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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Start-up innovative

Candidata Relatore

Dunia Desideria Candalino Prof. Andrea Bartalena Correlatrice Prof.ssa Ilaria Kutufà

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A.A. 2015/2016

INDICE

Introduzione………. 3 Capitolo I

“Nozione di start-up innovativa”

1.1 Profili evolutivi del diritto industriale……….. 4 1.2 Innovatività come caratteristica tipica dell’attività di impresa…… 5 1.3 Innovazione e concorrenza……….. 9 1.4 Innovazione come benessere collettivo……….. 13

Capitolo II

“Costituzione, forma e governance della società innovativa”

2.1 La “specialità” della disciplina……….. 15 2.2 La particolare modalità di costituzione della start-up innovativa... 17 2.3 Forme di esercizio dell’impresa start-up………... 25 2.4 Il sistema di legittimazione e circolazione alternativo delle quote. 27 2.5 Limiti all’autonomia statutaria………... 31 2.6 Interferenze tra autonomia privata e vincoli di legge……… 33 2.7 Depotenziamento dei diritti sociali: rilevanti conseguenze sui meccanismi di governance………. 39 2.8 Emissione di strumenti finanziari partecipativi………. 45

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Capitolo III “Crowdfunding”

3.1 Un canale di finanziamento innovativo……….. 49

3.2 Normativa italiana in tema di crowdfunding……….. 51

3.3 Crowdfunding: un aiuto di Stato?... 54

3.4 La figura del sottoscrittore di strumenti finanziari……… 59

3.5 Lacune normative……….. 64

3.6 Modalità di circolazione delle quote emesse tramite operazioni di crowdfunding………... 68

3.7 Il regime fiscale delle start-up innovative ……… 73

Capitolo IV “La gestione della crisi” 4.1 Deroghe alla disciplina fallimentare……….……. 80

4.2 Procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento….. 93

4.3 Liquidazione……….. 99

4.4 Esdebitazione………... 102

Conclusioni……….….. 107

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INTRODUZIONE

Nel 2012 il legislatore italiano si è offerto di promuovere una nuova cultura imprenditoriale votata all’innovazione, mirando ad incrementare la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico e l’occupazione, in particolare giovanile. Per raggiungere tali obiettivi è stato emanato il d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, noto anche come “Decreto Crescita 2.0”, recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito dal Parlamento con l. 18 dicembre 2012 n. 221.

Il Decreto Crescita 2.0 ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano la definizione di nuova impresa ad alto valore tecnologico: la “Start-up innovativa”. In favore di questa tipologia di impresa è stato predisposto un vasto corpus normativo che prevede nuovi strumenti e misure di sostegno che incidono sull’intero ciclo di vita dell’azienda.

La presente disamina si propone di analizzare la disciplina della

start-up innovativa, con particolare attenzione alle fasi di costituzione e di

esercizio d’impresa, nonché alle modalità di finanziamento mediante il

crowdfunding ed, infine, alla gestione della crisi aziendale. Le deroghe

alla normativa societaria ed il corpus normativo del tutto nuovo dedicato alla società innovativa costituiscono il fulcro degli sforzi dottrinali dediti ad un’interpretazione omogenea degli interventi legislativi non sempre coordinati.

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CAPITOLO I

NOZIONE DI START-UP INNOVATIVA

SOMMARIO: 1. Profili evolutivi del diritto industriale. - 2. Innovatività come caratteristica tipica dell’attività di impresa. - 3. Innovazione e concorrenza. - 4. Innovazione come benessere collettivo.

1. Profili evolutivi del diritto industriale

La globalizzazione dei mercati economici internazionali, la dinamicità che ne ha caratterizzato la crescita negli ultimi decenni e la presenza di nuovi soggetti economici conseguente allo sviluppo industriale dei paesi emergenti hanno indotto il legislatore italiano ad introdurre nuovi modelli di impresa, caratterizzati da una maggiore flessibilità e capacità di competizione, allo scopo di contrastare le conseguenze della recente crisi economica e di favorire la crescita del paese e dell’occupazione giovanile; tra gli strumenti posti in essere a tale scopo merita particolare attenzione l’introduzione della disciplina delle start-up innovative. Con la presente disamina si intende porre l’attenzione su tale disciplina, al fine di verificarne il diverso significato normativo nel contesto sistematico e sul piano applicativo ed operativo.

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2. Innovatività come caratteristica tipica dell’attività di impresa

Le società start-up innovative sono descritte e disciplinate per la prima volta nel panorama legislativo italiano dagli artt. 25 e ss. del d.l. 179/2012, che dettano specifiche regole dirette a creare un quadro di riferimento nazionale coerente con tale modello di impresa: enti societari a responsabilità limitata, i quali beneficiano di una speciale disciplina di favore che importa significative “esenzioni dal diritto” (non solo societario), se ricorrono determinati requisiti obbligatori cumulativi e alternativi.

Tra i requisiti necessari cumulativi della fattispecie, che qualifica anche il “nomen juris” dell’istituto, vi è l’innovazione: al comma 2°, lett. f, dell’art. 25 del d.l. 179 /2012 si precisa, infatti, che l’oggetto sociale, prevalente o esclusivo, della società start-up deve consistere ne “lo

sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico”.

Autorevole dottrina1 ha evidenziato in proposito, con la consueta lucidità, che, poiché il legislatore non ha dato alcuna definizione del termine innovazione, esso presenta, tra i requisiti richiesti, “il maggior

grado di vaghezza”. La valutazione circa l’innovatività può, infatti,

essere effettuata con riferimento sia all’oggetto sociale della società (e, quindi, in senso meramente formale) che all’attività effettivamente

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svolta dal sodalizio (e, quindi, in senso sostanziale); di non secondaria importanza è, inoltre, la valutazione del grado di innovazione che deve caratterizzare una società perché possa essere ricompresa nell’alveo delle start-up. Appare, pertanto, prodromicamente “necessario

identificare sul piano normativo i caratteri che qualificano le start-up innovative rispetto alle altre imprese”2: solo tale distinzione può, infatti, giustificare il diverso e più favorevole trattamento riservato dall’ordinamento alla fattispecie in esame.

“La mancanza di elementi definitori che consentano di chiarire il

significato giuridico da attribuire all’innovazione impone di ricostruire tale concetto su un piano più ampio per poter poi verificare, nella disciplina delle imprese start-up innovative, quali profili possano venire in considerazione nella ricostruzione della fattispecie”3.

L’incertezza circa i confini dell’oggetto sociale e la definizione dell’attività innovativa si riflette anche sull’accertamento di un ulteriore requisito obbligatorio individuato dal legislatore: la lettera h) dell’art. 25 del d.l. 179/2012 dispone, infatti, che la società start-up debba possedere “almeno uno dei seguenti ulteriori requisiti”:

1) le spese in ricerca e sviluppo devono essere uguali o superiori al 15% del maggiore valore fra costo e valore totale della produzione della

start-up innovativa. Dal computo per le spese in ricerca e svilstart-uppo sono

2A. CAPRARA, “Innovazione e impresa innovativa”, Contratto e Impr.,2015,4-5,1154 3A. CAPRARA, “Innovazione e impresa innovativa”, Contratto e Impr.,2015,4-5,1154

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escluse le spese per l'acquisto e la locazione di beni immobili. Ai fini di questo provvedimento, in aggiunta a quanto previsto dai principi contabili, sono altresì da annoverarsi tra le spese in ricerca e sviluppo: le spese relative allo sviluppo precompetitivo e competitivo, quali sperimentazione, prototipazione e sviluppo del business plan; le spese relative ai servizi di incubazione forniti da incubatori certificati; i costi lordi di personale interno e consulenti esterni impiegati nelle attività di ricerca e sviluppo, inclusi soci ed amministratori; le spese legali per la registrazione e protezione di proprietà intellettuale, termini e licenze d'uso. Le spese devono risultare dall'ultimo bilancio approvato ed essere descritte in nota integrativa. In assenza di bilancio nel primo anno di vita, la loro effettuazione è attestata tramite dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante della start-up innovativa;

2) La società deve impiegare come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore al terzo della forza lavoro complessiva, personale in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un’università italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero (ovvero, in percentuale uguale o superiore

a due terzi della forza lavoro complessiva, personale in possesso di laurea magistrale ai sensi dell'articolo 3 del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270);

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3) La società deve essere titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale (ovvero deve essere titolare dei diritti relativi ad

un programma per elaboratore originario registrato presso il Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore, purché tali privative siano) direttamente afferenti all'oggetto sociale e all’attività di impresa.

Con specifico riguardo al requisito individuato al punto 3), è stato evidenziato che il prodotto innovativo gode di particolari forme di tutela quali, ad esempio, l’esclusiva: questo vuol dire che l’ordinamento tutela l’imprenditore che investe nell’innovazione, attribuendogli il vantaggio dell’uso esclusivo dell’invenzione quale contropartita al rischio derivante dagli investimenti effettuati nella ricerca e sviluppo di un processo produttivo o di un prodotto. La protezione disposta dal legislatore incentiva e stimola il processo di innovazione, tutelando nel contempo, da un lato, gli interessi economici dell’imprenditore e, dall’altro, gli interessi dell’intera collettività alla crescita economica del paese e alla sua maggiore competitività sui mercati. Come si è osservato4, infatti, il diritto si occupa non solo dell’impresa, ma anche delle imprese e, quindi, di regolamentare la concorrenza e la competitività.

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3. Innovazione e concorrenza

Molte disposizioni contenute nei Trattati comunitari e relative norme subprimarie collocano l’innovatività come caratteristica tipica dell’organizzazione dell’attività d’impresa che deriva dalla funzione strumentale, e non solo commerciale, dell’impresa rispetto alla realizzazione del benessere collettivo (artt. 3.3 T.U.E. e 119 T.F.U.E.). La concorrenza assume, in tal modo, un significato diverso dal mero “gioco di scambi tra individui”5di età mercantilistica e diventa competizione tra imprese, “in cui il vincitore è anche il più efficiente e

il più innovatore; ma la concorrenza, fatta di efficienza e innovazione è, per definizione, un processo in cui soccombe chi non riesce a tenere il passo”. Nella sua moderna nozione l’impresa, operando in un mercato

concorrenziale, trova nell’innovazione di processo e di prodotto e nelle forme giuridiche di conservazione e trasferimento delle conoscenze i fattori decisivi per continuare ad operare nel mercato e ricomprende tutti gli elementi che, come la proprietà intellettuale, sono funzionali agli investimenti, ossia “propiziano o condizionano l’innovazione tecnica ed

5M.LIBERTINI, “Concorrenza e coesione sociale, in Persona e mercato”, 2013, 2, p. 116.

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artistica”6. Pertanto, l’innovazione è “elemento essenziale del progetto

imprenditoriale che in esso si compenetra”7.

L’intervento dei pubblici poteri gioca un ruolo di primo piano nella promozione dello sviluppo economico di un paese, mediante l’elaborazione di appropriate politiche industriali finalizzate ad introdurre “strumenti di sostegno di processi innovativi diffusi sul

territorio”8 .

La creazione di un prodotto innovativo è, pertanto, il risultato di un processo collettivo stimolato sia dall’investimento imprenditoriale che dall’iniziativa pubblica; quest’ultima svolge il fondamentale ruolo di committente e finanziatrice delle innovazioni fondamentali, rispetto alle quali l’innovazione imprenditoriale non ha forza sufficiente per realizzarsi ed ha spesso carattere di “innovazione derivata”8.

Le riflessioni che precedono confermano che la nozione di “innovazione”, anche ai fini della definizione di società start-up che qui interessa, consente un approccio normativo e non solo fisico-tecnico: l’innovazione riguarda ogni impresa, in quanto deriva dalla definizione dell’ambiente normativo in cui operano le attività economiche. Si deve,

6 P. SPADA, "Creazione ed esclusiva", trent'anni dopo, in Riv. dir. civ., 1997, I, p. 215. 7A. CAPRARA, “Innovazione e impresa innovativa”, Contratto e Impr., 2015, 4-5, 1154.

8 M. LIBERTINI, “L'impresa e il diritto commerciale: innovazione, creazione di valore, salvaguardia del valore nella crisi” in www.orizzontideldirittocommerciale.it

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pertanto, procedere ad un attento esame degli elementi “specializzanti” della fattispecie e, in particolare, delle “esenzioni dal diritto”, che riguardano sia il diritto societario e di impresa che il diritto tributario e del lavoro, soffermandoci soprattutto su due aspetti: la disciplina delle perdite rilevanti e quella della crisi. Per quanto attiene il primo aspetto, nel caso in cui si verifichino perdite di esercizio superiori al terzo del capitale sociale, è possibile “posticipare al secondo esercizio (e non al

primo) successivo del termine previsto dagli artt. 2446 e 2482-bis c.c. ed entro la chiusura dell’esercizio successivo (anziché “senza indugio”) il termine per la convocazione obbligatoria dell’assemblea dei soci nei casi previsti dagli artt. 2447 – 2482-ter c.c. per adottare i provvedimenti necessari” 9.

Per quanto attiene il secondo aspetto, l’art. 31, comma 1, del d.l. 179/2012 consente di sottoporre le imprese in crisi alla sola procedura concorsuale prevista dalla l. 27 gennaio 2012, n. 3; pertanto, a prescindere dalla natura dell’attività in concreto esercitata e dalle sue dimensioni, la società start-up non è fallibile. Dall’esame della normativa riportata emerge che il legislatore ha introdotto, per tale tipo di impresa, un complesso di regole finalizzato a diluire il rischio d’impresa, allargando, per un periodo limitato, la platea dei soggetti tenuti a sopportare le conseguenze di un eventuale insuccesso; infatti, il

9A. CAPRARA, “Innovazione e impresa innovativa”, Contratto e Impr., 2015, 4-5,1154

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congelamento delle decisioni che la legge impone di norma in caso di perdita, anche integrale, del capitale sociale espone i creditori ed il mercato ad ulteriore rischio di aggravamento del dissesto.

La scelta del legislatore - non inedita, in quanto simile, quanto ai suoi effetti, alla presentazione della domanda di concordato preventivo – ha nel caso di specie, una distinta ratio giustificativa, che consiste nel vantaggio che la collettività trae dall’assunzione del rischio dell’imprenditore di sviluppare prodotti innovativi e delle positive conseguenze che ne possono derivare in termini di crescita economica e benessere collettivo. A tale ratio si ispira ed è coerente anche la scelta del legislatore di derogare rispetto alle regole che impongono alle imprese particolari oneri fiscali, previdenziali e un livello minimo di equilibrio finanziario e patrimoniale e di concedere agevolazioni per accedere a forme particolari di finanziamento o raccolta di capitali di rischio. Le start-up innovative possono, inoltre, beneficiare di strutture idonee alla progettazione ed allo sviluppo di imprese innovative (cc. dd. incubatori).

Da quanto precede affiorano, dunque, talune indicazioni che può essere opportuno sintetizzare per trarre alcune utili distinzioni sistematicamente rilevanti.

Innanzi tutto, dall’analisi degli articoli 25 e ss. del d.l. 179/2012 e dell’ art. 11-bis del d.l. 83/2014 emerge che “la start-up innovativa non è un

tipo societario autonomo, ma una «qualifica temporanea» attribuita a società di capitali di nuova costituzione o già esistenti in presenza del

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requisito formale di iscrizione nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese e di alcuni requisiti sostanziali”10; la sua “specialità” si evince dalla circostanza che la titolarità delle partecipazioni può essere attribuita solo a persone fisiche, nonché dal vincolo sull’oggetto sociale, corrispondente ad attività di produzione, sviluppo e commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico svolte da società di capitali o società cooperative.

4. Innovazione come benessere collettivo

La finalità del legislatore nella stesura della disciplina della start-up innovativa è, dunque, quella di favorire la crescita di prodotti e servizi innovativi, ossia di beni o servizi realizzati e commercializzati in forma di impresa, col fine di soddisfare i bisogni dei consumatori e favorire il benessere collettivo.

Il concetto di “innovazione” che emerge dalla disamina fin qui effettuata può essere descritto ricorrendo alle immagini dei cerchi concentrici11: Il cerchio più esterno è costituito dal principio di concorrenza accolto nel diritto comunitario (art.33 TUE: innovazione - competitività) e il più interno dalla ricerca e sviluppo (innovazione - ricerca); tra i due cerchi

10M. COSSU, “Nuovi modelli di S.R.L. nella legislazione italiana recente”, Banca Borsa Titoli di Credito, Parte I, 2015, pag. 448

11C. BALDERI, G. CONTI, M. GRANIERI, A. PICCALUGA, “Eppur si muove! Il percorso delle università italiane nelle attività di brevettazione e lincensing dei risultati della ricerca scientifica”, in Econ dei servizi, 2010, pag. 193 ss., 2

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si colloca l’impresa, incentivata sul piano economico finanziario e dalle disposizioni legislative relative ad aspetti societari, laburistici e tributari (innovazione - incentivata).

La conferma della maggiore pregnanza del concetto di innovazione nelle

start-up rispetto alle altre tipologie di imprese disciplinate dal nostro

ordinamento emerge anche dalla lettura dell’art. 25, comma 2, lett. h) del d.l. 179/2012, sopra riportato, che dispone, quale ulteriore requisito di tale fattispecie, in via alternativa, che l’investimento sia rivolto alla creazione di soluzioni tecniche suscettibili di essere oggetto di tutela della proprietà intellettuale o di produzione o commercializzazione, oppure che l’impresa impieghi personale particolarmente specializzato, come i ricercatori universitari, che possono così avvicinarsi al mondo dell’imprenditoria, applicando le proprie conoscenze su progetti di ricerca finalizzati ad ottenere prodotti o servizi nuovi o a maggiore contenuto tecnologico e innovativo.

I benefici previsti dall’ordinamento per incentivare la creazione di società start-up trovano la propria ratio in questo concetto normativo di innovazione: la disciplina della fattispecie costituisce una particolare forma di tutela dell’innovazione e l’oggetto sociale, che impone lo

sviluppo come attività prodromica alla produzione e

commercializzazione di beni e servizi, incide sull’organizzazione dell’impresa, non potendo restare fine a se stesso, ma dovendo necessariamente collegarsi ad una attività di tipo imprenditoriale.

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CAPITOLO II

COSTITUZIONE, FORMA E GOVERNANCE DELLA

SOCIETA’ INNOVATIVA.

SOMMARIO: 1. La “specialità” della disciplina. - 2. La particolare modalità di costituzione della start-up innovativa - 3. Forme di esercizio dell’impresa start-up - 4. Il sistema di legittimazione e circolazione alternativo delle quote - 5. Limiti all’autonomia statutaria - 6. Interferenze tra autonomia privata e vincoli di legge - 7. Depotenziamento dei diritti sociali: rilevanti conseguenze sui meccanismi di governance - 8. Emissione di strumenti finanziari partecipativi

1. La “specialità” della disciplina

L’introduzione nel nostro ordinamento delle regole speciali dedicate alle società innovative ad opera del d.l. 179/2012 è stato caratterizzato dall’originalità delle soluzioni apportate nel diritto societario preesistente, tanto che autorevole dottrina12 ha sostenuto che l’obiettivo del legislatore di promuoverne la nascita e lo sviluppo ha finito per “confezionare una sorta di microsistema di diritto societario speciale riservato a questo genere di attività”, attraverso molteplici interventi agevolativi sul piano non solo del diritto societario, ma anche del diritto

12M. CIAN, “Società start-up innovative e PMI innovative”, Giurisprudenza Commerciale, 2016, pag. 969/I.

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tributario, del diritto del lavoro, del diritto dei mercati finanziari e del diritto di impresa.

L’impresa start-up innovativa, a ben guardare, era già nota nell’ordinamento comunitario europeo13: si pensi alla jeune entreprise

innovante francese o all’empresa innovadora spagnola, a vantaggio

delle quali il legislatore aveva introdotto solo misure circoscritte limitate, più che altro, al riconoscimento di agevolazioni fiscali.

Il d.l. 179/2012 ha svolto, invece, un’azione più pervasiva e sistematica, introducendo una non marginale rimodulazione del diritto privato relativo a tali imprese, con particolare riferimento “alle modalità di

costituzione, all’allentamento dei vincoli di capitale e all’apertura a società a responsabilità limitata aventi una struttura finanziaria di tipo paraazionario”14 tanto da suscitare da parte della dottrina non poche perplessità sulla riconducibilità delle imprese innovative alla fattispecie della s.r.l. comune15; poiché, però, la “specialità” di trattamento riservato dal legislatore alle start-up innovative è destinata ad operare solo per un lasso di tempo determinato (4 anni, poi aumentati a 5),

13Reg. CE 800/2008, art. 35, sulla compatibilità di taluni aiuti di Stato con il mercato comune europeo.

14M. CIAN, “Società start-up innovative e PMI innovative”, Giurisprudenza Commerciale, 2016, pag. 984/I.

15P. BENAZZO, “La s.r.l. start-up innovativa”, in N. leggi civ., 2014, 116, 126 ss.; G. PRESTI-M. RESCIGNO, “Corso di diritto commerciale”, II, Bologna, 2013, 250; M. COSSU, “Le start up innovative in forma di società a responsabilità limitata”, Società, banche e crisi d’impresa.

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ritenuto necessario per favorirne la nascita e l’affermazione sul mercato, tali perplessità sono state, di fatto, ridimensionate.

2. La particolare modalità di costituzione della start-up innovativa Sul piano più spiccatamente societario lo statuto riservato alle società innovative prevede un particolare privilegio già nella fase della costituzione per la possibilità di derogare alle prescrizioni normative relative alla formazione e modificazione dell’atto costitutivo, al fine di liberalizzare l’iter procedimentale di costituzione della società e favorirne la diffusione, ma a scapito della funzione nomofilattica assolta dal notaio. L’art. 4, comma 10 - bis, d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, convertito con modificazioni in l. 24 marzo 2015, n. 33 dispone, infatti, che: “Al solo fine di favorire l’avvio di attività imprenditoriale e con

l’obiettivo di garantire una più uniforme applicazione delle disposizioni in materia di start-up innovative e di incubatori certificati, l’atto costitutivo e le successive modificazioni di start-up innovative sono redatti per atto pubblico ovvero per atto sottoscritto con le modalità previste dall’art. 24 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82. L’atto costitutivo e le successive modificazioni sono redatti secondo un modello uniforme adottato con decreto del Ministro dello sviluppo economico e sono trasmessi al competente ufficio del registro delle imprese di cui all’art. 8, Legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni.”

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La norma citata consente ai soci di redigere l’atto costitutivo ed i verbali assembleari modificativi di quest’ultimo mediante atto sottoscritto dalle parti con firma digitale semplice senza alcun passaggio notarile a condizione che venga adottato un atto costitutivo uniforme elaborato dal Ministero dello Sviluppo Economico. Tali prescrizioni richiedono, tuttavia, di essere vagliate alla luce di quanto imposto dalla Prima Direttiva comunitaria, che sembra rendere irrinunciabile l’atto pubblico. In dottrina16 è stato evidenziato che l’art. 11, Dir. n. 101/CE del 16 settembre 2009 impone che la costituzione della s.r.l. sia assoggettata a controllo di merito del rispetto delle condizioni di legalità, secondo la triplice alternativa: o amministrativo di contenuto sostanziale, o giudiziario, o per atto pubblico; pertanto, essendo pacifico che il conservatore del R.I. effettua una mera verifica formale dell’atto, ne consegue che solo il giudice ed il notaio sono fungibili nell’effettuazione del richiesto controllo di merito.

Il d.l. n. 179/2012 sfida e viola questo impianto, ritenendo implicitamente che un modello standard di atto costitutivo a opzioni interne - come tipizzato dal d.m. del MI.S.E. 17 febbraio 2016 - in quanto delibato dal Ministro, sarebbe di per sé in grado di accreditare la legalità dell’atto, sostituendosi al controllo giudiziale o notarile. Ma, a ben guardare, ciò che chiede il legislatore comunitario è un controllo

16C. LICINI, “Costituzione di start-up in forma di srl: riflessioni serie sul d.m. MISE del 17 febbraio 2016”.

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riferito a ciascun atto costitutivo, e non un “placet” preventivo dato una volta per tutte: l’enunciazione dell’oggetto ed i profili di legalità, esclusività e specialità che lo delimitano ai fini della tutela dell’ordine pubblico, sembrano imporre un controllo di merito, nonostante la semplificazione introdotta dal legislatore, al fine di evitare la creazione non di un atto costitutivo ma di un “mostro giuridico, che rischia di

franare rovinosamente al primo ostacolo o alla prima criticità.”17

Peraltro, vi è stato chi18 ha fatto notare che l’adozione del modello standard proposto dal MI.S.E., probabilmente mutuato dall’esperienza delle società semplificate, poco si adatta a strutture partecipative complesse e atipiche come le start-up innovative. Per superare l’ostacolo rappresentato dalla disposizione comunitaria occorrerebbe, secondo alcuni autori19, qualificare le start-up come tipi societari autonomi, perciò esterni all’area di applicazione delle norme riferite alle società tradizionali; due ragioni ostano, però, a questa conclusione20: a) le clausole tipologicamente aliene rispetto alla società a responsabilità limitata di diritto comune sono tutte facoltative: le stesse possono (non debbono) essere integrate nello statuto convenzionale della società a

17A. PARADISO, “Approfondimenti- Start-up”, 12 settembre 2016.

18M. CIAN, “Società start-up innovative e PMI innovative”, Giurisprudenza Commerciale, 2016, p. 972/I

19P. DIDIER-PH. DIDIER, Droit commercial, 2, “Les sociètès commerciales”, Parigi, Economica, 2011, n. 954, p. 736.

20P. SPADA – M. MALTONI, “L’impresa start-up innovativa costituita in società a responsabilità limitata”, Riv. Not., 2013, p.1117

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responsabilità limitata che sia annoverata tra le imprese start-up innovative, ricorrendo i presupposti previsti nell’art. 25 e l’iscrizione nella sezione speciale; esse concorrono, più precisamente, a costituire il corredo di esenzioni dal diritto comune a cui la qualificazione dà diritto di accedere: prerogativa eccezionale consegnata ad una società che nasce ed è, prima dell’iscrizione nella sezione speciale, e tornerà ad essere, a seguito della cancellazione dalla medesima sezione, una s.r.l. di diritto comune; b) la compatibilità delle clausole tipologicamente aliene è condizionata e transitoria; la compatibilità dipendendo dalla iscrizione della società nell’apposita sezione del registro delle imprese (art. 25 comma 8) e durando finché dura l’iscrizione stessa, ma, comunque, non oltre cinque anni.

La dottrina ha, inoltre, evidenziato che tali società possono costituirsi anche per atto sottoscritto con modalità di firma digitale privata ex art. 24 C.A.D. e, quindi, mediante firma non autenticata; ciò costituisce, a parere di molti autori21, una palese violazione della direttiva comunitaria citata, mancando qualsivoglia controllo finalizzato all’identificazione dei soggetti che procedono alla costituzione della società innovativa, con tutti i rischi che ciò comporta per la tutela della sicurezza dell’ordine pubblico, soprattutto a seguito del verificarsi di cyber crimes connessi a fenomeni di evasione fiscale e reati gravi .

21M. CIAN, “Società start-up innovative e PMI innovative”, Giurisprudenza Commerciale, 2016, pag. 972/I.

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Al di là di tali considerazioni vale la pena sottolineare che l’atto digitale non notarile di fondazione della società è valido solo se si tratta di una

start-up: pertanto, il requisito relativo all’oggetto sociale - che deve

consistere, ai sensi dell’art. 25 del d.l. 179/2012, nella produzione di beni o servizi innovativi ad alto contenuto tecnologico - deve necessariamente e chiaramente essere individuato ex ante nell’atto costitutivo.

In che modo la società innovativa possa assicurarsi, successivamente alla sua costituzione, il mantenimento dello status è altro e complesso discorso; potrebbe, infatti, ritenersi22 che possa essere considerata innovativa, in senso ampio, la collocazione sul mercato da parte della

start-up di qualsiasi prodotto o servizio ad alto contenuto tecnologico

che non abbia ancora avuto ampia diffusione oppure, in senso più restrittivo, solo quella relativa a beni o servizi che costituiscono il risultato di una elaborazione tecnica assolutamente originale; appare evidente che la mera lettura della norma non rende possibile una interpretazione univoca del concetto di novità, che necessita, per una compiuta definizione, dell’identificazione di un termine di paragone, non desumibile nel caso in esame. Preso atto dell’impossibilità di individuare criteri che consentano di misurare direttamente

22M. CIAN, “Società start-up innovative e PMI innovative”, Giurisprudenza Commerciale, 2016, pag. 974/I

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l’innovazione di una start-up, appare più accessibile il ricorso agli indici indiretti di innovatività che caratterizzano le società in parola, che il legislatore ha individuato nella percentuale delle spese di ricerca e sviluppo sul costo o valore totale della produzione, nella percentuale del personale specializzato impiegato sul totale della forza lavoro occupata e nella dotazione di privative industriali. La dottrina23 ha evidenziato una certa opacità anche in tali parametri ai fini della individuazione del grado di innovazione presente in una società start-up: ad esempio, è sufficiente il possesso del titolo di studio da parte del personale assunto, indipendentemente dalle mansioni effettivamente svolte (ad esempio un laureato in fisica che svolge mansioni di segreteria), oppure è necessaria una correlazione funzionale tra il titolo di studio posseduto dal lavoratore e il bene/servizio prodotto? Un software per la gestione dell’anagrafica della clientela è “direttamente afferente” all’attività sociale?

Sul piano del diritto societario il problema dell’innovazione che caratterizza la fattispecie è di notevole rilevanza, in quanto anche l’atto costitutivo è caratterizzato da forti connotazioni di specialità. Il rispetto dei requisiti di legge è autocertificato annualmente, fatta salva la possibilità di contestare ex post i dati resi dal legale rappresentante della società, da cui deriva la cancellazione d’ufficio della start-up

23M. CIAN, “Società start-up innovative e PMI innovative”, Giurisprudenza Commerciale, 2016, pag. 971/I.

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dall’apposita sezione del registro delle imprese; a tal proposito giova evidenziare che l’art. 25, comma 8, del d.l. 179/2012 ha introdotto un sistema di pubblicità con effetti costitutivi, avendo subordinato l’accesso ai benefici previsti dalle norme all’iscrizione della società innovativa nella apposita sezione: è solo dall’informazione al mercato effettuata mediante la forma di pubblicità caratteristica di tutte le società di capitali che l’atto costitutivo non notarile, pur valido, produce i suoi effetti.

Se la pubblicità è condizione necessaria per l’accesso allo statuto speciale, non è però condizione sufficiente: l’art. 25, comma 16 del d.l. 179/2012, che sancisce la cancellazione d’ufficio della società innovativa dalla sezione apposita del R.I. per difetto dei presupposti individuati dal legislatore, segna l’irrilevanza dell’autodichiarazione rilasciata dal legale rappresentante a seguito dell’accertamento della mancanza dei requisiti richiesti.

Resta il problema, delicatissimo, del trattamento da riservare alla sedicente impresa innovativa per il periodo antecedente alla cancellazione, nell’ipotesi in cui si accerti, ex post, la mancanza dei requisiti per accedere allo status autocertificato; la problematica è acuita dalla circostanza che potrebbe essere mancato il controllo in sede di costituzione della società da parte del notaio e dalla circostanza, già in precedenza evidenziata, che l’ufficio del registro, ricevuta la domanda di iscrizione da parte della start-up, deve procedere automaticamente all’iscrizione della società, non potendo effettuare i controlli relativi ai

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requisiti richiesti dall’ordinamento (ad esempio, il numero dei dipendenti in forza o il titolo di studio di questi ultimi, o la percentuale dei lavoratori specializzati rispetto al totale della forza lavoro impiegata). La cancellazione d’ufficio dalla sezione speciale non consente di risolvere le problematiche connesse alle operazioni già compiute dalla sedicente start-up innovativa, con effetti negativi riferiti, ad esempio, all’assetto finanziario in conseguenza dell’emissione di quote standardizzate o con diritti depotenziati; o la circolazione delle quote di partecipazione realizzata a mezzo di intermediari abilitati, in deroga alle disposizioni generali; l’esercizio dei diritti sociali da parte degli acquirenti, e così via. Vi sono, certamente, dei benefici che possono essere cancellati con efficacia retroattiva, come i benefici fiscali; ma i privilegi di tipo societario devono invece, ragionevolmente, produrre i lori effetti, non potendo essere rimossi con efficacia ex tunc: così per le quote standardizzate o gli strumenti finanziari emessi, che devono rimanere insensibili alla riqualificazione della società, o gli eventuali trasferimenti di quote. Deve, invece, essere considerato non sanato il difetto di forma che consegue alla iscrizione nella sezione ordinaria nel registro delle imprese della società cancellata dalla sezione speciale, se costituita digitalmente senza l’intervento del notaio: la società potrebbe essere cancellata in attuazione dell’art. 2332 del c.c.

Per concludere la trattazione relativa alla particolare modalità di costituzione della società innovativa, si evidenzia che l’art. 31, comma 4, del d.l. 179/2012 contiene il principio di provvisorietà dello statuto

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speciale: la perdita anticipata dei requisiti per accedere alla qualifica di

start-up e, in ogni caso, il decorso del quinquennio fanno cessare

l’applicazione di tale statuto, fermi i rapporti anche partecipativi e finanziari, generati dalla società; tuttavia il venir meno dello status obbliga gli intermediari a richiedere l’intestazione diretta delle quote ai sottoscrittori/acquirenti e, dunque, l’uscita delle medesime dal sistema.

3. Forme di esercizio dell’impresa start-up

La disciplina delle start-up innovative, per espressa previsione legislativa, è applicabile alle imprese esercitate da società costituite secondo uno dei tipi di diritto comune classificati come società di capitali (s.p.a., s.r.l. o s.a.p.a.) o di società cooperativa, le une e le altre di diritto italiano. Restano, quindi, escluse le imprese esercitate da società di persone, tipi di società ormai marginalizzate nonostante la loro persistenza nell’universo delle piccole imprese, e l’impresa individuale che non si avvalga del modello della società di capitali unipersonale: in sintesi, non sono ammesse a fruire dei benefici normativi previsti dall’ordinamento, “per scelta politica opinabile anche sul versante

costituzionale”24, le forme di esercizio di impresa che non accordino la responsabilità limitata degli investitori/imprenditori.

24P. SPADA – M. MALTONI, “L’impresa start-up innovativa costituita in società a responsabilità limitata”, Riv. Not., 2013, 1117.

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Tuttavia, anche se le regole speciali di diritto societario, industriale, tributario, del lavoro e dei mercati finanziari sono applicabili a tutte le società innovative costituite nelle forme sopra richiamate, è innegabile che la disciplina introdotta dal d.l. 179/2012 “sia stata voluta, pensata

e costruita fondamentalmente, per quel che ne riguarda la componente di diritto societario, per la società a responsabilità limitata”25. La disciplina delle società innovative costituite in forma di s.p.a., infatti, non comporta significative deroghe rispetto alla disciplina di diritto comune che regolamenta tale forma societaria; ma la start- up costituita in forma di s.r.l. costituisce un significativo esempio di quella tendenza alla “ibridazione” dei tipi di società che si realizza attraverso la coniazione di formule societarie accostate ai modelli principali, recanti una propria più o meno estesa disciplina in deroga all’ordinamento preesistente per effetto dell’innesto di elementi normativi caratterizzanti. Tale “ibridazione” caratterizza la start-up in forma di s.r.l. in maniera particolarmente significativa per quanto attiene, in particolare, la struttura partecipativa e finanziaria: si pensi alle modalità di provvista del capitale di rischio e del capitale di credito od a quelle di trading del capitale di rischio (categorizzazione delle quote, ricorso a strumenti finanziari partecipativi, operazioni sulle proprie quote, assimilazione delle quote a prodotti finanziari), tutti estranei o vietati nella disciplina

25M. CIAN, “Le start-up innovative a responsabilità limitata: partecipazioni, altri rapporti partecipativi e nuovi confini del tipo”, NLCC 6-2014, p.1183

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comune della s.r.l., ma funzionali ad agevolare la provvista di capitale necessaria alle nuove imprese a vocazione tecnologica. Tuttavia, la già rilevata transitorietà dell’immunità dal diritto comune delle s.r.l. conferma che la volontà del legislatore non è stata quella di creare un nuovo modello di impresa, ma solo di disciplinare diversamente i conflitti di interesse presenti in una attività economica di natura commerciale, privilegiando, nel caso di specie, gli interessi degli investitori iniziali (soci) rispetto a quelli dei terzi e, in generale, dei c.d.

stakeholders: si pensi, all’art. 26, comma 1, del d.l. 179/2012, che

autorizza il differimento dell’applicazione dei rimedi in caso di perdita del capitale sociale, o all’art. 31, comma 1, che sottrae tali società alle procedure concorsuali.

4. Il sistema di legittimazione e circolazione alternativo delle quote Il d.l. 3/2015 ha arricchito l’ambito delle disposizioni speciali per le

start-up innovative, introducendo il sistema di legittimazione e

circolazione alternativo delle quote: la deroga alla disciplina comune delle s.r.l. ha portato a delineare un particolare schema, per cui le quote sono intestate nel registro delle imprese a nome dell’intermediario, che consegue tale intestazione per conto dell’investitore; il primo rilascia al secondo una attestazione documentante l’annotazione a suo favore delle quote nei propri registri, al fine di legittimarlo all’esercizio dei diritti

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sociali, e la circolazione delle quote avviene attraverso iscrizioni in tali registri.

La descritta modalità di circolazione delle quote ha indotto autorevole dottrina a porsi numerosi interrogativi26.

E’ tuttavia evidente che l’assimilazione delle quote di s.r.l. ai titoli azionari confligge con le specificità delle disposizioni che regolamentano la s.r.l., dando voce una volta di più ai sostenitori dell’autonomia tipologica della società innovativa; avverso tale interpretazione si osserva che il d.l. 3/2015 ha reso potenzialmente instabile lo statuto speciale delle start-up innovative, connotato da indiscutibile provvisorietà: allo scadere del quinquennio il naturale ed inevitabile passaggio al regime ordinario sembra escludere qualsiasi ipotesi trasformativa; e a sostegno di tale tesi concorre anche la constatazione che la cessazione dello status può derivare non da una deliberazione dei soci, ma da scelte gestionali dell’organo amministrativo, quali il mancato rinnovo annuale della autocertificazione di conferma dello status o la perdita dei requisiti di innovatività conseguenti ad una diminuzione degli investimenti in ricerca e sviluppo, o la dismissione di privative industriali, o le

26M. CIAN: “...le quote appartengono fiduciariamente all’intermediario e si confondono con il suo patrimonio oppure costituiscono un patrimonio separato, appartenendo in realtà ai soci?”, in Società start-up innovative e PMI innovative, pag.982/ I.

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alterazioni nella percentuale di personale specializzato impiegato nell’impresa.

Nonostante il mancato diretto coinvolgimento dei soci nelle vicende descritte e la constatazione che la compagine sociale sembra dover subire la perdita di status a dispetto della propria volontà, a parere di alcuni autori27 sembrerebbe possibile invocare, in riferimento ai casi sopra descritti, le disposizioni codicistiche sulla trasformazione della tipologia sociale - sia pure una trasformazione sui generis - per attribuire ai soci il diritto di recesso.

Dalle osservazioni sopra riportate emerge con chiarezza che la questione tipologica delle imprese innovative è ben lungi da essere solo teorica, soprattutto in riferimento alle società innovative costituite in forma di s.r.l.; queste, infatti, possono determinare nell’atto costitutivo il contenuto dei diritti afferenti alle quote standardizzate, che possono essere depotenziate in quanto prive del diritto di voto (art. 26 d.l. 179/2012). In tal modo, per espressa volontà del legislatore, si è voluto favorire il finanziamento dell’impresa innovativa superando la tradizionale prassi di ricorso al sistema bancario, offrendole la possibilità di ricorrere al mercato del capitale di rischio, a cui la s.r.l. non è storicamente votata. Tale possibilità si concretizza nella temporanea possibilità di conformare la partecipazione sociale in

27P. SPADA – M. MALTONI, “L’impresa start-up innovativa costituita in società a responsabilità limitata”, Riv. Not., 2013, p. 1118

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prodotti finanziari di diverso contenuto per renderli appetibili ai possibili investitori, con facoltà di sollecitare sia la sottoscrizione ( avvalendosi anche di portali per la raccolta dei capitali), sia l’acquisto delle quote; si consente così alla start-up innovativa, per un periodo massimo di 5 anni, “di fare tutto ciò che fino ad oggi le era stato negato,

ricorrendo a soluzioni finanziarie fino ad oggi appannaggio esclusivo delle s.p.a.”28. Si permette, in tal modo, alla s.r.l. di atteggiarsi come una

piccola s.p.a., senza dover rispettare né il minimo di capitale richiesto per il tipo azionario, né le regole organizzative in termini di controllo che lo caratterizzano e senza neanche dover rinunciare alla sua flessibilità organizzativa.

Il risultato delle devianze dal diritto comune consentite dall’art. 26 è rappresentato da un modello organizzativo in cui possono convivere autonomia statutaria e vocazione al mercato e figure diverse di soci: soci di categoria e soci con diritti particolari, soci investitori e soci imprenditori, anche in deroga a quanto previsto nell’art. 2468, commi 2 e 3, del c.c.. Il dettato normativo supera ogni possibile dilemma interpretativo in ordine all’ammissibilità di creare categorie di quote, risolto sempre negativamente dalla dottrina nell’area del diritto comune.

28M. MALTONI, “La srl start-up innovativa”, Le nuove srl. Aspetti sistematici e soluzioni operative, http://elibrary.fondazionenotariato.it/indice.asp?pub=42&mn=3

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5. Limiti all’autonomia statutaria

La dottrina29 ha, tuttavia, evidenziato i limiti che pure sussistono all’autonomia statutaria delle società innovative, desumibili dai principi generali dell’ordinamento, a cominciare dal divieto di patto leonino. La compresenza nella start-up innovativa in forma di s.r.l. di elementi caratteristici della s.p.a. induce a ritenere di dover estendere per analogia alla prima le regole ed i limiti della seconda tipologia societaria. Sempre sul piano dei limiti all’autonomia statutaria delle società innovative in tema di categorie di partecipazione, ci si chiede30 se sia legittima l’emissione di categorie di quote privilegiate negli utili, stante il divieto della loro distribuzione in pendenza dell’iscrizione alla sezione speciale del registro delle imprese: la risposta è negativa, in quanto costituirebbe presupposto per la cancellazione dell’impresa dalla sezione speciale. Si ritiene possibile, invece, far coesistere nella stessa organizzazione diritti particolari attribuiti a singoli soci e categorie di quote: i primi saranno soggetti alla disciplina prevista dall’art. 2468, comma 4, c.c., mentre per le seconde troverà applicazione in via analogica l’art. 2376 c.c.. Ne deriva che la creazione di categorie di

29M. CIAN, “Le start-up innovative a responsabilità limitata: partecipazioni, altri rapporti partecipativi e nuovi confini del tipo”, NLCC 6-2014, p.1187

30M. MALTONI-P. SPADA, “L’impresa start up innovativa costituita in società a responsabilità limitata”, Cavere Respondere, http://www.cavererespondere.it/

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quote è rimessa alla volontà della maggioranza della compagine sociale, che non richiede il consenso unanime dei soci e che, qualora i diritti di categoria risultino indirettamente lesi dall’attribuzione di diritti particolari, i quotisti non potranno invocare il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2473 c.c.

Ulteriore deroga al diritto comune esplicitamente introdotta nell’ordinamento dall’art. 26, comma 6, del d.l. 179/2012 è costituita dalla facoltà attribuita alle società innovative costituite in forma di s.r.l. di operare sulle proprie partecipazioni, sia pur condizionatamente ad un particolare vincolo funzionale: l’operazione, infatti, deve essere compiuta “in attuazione di piani di incentivazione che prevedano

l’assegnazione di quote di partecipazione ai dipendenti, collaboratori o componenti dell’organo amministrativo, prestatori d’opera e servizi anche professionali.” Pure in riferimento a tale disposizione, al fine di

evitare fenomeni di “annacquamento” del capitale sociale nell’ipotesi di acquisto di quote proprie – fattispecie ordinariamente vietata – autorevole dottrina31 ha ritenuto che siano applicabili analogicamente le disposizioni dell’art. 2358, comma 6, c.c., comuni all’art. 2357 c.c., ai sensi delle quali l’importo complessivo delle quote acquistate, delle somme o delle garanzie prestate non può eccedere il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio

31M. MALTONI, “La srl start-up innovativa”, Le nuove srl. Aspetti sistematici e soluzioni operative, http://elibrary.fondazionenotariato.it/indice.asp?pub=42&mn=3

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regolarmente approvato, iscrivendo al passivo una riserva indisponibile pari all’importo complessivo delle quote proprie acquistate o delle somme impiegate e delle garanzie fornite32.

Si evidenzia che la dottrina prevalente33 ritiene che, una volta decorso il periodo transitorio in cui è ammessa l’operatività delle deroghe al diritto comune, le categorie speciali di quote rimangono nell’organizzazione societaria, per cui non solo nell’impresa continuano a coesistere quote individuali e quote suddivise in partecipazioni unitarie standardizzate, ma deve considerarsi ammissibile – in assenza di una diversa delibera assembleare e al fine di acquisire ulteriore capitale di rischio - che la società continui a creare ed immettere sul mercato nuove quote standardizzate.

6. Interferenze tra autonomia privata e vincoli di legge

Le osservazioni fin qui riportate ripropongono la questione della società

start-up come nuova tipologia di società; infatti, anche ove si ritengano

32 Modificato ex art. 2357-ter c.c., co. 3, introdotta dall’art. 6, co. 1, d.l. 18 agosto 2015, n.139

33A. GUACCERO, “La start up innovativa in forma di società a responsabilità limitata: Raccolta del capitale di rischio ed equità crowdfunding”, Banca Borsa Titoli di Credito, pag.699, 2014 e M. CIAN, “Società start-up innovative a responsabilità limitata: partecipazioni, altri rapporti partecipativi e componenti del tipo”

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persuasivi34 gli elementi che depongono a favore della soluzione negatrice dell’autonomia tipologica già in precedenza riportati, la disciplina trasversale e transtipica applicabile alle start-up costituite in forma di s.r.l. – ed il conseguente e necessario ricorso analogico alle norme che disciplinano la s.p.a., sostenuto da alcuni Autori - appare senza dubbio complessa, in quanto forza gli elementi strutturali e caratterizzanti della tipologia in parola; e ciò accade soprattutto ove si accolga la tesi di poter far conservare alla società innovativa le forme partecipative speciali adottate prima della vicenda trasformativa. Potrebbe, infatti, anche ipotizzarsi35 un allargamento dei confini del “tipo” s.r.l. mediante il ricorso a soluzioni non coincidenti con il modello azionario: ad esempio introducendosi una modulabilità delle quote per categoria, per cui una s.r.l. comune attribuisce diritti particolari identici a una pluralità di soci, prevedendone la trasmissibilità e assegnando ai soci quote di eguale dimensione, con sanzione dell’indivisibilità quale vincolo alla circolazione. Rimane,

34M. BENAZZO, “La s.r.l. start-up innovativa”; M. MALTONI e P. SPADA, “L’impresa start-up innovativa costituita in società a responsabilità limitata”, in Riv. Not., 2013, p.1117 ss.; G. PRESTI e M. RESCIGNO, “Corso di diritto commerciale”, II, Bologna, 2013, p.250; M. COSSU, “Le start-up innovative in forma di società a responsabilità limitata. Profili privatistici”, in M. CAMPOBASSO, “Società, banche, crisi di impresa”.

35M. CIAN, “Le start-up innovative a responsabilità limitata: partecipazioni, altri rapporti partecipativi e nuovi confini del tipo”, NLCC 6-2014, p.1183

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tuttavia, aperta la questione a tutt’oggi dibattuta in dottrina36 dei limiti non valicabili del “tipo” s.r.l. da parte della società innovativa per non arrecare un vulnus agli elementi che la caratterizzano; né può negarsi la contiguità con il modello e le logiche azionari laddove si consideri che lo stesso art. 26 consente alle società innovative la creazione di quote senza diritto di voto, a dispetto del ruolo immancabilmente riconosciuto ai soci nella s.r.l. di diritto comune e in ossequio, invece, proprio alla logica dell’intercettazione degli investitori inattivi tipica della s.p.a.. Ma, anche a voler riconoscere alla start-up una illimitata libertà statutaria in materia di partecipazione, resta fondata l’obiezione di chi37 ritiene che sarebbe allora opportuno ricorrere direttamente all’adozione del tipo “s.p.a.”, senza stravolgere la disciplina della s.r.l. di tipo “comune” e senza perdere alcuno dei benefici accordati dall’ordinamento.

Resta il fatto che la disciplina speciale trae ispirazione, anche letterale, delle norme dettate per la s.p.a. e che la specialità è stata introdotta per consentire alla s.r.l. innovativa di perseguire logiche di penetrazione del mercato dei capitali analoghe a quelle della società azionarie,

36M. COSSU, “Le start up innovative in forma di società a responsabilità limitata. Profili privatistici”; M. MALTONI e P. SPADA, “L’impresa start-up innovativa costituita in società a responsabilità limitata”

37M. CIAN, “Le start-up innovative a responsabilità limitata: partecipazioni, altri rapporti partecipativi e nuovi confini del tipo”, NLCC 6-2014, p.1183

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intercettando investitori per classi e calibrando i diritti in funzione dei non omogenei interessi delle diverse classi.

Altro problema posto in dottrina38 è se sia possibile articolare gli assetti partecipativi ricorrendo in via esclusiva alle categorie o se queste debbano necessariamente coesistere con quote di partecipazione individuale. Anche se nulla parrebbe escludere il ricorso esclusivo alle categorie di quote, non si può negare che la problematica debba essere valutata nelle sue implicazioni riferite alla governance della società. L’art. 26, comma 2, del d.l. 179/2012, a ben guardare, replica il contenuto dell’art. 2348 c.c., parlando di “diritti diversi” e stabilendo che questi possono essere liberamente determinati nei limiti imposti dalla legge: è pertanto possibile connotare la categoria in funzione della sola regola circolatoria (ad esempio, dotandola di uno speciale diritto di prelazione o assoggettandola ad un divieto di trasferimento) oppure in funzione delle modalità di esercizio dei diritti relativi alle partecipazioni. Ne discende, sia con riferimento alle s.p.a. che alle s.r.l., che parrebbe potersi dare risposta positiva al quesito. Ma è stato correttamente osservato39 che, nel caso delle start-up innovative, il tema delle interferenze tra autonomia privata e vincoli di legge è cruciale per le possibili conseguenze sui diritti sociali, in quanto indisponibili nella

38M. MALTONI-P. SPADA, “L’impresa start up innovativa costituita in società a responsabilità limitata”, Cavere Respondere, http://www.cavererespondere.it

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tipologia della s.r.l. comune; tra questi diritti i più importanti riguardano l’amovibilità/comprimibilità dei diritti di controllo, del potere di promozione dell’azione di responsabilità e di presentazione della domanda di revoca cautelare degli amministratori ex art. 2476 del c.c., nonché il potere attribuito ai soci di minoranza di devolvere ai soci le competenze gestorie ex art, 2479 c.c.

La tesi meno liberale40 offre la risposta più convincente: l’autonomia privata non può comprimere o annullare i diritti di cui all’art. 2476 c.c., ad eccezione della possibilità di regolare le modalità di esercizio del potere di controllo e di accesso ai documenti, né azzerare la competenza gestoria concorrente spettante alla collettività dei soci.

Appare, allora, tutta la delicatezza della problematica relativa ai limiti che è possibile apportare ai diritti delle categorie di quote “depotenziate” che, se private dei poteri di controllo e di ingerenza nella gestione, appiattirebbero le forme della s.r.l. su quelle della s.p.a.; appiattimento, a ben guardare, giustificato dalle logiche finanziarie sottese all’art. 26 e, al contempo, dalla considerazione che il penetrante potere di controllo delineato dall’art. 2476 c.c. possa essere considerato inappropriato in una società innovativa in cui i soci ideatori, fondatori e propulsori del progetto si aprano ad una platea di soci-investitori sostanzialmente

40M. CIAN, “Le start-up innovative a responsabilità limitata: partecipazioni, altri rapporti partecipativi e nuovi confini del tipo”, NLCC 6-2014, p.1185

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estranei alla vicenda imprenditoriale, ma in grado di esercitare il potere di avocazione delle competenze gestorie.

Parimenti confutabile appare la tesi41 secondo cui non è possibile dar luogo ad emissione di categorie di quote totalmente prive del diritto di voto, potendosi, al più ammettersene un diverso dosaggio in applicazione del principio di proporzionalità dei diritti individuata dall’art. 2468 c.c., contrastando con tale interpretazione il tenore letterale dell’art.26.

Alla luce delle considerazioni sopra riportate, è necessario evidenziare che il disegno codicistico originario del 1942, che ha cercato di rimarcare le differenze tra i diversi tipi di società di capitali attraverso l’inserimento di ragionevoli e calibrati presidi di discontinuità tra i diversi modelli, ha risentito degli interventi riformatori successivi, portatori di elementi ibridanti. I recenti esempi del dividendo e, ancor più, del voto maggiorato nelle società quotate rappresentano un indiscutibile esempio di quanto mobili siano i confini dei vari tipi societari e di quali limiti incontri l’evocazione dei vincoli tipologici. Nel caso della start-up innovativa torna in rilievo la questione relativa alla struttura partecipativa della società nel suo complesso: ammettere che accanto a quote individuali ordinarie si possano collocare quote serializzate e depotenziate sul piano del controllo e/o del voto significa

41M. CIAN, “Le start-up innovative a responsabilità limitata: partecipazioni, altri rapporti partecipativi e nuovi confini del tipo”, NLCC 6-2014, p.1186

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implicitamente ammettere la presenza di soci, per così dire, paraazionari e, quindi consentire ad una comune s.r.l. di attivare canali finanziari peculiari accogliendo anche investitori legati da rapporti partecipativi diversi e attenuati; negare del tutto l’esercizio dei diritti di partecipazione significa fare un passo ulteriore e decisivo verso l’abbandono del modello a responsabilità limitata di diritto comune e il conseguente ingresso della società innovativa nella disciplina della s.p.a.

7. Depotenziamento dei diritti sociali: rilevanti conseguenze sui meccanismi di governance

Per quanto fin qui riportato è evidente che molto resta di indeterminato con riferimento ai due diritti sociali per eccellenza sicuramente alterabili: il diritto agli utili e il diritto di voto.

Per quanto attiene al diritto agli utili, il primo limite da considerare è il divieto di patto leonino, a cui si accompagna la preclusione alla distribuzione degli utili sancita quale condizione per la qualificazione come start-up dall’art. 25, comma 2, lett. e), del d.l. 179/2012. Ne consegue che l’attribuzione a categorie speciali di quote di forme di priorità nella distribuzione di utili o di deroga al principio di proporzionalità non può far perdere alla società innovativa la sua qualificazione; viceversa, il riconoscimento di un diritto agli utili correlato alla sola rilevazione in bilancio di un risultato positivo di gestione, potrebbe causare la cancellazione della start-up dalla sezione speciale del r.i., in quanto la ratio della norma, coerentemente con i

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benefici accordati, è quella di garantire e imporre l’autofinanziamento dell’impresa con gli utili generati nel periodo di incubazione.

Per quanto attiene il diritto di voto, l’art. 26, comma 3, del d.l. 179/2012 non solo ripropone il contenuto dell’art. 2351 c.c., permettendone la sterilizzazione in assoluto, per singole materie o sub condicione, ma, precorrendo i tempi rispetto alle recenti modifiche nelle s.p.a. del principio one share – one vote (si pensi all’introduzione del voto plurimo), ne consente il dosaggio in deroga ai principi contenuti nell’art. 2479 del c.c..

Non si può escludere che il modello immaginato dal legislatore del 2012 fosse, in realtà, più quello di depotenziare il diritto di voto nelle start-up che quello di introdurre partecipazioni a voto potenziato, con la conseguenza che dalla introduzione di categorie di quote con diritto di voto compresso si generi automaticamente l’accrescimento del voto spettante alle quote ordinarie.

Si vengono, così, a creare due diverse tipologie di soci: soci “ordinari”, che godono pienamente delle prerogative tipiche del socio di s.r.l., e soci “esterni”, limitati nei propri poteri di espressione e partecipazione alla vita della compagine sociale. Autorevole dottrina42 ha evidenziato la problematica relativa all’applicabilità alla società innovativa, nel caso

42M. MALTONI e P. SPADA, “L’impresa start-up innovativa costituita in società a responsabilità limitata”, p.1127; M. COSSU, “Le start-up innovative in forma di società a responsabilità limitata. Profili privatistici”, p.1721; C. SALVATORE, “Della società a responsabilità limitata”, p.106

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descritto, dei limiti fissati nell’art. 2351, commi 2 e 4, del c.c.; all’interrogativo sembra potersi dare risposta negativa, se ci si limita a considerare la maggiore libertà negoziale attribuita alla start-up; a diverse conclusioni si giunge se si considera che tali disposizioni, nel fissare una soglia al di là della quale il rapporto rischio/ potere non è alterabile, perseguono anche obiettivi di efficienza nella gestione degli affari sociali a tutela di interessi meta individuali, e pertanto non sono modificabili dall’autonomia statutaria. In particolare, il comma 2 dell’art. 2351 c.c. può essere inteso43 come un dispositivo di carattere generale diretto ad impedire che il controllo sulla società venga attribuito a soci complessivamente titolari di una partecipazione inferiore al quarto più uno del capitale sociale; tale operazione ermeneutica, che condurrebbe a far assumere al precetto portata generale, non appare plausibile: essa, di fatto, conserva la propria validità nei confronti di azioni a voto depotenziato, ma la soglia di equilibrio rischio/potere all’interno della società va ricalcolata alla luce dell’introduzione nell’ordinamento di azioni a voto rinforzato; il che costringe a riconoscere che l’intervento riformatore ha dimezzato la percentuale di capitale di cui si deve disporre per detenere il controllo della società essendo pari al 12,5 % più uno se vengono emesse azioni senza voto per la metà del capitale e azioni a voto triplo per un ottavo.

43M. CIAN, “Le start-up innovative a responsabilità limitata: partecipazioni, altri rapporti partecipativi e nuovi confini del tipo”, NLCC 6-2014, p.1189

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Tuttavia, anche se così modificati, è innegabile che il sistema degli equilibri interni espresso dalla norma codicistica rappresenta un modello di efficienza delle decisioni societarie nelle s.p.a..

Ma l’estensione in via analogica dei due limiti introdotti dall’art. 2351 c.c. alle società innovative costituite in forma di s.r.l. non appare corretta in quanto diversa, rispetto alla s.p.a., è la relazione tra rischio e potere, espressa dalla possibilità di attribuire alle categorie di quote diritti particolari sull’amministrazione, disancorati dalle dimensioni della partecipazione. Pertanto, al fine di definire eventuali vincoli alla dotazione dei diritti di categoria nel rispetto di tale visione e della logica sottesa alla previsione di cui all’art. 2468, comma 3, del c.c., appare utile in primo luogo sottolineare che il superamento della soglia di metà del capitale nella creazione di quote standardizzate prive di voto rafforza la posizione dei titolari di partecipazioni individuali ordinarie soprattutto dal punto di vista gestorio. Le combinazioni ipotizzabili sono, però, assai numerose e diversi sono gli assetti proprietari realizzabili, di cui valutare la coerenza44: si può, ad esempio, paventare l’illegittimità di una soluzione che attribuisca un voto molto più che proporzionale ad una categoria rappresentativa di una frazione modesta del capitale sociale e la conseguente marginalizzazione dei soci “ordinari”, pur se maggioritari. Altrettanto si può dire dell’ipotesi in cui si decida di

44M. CIAN, “Le start-up innovative a responsabilità limitata: partecipazioni, altri rapporti partecipativi e nuovi confini del tipo”, NLCC 6-2014, p.1190

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strutturare per categorie tutte le partecipazioni adottando di fatto il modello azionario e concentrando il potere decisionale su una categoria di quote minoritaria: il ricorso in via analogica a precetti o principi caratteristici di altra tipologia societaria renderebbe, in conclusione, necessaria una lettura ed una interpretazione selettiva degli stessi, per essere adattati alla realtà della s.r.l. innovativa.

Ma, a ben guardare, la presenza di soci “esterni” privi di diritto di voto accanto a soci “ordinari” provvisti di tutti i diritti riconosciuti ai soci della s.r.l. può essere rispondente all’interesse della società innovativa di dotarsi di un patrimonio sufficiente a realizzare gli scopi per cui è stata costituita ed intercettare gli investitori per classi, accedendo ai mercati dei capitali. Pertanto, la compressione del diritto di voto dei soci “esterni”, rafforzando i poteri dei soci “ordinari”, può soddisfare i bisogni della società innovativa senza contraddire la tipicità della figura del socio di s.r.l., incarnata dai titolari delle partecipazioni individuali. Mentre lo stesso non si può dire nell’ipotesi in cui siano i titolari delle quote standardizzate a detenere il potere gestorio attraverso il diritto di voto a scapito dei soci “ordinari”, perché ciò allontanerebbe dalla disciplina caratterizzante della s.r.l..

In conclusione, per dare coerenza al ragionamento fin qui sviluppato, è necessario:

- che accanto alle quote seriali sia imprescindibile la presenza di quote individuali, non essendo ipotizzabile l’esistenza di quella che è a tutti gli effetti una s.p.a. sotto le mentite spoglie di una s.r.l.;

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