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derivate parziali

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Academic year: 2021

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(1)

Capitolo I30:

derivate parziali

Contenuti delle sezioni

a. derivate parziali di funzioni bivariate p.3

b. derivate parziali di funzioni multivariate dei vari ordini p.8 c. differenziali delle funzioni multivariate p.14

d. derivata e differenziale di funzione-RRtR composta p.19 e. funzioni omogenee e teorema di Euler p.22

f. derivata in una direzione e piano tangente p.25 g. differenziali totali di funzioni-RdtR p.30

h. formule di Taylor e Maclaurin per funzioni multivariate p.33 i. estremi delle funzioni multivariate p.37

j. problemi risolvibili trovando massimi e minimi p.41 k. metodo dei minimi quadrati p.44

45 pagine

I30:0.01 Questo capitolo introduce la nozione di derivata parziale, la costruzione basilare per lo studio infinitesimale delle funzioni in pi`u variabili reali e complesse e sviluppa alcune nozioni che da essa discendono direttamente.

Verranno esaminate funzioni a valori reali in due e pi`u variabili reali. Il dominio D di una tale funzione in genere pu`o essere definito con una certa elasticit`a.

Spesso ci si pu`o limitare a chiedere che D sia un insieme aperto secondo la topologia (e la metrica) della distanza pitagorica. Pi`u in particolare talora basta chiedere che il dominio sia una bolla sferica o un multirettangolo.

Con entrambe le scelte le costruzioni introdotte e le propriet`a trovate si possono estendere facilmente a funzioni per il cui dominio si chiede solo che contenga un insieme aperto ed eventualmente suoi punti di accumulazione o di frontiera.

In genere chiediamo che il dominio sia semplicemente connesso, ma per varie questioni di rilievo risulta necessario trattare funzioni il cui dominio `e molteplicemente connesso.

I30:0.02 In questo capitolo, caratterizzato dalla presentazione di numerose formule articolate, ci serviremo di varie notazioni e di vari termini specifici, sopprattutto abbreviazioni, che crediamo op- portuno riassumere.

Il termine campi-T designa sottoinsiemi degli spazi ambiente R × R, R×3 e R×d con d = 2, 3, 4, ...

connessi e dotati di punti interni.

Useremo l’abbreviazione funzioni-RRtR per le funzioni del genere {R × R −→ R} e funzioni-RRRtR per le funzioni del genere {R × R −→ R}

(2)

Con d denoteremo un intero maggiore o uguale a 2 e useremo l’abbreviazione funzioni-RdtR per le funzioni del genere {R×d−→ R} .

In questo capitolo inoltre conveniamo che i domini delle funzioni sopra citate siano campi-T; per molte di queste funzioni si potrebbe adottare una scelta non molto differente chiedendo che i loro domini siano campi-T aperti

Nei discorsi riguardanti le funzioni multivariate parleremo di punti dei loro domini e di punti delle (iper)superfici rappresentate dalle funzioni. Per distinguere questi due tipi di punti useremo notazioni come v e vi per i punti dei domini (punti del piano Oxy per le funzioni come z = f (x, y)), mentre useremo notazioni come ¶0, a e rhper le d + 1-uple che fanno parte delle (iper)superfici.

Per introdurre le nozioni di base inizieremo con le funzioni-RRtR ed estenderemo le considerazioni prima alle funzioni-RRRtR ed infine alle pi`u generali funzioni-RdtR, talora limitandoci ad argomen- tazioni che richiamano soltanto i risultati delle funzioni dei generi pi`u ridotti.

(3)

I30:a. derivate parziali di funzioni bivariate

I30:a.01 Consideriamo una funzione z = f (x, y) di FunRRtR, un sottoinsieme aperto O del suo dominio D e un punto P0= hx0, y0i ∈ O.

La restrizione della f (x, y) relativa al valore y0 della seconda variabile `e la funzione-RtR f

∗,y0

il cui grafico che scriviamo Γx0, geometricamente si ottiene in R×3intersecando il grafico della f con il piano verticale y = y0.

Il dominio della f

∗,y0

`

e contenuto in D ed a sua volta contiene un intervallo aperto I che contiene x0. Per questa funzione `e naturale-P porsi il problema della determinazione della derivata per x = x0, ovvero il problema della determinazione della tangente alla curva Γx0 nel punto x0, f (x0, y0) . Questo conduce alla ricerca del limite di un rapporto incrementale

(1) lim

∆x→0

f (x0+ ∆x, y0) − f (x0, y0)

∆x .

Se questo limite esiste, finito infinito, viene chiamato derivata parziale rispetto alla prima variabile della funzione f (x, y) nel punto hx0, y0i. Tale elemento di R = R ˙∪ {−∞, +∞} pu`o essere denotato con la cosiddetta notazione di Leibniz che si serve del segno di derivazione parziale ∂, ∂f

∂x



:P0

, oppure con la notazione di Cauchy Dxf (x0, y0), o anche con la notazione di Lagrange fx(x0, y0).

(2)  ∂f

∂x



:hx0,y0i

:= Dxf (x0, y0) := fx(x0, y0) :=i∃ lim

∆y→0

f (x0, y0+ ∆x) − f (x0, y0)

∆x .

Il segno ∂ viene chiamato anche d storta di Jacobi.

I30:a.02 `E naturale definire per la suddetta funzione f (x, y) la costruzione ottenuta dalla precedente scambiando i due argomenti della funzione stessa, ovvero attuando quella che chiamiamo dualit`a-XY, la trasformazione degli enunciati idotta dalla involuzione

Mirr[x = y] := hx, yi hy, xi .

Consideriamo dunque la restrizione della f (x, y) relativa al valore x0 della sua prima variabile e la funzione-RtR f

x0,∗ il cui grafico, che scriviamo Γy0, si ottiene intersecando il grafico della f con il piano verticale x = x0.

Il dominio della f

x0,∗`e contenuto in D ed a sua volta contiene un intervallo aperto J che contiene y0. Il problema della determinazione della derivata di questa funzione per y = y0, ovvero il problema della determinazione della tangente alla curva Γy0 nel punto hx0, f (x0, y0)i, conduce alla ricerca del limite di un rapporto incrementale

(1) lim

∆y→0

f (x0, y0+ ∆y) − f (x0, y0)

∆y .

Se questo limite esiste, finito o infinito, viene chiamato derivata parziale rispetto alla seconda variabile della funzione f (x, y) nel punto hx0, y0i. Tale elemento di R pu`o essere denotato una delle tre notazioni dovute, risp., a Leibniz, a Cauchy e a Lagrange:

(2)  ∂f

∂y



hx0,y0i

:= Dyf (x0, y0) := fy(x0, y0) :=i∃ lim

∆y→0

f (x0, y0+ ∆y) − f (x0, y0)

∆y .

I30:a.03 Le funzioni di FunRRtR che nel punto P0= hx0, y0i sono dotate di entrambe le derivate parziali sono dette funzioni-RRtR derivabili in P0.

(4)

E utile considerare le funzioni di FunRRtR derivabili in tutti i punti di un determinato sottoinsieme S di` R × R contenuto nei loro rispettivi domini; queste funzioni le chiameremo dn funzioni-RRtR derivabili nell’insieme S.

In particolare `e comodo e usuale fare riferimento a funzioni bivariate derivabili in determinati insiemi aperti O, in particolare in bolle circolari della forma {hx, yi x2+ y2< r2} , o in multirettangoli della forma

{hx, yi x1< x < x2∧ y1< y < y2} .

Spesso occorre distinguere le funzioni bivariate finitamente derivabili, cio`e dotate di entrambe le derivate parziali finite, vuoi in un punto, vuoi in un sottoinsieme di R × R.

Osserviamo esplicitamente che per l’esistenza delle derivate parziali di una funzione-RRtR in un punto o in un insieme aperto non `e richiesto che la funzione sia continua. Esistono funzioni discontinue in un punto interno al loro dominio nel quale sono derivabili.

Per esempio consideriamo la funzione z = φ(x, y) definita in R × R che per x y = 0 vale 0, mentre per x y 6= 0 assume il valore 1.

Questa φ(x, y) come insieme di terne di R×3 `e costituita dal piano z = 1 al quale siano state tolte le intersezioni con i piani x = 0 e y = 0 unito agli assi Ox e Oy.

Evidentemente essa in h0, 0i `e discontinua e derivabile con ∂

∂xφ = ∂

∂yφ = 0 .

I30:a.04 Per il calcolo formale delle derivate parziali di funzioni ciascuna individuata da una sola espressione mediante operazioni algebriche e funzioni trascendenti derivabili si pu`o procedere alla derivazione rispetto a una variabile considerando l’altra come una costante.

Nel caso di funzioni definite in modo pi`u elaborato, cio`e con distinzioni sui valori delle variabili, pu`o rendersi necessario ricorrere alle definizioni e valutare i corrispondenti limiti a01(2) e a02(2).

Consideriamo l’esempio della funzione φ(x, y) definita su R × R come segue.

per y = 0 si pone ∀x φ(x, 0) := x ;

per y 6= 0 si pone ∀x φ(x, y) := x − 2 y arctan x y. Per essa abbiamo:

∀y ∈ Rnz φx(x, y) = 1 − 2 y 1 1 + x2/y2

1

y = x2− y2 x2+ y2 .

Si osserva invece che se si cerca di determinare φx(x, y) per x = 0 e y = 0 considerando la derivata della φ0,∗(x, y) si ottiene −1, mentre se si considera la derivata della φ∗,0(x, y) si ottiene +1.

I30:a.05 Le derivazioni di una funzione f (x, y) ∈ FunRRtR rispetto alla x e rispetto alla y producono le funzioni ∂f

∂x(x, y) e ∂f

∂y(x, y), anch’esse appartenenti ad FunRRtR; anche per ciascuna di queste si pone il problema di cercare le due derivate parziali.

Si introducono quindi 4 costruzioni che producono 4 quantit`a o 4 funzioni-RRtR che vengono dette derivate parziali del secondo ordine della f (x, y).

Queste costruzioni vengono definite sia puntualmente, cio`e in singoli punti interni hx0, y0i del dominio D := dom(f ), che localmente (o globalmente) o in insiemi (in particolare aperti) contenuti in D. Anche per queste costruzioni si possono usare sia le notazioni di Leibniz, sia quelle di Cauchy, sia quelle di Lagrange.

Definiamo quindi

2f

∂x2 := Dx2f (x, y) := fx,x(x, y) :=i∃

∂x

 ∂f

∂x

 ,

(5)

2f

∂x ∂y := Dx(Dyf (x, y)) := fx,y(y, x) :=i∃

∂x

 ∂f

∂y

 ,

2f

∂y ∂x := Dy(Dxf (x, y)) := fy,x(x, y) :=i∃

∂y

 ∂f

∂x

 e

2f

∂y2 := Dy2f (x, y) := fy,y(x, y) :=i∃

∂y

 ∂f

∂y

 .

I30:a.06 Le derivate ∂2f

∂x ∂y e ∂2f

∂y ∂x sono chiamate derivate miste della funzione-RRtR f (x, y).

Una funzione di FunRRtR per la quale esistono le quattro derivate parziali in un punto o in un sotto- insieme del suo dominio si dice funzione due volte derivabile, risp., puntualmente o localmente.

Per garantire l’esistenza delle derivate parziali prime pu`o essere necessario restringere il dominio di definizione D. Una ulteriore restrizione pu`o rendersi necessaria per garantire l’esistenza delle derivate seconde.

Anche per le costruzioni delle derivate parziali pu`o rendersi necessario ridurre le pretese e considerare costruzioni meno impegnative concernenti le derivate parziali rispetto ad una variabile a sinistra e a desstra.

I30:a.07 Si constata facilmente per molte funzioni di FunRRtR individuate da espressioni piuttosto semplici le due derivate seconde miste coincidono. In effetti vale il criterio che segue, dovuto ad Alexis Clairaut ed Hermann Schwarz ).

(1) Teorema Consideriamo la funzione f (x, y) ∈ FunRRtR dotata di derivate parziali seconde finite in un insieme aperto O. Se in un punto hx0, y0i ∈ O le due derivate miste sono continue, allora in tale punto coincidono, cio`e

 ∂2f

∂x ∂y



hx0,y0i

=

 ∂2f

∂y ∂x



hx0,y0i

ovvero fxy(x0, y0) = fyx(x0, y0) .

Dim.: Consideriamo in R × R un quadrato S avente come vertici opposti hx0− δ, y0− δi e hx0+ δ, y0+ δi , con δ ∈ R+tale che fx,y(x, y) e ify,x(x, y) siano definite in tutti i suoi punti. Consideriamo inoltre la seguente funzione ricavata dalla f (x, y)

φ(x) := f (x, y0+ k) − f (x, y0) per − δ ≤ k ≤ δ ;

essa `e definita nell’intervallo I := [x0− δ, x + 0 + δ]. In I essa pu`o essere derivata ottenendo Dxφ(x) = fx(x, y0+ k) − fx(x, y0) .

Applicando due volte il teorema degli accrescimenti finiti si ottiene

φ(x0+ h) − φ(x0) = h φ0(x0+ θxh) = h [fx(x0+ θxh, y0+ k) − fx(x0+ θxh, y0)]

= h k fx,y(x0+ θxh, y0+ θyk) ;

qui θxe θy sono numeri di (0, 1). Inoltre per l’ipotesi di continuit`a della fx,y(x.y) in hx0, y0i possiamo concludere

φ(x0+ h) − φ(x0) = h k [fx,y(x0, y0) + ] ove lim

hx0+h,y0+ki→P0

 = 0 .

Le considerazioni precedenti trasformate per dualit`a-XY, cio`e scambiando le variabili x e y, si possono applicare alla funzione

ψ(y) := f (x0+ h, y) − f (x0, y)

(6)

ottenendo

ψ(y0+ k) − ψ(y0) = h k [fy,x(x0, y0) + η] ove lim

hx0+h,y0+ki→P0

η = 0 . Ma per costruzione

φ(x0+ h) − φ(x0) = ψ(y0+ k) − ψ(y0) e quindi

h k fx,y(x0+ θxh, y0+ θyk) = h k [fy,x(x0, y0) + η]

ovvero

fx,y(x0, y0) − fy,x(x0, y0) = η −  .

Dato che il primo membro non cambia al variare di h e k ed il secondo membro tende a 0 quando hx0+ h, y0+ ki → hx0, y0i, si conclude con l’annullarsi del primo membro, cio`e con l’asserto

I30:a.08 Le manovre di derivazione parziale possono essere portate avanti per individuare le derivate parziali terze, quarte, fino all’ordine che pu`o interessare, ossia illimitatamente.

Per esempio per una funzione f (x, y) si possono cercare di individuare le derivate parziali fx,y,x(x, y) :=i∃

∂x

 ∂

∂y

 ∂f

∂x



e fy,y,x,y(x, y) :=i∃

∂y

 ∂

∂x

 ∂

∂y

 ∂f

∂y



. Le derivate parziali di ordine m ∈ Z che si possono definire, evidentemente, sono in biiezione con le stringhe di m lettere sull’alfabeto {x, y} e il loro numero `e 2m.

In gran parte dei casi le funzioni bivariate di cui si trattano le derivate sono sufficientemente regolari da avere la continuit`a per le funzioni derivate parziali. Ad esse si pu`o applicare una forma estesa del criterio di Clairaut-Schwarz che garantisce la permutabilit`a delle manovre di derivazione parziale rispetto alla x e alla y.

Abbiamo per esempio

fx,y,y,x= fx,x,y,y , fy,x,x,x,y,x= fx,x,x,x,y,y .

Le diverse derivate parziali di ordine m che si possono ottenere dalle funzioni bivariate sufficientemente regolari, chiaramente, sono in biiezione con le espressioni della forma

h

hx

 ∂m−h

m−h



f (x, y) per h = 0, 1, ..., m ; esse sono quindi in numero di m + 1.

Entrando in maggiori particolari pu`o accadere che per passare dalle derivare di un certo ordine a quelle di un ordine superiore si debba ridurre il dominio della funzione in causa.

I30:a.09 Ricordiamo che per una funzione di una variabile φ(x) continua insieme alla sua derivata prima in un intervallo comprendente [x0, x0+ ∆x] vale il teorema del valore medio

φ(x0+ ∆x) − φ(x0) = ∆x φ0(x0+ θ ∆x) per 0 < θ < 1 .

Stabiliamo un teorema che si pu`o considerare l’estensione del precedente per le funzioni a due variabili che coinvolge le derivate parziali e segnaliamo la possibilit`a di una ulteriore estensione per funzioni di pi`u variabili reali.

Sia f (x, y) una funzione di FunRRtR definita e derivabile in un cerchio di centro P0 = hx0, y0i e sia hx0+ h, y0+ ki un qualsiasi altro punto di C. Intendiamo collegare alle derivate parziali della f la differenza

∆f = f (x0+ h, y0+ k) − f (x0, y0) .

(7)

Facendo riferimento al cammino in C P0+ h ex+ k ey , P0+ k ey , P0

visto come costituito da due segmenti orientati hf (x0, y0), f (x0, y0+ k)i e hf (x0, y0+ k), f (x0+ h, y0+ k)i otteniamo

∆f = f (x0+ h, y0+ k) − f (x0, y0+ k) + f (x0, y0+ k) − f (x0, y0) .

Per ciascuna delle due differenze da sommare applichiamo il teorema del valore medio per funzioni univariate ottenute come riduzioni della f (x, y), ottenendo

(1) ∆f = h fx(x0+ θxh, y0+ k) + k fy(x0, y0+ θyk) per 0 < θx, θy < 1 . Questa formula stabilisce il collegamento cercato.

La formula del valore medio per ∆f duale-XY della precedente si ottiene cambiando il cammino da P0+ h ex+ k ey a P0 nel seguente P0+ h ex+ k ey , P0+ h exy , P0 , ottenendo

(2) ∆f = k fy(x0+ h, y0+ θ2k) + h fx(x0+ θ1h, y0) per 0 < θ1, θ2< 1 .

(8)

I30:b. derivate parziali di funzioni multivariate dei vari ordini

I30:b.01 La definizione delle derivate parziali si pu`o estendere alle funzioni di tre e pi`u variabili reali mediante definizioni assai simili a quelle usate per le funzioni bivariate.

Nella prima parte della sezione presentiamo le derivate parziali delle funzioni di tre variabili reali.

Ad esse si possono dare le forme equivalenti f (x, y, z) o f (x1, x2, x3); qui ci limitiamo alla prima, la pi`u leggibile per le applicazioni fisico-matematiche, la seconda forma ricadendo nelle notazioni per le derivate parziali delle funzioni di d variabili con d intero positivo imprecisato; queste ultime saranno trattate nella seconda parte della sezione.

I30:b.02 Consideriamo una funzione z = f (x, y, z) di FunRRRtR, un sottoinsieme aperto O del suo dominio D e un punto P0= hx0, y0, z0i ∈ O.

Di una tale funzione `e utile considerare tre riduzioni del genere -FunRR associate al punto P :

(1) f

∗,y,z(x) , f

x,∗,z(y) , f

x,y,∗(z) .

Il dominio di ciascuna di queste funzioni `e contenuto in D e contiene un intervallo aperto che contiene, risp., x, y e z ed ha senso porsi il problema della derivabilit`a di ciascuna di queste funzioni, risp., per x = x, per y = y, per z = z. Se tale derivata esiste fornisce quella che viene chiamata derivata parziale della f (x, y, z) rispetto alla variabile x, rispetto alla variabile y o rispetto alla variabile z.

Distinguendo le tre variabili, si definiscono le tre derivate parziali della funzione trivariata f (x, y, z) nel punto P = hx, y, zi

(2)  ∂f

∂x



hx,y,zi

:= Dxf (x, y, z) := fx(x, y, z) :=i∃ lim

∆x→0

f (x + ∆x, y, z)) − f (x, y, z)

∆x .

(3)  ∂f

∂y



hx,y,zi

:= Dyf (x, y, z) := fy(x, y, z) :=i∃ lim

∆y→0

f (x, y + ∆y, z)) − f (x, y, z)

∆y .

(4)  ∂f

∂z



hx,y,zi

:= Dzf (x, y, z) := fz(x, y, z) :=i∃ lim

∆z→0

f (x, y, z + ∆z)) − f (x, y, z)

∆z .

I30:b.03 Anche le derivate parziali delle funzioni trivariate si possono considerare funzioni di punti variabili in R×3 e quindi entit`a candidate al calcolo delle rispettive tre derivate parziali.

Si giunge in tal modo a definire le derivate parziali del secondo ordine delle funzioni f (x, y, z); distin- guendo le variabili in gioco, otteniamo un quadro come il seguente

2f

∂x2 :=i∃

∂x

 ∂f

∂x



, ∂2f

∂y ∂x :=i∃

∂y

 ∂f

∂x



, ∂2f

∂z ∂x :=i∃

∂z

 ∂f

∂x

 .

2f

∂x ∂y :=i∃

∂x

 ∂f

∂y



, ∂2f

∂y2 :=i∃

∂y

 ∂f

∂y



, ∂2f

∂z ∂y :=i∃

∂z

 ∂f

∂y

 .

2f

∂x ∂z :=i∃

∂x

 ∂f

∂z



, ∂2f

∂y ∂z :=i∃

∂y

 ∂f

∂z



, ∂2f

∂z2 :=i∃

∂z

 ∂f

∂z

 .

I30:b.04 Abbiamo presentate 3 × 3 = 9 definizioni di derivate parziali del secondo ordine.

Per molte funzioni si ha la coincidenza delle derivate parziali miste ottenibili cambiando l’ordine delle derivazioni parziali.

(9)

Infatti si ha la seguente estensione per FunRRRtR della propriet`a dovuta a Alexis Clairaut e Hermann Schwarz.

(1) Teorema Consideriamo la funzione f (x, y, z) ∈ FunRRRtR dotata di derivate parziali seconde finite in un insieme aperto O. Se in un punto hx0, y0, y0i ∈ O le tre derivate miste sono continue, allora in tale punto si hanno le uguaglianze

2f

∂x ∂y = ∂2f

∂y ∂x , ∂2f

∂x ∂z = ∂2f

∂z ∂x , ∂2f

∂y ∂z = ∂2f

∂z ∂y .

Dim.: La dimostrazione si ottiene da quella del caso FunRRtR2 considerando le tre riduzioni della f (x, y, z) a funzioni bivariate, cio`e ad f

∗,∗,z , ad f

∗,y,∗ e ad f

x,∗,∗ . Per esempio riducendo la f (x, y, z) alla funzione bivariata φ(x, y) := f

∗,∗,z, dalla uguaglianza delle derivate miste di quest’ultima si ricava l’uguaglianza delle derivate parziali della funzione trivariata

∂x

 ∂f

∂y



= ∂

∂y

 ∂f

∂x



Quindi per una funzione due volte derivabile parzialmente con derivate finite il quadro in b03 costituisce una matrice simmetrica e il numero delle derivate parziali seconde differenti `e 6.

I30:b.05 Anche per le funzioni trivariate le manovre di derivazione parziale possono essere portate avanti per individuare le derivate parziali terze, quarte, fino all’ordine che pu`o interessare.

Per esempio per una funzione f (x, y, z) si possono cercare derivate parziali quarte come fx,y,x,z(x, y, z) :=i∃

∂z

 ∂

∂x

 ∂

∂y

 ∂f

∂x



e fz,z,x,y(x, y) :=i∃

∂y

 ∂

∂x

 ∂

∂z

 ∂f

∂z



. Le derivate parziali di ordine m ∈ Z che si possono definire per una funzione f (x, y, z) sufficientemente regolare, evidentemente, sono in biiezione con le stringhe di lunghezza m sull’alfabeto {x, y, z} e il loro numero `e 3m.

I30:b.06 In gran parte dei casi le funzioni trivariate di cui si trattano le derivate parziali sono sufficien- temente regolari da avere la continuit`a per le funzioni derivate parziali stesse: a esse si pu`o applicare una forma estesa del criterio di Clairaut-Schwarz che garantisce la permutabilit`a delle manovre di derivazione parziale rispetto a due diverse variabili.

Abbiamo per esempio

fx,y,x,z = fx,x,y,z , fy,x,z,x,y,x,z = fx,x,x,y,y,z,z .

Le m3 formalmente diverse derivate parziali di ordine m che si possono ottenere da una funzione trivariata, chiaramente, sono in biiezione con le espressioni della forma

h

hx

 ∂k

ky

 ∂m−h−k

m−h−kz



f (x, y, z) per h = 0, 1, 2, ..., m , k = 0, 1, 2, ..., m − h .

Queste a loro volta sono in biiezione con i cammini sui nodi del sottoinsieme {0, 1, ..., m}×3che vanno da h0, 0i a hh, k, m − h − ki composto solo da segmenti di lunghezza 1 orientati come Ox (segmenti-WE rappresentanti le derivate rispetto ad x), come Oy (segmenti-SN che rappresentano le derivate rispetto ad y) o come Oz (segmenti verso l’alto associato alle derivate rispetto a z).

Il numero di questi cammini `e uguale al numero delle permutazioni con ripetizioni di m oggetti che presentano tre sottoinsiemi di oggetti mutuamente indistinguibili contenenti, risp., h, k e m − h − k ielementi; il numero `e quindi

m!

h! k! (m − h − k)! =(k + k)!

h! k! .

(10)

I30:b.07 Anche per ogni funzione trivariata dotata di derivate parziali continue valgono formule di valor medio che esprimono la differenza tra la funzione in due punti opportunamente vicini mediante le derivate parziali in punti vicini ai due suddetti.

Consideriamo una funzione f (x, y, z) definita in una sfera S di centro P := hx, y, zi e raggio ρ ∈ R+ ed ivi dotata di derivate parziali finite e continue; consideriamo anche un punto P0:= P + h ex+ k ey+ j ez contenuto in S, cio`e tale che h2+ k2+ j2≤ ρ2.

Cerchiamo formule che esprimano mediante derivate parziali della f ed i reali h, k e j la differenza

∆f := f (x + h, y + k, z + j) − f (x, y, z) .

Una di queste formule si ottiene, similmente a quanto fatto in a09, considerando un cammino in R×3 da P0 a P costituito da 3 segmenti paralleli ai tre assi di riferimento Ox, Oy e Oz. In particolare si ha il cammino

D

x + h, y + k, z + ji , hx, y + k, z + ji , hx, y, z + ji , hx, y, ziE

;

questo cammino si associa alla permutazione hx, y, zi delle variabili e si pu`o significativamente indivi- duare con la notazione Cxyz; gli altri cammini che si possono prendere in considerazione si associano alle restanti 5 permutazioni delle 3 variabili.

In relazione al cammino scelto si scompone la differenza ∆f nelle tre differenze riguardanti i suoi tre segmenti. Nel caso di Cxyz si ha la decomposizione

∆f = [f (x+h, y+k, z+j)−f (x, y+k, z+j)]+[f (x, y+k, z+j)−f (x, y, z+j)]+[f (x, y, z+j)−f (x, y, z)] . A ciascuno dei tre addendi si pu`o applicare il teorema del valore medio ottenendo:

∆f = h fx(x + θxh, y + k, z + j) + k fy(x, y + θyk, z + j) + j fz(x, y, z + θzj) per 0 < θx, θy, θz< 1 . Altre 5 formule si possono ottenere facendo riferimento agli altri 5 cammini da P0a P sopra segnalati.

I30:b.08 Affrontiamo ora le derivate parziali delle funzioni multivariate generiche.

Consideriamo l’intero d ∈ {2, 3, ...}, una funzione z = f (x1, x2, ..., xd) di FunRdtR, un sottoinsieme aperto O del suo dominio D e un punto P = hx1, x2, ..., xdi ∈ O.

La variazione della f relativa alla variazione del suo argomento hx1, x2, ..., xdi espressa dalla d-upla hh1, h2, ..., hdi `e data da un certo insieme di espressioni ciascuna delle quali `e caratterizzata da una permutazione di {1, 2, ..., d} da interpretare come indici delle d variabili x1, x2, ...,xd.

Alla prima secondo l’ordine lessicografico degli indici delle variabili, la permutazione h1, 2, ..., di `e

(1)

f (x1+ h1, x2+ h2, ..., xd+ hd) − f (x1, x2, ..., xd) =

h1fx1(x1+ θ1h1, x2+ h2, ..., xd+ hd) + h2fx2(x1, x2+ θ2h2, ..., xd+ hd) + ...

hdfxd(x1, x2, ..., xd+ θdhd) con ∀i = 1, 2, ..., d 0 < θi < 1

.

Consideriamo una funzione z = f (x, y, z) di FunRRRtR, un sottoinsieme aperto O del suo dominio D e un punto P0= hx0, y0, z0i ∈ O.

Di una tale funzione `e utile considerare tre riduzioni del genere -FunRR associate al punto P :

(1) f

∗,y,z(x) , f

x,∗,z(y) , f

x,y,∗(z) .

Il dominio di ciascuna di queste funzioni `e contenuto in D e contiene un intervallo aperto che contiene, risp., x, y e z ed ha senso porsi il problema della derivabilit`a di ciascuna di queste funzioni, risp., per x = x, per y = y, per z = z. Se tale derivata esiste fornisce quella che viene chiamata derivata parziale della f (x, y, z) rispetto alla variabile x, rispetto alla variabile y o rispetto alla variabile z.

(11)

Distinguendo le tre variabili, si definiscono le tre derivate parziali della funzione trivariata f (x, y, z) nel punto P = hx, y, zi

(2)  ∂f

∂x



hx,y,zi

:= Dxf (x, y, z) := fx(x, y, z) :=i∃ lim

∆x→0

f (x + ∆x, y, z)) − f (x, y, z)

∆x .

(3)  ∂f

∂y



hx,y,zi

:= Dyf (x, y, z) := fy(x, y, z) :=i∃ lim

∆y→0

f (x, y + ∆y, z)) − f (x, y, z)

∆y .

(4)  ∂f

∂z



hx,y,zi

:= Dzf (x, y, z) := fz(x, y, z) :=i∃ lim

∆z→0

f (x, y, z + ∆z)) − f (x, y, z)

∆z .

I30:b.09 Anche le derivate parziali delle funzioni multivariate si possono considerare funzioni di punti variabili in R×3 e quindi entit`a candidate al calcolo delle rispettive tre derivate parziali.

Si giunge in tal modo a definire le derivate parziali del secondo ordine delle funzioni f (x, y, z); distin- guendo le variabili in gioco, otteniamo un quadro come il seguente

2f

∂x2 :=i∃

∂x

 ∂f

∂x



, ∂2f

∂y ∂x :=i∃

∂y

 ∂f

∂x



, ∂2f

∂z ∂x :=i∃

∂z

 ∂f

∂x

 .

2f

∂x ∂y :=i∃

∂x

 ∂f

∂y



, ∂2f

∂y2 :=i∃

∂y

 ∂f

∂y



, ∂2f

∂z ∂y :=i∃

∂z

 ∂f

∂y

 .

2f

∂x ∂z :=i∃

∂x

 ∂f

∂z



, ∂2f

∂y ∂z :=i∃

∂y

 ∂f

∂z



, ∂2f

∂z2 :=i∃

∂z

 ∂f

∂z

 .

I30:b.10 Abbiamo presentate d × d = d2 definizioni di derivate parziali del secondo ordine.

Per molte funzioni si ha la coincidenza delle derivate parziali miste ottenibili cambiando l’ordine delle derivazioni parziali.

Infatti si ha la seguente estensione per FunRdtR della propriet`a di Clairaut-Schwartz.

(1) Teorema Consideriamo la funzione f (x, y, z) ∈ FunRRRtR dotata di derivate parziali seconde finite in un insieme aperto O. Se in un punto hx0, y0, y0i ∈ O le tre derivate miste sono continue, allora in tale punto si hanno le uguaglianze

2f

∂x ∂y = ∂2f

∂y ∂x , ∂2f

∂x ∂z = ∂2f

∂z ∂x , ∂2f

∂y ∂z = ∂2f

∂z ∂y .

Dim.: La dimostrazione si ottiene da quella del caso FunRRtR2 considerando le tre riduzioni della f (x, y, z) a funzioni bivariate, cio`e ad f

∗,∗,z , ad f

∗,y,∗ e ad f

x,∗,∗ . Per esempio riducendo la f (x, y, z) alla funzione bivariata φ(x, y) := f

∗,∗,z, dalla uguaglianza delle derivate miste di quest’ultima si ricava l’uguaglianza delle derivate parziali della funzione trivariata

∂x

 ∂f

∂y



= ∂

∂y

 ∂f

∂x



Quindi per una funzione due volte derivabile parzialmente con derivate finite il quadro in b03 costituisce una matrice simmetrica e il numero delle derivate parziali seconde differenti `e 6.

I30:b.11 Anche per le funzioni trivariate le manovre di derivazione parziale possono essere portate avanti per individuare le derivate parziali terze, quarte, fino all’ordine che pu`o interessare.

Per esempio per una funzione f (x, y, z) si possono cercare derivate parziali quarte come fx,y,x,z(x, y, z) :=i∃

∂z

 ∂

∂x

 ∂

∂y

 ∂f

∂x



e fz,z,x,y(x, y) :=i∃

∂y

 ∂

∂x

 ∂

∂z

 ∂f

∂z



.

(12)

Le derivate parziali di ordine m ∈ Z che si possono definire per una funzione f (x, y, z) sufficientemente regolare, evidentemente, sono in biiezione con le stringhe di lunghezza m sull’alfabeto {x, y, z} e il loro numero `e 3m.

I30:b.12 In gran parte dei casi le funzioni trivariate di cui si trattano le derivate parziali sono sufficien- temente regolari da avere la continuit`a per le funzioni derivate parziali stesse: a esse si pu`o applicare una forma estesa del criterio di Clairaut-Schwarz che garantisce la permutabilit`a delle manovre di derivazione parziale rispetto a due diverse variabili.

Abbiamo per esempio

fx,y,x,z = fx,x,y,z , fy,x,z,x,y,x,z = fx,x,x,y,y,z,z .

Le diverse derivate parziali di ordine m che si possono ottenere da queste funzioni trivariate, chiara- mente, sono in biiezione con le espressioni della forma

h

hx

 ∂k

kx

 ∂m−h−k

m−h−k



f (x, y) per h = 0, 1, 2, ..., m , k = 0, 1, 2, ..., m − h .

Queste a loro volta sono in biiezione con i cammini sui nodi di {0, 1, 2} × {0, 1, ..., m} (che conviene visualizzare come sottoinsieme di N × N) costituiti solo da segmenti-WE e -SN che iniziano in h0, 0i e terminano in h2, mi; infatti in uno di questi cammini si individuano tre tratti verticali che rappre- sentano, risp., le derivate rispetto ad x, le derivate rispetto ad y e le derivate rispetto a z. Esse sono quindi in numero di

m + 2 2



= (m + 2) (m + 1)

2 .

I30:b.13 Anche per ogni funzione multivariata dotata di derivate parziali continue valgono formule di valor medio che esprimono la differenza tra la funzione in due punti opportunamente vicini mediante le derivate parziali in punti vicini ai due suddetti.

Consideriamo una funzione f (x1, x2, ..., xd) definita in una bolla sferica S di centro P := hx1, x2, ..., xdi e raggio ρ ∈ R+ ed ivi dotata di derivate parziali finite e continue; consideriamo anche un punto P0:= P + h ex+ k ey+ j ez contenuto in S, cio`e tale che

d

X

i=1

hi2

≤ ρ2.

Cerchiamo formule che esprimano mediante derivate parziali della f ed i reali h, k e j la differenza

∆f := f (x1+ h1, x2+ h2, ..., xd+ hd) − f (x1, x2, ..., xd) .

Una di queste formule si ottiene, similmente a quanto fatto in a09, considerando un cammino in R×3 da P0 a P costituito da d segmenti, l’i-esimo dei quali (i = 1, 2, ..., d) parallelo all’asse di riferimento Oxi. In particolare si ha il cammino

x + h, y + k, z + ji , hx, y + k, z + ji , hx, y, z + ji , hx, y, zi ;

questo cammino si associa alla permutazione hx, y, zi delle variabili e si pu`o significativamente indi- viduare con la notazione Cx1x2···xd ; gli altri cammini che si possono prendere in considerazione si associano alle restanti d! − 1 permutazioni delle variabili.

In relazione al cammino scelto si scompone la differenza ∆f nelle d differenze riguardanti i suoi d segmenti. Nel caso di Cx1x2···xd si ha la decomposizione

∆f = [f (x+h, y+k, z+j)−f (x, y+k, z+j)]+[f (x, y+k, z+j)−f (x, y, z+j)]+[f (x, y, z+j)−f (x, y, z)] .

(13)

A ciascuno dei d addendi si pu`o applicare il teorema del valore medio ottenendo:

∆f = h fx(x + θxh, y + k, z + j) + k fy(x, y + θyk, z + j) + j fz(x, y, z + θzj) per 0 < θx, θy, θz< 1 . Altre d!−1 formule si possono ottenere facendo riferimento agli altri cammini da P0a P sopra segnalati.

I30:b.14 Nelle ipotesi di continuit`a di tutte le derivate parziali che si devono prendere in considerazione, le derivate parziali di ordine m di una funzione di d variabili reali che possono essere diverse `e uguale al numero delle soluzioni intere nonnegative dell’equazione m1+ m2+ · · · + md= m.

Queste soluzioni sono in biiezione con i cammini su {0, 1, ..., d − 1} × {0, 1, ..., m} costituiti solo da segmenti-WE e -SN e questi sono in numero di d + m − 1

m

 .

(14)

I30:c. differenziali delle funzioni multivariate

I30:c.01 Introduciamo ora le definizioni e le notazioni concernenti i differenziali delle funzioni-RdtR, multivariate, riallacciandoci a quanto trattato in I24.

Trattiamo prima le funzioni bivariate e successivamente le multivariate avvalendoci dei precedenti risultati.

I30:c.02 Sia f (x, y) ∈ FunRRtR2una funzione definita in un cerchio C aperto di centro P0= hx0, y0i e raggio ρ e derivabile con derivate parziali finite in P0. Siano ∆x e ∆y due reali tali che |∆x| + |∆y| > 0 e poniamo h := h∆x, ∆yi e Ph := hx0+ ∆x, y0+ ∆yi ∈ C.

Si dice differenziale totale della funzione-RRtR f in P0 e relativo al punto variato Ph la quantit`a reale (1) df := fx(x0, y0) ∆x + fy(x0, y0) ∆y .

Nel caso sia f (x, y) = x si ha dx = ∆x e nel caso sia f (x, y) = y si ha dy = ∆y; queste relazioni consentono di riscrivere la (1) nella forma

(2) df = fx(x0, y0) dx + fy(x0, y0) dy .

Questa relazione pu`o essere interpretata geometricamente come l’equazione nelle variabili x0+ dx e y0+ dy di un piano in R×3, pi`u precisamente del piano che passa per hx0, y0, f (x0, y0)i e contiene le tangenti alle curve ottenute, risp., intersecando con i piani x = x0 e y = y0 la superficie espressa dalla z = f (x, y). Questa superficie la denotiamo con Σf (x,y) e il suddetto piano lo denotiamo con Πf,x0,y0 = Πf,P0.

Spesso, quando non si incontrano ambiguit`a, l’aggettivo totale viene lasciato cadere e si parla sempli- cemente di “differenziale di funzione-RRtR” .

I30:c.03 `E naturale chiedersi in che relazione sono i punti della Σf e i punti di Πf,P0 e a questo scopo definiamo l’espressione incrementale

(1) ∆f := f (x0+ dx , y0+ dy ) − f (x0, y0) ;

essa esprime la differenza di quota tra Σf e Πf,P0 che chiameremo accrescimento.

Ci chiediamo come si comporta la differenza ∆f − df in funzione del vettore esprimente la variazione dell’argomento P0 dh := exdx + ey ovvero di dx e dy .

L’ipotesi di prossimit`a di Ph a P0induce a considerare intuitivamente i due differenziali delle variabili come “piccoli”, ossia a considerare “piccolo” il modulo dh := |dh | =p|dX|2+ |dy |2 .

Questo equivale a considerare ∆f − df in intorni piccoli di P0.

Nei termini pi`u usuali per l’analisi infinitesimale, interessa chiarire il comportamento di ∆f − df per

|dx | + |dy | → 0, ovvero per dh → 0 .

Nel seguito useremo anche la notazione ρ := dh =p|dX|2+ |dy |2, in quanto tale quantit`a variabile ricopre sia il ruolo di differenziale vettoriale, sia di quantit`a utilizzata per definire infinitesimi di ordine superiore al primo.

Ricordiamo che valgono le disuguaglianze

∀a, b ∈ R+ a2+ b2≤ (a + b)2≤ 2(a2+ b2) :

la prima segue dello sviluppo del quadrato della somma (a + b), mentre la seconda `e conseguenza della 2 a b ≤ a2+ b2, cio`e della (a − b)2≥ 0.

(15)

Quando i due parametri a e b sono i moduli dei differenziali dx e dy si ottiene (2) p|dx |2+ |dy |2 ≤ |dx | + |dy | ≤ 2p|dx |2+ |dy |2 .

Questa dice che passare al limite per |dx | + |dy | → 0 ha le stesse conseguenze del passare al limite per p|dx |2+ |dy |2→ 0; in altri termini, al tendere a 0 simultaneo di |dx | e |dy | le espressioni |dx | + |dy | ep|dx |2+ |dy |2forniscono infinitesimi dello stesso ordine.

I30:c.04 Esaminiamo dunque il comportamento del rapporto

∆f − df

dh = ∆f − df

p|dx |2+ |dy |2 per dh → 0 .

(1) Teorema Se la funzione f (x, y) possiede in hx0, y0i le derivate parziali continue, allora l’accrescimento

∆f pu`o essere dato da un’espressione della forma

∆f = df + xdx + ydy con lim

ρ→0x= 0 , lim

ρ→0y= 0 .

Per l’appartenenza al cerchio C dei punti P0 e Pdh si pu`o applicare il teorema della media all’accrescimento ottenendo

∆f = fx(x0+ θxdx , y0+ dy ) + fy(x0, y0+ θydy ) , con le derivate parziali da valutare in punti di C.

In conseguenza della continuit`a delle derivate in P0 abbiamo

fx(x0xdx , y0+dy ) = fx(x0, y0)+x, fy(x0, y0ydy ) = fy(x0, y0)+y con lim

ρ→0x= lim

ρ→0y = 0 . Dunque si pu`o affermare

(2) ∆f = df + xdx + ydy con lim

ρ→0x= lim

ρ→0y= 0 .

Osserviamo esplicitamente che xdx + ydy `e un infinitesimo di ordine superiore a ρ = dh : infatti

xdx + ydy ρ

=

x

dx ρ + y

dy ρ

≤ |x| + |y| e quindi

(3) lim

ρ→0

xdx + ydy

ρ = 0 .

I30:c.05 Diamo un esempio di funzione bivariata che in un punto interno del suo dominio `e dotata di derivate parziali che non sono ivi continue, funzione per la quale il limite di ∆f − df

dh non esiste.

Si tratta della funzione definita come

f (x, y) :=  x − 2 y arctan xy sse y 6= 0

0 sse y = 0

Questa funzione in h0, 0i possiede entrambe le derivate parziali: fx(0, 0) = 1 e fy(0, 0) = 0. Di conseguenza df = dx , mentre ∆f = f (dx , dy ) = dx − 2 dy arctan dx

dy . Quindi

∆f − df

dh = −2 dy

pdx2+ dy2

arctan dx dy , funzione che non possiede limite per

q

dx2+ dy2→ 0 .

(16)

I30:c.06 Estendiamo le considerazioni sul differenziale totale alle generiche funzioni multivariate.

Sia d ∈ {2, 3, ...} e sia f (x1, x2, ..., xd) ∈ FunRdtR una funzione definita in una bolla B aperta di centro P = hx0, x1, ..., xdi e raggio r; chiediamo anche che la f in P sia derivabile con derivate parziali finite.

Siano inoltre ∆x1, ∆x2, ..., ∆xdnumeri reali non tutti nulli (cio`e tali che

d

X

i=1

|∆xi| > 0), introduciamo il vettore dh := h∆x1, ∆x2, ..., ∆xdi e il punto variato P dh := hx1+ ∆x1, ..., xd+ ∆xdi ∈ B.

Si dice differenziale totale della f in P e relativo al punto variato P dh la quantit`a reale

(1) df :=  ∂f

∂x1



P

∆x1+ ∂f

∂x2



P

∆x2+ · · · + ∂f

∂xd



P

∆xd . Come per le funzioni bivariate la precedente uguaglianza si pu`o riscrivere nella forma

(2) df :=  ∂f

∂x1



P

dx1+ ∂f

∂x2



P

dx2+ · · · + ∂f

∂xd



P

dxd .

Anche nel caso generale serve esaminare la differenza tra il differenziale totale relativo al punto di riferimento P e al punto variato P dh e la variazione della stessa f relativa a questi due punti definita come

∆f := f (x1+ dx1, x2+ dx2, · · · , xd+ dxd) − f (x1, x2, · · · , xd) . Anche per questo differenziale, come in c02, spesso si omette l’aggettivo “totale”.

I30:c.07 Ancora il confronto pu`o fare riferimento a due quantit`a funzioni di P e P0 da considerare al limite per le variazioni dxi tendenti simultaneamente a 0. Per quest servono

(1) dh := ρ :=

q

dx12+ dx22+ · · · + dxd2 e ρ1:= |dx1| + |dx2| + · · · + |dxd| . Anche queste due quantit`a sono infinitesimi dello stesso ordine quando si passa al limite per tutti i

|dxi| tendenti simultaneamente a 0. Infatti valgono le disuguaglianze v

u u t

d

X

i=1

dxi2

d

X

i=1

|dxi| ≤ √ d

v u u t

d

X

i=1

dxi2 .

Queste disuguaglianze discendono dalla seguente uguaglianza proveniente dal calcolo matriciale (2) Prop.: identit`a di Lagrange Date due d-uple di reali nonnegativi a = ha1, ..., adi e B = hb1, ..., bdh, vale la relazione

a12+ a22+ · · · + ad2 b12

+ b22

+ · · · + bd2 − (a1b1+ a2b2+ · · · adbd)2= X

hr,si∈C

(arbs− asbr)2 ,

dove C denota le combinazioni di lunghezza 2 dei d interi 1, 2, ..., d.

I30:c.08 Con argomenti simili a quelli usati in c04 si pu`o dimostrare quanto segue.

(3) Teorema Se la funzione f (x1, x2, ..., xd) ha tutte le derivate parziali continue in P , allora

∆f := f (x1+ dx1, x2+ dx2, · · · , xd+ dxd) − f (x1, x2, · · · , xd) = df +  ,

dove  tende a zero per dh :=

v u u t

d

X

i=1

dxi2

tendente a zero.

Inoltre si pu`o generalizzare senza difficolt`a il teorema in c04.

(17)

I30:c.09 `E naturale chiarire la relazione che sussiste tra i valori della f e i valori della sua linearizzazione L. Per questo va esaminata l’espressione

(1) ∆f := f (x1+ dx1, ..., xd+ dxd) − f (x1, ..., xd) ,

che chiameremo accrescimento della f relativo al passaggio da P a P dh , e occorre chiedersi come si comporta la differenza ∆f − df in funzione delle variare di dh , ovvero in funzione delle variabili xi+ dxi per i = 1, 2, ..., d.

L’ipotesi di prossimit`a di P dh a P induce a considerare intuitivamente i due differenziali delle variabili come “piccoli”. Questo equivale a considerare ∆f − df in intorni piccoli di P .

In termini meglio definiti per l’analisi infinitesimale, interessa chiarire il comportamento di ∆f − df perPd

i=1|dxi| → 0, ossia per dh → 0.

Ricordando che valgono le disuguaglianze

∀a, b ∈ R+ a2+ b2≤ (a + b)2≤ 2(a2+ b2)

e la prima conseguenza dello sviluppo del quadrato di una somma, la seconda conseguenza di 2 a b ≤ a2+ b2, cio`e di (a − b) ≥ 0. In termini di moduli di differenziali si ottiene

(2) p|dx |2+ |dy |2≤ |dx | + |dy | ≤ 2p|dx |2+ |dy |2 .

Questa dice che passare al limite per

d

X

i=1

|dxi| → 0 ha le stesse conseguenze del passare al limite per q

Pd

i=1|dxi|2→ 0; in altri termini, al tendere a 0 simultaneo di |dx1|, ..., |dxd| sono infinitesimi dello stesso ordine

d

X

i=1

|dxi| e v u u t

d

X

i=1

|dxi|2.

Per il seguito `e comodo introdurre ρ :=

q Pd

i=1|dxi|2. I30:c.10 Esaminiamo dunque il comportamento del rapporto

∆f − df

dh = ∆f − df

p|dx |2+ |dy |2 per ρ → 0 .

(1) Teorema Se la funzione f (x, y) possiede in hx0, y0i le derivate parziali continue, allora l’accrescimento

∆f pu`o essere dato da un’espressione della forma

∆f = df + xdx + ydy con lim

ρ→0x= 0 , lim

ρ→0y= 0 .

Per l’appartenenza al cerchio C dei punti P0 e Ph si pu`o applicare il teorema della media all’accrescimento ottenendo

∆f = fx(x0+ θxdx , y0+ dy ) + fy(x0, y0+ θydy ) , con le derivate parziali da valutare in punti di C.

In conseguenza della continuit`a delle derivate in P0 abbiamo

fx(x0xdx , y0+dy ) = fx(x0, y0)+x, fy(x0, y0ydy ) = fy(x0, y0)+y con lim

ρ→0x= lim

ρ→0y = 0 . Dunque si pu`o affermare

∆f = df + xdx + ydy con lim

ρ→0x= lim

ρ→0y= 0 .

(18)

Osserviamo esplicitamente che xdx + ydy `e un infinitesimo di ordine superiore a ρ: infatti

xdx + ydy ρ

=

xdx

ρ + ydy ρ

≤ |x| + |y| e quindi

lim

ρ→0

xdx + ydy

ρ = 0 .

(19)

I30:d. derivata e differenziale di funzione-RRtR composta

I30:d.01 Consideriamo una funzione-RRtR che denotiamo con z = ζ(x, y) definita in un insieme aperto O e ivi derivabile insieme alle sue derivate parziali prime.

Consideriamo anche una curva Γ contenuta in O definita dalle due equazioni parametriche x = ξ(t) e y = η(t) per la quale chiediamo che ξ(t) e η(t) siano definite per t variabile in un intervallo reale I, e ivi siano finite, continue e derivabili.

Consideriamo inoltre la funzione composta z = Z(t) = ζ(ξ(t), η(t)) .

Abbiamo trovato che anche Z(t) `e continua nell’intervallo I. Dimostriamo ora quanto segue

(1) Prop.: La funzione Z(t) `e derivabile rispetto a t per ogni t ∈ I e si ha la seguente formula di derivazione delle funzioni bivariate composte

d

dtZ(t) = ∂ζ

∂ξ dξ dt +∂ζ

∂η dη dt . Dim.: Siano t e t + h due elementi di I e introduciamo

x := ξ(t) , y := η(t) , ∆ξ := ξ(t + h) − ξ(t) , ∆η := η(t + h) − η(t) .

Per h → 0, tendono a 0 anche il corrispondente incremento della ξ(t) ∆ξ e il corrispondente incremento della η(t) ∆η.

Introduciamo anche la variazione della funzione Z corrispondente all’incremento dalla t da t a t + h:

∆Z := Z(t + h) − Z(t) = ζ(ξ(t + h), η(t + h)) − ζ(ξ(t), η(t)) = Z(x + ∆ξ, y + ∆η) − Z(x, y) . A questo punto ricorriamo al teorema della media ottenendo

(3) ∆Z = ∂Z

∂x(x + θx, ∆ξ, y + ∆η)∆ξ h +∂Z

∂y(x, y + θy∆η)∆η

h con 0 < θx, θy< 1 . Grazie alla continuit`a delle derivate parziali ∂Z

∂x e ∂Z

∂y nel punto hx, yi, abbiamo lim

h→0

∂Z

∂x(x + θx, ∆ξ, y + ∆η) = ∂Z

∂x(x, y) , lim

h→0

∂Z

∂y(x, y + ∆η) = ∂Z

∂y(x, y) . Di conseguenza

lim

h→0

∆ξ

h = lim

h→0

ξ(t + h) − ξ(t)

h = x0(t) , lim

h→0

∆η

h = lim

h→0

η(t + h) − η(t)

h = y0(t) . Da questo segue che il secondo membro della (3) ammette limite per h → 0, ovvero che esiste il limite per h → 0 di ∆Z

h , cio`e che esiste dZ

dt e per esso

(4) dZ

dt = ∂ζ

∂x(x, y) x0(t) +∂ζ

∂y(x, y) y0(t) , ossia la formula enunciata

I30:d.02 Alla formula precedente pu`o convenire dare la seguente forma pi`u compatta che riguarda le funzioni z = z(x, y), x = x(t) e y = y(t) e la funzione composita z = z(x(t), y(t)):

(1) dZ

dt = ∂z

∂x dx

dt +∂z

∂y dy dt .

(20)

Le argomentazioni precedenti si possono adattare senza difficolt`a per le curve in tre dimensioni e per le funzioni-RRRtR cui diamo la forma R(x, y, z) con x = x(t), y = y(t) e z = z(t) e per le quali si ottengono le seguenti formule

(2) dR

dt = ∂R

∂x(x, y, z) x0(t) +∂R

∂y(x, y, z) y0(t) +∂R

∂z(x, y, z) z0(t) ,

(3) dR

dt = ∂R

∂x dx dt +∂R

∂y dy

dt +∂R

∂z dz

dt .

I30:d.03 Dei risultati precedenti si possono ottenere senza difficolt`a le generalizzazioni a funzioni di d variabili reali per un generico d = 2, 3, 4, .... Qui ci limitiamo alla versione con notazioni semplificate.

(1) Prop.: Consideriamo una d-upla di variabili reali r = hx1, x2, ..., xdi e la funzione-RdtR funzione di d variabili reali R(x1, x2, ..., xd) = R(r) il cui dominio denotiamo con D la quale sia continua con le sue derivate parziali in un insieme aperto O ⊆ D.

Le variabili x1,x2,...,xdsiano funzioni-RtR finite, continue e derivabili in una variabile t in un insieme aperto I tale che r(I) := hx1(I), x2(I), ..., xd(I)i ⊆ O.

Consideriamo inoltre un particolare t ∈ I e poniamo ∀i ∈ {1, 2, ..., d} xi:= xi(t) e r := r(t).

Con tali condizioni e notazioni si ha

(1) dR

dt =

d

X

i=1

∂R

∂xi(r) ∂ xi

∂x (t) .

Diamo anche la versione della formula nelle notazioni semplificate mediante differenziali:

(2) dR

dt = ∂R

∂x1

dx1

dt + ∂R

∂x2

dx2

dt + · · · + ∂R

∂xd

dxd

dt =

d

X

i=1

∂R

∂xi

dxi

dt .

I30:d.04 Per esempio per le funzioni

z(x, y) = xy ; x(t) = sin(t) ; y(t) = t3 ; si trova

df

dt = ∂z

∂xx(t) +˙ ∂z

∂yy(t) = y x˙ y−1 cos t + xy ln x 3 t2 . Qui si sono usate le notazioni spesso preferite in fisica matematica

˙ x := d

dt x(t) e y :=˙ d dt y(t) .

I30:d.05 Si ottiene senza difficolt`a una ulteriore generalizzazione riguardante una funzione della forma f (x1, x2, ..., xd) dove le xi sono a loro volta funzioni tendenzialmente regolari di un certo numero positivo m di variabili reali ξ1, ξ2, ..., ξm da considerare indipendenti.

(1) Teorema Consideriamo le funzioni

x1=x11, ξ2, ..., ξm) x2=x21, ξ2, ..., ξm)

...

xd=xd1, ξ2, ..., ξm) ,

con ~ξ := hξ1, ξ2, ..., ξmi variabile in un aperto I ⊆ R×m.

(21)

Chiediamo inoltre che la f (x1, x2, ..., xd) sia definita e continua insieme alle sue derivate parziali

∂f

∂x1

, ... , ∂f

∂xd, in un aperto O ⊆ R×dcontenuto in ~ξ(I).

In queste condizioni esiste il differenziale della f rispetto alle variabili ξ1, ..., ξm dato dall’espressione

(2) df = ∂f

∂x1dx1+ ∂f

∂x2dx2+ · · · + ∂f

∂xmdxm =

m

X

j=1

∂f

∂xjdxj . Dim.: Le ipotesi garantiscono che

(3) df = ∂f

∂ξ1

1+ ∂f

∂ξ2

2+ · · · + ∂f

∂ξm

m =

m

X

j=1

∂f

∂ξj

j . Il teorema della derivazione delle funzioni composte permette di scrivere

(4) ∀i = 1, 2, ..., m ∂f

∂ξ1

=

d

X

j=1

∂f

∂xj

∂xj

∂ξi

.

Quindi la (2), invertendo le sommazioni, comporta

(5) df =

m

X

i=1 d

X

j=1

∂f

∂xj

∂xj

∂ξi

i =

d

X

j=1

∂f

∂xj m

X

i=1

∂xj

∂ξi

i

! .

Basta ora ricordare che xj =

m

X

i=1

∂xj

∂ξii per ottenere l’espressione da dimostrare (2)

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