• Non ci sono risultati.

Meccanismo europeo di stabilità e Meccanismo Unico di vigilanza. Verso l'Unione bancaria europea

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Meccanismo europeo di stabilità e Meccanismo Unico di vigilanza. Verso l'Unione bancaria europea"

Copied!
219
0
0

Testo completo

(1)

Al mio Cuore, Alla mia Famiglia

(2)

I ricordi che affollano la mia mente sono davvero tanti, ma il primo pensiero, che non nascondo essere triste e pieno di rammarico va agli angeli che sono stati al mio fianco sostenendomi sempre.

Non è stato facile iniziare il primo anno di Università senza la dolcezza di Nonna Teresa; si è sentita la sua mancanza e mi è mancata la sua infinita dolcezza.

Confesso che, in questi cinque anni, è stata colei alla quale mi sono aggrappata nei momenti più duri, pregando che aiutasse me e la nostra famiglia.

Un pensiero speciale va alla bontà d’animo, all’umiltà e alla generosità di Zia Caterina.

È superfluo dire che lei è stata per me più che una zia. Il suo preoccuparsi costantemente, attenta anche alla più piccola cosa che potesse farmi stare bene e le sue immancabili telefonate mattutine e serali hanno scandito fin dall’inizio le mie giornate. Quanto ho desiderato che fosse qui con me in questo giorno per me molto importate!

È davvero incredibile pensare alla ragazzina ingenua e spaesata che ero al primo giorno di lezione, guardami adesso e rendermi conto di quanta strada ho fatto, quella stessa strada che mi ha reso oggi una Donna.

Ma non sarei stata capace di raggiungere questo traguardo senza l’instancabile appoggio dei miei genitori.

Da loro ho appreso un’infinità di cose; mi hanno insegnato il perdono, il senso del dovere, il senso del sacrificio; mi hanno insegnato ad essere forte anche nei periodi più

(3)

A loro va il mio più sentito “Grazie” per tutte le volte nelle quali sopportare le mie ansie, le mie paure, che si traducevano il più delle volte in pianti ed urla isteriche, non era poi così facile.

Sono fiera ed orgogliosa della mia mamma e del mio papà, sono e saranno il mio esempio, rappresentano quello che vorrò essere nel mio futuro, ma so già che per la grandezza del loro animo, non potrò fare altro che emularli.

Il suo strano modo di volermi bene e le tante risate che mi ha fatto fare, puntualmente all’ora di cena, hanno reso le mie ore di studio leggere e spensierate, mio fratello, colui sul quale si può sempre contare, mi ha insegnato che se si ha un sogno bisogna sempre lottare anche a costo di andare contro tutti e tutto.

E poi c’è lei, Edda, la principessa del mio cuore, una piccola grande donna; con un carattere forte e una straordinaria maturità, mi ha saputo capire e sostenere in ogni circostanza; le nostre telefonate un po’ strambe mi donavano felicità e serenità. Sarò per lei un punto fisso di riferimento e spero che questo mio traguardo possa esserle da stimolo per il suo avvenire, le faccia capire che nella vita nulla è impossibile, basta avere coraggio e forza d’animo e poi anche i sogni che all’apparenza possono sembrare irrealizzabili, alla fine prendono forma e consistenza.

Un’altra persona alla quale devo tanto è Grazia, quante giornate trascorse a studiare tra i banchi del “Paci” tra un caffè e mille risate. La cosa che apprezzo di più di lei è la sua capacità di ascoltare; mi ha ascoltata un sacco di volte senza stancarsi mai

(4)

non allontanarci mai l’una dall’altra.

Ma che Università sarebbe senza una compagna di studi? Alice, da semplicemente compagna di studi è diventata il riferimento principale della mia vita universitaria e non. Con lei ho condiviso l’ansia pre-esame e la gioia che provavo ogniqualvolta ne superavo uno; le maratone fatte nel ripassare programmi d’esame in tempi record, la nostra dedizione e la nostra determinazione, tra una corsa e l’altra mi hanno portata oggi qua. Anche a lei va quindi un sincero Grazie ed un arrivederci per i prossimi due anni di studio insieme che ci aspettano.

Voglio anche ringraziare un amico che nonostante la distanza non si è mai dimenticato di me, Gaetano.

Infine un abbraccio pieno di affetto va a tutti coloro che in un modo o nell’altro in questi anni ci sono sempre stati: i miei nonni, i miei zii, i miei cugini tutti.

(5)

Indice

Introduzione………...IV-X

CAPITOLO I

L’EVOLUZIONE DELLA LEGISLAZIONE COMUNITARIA BANCARIA

1. I primi passi verso un mercato unico bancario ... 1

2. I principi della “Prima direttiva” ... 4

3. Dal Libro Bianco all’A.U.E. ... 8

4. La seconda direttiva... 13

CAPITOLO II LA VIGILANZA FINANZIARA: UN’ARCHITETTURA IN FIERI 1. Il modello “a scala” di Lamfalussy e l’approccio “a diamante” di De Larosière.………18

2. Il nuovo assetto del sistema europeo di vigilanza ... 28

2.1 Il Comitato europeo per il rischio sistemico ... 30

2.2 La base giuridica dell’istituzione delle nuove Autorità di vigilanza ... 35

(6)

II

CAPITOLO III

LA RIFORMA DELLA VIGILANZA BANCARIA

1. Le ragioni della riforma della vigilanza bancaria………..43

2. Le misure europee anti-crisi adottate………...52

3. Il principio del no bail out………...60

4. Il Fondo Salva Stati………...65

4.1 L’emendato articolo 136 ... 68

4.2 Il caso Pringle ... 71

4.3 La governance interna, la natura giuridica e il ruolo delle istituzioni europee all’interno dell’ ESM………....80

4.4 Un'ipoteca tedesca sul processo di integrazione europea.……….88

CAPITOLO IV L’UNIONE BANCARIA EUROPEA 1. L’Unione bancaria e le sue componenti..………94

1.1 Il Single Supervisory Mechanism ... 103

1.2 Regole comuni per la risoluzione delle crisi bancarie ... 112

1.3 Nuovi schemi di garanzia dei depositi ... 125

CAPITOLO V IL MECCANISMO UNICO DI VIGILANZA BANCARIA 1. Il nuovo ruolo della Banca centrale europea…………...132

1.1 La struttura di governo ... 135

1.2 Separazione della politica monetaria ... ..136

1.3 Il Consiglio di vigilanza ... 137

(7)

III

1.5 Fonti di finanziamento………...141

2. I nuovi ambiti d’intervento della Bce………141

3. I poteri sanzionatori………...146

4. I Paesi non appartenenti alla zona euro………148

5. Il rapporto con l’ EBA………...151

CAPITOLO VI DAL TESTO UNICO BANCARIO ALLA NUOVA VIGILANZA EUROPEA 1. La normativa europea e la disciplina interna in materia bancaria: i loro rapporti ... 154

1.1 L’art. 47 della Costituzione ... 154

1.2 L’origine europea del Testo Unico bancario ... 161

1.3 L’art. 6 del Testo Unico Bancario ... 168

2. Autorità di vigilanza e i relativi poteri pubblici nel nuovo quadro di vigilanza europea ... 172

2.1 Il Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio ... 173

2.2 La Banca d’Italia ... 176

Conclusioni………I-VII

(8)

Introduzione

Lo scopo istituzionale dell’allora Comunità Europea è stato quello di creare uno spazio comune governato dal principio della libera concorrenza, in cui si sarebbero dovute attuare la libera circolazione dei beni, servizi, persone e capitali.

Se condivisibile può essere lo scopo che sta all’origine dell’istituzione di questa entità sovranazionale, meno giustificabile è il percorso tratteggiato per raggiungere lo stesso.

Se guardassimo con attenzione al come è stata scritta la trama di quello che doveva essere, e per molti lo è ancora, il più bel sogno mai vissuto, quello europeo, ci renderemmo di certo conto che quello che doveva costituire il traguardo di un percorso tutto in salita, rappresenta in realtà il primo elemento di un mondo, ormai in caduta libera.

Si intende dire che le famose libertà che avrebbero dovuto costituire la coronazione di un progetto, sono state, talvolta, semplicemente proclamate senza essere accompagnate da regole comuni, e il settore bancario-finanziario è la prova di questa prassi seguita dalle istituzioni europee.

Infatti, dopo aver sancito la libera circolazione dei capitali, ci si è semplicemente affidati, per lungo tempo, al principio dell’armonizzazione minima e al principio del mutuo riconoscimento, lasciando intatto il potere

(9)

V

Ne sono riprova i primi interventi nel settore bancario-finaziario, rappresentati dalla “Prima Direttiva” risalente al 1977 e soprattutto dalla “Seconda Direttiva” del 1989.

Come è facile da intuire, i profili descritti, accompagnati dall’assenza di interventi normativi stringenti, nel tempo hanno creato disuguaglianze e hanno portato alla diffusione del fenomeno della concorrenza tra i singoli ordinamenti giuridici.

I grandi progetti, vuoi quelli europei vuoi quelli nazionali, si presentano quasi tutti come risposta a dei quesiti che sorgono solo e soltanto a seguito di profonde fratture del sistema.

La grande crisi che dal 2008 si è abbattuta sull’Unione Europea ha creato indubbiamente una delle più grandi fratture, almeno nel settore economico-finanziario, che la storia recente ricordi. Ed è stato proprio il vento della crisi attuale a mostrare le mancanze strutturali e i conseguenti vuoti di tutela venutisi a creare, ma soprattutto i pericoli, ad essi connessi, di essere rimasti, immobili, per più di 50 anni.

In quest’arco di tempo durante il quale il mondo conosceva i noti fenomeni della globalizzazione e dell’integrazione, con ripercussioni anche e soprattutto nel settore bancario-finanziario, divenendo quest’ultimo un tassello determinante se non addirittura essenziale, dell’economia mondiale e quindi europea, l’inchiostro dei legislatori europei è rimasto fermo e anche

(10)

VI

laddove effettivamente le istituzioni europee abbiano messo mano ai Trattati istitutivi dell’attuale Unione Europea, il loro intervento è stato solo parziale.

Il carattere parziale degli interventi normativi europei è confermato dalle ultime novità, costituite, da un lato, dal Meccanismo Unico di Vigilanza Bancaria, primo pilastro di una struttura destinata ad essere arricchita da ulteriori due pilastri, il Meccanismo Unico di risoluzione delle crisi bancarie e la Direttiva sulla Garanzia dei Depositi bancari, e che insieme andranno a costituire il noto progetto “Unione Bancaria”, e dall’altro, dal Meccanismo europeo di Stabilità.

La prima novità menzionata, che riguarda l’attribuzione di “poteri specifici” di vigilanza bancaria alla Banca Centrale Europea, ha messo in evidenza che uno degli errori decisivi commessi è stato, certamente, quello di aver creato una moneta unica, l’euro, senza aver dotata la Banca centrale Europea, al contrario di quanto sosteneva già lo stesso Padre fondatore dell’euro, Jacques Delors, di adeguati poteri di vigilanza macroprudenziale e soprattutto, di averla tenuta separata dalla politica economica, riservata alla competenza dei singoli Stati nazionali.

Per quanto concerne invece l’istituzione del Meccanismo europeo di Stabilità, meglio noto come “Fondo Salva-Stati”, è da mettere in evidenza la sua assoluta novità nel panorama degli strumenti adoperati all’interno della cornice europea.

(11)

VII

La maggiore innovazione è rappresentata dalla deroga alle previsioni dei Trattati istitutivi dell’Unione Europea, anche nell’ultima revisione apportata dal Trattato di Lisbona del 2007, i quali non prevedevano la possibilità degli Stati membri di istituire un tale meccanismo; al contrario, infatti prescrivevano, e prescrivono tutt’ora, un generale divieto di assunzione di responsabilità da parte sia degli Stati membri che dell’Unione Europea stessa degli impegni assunti dalle amministrazioni statali, dagli enti locali, o altri enti pubblici, da altri organismi di diritto pubblico o da imprese pubbliche di qualsiasi Stato membro, divieto meglio noto come il principio del no bail aut sancito dall’art. 125 del TFUE.

In assenza di un Fondo permanente, quale si configura oggi il MES, le misure anti-crisi in origine adottate, volte prevalentemente al salvataggio degli istituti di credito a più alto rischio sistemico, la cui crisi di liquidità avrebbe potuto quindi contagiare l’intero sistema, hanno utilizzato uno degli strumenti di gestione della crisi finanziaria più controversi, il credito di ultima istanza erogato dalle banche centrali nazionali a favore degli intermediari finanziari.

Con l’avanzare della crisi si sono manifestati tutti i punti deboli del mercato unico europeo e la necessità di rafforzarli ha consentito di fare un passo decisivo verso il processo di integrazione europea anche nel settore bancario-finanziario.

(12)

VIII

Affinché gli interventi da attuare avessero piena e totale efficacia e portassero i risultati e i benefici auspicati, sono stati istituti ben due Comitati di Saggi: il Comitato di Lamfalussy e il Comitato De Larosière.

Entrambi i Comitati furono chiamati ad analizzare l’intero sistema, segnalare le lacune presenti e individuare possibili soluzioni.

A seguito della pubblicazione delle relazioni finali dei gruppi di Saggi, che hanno messo in evidenza quali erano state le cause che avevano portato alla crisi finanziaria, tra le quali un ruolo determinate è stato giocato dall’assenza di regole comuni in materia di vigilanza bancaria, il legislatore europeo ha dato vita, da un lato, ai c.d. Comitati di terzo livello, con lo scopo di accelerare e snellire il processo decisionale in seno alle istituzioni europee, e dall’altro, al SEVIF, una rete di vigilanza composta dal Comitato europeo per il rischio sistemico e da ben tre Autorità di vigilanza europea, l’EBA, EIOPA e l’ESMA, competenti rispettivamente per il settore bancario, assicurativo e dei valori mobiliari, tramite il quale si è dato vita ad un nuovo assetto del sistema europeo di vigilanza.

Ma anche questo nuovo assetto non è stato sostanzialmente in grado di rispondere alle esigenze per soddisfare le quali è stato istituito.

Le disuguaglianze informative—un modo di concepire il rapporto tra

politica economica e supervisione bancaria ancora troppo tradizionale—non

(13)

IX

Per compiere il passo successivo, l’istituzione del Meccanismo Unico di vigilanza bancaria e il Fondo Salva-Stati, allo scopo di spezzare il circolo vizioso tra banche e debito sovrano, è stato necessario che gli Stati europei cedessero parte della propria sovranità in settori quali la politica fiscale e la vigilanza bancaria.

Infatti, quando il Meccanismo Unico di Vigilanza inizierà la propria attività, a partire dal primo gennaio del 2015, ma soprattutto quando l’intero progetto Unione Bancaria sarà portato a compimento, con la definitiva stesura anche degli altri due aspetti, le Autorità di Vigilanza nazionale si troveranno a svolgere un ruolo meno decisivo rispetto a quello svolto fino ad ora. Basti solo pensare al fatto che tra i nuovi compiti devoluti alla competenza della Bce vi è il potere di concedere l’autorizzazione all’attività bancaria, che è stato sempre tenuto saldamente nelle mani dell’Autorità di vigilanza bancaria nazionale; un’autorizzazione, quella all’esercizio dell’attività bancaria, indice di un forte controllo “sovrano” del mercato bancario, vista anche la funzione, costituzionalmente sancita, che sono chiamati a svolgere gli istituti di credito.

Con la presente trattazione si è cercato quindi di delineare in modo chiaro ed esaustivo le nova più importanti nel settore bancario, e se da una parte in alcune circostanze non rimaneva altro che descrivere asetticamente il funzionamento dei suddetti Meccanismi, dall’altra si è cercato di criticare gli stessi, dando spazio alle voci dottrinali più autorevoli, in modo tale da

(14)

X

mettere in luce le lacune, le anomalie e a volte anche le contraddizioni che purtroppo ancora oggi connotano l’intero sistema.

(15)

1

CAPITOLO I

L’EVOLUZIONE DELLA LEGISLAZIONE

COMUNITARIA BANCARIA

1. I primi passi verso un mercato unico bancario

Quando nel 1957 i c.d. Paesi fondatori1 firmarono a Roma il Trattato istitutivo dell’allora Comunità Europea2, avevano in mente il grande progetto del mercato unico, uno spazio economico sovranazionale basato sulla totale abolizione delle restrizioni che avrebbe consentito l’attuazione delle c.d. libertà di circolazione di beni, servizi, persone e capitali nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo. Un percorso è stato fatto ma non è stato di certo privo di ostacoli, e ad oggi non si può dire che l’obiettivo sia stato raggiunto, forse sul piano della fiducia è stato fatto un passo indietro, si dubita, infatti, se l’attuale Unione Europea sia in grado di dare le risposte che i cittadini europei cercano o forse quello che era stato definito il sogno europeo è destinato a rimanere tale.

1

Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi. 2

La denominazione ufficiale della Comunità è mutata nel corso degli anni: Comunità economica europea (CEE) nel Trattato istitutivo di Roma; Comunità europea ( CE) dopo l’Atto unico; Unione europea a seguito del Trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio del 1992.

(16)

2

Per quanto attiene al mercato dei servizi bancari è da constatare una maggiore difficoltà nel raggiungimento della sua totale liberalizzazione, visti i molteplici fattori che l’hanno ostacolata: in primo luogo l’art. 62 del Trattato Ce creava un collegamento funzionale tra la liberalizzazione dei servizi bancari e il libero movimento dei capitali3 e quest’ultimo è stato impedito dagli Stati nazionali restii a concedere parte della loro “sovranità”, in quanto proprio la regolamentazione dei servizi bancari rappresenta lo strumento per la tutela del risparmio e soprattutto per l’attuazione della politica economica nel settore monetario e creditizio4. Gli altri fattori che hanno impedito un’andatura veloce e senza troppe fermate possono essere ricondotte e al metodo di legiferare e ai meccanismi decisionali della Comunità, in particolare fra i diversi atti comunitari che l’Unione Europea può adottare quello maggiormente utilizzato dalle istituzioni comunitarie nel settore bancario è stato quello della direttiva5, strumento che vincola gli Stati membri destinatari per quanto riguarda il risultato da raggiungere, lasciando alle autorità nazionali la competenza quanto alla forma e ai mezzi per raggiungere il risultato. Lo strumento della direttiva presuppone, quindi una ripartizione di compiti fra il livello comunitario e il livello nazionale e

3

Per un’analisi più approfondita di queste nozioni si veda T. Padoa Schioppa , Verso un ordinamento bancario europeo, in Bollettino Economico, 10, 1988, p. 57-61.

4 Giacalone, Verso l’Europa delle banche. Origini e sviluppi della normativa comunitaria

nel settore bancario, in Foro it. , 1989, IV, p. 85.

5

Fra gli altri atti vi è anche il regolamento, atto direttamente applicabile in tutti gli Stati membri, cioè produce automaticamente, senza nessuna interposizione delle autorità degli Stati membri effetti giuridici nell’ordinamento interno degli Stati nazionali e deve ricevere applicazione sul loro territorio.

(17)

3

rappresenta uno strumento più flessibile e rispettoso delle peculiarità nazionali. Con riferimento ai meccanismi decisionali il diritto comunitario imponeva quasi in ogni settore la regola dell’unanimità, tale regola portava come conseguenza una estrema difficoltà di raggiungere risultati concreti poiché qualsiasi Stato, anche il più piccolo, poteva bloccare per anni un accordo anche su aspetti non particolarmente importanti della direttiva in discussione6. Il processo di realizzazione degli obiettivi del Trattato si è svolto cosi con lentezza, ed è stato perseguito con delle ondate di legislazione comunitaria, tese in una prima fase a realizzare il diritto di stabilimento e in una seconda fase il diritto di libera prestazione dei servizi7. Risale alla fine degli anni sessanta l’idea di una legge bancaria europea ma l’ingresso nella Comunità, nel 1973, della Gran Bretagna fece abbandonare l’ambizioso progetto e si decise per un approccio più pragmatico. Si è giunti allora all’emanazione della direttiva Cee 183/73 del Consiglio, del 28 giugno 1973 con cui si sono mossi i primi passi verso un mercato bancario comunitario, e in particolare verso la soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento ed alla libera prestazione dei servizi nel campo delle attività non salariate delle banche e degli altri istituti finanziari. La libertà di stabilimento viene realizzata imponendo agli Stati di eliminare le restrizioni derivanti da norme giuridiche e dall’adozione di prassi amministrative

6 G. Godano, La legislazione comunitaria in materia bancaria, Bologna, Il Mulino, 1996, p. 29-30.

7

(18)

4

discriminatorie8, in particolare vengono elencate9 le norme giuridiche che ciascuno Stato deve sopprimere: lo scopo era quello di evitare situazioni discriminatorie tra i cittadini degli altri Stati membri e quelli dello Stato ospitante.

2. I principi della “Prima direttiva”

Un ulteriore passo in avanti venne fatto con l’entrata in vigore della direttiva 780/77 Cee del 12 dicembre del 1977, nota come “la prima direttiva”10, sul coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed

amministrative, ormai sostituita e abrogata dalla Direttiva 2000/12 Ce del

Parlamento Europeo e del Consiglio relativa all’accesso e all’attività degli enti

creditizi ed al suo esercizio, del 20 marzo 2000, entrata in vigore il 15 giugno del

200011, a sua volta sostituita ed inglobata nella Direttiva 2006/48/UE del 14 giugno 2006 relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio e

2006/49/UE, relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi12. Dai “Considerando” della direttiva si evince facilmente quali furono gli obiettivi del Consiglio che si volevano perseguire, si legge infatti, in particolare nel secondo dei considerando che “ al fine di facilitare l’accesso all’attività degli enti creditizi ed il suo esercizio, è necessario

8 G. Giacalone, Verso l’Europa delle banche. Origini e sviluppi della normativa nel

settore bancario, cit.

9

Art. 3 § 2.

10 In G.U.C.E. L. del 17 dicembre 1977. 11 In G.U.C.E L. 126 del 26 maggio 2000. 12

(19)

5

eliminare le differenze più sensibili tra le legislazioni degli Stati membri per quanto riguarda il regime al quale detti enti sono sottoposti”, ma è dal successivo considerando che si chiarisce quale sarebbe stato il percorso che avrebbero tracciato le istituzioni comunitarie in questo settore, si legge:

“Considerando tuttavia che, per l’importanza di tali differenze, non è possibile porre in essere con un’unica direttiva le condizioni regolamentari richieste per un mercato comune degli enti creditizi, occorre procedere per tappe successive”13.

In primo luogo, quindi la direttiva si preoccupa di dettare la nozione di ente creditizio in senso comunitario: ai sensi dell’articolo 1 l’ente creditizio è “un’ impresa la cui attività consiste nel ricevere depositi o altri fondi rimborsabili e nel concedere crediti per proprio conto”. Il legislatore comunitario con questa definizione evita di prendere posizione tra le diverse opzioni prospettate in seno alla Commissione, e infatti tra gli esperti del gruppo di lavoro vi erano, da una parte quelli propensi a sancire la definizione di Universal bank di tipo tedesco che diversifica raccolta ed impieghi senza vincoli di scadenza, dall’altra gli italiani e i francesi propendevano per il mantenimento della specializzazione creditizia14; dopo anni di trattative infruttuose, il Comitato dei rappresentanti permanenti, il Coreper, si espresse per la tesi italiana, in base alla quale, pur rinunciando a

13 Considerando 3

14 G. Giacalone, Verso l’Europa delle banche, Origini e sviluppi della normativa

(20)

6

distinguere le imprese bancarie in base alla scadenza delle operazioni, richiese almeno che, per chiamarsi banca, un’impresa dovesse svolgere tanto le operazioni attive quanto quelle passive.15

Si afferma la necessità di una autorizzazione da parte dell’autorità amministrativa per la costituzione di enti creditizi e per l’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo alcuni criteri minimi per la concessione di detta autorizzazione, come il possesso di fondi propri distinti, fondi propri minimi sufficienti e la presenza di almeno due persone in grado di determinare l’orientamento globale e che fossero in possesso di requisiti di onorabilità ed esperienza, nonché “le altre condizioni di applicazione generale fissate dalle regolamentazioni nazionali”16. Tale autorizzazione diventa “atto dovuto” in presenza dei requisiti previsti dalla direttiva stessa, senza che possa essere negata per esigenze economiche del mercato; anche questo punto fu particolarmente dibattuto, la Commissione riteneva che, se ci fosse stato un margine di discrezionalità delle autorità di controllo, non si sarebbe realizzato un effettivo coordinamento delle condizioni per l’accesso al mercato bancario e si sarebbero determinate distorsioni nella concorrenza. Ben cinque Paesi, fra cui oltre all’Italia anche il Belgio, la Francia, l’Irlanda e la Gran Bretagna sostenevano, invece, che l’ingresso di nuove banche avrebbe dovuto essere deciso anche in base alle esigenze del

15 Sul punto si veda in particolare R. Costi, Banca e attività bancaria nelle direttive

comunitarie, in Banca, impresa, società, 1989 p. 335 ss.

16

(21)

7

mercato, onde evitare eccessi nella concorrenza, in situazioni di eccedenza di offerta di servizi bancari. Il Parlamento europeo suggeriva la formulazione definitivamente approvata, ma per venire incontro alle esigenze dei paesi dissenzienti veniva sancita la possibilità di continuare ad adottare il criterio del bisogno economico, applicabile però sulla base di parametri generali, prestabiliti dalla Commissione, per un periodo di sette anni, prorogabile per altri cinque.

L’articolo undici della direttiva istituisce, presso la Commissione, un Comitato consultivo delle autorità competenti degli Stati, con il compito di assistere il Consiglio nell’assicurare che la direttiva venisse applicata; gli vengono inoltre affidati il compito di fornire pareri in tema di enti esclusi dall’applicazione della direttiva, di esaminare i criteri stabiliti nei vari ordinamenti interni per l’autorizzazione all’accesso al mercato del credito e di esaminare i risultati delle analisi effettuate dalle autorità di vigilanza sulla base dei rapporti , i c.d. ratios, calcolati in base all’articolo sei.

Accanto al Comitato consultivo venne istituzionalizzato il Comitato dei governatori delle banche centrali degli Stati Cee, il c.d. Comitato di contatto, composto da esponenti delle autorità di vigilanza nazionali. Sorto nella prassi per l’esame di contingenti situazioni monetarie, esso si è via via occupato di problemi di armonizzazione legislativa, formulando pareri sulle varie proposte; gli sono stati devoluti compiti operativi nell’analisi dei rapporti calcolati ogni sei mesi tra i dati di bilancio delle banche, nonché in

(22)

8

tema di modalità tecniche di applicazione del controllo amministrativo e finanziario locale, in particolare nell’esame dei singoli casi.

In conclusione si può dire che con questa “prima direttiva” si cercò di eliminare le differenze più marcate fra le legislazioni degli Stati membri, in particolar modo sul versante dell’accesso all’attività creditizia.

3. Dal Libro Bianco all’A.U.E.

Nel 1985 la Commissione Cee elaborò l’ormai noto Libro Bianco sul

completamento del mercato unico con il quale cercò di recepire anche nel campo

dei servizi bancari quelle che erano state le indicazioni della Corte di Lussemburgo nel campo della libera circolazione delle merci e dei fattori produttivi; quest’ultima, infatti, in particolar modo nella sentenza del 20 febbraio 1979, meglio nota come il caso Cassisi de Dijon17 viene ad affermare nel campo della circolazione delle merci il principio del “mutuo riconoscimento” sostenendo che:

“Gli ostacoli alla circolazione intracomunitaria risultanti dalla disparità delle legislazioni nazionali in materia di commercializzazione dei prodotti devono essere accettati solo nella misura in cui dette normative possono essere riconosciute necessarie per soddisfare esigenze imperative, legate all’efficienza dei controlli fiscali, alla protezione della sanità pubblica, alla

17 Corte di Giustizia 20 febbraio 1979, causa 120/78, Foro it.,1981, IV, p. 290; si veda anche la sentenza 28 aprile 1977, causa 71/76,Tieffry, Foro it., 1977, IV, p.209.

(23)

9

lealtà delle transazioni ed alla difesa dei consumatori: qualora tali condizioni, che devono essere interpretate in maniera restrittiva, non sussistano, le merci devono poter essere importate quando sono legalmente prodotte e commercializzate in uno degli Stati membri”.

E di fatto il Libro Bianco si apre con la proposta di eliminazione delle barriere fisiche, tecniche e fiscali tra gli Stati, sul presupposto che “il mantenimento di un qualsiasi controllo alle frontiere perpetuerebbe i costi e gli inconvenienti di un mercato diviso”. La Commissione è conscia, quindi del fatto che esistono, cosi come nel settore della libera circolazione delle merci, degli ostacoli anche nel settore dei servizi bancari e finanziari. Ciò che cambia è l’atteggiamento che le istituzioni comunitarie vogliono assumere, mentre fino a quel momento si era cercato di dettare una normativa che abbracciasse tutte le materie aventi ad oggetto rapporti economici, sul presupposto che, senza una completa armonizzazione delle norme, non si potesse realizzare l’unificazione del mercato, ora invece si opta sì per l’armonizzazione delle varie discipline esistenti negli ordinamenti di ciascun Stato ma “minima”, basata proprio sul principio del “mutuo riconoscimento” in base al quale ciascun paese accetta come valide sul proprio territorio le norme che vigono in un altro Stato della Comunità ed assume l’impegno di non invocare la difformità tra i propri regolamenti e quelli di altri paesi come motivo di restrizione del libero accesso al proprio

(24)

10

mercato di beni e servizi di produttori di altri Paesi membri18. Si ha quindi un approccio “orizzontale” ai problemi, che a differenza di quello “verticale” affronta gli ostacoli che si ripercuotono indistintamente su tutti i settori19. Tale principio se applicato anche al campo dei servizi finanziari comporterebbe che i prodotti finanziari, ad esempio i contratti bancari in generale, possano liberamente circolare in tutti i Paesi della Comunità: gli standard di tali prodotti, infatti, stabiliti dal paese di origine, sarebbero riconosciuti in tutti i paesi comunitari; solo cosi il grande mercato avrà la sua vera dimensione economica e industriale, cosi come si enuncia al paragrafo tredici del Libro Bianco.

Dall’applicazione dei due principi, da un lato il principio del mutuo riconoscimento, dall’altra un’armonizzazione “ selettiva”20 si sarebbe giunti all’effettiva integrazione bancaria. Ma fin da subito si misero in luce i possibili ostacoli che si sarebbero potuti presentare, in particolare uno dei pericoli che si intravedevano dall’applicazione di tali principi fu quello della c.d. competition in laxity, nel senso che i vari sistemi avrebbero potuto orientarsi, per fini competitivi, verso forme blande di controllo e verso un allentamento degli interessi generali. Una tale concorrenza, non a caso definita selvaggia, si presterebbe a favorire sistemi più liberali o meno

18 G. Giacalone, Verso l’Europa della Banche. Origini e sviluppi della normativa

comunitaria nel settore bancari, cit.

19

G. Godano, Aspetti dell’integrazione bancaria nel nuovo quadro normativo comunitario, in Foro it., 1989, IV, p.101.

20 A. Tizzano, La “seconda direttiva banche” e il mercato unico dei servizi finanziari, in

(25)

11

rigorosi, imperniati su tecniche più aggressive o meno garantiste e finirebbe dunque col minacciare fondamentali esigenze di protezione sociale. Al fine di evitare tali inconvenienti occorreva prevedere, in sede di armonizzazione, stringenti regole prudenziali, ossia un insieme di vincoli sull’attività principali al fine di salvaguardare le fondamentali esigenze di protezione sociale, evitando distorsioni per la concorrenza e rischi per il sistema complessivo. In definitiva sulla base di quanto dettato dal Libro Bianco si avrà, da un lato il cosiddetto fenomeno della concorrenza tra ordinamenti, dall’altro si avrà, da parte dei soggetti dell’ordinamento soggetti alla cosiddetta reverse discrimination, una forte pressione nei confronti delle autorità affinché tali vincoli vengano aboliti21.

I principi sanciti nel Libro bianco vennero poi recepiti a livello legislativo dall’ Atto unico europeo. Al Consiglio Europeo di Milano, nel giugno del 1985, viene deciso di convocare una conferenza intergovernativa, nei sei mesi successivi la conferenza conclude i propri lavori e l’A.U.E entra così in vigore il primo luglio del 1987. L’atto unico europeo ha il merito di aver introdotto significative novità strutturali che hanno accelerato sensibilmente i lavori verso la meta: il completamento del mercato unico22. Una di queste novità è rappresentata dal fatto di aver

21

A. Tizzano, la “seconda direttiva banche” e il mercato unico dei servizi finanziari, cit. 22

Dopo la conclusione dell’Atto unico europeo si adottarono la direttiva 83/350 del 13 giugno 1983 sulla vigilanza bancaria su base consolidata, la direttiva 86/635 relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, le direttive 89/229 del 17 aprile 1989 sui fondi propri degli enti creditizi. A ciò si deve aggiungere le due

(26)

12

cambiato il meccanismo decisionale della Comunità, vengono cioè aumentate le ipotesi di voto a maggioranza qualificata23, e addirittura vengono introdotte nuove norme che prevedono tale tipo di voto24.

Altro merito da attribuire a questo documento è quello di aver fornito per la prima volta formalmente la definizione di “mercato interno”, all’articolo otto tale mercato viene definito come “uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”.

Viene indicato un termine finale25, il 31 dicembre 1992, entro il quale le istituzioni devono adottare le misure per l’instaurazione del mercato interno: il c.d. appuntamento del ‘9226. A tal proposito viene previsto che si procederà alla verifica delle disposizioni nazionali non armonizzate, per stabilire quali potranno essere dichiarate equivalenti a quelle applicate da un altro Stato membro. Come affermato nella dichiarazione allegata all’Atto, tale scadenza “non determina effetti giuridici automatici” e quindi non si può dedurre dal suo decorso che il mercato unico possa ritenersi instaurato

raccomandazioni del 1987 della Commissione sui grandi fidi degli enti creditizi e sull’instaurazione di sistemi di garanzia dei depositi.

23 Art. 28 (modificazione o sospensione di dazi doganali);art. 57 (coordinamento delle disposizioni nazionali relative all’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio); art. 59( estensione della libera prestazione dei servizi a cittadini di Stati terzi); art. 70 (movimenti di capitali tra Stati membri e Paesi terzi); art. 84 ( navigazione marittima e aerea).

24

Art. 100 A e 100 B (ravvicinamento delle disposizioni nazionali rilevanti per l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno); art. 118 A (politica sociale); art. 130 E (coesione economica e sociale); art.130 Q (ricerca e sviluppo tecnologico).

25 Art. 8 A. 26

(27)

13

anche per i settori in cui non sia intervenuta una qualche forma di armonizzazione27.

Il Libro Bianco ha avuto il grande merito di non abbandonarsi alla solite enunciazioni da libro dei sogni e formula un puntuale elenco di misure concrete da adottare, le famose trecento direttive28; l’Atto Unico Europeo introduce importanti innovazioni sul piano giuridico- istituzionale. Il risultato è stato quello di uno straordinario rilancio, basti solo pensare che alla fine del 1988 delle famose trecento direttive quasi il 90% era stato già oggetto di proposta della Commissione al Consiglio.

4. La seconda direttiva

Con l’espressione “seconda direttiva” ci si riferisce al documento approvato il 15 dicembre 1989 sul coordinamento delle disposizioni legislative,

regolamentari e amministrative riguardanti l’accesso all’attività degli enti creditizi e il suo esercizio29. I lavori si sono svolti con notevole celerità, tenuto conto degli standard comunitari, tanto che, in poco più di un anno, dalla presentazione nel marzo del 1988 della proposta della Commissione, si è giunti alla sua entrata in vigore30. È l’esempio lampante del nuovo atteggiamento delle istituzioni comunitarie tanto da poter essere considerata la fonte primaria del c.d. diritto bancario europeo. Tra le motivazioni che certamente

27

A. Tizzano, Problemi del mercato interno europeo: l’integrazione bancaria, cit. 28 A. Tizzano, Problemi del mercato interno europeo: l’integrazione bancaria, cit. 29 In G.U.C.E. L. 386/ 1 del 30 dicembre 1989.

30

(28)

14

spinsero alla sua adozione vi era senz’altro l’esigenza di rimuovere le barriere che ancora ostacolavano la libertà di stabilimento nel settore creditizio e di consentire la piena libertà di prestazione dei servizi. Lo scopo era quello di dare applicazione concreta e al c.d. principio dell’ “Home country

control” e a quello del “mutuo riconoscimento”31.

Per quanto attiene all’applicazione concreta del “mutuo riconoscimento” era ritenuto indispensabile, in primo luogo, dettare una disciplina minima e uniforme dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria, tale poter essere spesa in tutto il territorio della Comunità, una sorta di licenza bancaria unica32 a livello comunitario; tra i requisiti richiesti la direttiva prevedeva la presenza di un capitale minimo iniziale, con la possibilità per gli Stati membri di prevedere un capitale minimo inferiore per le banche il cui campo di azione sia limitato da disposizioni legali o statutarie, e durante l’esercizio dell’attività, i fondi propri della banca non potranno mai scendere al di sotto della dotazione iniziale, salvo la concessione, da parte della autorità di vigilanza, di un termine per la regolazione della situazione33. È poi, nello specifico, il titolo IV a dedicarsi alla disciplina del principio dal quale si evince che un ente creditizio34 originario di uno Stato Cee, potrà svolgere, in un altro Stato comunitario,

31

Si veda anche R. Luttazzo, IL principio del mutuo riconoscimento degli enti creditizi nel mercato interno della Cee, in Dir. comm, internaz., 1989.

32

G. Radicati di Brozolo, L’ambito di applicazione della legge del paese di origine nella libera prestazione dei servizi bancari nella Cee, in Foro it., 1990, IV, p.454.

33 Artt. 4, 5, 6, 7, Titolo II.

34 La nozione di ente creditizio accolta dalla seconda direttiva è quella della prima direttiva.

(29)

15

tutte le attività che è autorizzato ad esercitare in quello d’origine, a condizione che esse rientrino tra quelle “fondamentali dell’impresa bancaria” indicate nell’allegato35 alla direttiva o che, se non comprese nella lista, non contrastino con motivi d’interesse pubblico che ne rendano impossibile l’esercizio nello Stato ospitante. Viene inoltre, stabilito che qualsiasi ente creditizio, che intende stabilire una succursale in altro Stato membro, dovrà informare l’autorità di vigilanza dello Stato membro d’origine, fornendo alla stessa i dati analiticamente indicati nell’articolo diciassette. Ricevuta tale documentazione, l’autorità di vigilanza del paese di origine indagherà sulla solidità finanziaria dell’ente creditizio e sulla sua solvibilità. Qualora stabilisca che vi siano motivi per dubitare della solidità finanziaria o dell’adeguatezza delle strutture, essa rifiuterà di inviare le informazioni alla corrispondente autorità dello Stato ospitante e motiverà il rifiuto entro tre mesi all’ente interessato. Questo rifiuto potrà formare oggetto di ricorso innanzi ai tribunali dello Stato d’origine. Prima che l’ente creditizio inizi le proprie operazioni, l’autorità del paese ospitante disporrà di un periodo di tre mesi per predisporre la vigilanza sull’ente creditizio e per pronunciarsi sull’impossibilità di esercitare, per motivi di interesse

35 In particolare l’allegato fa riferimento alle seguenti operazioni: raccolta di depositi o di altri fondi rimborsabili, operazioni di prestito, leasing finanziario, servizi di pagamento, emissione e gestione di mezzi di pagamento, rilascio di garanzie e di impegni di firma, operazioni per proprio conto o per conto della clientela, partecipazione alle emissioni di titoli e prestazioni di servizi connessi, consulenza alle imprese in materia finanziaria, di strategia industriale e di questioni connesse, nonché di consulenza e servizi nel campo delle concentrazioni e del rilievo di imprese, servizi di intermediazione finanziaria del tipo “money broking”, gestione o consulenza nella gestione di patrimoni, custodia e amministrazione di valori mobiliari, servizi di informazione commerciale, locazione di cassette di sicurezza.

(30)

16

pubblico, alcune attività. La succursale potrà iniziare ad esercitare la propria attività dal momento in cui riceverà dall’autorità compente dello Stato ospitante un avviso o, in caso di silenzio di quest’ultima, alla scadenza dei tre mesi. All’articolo diciannove vengono delineate le competenze delle autorità di vigilanza dello Stato d’origine e di quello ospitante per la verifica delle attività esercitate ammesse al “mutuo riconoscimento”. Gli Stati membri ospitanti potranno esigere che gli enti creditizi che dispongono di una succursale sul loro territorio presentino alle loro autorità di vigilanza una relazione trimestrale sulle operazioni svolte dalla succursale o potranno esigere che le succursali stesse trasmettano dette informazioni, laddove le autorità accertino che le succursali non osservano i regolamenti vigenti, potranno esigere che si ponga fine alle irregolarità e in caso di ulteriori inottemperanza si potranno rivolgere direttamente alla autorità dello Stato d’origine.

Meritevole di attenzione è il tentativo di sancire, in tutta la Comunità, il principio della “separatezza” tra la banca e le altre attività economiche a carattere non finanziarie, viene stabilito all’articolo undici, infatti, che gli Stati membri dovranno prevedere che gli azionisti o i soci, diretti o indiretti, siano essi persone fisiche o giuridiche, che contino di detenere in una banca una “partecipazione qualificata”, ne informino preventivamente le autorità competenti e comunichino l’ammontare della partecipazione, tali azionisti dovranno essere tenuti ad informare nuovamente le autorità quando

(31)

17

intendono modificare l’entità della partecipazione. Quando l’influenza esercitata dagli azionisti sia di ostacolo alla gestione “prudente e sana” dell’attività bancaria, le autorità di vigilanza potranno adottare provvedimenti per porre fine a questa situazione.

Non vi è dubbio che con la seconda direttiva si sia fatto un grosso passo in avanti ma già all’epoca della sua entrata in vigore furono messi in evidenza alcune sue zone d’ombra fra cui il c.d. fenomeno della “concorrenza fra norme”36: se partiamo dal fatto che il principio del mutuo riconoscimento consiste nella possibilità che l’ente creditizio operi in tutto il territorio delle Comunità esercitando le proprie attività “ allo stesso modo che nello Stato d’origine”, da ciò ne deriva la convivenza nello stesso ambito territoriale di più ordinamenti, ciascuno regolante l’attività delle istituzioni creditizie con esse collegate, si avrebbe cosi l’ammissione di enti creditizi allo svolgimento di determinate attività, che in se stesse possono essere sottoposte alla disciplina privatistica propria degli ordinamenti diversi in base ai normali principi di diritto internazionale privato, ciò che si vuole dire che mancava una qualsiasi forma di armonizzazione del diritto sostanziale che regolasse i contratti bancari o qualsiasi tentativo di enunciare nuclei di norme inderogabili a tutela anche del contraente debole37.

36

R. Luttazzo, La libera prestazione dei servizi bancari nella Cee ed il principio del mutuo riconoscimento degli enti creditizi, in Foro it.,1990, IV, p.443.

37 Si veda anche P. Clarotti, La politica comunitaria in materia bancaria, in L’Europa dei

(32)

18

CAPITOLO II

LA VIGILANZA FINANZIARA:

UN’ARCHITETTURA IN

FIERI

1. Il modello “a scala” di Lamfalussy e l’approccio “a diamante” di De Larosièere

Tra gli ostacoli che ancora impedivano la piena integrazione dei singoli mercati finanziari nazionali, all’indomani dell’entrata in vigore dell’Unione europea monetaria1, vi era la lentezza e la lunghezza della procedura legislativa comunitaria che rendeva, a causa della durata e dei negoziati in seno alle istituzioni e dei periodi di recepimento, la regolamentazione comunitaria obsoleta già a breve distanza dalla sua

1

L’UEM prevista dal Trattato di Maastricht, entra in vigore il 1 gennaio del 1993. Nel 1988 il Consiglio europeo assegnò ad un comitato guidato da Jacques Delors, all’epoca Presidente della Commissione europea, il mandato di elaborare un programma concreto per il suo conseguimento. Tra i componenti del comitato vi era anche Alexandre Lamfalussy, allora Direttore generale della Banca dei regolamenti internazionali. Nell’aprile del 1989 il comitato Delors presentò il “Rapporto sull’Unione Economica e Monetaria” che prevedeva il passaggio all’UEM in tre fasi: la prima, che ha preso avvio il 1 luglio del 1990, aveva come obiettivo quello di consolidare il coordinamento delle politiche economiche e monetarie, oltre che di realizzare la completa indipendenza delle Banche centrali dei governi nazionali, nonché di fare cessare ogni forma di finanziamento monetario dei disavanzi pubblici attraverso l’emissione di carta moneta; la seconda fase ha preso avvio il 1 gennaio del 1994 con fini prettamente preparatori, con essa dovevano essere predisposte dagli Stati membri le condizioni necessarie per realizzare il passaggio alla terza e ultima fase che prevedeva l’adozione della moneta unica. Si veda F. Saccomanni, Verso una Vera Unione Economica e Monetaria?, in “Gasparo Scaruffi e la moneta unica: dal Rinascimento all’Unione Europea”, atti del Convegno organizzato dal Rotary Club di Reggio Emilia in occasione delle celebrazioni della Giornata Nazionale della Bandiera, Reggio Emilia, 10 gennaio 2013.

(33)

19

adozione2. Si mise in evidenzia che il processo legislativo era incapace di adattarsi alle evoluzioni dei mercati e di fornire un’adeguata risposta alla comparsa di nuove tipologie di prodotti e operatori3. Il sistema europeo di regolazione si mostrava, infatti, inadatto a fronteggiare le sfide del mercato finanziario4.

Così nel luglio del 2000 il Consiglio europeo istituì un Comitato di Saggi, il c.d. Comitato Lamfalussy5, con il compito di esaminare la questione e di formulare proposte concrete al fine di superare tali inconvenienti; il 15 febbraio 2001 il comitato pubblicò la relazione finale sulla regolamentazione dei mercati finanziari europei e il 23 marzo dello stesso anno il Consiglio europeo di Stoccolma approvò il rapporto6; lo scopo di quest’ultimo, in un primo momento rivolto solo alla disciplina dei mercati di intermediazione mobiliare ma, a decorrere dal dicembre 2002, esteso anche ai mercati dei servizi bancari, era quello di snellire le modalità di approvazione e attuazione delle norme tramite un ampio ricorso alla comitologia7; e di fatto il rapporto propone un approccio regolamentare a quattro livelli.

2

Si fa riferimento alla ordinaria procedura di codecisione prevista dall’art. 251 del Trattato.

3

C. Comporti, L’integrazione dei mercati finanziari e la c.d. procedura di Lamfalussy, in Diritto delle Banca e del mercato finanziario, 2004, p. 269 ss.

4 P. Bilancia, Il Sistema Europeo di Regolamentazione dei servizi finanziari, in Il Diritto

dell’ Economia, 1-2008, p. 46 ss.

5

Il Comitato prende il nome dal suo Presidente Alexandre Lamfalussy. 6 Il testo del rapporto è disponibile sul sito della Commissione europea. 7

Si tratta di una procedura regolamentare disciplinata dalla decisone del Consiglio 1999/648/CE in base alla quale nell’esercizio dei poteri normativi delegati, la Commissione è assistita da un comitato di rappresentanti nazionali il cui ruolo varia a seconda della procedura adottata; il parere espresso, sulle misure proposte dalla Commissione, dal comitato è vincolante e in caso di un eventuale contrasto tra Il comitato e la stessa

(34)

20

Nello specifico al primo livello si prevede l’adozione da parte del Consiglio e del Parlamento europeo di direttive o regolamenti contenenti principi-quadro secondo l’ordinaria procedura di codecisione; al secondo livello è prevista l’adozione di misure tecniche d’attuazione dei suddetti principi-quadro; il terzo livello prevede la creazione di una rete delle autorità di vigilanza nel settore dei mercati mobiliari, costituita da Comitati8, detti di “terzo livello”, organismi privi di personalità giuridica, per rafforzare la cooperazione tra dette autorità e garantire un efficacie ed uniforme recepimento degli atti legislativi adottati ai precedenti livelli; infine al quarto ed ultimo livello è previsto un controllo rafforzato dell’applicazione della normativa comunitaria negli Stati membri da parte della Commissione, accompagnato da una cooperazione rafforzata tra gli stati membri, le loro autorità di vigilanza ed il settore privato9.

Il Parlamento europeo, a sua volta, con la risoluzione del 5 febbraio 2002 diede riconoscimento a tale procedura e successivamente vennero istituiti i due Comitati, con decisioni della Commissione europea del giugno 2001.

Commissione, quest’ultimo deve essere risolto dal Consiglio. Il Parlamento europeo, invece, partecipa grazie ad una costante e periodica informativa.

8

Si tratta del CEBS, comitato delle autorità di vigilanza bancaria; il CEIOPS, il comitato delle autorità di vigilanza europee delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali; il CERS, il comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari.

9 Questa procedura ha trovato applicazione nel Piano d’azione per i servizi finanziari(FSAP Financial Services: Implementing the framework for financial markes), lanciato l’undici maggio del 1999 dalla Commissione europea allo scopo di migliorare l’integrazione.

(35)

21

L’applicazione del modello Lamfalussy ha permesso una rapida armonizzazione delle norme in materia di mercati dei servizi finanziari10; ne è derivato che la disciplina degli operatori finanziaria è stata in buona parte uniformata, grazie all’adozione di norme comuni11; la vigilanza, invece, rimane di competenza degli Stati membri e a livello europeo è trattata solo in forma di cooperazione fra i governi12.

C’è chi ha sostenuto che in realtà la procedura non ha raggiunto gli esiti sperati, in quanto al primo livello la procedura rimane inalterata rispetto alla situazione già esistente13, e che, pur potendosi constatare una maggiore uniformità fra le legislazioni degli Stati membri, continuavano a

10

Con tale procedura sono stati adottati significativi atti legislativi tra i quali si ricordano: la direttiva 2003/6/CE sugli abusi di mercato, la direttiva 2003/71/CE relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, la direttiva 2004/39/CE, sui mercati degli strumenti finanziari, la direttiva 2004/109/CE sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza.

11 In particolare secondo P. Bilancia, Alla ricerca di un mercato unico dei servizi

finanziari, in www.astrid-onile.it, “il processo di formazione della normativa in quest’ambito appare di grande interesse per almeno cinque motivi, in quanto: 1) coinvolge le istituzioni( consiglio e parlamento) nel processo di codecisione soprattutto per quel che concerne la determinazione dei principi o delle linee generali della disciplina da realizzarsi con direttive quadro, lasciando alla commissione e ad un processo di mediazione giuridica che esula per lo più dal tradizionale circuito democratico (consiglio-parlamento) la normativa di esecuzione, anche se dal 2006 si è istituzionalizzata una forma di controllo preventivo rientrante nel procedimento “regolazione con controllo” (nuova versione della procedura c.d. comitology); 2) coinvolge il network delle autorità indipendenti nazionali nel settore nella fase preparatoria ed istruttoria, nonché nella fase di implementazione della normativa a livello nazionale; 3) sottolinea l’importanza dei canoni della better regulation sancita a più riprese a livello europeo, valorizzando in particolare la fase di informazione e di consultazione degli stakeholders; 4) riduce lo spazio della formazione-in quest’ambito-delle istituzioni democratiche nazionali, nonché la discrezionalità delle amministrazioni nella relativa implementazione; 5) imposta un modello decisionale che, rodato nel settore delle securities e con qualche modifica apportata dall’esperienza del metodo, è stato esteso nella disciplina di altri settori ( banche, assicurazioni).

12

R. Masera, La crisi globale: finanza, regolazione e vigilanza alla luce del rapporto de Larosière, in Riv Trim. di diritto dell’economia, 2009, p. 147 ss.

13 G. Godano, Il progetto di riforma dell’architettura finanziaria in Europa, in Il diritto

(36)

22

registrarsi vistose differenze tra gli ordinamenti nazionali, e ciò non tanto in materia di norme primarie, quanto piuttosto, in punto di interpretazione delle regole, di prassi di vigilanza e di regimi sanzionatori. Da ciò l’impressione che lo sforzo di armonizzare compiuto “a monte”, ossia a livello istituzionale apicale, venisse in qualche modo vanificato da quanto attuato “a valle”, cioè all’interno delle diverse realtà locali14.

L’approccio del modello è tradizionale perché quello della vigilanza è un sistema detto di Top-Down, dall’alto verso il basso, basato sul principio del controllo del paese d’origine.

14 In questo senso F. Ciraolo, Il Processo di integrazione del mercato unico dei servizi

finanziari dal metodo Lamfalussy alla riforma della vigilanza finanziaria europea, in Il Diritto dell’economia, 2-2011, p. 415 ss.

(37)

23

La figura15 propone l’approccio “a scala” della relazione tra politica economica, regolamentazione e vigilanza, ossia una struttura gerarchica in cui al livello superiore viene posta la politica economica, subito dopo viene posta la regolamentazione, mentre al gradino più basso vi è l’attività di vigilanza, esercitata dai singoli Stati membri attraverso i comitati di terzo livello.

La lunga crisi finanziaria, innescata dalla seconda metà del 2007 e protrattasi fino ad oggi, ha messo in evidenza i punti deboli del sistema finanziario globale, e in particolare ha mostrano la fragilità della struttura sovranazionale costituita dai cosiddetti Comitati di livello 3 della procedura

Lamfalussy16, le cui regole sono semplici linee guida, prive di effetti giuridici vincolanti, e il fatto che nei giorni più bui della crisi le decisioni più importanti siano state prese dai governi nazionali, ha provocato un’ulteriore frammentazione della regolamentazione e supervisione europea, segnando un deciso e significativo passo indietro del processo di integrazione europea. In particolare si constatava che ad oltre trent’anni dall’entrata in vigore della prima direttiva ancora permanevano rilevanti differenze fra le normative di recepimento adottate dai legislatori nazionali, le azioni di vigilanza erano ancora disomogenee da Stato a Stato e che il grado di

15

Tratta da R. Masera, La crisi globale: finanza, regolazione e vigilanza alla luce del rapporto De Larosiere, cit.

16 Si ricorda anche la Comunicazione del 20 novembre 2007 della Commissione europea, intitolata “Revisione della procedura di Lamfalussy- Rafforzamento della convergenza in materia di vigilanza”.

(38)

24

convergenza fra le prassi di vigilanza seguite dalle varie Autorità nazionali fosse ancora insufficiente17.

Così nell’ottobre del 2008 il Presidente dell’allora Commissione europea, José Manuel Barroso, incaricò un gruppo di eminenti personalità di formulare un parere sul futuro della regolamentazione e della vigilanza europee in materia finanziaria.

Il 25 febbraio 2009 venne pubblicato il c.d. “Rapporto de Larosière”18, che prende il nome dal suo presidente Jacques de Larosière, in cui si legge che:

“La presente relazione viene pubblicata in un momento in cui il mondo deve far fronte ad una crisi economica e finanziaria di estrema gravità, l’Unione europea è duramente colpita, l’economia è in recessione e la disoccupazione è in aumento; la regolamentazione e la vigilanza in materia finanziaria si sono rilevate troppo deboli o hanno dato gli incentivi sbagliati. La globalizzazione dei mercati ha accelerato il contagio. L’opacità e la complessità hanno peggiorato la situazione; Bisogna correre ai ripari urgentemente, intervenire a tutti i livelli, mondiale, europeo e nazionale, e in tutti i settori finanziari; dobbiamo lavorare con i nostri partner per convergere verso standard elevati a livello europeo, in seno all’FMI, all’FSF,

17

M. Mancini, Dalla vigilanza bancaria armonizzata alla Banking Union, in Quaderni di Ricerca Giuridica, n. 73, Banca d’Italia, 2012.

18

Report of The High- Level Group on Financial Supervision in the EU, Bruxelles, 25 febbraio 2009, disponibile sul sito della Commissione europea. Il rapporto, prima di formulare la proposta di riforma della vigilanza a livello europeo, esamina le cause, macroeconomiche e microeconomiche, della crisi e individua dei possibili rimedi ad essa, comuni ai principali Paesi interessati dalla crisi stessa.

(39)

25

al Comitato di Basilea e la G20”; soltanto così: “l’Unione europea, che possiede il più grande mercato dei capitali, riuscirà a dotarsi di un sistema europeo integrato di regolamentazione e di vigilanza”.

In sostanza, secondo Jacques de Larosière vi erano due alternative: “la prima soluzione, all’insegna del “Chacun puor soì”, o la seconda, all’insegna di una cooperazione europea migliorata, pragmatica e ragionevole a beneficio di tutti per preservare un’economia mondiale aperta”19.

Tale rapporto prende le mosse dalla considerazione che, benché non possa essere annoverato tra le cause principali della crisi, il sistema di vigilanza del settore finanziario dell’Unione europea è gravemente carente: è stata riconosciuta la mancanza di un’idonea vigilanza a livello macroprudenziale. L’attuale sistema di vigilanza, infatti, si caratterizza per riconoscere peso eccessivo alla vigilanza nei confronti delle singole imprese, a discapito di una parametrata sull’intero settore economico.

Un sistema reso ancora più inadeguato dall’assenza di efficaci meccanismi di allarme preventivo: infatti, non esistono strumenti che consentano di garantire un intervento concreto volto a bloccare sul nascere situazioni di crisi.

19

Per completezza espositiva si rammenta che le soluzioni di riforma suggerite vi era anche quella prospettata dal Turner Review, A regulatory response to the global banking crisis, commissionata dalla FSA nel Regno Unito, che puntava sul rafforzamento delle funzioni e dei poteri spettanti alle Autorità nazionali dei paesi ospitanti nei confronti degli intermediari bancari e quindi un sostanziale abbandono del principio dell’ Home country control.

(40)

26

Inoltre, è emersa anche la carenza di una sostanziale cooperazione tra le autorità di vigilanza nazionali, che non si sono scambiate informazioni mostrando un apparato relazionale inefficiente, aggravatosi proprio nella fase in cui la crisi ha cominciato a conclamarsi20.

Il rapporto propone, così, l’eliminazione delle eccezioni e le deroghe previste a livello nazionale e l’istituzione di un sistema integrato di vigilanza, con la creazione, da un lato, di un organismo di vigilanza macroprudenziale, il Consiglio Europeo per il Rischio Sistemico (ESRB), che fa perno sulla BCE21, e dall’altro, di un sistema di tre Autorità di vigilanza microprudenziale, l’ESFS (Sistema Europeo delle Autorità di Vigilanza Finanziaria), articolato nell’Autorità Bancaria Europea (EBA), nell’Autorità europea per le assicurazioni e i fondi pensione (EIOPA) e nell’Autorità europea per i valori mobiliari (ESMA). Le ragioni per le quali il Comitato preferisce non attribuire poteri maggiori in materia di supervisione microprudenziale22 si fondano sul fatto che la BCE ha il compito primario di vigilare sulla stabilità monetaria e in caso di crisi sarà pesantemente coinvolta con chi fornisce il sostegno finanziario, tutto ciò potrebbe causare interferenze e pressioni politiche, a discapito dell’indipendenza della Bce23.

20

M. Occhiena, La riforma della vigilanza finanziaria dell’Unione Europea, in Il diritto dell’economia, n. 4, 2010, p. 663 ss.

21 Raccomandazione 16 del Rapporto. 22

Si veda M. Onado, La supervisione finanziaria europea dopo il Rapporto de Larosière: siamo sulla strada giusta?, in Bancaria special issue, n. 3/2010, p. 16 ss., in cui vengono presi in considerazione, quelli che secondo l’autore stesso possono essere definiti i “sette peccati di omissione” del Rapporto de Larosière.

23

(41)

27

Quindi, in una prima fase, la vigilanza microprudenziale segue un criterio settoriale “per soggetti” (banche, assicurazioni, operatori del mercato mobiliare), secondo lo schema dei preesistenti comitati Lamfalussy, cui le nuove autorità vengono a sostituirsi, e, in una seconda fase, un criterio di riparto di competenze “per finalità”, distinguendo, cioè, tra stabilità finanziaria delle banche, delle assicurazioni e delle principiali istituzioni finanziarie da un lato e vigilanza di correttezza e sul mercato dall’altro24.

La tesi fondamentale portata avanti è che i processi di politica economica, di regolamentazione e di vigilanza devono essere adeguatamente separati.

24 R. D’Ambrosio, Le Autorità di Vigilanza finanziaria dell’Unione, in Diritto della Banca

(42)

28

Lo schema in alto25 raffigura il modello “a diamante” dell’approccio De Larosière; è senz’altro un approccio più complesso e raffinato rispetto allo schema “a scala”: innanzitutto vengono tenute separate la micro e la macro vigilanza, seppure ritenute entrambe importanti e necessarie, e correlate sia nella sostanza, sia in termini operativi26; ruolo chiave deve essere riconosciuto alla vigilanza macroprudenziale la quale deve poter instaurare una relazione biunivoca con la regolamentazione attraverso adeguati accordi di vigilanza microprudenziale27.

2. Il nuovo assetto del sistema europeo di vigilanza

Con la comunicazione28 “Guida per la ripresa in Europa” per il Consiglio europeo di primavera, del 4 marzo 2009, la Commissione europea recepì i risultati della proposta del rapporto de Larosière.

Il successivo 23 settembre 2009, essa presentò ben cinque proposte legislative concernenti: l’istituzione di un comitato europeo per il rischio sistemico, Esrb29; l’attribuzione alla Bce poteri specifici in relazione al funzionamento dell’Esrb; e l’istituzione di nuove autorità europee di

25

R. Masera, La crisi globale: finanza, regolazione e vigilanza alla luce del rapporto de Larosiere, cit.

26

P. 41 del Rapporto. 27

R. Masera, la crisi globale: finanza, regolazione e vigilanza alla luce del Rapporto De Larosière, cit.

28 COM 114 del 4 marzo 2009. 29

Riferimenti

Documenti correlati

motor performance assessment using three different unsupervised learning approaches KM, HCA, SOM on the three different datasets FOOT, HAND, FULL, providing results for both 2-

• Lettere medievali: una metodologia di indagine, in corso di stampa in La corrispondenza epistolare in Italia nei secoli XII-XV, Trieste, CERM, 2012

competences laid down by this constitution and by the Community Treaties. It shall take over the acquis communautaire"). Following the same normative approach, note should also

Queste istituzioni – in particolare il Principato Vescovile di Trento – mantennero però la loro funzione centrale di vettori culturali nell'ambito della professionalizzazione

Nelle stazioni di ambito rurale più esposte alle emissioni delle attività agricole, le variazioni stagionali sono più elevate, dell’ordine di 4-6 µg/m3, ma anche dell’ordine di

dell’assistenza è proceduralmente non complessa ma il nucleo dell’attività del MES si esplica tramite il Memorandum of understanding che contiene l’elenco dettagliato delle

Ravagnan sull’impostazione da dare a questo nostro seminario odierno, è parso opportuno premettere alle relazioni e agli interventi di diritto penale che seguiranno non tanto