Quaest. Hom. 31, 5-11) o quella di Dioniso che inseguito e minacciato di morte da Licurgo trova scampo gettandosi in mare, “grembo di Teti”, in Il. 6, 132-137, come rappresentazione allegorica del procedimento di raccolta dell’uva e della produzione del vino (vd. infra, § 5.2, Heracl. Quaest.

Hom. 35); cfr. infine quanto osservato in comm. F 4 a proposito della versione eraclitea, declinata in

senso propriamente allegorico, dell’interpretazione dell’episodio dell’imprigionamento di Ares ad opera di Oto ed Efialte (vd. Heracl. Quaest. Hom. 32).

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