• Non ci sono risultati.

La Politica Spaziale dell'Unione europea: il Progetto Galileo

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "La Politica Spaziale dell'Unione europea: il Progetto Galileo"

Copied!
3
0
0

Testo completo

(1)

La Politica Spaziale dell’Unione europea: il programma Galileo

Massimo Bartoli*

1. Introduzione

In considerazione delle vicende politiche internazionali ereditate dal ‘900 e di alcune peculiarità tipiche del vecchio continente, non è forse ancora possibile definire in modo compiuto ed esaustivo una “via europea” per l’uso dello spazio extra-atmosferico. In primis va senz’altro ricordato come le “questioni spaziali” siano divenute materia di dibattito della sfera pubblica mondiale quando, nel rigido scacchiere geopolitico della Guerra Fredda, ciascuna delle due superpotenze tentava di primeggiare sull’altra contendendosi l’accattivante scettro di “sovrano dello spazio” agli occhi di due oceaniche platee di partigiani “scarsamente coscienti ed altamente ideologizzati”. Termini come “allunaggio” o nomi come Yuri Gagarin divennero repentinamente patrimonio della cultura popolare planetaria, mentre negli ambienti diplomatici si ponevano le basi per la negoziazione e la ratifica dei più importanti Trattati internazionali che, sotto l’egida del consesso Onu (1), tentavano di regolamentare l’uso dell’outer space secondo i principi della pace, della cooperazione scientifica e della parità di accesso, al fine di mantenere lo spazio una res communis omnium e di trasformare ogni eventuale “beneficio derivato” in un patrimonio dell’ intera umanità.

L’impatto improvviso dell’era spaziale pose innanzitutto il problema del regime da attribuirsi allo spazio ed ai corpi celesti, misurando le rinnovate capacità di negoziazione delle potenze post II° Guerra Mondiale e riflettendo il forte assetto bipolare del globo che, di fatto, escludeva inesorabilmente dal processo decisionale ogni istanza proveniente da ambiti politici “marginali o di poco conto” rispetto alla configurazione del nuovo scacchiere. Tecnicamente creare delle norme per un settore totalmente nuovo, in assenza di specifici riferimenti positivi, significava innanzitutto estendere quelle norme internazionali vigenti che meglio si adattavano allo scopo.

Il dibattito internazionale sul regime applicabile era ovviamente pregno di implicazioni geo-politiche visto che, per la prima volta, gli Stati erano chiamati a definire un comune codice di condotta per lo sfruttamento di una risorsa nuova e dalle inimmaginabili potenzialità. Lo scontro principale verteva sulla modalità di configurare un regime comune di accessibilità allo spazio capace di conciliare le filosofie liberal-commerciali, sostenitrici di velleità privatistiche di appropriazione, le istanze socialiste di comunitarizzazione delle risorse e le volontà funzionalistico-cooperative propugnate dai promotori dell’integrazione regionale (2). In tale scenario un’Europa divisa da cortine di ferro non sviluppò mai una posizione comune, ma vide piuttosto la nascita ed il consolidamento di tante agenzie spaziali nazionali, che iniziavano a muovere i primi incerti passi nell’angusto spazio di manovra lasciato dalla dinamica bipolare, spazio che comunque permise loro di poter innanzitutto esistere, da principio esclusivamente come supporter e/o

supplier dell’una o dell’altra causa. Non diversamente da quanto è accaduto in

altri settori, le particolarità nazionali hanno dovuto pian piano necessariamente misurarsi con tutte le concomitanti istanze multilaterali e regionali, soprattutto in riferimento ai problemi generali del “riparto delle competenze”, della definizione di strategie comuni e della razionalizzazione delle risorse e degli obiettivi con esse perseguibili. Se tali problematiche non sembravano presentare ansie e particolari preoccupazioni di tipo operativo nell’assetto

(2)

federale statunitense né nel rigido centralismo sovietico, fu proprio nello scenario europeo che la dialettica tra cooperazione ed individualismi nazionali caratterizzò, anche per il settore spaziale, tutte le più incisive scelte macro-politiche del secondo dopoguerra.

Naturalmente il settore privato non mancò mai di recitare un ruolo chiave all’interno dell’ambito conflittuale di negoziazione delimitato dall’arena spaziale mondiale. Va detto a tal proposito che la tentazione di affermare un’egemonia del settore privato interessa anche le vicende dei nostri giorni, visto che le compagnie private, sempre più coinvolte nelle fasi ascendenti e discendenti dei vari programmi spaziali data l’esiguità della fetta di risorse pubbliche destinate a tali scenari, sempre più frequentemente avanzano pretese di esclusività di “uso e sfruttamento” a fronte della copertura dell’ingente “fattore rischio” dell’intrapresa, solo parzialmente soddisfatta dai complicati contratti assicurativi che, di volta in volta, riescono a “spuntare” a condizioni di mercato non certo preferenziali.

Tornando all’Europa, è solo il 30 Maggio del 1975 che i plenipotenziari di 10 Stati (Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svizzera e Svezia) pongono la loro firma nel Trattato istitutivo dell’Agenzia Spaziale europea (ESA), il cui compito precipuo era quello di assicurare e sviluppare, a fini esclusivamente pacifici, la cooperazione tra Stati europei nel campo della ricerca e della tecnologia spaziali, in vista delle loro applicazioni a scopi scientifici e per sistemi spaziali operativi. I negoziati che portarono alla ratifica dell’atto in questione furono alquanto difficoltosi ed il principale forum delle faticose intese raggiunte fu il più importante organismo settoriale allora esistente, la Conferenza spaziale europea (CSE). Quest’ultima era composta dai rappresentanti degli Stati dell’Europa occidentale interessati alla ricerca spaziale, riunitisi per la prima volta nel 1966 con lo scopo di coordinare tutte le iniziative individuali e collettive fino ad allora intraprese, ponendo di fatto fine ad un periodo di crisi dell’Eldo (European Launch Development Organisation) e dell’Esro (European Space Research

Organisation), sorte già negli anni ’60 ed ora destinate alla fusione in una nuova unica entità (3).

Ma è proprio quando le odierne spinte della globalizzazione hanno accentuato i processi competitivi e la definizione di precisi criteri d’eccellenza che l’Unione europea ha inaugurato la sua nuova politica spaziale, una vera e propria dichiarazione di intenti che, a quanto riportato nel Libro Verde e nel successivo Libro Bianco della Commissione europea (4), tenta di conciliare i principi della

multilevel governance con i dettami del diritto internazionale e le esigenze del

settore pubblico e di quello privato. La nuova politica spaziale dell’Unione europea ha previsto da un lato i due momenti essenziali di EGNOS

(

European Geostationary Navigation Overlay Service) (5) e di Galileo (relativamente al consolidamento di un proprio sistema satellitare orbitale), mentre dall’altro ha provveduto a riorganizzare il ruolo delle iniziative spaziali nazionali sotto il coordinamento e la supervisione della diade istituzionale Esa-Commissione europea, offrendo all’intera tribuna globale un nuovo modello strategico per lo sviluppo ed il consolidamento di una modalità regionale all’uso dello spazio.

* Cultore in Diritto dell’Unione europea e Diritto internazionale presso la Facoltà di Scienze Politiche, Università degli Studi di Perugia

1) L’Onu fu il promotore ed il principale forum di discussione e confronto per i cinque trattati multilaterali che costituiscono il cosiddetto Corpus Iuris Spatialis: the Outer Space Treaty (1967), the Rescue Agreement

(1968), the Liability Convention (1972), the Registration Convention (1975), the Moon Treaty (1979). Si

sottolinea l’ampio ruolo assunto dall’Onu nell’evoluzione della materia attraverso le numerose dichiarazioni di principio prodotte dall’Assemblea Generale, tramite il contributo dato alla stessa elaborazione dei Trattati disciplinanti la materia e le discussioni dottrinali avvenute all’interno dell’Uncopuos, comitato per l’uso pacifico dello spazio. Quest’ultimo è un organo sussidiario dell’Assemblea Generale, appositamente istituito con la risoluzione 1348 del 13/12/1958 e reso permanente con la risoluzione 1721/E del 20/12/1961. L’Uncopuos si compone di due sottocomitati, uno tecnico-scientifico e l’altro giuridico, ed appresta disegni di

(3)

risoluzioni e proposte di convenzioni per l’Agenzia Generale. Il primo nucleo normativo del sistema spaziale va ricercato nei principi primi e nell’analogia con determinate regole del sistema generale, vista l’assenza di regole specifiche. Solo successivamente si ebbe il notevole apporto di provenienza convenzionale con tendenza alla generalizzazione, cioè alla rilevanza erga omnes. A seconda quindi che tali normative appaiano in armonia/contrapposizione con il sistema generale va loro riconosciuto carattere ricognitivo, innovativo ed eccezionale (spesso alcune sono contenute in convenzioni non ratificate da tutti gli Stati). In Elisabeth Back

Impallomeni, “Spazio cosmico e Corpi celesti nell’ordinamento giuridico internazionale”, Cedam, Padova 1983, pp 4-8

2) Il dibattito internazionale circa le regole applicabili affrontò alcune questioni di diritto decisamente cruciali per i futuri riflessi geo-politici. Chi considerava la regione extra-atmosferica come una continuazione dello spazio atmosferico ne assimilò in parte i regimi, scontrandosi tuttavia con il problema dell’estensione della proprietà (sistema vigente per lo spazio atmosferico “dal suolo fino ad infinitum” nel sottosuolo e nella colonna aerea). Va detto a tal proposito che non esisterebbero particolari motivazioni tecniche, giuridiche o scientifiche per negare o controbattere l’estensione di tale regime anche all’outer space (principio della proprietà usque ad

siderea, con il giurista italiano Massimo Severo Giannini forte sostenitore di tale visione). Non prevalse nel

dibattito nemmeno la concezione di spazio e pianeti come res nullius sine domino (in Opphenaim-Lauterpacht,

“International Law”, London, 1955, p.555), principio che avrebbe configurato un regime di “libera

occupabilità dei pianeti”. Prevalse invece il concetto di res communis omnium traslato, con riferimento al mare, dal diritto internazionale pubblico che lo prefigurava fin dal secolo XVII (con il trionfo dell’assunto di Grozio, secondo una visuale giusnaturalista allora comunemente accettata, in Grotius, “De mari libero”, cap. I, Hagae

Comitis, 1680, p.1 ss.). Secondo tale visione lo spazio atmosferico viene paragonato a “mare territoriale”

mentre l’outer space all’alto mare (in Gorove, “Sovereignity and the Law of Outer Space re-examined”, in

AASL, 2, 1977). La conseguenza principale della visione così affermatasi riguardava proprio la disciplina del

regime di acquisizione, vale a dire che nello spazio extra-atmosferico il possesso non avrebbe comportato alcuna acquisizione di sovranità.

3) L’ ELDO era di fatto caratterizzata da un persistente disaccordo tra gli Stati in merito agli obiettivi da perseguire in concreto, mentre l’ESRO dovette subito fronteggiare problemi di carattere finanziario ed una conseguente costante ridefinizione dei suoi programmi di ricerca. In particolare tutta la ricerca scientifica venne considerevolmente ridotta per attuare nuovi programmi incentrati sia sulla realizzazione di satelliti (suscettibili di immediate utilizzazioni economiche) sia sulla costruzione di vettori che sulla partecipazione al programma post-Apollo. Venivano scelte attività che andavano ben al di la degli obiettivi in origine consegnati all’organizzazione, proprio mentre nei paesi socialisti si affermavano i programmi Intersputnik ed Intercosmos. In Ruggiero Cafari Panico “La cooperazione europea in campo spaziale”, Cedam Padova, 1983, pp 5-11 . Una rapida analisi delle fonti normative del diritto dello spazio pone in luce l’esistenza di almeno quattro principi fondamentali ai quali, direttamente o indirettamente, si richiamano tutte le norme che lo costituiscono: a) l’utilizzazione e l’esplorazione dello spazio extra-atmosferico e dei corpi celesti devono essere finalizzate all’interesse generale dell’umanità e tutti gli Stati devono facilitare la cooperazione internazionale per la ricerca scientifica nello spazio b) tutti gli Stati possono esplorare ed utilizzare liberamente qualsiasi parte dello spazio extra-atmosferico in condizione di eguaglianza ed in conformità al diritto internazionale c) lo spazio extra-atmosferico ed i corpi celesti non possono formare oggetto di appropriazione, rivendicazione di sovranità, o di altri diritti esclusivi, da parte di un qualsiasi Stato 4) i danni provocati sulla Terra dalle attività spaziali devono essere risarciti anche se sono conseguenza di un comportamento legittimo dello Stato cui l’attività è imputabile. In (a cura di) Gabriella Catalano Sgrosso, Diritto dello spazio – Recenti sviluppi e

prospettive, Atti del convegno internazionale organizzato dall’Istituto di Diritto Internazionale della Facoltà di Economia e Commercio, Università “La Sapienza” di Roma, CEDAM, Padova 1994

4) Libro Verde “Politica spaziale europea”, COM(2003) 17 definitivo, e Libro Bianco “Spazio: una nuova

frontiera per un’Unione in espansione. Piano di azione per attuare una politica spaziale europea”, COM(2003) 673 definitivo.

5) EGNOS ha lo scopo di migliorare le prestazioni ottenibili da GPS e GLONASS attraverso una rete di stazioni a terra e uno o più satelliti geostazionari per la diffusione dei segnali su scala regionale. EGNOS, sotto il controllo della Commissione Europea, dell’ESA e di Eurocontrol, ha visto in parte la sua “piena operatività” nel corso del 2006, con la gestione da parte di ESSP (European Satellite Services Provider), ente creato dai maggiori soggetti europei per il controllo del traffico aereo: AENA (Spagna), DFS (Germania), DSNA (Francia), ENAV (Italia), NATS (Regno Unito), NAV (Portogallo) e Skyguide (Svizzera)

Riferimenti

Documenti correlati

j) Per “Informazioni Confidenziali” si intendono, senza limite alcuno, tutte le informazioni, i dati o le conoscenze di qualsivoglia natura contenute nel Background, nel

Si chiarisce infatti che essa non costituisce una base legale per estendere i poteri dell’Unione e non inficia il principio di attribuzione né quelli di sussidiarietà e

Da parte dei Governi e dei vari Enti nazionali di previdenza sociale appare quindi opportuno individuare nuovi strumenti di politica sulle invalidità; essi dovrebbero promuovere

( 1 ) Comunicazione della Commissione — Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà (GU C

In futuro, la politica fiscale dell’Unione europea potrà ancora fissarsi nuove priorità, ma la sua essenza resterà la stessa: si tratterà di assicurarsi che le politiche

Inoltre, il cambiamento della dirigenza politica alla fine degli anni Settanta ha aperto un nuovo periodo della storia della Repubblica Popolare Polacca , definita come l’epoca

Tale Progetto di Ricerca, finanziato dalla Commissione Europea nel periodo 2005 - 2008, ha l’obiettivo principale di individuare le dinamiche e le

Tutte le decisioni quadro, sia quelle in corso di approvazione sia quelle già approvate in via definiti- va, presentano una struttura comune: la definizione degli ele-