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Academic year: 2021

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(1)

EQUAZIONI DIFFERENZIALI

Marco Monaci

1Liceo Scientifico G. Marconi (5F)

Introduzione

:

Nel percorso di studi del liceo abbiamo affrontato a vario titolo le equazioni, che possiamo definire come leggi che regolano la dipendenza di una certa variabile x con suoi multipli, suoi divisori, sue potenze ed altre amenità del genere. Per esempio possiamo risolvere la seguente equazione:

x2+ 4x − 3 = 0

Cercare le soluzioni di questa equazione significa tro-vare un valore (o più valori) x0 affinché sia verificata

l’uguaglianza:

x20+ 4x0− 3 = 0

In altre parole, la soluzione di una equazione in una variabile reale (in questo caso la x) è un numero, o al massimo sono più numeri.

In generale quindi l’equazione ha come incognita un

numero, e il nostro scopo è trovare quel numero o quei numeri.

Tuttavia possiamo fare di meglio: infatti invece di avere come incognita un numero, possiamo avere una intera funzione. Per trovarla però dobbiamo avere qualche indizio in più: nel caso delle equazioni in una singola variabile reale tali indizi sono dati dalla dipendenza di questa variabile da suoi multipli, suoi divisori e altre cose. Nel caso in cui abbiamo una intera funzione gli "indizi" sono dati dalla dipendenza di questa funzione dalle sue derivate successive.

Una equazione che lega una funzione con le sue derivate è chiamata equazione differenziale.

Partiamo subito da un esempio. Indichiamo con y(x) la funzione da trovare. Una equazione del tipo:

y0(x) = 3y(x)

E’ una equazione differenziale. Infatti fondamental-mente stiamo dicendo che la funzione, moltiplicata per

3, è uguale alla sua derivata prima. Come vediamo il nostro compito non è trovare un singolo valore, ma tro-vare una funzione y(x) che soddisfi l’uguaglianza sopra riportata.

Notare come la funzione y dipenda comunque da una variabile "numerica" x: tuttavia quello che dobbiamo trovare è l’intera funzione y, e non un semplice valore di x che soddisfi l’uguaglianza.

Indichiamo una definizione che ci servirà molto in seguito:

L’ordine di una equazione differenziale è defi-nito come il massimo grado delle derivate che compaiono nell’equazione differenziale.

Per esempio l’equazione differenziale y0(x) = 3è una equazione differenziale del primo ordine, in quanto com-pare solo la derivata prima; y00(x) + 3y0(x) + 4y(x) = 0è

una equazione del secondo ordine, in quanto compare anche la derivata seconda.

1.1 Equazioni ordinarie e alle derivate parziali

Introduciamo anche qui una definizione che tornerà utile per classificare le equazioni differenziali.

Una equazione differenziale si dice ordinaria se la funzione da trovare dipende da una sola variabile. Possiamo quindi scrivere y(x). Una equazione diffe-renziale ordinaria mette quindi in relazione una fun-zione in una variabile con le sue derivate successive di qualsiasi ordine.

Queste saranno le equazioni che analizzeremo esclusi-vamente in questa dispensa. Tuttavia è bene sapere che esistono anche le equazioni differenziali alle derivate par-ziali, in contrapposizione con le equazioni differenziali ordinarie:

Una equazione differenziale si dice alle derivate

parziali quando la funzione da trovare dipende da più variabili. Possiamo quindi per esempio scrivere y(x, t, z)e così via. Le equazioni differenziali alle de-rivate parziali mettono in relazione la funzione con le sue derivate parziali (ovvero le derivate rispetto ad una sola variabile - le altre variabili sono quindi tenute come costanti).

Per comodità si usano delle abbreviazioni:

• ODE (Ordinary Differential Equation), ovvero equazione differenziale ordinaria;

• PDE (Partial Differential Equation), ovvero equazione differenziale alle derivate parziali.

Nota. Da ora in avanti, per comodità e per alleggeri-re la notazione, verrà sottointesa la dipendenza della funzione y dalla variabile x. In altre parole da ora in avanti scriveremo y(x) −→ y, intendendo quindi che la funzione y dipende comunque ancora dalla x.

Nota 2. Qualora la y dipenda dal tempo, ovverossia non più dalla x ma da t, si può utilizzare una nuova notazione, detta notazione di Newton, per indicare le derivate della funzione rispetto al tempo. Tale notazione è ampiamente utilizzata in fisica:

y0(t) = ˙y

Ovvero in altre parole si mette un puntino sopra la fun-zione per indicare la derivata prima di quella funfun-zione rispetto al tempo. Ovviamente tale notazione si può espandere anche alle derivate successive:

y00(t) = ¨y

Ricordiamoci inoltre che la derivata rispetto ad una variabile si può indicare anche nel seguente modo:

y0(x) =dy dt

In definitiva le tre scritture riportate qua sotto sono equivalenti:

y0(t) = ˙y = dy dt

(2)

1.2 Equazioni lineari e non lineari

Le equazioni differenziali possono poi suddividersi ulteriormente in equazioni lineari ed equazioni non lineari.

Una equazione differenziale si definisce lineare se tutti i termini che contengono la y (e le sue deri-vate successive) sono di primo grado, ovvero sono lineari.

Facciamo un esempio: l’equazione differenziale y00

4xy2= 0non è lineare, in quanto compare la y al

qua-drato. Invece l’equazione differenziale y0− 4x2y = 0è

lineare, in quanto la y e la sua derivata sono di primo grado. Notare come la x2 non influisca sulla

lineari-tà dell’equazione, in quanto x è una semplice variabile numerica e non una intera funzione come è la y.

Una brutta notizia. Non esiste un metodo risolutivo

unicoper risolvere tutte le equazioni differenziali, ma esistono varie strategie che permettono di risolvere le più semplici. Comunque in linea di massima le equazioni differenziali risolvibili esattamente sono molto poche; per tutte le altre ci sono i metodi di risoluzione numerica, che possono essere facilmente implementati in un PC e permettono di risolvere con una buona approssimazione qualunque equazione differenziale.

Equazioni del tipo y

0

= a(x):

Partiamo dalle equazioni differenziali più semplici, ov-vero le equazioni differenziali che mettono in relazione una sua derivata con una funzione di x. Un esempio è dato da:

y0− 4x = 0 Oppure un altro esempio è dato da:

y00+ 3x = 0

Questo genere di equazioni differenziali è facilmente risolubile, in quanto è possibile separare completamente la y (che ricordiamo essere la nostra funzione da trovare) dalla x, che è invece la nostra variabile. Proviamo subito con un esempio e cerchiamo di risolvere l’equazione differenziale:

y0− 4x = 0

Ricordiamoci innanzitutto che il nostro scopo è trovare la y. L’equazione differenziale qui sopra è come se ci dicesse: non ti dico direttamente la y, ma sappi che la

sua derivata prima, a cui sottrai 4x, è uguale a zero. Da questo indizio dobbiamo trovare la y.

La prima cosa da fare è isolare i termini dipendenti dalla y e i termini dipendenti dalla x:

y0= 4x

Ed eccoci al momento freestyle: se integriamo en-trambi i pezzi possiamo ottenere qualcosa di molto interessante:

Z

y0dx = Z

4x dx

Ed ora senza indugio e a cuor leggero integriamo come se non ci fosse un domani. Il pezzo di sinistra è banale, in quanto l’integrale della derivata di una funzione è semplicemente la funzione stessa. Notare che comunque abbiamo integrato in x, perché è come se scrivessimoR y0(x) dx. Il pezzo a destra è invece un

integrale normalissimo, che va risolto. In definitiva abbiamo:

y = 2x2+ c

Nota cruciale. Possiamo capire se abbiamo fatto qual-che gonfiata oppure se abbiamo proceduto con tutti i crismi semplicemente inserendo la nostra soluzione all’interno dell’equazione differenziale di partenza. Se l’uguaglianza è confermata allora vuol dire che abbiamo fatto un buon lavoro. Proviamo a farlo nel nostro caso. Abbiamo trovato che:

y = 2x2+ c

Andiamo ad inserirla nella equazione di partenza: y0− 4x = 0

Deriviamo una volta la nostra soluzione (y0 = 4x) e

sostituiamo:

4x − 4x = 0

Che dimostra l’uguaglianza. Quindi la soluzione trovata da noi va bene.

Facciamone un’altra giusto per fissare le idee: y00= cos(x)

Integriamo una prima volta: Z y00dx = Z cos(x) dx Ottenendo: y0= sin(x) + c1

Dove con c1 abbiamo indicato la costante di

integra-zione. Integriamo nuovamente per trovare finalmente la nostra funzione y: Z y0dx = Z sin(x) dx + Z c1dx Ovvero: y = − cos(x) + c1x + c2

Poiché abbiamo integrato due volte (in quanto l’equa-zione differenziale è di secondo grado) abbiamo due costanti di integrazione.

A questo punto l’acuto studente potrebbe alzarsi escla-mando: "ma questo è un metodo più farlocco del naso di

Donatella Versace, in quanto non troviamo una soluzione, ma troviamo infinite possibili soluzioni!"

Effettivamente come dare torto all’acume del no-stro studente. Analizziamo la soluzione della prima equazione differenziale:

y = 2x2+ c

Abbiamo la costante c che rompe i cosiddetti, in quan-to 2x2+ 2è soluzione dell’equazione differenziale,

esat-tamente come 2x2− 3 e così via. Quindi più che

al-tro al-troviamo un insieme di soluzioni, più che una sola soluzione. Per ottenere una sola soluzione dobbiamo avere a disposizione un altro indizio, per esempio una condizione di passaggio.

(3)

Problema di Cauchy

:

Cauchy risponde al problema sollevato dal nostro acuto studente. Una equazione differenziale di ordine n, al-legata ad un insieme di n condizioni iniziali (ovvero le condizioni di passaggio) sulla funzione e sulle derivate si chiama problema di Cauchy. Da tenere sempre pre-sente che l’ordine dell’equazione differenziale ci dice di

quantecondizioni iniziali abbiamo bisogno per risolvere unicamente il problema; se abbiamo una equazione di primo ordine allora è sufficiente una sola condizione, se è di secondo ordine abbiamo bisogno di due condizioni e così via.

Proviamo a risolvere il seguente problema di Cauchy:      y00= 3x2+ 4 y(0) = 0 y0(0) = 1

Ovvero in altre parole le due condizioni aggiuntive ci dicono che la funzione deve passare per il punto (0, 0), mentre la sua derivata prima deve passare dal punto (0, 1). Risolviamo l’equazione differenziale come abbiamo sempre fatto, integrando una prima volta:

y0= x3+ 4x + c1

Imponiamo ora la condizione sulla derivata prima, in modo da trovare c1:

1 = 03+ 4 · 0 + c1

Da cui troviamo:

c1= 1

Quindi adesso abbiamo l’equazione: y0= x3+ 4x + 1 Integriamo nuovamente: y =x 4 4 + 2x 2+ x + c 2

Imponiamo la condizione sulla funzione: 0 = 0 4 4 + 2 · 0 2+ 0 + c 2 Ovvero: c2= 0

In definitiva quindi la soluzione del problema di Cauchy proposto è la seguente:

y =x

4

4 + 2x

2+ x

Giusto per completezza, l’insieme di soluzioni di una equazione differenziale trovate senza imporre condi-zioni iniziali si chiama integrale generale o soluzione generale. Se invece imponiamo delle condizioni iniziali, e quindi troviamo proprio una soluzione precisa, allo-ra si parla di soluzione particolare. Risolvendo un problema di Cauchy si trova una soluzione particolare dell’equazione differenziale.

Nota. Per ora noi abbiamo applicato la risoluzione del problema di Cauchy alle equazioni differenziali più sem-plici (che per ora sono le uniche che sappiamo risolvere), ma ovviamente il problema di Cauchy può essere impo-sto anche per tutte le altre equazioni differenziali più complesse. E’ quindi possibile trovare le soluzioni parti-colari anche delle equazioni differenziali che vedremo in seguito, le quali necessitano di altre strategie risolutive.

Equazioni a variabili separabili

:

Passiamo ora a trattare un’altra tipologia di equazio-ni differenziali, ovvero quelle defiequazio-nite a variabili se-parabili. Possiamo definire una equazione a variabili separabili se è riconducibile alla forma:

y0= a(x) · b(y)

Ovvero si tratta di una equazione differenziale del primo ordine che può essere scritta come un prodotto fra una parte dipendente esclusivamente dalla x e una parte dipendente esclusivamente dalla funzione da trovare y

1.

Per risolvere una equazione differenziale a variabili separabili si procede nel seguente modo. Innanzitutto si cerca una eventuale soluzione che annulli b(y). Se troviamo una y che fa questo allora è soluzione e la mettiamo da parte. Tale (o tali) soluzioni che annullano al volo b(y) si chiamano soluzioni stazionarie.

Trovate le soluzioni stazionarie si passa a trovare tutte le altre soluzioni. La prima cosa da fare è portare tutto ciò che dipende dalla y a sinistra dell’uguale e tutto ciò che dipende dalla x a destra dell’uguale. In particolare abbiamo:

1 b(y)y

0= a(x)

Adesso scriviamo la nostra y0 come dy dx, cioè:

1 b(y)

dy

dx = a(x)

Ed ora attenzione al miglior freestyle matemati-co: separiamo proprio le variabili 2 della derivata

moltiplicando entrambi i membri per dx, ottenendo: 1

b(y)dy = a(x)dx

Certo che a questo punto i due membri chiamano proprio una integrazione selvaggia, ovvero la voglia di aggiungere un segno di integrale a destra e a sinistra è troppo forte per non farlo:

Z 1 b(y)dy =

Z

a(x)dx

Integrando si trova quindi la soluzione all’equazio-ne differenziale, che poi va aggiunta alle soluzioni stazionarie eventualmente trovate in precedenza.

Un esempio di equazione differenziale a variabili separabili è data da:

y0= 4x2(y2− y)

Mentre l’equazione y0 = 4x2+ 3y non è a variabili

separabili e quindi non è risolvibile con questo metodo.

1che sì, è vero, dipende anche lei da x, però in maniera implicita, per

così dire.

(4)

Proviamo a risolvere l’equazione: y0 = 4x2(y − 1)2

Prima di tutto portiamo a sinistra tutto ciò che di-pende dalla y, mentre a destra tutto quello che didi-pende dalla x:

y0

(y − 1)2 = 4x 2

Scriviamo ora y0 come dy dx: dy dx 1 (y − 1)2 = 4x 2

Separiamo le variabili moltiplicando ambo i membri per dx:

1

(y − 1)2dy = 4x 2

dx

A questo punto integriamo come se non ci fosse un domani:

Z 1

(y − 1)2dy =

Z 4x2dx

E risolviamo ciascun integrale: 1

1 − y = 4 3x

3

Da cui possiamo ricavare l’espressione per la y, ovvero la nostra funzione:

y = 1 − 3 4x3

A cui va aggiunta anche la soluzione stazionaria. Annulliamo b(y):

(y − 1)2= 0 −→ y = 1

Quindi y = 1 è soluzione stazionaria della nostra equazione.

Nota. L’equazione che abbiamo appena risolto non è

lineare, in quanto presenta un termine y2. Tuttavia se

esiste la soluzione analitica dell’equazione differenzia-le, il metodo della separazione delle variabili funziona anche per equazioni non lineari.

Equazioni lineari del primo ordine

:

Passiamo quindi a trattare il caso più generale di una equazione lineare del primo ordine. Tali equazioni

pos-sono essere a variabili separabili, ma non è sempre detto.

Una equazione lineare del primo ordine è così espressa:

y0 = a(x)y + b(x)

Ovvero la funzione compare solo come termine lineare e con la sua derivata prima. Possono presentarsi due casi:

• b(x) = 0. In questo caso l’equazione si dice omoge-nea ed è una semplice equazione a variabili sepa-rabili che può essere quindi risolta con il metodo precedentemente esposto;

• b(x) 6= 0. In questo caso l’equazione si dice completa.

Nel caso in cui ci imbattiamo in una equazione com-pleta abbiamo a disposizione una formula chiavi in mano che ci permette di trovare immediatamente la soluzione. La formula risolutiva è particolarmente indigesta, però

bevendo l’amaro calice si ottiene immediatamente la funzione che risolve l’equazione differenziale.

Avendo quindi una equazione differenziale del tipo: y0= a(x)y + b(x)

Dove per l’appunto a(x) e b(x) sono funzioni del-la sodel-la x. Allora se riconosciamo questa tipolo-gia di equazione possiamo applicare la seguente mostruosità matematica:

y = eR a(x)dx Z

b(x)e−R a(x)dxdx + c 

Facciamo un esempio risolutivo. Risolviamo la seguente equazione differenziale:

y0+ xy − x = 0

Possiamo riscriverla come: y0= −xy + x

Quindi possiamo riconoscere: a(x) = −x b(x) = x Applichiamo quindi la formula risolutiva:

y = eR −xdx Z

xe−R −xdxdx + c 

Risolvendo gli integrali agli esponenti: y = e−x22 Z xex22dx + c  Questo integrale: Z xex22 dx = e x2 2

Si risolve con una sostituzione, in particolare ponendo t = x22. In definitiva abbiamo:

y = e−x22

 ex22 + c



Che possiamo anche scrivere come: y = 1 + ce−x22

Equazioni del secondo ordine

:

Andiamo ora ad analizzare le equazioni differenziali del secondo ordine. Queste equazioni presentano anche la derivata seconda della funzione e di solito sono netta-mente più complicate delle equazioni del primo ordine. Questo perché basta veramente poco per trasformare una equazione estremamente carina e fuffolosa in una mostruosità diabolica che palesa tutta la sua barbara perfidia matematica. Giusto per dare un esempio:

(5)

L’equazione a sinistra è facilmente risolvibile, e infatti si tratta di un esercizio da liceo. L’equazione a destra, che pure è una equazione del secondo ordine, non presenta

una soluzione analitica. In altre parole è stato sufficiente elevare la y alla seconda per far scoppiare tutto e creare una mostruosità matematica irrisolvibile.

Vediamo un altro cambiamento che possiamo fare:

2y00+ 3y0− 2y = 0 2y00+ 3y0− 2xy = 0

In questo caso abbiamo trasformato l’equazione di sinistra nell’equazione di destra aggiungendo solo una piccola e apparentemente innocua x al termine in y. Di fatto abbiamo trasformato una equazione differenziale a coefficienti costanti in una equazione differenziale a coefficienti variabili, ovvero in altre parole i coeffi-cienti che vanno a moltiplicare la y e le sue derivate non

sono più dei numeri, ma bensì dei coefficienti in fun-zione della x. Tuttavia cosa potrà mai capitare di così drastico? Ebbene, l’equazione di sinistra è facilmente risolvibile (come vedremo) ed ha la seguente semplice soluzione:

y = c1e

x

2 + c2e−2x

Ovvero una somma di due semplici esponenziali. Cosa mai potrà accadere all’equazione di destra, a cui ab-biamo aggiunto una semplice x? Ebbene, in questo particolare caso l’equazione ha comunque una soluzione

analitica, anche se non vorreste incontrarla di notte. Infatti è questa mostruosità:

y = c1e− 3 4x1 π Z ∞ 0 cos t 3 3 + xt + 9 16t  dt+ +c2e− 3 4x1 π Z ∞ 0 e−t33+xt+169t+ sin t 3 3 + xt + 9 16t  dt

Insomma un bel casino per aver aggiunto una sola x all’equazione.

Questo ci rende edotti di un fatto: per quanto vorrem-mo risolvere tutte le tipologie di equazioni differenziali, in queste dispense ci limiteremo a studiare le equazioni differenziali lineari con i coefficienti costanti, onde evitare di imbatterci in mostruosità simili.

Da ora in avanti ci occuperemo quindi solo ed esclu-sivamente delle equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti, ovvero equazioni che possano essere ricondotte al tipo:

y00+ by0+ c = 0

Dove per l’appunto b e c sono coefficienti costanti, ovvero dei numeri.

Nota. Le equazioni del secondo ordine che finora abbia-mo introdotto sono dette oabbia-mogenee, in quanto possono essere scritte in questo modo:

y00+ by0+ cy = 0

Qualora invece ci fosse anche un termine dipendente esclusivamente dalla x potremmo scrivere l’equazione in questo modo:

y00+ by0+ cy = r(x)

E tali equazioni differenziali si chiamano non omoge-nee. Il termine r(x) viene chiamato forzante, in quanto poiché le soluzioni di una equazione lineare del secondo ordine a coefficienti costanti sono soluzioni oscillatorie smorzate, la forzante effettivamente "forza" le oscillazio-ni, aumentandone (a volte) l’ampiezza. Noi tratteremo esclusivamente le equazioni omogenee.

6.1 Metodo risolutivo delle equazioni lineari del

secondo ordine a coefficienti costanti

Il metodo risolutivo è piuttosto semplice e non richiede grandi calcoli. Infatti la tipologia di soluzione è sempre la stessa, essendo o la somma di due esponenziali, o un solo esponenziale, oppure un esponenziale con una combinazione di seni e coseni; ciò significa che il metodo risolutivo è sempre lo stesso (anche se presenta tre casi differenti).

Prendiamo l’equazione differenziale: y00+ by0+ c = 0

E scriviamo l’equazione associata, ovvero una equa-zione di secondo grado che abbia gli stessi coefficienti

dell’equazione differenziale. Per comodità chiamiamo la variabile dell’equazione associata z. Possiamo quindi scrivere:

z2+ bz + c = 0

A questo punto ci troviamo le soluzioni di questa equazione associata calcolando il delta. Si possono presentare quindi tre casi:

∆ > 0. In questo caso troviamo due soluzioni rea-li e distinte, ovvero z1 e z2. La soluzione generale

dell’equazione differenziale sarà: y = c1ez1x+ c2ez2x

Ovvero la somma di due esponenziali.

∆ = 0. In questo caso abbiamo due soluzioni reali ma coincidenti, che quindi possiamo indicare genericamen-te con z. Allora la soluzione generale dell’equazione differenziale sarà:

y = ezx(c1+ c2x)

∆ < 0. In questo caso le soluzioni sono complessea,

ovvero z1,2= α ± iβ. La soluzione generale dell’equazione

è allora:

y = eαx(c1cos βx + c2sin βx)

Ovvero una soluzione oscillatoria.

(6)

Facciamo un esempio per tutti e tre i casi. Consideriamo l’equazione:

6y00+ y0− y = 0 Scriviamo l’equazione associata: 6z2+ z − 1 = 0 Troviamo le soluzioni: z1,2= −1 ±√1 + 24 12 Ovvero: ( z1= −12 z2=13

Quindi possiamo scrivere la soluzione generale: y = c1e−

1 2x+ c2e

1 3x

Consideriamo ora l’equazione: y00+ 6y0+ 9y = 0

Scriviamo l’equazione associata: z2+ 6z + 9 = 0

In questo caso si vede che il delta è negativo e l’u-nica soluzione è z = −3. Quindi possiamo scrivere la soluzione globale come:

y = c1e−3x(ca+ c2x)

Ovvero abbiamo semplicemente sostituito alla formula la z trovata dall’equazione associata.

Infine consideriamo l’equazione: y00− 2y0+ 10y = 0 Scriviamo ora l’equazione associata:

z2− 2z + 10 = 0

Calcoliamo ora attentamente le soluzioni: z1,2= 2 ±√4 − 40 2 = 2 ± √ −36 2 = 2 ± √ 36√−1 2 = 2 ± 6i 2 z1= 1 + 3i ∨ z2= 1 − 3i

Tali soluzioni possono essere scritte sempre come: z1,2= 1 ± 3i

Quindi ricordandoci la formula riconosciamo α = 1, mentre β = 3, quindi scriviamo la soluzione generale come:

y = ex(c1cos 3x + c2sin 3x)

Conclusioni

:

Le equazioni differenziali, in tutte le varie forme possibili, rappresentano lo strumento più potente che abbiamo a disposizione per studiare il mondo. Sembra proprio che la Natura abbia deciso di creare il mondo e l’Universo seguendo delle equazioni differenziali, in quanto dav-vero tutto sembra rispondere a una qualche equazione differenziale:

• Un pezzo di metallo esposto al Sole estivo aumenta la sua temperatura come qualcosa del genere 1−e−x,

rispondendo ad una equazione differenziale per il trasferimento del calore;

• La quantità di alcool nel sangue dopo un paio di shottini di troppo decresce con il passare del tempo in maniera esponenziale. Infatti la concentrazione dell’alcool nel sangue segue una equazione diffe-renziale che tiene conto del metabolismo e della diffusione;

• La caduta di un paracadutista segue una leg-ge esponenziale che arriva da una equazione differenziale;

• Il moto di un pendolo immerso nell’acqua segue delle oscillazioni smorzate, essendo soluzioni di una equazione di secondo grado lineare e a coefficienti costanti;

• Il moto di un razzo o di qualunque sistema pro-pulsivo a rilascio di massa segue una equazione differenziale;

• Il decadimento delle scorie radioattive segue una legge esponenziale, anche quella soluzione di una equazione differenziale che involve il decadimento dei nuclei atomici.

Ma forse la cosa più bella di tutto questo è proprio

chela Natura abbia deciso di far funzionare il mondo tramite equazioni differenziali che noi possiamo risolve-re, ed in modo anche piuttosto facile. Una volta presa padronanza con le equazioni differenziali, abbiamo in mano il mondo.

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