Corso di Laurea magistrale (ordinamento
ex D.M. 270/2004)
in Amministrazione, Finanza e Controllo
Tesi di Laurea
Misurazione delle performance
aziendali in prospettiva
integrata
Relatore
Ch. Prof. Chiara Mio
Laureando
Andrea Bertipaglia
Matricola 821535
Anno Accademico
2014 / 2015
“Not everything that counts, can be counted and not everything that can be counted, counts”
– Albert Einstein
INDICE
INTRODUZIONE ... 3
CAPITOLO I. I SISTEMI DI CONTROLLO MANAGERIALE ... 4
1.1 Aspetti fondamentali dei sistemi di controllo manageriale ... 4
1.2 Il valore aziendale ... 8
1.3 Struttura del sistema di controllo ... 9
1.4 Corporate social responsibility, controllo manageriale e strategia ... 17
CAPITOLO II. LA MISURAZIONE DELLE PERFORMANCE ... 23
2.1 Introduzione ai sistemi di misurazione delle performance strategiche ... 23
2.2 Il framework GRI e le performance di sostenibilità ... 26
2.3 Il Framework <IR> Internazionale ... 39
2.4 G4 e IR a confronto ... 45
CAPITOLO III. IL CASO DEL GRUPPO ASSICURAZIONI GENERALI ... 48
3.1 Profilo del Gruppo Generali ... 48
3.2 Le performance di sostenibilità del Gruppo Generali ... 51
3.3 Le performance integrate del Gruppo Generali ... 60
3.4 Commento al caso aziendale ... 66
Conclusioni ... 69
BIBLIOGRAFIA ... 71
INTRODUZIONE
L’instabilità dei mercati finanziari, la globalizzazione ed i cambiamenti avvenuti nelle abitudini di consumo, impongono alle aziende di rivedere il loro modello di business e di mantenere costantemente sotto controllo tutti gli elementi che mirano a creare valore. È necessario preoccuparsi di come predisporre il miglior modello di business per creare valore, condividerlo con gli stakeholder e mantenerlo nel tempo. Di conseguenza, è utile adottare degli strumenti che favoriscano tale approccio. In questo, si ritiene che il sistema di controllo manageriale, e nello specifico, un sistema di misurazione delle performance in ottica integrata, possa svolgere tale compito.
Scopo di questo lavoro, sarà quello di fornire una possibile via per cercare di governare in maniera più efficace l’azienda e monitorarne gli sviluppi nel tempo attraverso l’adozione di un sistema di misurazione delle performance integrate.
Nel primo capitolo, saranno illustrati alcuni concetti fondamentali relativi ai sistemi di controllo manageriale: in particolare verrà messa in luce la distinzione tra funzioni ed obiettivi del controllo. In seguito sarà approfondito il concetto di valore creato ed i soggetti con i quali tale valore deve essere condiviso. Infine, verrà presentata la nozione di sistema di controllo manageriale adottata nell’opera, ed i suoi elementi costitutivi. Nel secondo capitolo, si introdurranno i sistemi di misurazione delle performance strategiche e poi si illustrerà un nuovo approccio, detto integrato, idoneo a misurare le performance dell’impresa non soltanto dal punto di vista economico-‐finanziario. A questo scopo, verranno presi come riferimento le Linee Guida formulate dal GRI e Framework proposto dall’IIRC. Verranno quindi messe in mostra le loro differenze e le loro somiglianze. Saranno anche proposti due modelli per misurare il livello di sostenibilità ambientale e sociale raggiunto da un’azienda, attraverso l’uso degli indicatori del GRI.
Il terzo capitolo, infine, sarà dedicato all’analisi di un caso empirico, cioè, si analizzerà come Generali Group, leader mondiale nel settore assicurativo, rendiconta le proprie performance utilizzando i due modelli esposti nel secondo capitolo. L’analisi empirica, è utile al fine di avere una comprensione più chiara di quanto detto nel capitolo II e per favorire alcuni spunti d’analisi.
CAPITOLO I.
I SISTEMI DI CONTROLLO MANAGERIALE
1.1 Aspetti fondamentali dei sistemi di controllo manageriale
I sistemi di controllo manageriale vengono sviluppati per raggiungere il massimo grado di allineamento tra gli obiettivi aziendali, in modo tale che le persone impiegate all’interno dell’azienda perseguano i propri obiettivi personali favorendo gli obiettivi organizzativi.
Sia la progettazione che l’uso dei sistemi di controllo di gestione1 sono fasi cruciali per consentire la congruenza degli obiettivi. Riguardo a queste fasi, è impossibile definire delle linee guida standard, bensì, devono essere pensate ogni volta in maniera contingente, ovvero, rispetto alla specifica situazione di riferimento, in quanto, ogni azienda presenta delle peculiarità interne ed esterne che rendono impossibile la definizione di un percorso universale ed applicabile in maniera acritica ad ogni azienda.
Numerosi sono stati i contributi in letteratura che hanno preso a riferimento lo sviluppo e l’implementazione dei sistemi di controllo manageriale, anche se i più rilevanti e strutturati sono stati solamente due, ovvero quelli di Anthony2 e Simons3. Il primo considerava il sistema di controllo come uno strumento per implementare le strategie deliberate, mentre il secondo, pensava che il sistema dovesse anche favorire l’implementazione di nuove strategie.
Confrontando i due contributi è facile capire che, per governare un’impresa, non è sufficiente esplicitare formalmente degli obiettivi e programmare le azioni da porre in atto per perseguirli. Questo approccio, derivante da una visione puramente razionale dei
1 Nel proseguo dell’opera, i termini controllo manageriale e controllo di gestione, saranno usati come
sinonimi.
2 Anthony R.N. (1965), Management Control Systems, Irwin, Homewood.
3 Simons R. (1995), Levers of Control. How Managers Use Innovative Control Systems to Drive Strategic
sistema di controllo, considerati come una struttura chiusa e indipendente dal contesto circostante, è ritenuto ormai obsoleto. Al contrario, i sistemi di controllo, devono essere visti come dei sistemi naturali aperti, riconoscendo che le variabili contingenti non sono sufficienti a spiegare tutti i fattori che li influenzano. L’ambiente di business nel quale le aziende operano, non è un fattore statico al quale adattarsi facilmente. Questo secondo approccio mira quindi ad enfatizzare l’importanza dell’autorità e dei conflitti che da questa scaturiscono, nel comprendere le questioni più importanti riguardanti il controllo di gestione. Il potere decisionale e l’autorità, sono strumentali all’esercizio del controllo sulle azioni e l’intento dei dipendenti; e formano una parte essenziale del controllo di gestione. L’azienda può essere vista come una continua manifestazione di conflitti e interazioni tra gruppi diversi che perseguono obiettivi il più delle volte non congruenti tra loro4.
Una diretta conseguenza di quanto detto, è che Il supporto informativo all’attività di controllo dei manager non può focalizzarsi solamente sulla rendicontazione di informazioni formali e finanziariamente quantificabili riferibili principalmente all’attività operativa. Diversamente, deve abbracciare una più ampia varietà di ambiti dell’informazione riguardanti i mercati, i consumatori e i concorrenti; informazioni di carattere non economico-‐finanziario collegate ai processi produttivi; informazioni previsionali; e un ampia gamma di meccanismi di supporto decisionale5. Inoltre, per svolgere la sua funzione di supporto all’attività di gestione, il sistema informativo deve essere impiegato per:
• l’attività decisionale dei responsabili di leve di carattere diretto ed indiretto; • controllare la congruenza degli obbiettivi ed il comportamento dei
responsabili decisionali.
Altro aspetto importante da sottolineare, è il fatto che, la dinamicità dell’ambiente nel quale le aziende operano, e la conflittualità presente tra le varie funzioni dell’azienda, impongono di rivedere la relazione tra sistema di controllo e strategia, passando da un
4 Hewege C. R. (2012), A critique of the mainstream management control theory and the way forward,
Sage Publications
5 Chenhall R. H. (2003), Management control systems design with its organizational context: findings from
contingency-‐based research and directions for the future, Accounting, Organizations and Society, Vol. 28, No. 2-‐3, pp. 127-‐168
situazione di adattamento del primo rispetto al secondo, ad una situazione di reciproco condizionamento. Questo perché, il sistema di controllo manageriale, oltre ad essere considerato uno strumento per implementare le strategie, deve anche favorire lo sviluppo di nuove strategie in relazione soprattutto all’ambiente esterno.
Strategia, non significa più individuare un settore/segmento di mercato e, a seconda del posizionamento strategico prescelto, decidere se intraprendere una leadership di costo, orientata essenzialmente all’efficienza operativa, o preferire la differenziazione per offrire prodotti/servizi diversi dalla concorrenza. Le più moderne teorie in merito, vedono la strategia come un processo di cambiamento evolutivo continuo, affiancato da saltuarie innovazioni radicali volte a mettere in discussione i paradigmi generalmente riconosciuti nell’ambiente di business. In quest’ottica, i sistemi di controllo, devono supportare l’individuazione di nuovi margini di manovra, ossia, devono favorire lo sviluppo di nuove opzioni strategiche per consentire all’organizzazione di mantenersi sempre un passo avanti ai concorrenti. Il collegamento tra il sistema di controllo e la strategia deve essere costantemente mantenuto, altrimenti si perderebbe la capacità di dominare quelle variabili che maggiormente influiscono sulle prestazioni di medio-‐ lungo termine. In questo senso, i sistemi di controllo non possono più essere orientati esclusivamente alla gestione dei costi e della qualità, ma devono essere un mezzo per gestire anche i processi di innovazione, essendo questi ultimi a favorire una strategia vincente. Il sistema di controllo deve supportare lo sviluppo dei processi d’innovazione aiutando a definire le idee, analizzando l’implementazione delle innovazioni, favorendo gli aggiustamenti necessari in fase di sviluppo e monitorando gli effetti finali.
La definizione di sistema di controllo di gestione accettata nell’opera, è stata formulata da Malmi e Brown, secondo i quali, un sistema di controllo manageriale è un sistema completo di regole, pratiche, valori ed altre attività che il management mette in atto al fine di dirigere il comportamento dei membri dell’organizzazione. Il controllo di gestione, comprende tutti quei dispositivi e sistemi che i manager usano per garantire che le decisioni e le azioni dei dipendenti siano coerenti con le strategie e gli obiettivi dell’azienda. Un sistema di controllo perfetto non deve solo monitorare l’ambiente
interno, ma deve essere sensibile anche ai cambiamenti dell’ambiente esterno6. Questa definizione non esplica quali siano gli elementi del sistema, ma mette in luce la loro funzione: dirigere il comportamento dei membri dell’azienda. A parere di chi scrive, questo concetto può essere spiegato meglio, precisando che le funzioni del controllo di gestione sono:
• garantire il raggiungimento degli obiettivi strategici;
• permettere ai membri dell’organizzazione di risolvere i problemi che si presentano quotidianamente nello svolgimento dei loro compiti e cercare nuove opportunità.
Se la prima funzione è abbastanza ovvia, ed è stata sottolineata da vari autori, la seconda lo è un po’ meno. I vecchi paradigmi improntati al comando e al controllo, non sono più sufficienti nell’ambiente competitivo attuale. La creatività e l’intraprendenza dei dipendenti sono essenziali per il successo aziendale, e in questi ambiti, il sistema di controllo deve essere un catalizzatore.
È bene chiarire che le funzionalità dei sistemi di controllo, non rappresentano di per se degli obiettivi, ma sono solamente il compito che né giustifica l’esistenza. Gli obiettivi di un sistema di controllo manageriale possono dipendere da vari fattori, quali la dimensione o lo stato di salute dell’azienda. Ad esempio, in una piccola o media impresa manifatturiera il controllo potrebbe essere utilizzato solamente con lo scopo di garantire il controllo dei costi; mentre, in una grande azienda, che magari impiega migliaia di dipendenti, il sistema di controllo potrebbe essere usato principalmente al fine di garantire l’allineamento dei comportamenti dei membri dell’organizzazione. Evitando di prendere in considerazioni tutte le situazioni particolari che si possono verificare, si concorda con Otley e Tessier nell’affermare che gli obiettivi di un sistema di controllo sono: da una parte l’efficacia e l’efficienza operativa; e dall’altra la conformità alle norme e ai regolamenti. Il primo obiettivo è collegato alle performance, mentre il secondo si riferisce alla salvaguardia del valore aziendale creato7.
6 Malmi T., Brown D. A. (2008), Management control sytems as a package – Opportunities, challenges and
research directions, Management Accounting Research, Vol. 19, No. 3, pp. 287-‐300
7 Otley D., Tessier S. (2012), A conceptual development of Simons’ Levers of Control framework,
1.2 Il valore aziendale
Al fine di consentire alle imprese di governare le proprie criticità strategiche, è necessario che i rispettivi sistemi di controllo manageriale siano improntati alla logica della creazione del valore aziendale.
Molti credono che per valore aziendale si intenda esclusivamente il valore economico; in altre parole, le aziende dovrebbe pensare principalmente ad accrescere il capitale economico aziendale inteso come investimento. In quest’ottica, il profitto e la sua massimizzazione ricoprono un ruolo di primo piano nell’ambito del sistema delle decisioni aziendali. La sopravvivenza dell’azienda è garantita da un’adeguata redditività: è quest’ultima che guida i manager nella loro attività, perché l’azienda è considerata uno strumento degli investitori. Secondo questa visione, i soggetti di cui l’azienda deve maggiormente preoccuparsi sono gli azionisti, o gli investitori in generale, e conseguentemente, il successo aziendale è misurato dal rendimento azionario, dal valore dei dividendi erogati, dai profitti ottenuti e dal valore assunto dall’EVA.
Certamente questi fattori che riguardano il rendimento per coloro che investono capitale di rischio sono importanti, ma è ormai cosa riconosciuta, che la condizione di massimizzazione ottimale del valore per l’azionista, è alterata dalla presenza di altre categorie di portatori di interessi. Questi soggetti, avanzano pretese rilevanti sotto il profilo pubblico, sociale o economico che sempre più trovano tutela sotto il punto di vista legale. Occorre quindi allargare la prospettiva e adottare un modello di creazione del valore nella prospettiva degli stakeholder.
Gli stakeholder sono definiti in generale come quei gruppi o individui:
a) che si può ragionevolmente ritenere saranno interessati dalle attività, dai prodotti o dai servizi dell’organizzazione;
b) le cui azioni avranno un impatto sull’abilità dell’organizzazione di implementare le proprie strategie ed ottenere i propri obiettivi”8.
Identificare tutti gli stakeholder destinatari del valore creato non è compito facile, anche a causa dei diversi orientamenti che vi potrebbero essere all’interno delle varie aree
aziendali. Ad esempio, nell’ottica della funzione di produzione, potrebbero essere considerati quali stakeholder solamente i clienti ed i fornitori. Al contrario, in una visione manageriale, oltre alle due categorie precedentemente individuate, potrebbero aggiungersi i dipendenti e gli apportatori di capitale, di debito o di rischio. Non è certo compito di questa tesi, esporre le varie teorie che da Freeman (1984), sino ad oggi, e passando per Mitchell (1997), si sono susseguite per cercare di individuare quali sono le varie categorie di stakeholder che un’azienda dovrebbe considerare all’interno della sua strategia e dell’ambiente di business in cui opera.
È utile però, fornire una semplice concettualizzazione che permetta di identificare gli stakeholder specifici di ogni organizzazione e che favorisca la gestione delle relazioni con tali soggetti. In un’ottica di controllo, si possono identificare tre tipologie di stakeholder: gli stakeholder strategici, gli stakeholder core, e gli stakeholder ambientali. I primi sono quelli essenziali per la sopravvivenza dell’azienda: normalmente identificabili con i clienti. Gli stakeholder core, invece, sono vitali per affrontare le minacce e cogliere le opportunità che l’azienda incontra; in questo caso potrebbe trattarsi dei dipendenti. Infine, gli stakeholder ambientali, sono gli altri soggetti che sono presenti nell’ambiente di business e individuati in maniera residuale rispetto alle prime due tipologie. Questi ultimi potrebbero riferirsi a gruppi sociali particolarmente importanti o ai vari organi di regolamentazione.
Questo paragrafo è stato introdotto allo scopo di far capire che, per governare un’azienda, non si deve pensare solamente alle leve che impattano direttamente sul valore economico, ma debbano essere prese in considerazione anche altre leve che siano collegate al valore creato per le varie categorie di stakeholder con i quali l’organizzazione si rapporta e che rientrano nella sua sfera d’azione.
1.3 Struttura del sistema di controllo
Il modello di sistema di controllo che si vuole illustrare, è ispirato al modello delle leve del controllo di Simons, ed è esposto meglio grazie alle considerazioni fatte, e al Framework sviluppato, da Otley e Tessier nel loro paper del 2012.
Una rappresentazione grafica del modello può essere espressa tramite la figura che segue.
Gli elementi esterni alla curva di maggiori dimensioni non fanno parte del sistema ma sono comunque utili per mettere in risalto altri aspetti non direttamente collegati alla sua progettazione. Una volta che il sistema è stato ideato, i manager devono decidere quali canali usare per presentarlo (email, documenti ufficiali, presentazioni video, incontri faccia-‐a-‐faccia). Questa fase è molto importante perché va ad influenzare il modo con il quale i dipendenti subiranno il controllo e quindi come si comporteranno rispetto ai vari dispositivi di controllo. Il sistema non deve “ingabbiare” i comportamenti ad una serie di norme e procedure formalizzate, la cui violazione è sanzionabile. Bensì,
Figura 1. Adattamento personale da Otley D., Tessier S., A conceptual development of Simons’ Levers of Control Framework
deve essere percepito, come già sottolineato in precedenza, come un mezzo per supportare l’attività decisionale e per favorire lo sviluppo di nuove soluzioni per affrontare i problemi che quotidianamente i membri dell’organizzazione si trovano ad affrontare. Se presentato in quest’ottica, sarà molto meno probabile che si manifestino degli atteggiamenti che non sono in linea con gli obiettivi strategici.
Passiamo ora in rassegna le varie componenti che definiscono il sistema.
Le intenzioni manageriali
Prima di presentare quali siano le intenzioni manageriali, è utile distinguere la figura del manager, in due categorie distinte: i manager di corporate, ed i manager delle business unit (BU). I primi sono responsabili dell’andamento dell’intera azienda, mentre i secondi hanno a carico la gestione delle varie BU, considerate come centri di profitto. È importante sottolineare la distinzione perché i manager dell’alta direzione, sebbene non siano direttamente responsabili dei centri di profitto, possono comunque esercitare una certa influenza sull’individuazione degli obiettivi dei manager delle BU, e questo, a sua volta, va ad influenzare il raggiungimento degli obiettivi stabiliti.
È ormai cosa nota che gli individui sono più motivati se sanno che vi è la possibilità di essere ricompensati, piuttosto che dal timore di subire una punizione. Il sistema di incentivazione deve essere orientato al potenziamento dello sviluppo personale piuttosto che essere impiegato per assegnare solamente responsabilità. Se un individuo non riesce a raggiugere il suo obiettivo, deve essere predisposto un piano di sviluppo personale per guidare l’apprendimento. Questo migliora la percezione degli individui che, in questo caso, non si sentono minacciati dal processo di controllo, ma anzi, lo percepiscono come un mezzo per capire meglio che le loro valutazioni devono essere in larga misura soggettive. A parere di chi scrive, infatti, la soggettività è una caratteristica indispensabile per garantire che il sistema di incentivazione non sia basato su valutazioni rigidamente collegate ad una formula. Il caso analizzato da Kolehmainen, illustra anche il fatto che l’introduzione della soggettività nella valutazione delle performance può guidare i manager alla ricerca di informazioni da fonti diverse della struttura organizzativa, in modo da essere meglio informati quando si presenterà
l’occasione di giudicare la prestazione dei propri subordinati. Questo implica che deve essere costruita una relazione molto forte e spontanea tra superiore e subordinato se si vuole fare un uso utile della soggettività nella valutazione delle performance9.
Quando i sistemi di controllo sono usati in maniera diagnostica, il loro scopo è confrontare le performance attuali con gli obiettivi. I manager utilizzano i sistemi in modo diagnostico per identificare gli scostamenti e le variazioni rispetto ai piani prestabiliti. Le informazioni finanziarie indicano quando gli obiettivi sono stati raggiunti, mentre le misure non-‐finanziarie, permettono ai manager di monitorare e controllare i fattori critici di successo. I processi diagnostici rappresentano l’uso tradizionale dei sistemi di controllo manageriale, ove l’azione correttiva è intrapresa dopo aver ricevuto il feedback riguardo alle performance. Inoltre, l’uso diagnostico, non implica semplicemente un’influenza che va a limitare le opzioni di comportamento per i manager, perché il monitoraggio mette in risalto le aree problematiche e rafforza la motivazione dei manager al raggiungimento degli obiettivi, anche attraverso nuovi strumenti10.
L’uso interattivo, invece, è incentrato sui processi di comunicazione tra i manager ed i subordinati ai diversi livelli dell’organizzazione. Lo scopo dei processi interattivi consiste nell’esaminare e nel mettere alla prova i presupposti sottostanti ed i piani d’azione che indirizzano le attività dell’organizzazione. I processi interattivi permettono alle organizzazioni di fornire agli individui informazioni di diverso genere sulle attività dell’azienda. I manager li impiegano per segnalare le aree di prioritario interesse e per stimolare l’emergere di nuove strategie. Nel fare ciò, i responsabili della gestione, ottengono accesso alla conoscenza localizzata nelle varie parti aziendali, che è utilizzata quindi per sviluppare nuovi piani strategici, o per migliorare quelli in essere. Bisbe et al11 identificano cinque dimensioni riguardanti il concetto di uso interattivo dei controlli.
Per essere usati in tale maniera, i sistemi di controllo devono: essere usati dall’alta
9 Kolehmainen K. (2010), Dynamic strategic performance measurement systems: balancing empowerment
and alignment, Long Range Planning, Vol. 43, No. 4, pp. 527-‐554
10 Mundy J. (2010), Creating dynamic tension through a balanced use of management control systems,
Accounting, Organizations and Society, Vol. 35, No. 5, pp. 499-‐523
11Bisbe J., Batista-‐Foguet J. M., Chenhall R. (2007), Defining management accounting constructs: a
methodological note on the risks of conceptual misspeciication, Accounting, Organizations and Society, Vol. 32, No. 7, pp. 789-‐820
direzione; essere usati frequentemente dai manager delle BU; prevedere discussioni faccia-‐a-‐faccia; concentrarsi sulle incertezze strategiche; e facilitare, stimolare e rendere meno invasiva la partecipazione. Perciò, qualsiasi sistema di controllo manageriale che facilita i processi formali di discussione può essere usato interattivamente. Per esempio, i manager possono coinvolgere i responsabili di livello inferiore nel processo di budgeting e nell’ideazione dei sistemi di misurazione delle performance in modo da condividere le informazioni e ridurre le lacune presenti nelle conoscenze possedute da ogni area aziendale. I processi interattivi, permettono ai manager di tenersi aggiornati sulle attività svolte dai membri dell’organizzazione, ma sono idonei anche a facilitare le discussioni critiche in un modo non particolarmente intrusivo. Il dialogo, a sua volta, stimola l’apprendimento organizzativo e lo sviluppo di nuove iniziative strategiche. Il collegamento tra i controlli interattivi e la formulazione delle strategie è rinforzato dai risultati della ricerca, condotta da Widener12, che mettono in luce come i controlli interattivi sono usati per esaminare l’ambiente esterno e, implicitamente, per mantenere sotto occhio il posizionamento strategico. In relazione a quest’ultimo, i controlli diagnostici, sono usati dai manager come strumenti di gestione per eccezioni, quindi vengono impiegati allo scopo di correggere le azioni e di allineare le attività attraverso il raggiungimento dei fattori critici di successo13. Gli incontri faccia a faccia ed i meeting ufficiali, possono essere usati per discutere e risolvere problemi anziché per assegnare le colpe. Al contrario dei sistemi diagnostici, i sistemi interattivi richiedono una significativa dose di attenzione da parte dell’alta direzione per avere sempre chiara la consapevolezza delle incertezze strategiche che possono riguardare il conseguimento dei risultati. Per questo motivo, i processi interattivi tendono ad essere time-‐consuming e quindi molto costosi in generale. È importante studiare le interrelazioni tra i vari usi dei sistemi di controllo perché il crescente uso di una leva di controllo aumenta gli effetti delle altre leve.
L’ultimo punto di questa sezione cerca di spiegare come evitare che i manager rispondano negativamente all’introduzione dei controlli. Spesso, infatti, capita che i
12Widener S. K. (2007), An empirical analysis of the Levers of control framework, Accounting,
Organizations and Society, Vol. 32, No. 7, pp. 757-‐798
13 Gond J., Grubnic S., Herzing C., Moon J. (2012), Configuring management control systems: Theorizing the
manager non rispondano in maniera positiva all’introduzione di nuovi controlli, in particolar modo nei confronti di quelli formali. Questo perché la burocratizzazione va ad intaccare pesantemente la flessibilità delle loro decisioni. I controlli formali sono visti positivamente se i manager sentono che tali sistemi consentono loro di dominare meglio le leve che influiscono sulla loro attività. Se, al contrario, percepiscono tali controlli come un tentativo per ottenere, in modo un po’ forzoso, un maggiore impegno ed una disciplina più serrata, allora i controlli formali tendono ad essere recepiti sfavorevolmente. Di conseguenza, è molto importante bilanciare il trade off tra flessibilità, intesa come libertà di azione lasciata ai manager operativi ed ai dipendenti e collegata alla creatività e alla delega; ed efficienza, intesa come sfruttamento delle possibilità esistenti e spesso servita meglio da strutture ben definite che specificano come le varie attività devono essere eseguite. Quando i compiti non sono definibili precisamente a priori, la creatività svolge un ruolo molto importante, e quest’ultima, non è di certo raggiungibile in un contesto poco permissivo, agganciato a norme e regole alle quali occorre attenersi scrupolosamente. La delega è necessaria quando i compiti non sono definibili; i controlli formali invece, sono necessari quando i compiti sono complessi ed interdipendenti tra loro.
Mentre dal punto di vista dei responsabili delle BU può essere utile avere un certo grado di discrezionalità nell’usare i vari strumenti di controllo, e combinarli con altre informazioni potrebbe trasformarli in strumenti che li mettono in grado di dirigere meglio la loro attività, allo stesso tempo, per i manager di corporate, tale atteggiamento potrebbe essere visto come una perdita della capacità di controllo. Le forme di controllo che non sono dipendenti da una serie di norme e regolamenti formali, permettono alle organizzazioni di gestire meglio le tensioni tra efficienza e flessibilità. Messner et al14,
affermano che un sistema di controllo è usato in maniera flessibile o meno, a seconda di come è progettato e di come viene implementato. Ancora, affermano che la flessibilità nel trattare le informazioni contabili aiuta i manager ad affrontare l’incompletezza di tali informazioni, nella misura in cui le loro decisioni e le loro azioni non si affideranno esclusivamente alla qualità dei numeri contabili. Questo è anche confermato dalla letteratura esistente che consiglia ai manager di controbilanciare le informazioni
14 Messner M., Jørgensen B. (2010), Accounting and strategising: A case study from new product
contabili con altre fonti di conoscenza perché i dati contabili, forniscono solamente una limitata comprensione della complessità dell’attività organizzativa.
Gli obiettivi del controllo
Dato che, come precedentemente illustrato, il controllo della gestione non è un fine di per se, ma è un mezzo funzionale all’ottenimento di importanti obiettivi quali il raggiungimento di elevati livelli di prestazione in termini di efficacia ed efficienza e la conformità alle norme ed ai regolamenti, è necessario controllare il raggiungimento di tali obiettivi. A questo scopo, vengono identificati nel nostro modello, quattro sistemi che permettono di raggiungere tali fini.
Il sistema di controllo delle performance operative è incentrato sulle variabili critiche a livello operativo. Questo sistema è costituito da una serie di controlli che supervisionano cosa l’organizzazione deve fare per perseguire la strategia adottata. Include anche valori e simboli riconosciuti all’interno dell’organizzazione che promuovono le performance aziendali; e procedure, come i processi di valutazione. Quindi, questo sistema di controllo riguarda lo svolgimento dell’attività operativa, la performance raggiunta e quella da raggiungere a livello operativo.
A livello strategico abbiamo il sistema di controllo delle performance strategiche, incentrato sulle incertezze strategiche. Questo sistema, è definito come quella serie di controlli che permettono di monitorare se l’azienda ha adottato la strategia giusta coerentemente con la sua visione. Il ruolo di tale sistema, è segnalare l’eventuale necessità di rivedere la strategia adottata. Se le performance strategiche non sono in linea con la visione, benché la strategia sia stata implementata in maniera adeguata, potrebbe significare che la strategia implementata non è quella appropriata. In questa serie di controlli, possono essere incluse procedure che descrivono il monitoraggio di shock ambientali che potrebbero invalidare la strategia in essere. In questo caso, gli obiettivi di performance, saranno focalizzati su indicatori di prestazione strategica, quali la quota di mercato per esempio.
L’altro obiettivo del controllo riguarda i rischi da evitare, sia a livello strategico che operativo. Il sistema di controllo dei confini operativi è definito da quei controlli che mettono in luce ai dipendenti i limiti entro i quali devono svolgersi le loro azioni. Sono
controlli che impongono dei limiti al livello operativo dell’organizzazione. Inoltre, questi limiti possono essere comunicati attraverso i controlli sociali quali valori e codici di condotta, o attraverso regole e procedure. Comunicano quindi, i limiti organizzativi o i limiti stabiliti dall’industria nella quale l’azienda compete o dalla società all’interno della quale opera.
I confini strategici, si riferiscono invece, alla ricerca di opportunità. Questo sistema di controllo, è definito da una serie di controlli che chiariscono ai membri dell’organizzazione l’ambito dentro il quale cercare nuove opportunità. Per esempio, a questo scopo, la funzione di ricerca e sviluppo potrebbe avere un sistema semaforico che rende noto ai dipendenti se devono andare avanti con un progetto (luce verde), metterlo in pausa (luce gialla) o se abbandonarlo del tutto (luce rossa).
Questi quattro sistemi non operano separatamente, ma in maniera sinergica, come indicato dalla linea in figura 1 che li connette tra di loro. La connessione sta ad indicare che senza avere dei buoni livelli di performance operativa, riferibile al breve periodo ed esprimibile in termini di efficienza interna, non è possibile raggiungere la prestazione strategica desiderata, ovvero essere efficaci esternamente. Inoltre, per avere successo nel lungo periodo, l’azienda non può permettersi di pensare a quali sono le cose giuste da fare, ma deve pensare anche a quali azioni non fare, cioè, quali pericoli evitare: sia a livello operativo, che a livello strategico. Evidenziare i rischi da evitare è molto importante per far si che l’azienda non corra rischi inutili, decidendo di intraprendere iniziative che potrebbero distruggere valore, e che le risorse vengano indirizzate verso quelle attività che maggiormente creano valore.
I tipi di controlli
Nel framework che si sta sviluppando, è possibile identificare due tipi di controlli: i controlli tecnici ed i controlli sociali. Prima di iniziare a descrivere queste due tipologie, è bene chiarire che sono loro a stabilire poi quale sarà la struttura del sistema di controllo, se sarà caratterizzata quindi da un alto grado di formalità o meno.
Il controllo non viene esercito solamente prescrivendo l’adozione di determinati comportamenti o controllando i risultati raggiunti. I manager posso anche tentare di definire interpretazioni e significati che possono divenire ampiamente riconosciuti e
condivisi dai membri dell’organizzazione cosicché le azioni siano guidate da una definizione comune della situazione. Concordando con Alvesson e Kärreman15, il controllo sociale, può essere visto come quella serie di sforzi che convincono le persone ad adattarsi a certi valori, norme ed idee che riguardano cosa è giusto, importante e meritevole. Il controllo sociale, si basa sull’osservanza delle regole indotte dai gruppi informali, e concorre a favorire una cooperazione organica tra i vari sistemi se gli obiettivi dei vari gruppi di individui sono allineati a quelli aziendali.
I controlli tecnici sono definiti come regole, procedure e standard che descrivono come raggiungere determinati scopi e che regolano l’attività quotidiana dell’azienda. In letteratura, i controlli tecnici, sono stati oggetto di analisi per capire come vengono incorporati all’interno del sistema di controllo, piuttosto che per capire come si diffondono all’interno di un settore o come interagiscono con altri tipi di controlli.
1.4 Corporate social responsibility, controllo manageriale e strategia
L’importanza avvertita dalla Corporate Social Reponsibility (CSR) si è sviluppata negli ultimi anni in linea con la crescente consapevolezza che essa offra la possibilità alle imprese di ottenere un vantaggio competitivo16.
Il concetto di CSR è nato all’inizio degl’anni ’70 del secolo precedente con Friedman secondo il quale l’organizzazione socialmente responsabile deve pensare esclusivamente all’interesse dei suoi azionisti e, di conseguenza, la sostenibilità può essere raggiunta solamente massimizzando i profitti17. Successivamente, grazie al lavoro di Freeman18, il punto di vista cambia: la CSR non deve tutelare solamente gli interessi degli azionisti, ma di una più ampia varietà di stakeholder. In questa prospettiva, l’impresa non deve occuparsi solo di massimizzare i suoi profitti, ma deve pensare anche a soddisfare gli interessi dei propri dipendenti e consumatori, dell’ambiente, e della società in generale. L’ultimo contributo riguardante la CSR, è arrivato da Porter e
15 Alvesson M., Kärreman D. (2004), Interfaces of control. Technocratic and socio-‐ideological control in a
global management consultancy firm, Accounting, Organizations and Society, Vol. 29, No. 4, pp. 423-‐444
16Mundy J., Arjaliès D. (2013), The use of management control systems to manage CSR strategy: A levers of
control perspective, Management Accounting Research, Vol. 24, No. 3, pp. 284-‐300
17 Friedman M. (1970), The social responsibility of business is to increase its profits, New York Times
Magazine
Kramer19. In linea con il pensiero di questi ultimi, la CSR non mira solamente a garantire che l’azienda si comporti in modo responsabile, minimizzando gli impatti ambientali e sociali prodotti. Piuttosto, è conveniente per le imprese abbracciare la CSR all’interno della strategia per cercare di sfruttare gli input derivanti dai problemi sociali ed ambientali per ottenere un vantaggio competitivo sui competitors. Questo approccio ha come fine quello di aumentare la competitività di un’azienda e, contemporaneamente, migliorare il contesto economico e sociale nel quale l’azienda opera.
Secondo la Commissione Europea, essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là, investendo maggiormente nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate20. Una definizione più recente, e più completa, può essere trovata nella Linee Guida UNI ISO 26000, pubblicata nel novembre del 2010, secondo la quale la responsabilità sociale, è: “la responsabilità da parte di un’organizzazione per gli impatti delle sue decisioni e delle sue attività sulla società e sull’ambiente, attraverso un comportamento etico e trasparente che: contribuisce allo sviluppo sostenibile, inclusi la salute ed il benessere della società; tiene conto delle aspettative/interessi degli stakeholder; è in conformità con la legge vigente e coerente con le norme internazionali di comportamento; è integrata in tutta l’organizzazione e messa in pratica nelle sue relazioni”21.
Da queste definizioni è chiaro che la CSR non è un mezzo per guadagnare legittimazione o per recuperare la reputazione persa, come è stato riscontrato in alcune aziende che hanno abbracciato la retorica della sostenibilità solamente nei loro report esterni o nella missione. Piuttosto, è ormai un elemento essenziale della strategia d’impresa. In quest’ottica, la CSR abbraccia tutte le attività che creano valore, ed il suo fine è quello di aumentare il valore generato nel lungo termine.
19 Porter M., Kramer M. R. (2011), Creating Shared Value, Harvard Business Review
20Commissione Europea (2001), Promuovere un Framework Europeo per la CSR, Libro Verde 21 ISO 26000 (2010), Guidance on Social Responsibility
Un’interessante indagine svolta da Eccles et al22, mette in luce come le imprese con una forte sostenibilità hanno prestazioni migliori di quelle con una bassa sostenibilità nel lungo termine, sia in termini di valori di borsa che di performance contabili. Dalla loro ricerca, si desume come le imprese altamente sostenibili sono caratterizzate da: precisi meccanismi di governo che coinvolgono direttamente l’alta direzione nelle questioni riguardanti la sostenibilità e che collegano il loro compenso agli obiettivi di sostenibilità; un maggiore livello di coinvolgimento degli stakeholder; una attenzione più importante verso le misure non finanziarie riguardanti i dipendenti; una maggiore enfasi sui fattori ambientali e sociali per selezionare e monitorare le performance dei loro fornitori; un più alto livello di trasparenza nella divulgazione di informazioni non finanziarie. Questo studio, insieme agli altri studi che analizzano la CSR ed il governo aziendale, sottolineano la complessità e il valore delle relazioni tra questi importanti, e più che mai attuali, concetti. Argomenti quali la globalizzazione, gli scandali societari ed il riscaldamento globale hanno enfatizzato il bisogno di implementare la CSR e la sostenibilità in valori, strategie, meccanismi di governo, gestione del rischio, programmi d’incentivazione, codici etici e pratiche di divulgazione aziendali23.
Per controllare come la sostenibilità viene presa in considerazione nello sviluppo delle attività d’impresa, sono stati sviluppati specifici strumenti come ad esempio il budget ambientale, i sistemi di valutazione delle performance di sostenibilità/ambientali, l’eco-‐ controllo e la Balanced Scorecard di sostenibilità. Questi approcci, però, hanno sempre visto il controllo della sostenibilità operare parallelamente al “normale” sistema di controllo manageriale e spesso in risposta, come già detto, a pressioni legali e sociali esterne. Operare in tale maniera, a parere di chi scrive, sembra essere un po’ limitativo perché non permette di considerare la CSR all’interno dei processi strategici. Per favorire ciò, è necessario integrare le questioni riguardanti la sostenibilità all’interno del sistema di controllo manageriale. Va chiarito quindi che l’integrazione tra sostenibilità e strategia, deve coinvolgere le seguenti dimensioni: tecnica, organizzativa, cognitiva.
22 Eccles, R., Ioannou I., Serafeim G. (2012), The Impact of a Corporate Culture of Sustainability on Corporate
Behavior and Performance, Harward Business School
23 Sharma J.P., Khanna S. (2014), Corporate Social Responsibility, Corporate Governance and Sustainability:
L’integrazione tecnica, si riferisce alla necessità di considerare le prassi del controllo della sostenibilità all’interno del sistema di controllo manageriale, allargando quindi i confini di quest’ultimo. Con questo tipo di integrazione, è probabile che l’attività decisionale sia fondata su una più ampia base di dati di tipo economico, ecologico e sociale disponibili all’interno dell’organizzazione. Per esempio, sarebbe opportuno che ci fosse la presenza di una infrastruttura tecnica comune per raccogliere informazioni per entrambi i sistemi.
L’integrazione organizzativa, concerne le prassi messe in campo dagli attori del sistema in relazione ad entrambi i controlli. Piuttosto che vedere il normale sistema di controllo di gestione e quello della sostenibilità solamente come qualcosa che l’organizzazione deve avere, Gond et al24 affermano che integrare la sostenibilità all’interno del controllo manageriale e dei processi strategici, dovrebbe essere inteso come qualcosa che le persone fanno. In linea con questo, si dovrebbero definire i ruoli e la struttura organizzativa in modo tale da facilitare la socializzazione tra i responsabili della gestione. Ancora secondo gli Autori, l’integrazione organizzativa può essere ottenuta attraverso la creazione di gruppi che possono aver sviluppato prassi simili riguardo al reporting o al controllo di gestione.
Infine, l’integrazione riguarda la dimensione cognitiva. Il normale sistema di controllo ed il sistema di controllo della sostenibilità possono essere visti come delle piattaforme comunicative che, facilitando l’interazione, creano opportunità per lo sviluppo di discussioni tra persone con diversi modi di pensare, mentalità e punti di vista pratici riguardo alla sostenibilità. La sovrapposizione tra sistema di controllo manageriale e controllo della sostenibilità, dovrebbe essere rispecchiata da una comprensione condivisa della realtà. Un allargamento della visuale, richiede una conoscenza che è scambiata ed assimilata all’interno del bagaglio di conoscenze dei singoli individui.
Il sistema di controllo manageriale è usato quindi, nell’ambito della CSR, per stabilire processi formali che guidino e supportino i membri dell’organizzazione nei loro sforzi per raggiugere gli obiettivi organizzativi, a prescindere dalla ragioni sottostanti il loro interesse per una strategia orientata alla CSR, in un approccio teso ad evidenziare rischi
24Gond J.-‐P., Grubnic S., Herzig C., Moon J. (2012), Configuring management control systems: Theorizing the