• Non ci sono risultati.

I diritti dell'imputato nella cooperazione penale nell'Unione europea

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "I diritti dell'imputato nella cooperazione penale nell'Unione europea"

Copied!
116
0
0

Testo completo

(1)

i

INDICE

INTRODUZIONE ...3

CAPITOLO I: LA COOPERAZIONE GIUDIZIARIA IN MATERIA PENALE 1.1.EVOLUZIONE STORICA...5

1.2.LA TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI NELL’UNIONE EUROPEA ...13

1.2.1. Il Consiglio di Tampere e l’elaborazione della Carta di Nizza ...14

1.2.2. Il Programma dell’Aja ...17

1.2.3. L’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali19 1.3.LA TUTELA DEI DIRITTI DI INDAGATI E IMPUTATI: IL LIBRO VERDE SULLE GARANZIE PROCEDURALI ...21

1.3.1. La proposta di decisione quadro in materia di determinati diritti processuali ...23

1.4.IL PROGRAMMA DI STOCCOLMA ...24

1.5LE LINEE GUIDA POST STOCCOLMA ...27

CAPITOLO II: LA DIRETTIVA 2010/64/UE SUL DIRITTO ALL’INTERPRETAZIONE E ALLA TRADUZIONE NEI PROCEDIMENTI PENALI 2.1.PREMESSA...29

2.2.L’AMBITO DI APPLICAZIONE SOGGETTIVO E OGGETTIVO ...32

2.3.IL DIRITTO ALL’INTERPRETAZIONE E ALLA TRADUZIONE ...34

2.4.L’ASSISTENZA LINGUISTICA IN ITALIA PRIMA DELLA NOVELLA LEGISLATIVA...38

2.4.1. Aspetti problematici del sistema processuale in tema di interpretazione e traduzione ...42

2.5.LE MODIFICHE INTRODOTTE DAL DECRETO LEGISLATIVO 4 MARZO 2014, N.32 ...44

2.5.1. Diritto all’interpretazione e diritto alla traduzione ...44

2.5.2. L’accertamento della conoscenza della lingua italiana ...48

2.5.3. La qualità dell’assistenza linguistica ...50

CAPITOLO III: LA DIRETTIVA 2012/13/UE SUL DIRITTO ALL’INFORMAZIONE NEI PROCEDIMENTI PENALI 3.1.PREMESSA...53

3.2.L’OGGETTO DELLA DIRETTIVA...54

3.3.IL DIRITTO ALL’INFORMAZIONE NEI PROCEDIMENTI PENALI ...56

(2)

ii

3.6.IL DIRITTO DI ACCESSO ALLA DOCUMENTAZIONE RELATIVA ALL’INDAGINE ...61

3.7.L’ATTUAZIONE IN ITALIA MEDIANTE IL DECRETO LEGISLATIVO 1

LUGLIO 2014, N.101 ...63 3.7.1. Il diritto di accesso al materiale probatorio ...68 CAPITOLO IV: LA DIRETTIVA 2013/48/UE SUL DIRITTO AL DIFENSORE NEL PROCEDIMENTO PENALE E A

COMUNICARE CON TERZI

4.1.PREMESSA...69 4.2.L’AMBITO DI APPLICAZIONE ...71 4.3.IL DIRITTO DI AVVALERSI DI UN DIFENSORE NEL PROCEDIMENTO PENALE...73

4.3.1. Il contenuto del diritto all’assistenza legale ...76 4.4.IL DIRITTO DI INFORMARE UN TERZO DELLA PRIVAZIONE DELLA LIBERTÀ PERSONALE E DI COMUNICARE DURANTE LO STATO DI

PRIVAZIONE DELLA LIBERTÀ PERSONALE ...79

4.5.LE CONDIZIONI GENERALI DEL REGIME DEROGATORIO ...81 4.6.IL DIRITTO DI ACCESSO A UN DIFENSORE NEL PROCEDIMENTO DI ESECUZIONE DEL MANDATO D’ARRESTO EUROPEO ...83

4.7.IL DIRITTO DI RINUNCIA ALLA DIFESA ...84 4.8.LA TUTELA GIURISDIZIONALE ...85 4.9.BREVI CONSIDERAZIONI SUL DIRITTO DI DIFESA

NELL’ORDINAMENTO ITALIANO ...86

CAPITOLO V: NUOVO PACCHETTO DI MISURE A FAVORE DI INDAGATI E IMPUTATI

5.1.PREMESSA...90 5.2.LA PROPOSTA DI DIRETTIVA SUL RAFFORZAMENTO DI ALCUNI ASPETTI DELLA PRESUNZIONE DI INNOCENZA E DEL DIRITTO DI

PRESENZIARE AL PROCESSO NEI PROCEDIMENTI PENALI ...92

5.3.LA RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE SULLE GARANZIE PROCEDURALI PER LE PERSONE VULNERABILI ...96 5.4.LA PROPOSTA DI DIRETTIVA SULLE GARANZIE PROCEDURALI PER I MINORI INDAGATI O IMPUTATI IN PROCEDIMENTI PENALI ...98

5.5.QUADRO DI INIZIATIVE ADOTTATE IN MATERIA DI ASSISTENZA LEGALE GRATUITA ... 102

5.5.1. La proposta di direttiva sull’ammissione provvisoria al patrocinio a spese dello Stato ... 102 5.5.2. La raccomandazione sul diritto al patrocinio a spese dello Stato ... 104

(3)

iii

CONCLUSIONI ... 106 BIBLIOGRAFIA ... 109 GIURISPRUDENZA CITATA ... 113

(4)

1

A mio nonno Gianni e

a mia nonna Giovanna,

(5)

2

“L’impegno a contrastare la criminalità per garantire la sicurezza dei cittadini trova sempre il suo limite naturale nel rispetto delle garanzie difensive” (E. Amodio).

(6)

3

INTRODUZIONE

Il presente elaborato intende fornire un contributo sul costituendo spazio processual penale europeo, fondato su norme minime comuni a tutela di indagati e imputati. L’introduzione di standards minimi di tutela dei diritti delle persone, coinvolte nelle diverse fasi del procedimento penale, mira a rafforzare non solo le garanzie processuali, ma anche la fiducia reciproca che i Paesi membri ripongono nei rispettivi sistemi di giustizia penale. Tutto ciò si concretizza attraverso l’adozione step by step, e tuttora in corso, di una serie di direttive teleologicamente orientate a costituire una base procedurale comune per i ventotto Stati dell’Unione europea.

Le istituzioni dell’Unione sono intervenuti, in primis, attraverso l’adozione della direttiva 2010/64/UE a tutela del diritto alla traduzione e all’interpretazione nei procedimenti penali il cui termine di recepimento è scaduto il 27 ottobre 2013. In seguito, sono state adottate altre due direttive: la direttiva 2012/13/UE sul diritto all’informazione nei procedimenti penali il cui termine di attuazione è scaduto il 2 giugno 2014 e la direttiva 2013/48/UE sul diritto al difensore e a comunicare con terzi e autorità consolari in caso di privazione della libertà personale il cui termine ultimo per recepirla è previsto per il 27 novembre 2016. Le tre direttive hanno in comune la base giuridica, costituita dall’art. 82, par. 2 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea dove si individua nei “diritti della persona nella procedura penale” un ambito nel quale l’Unione può stabilire norme minime “per facilitare il riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e la cooperazione di polizia e giudiziaria nelle materie penali aventi dimensione transnazionale”. Il trittico di direttive esaminate nel presente lavoro contiene, infine, la cosiddetta “clausola di non regressione” volta ad impedire interpretazioni della direttiva implicanti limiti e deroghe ai diritti e alle garanzie procedurali offerte dalla Convenzione europea per la

(7)

4

salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, da altre pertinenti disposizioni di diritto internazionale o dalle legislazioni degli Stati membri che assicurano un livello di protezione più elevato. Dopo l’analisi delle tre direttive poc’anzi citate e degli strumenti di attuazione delle stesse che sono stati adottati nell’ordinamento italiano, viene affrontato, nel capitolo conclusivo, un esame sommario sul pacchetto di iniziative presentato dalla Commissione il 27 novembre 2013. Si tratta di tre proposte di direttive e due raccomandazioni atte a rafforzare i diritti processuali dei cittadini europei coinvolti in procedimenti penali, garantendo loro un processo giusto, indipendentemente dallo Stato membro in cui esso si svolga.

(8)

5

CAPITOLO I

LA COOPERAZIONE GIUDIZIARIA IN

MATERIA PENALE

1.1. Evoluzione storica

La cooperazione in materia di Giustizia e Affari Interi (GAI), inserita nel Trattato di Maastricht, in realtà nasce già dal momento in cui gli Stati membri cominciano ad instaurare tra loro varie forme di concertazione in tale ambito utilizzando gli strumenti tradizionali del diritto internazionale1. In occasione del Consiglio europeo di Bruxelles del 1977, il presidente francese Giscard d’Estaing, cominciò a parlare di “espace judiciaire unique” con l’idea di creare uno spazio giuridico europeo al fine di rispondere all’emergere di fenomeni terroristici in Europa. Originariamente le principali politiche intraprese dalla Comunità, conformemente allo spirito dei trattati, furono avviate con l’intento di realizzare in maniera graduale la creazione del mercato comune essenzialmente attraverso il riconoscimento delle quattro libertà di circolazione: merci, persone, servizi e capitali2. La realizzazione di uno spazio senza frontiere interne da un lato ha reso possibile un sempre più celere progresso sociale ma dall’altro ha determinato un incremento della criminalità. L’idea di avviare una collaborazione tra le forze di polizia dei vari stati membri per contrastare i crimini transnazionali risale al 1975 quando venne istituito il gruppo TREVI3 nell’ambito del quale le

1

R. Panizza, Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in M. Colucci e S. Sica (a cura di), L’unione Europea: principi, istituzioni, politiche, costituzioni, Bologna, 2005, p. 533.

2

Successivamente l’Atto Unico Europeo procede ad una revisione dei trattati CEE ed CEEA in modo tale da portare a termine la realizzazione del mercato interno

3

Il gruppo TREVI (Terrorismo, Radicalismo, Estremismo, VIolenza internazionale) nasce in seguito alla proposta del Primo Ministro inglese Callaghan il quale suggerì di organizzare degli incontri periodici per discutere dei problemi relativi al terrorismo.

(9)

6

competenti autorità degli Stati membri (per l’Italia, il Ministero degli Interni), cominciarono a formare gruppi di lavoro le cui riunioni si svolgevano, in maniera informale, due volte l’anno parallelamente ai vertici europei. L’anno successivo furono create una serie di gruppi ad hoc a seconda delle esigenze del caso, tra cui ad esempio TREVI 1 (lotta al terrorismo) e TREVI 2 (cooperazione di polizia per le questioni di ordine pubblico) per poi passare, nel 1985 alla creazione del gruppo TREVI 3 (cooperazione in materia di repressione della criminalità organizzata e del traffico di stupefacenti)4.

Nel frattempo, in ambito intergovernativo, il 14 giugno 1985 i leader di cinque paesi europei (Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi) decisero di dare un impulso decisivo alla libera circolazione delle persone e all’abolizione dei controlli alle frontiere comuni sottoscrivendo il cosiddetto Accordo di Schengen, un vero e proprio Trattato di diritto internazionale. A quegli accordi fece seguito, il 19 giugno 1990, la relativa convenzione di applicazione5 firmata sempre dagli stessi Stati membri. Attraverso alcune disposizioni di tali accordi si giungeva alla costruzione di uno Spazio penale europeo come ad esempio l’art 54 CAAS, relativo al principio del ne bis in idem e agli artt. 40 e 42 CAAS riguardanti l’osservazione e l’inseguimento transfrontalieri.

Con il Trattato di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993, si è arrivati ad un’altra tappa importante attraverso la suddivisione della struttura comunitaria in tre pilastri: nel primo pilastro viene inserito il settore comunitario, nel secondo il settore della Politica Estera e Sicurezza Comune (PESC) e nel terzo il settore denominato Giustizia ed Affari Interni (GAI). Per quanto riguarda le materie del primo pilastro, relative alle tre Comunità, gli

4

Cfr. M. Romani, Servizi di polizia internazionale, cooperazione giudiziaria e terzo pilastro dell’unione europea, Padova, 2009, p.200.

5

In seguito, altri Stati comunitari hanno aderito all’intero acquis di Schengen che è stato inserito nell’ordinamento dell’Unione europea, dal 1° maggio 1999, per iniziativa del Trattato di Amsterdam.

(10)

7

Stati hanno ceduto parte della loro sovranità statale alle istituzioni comunitarie seguendo il cosiddetto metodo comunitario che marginalizzava il ruolo dei governi nazionali a favore delle istituzioni europee e dove, quindi, si operava attraverso strumenti che avevano un alto grado di vincolatività come i regolamenti, le direttive e le decisioni. Per quanto, invece, riguarda il secondo (PESC) e terzo (GAI) pilastro, gli Stati, reticenti a delegare competenze da sempre considerate di esclusiva competenza interna, avrebbero perseguito obiettivi comuni attraverso il metodo intergovernativo e operando, questa volta, con strumenti a bassa vincolatività come gli orientamenti generali, le strategie comuni, le azioni e posizioni comuni, le decisioni-quadro e le decisioni. La cooperazione in ambito della giustizia ed affari interni è precisamente incorporata nel titolo VI del TUE rubricato “Disposizioni relative alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni”. L’art K.1 stabilisce che “Ai fini della realizzazione degli obiettivi dell’Unione, in particolare della libera circolazione delle persone, fatte salve le competenze della Comunità europea, gli Stati membri considerano questioni di interesse comune” nove settori tra cui la cooperazione giudiziaria in materia penale (n7), la cooperazione doganale (n8), la cooperazione di polizia ai fini della prevenzione e della lotta contro il terrorismo, il traffico illecito di droga e altre forme gravi di criminalità internazionale, compresi, se necessario, taluni aspetti di cooperazione doganale, in connessione con l’organizzazione a livello dell’Unione di un sistema di scambio di informazioni in seno ad un Ufficio europeo di polizia (Europol) (n9). Tali settori, come indicato dallo stesso Trattato, vengono trattati nel rispetto della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950. Il Trattato di Maastricht, tuttavia, fu aspramente criticato dalle stesse istituzioni comunitarie, dagli Stati membri e dalla dottrina per la mancanza di obiettivi chiari e precisi nel settore della cooperazione in materia di giustizia e affari interni e a

(11)

8

questi problemi, il Trattato di Amsterdam ha cercato di dare una risposta.

Il Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1 maggio 1999 ha conservato la struttura a tre pilastri operando modifiche rilevanti soprattutto nel settore della giustizia e affari interni (ora denominato cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale) provvedendo a comunitarizzare alcune materie ossia a trasferirle nel primo pilastro6; Il Trattato di Amsterdam si prefigge di fornire ai cittadini dell’Unione, ex art 29 TUE, un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia prevenendo e reprimendo la criminalità e in particolare il terrorismo, la tratta degli esseri umani, i reati contro i minori, il traffico illecito di droga e di armi, la corruzione e la frode. Tale obiettivo è perseguito attraverso una più “stretta cooperazione” tra le forze di polizia e le autorità giudiziarie anche tramite Europol ed Eurojust e per il ravvicinamento, ove necessario, delle legislazioni penali degli Stati membri. Quest’ultimo obiettivo è circoscritto alla fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni per quanto riguarda la criminalità organizzata, il terrorismo e il traffico illecito di stupefacenti (art 31, lett e). La norma di riferimento cita soltanto tre fattispecie incriminatrici ma, da una lettura sistematica del Titolo VI TUE, discende che il ravvicinamento delle legislazioni penali nazionali riguarda anche le altre forme di criminalità espresse dall’art 29 poc’anzi citate7

. Inoltre il Trattato di Amsterdam inserì l’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea attraverso un protocollo annesso al Trattato. Tale integrazione era necessaria per vari motivi: da una parte perché la cooperazione Schengen e l’Unione europea

6

Le uniche materie che hanno mantenuto la collocazione iniziale sono quelle riconducibili alla cooperazione in materia penale e di polizia.

7

R. Panizza, Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in M. Colucci e S. Sica (a cura di), L’unione Europea: principi - istituzioni - politiche - costituzioni, Bologna, 2005, p. 536, nt 19.

(12)

9

perseguivano gli stessi obiettivi, dall’altra perché l’accordo di Schengen vedeva l’adesione continua di più Stati.

Nonostante i passi in avanti compiuti col Trattato di Amsterdam, continuavano a sussistere differenze tra i vari pilastri soprattutto in merito agli strumenti giuridici adottabili nell’ambito di ciascun pilastro e al loro relativo procedimento di adozione. Gli strumenti adottabili nel terzo pilastro (Posizioni comuni, Decisioni, Decisioni quadro e Convenzioni) non godevano della efficacia self-executing delle fonti comunitarie quali i regolamenti e le direttive. Inoltre, nel primo pilastro, l’iniziativa legislativa spettava alla Commissione europea e la decisione che conclude il procedimento (adottata per lo più con il metodo della codecisione) spettava al Consiglio,al Parlamento e alla stessa Commissione. Nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale, invece, un ruolo centrale era dato agli Stati membri ed al Consiglio, mentre per le altre istituzioni (Commissione europea, Parlamento europeo e Corte di Giustizia) il potere era limitato. Il processo decisionale, infatti, avveniva interamente all’interno del Consiglio, con una partecipazione molto limitata del Parlamento il quale aveva la possibilità di esprimere pareri non vincolanti oppure poteva rivolgere interrogazioni ed interpellanze. La Commissione, infine, aveva solo un potere di iniziativa, al pari degli Stati membri, ma non anche un potere di vigilanza come avveniva nel settore comunitario8. Dunque l’adozione degli atti del terzo pilastro dipendeva solo dall’effettiva disponibilità degli Stati a cooperare.

Questo percorso si conclude con la firma del Trattato di Lisbona9 entrato in vigore il 1° dicembre 2009 il quale si compone di due corpi legislativi: il Trattato sull’Unione europea (TUE) e il Trattato sul

8

P. Bilancia, Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia tra realtà intergovernativa e prospettiva comunitaria, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2004, p. 351.

9

Il Trattato di Lisbona riprende in materia di cooperazione giudiziaria e di polizia le riforme introdotte dal Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa.

(13)

10

Funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Il Trattato di Lisbona ha introdotto importanti novità soprattutto per le materie relative alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale prima fra le quali l’abolizione della struttura a tre pilastri dell’Unione Europea e la riconducibilità delle materie del terzo pilastro all’interno del titolo V del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea dedicato allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, settore di competenza concorrente dell’Unione con quella degli Stati membri (art 4 TFUE). La cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, dunque, diventa a pieno titolo diritto dell’Unione ed è sottoposta, oramai, alla procedura legislativa ordinaria. Ogni atto dell’Unione, dovendo trovare l’accordo tanto del Consiglio, tanto del Parlamento europeo, viene adottato attraverso un maggior coinvolgimento democratico nel processo decisionale in materia di spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia; inoltre, in materia penale sostanziale e processuale trovano accoglimento i regolamenti e le direttive: i regolamenti sono atti direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri, mentre le direttive sono atti che vincolano lo Stato membro per quanto riguarda il risultato da raggiungere, lasciando liberi gli Stati membri di scegliere la forma e i mezzi idonei a conseguire il risultato. Tuttavia l’Europa non si sostituisce allo Stato nell’amministrazione della giustizia per il caso singolo, ma riconosce ai singoli una serie di diritti e detta regole di organizzazione e di funzionamento rivolte agli Stati10. Il nuovo Trattato, inoltre, amplia le competenze della Corte di Giustizia che, in tale settore, oltre a poter giudicare sui ricorsi per infrazione, per annullamento, per carenza e per risarcimento, potrà pronunciarsi anche in via pregiudiziale. Tuttavia, l’art 276 TFUE stabilisce che la Corte di Giustizia non è competente a esaminare la validità o la proporzionalità di operazioni condotte dalla polizia o da altri servizi incaricati dell’applicazione della legge di uno Stato

10

A.Gaito, L’adattamento del diritto interno alle fonti europee, in Dominioni - Corso – Gaito – Spangher – Dean – Garuti – Mazza, Procedura penale, Torino, 2010, p. 26.

(14)

11

membro o l’esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna. Il titolo V si apre con l’art 67 TFUE che, al paragrafo 1, stabilisce che tale spazio di libertà, sicurezza e giustizia si realizza nel rispetto dei diritti fondamentali. Il Trattato di Lisbona disciplina la cooperazione giudiziaria nel Capo IV (artt. 82-86) del Titolo V.

La cooperazione giudiziaria in materia penale nell’Unione (art. 82 TFUE) è fondata sul principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e include il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri11. A tal proposito il Parlamento europeo e il Consiglio possono stabilire mediante direttive, secondo la procedura legislativa ordinaria, norme minime che riguardano la definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale quali terrorismo, tratta degli esseri umani e sfruttamento sessuale delle donne e dei minori, traffico illecito di stupefacenti e di armi, riciclaggio di denaro, corruzione, contraffazione di mezzi di pagamento, criminalità informatica e criminalità organizzata (art. 83) ma non anche ambientale12 in quanto esiste una politica ambientale dell’UE che consta di norme penali definitorie di reati e sanzioni. L’articolo de quo, come si deduce dal riferimento alla “particolare gravità dei reati”, codifica le competenze penali indirette dell’Unione supponendo un intervento in settori già disciplinati nell’ordinamento interno13

. La stessa Corte di giustizia ha chiarito che una direttiva comunitaria non può avere l’effetto, di per sé

11

Il 15 e 16 ottobre 1999, al Consiglio di Tampere si specifica come il rafforzamento del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie e delle sentenze e il necessario ravvicinamento delle legislazioni possano facilitare la cooperazione fra le autorità, come pure la tutela giudiziaria dei diritti dei singoli.

12

POCAR-BARUFFI, Commentario breve ai Trattati dell’Unione Europea, Padova, 2014, p. 675

13

A.Iermano, Garanzie minime nello spazio europeo di giustizia penale, Napoli, 2014, p. 45.

(15)

12

ed indipendentemente da una legge interna di uno Stato membro adottata per la sua attuazione, di determinare o di aggravare la responsabilità penale di coloro che agiscono in violazione delle sue disposizioni14. L’elenco degli eurocrimini poc’anzi citate ha carattere tassativo, soggetto a modificazione dal Consiglio il quale, in funzione dell’evoluzione della criminalità, può adottare all’unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo, una decisione che individua altre sfere di criminalità.

Tuttavia, norme minime vengono adottate anche in quei settori che attengono alla sfera processuale. Si fa riferimento a:

L’ammissibilità reciproca delle prove tra gli Stati membri; I diritti della persona nella procedura penale;

I diritti delle vittime della criminalità;

Altri elementi specifici della procedura penale, individuati dal Consiglio in via preliminare mediante una decisione.

Agli Stati, tuttavia, non è preclusa la possibilità di introdurre o mantenere un livello più elevato di tutela delle persone. Lo scopo principale è quello di realizzare uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia all’interno del quale garantire la libera circolazione delle persone, in condizioni di eguale sicurezza ed accesso alla giustizia, nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone.

Gli artt. 82 e 83 prevedono, inoltre, la possibilità di attivare il cosiddetto freno di emergenza (emergency brake), un meccanismo che consente ad ogni Stato membro di fare appello al Consiglio europeo tutte le volte in cui ritenga che un progetto di direttiva incida su aspetti fondamentali del proprio ordinamento giuridico penale sospendendo, così, la procedura legislativa ordinaria. In caso di disaccordo sull’essenza delle direttive, almeno nove Stati membri possono instaurare una cooperazione rafforzata.

14

Corte di giustizia CE, sentenza dell’11 giugno 1987, causa C-14/68, Pretore di Salò c. ignoti, p. 20.

(16)

13

Tali cambiamenti, talvolta radicali, non hanno trovato accoglimento in tutti gli Stati membri e dunque, si è dovuto trovare delle soluzioni di compromesso: da una parte sono stati concessi regimi di opt out a certi Stati ovvero alla Danimarca, al Regno Unito e all’Irlanda, dall’altra, come poc’anzi ricordato, la possibilità concessa agli Stati di bloccare, a determinate condizioni, l’adozione di certi strumenti normativi.

1.2. La tutela dei diritti fondamentali nell’Unione

europea

La tutela dei diritti fondamentali degli individui non trovava pieno accoglimento all’interno del Trattato istitutivo della Comunità europea15. La Corte di Giustizia, a tal proposito, ha sempre avuto un ruolo fondamentale nel processo di integrazione europea (e, dopo il Trattato di Lisbona, nella materia della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale) e ha creato i cosiddetti principi generali dell’ordinamento comunitario in modo tale da produrre norme in settori non disciplinati dai trattati. Essa ha stabilito che, per determinare il contenuto dei principi generali in materia di tutela dei diritti dell’uomo, si debba far riferimento a due fonti:

Le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri;

I trattati internazionali ai quali hanno aderito gli Stati membri. Il Trattato che riveste maggior importanza per la tutela dei diritti dell’uomo è, senza dubbio, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali a cui la giurisprudenza della Corte di Giustizia si è ispirata prendendo in considerazione una vasta gamma di diritti in essa tutelati come il divieto di discriminazioni religiose, il rispetto della vita privata, il diritto ad un termine ragionevole nei processi giurisdizionali, il diritto al contraddittorio. Tale Convenzione, infatti, pur gravitando nello spazio giuridico europeo, non ha alcun rapporto con l’ambito

15

L’art 12 del Trattato istitutivo della Comunità Europea sanciva solo il principio di parità di trattamento.

(17)

14

comunitario avendo natura di strumento internazionale in senso stretto16. Per garantire il rispetto dei diritti in essa contenuti è stata istituita la Corte europea dei diritti dell’uomo la quale può essere adita anche da una persona fisica, da una organizzazione non governativa o da un gruppo di privati ma solo quando siano già state esaurite tutte le vie di ricorso interne e, comunque, entro sei mesi dalla data della decisione interna definitiva. All’esito del procedimento, se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli, condanna lo Stato, autore di quella violazione, al pagamento in favore della parte lesa di una somma di denaro a titolo di equa soddisfazione. Altri strumenti di diritto internazionale cui la Corte ha fatto riferimento sono: il Patto sui diritti civili e politici del 1966, il Patto sui diritti economici sociali e culturali e, infine, la Carta Sociale Europea del 1961.

In seguito all’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, l’Unione europea ha dichiarato di basarsi sui principi della libertà, della democrazia, del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché dello Stato di diritto, principi comuni a tutti gli Stati membri. I diritti fondamentali, dunque, godono di una tutela sempre più ampia e gli operatori giuridici si devono confrontare,ormai, con un sistema variegato di fonti normative che vanno dalla Costituzione fino alle fonti internazionali ed europee che integrano l’ordinamento nazionale e, in alcuni casi, si sostituiscono ad esso.

1.2.1. Il Consiglio di Tampere e l’elaborazione della

Carta di Nizza

La debolezza del metodo intergovernativo, tipica procedura per le materie del terzo pilastro, ha portato il Consiglio europeo, il 15 e 16 ottobre 1999, nella città di Tampere, a tenere una riunione

16

C.M.Paolucci, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, Torino, 2011, p.328.

(18)

15

straordinaria sulla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea. In quell’occasione il Consiglio europeo ha ribadito la necessità di evitare che i criminali potessero sfruttare le differenze esistenti tra i sistemi giudiziari degli Stati membri e furono stabiliti gli obiettivi prioritari che l’Unione europea avrebbe dovuto perseguire: si è detto, per quanto concerne il tema dell’accesso alla giustizia, che il Consiglio europeo (in cooperazione con altri organismi) invita la Commissione a lanciare una campagna di informazione e a pubblicare adeguate “guide dell’utente” sulla cooperazione giudiziaria nell’Unione e sui sistemi giuridici degli Stati membri oltre che ad istituire un sistema di informazione di facile accesso. Si richiede, inoltre, la definizione di norme minime comuni per i formulari o documenti multilingui da utilizzare nelle cause transnazionali nell’Unione i quali dovrebbero essere accettati come documenti validi in tutti i procedimenti che si svolgono nell’Unione. Tra gli obiettivi fissati dal vertice di Tampere c’è anche la necessità di elaborare norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità, in particolare sull’accesso delle vittime alla giustizia e sui loro diritti al risarcimento dei danni, comprese le spese legali. Dovrebbero inoltre essere creati programmi nazionali di finanziamento delle iniziative, sia statali che non governative, per l’assistenza alle vittime e la loro tutela. Altro obiettivo, cui si prefiggeva il Consiglio di Tampere riguardava il rafforzamento del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie e delle sentenze e il necessario ravvicinamento delle legislazioni i quali faciliterebbero la cooperazione fra le autorità, come pure la tutela giudiziaria dei singoli; inoltre, il principio del reciproco riconoscimento dovrebbe diventare il fondamento della cooperazione giudiziaria nell’Unione tanto in materia civile quanto in materia penale. Affinché una qualsiasi decisione giudiziaria possa in futuro circolare liberamente e soprattutto venire riconosciuta automaticamente ed eseguita da parte delle autorità giudiziarie di un altro Stato, sarà necessario poter nutrire la più completa fiducia sulla

(19)

16

piena indipendenza del giudice che l’ha emanata nel più ristretto rispetto delle regole dello Stato di diritto17. Al punto 37, si specifica che il Consiglio europeo invita il Consiglio e la Commissione ad adottare, entro il dicembre 2000, un programma per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento. Secondo una Comunicazione della Commissione del 26 luglio 2000 sul reciproco riconoscimento delle decisioni definitive in materia penale18, è necessario garantire che il trattamento degli indagati ed i diritti della difesa non siano pregiudicati dall’applicazione del principio in esame e che, anzi, le garanzie siano rafforzate. I principi elaborati nel vertice di Tampere, infine, hanno trovato supporto nel cosiddetto Programma di Misure, adottato dal Consiglio il 30 novembre 2000, il quale precisa, nella parte introduttiva, che il principio del reciproco riconoscimento deve consentire di rafforzare non solo la cooperazione tra Stati membri, ma anche la protezione dei diritti delle persone. Esso, inoltre, può favorire un miglior reinserimento sociale del delinquente. La portata del reciproco riconoscimento è strettamente legata alla esistenza e al contenuto di taluni criteri da cui dipende l’efficacia dell’esercizio; tra i vari criteri possiamo ricordare i meccanismi di protezione dei diritti dei terzi, delle vittime e delle persone sospette.

Il Consiglio europeo, come specificato nella parte introduttiva, ha approvato la composizione, il metodo di lavoro e le modalità pratiche dell’organo preposto all’elaborazione di un progetto di Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea19

(o Carta di Nizza) che l’Italia ha ratificato con la legge 11 maggio 2002, n. 102. In tale documento l’Unione europea elenca una serie di diritti e di libertà fondamentali riconosciuti da numerosi accordi internazionali tra cui la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. I diritti descritti dalla Carta sono

17

L. Salazar, La costruzione di uno Spazio di libertà, sicurezza e giustizia dopo il Consiglio europeo di Tampere, in Cassazione penale, 2000, p.1131.

18

COM (2000) 495

19

Proclamata una prima volta il 7 dicembre 2000 a Nizza e una seconda volta il 12 dicembre 2007 a Strasburgo dal Parlamento europeo, Consiglio e Commissione.

(20)

17

suddivisi in sei sezioni: Dignità, Libertà, Eguaglianza, Solidarietà, Diritti dei cittadini e Giustizia20. Infine, nel Capo VII rubricato “disposizioni generali”, vi sono alcune regole (artt. 51-54) che definiscono l’ambito di applicazione e disciplinano i rapporti con gli altri strumenti di tutela. L’ambito di applicazione della Carta, abbraccia le istituzioni e gli organi dell’Unione come pure gli Stati membri ma in quest’ultimo caso solo quando essi agiscono nell’attuazione del diritto dell’Unione. Ciò significa che i diritti fondamentali in essa contenuti devono essere tenuti ben presenti dagli organi dell’Unione quando adottano provvedimenti in materia di giustizia soprattutto per quanto riguarda i diritti della difesa dell’imputato21

. La Carta, inoltre, stabilisce la portata dei diritti in essa enunciati sia rispetto ai trattati comunitari e al TUE, sia rispetto alla Convenzione europea. Da una parte la Carta prevede che i diritti in essa contenuti e che trovano fondamento nei trattati comunitari o nel Trattato sull’Unione europea, si esercitano alle condizioni e nei limiti definiti dagli stessi; dall’altra la Carta dispone che, laddove essa contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla stessa Convenzione, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta Convenzione facendo salva la possibilità dell’Unione di garantire una protezione più estesa.

1.2.2. Il Programma dell’Aja

Il 4 e 5 novembre 2004, cinque anni dopo il Consiglio europeo di Tampere, il Consiglio ha adottato un nuovo programma pluriennale, noto come Programma dell’Aja, con lo scopo di rafforzare tutti gli aspetti relativi allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Tra i vari

20

Il titolo VI in tema di giustizia fissa i diritti fondamentali che devono essere rispettati e tra questi individua: il diritto ad un ricorso effettivo e a un giudice imparziale; la presunzione di innocenza e i diritti della difesa; il principio di legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene; il diritto a non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato.

21

A. Gualazzi, Lineamenti europei del diritto di difesa, in Filippi, Gualtieri, Moscarini, Scalfati (a cura di), La circolazione investigativa nello Spazio giuridico europeo: strumenti, soggetti, risultati, Padova, 2010, p. 189.

(21)

18

obiettivi strategici contenuti nel programma dell’Aia, la Commissione ha individuato dieci priorità essenziali sulle quali concentrarsi nell’arco del prossimo quinquennio ad esempio il rafforzamento dei diritti fondamentali in cui si auspica l’adozione di una serie di misure volte al rispetto di tali diritti come la trasformazione dell’Osservatorio europeo del razzismo e della xenofobia in un’Agenzia per i diritti fondamentali, o una maggior vigilanza sulla protezione dei diritti dei minori e delle donne vittime di violenza, il contrasto ad ogni forma di discriminazione. Altra priorità riguarda la garanzia, per tutti, ad uno spazio europeo effettivo di giustizia. Tale garanzia si risolve in misure volte ad instaurare una reciproca fiducia fra Stati membri creando norme procedurali minime che garantiscano in particolare il rispetto dei diritti della difesa. Inoltre è stata proposta l’adozione di iniziative di ravvicinamento delle legislazioni nazionali, ad esempio per quanto riguarda gli istituti processuali della iscrizione delle notizie di reato, della redazione dei capi d’imputazione e della compilazione di specifici atti giudiziari22. I sistemi giuridici degli Stati membri dovrebbero poter funzionare insieme, in modo coerente ed efficace, nel rispetto delle tradizioni giuridiche nazionali.

Dopo il tentativo fallito di inserire la Carta di Nizza all’interno del Trattato che adotta una costituzione per l’Europa, progetto di revisione dei trattati fondativi dell’Unione europea redatto nel 2003 e abbandonato nel 2009, si è discusso sulla possibilità di incorporarla nel nuovo Trattato di Lisbona giungendo, cosi, alla stesura dell’art 6 del Trattato sull’Unione Europea che richiama in modo esplicito la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e specifica che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. L’Unione, inoltre, si avvia oramai ad aderire alla CEDU23 e chiarisce come tale adesione non

22

E. Aprile, Diritto processuale penale europeo e internazionale, Padova, 2007, p. 36.

23

(22)

19

modifica le competenze dell’Unione definite nei trattati24. A tal proposito l’art 218 TFUE stabilisce che l’accordo di adesione dell’Unione alla CEDU sarà deliberato dal Consiglio all’unanimità e previa approvazione del Parlamento europeo.

1.2.3. L’Agenzia dell’Unione europea per i diritti

fondamentali

L’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, con sede a Vienna, è stata istituita con Regolamento (CE) n.168/2007 del Consiglio del 15 febbraio 2007 sostituendo l’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia. Tale Agenzia ha lo scopo di fornire alle competenti istituzioni, organi, uffici e agenzie della Comunità e agli Stati membri, nell’attuazione del diritto comunitario, assistenza e consulenza in materia di diritti fondamentali in modo da aiutarli a rispettare pienamente tali diritti quando essi adottano misure o definiscono iniziative nei loro rispettivi settori di competenza (art. 2). L’Agenzia, per conseguire gli obiettivi di cui all’art 2., ha il compito di:

Raccogliere, registrare, analizzare e diffondere informazioni e dati rilevanti raccolti a seguito di ricerche, monitoraggi o comunicazioni da parte degli Stati membri o delle istituzioni dell’Unione, oppure da centri di ricerca, paesi terzi, organizzazioni non governative, organizzazioni internazionali e, in particolare, da organi competenti del Consiglio d’Europa; Predisporre strumenti volti a migliorare la comparabilità,

l’obiettività e l’attendibilità dei dati a livello europeo;

Svolgere ricerche ed indagini scientifiche nonché studi preparatori e di fattibilità;

24

Vale la pena ricordare come la Corte di Giustizia aveva escluso la possibilità della Comunità di aderire alla CEDU in assenza di una revisione del Trattato istitutivo (parere 2/94 del 28 marzo 1996).

(23)

20

Formulare e pubblicare conclusioni e pareri su specifici aspetti tematici;

Pubblicare una relazione annuale sulle questioni attinenti ai diritti fondamentali che rientrano nei settori di azione dell’Agenzia, segnalando anche gli esempi di buone pratiche; Pubblicare relazioni tematiche sulla base dei risultati di

ricerche, analisi e indagini condotte dalla stessa Agenzia; Pubblicare una relazione annuale sulla sua attività;

Predisporre una strategia di comunicazione e favorire il dialogo con la società civile al fine di sensibilizzare il pubblico sui diritti fondamentali.

L’ambito di attività dell’Agenzia è circoscritto all’Unione europea e ai suoi 28 Stati membri; tuttavia, essa può consentire la partecipazione, in qualità di osservatori, di Paesi candidati.

L’agenzia, inoltre, collabora con altre istituzioni e organi a livello nazionale, europeo e internazionale quali:

Il Consiglio d’Europa, per evitare duplicazioni e garantire la complementarietà e il valore aggiunto;

L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) competenti nel settore dei diritti umani;

Gli Stati membri, tramite i funzionari nazionali di collegamento i quali potranno fornire un parere sul programma di lavoro annuale dell’Agenzia;

Le istituzioni nazionali di difesa dei diritti dell’uomo negli Stati membri;

L’istituto europeo per la parità di genere per garantire il sostegno reciproco ed evitare duplicazioni;

La Società civile, attraverso una rete di cooperazione, la piattaforma dei diritti fondamentali, che è un meccanismo di scambio di informazioni e di messa in comune di conoscenze.

(24)

21

L’Agenzia, tuttavia, non può esaminare ricorsi di singole persone fisiche o giuridiche.

Come previsto dal Regolamento istitutivo, con la Decisione 2008/203/CE del Consiglio del 28 febbraio 2008 era stato adottato un quadro pluriennale per il periodo 2007-2012 con lo scopo di definirne i settori tematici di azione dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali. Il quadro prevedeva i seguenti nove settori: razzismo, xenofobia e intolleranza; le discriminazioni; il risarcimento delle vittime; i diritti del bambino; il diritto d’asilo, l’immigrazione e l’integrazione dei migranti; i visti e il controllo delle frontiere; la partecipazione dei cittadini dell’Unione al funzionamento democratico della stessa; la società dell’informazione e, in particolare, il rispetto della vita privata e la protezione dei dati personali; accesso a una giustizia efficiente e indipendente.

Tale quadro di azione è stato sostituito da un successivo quadro pluriennale per il periodo 2013-2017 con la Decisione 252/2013/UE del Consiglio dell’11 marzo 2013 che ricalca quei settori tematici già individuati per il periodo precedente.

1.3. La tutela dei diritti di indagati e imputati: il

Libro verde sulle garanzie procedurali

Le istituzioni dell’Unione europea oltre a prevedere strumenti più efficaci per rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri, hanno provveduto, attraverso l’adozione di una serie di provvedimenti, a tutelare i diritti di difesa e delle libertà fondamentali del singolo individuo coinvolto in un procedimento penale: indagato o imputato, vittima di reato, testimone. Con riguardo in particolare ad indagati e imputati di un procedimento penale, la prima tappa fondamentale si è avuta con l’adozione, da parte della Commissione, del Libro Verde sulle garanzie procedurali a favore di indagati e imputati in

(25)

22

procedimenti penali nel territorio dell’Unione europea25

. L’idea della Commissione è nata dalla constatazione che non era prevista una disciplina a garanzia dei diritti fondamentali di tali soggetti e, dunque, si evidenzia come, nell’ambito della cooperazione giudiziaria in materia penale, solo un'iniziativa a livello dell’UE possa essere efficace per garantire dei livelli minimi comuni (paragrafo 1.12). La Commissione, in precedenza, aveva proceduto all’esame preliminare delle garanzie procedurali negli ordinamenti dei vari Stati membri e allo stesso tempo aveva inviato a ciascuno Stato un questionario concernente vari aspetti dei rispettivi procedimenti giudiziari. La Commissione, sulla base delle risposte ricevute, ha individuato 5 settori su cui avviare un esame immediato:

L’accesso all’assistenza legale, sia nella fase pre-processuale sia in quella processuale;

L’accesso all’interprete e al traduttore;

La comunicazione a indagati e imputati dei loro diritti;

La garanzia di un’adeguata protezione di indagati ed imputati appartenenti a categorie vulnerabili;

L’assistenza consolare a stranieri fermati o arrestati.

L’ambizione, secondo una “Comunicazione della Commissione”, era quella di infondere ai cittadini un senso comune della giustizia in tutta l’Unione e ciò poteva essere raggiunto assicurando alla giustizia quanti costituiscono una minaccia per la libertà e la sicurezza degli individui e della società, pur nel rispetto dei diritti individuali. In conclusione si dice che, sebbene tutti i diritti che rientrano nella nozione di equo processo siano importanti, tuttavia ve ne sono alcuni talmente fondamentali da doversi considerare prioritari. Si tratta, innanzitutto, del diritto alla consulenza giuridica e all’assistenza giudiziaria in mancanza dei quali un imputato avrebbe difficoltà a far rispettare i propri diritti. Poi si menziona il diritto a comprendere qual

25

(26)

23

è il capo d’accusa a suo carico e a conoscere la natura del procedimento: questo significa che coloro che non conoscono la lingua del processo possano beneficiare di un servizio di interpretazione e traduzione dei principali documenti. La commissione, infine, per permettere ad un indagato di ottenere informazioni relative ai suoi diritti fondamentali per iscritto e in una lingua che comprende, ha previsto una comunicazione dei diritti come mezzo semplice e poco costoso. Il presente Libro verde, tuttavia, non ha la funzione di creare nuovi diritti o controllare il rispetto dei diritti esistenti in forza CEDU, bensì quella di individuare i diritti esistenti e favorirne la visibilità.

1.3.1. La proposta di decisione quadro in materia di

determinati diritti processuali

La spinta data dal Libro Verde del 2003 portò alla Proposta di decisione quadro in materia di determinati diritti processuali presentata dalla Commissione nel 2004 il cui scopo non era quello di riprodurre in modo pedissequo le disposizione della CEDU, bensì di promuovere il rispetto sistematico di tali garanzie. La Relazione evidenzia come spetta agli Stati membri assicurare che ci si prenda cura dei cittadini dell’Unione europea che si trovino coinvolti in procedimenti penali in uno Stato membro diverso dal loro. Tale proposta individuava cinque settori necessitanti di norme minime comuni:

Accesso all’assistenza legale, sia prima che durante il processo;

Accesso all’interpretazione e alla traduzione gratuita;

Garanzia per le persone che non sono in grado di comprendere o di seguire i procedimenti, di ricevere un’attenzione adeguata; Diritto di comunicare, in particolare, con le autorità consolari

(27)

24

Notifica agli indagati dei loro diritti (con la notifica di una “comunicazione dei diritti” scritta).

Nel cercare di rafforzare il diritto ad un processo equo ci si proponeva di garantire, inoltre, un livello ragionevole di tutela per gli indagati e gli imputati stranieri intendendosi per tali coloro che non sono cittadini del paese in cui sono stati arrestati.

Tuttavia, dopo tre anni di discussione in seno al Consiglio dell’Unione europea26 tale proposta fu bloccata da alcuni Stati membri tra cui Regno Unito e Irlanda e conseguentemente abbandonata nel giugno 2007.

1.4. Il programma di Stoccolma

Dopo i programmi di Tampere e dell’Aia, il 10 dicembre 2009 il Consiglio Europeo, ai sensi dell’art 68 TFUE, ha approvato un nuovo programma pluriennale per il periodo 2010-2014, noto come Programma di Stoccolma. Il Consiglio europeo ritiene che una delle priorità dei prossimi anni sia quella di concentrarsi sugli interessi e sulle esigenze dei cittadini; si vuole garantire, a un tempo, il rispetto delle libertà fondamentali e dell’integrità e la sicurezza in Europa. Si specifica, inoltre, che è estremamente importante che le misure di contrasto e i provvedimenti a tutela dei diritti delle persone, dello stato di diritto e delle norme sulla protezione internazionale vadano di pari passo nella stessa direzione e si rafforzano reciprocamente. Inoltre, si afferma “un’Europa del diritto e della giustizia” sia attraverso l’istituzione di meccanismi che facilitano la vita dei cittadini sia agevolando l’accesso alla giustizia in modo che chiunque possa far valere i propri diritti ovunque nell’Unione. Il libero accesso alla giustizia per ogni individuo, indipendentemente dallo status sociale o dalle condizioni economiche, è uno dei principali pilastri dello Stato

26

Tale Proposta rimane senza seguito concreto fino alla Proposta di decisione quadro del Consiglio sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali dell’8 luglio 2009.

(28)

25

di diritto e baluardo di democrazia e civiltà27. Come specificato al punto 2.4 del Programma, “la tutela dei diritti degli indagati e imputati nei procedimenti penali è un valore fondante dell’Unione, essenziale per garantire la fiducia reciproca tra gli Stati membri e la fiducia dei cittadini nei riguardi dell’Unione europea".

Il diritto penale sostanziale e quello processuale hanno una disciplina diversa nei vari Stati membri e, dunque, diversi sono anche i diritti degli indagati e degli imputati ivi disciplinati. È importante che tali diritti siano gli stessi in tutta l’Unione europea non solo a causa del flusso continuo di persone che viaggiano da uno Stato all’altro per lavoro, studio o semplicemente per una vacanza ma anche per l’incremento del crimine transnazionale. È stato, dunque, deciso di stabilire, per tabulas, norme minime per la protezione di tali diritti attraverso la realizzazione di una Tabella di marcia relativa al rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali28, integrata nel Programma di Stoccolma, in modo tale da rendere uniforme in tutta l’unione europea le garanzie relative al processo penale . Come indicato al considerando n. 4, benché a livello di Unione europea siano state adottate varie misure per garantire un alto grado di sicurezza ai cittadini, risulta parimenti necessario affrontare problemi specifici che possono sorgere quando una persona è indagata o imputata in un procedimento penale. La tabella di marcia (c.d. Roadmap on procedural rights) prevede sei misure legislative:

Misura A29: diritto alla traduzione e all’interpretazione;

Misura B30: diritto alle informazioni relative ai diritti e all’accusa;

27

M. Gazzola, Il legal aid a livello europeo, in www.europeanrights.eu, 2011, p. 1.

28

Tabella di marcia approvata dal Consiglio con Risoluzione del 30 novembre 2009, consultabile in G.U. U.E. C 295 del 4 dicembre 2009.

29

Misura A: l’indagato o l’imputato deve poter capire quanto accade e farsi capire. Un indagato o imputato che non parli o non capisca la lingua in cui si svolge il procedimento ha bisogno di un interprete e di una traduzione degli atti essenziali del procedimento. Dovrebbe inoltre essere prestata particolare attenzione alle esigenze di indagati o imputati con difficoltà uditive.

(29)

26

Misura C31: diritto alla consulenza legale e all’assistenza legale gratuita;

Misura D32: diritto alla comunicazione con familiari, datori di lavoro e autorità consolari;

Misura E33: garanzie speciali per indagati o imputati vulnerabili; Misura F34: libro verde sulla detenzione preventiva35.

In conformità alle misure stabilite dalla Tabella di marcia, sono state già adottate importanti atti legislativi: si allude alla Direttiva 2010/64/UE sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penale (Misura A), alla Direttiva 2012/13/UE sul diritto all’informazione nei procedimenti penali (Misura B), alla Direttiva 2013/48/UE relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato di

30

Misura B: la persona indagata o imputata per un reato dovrebbe essere informata dei suoi diritti fondamentali in forma orale o, in caso, scritta, ad esempio mediante una comunicazione dei diritti (letter of rights). Tale persona dovrebbe inoltre ricevere sollecitamente informazioni sul carattere e la causa dell’accusa nei suoi confronti. Una persona accusata dovrebbe avere diritto, al momento opportuno, alle informazioni necessarie per la preparazione della difesa, restando inteso che ciò dovrebbe lasciare impregiudicato il normale svolgimento del procedimento penale.

31

Misura C: il diritto alla consulenza legale (attraverso un avvocato) per l’indagato o l’imputato in un procedimento penale nella fase più precoce e opportuna del procedimento è fondamentale per garantire l’equità del procedimento stesso; il diritto all’assistenza legale gratuita dovrebbe assicurare l’effettivo accesso al precitato diritto alla consulenza legale.

32Misura D: l’indagato o imputato sottoposto a privazione della libertà è

sollecitamente informato del diritto di comunicare ad almeno una persona, ad esempio un familiare o datore di lavoro, il suo stato di privazione della libertà, restando inteso che ciò dovrebbe lasciare impregiudicato il normale svolgimento del procedimento penale. inoltre, l’indagatoo l’imputato sottoposto a privazione della libertà in uno Stato di cui non è cittadino è informato del diritto di comunicare alle autorità consolari competenti tale privazione.

33Misura E: al fine di garatire l’quità del procedimento, è importante rivolgere

particolare attenzione agli indagati o imputati che non sono in grado di capire o di seguire il contenuto o i lsignificato del procedimento per ragioni ad esempio di età o di condizioni mentali o fisiche.

34

Misura F: il tempo che una persona può trascorrere in stato di detenzione prima di essere sottoposta a giudizio e durante il procedimento giudiziario varia considerevolmente da uno Stato membro all’altro. Periodi di detenzione preventiva eccessivamente lunghi sono dannosi per le persone, possono pregiudicare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri e non corrispondono ai valori propugnati dall’Unione europea. si dovrebbero esaminare in un Libro verde misure appropriate al riguardo.

35

Il 14 giugno 2011 è stato adottato il Libro verde sull’applicazione della normativa dell’Unione europea sulla giustizia penale nel settore della detenzione.

(30)

27

arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari (Misura C e D).

Le tre direttive rivestono un significato particolare in quanto si tratta di strumenti normativi ad efficacia vincolante adottate dall’Unione europea in materia di diritto penale dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Bisogna rilevare come le direttive sufficientemente dettagliate, se non recepite allo scadere del termine, potranno essere direttamente applicate dai giudici nazionali determinando la disapplicazione delle norme interne con esse in contrasto36 nonché potrà esporre il nostro paese ad un procedimento di infrazione da parte della Commissione.

1.5 Le linee guida post Stoccolma

Il programma di Stoccolma, il cui periodo di operatività è terminato il 1° dicembre 2014, è stato sostituito da nuove linee guida post - Stoccolma adottate dal Consiglio europeo dei capi di Stato e di Governo, riunitosi a Ypres il 26-27 giugno 2014, i cui orientamenti saranno destinati a guidare l’azione dell’Unione europea durante il quinquennio 2015-2020. In tali orientamenti si specifica che nei prossimi anni si debba garantire la protezione e la promozione dei diritti fondamentali […] affrontando al tempo stesso i problemi di sicurezza, anche nelle relazioni con i paesi terzi. Sul versante del diritto processuale penale, al punto 1.11 della linea guida, si stabilisce che il buon funzionamento di un autentico spazio europeo di giustizia nel rispetto dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse ta degli stati membri è vitale per l’Unione europea. A tal proposito occorre semplificare l’accesso alla giustizia, promuovere mezzi di ricorso efficaci e l’uso delle innovazioni tecnologiche tra cui la giustizia

36

G. Biondi, La riqualificazione giuridica del fatto e le spinte riformatrici che provengono dal diritto europeo, in www.penalecontemporaneo.it., p. 14.

(31)

28

elettronica, continuare ad adoperarsi per rafforzare i diritti degli indagati e degli imputati nei procedimenti penali, rafforzare la protezione delle vittime e il reciproco riconoscimento di decisioni e sentenze e, infine, potenziare la formazione degli operatori. Sul versante del diritto penale sostanziale, al punto 1.12 della linea guida si specifica, invece, che il diritto dei cittadini dell’Unione europea a circolare liberamente, soggiornare e lavorare in un altro Stato membro, proprio perché si tratta di una delle libertà fondamentali dell’Unione europea, deve essere tutelato anche da eventuali abusi o domande fraudolente.

(32)

29

CAPITOLO II

LA DIRETTIVA 2010/64/UE SUL DIRITTO

ALL’INTERPRETAZIONE E ALLA

TRADUZIONE NEI PROCEDIMENTI PENALI

2.1. Premessa

In seguito all’allargamento dell’Unione europea e, di conseguenza, a un maggior flusso migratorio nei vari paesi, è aumentata la richiesta di assistenza linguistica. L’Unione Europea cominciò a parlare di un vero e proprio diritto all’assistenza linguistica a partire dal già più volte menzionato Libro verde sulle garanzie procedurali a favore di indagati e imputati in procedimenti penali nel territorio dell’Unione europea, il quale, con riguardo alla materia in esame, afferma come il diritto di poter accedere ad un interprete competente ed alla traduzione di documenti principali, è di fondamentale importanza. Bisogna ricordare che la Commissione ha preso spunto dalla CEDU e dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo come punto di partenza ai fini della valutazione delle norme minime comuni. Per quanto riguarda l’interpretazione e la traduzione le norme CEDU di riferimento sono:

Art. 5 p. 2: ogni persona arrestata deve essere informata, al più presto e in una lingua a lei comprensibile, dei motivi dell’arresto e di ogni accusa formulata a suo carico;

Art. 6 p. 3 (a): ogni accusato ha diritto a essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico;

(33)

30

Art. 6 p. 3 (e): ogni accusato ha diritto a farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienza.

La tutela del diritto all’assistenza linguistica si rinviene anche nella Carta di Nizza agli artt. 47 e 48, e nel Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 il cui articolo 14 par. 3, lett. f stabilisce che ogni individuo accusato di un reato ha diritto, in posizione di uguaglianza, a farsi assistere gratuitamente da un interprete, nel caso egli non comprendi o non parli la lingua usata in udienza; infine, analoga garanzia è prevista nello Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 1998 che prevede la possibilità di beneficiare a titolo gratuito dell’assistenza di un interprete competente e di tutte le traduzioni rese necessarie da esigenze di equità, sia durante le indagini, sia in sede processuale.

La Commissione, inoltre, precisa come sia di fondamentale importanza che gli Stati membri si dotino di un sistema di formazione per interpreti e traduttori specializzati che preveda una preparazione nelle materie legali, delle visite in tribunale, commissariati di polizia e carceri: secondo una indagine della Commissione37 durante gli interrogatori di polizia, non sempre vi era la presenza di interpreti qualificati e in udienza sembrava che questi fossero utilizzati a beneficio del giudice o del pubblico ministero; si specifica anche che in alcune occasioni il ruolo dell’interprete consisteva nel tradurre le domande rivolte dal giudice all’imputato e nelle risposte di quest’ultimo, piuttosto che far comprendere all’accusato lo svolgimento dell’intero processo.

Infine gli Stati devono dotarsi di un codice deontologico che dovrebbe essere uguale o molto simile, nella sostanza, in tutta l’Unione europea; si pensa anche alla formazione di avvocati e giudici in modo tale che essi possano capire meglio il ruolo del traduttore e dell’interprete e, di

37

Proposta di decisione quadro del Consiglio in materia di determinati diritti processuali in procedimenti penali nel territorio dell’Unione europea, punto 6.2.

(34)

31

conseguenza, poter lavorare con essi in maniera più efficiente. La Commissione si preoccupa di sottolineare come interpreti e traduttori, avendo formazioni diverse e ruoli diversi da svolgere nei procedimenti penali, debbano essere considerati due categorie professionali distinte. Per concretizzare tali misure, varie sono state le iniziative intraprese: dalla Proposta di decisione quadro del Consiglio presentata dalla Commissione nel 2004 in materia di diritti processuali, poi abbandonata dopo tre anni di trattative per l’impossibilità di raggiungere un consenso unanime all’interno del Consiglio, alla Proposta di decisione quadro del Consiglio del 2009 sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali. Tale proposta di decisione quadro, in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, si trasformò in una proposta di direttiva.

Si è arrivati, dunque, in data 20 ottobre 2010, all’adozione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, ai sensi dell’art 82, comma 2, lett. b) TFUE, della direttiva 2010/64/UE sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali38. Tale direttiva, adottata a soli sette mesi di distanza dalla Tabella di marcia relativa al rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali, rappresenta the first criminal justice measure negotiated under codecision and the first EU fair trial law39. Come disse la vice-presidente della Commissione “we are going in a direction which aims to achieve the same high level of rights for all EU citizens wherever they are, whatever their problem. It does no matter whether they are travelling for study, for business or for leisure: they should feel at home, and have the same rights as they have at home, wherever they find themselves in Europe”. La Direttiva in esame doveva essere recepita dagli Stati membri entro il 27 ottobre 2013. Bisogna ricordare che i protocolli annessi al Trattato di Lisbona

38

In GUUE L 280, 26 ottobre 2010, p. 1.

39

Così la relatrice della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni Sarah Ludford nella seduta del Parlamento europeo del 14 giugno 2010.

(35)

32

riconoscono una posizione particolare al Regno Unito, all’Irlanda e alla Danimarca con riguardo allo spazio giuridico europeo. Regno Unito e Irlanda, per quanto concerne la direttiva in esame, hanno notificato al presidente del Consiglio che desiderano partecipare all’adozione e all’applicazione della presente direttiva ai sensi dell’art 3 del Protocollo n. 21, mentre la Danimarca, ai sensi dell’art 1 e 2 del protocollo n. 22, non è soggetta ad essa. Tale direttiva è andata ben oltre gli standard delineati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo non limitandosi a codificare gli esiti della giurisprudenza di Strasburgo ma proponendo significative novità sia sul contenuto e sulla natura del diritto all’assistenza linguistica sia sulla sua estensione oggettiva40. Il rispetto del diritto all’interpretazione e alla traduzione stabilito nella presente direttiva non dovrebbe arrecare pregiudizio ad alcun altro diritto procedurale sancito dal diritto nazionale (considerando n. 23) e anzi, si prevede la possibilità per gli Stati membri di poter ampliare i diritti previsti al fine di assicurare un livello di tutela più elevato anche in situazioni non espressamente contemplate in tale direttiva (considerando n. 32). Infine, in base alla clausola di non regressione contenuta nell’art 8, nessuna disposizione può essere interpretata in modo tale da limitare o derogare ai diritti e alle garanzie procedurali offerti dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo, dalla Carta di diritti fondamentali dell’Unione europea, da altre pertinenti disposizioni di diritto internazionale.

2.2. L’ambito di applicazione soggettivo e oggettivo

La direttiva in esame, da un punto di vista soggettivo, si applica alle persone in generale e, dunque, a indagati e imputati sia essi cittadini sia stranieri che non comprendono o non parlano la lingua del processo, nonché ai soggetti interessati da un procedimento di

40

M. Gialuz, L’assistenza linguistica nella prassi giudiziaria e la difficile attuazione della Direttiva 2010/64/UE, in Falbo, Viezzi (a cura di), Traduzione e interpretazione per la società e le istituzioni, EUT, 2014, p. 84.

(36)

33

esecuzione di un mandato di arresto europeo. Inoltre, la direttiva si rivolge anche a quei soggetti che hanno problemi di udito o difficoltà di linguaggio ovvero a coloro che si trovano in posizione di potenziale debolezza, in particolare a causa di menomazioni fisiche che ne compromettono la capacità di comunicare efficacemente (art. 2 § 3 e considerando n. 27). A tal fine competerà alle autorità giudiziarie e di pubblica sicurezza, intraprendere le azioni necessarie affinché costoro possano esercitare, in modo effettivo, i diritti previsti dalla direttiva. Dal punto di vista oggettivo, invece, la direttiva 2010/64/UE si applica ai procedimenti penali e a quelli di esecuzione di un mandato di arresto europeo nei confronti delle persone che siano messe a conoscenza dalle autorità competenti di uno Stato membro, mediante notifica ufficiale o in altro modo, di essere indagate o imputate per un reato, fino alla conclusione del procedimento, cioè fino alla decisione definitiva che stabilisce se abbiano commesso il reato, inclusi, se del caso, l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle istanze in corso41 (art. 1). Dunque tale direttiva estende il diritto all’assistenza linguistica anche alla fase pre-processuale comprensiva degli interrogatori di polizia e del colloquio con il difensore. A tal proposito la Corte europea dei diritti dell’uomo, nel caso Diallo c. Svezia, aveva ribadito che “l’assistenza di un interprete deve essere garantita sin dall’inizio della fase investigativa, a meno che non sia dimostrato, alla luce delle particolari circostanze del caso, che sussistano motivi d’urgenza tali da rendere necessaria la limitazione di tale diritto”. Inoltre, viene esclusa l’applicazione della direttiva per quei procedimenti che hanno ad oggetto reati minori che si svolgono davanti ad autorità giurisdizionali diverse da quella competente nella materia penale. In tal caso la direttiva troverà applicazione solo in sede di impugnazione dinanzi a quest’ultima. (§ 3).

41

Il paragrafo 1 poco si addice al nostro ordinamento processuale e meglio a quelli dove, come nel Regno Unito, la decisione sul merito si distingue formalmente da quella di irrogazione della pena.

Riferimenti

Documenti correlati

In merito all’applicabilità della scriminante alle ipotesi di partecipazione ad una rissa, la giurisprudenza di legittimità afferma che “È inapplicabile al reato di rissa la causa

b) lo speditore informi le autorità competenti dello Stato membro di spedizione prima dell'inizio della circolazione. Lo Stato membro di spedizione può altresì richiedere

Oltre alle possibilità di applicazione da parte del Giudice nazionale, ulteriori strumenti volti a garantire l’effettività del diritto e delle norme dell’Unione europea

La trasformazione è una caratteristica giuridica introdotta dal Protocollo di Madrid per attenuare le conseguenze del periodo di dipendenza di cinque anni tra la registrazione

17 del Trattato di Lisbona (L'Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui le chiese e le associazioni o comunità religiose godono negli Stati membri in virtù del

La presente Carta riafferma, nel rispetto delle competenze e dei compiti della Co- munità e dell’Unione e del principio di sussidiarietà, i diritti derivanti in particolare

[r]

La netta contrarietà del mondo dell’accademia, dell’avvocatura, e anche di una parte significativa della magistratura non è valsa a fermare l’entrata in vigore