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Immaginazione Motoria: basi neuro-fisiologiche e applicazioni

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN SCIENZE E TECNICHE DELLE

ATTIVITÀ MOTORIE PREVENTIVE E ADATTATE

L’I

MMAGINAZIONE

M

OTORIA

:

BASI NEUROFISIOLOGICHE E APPLICAZIONI

CANDIDATO:DOTT.ANDREA D’ARATA

(2)

INDICE

Sommario ………...…….………….……... 4

1. Introduzione all’immaginazione motoria …..……...…...…... 6

1.1 Classificazione delle immagini mentali ………...……..…….... 6

1.2 Relazione tra immagine ed esecuzione motoria …....…..……..….… 8

2. Correlati comportamentali ……….….………... 10

2.1 Durata di movimenti immaginati ed eseguiti ..………...………. 10

2.2 Protocollo di rotazione mentale …………...…………..…………... 12

3. Correlati neurali ……….……..……….………...…………..… 17

3.1 Misurazioni del flusso sanguigno cerebrale ………...……….. 17

3.2 La corteccia motoria primaria …………...……….……….. 18

3.3 Area premotoria e aree motorie supplementari ………...…….….… 19

3.4 Corteccia parietale posteriore ………...…..………... 20

3.5 Aree prefrontali ………...……...….……... 21

3.6 Regioni subcorticali: cervelletto, gangli della base ..………. 21

4. Correlati autonomici ……….…………....……… 23

5. Immaginazione motoria ed eccitabilità cortico-spinale …... 28

5.1 Modulazione cortico-spinale ……….………… 28

5.2 Aspetti spaziali ………...………….... 29

5.3 Aspetti temporali ………...……..………...… 30

5.4 Ampiezza dell’attivazione …...…...………..……….... 31

5.5 Aspetti contestuali ………...…………...………... 31

6. Immaginazione motoria e prestazione: ricadute applicative… 34 6.1 Plasticità e apprendimento motorio ………..…….………..…... 34

6.2 Prestazione .……….……….………...…..…… 36

6.3 Trasferimento di abilità tra gli arti ………..…....……...…... 41

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7. Fattori modulanti l’immaginazione motoria …………....……….... 54

7.1 Abilità immaginativa ……….………….…….………… 54

7.2 Ottimizzazione dell’abilità immaginativa ….………..…….….... 56

7.3 Ruolo dell’esperienza ……….….…..… 58

7.4 Caratteristiche del compito ……...……….……….…..… 60

7.5 Ruolo dell’informazione somato-sensoriale e visiva ………….….... 61

7.6 Immaginazione motoria e linguaggio ………....……..…...……. 63

8. Pazienti neurologici e soggetti anziani ...………..……..…...…..… 66

8.1 Immaginazione motoria in pazienti con sindrome di Parkinson ….. 66

8.2 Immaginazione motoria in seguito a ictus ……...…………..….…... 67

8.3 Invecchiamento ………....….….... 70

9. Considerazioni finali e prospettive di ricerca ….………….…... 74

9.1 Interfacce brain-computer …….…………...……....……….... 77

Riferimenti bibliografici ………...…….… 80

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SOMMARIO

Obiettivo della tesi è lo studio delle immagini mentali e la comprensione dei meccanismi neurali alla loro base, per delineare (i) i processi che ci consentono di simulare mentalmente una sequenza di movimenti, (ii) l’organizzazione funzionale del sistema cognitivo motorio, e (iii) le ricadute applicative nella pratica sportiva e nella riabilitazione motoria.

Per immaginazione motoria si intende la capacità del soggetto di rappresentare mentalmente un movimento senza che vi sia l’output motorio. Essa è stata anche definita come “uno stato dinamico durante il quale un soggetto simula mentalmente una determinata azione. Ciò implica che egli senta se stesso che esegue una determinata azione” (Decety, 1996a).

Nel corso degli ultimi decenni, una crescente evidenza scientifica ha confermato il parallelismo tra azioni immaginate ed eseguite, attraverso una forte correlazione tra lo svolgimento temporale di azioni simulate ed eseguite (cronometria mentale, Sirigu et al., 1996; Jeannerod, 1994; Decety & Michel, 1989; tra gli altri), e la sovrapponibilità delle aree corticali che si attivano sia immaginando che eseguendo il movimento (misurazione dell’alterazione del flusso sanguigno nei compiti di immaginazione e esecuzione motoria, neuroimmagini).

Poiché gli stessi circuiti neurali coinvolti nell’esecuzione motoria si attivano parzialmente anche nei compiti di immaginazione motoria, lesioni a carico delle aree coinvolte portano ad una diminuzione dell’attività in entrambi i processi, come confermato dagli studi condotti su pazienti affetti dal morbo di Parkinson o con lesioni alla corteccia motoria in seguito a ictus (e.g. Dominey et al., 1995). Questi studi mostrano la complessità della rete neurale coinvolta nella pianificazione motoria, evidenziando sia la perdita di adeguati processi di pianificazione motoria, sia il coinvolgimento potenziale di meccanismi compensatori nel caso di gravi lesioni, sottolineando le possibili ricadute applicative delle tecniche di immaginazione motoria nella (neuro)riabilitazione terapeutica.

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Gli studi descritti nella prima parte del presente lavoro (capitoli 2-5) costituiscono la base per la discussione (capitolo 6) sulle possibili ricadute applicative in ambito sportivo e neurologico-riabilitativo (capitolo 8). A ciò seguono l’analisi dei fattori che possono modulare il compito di immaginazione motoria nei soggetti (capitolo 7), e le considerazioni finali e prospettive per la ricerca (capitolo 9).

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1. INTRODUZIONE ALL’IMMAGINAZIONE MOTORIA

La valutazione analitica dei processi coinvolti nella rappresentazione mentale di una sequenza di movimenti permette di approfondire la conoscenza sull’organizzazione funzionale del sistema cognitivo-motorio, nonché di applicare questa potenzialità nella pratica sportiva e nella riabilitazione motoria. L’immaginazione motoria (IM) è stata definita come la produzione di “immagini che possono essere sperimentate dall'interno, come il risultato di un processo in prima persona che coinvolge principalmente una rappresentazione cinestetica dell'azione. [...] Ciò implica che il soggetto senta se stesso eseguire una data azione” (Jeannerod, 1995). Dunque IM rappresenta quell'aspetto della rappresentazione mentale in cui il soggetto immagina se stesso compiere un’azione (come se si vedesse attraverso gli “occhi” della mente) e nello stesso tempo immagina anche le sensazioni tattili e propriocettive, ma anche degli altri sensi come l'udito, l'olfatto ed il gusto, associate al compimento dell’azione (Jeannerod & Decety, 1995).

1.1. Classificazione delle immagini motorie

Immaginando di compiere un’azione, ad esempio calciare un pallone, che tipo di immagine può venire in mente? Potrebbe essere un’immagine di noi che giochiamo sul campo vista dello spettatore nello stadio, ovvero immaginazione

in terza persona, oppure immaginazione in prima persona se la prospettiva è

quella di noi stessi calciando il pallone sul campo (Decety & Lindgren, 1991; Holmes & Calmels, 2008; Munzert et al., 2008). L’immaginazione motoria può anche essere classificata in base alla modalità sensoriale utilizzata (Jeannerod, 1994; Stevens, 2005), ovvero immaginazione motoria visiva ed immaginazione motoria cinestesica, come ad esempio quando si richiede ad un soggetto di creare una rappresentazione interna della sensazione di contrazione muscolare, proprio in assenza della modalità visiva dove il soggetto visualizza se stesso compiere il compito motorio (Cowley et al., 2008).

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Un’ulteriore classificazione è costituita dalla suddivisione tra immaginazione

interna e immaginazione esterna (Mahoney & Avener, 1977).

In molti casi, l’immaginazione cinestesica corrisponde all’immaginazione in prima persona (immaginazione interna), mentre l’immaginazione visiva corrisponde all’immaginazione in terza persona (immaginazione esterna). Per l’immaginazione in terza persona sono disponibili solo le informazioni visive, mentre l’immaginazione motoria in prima persona include una varietà di input provenienti da differenti modalità sensoriali. Pertanto, l’immaginazione in prima persona può essere un compito abbastanza complesso. Nell’esempio di calciare la palla, la nostra immagine non sarà composta solo dalle sensazioni cinestesiche provenienti dalle gambe, ma anche dall’impatto dei piedi con la palla.

È stato evidenziato che l’attività cerebrale è diversa tra modalità cinestetica e modalità visiva (Voisin et al., 2011), rendendo fondamentale, pertanto, la classificazione dell’immaginazione motoria sia per prospettiva che per modalità. Pertanto, le prospettive che il soggetto può adottare per immaginare un’azione sono (i) la prospettiva in prima persona, con modalità cinestesica o visiva, oppure (ii) la prospettiva in terza persona con la sola modalità visiva (Callow & Hardy, 2004).

La cinestesica è la modalità che si avvicina di più all’esperienza reale, in cui il soggetto immagina di percepire tutte le sensazioni normalmente percepite durante un compito reale (Mahoney & Avener, 1977). Mentre nella modalità visiva per la prospettiva in terza persona il soggetto assume la posizione di un osservatore, come se guardasse un video di una prestazione motoria.

La scelta di modalità e prospettiva è influenzata dal tipo di compito: per quei compiti che maggiormente si basano sulle informazioni sensoriali la modalità cinestesica in prima persona permette di incorporare la sensazione del movimento nel compito mentale. Ad esempio, questa modalità risulta

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(Féry, 2003). Di contro, l’immaginazione in modalità visiva esterna è più efficace per quei tipi di compiti che coinvolgono la forma e la tecnica del gesto (e.g. karate, ginnastica artistica a corpo libero), inducendo miglioramenti più significativi anche per la stabilità posturale (Hardy & Callow, 1999). La prospettiva visiva interna, invece, è più efficace per quei compiti che vedono il corpo in relazione ad elementi esterni (e.g. slalom, downhill con mountain bike), dove è maggiormente richiesta la percezione degli aspetti spaziali e temporali del compito (Hardy, 1997).

La modalità cinestesica e visiva hanno anche un diverso effetto sull’eccitabilità cortico-spinale: la modalità cinestesica produce una facilitazione muscolo-specifica dell’eccitabilità al di sopra del livello di riposo, mentre per la modalità visiva non si riscontra un effetto significativo (Stinear et al., 2006).

1.2. Relazione tra immagine ed esecuzione motoria

Molti studi sperimentali indicano che l’immaginazione di movimenti e l’esecuzione degli stessi attiva rappresentazioni neurali molto simili (Jeannerod, 1994, 2001). Ciò ha suggerito una sorta di equivalenza funzionale tra l’immaginazione e l’esecuzione motoria: l’immaginazione motoria si baserebbe sui processi neurali dell’esecuzione motoria stessa, semplicemente inibiti ad un punto dell’elaborazione (Jeannerod, 2001).

La sovrapposizione della rappresentazione neurale non è riscontrata solo tra immaginazione ed esecuzione motoria, ma emergerebbe anche quando altri processi cognitivi motori come le azioni osservate, la pianificazione dell’azione, la verbalizzazione dell’azione sono confrontate con l’esecuzione motoria delle stesse azioni.

Jeannerod (2001) coniò il termine stato S per descrivere quei processi reputati fase nascosta di un’azione che condivide con il movimento realmente eseguito parte della rappresentazione neurale. Lo stato S simula, in qualche modo, l’azione reale. Questa Simulazione Mentale teorizza i processi che stanno alla base dell’allenamento mentale e fornisce un modello esplicativo dell’attivazione

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neurale durante l’immaginazione motoria, e delle risposte comportamentali che ne derivano.

Corrispondenze e differenze tra immaginazione ed esecuzione motoria emergono sia a livello comportamentale che neurale. Concepire l’immaginazione motoria come uno stato S coinvolge due ipotesi generali: (i) le rappresentazioni neurali comuni tra immaginazione ed esecuzione motoria sono confermate da attività neurofisiologiche (Guillot & Collet, 2005) ed autonomiche (Decety et al., 1993; Wuyam et al., 1995) simili e finalizzate alla preparazione al movimento (Decety, 1996a). (ii) Le differenze tra immaginazione ed esecuzione motoria riflettono il fatto che l’immaginazione motoria è lo stato nascosto di un’azione, mentre la sua esecuzione implica il processo aggiuntivo di output palese.

Confrontando i risultati di compiti di immaginazione motoria di soggetti sani, pazienti con lesioni corticali e pazienti affetti dal morbo di Parkinson (Dominey et al., 1995), si è osservato che questi pazienti mostrano limitazioni sia nell'attività motoria che nella capacità di immaginazione motoria, mentre pazienti con lesioni spinali mostrano limitazioni nella esecuzione motoria ed una normale attività nella immaginazione motoria (Decety & Boisson, 1990).

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2. CORRELATI COMPORTAMENTALI DELL’IMMAGINAZIONE MOTORIA

I dati comportamentali forniscono prime importanti indicazioni sulle corrispondenze tra immagine motoria ed esecuzione motoria; lo sviluppo e la diffusione delle tecniche di neuroimmagini confermano tali corrispondenze.

2.1. Durata di movimenti immaginati ed eseguiti

Partendo dall’ipotesi che l’immaginazione di un movimento abbia lo stesso svolgimento temporale della sua reale esecuzione, si è sviluppato un filone di studi (noto con il termine di cronometria mentale) sulla misurazione dei tempi necessari per eseguire mentalmente dei compiti motori.

Tempi di rappresentazione mentale paragonabili alla durata di esecuzione dei movimenti suggeriscono l’attivazione degli stessi processi motori nella simulazione mentale. I molti studi condotti sulla durata di movimenti effettuati e immaginati sostengono l’importanza della rappresentazione degli schemi motori nell’immaginazione motoria (e.g. Decety et al., 1989; Decety, 1996; Jeannerod, 1994).

Il primo studio sulla relazione tra rappresentazione mentale ed esecuzione motoria si è basato sulla misurazione della durata del movimento eseguito ed immaginato nella camminata di 5, 10, 15 metri (Decety et al., 1989). Esso ha rivelato sia una forte correlazione tra le medie dei tempi nei due tipi di compito, che un’altissima correlazione lineare per i due tipi di compito nei singoli soggetti (Figure 1 e 2).

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FIGURA 1: Distribuzione per i tempi (espressi in secondi) di camminata immaginata

(asse x) ed eseguita (asse y). Tratto da Decety et al., 1989.

FIGURA 2: Tempi (espressi in secondi, asse y) di camminata immaginata (barre

bianche) ed eseguita (barre grigie) per i 10 soggetti (asse x). Tratto da Decety et al., 1989.

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Papaxanthis et al., 2002). È interessante notare che la legge di Fitts1 (1954) rende conto della relazione tra tempo e precisione sia per compiti motori immaginati che eseguiti (Bakker et al., 2007; Decety & Jeannerod, 1996; Sirigu et al., 1995, 1996).

Se inizialmente gli studi di cronometria mentale sono stati soggetti a critiche, in quanto basati sull’indicazione da parte dei partecipanti agli esperimenti dell’inizio e termine del compito di immaginazione, dopo l’avvento delle neuroimmagini sono stati riconosciuti come accettabile evidenza della base neurale comune tra esecuzione ed immaginazione motoria.

Numerosi studi condotti con le tecniche di risonanza magnetica funzionale (fMRI) hanno dimostrato che i cluster neurali attivati durante l’immaginazione di un movimento o coincidono con quelli che si attivano durante la contrazione muscolare che coinvolge esattamente gli stessi muscoli (Roth et al., 1996), o costituiscono la gran parte di essi (Porro et al., 1996; Lotze et al., 1999). L’attivazione della corteccia motoria primaria che durante compiti di immaginazione motoria costituisce circa il 30% del livello di attivazione durante l’esecuzione degli stessi movimenti, anche se tale livello non si registra in tutti i soggetti (Gerardin et al., 2000). È interessante sottolineare che diversi studi riportano una simile attivazione anche durante l’osservazione di movimenti (e.g. Hari et al., 1998, mediante magneto-elettroencefalografia – MEG).

2.2. Protocollo di rotazione mentale

Considerando valutazioni comportamentali, e analisi mediante fMRI e stimolazione magnetico transcranica (TMS), il protocollo di rotazione mentale può chiarire le basi della cronometria mentale. Infatti esso, anziché valutare

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La legge di Fitts stabilisce che il tempo di raggiungimento di un obiettivo in un compito di puntamento dipende dalla distanza dell’oggetto da raggiungere e dalle sue dimensioni.

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semplicemente l’accuratezza della cronometria dell’azione immaginata, si basa su misure dirette dell’attività cerebrale (fMRI)2.

L’ipotesi su cui si basa è che nel confrontare coppie di oggetti identici ma con diverse posizioni o orientamenti, il tempo per completare il compito dipende dalla differenza nella posizione angolare tra gli oggetti. Maggiore è questa differenza e più lunghi saranno i tempi di reazione (Shepard & Metzler, 1971), proprio perché i soggetti dovranno ruotare mentalmente gli oggetti per poterne valutare l’identità (Figura 3, sinistra).

Gli esprimenti si basano sulla rotazione di lettere, poligoni, ma anche di mani, gambe e figure umane intere (Cooper & Shepard, 1975; Jola & Mast, 2005; de Lange et al., 2006; Parsons, 1987, 1994).

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FIGURA 3: (Sinistra) Esempi di coppie di oggetti, identici o simili, con diverse posizioni e

orientamenti. A: coppia di oggetti identici ruotati di 80° sul piano frontale; B: coppia di oggetti identici ruotati di 80° sul piano sagittale; C: coppia di oggetti simili ma non identici, che se mentalmente ruotati mostrano incongruenza.

(Destra) Medie dei tempi di reazione in funzione dell’angolo di rotazione espresso in gradi, per oggetti ruotati sul piano frontale (A) e sagittale (B). Adattato da Shepard & Metzler, 1971.

È stato evidenziato come i vincoli motori o articolatori influenzano significativamente i tempi di decisione dei soggetti (Figura 3, destra): tempi di reazione maggiori sono registrati per posizioni del corpo o degli arti non corrette o impossibili, e dunque non familiari (Petit & Harris, 2005; Petit et al., 2003; Sauner et al., 2006). Ad esempio, la valutazione del grado di difficoltà del movimento di prensione di un oggetto con due dita (pollice e indice della mano dominante) risulta vincolato alla biomeccanica dell’arto superiore, poiché fortemente influenzato dall’orientamento della linea di prensione, e dalla

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posizione stessa della linea di prensione rispetto al centro dell’oggetto (Frak et al., 2001).

Il protocollo di rotazione mentale è stato utilizzato anche per confrontare la prospettiva in terza persona con quella in prima persona. L’esperimento consiste nell’immaginare una mano in un dato orientamento spaziale, da posata sulle proprie gambe a dietro la schiena, e riferire la posizione di un singolo dito della mano immaginata (Sirigu & Duhamel, 2001). Ne emerge una forte interazione tra la prospettiva e la posizione della mano: nella prospettiva in prima persona i tempi di reazione si allungano per la posizione della mano dietro la schiena, rispetto alla posizione frontale; mentre per la prospettiva in terza persona il risultato è del tutto speculare.

Questi risultati suggeriscono che i vincoli motori interferiscono principalmente nella prospettiva in prima persona, mentre la prospettiva in terza persona, che è associata ad una strategia immaginativa prevalentemente visiva, è più orientata verso l’oggetto.

Un esperimento condotto su due pazienti, uno con compromessa capacità di immaginazione motoria e l’altro con alterazione dell’immaginazione visiva (Sirigu & Duhamel, 2001) fornisce ulteriore conferma. Per il paziente con lesione parietale (i.e. compromessa capacità di immaginazione motoria) i risultati della prospettiva in terza persona sono paragonabili a quelli dei soggetti sani di controllo, mentre svanisce del tutto il vantaggio della prospettiva in prima persona, implicando una strategia di immaginazione motoria anziché una principalmente visiva. Di contro, per il paziente con deficit di immaginazione visiva a causa di lesione al lobo temporale inferiore, è proprio la prospettiva in prima persona ad essere simile a quella dei soggetti di controllo.

Questi studi evidenziano, dunque, una significativa influenza dei vincoli motori sui tempi di reazione nei compiti di rotazione mentale; inoltre, come è stato osservato (Munzert et al., 2009), offrono anche una prova indiretta del

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et al., 1995; Parsons & Fox, 1998; Parsons et al., 1995). Studi condotti con TMS confermano l’attivazione della corteccia motoria primaria (M1) durante i compiti di rotazione motoria di mani e piedi (Ganis et al. 2000).

Alcuni risultati discordanti hanno indotto alcuni studiosi a verificare con quali protocolli le aree motorie si attivassero in tutti i partecipanti (Kosslyn et al., 2001): prima del compito di rotazione mentale, i partecipanti sono esposti o all’immagine di una mano che ruota dei cubi, o all’immagine di oggetti che ruotano autonomamente. Nel compito di riprodurre mentalmente le figure osservate, i partecipanti mostrano attivazione dell’area M1 per il compito di rotazione con la mano ma non nella condizione di oggetti rotanti. Ciò conferma che l’attivazione delle aree premotorie e motoria primaria è determinata dalla strategia che i soggetti adottano per manipolare mentalmente gli oggetti o le parti del corpo.

In questa prospettiva, la valutazione dei tempi di reazione costituisce un valido indicatore della similarità dei processi di immaginazione ed esecuzione motoria.

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3. CORRELATI NEURALI

Studi effettuati con risonanza magnetica funzionale (fMRI), tomografia computerizzata ad emissione di positroni (PET), magneto-encefalografia (MEG) mostrano che durante un compito di rappresentazione mentale del movimento si attivavano molte delle aree corticali e subcorticali che si attivano anche quando il movimento viene realmente eseguito.

Nei primi studi, l’unica area che non sembrava essere coinvolta nel compito di immaginazione era quella motoria primaria (M1, area 4 di Brodmann), come poteva in effetti sembrar logico vista l’assenza visibile del movimento. Ricerche più recenti hanno evidenziato una parziale attivazione anche dell’area motoria M1, come già illustrato (si veda 2.2).

3.1. Misurazioni del flusso sanguigno cerebrale

L’ipotesi che le immagini motorie condividono, del tutto o in parte, gli stessi meccanismi neurali responsabili dei movimenti realmente eseguiti, come abbiamo visto, è supportata dalla cronometria mentale e da studi con protocolli di rotazione mentale. Un’ulteriore evidenza deriva dalla mappatura funzionale del flusso sanguigno cerebrale nelle diverse aree, utilizzata come un possibile indice dell’attività neurale.

Ingvar & Philipsson (1977) per la prima volta misurarono il flusso sanguigno cerebrale in varie regioni del cervello (regional cerebral blood flow, rCBF) in soggetti istruiti ad immaginare la lenta chiusura della mano o ad eseguire tale movimento. Durante la simulazione mentale del movimento, questi autori riscontarono un significativo aumento del flusso sanguigno nelle regioni frontali e premotorie. Quando il movimento della mano veniva realmente eseguito, verificarono un flusso simile nella corteccia motoria primaria controlaterale.

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delle dita (Roland et al., 1980), confermando il ruolo importante giocato dalla SMA nella programmazione e simulazione di sequenze motorie complesse. Significative attivazioni bilaterali nella corteccia prefrontale, nell’area supplementare motoria, e nel cervelletto vennero evidenziate con misurazioni di rCBF, in uno studio che richiede ai soggetti l’esecuzione e l’immaginazione in prima persona di movimenti di scrittura di numeri (scrivere uno, due, tre, etc.), con la mano destra o sinistra (Decety et al., 1988). Durante l’esecuzione motoria del compito fu evidenziata l’attivazione delle stesse aree attivate durante il compito di immaginazione, con l’aggiunta dell’attivazione della corteccia motoria primaria e della corteccia sensitiva nell’emisfero controlaterale.

Tecniche di tomografia computerizzata ad emissione di fotoni (SPECT) confermarono il significativo incremento bilaterale nel rCBF nella corteccia premotoria, nel cervelletto e nei gangli della base durante compiti di immaginazione motoria durante l’allenamento di abilità nel tennis (Decety et al., 1990).

I risultati di molti studi condotti negli anni ‘90 ha confermato l’attivazione delle aree frontali, premotorie, e di regioni sottocorticali nei compiti di immaginazione ed esecuzione motoria. Nello specifico, le aree corticali e sotto-corticali attive durante i compiti di immaginazione motoria appartengono alla rete neurale coinvolta negli stadi iniziali del controllo motorio (i.e. programmazione motoria), confermando il meccanismo neurale comune per l’immaginazione di movimento e la preparazione all’esecuzione dello stesso movimento (Decety, 1996b).

3.2. La corteccia motoria primaria

Una ben nota controversia si riferisce al ruolo della corteccia motoria primaria (M1) nell’immaginazione motoria. Utilizzando un semplice protocollo di immaginazione dei movimenti delle dita, molti studi hanno evidenziato un’attivazione significativa nella M1 (Lotze et al., 1999; Porro et al., 1996; Roth

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et al., 1996); al contrario, altri non l’hanno riscontrata (Dechent et al., 2004; Gerardin et al., 2000; Hanakawa et al., 2003, 2005, 2008; Naito et al., 2002). Questa discrepanza nei risultati potrebbe dipendere dal fatto che (i) il livello di controllo motorio coinvolto in un particolare compito di immaginazione sembra influenzare il grado di attività della M1. La fase preparatoria del controllo motorio verosimilmente induce un’attivazione nella M1, più di quanto non accada durante la fase di programmazione. Inoltre, (ii) le modalità sensoriali coinvolte nel compito di immaginazione motoria modulano l’attività cerebrale stessa. Quando, ad esempio, l’attività cerebrale durante compiti di immaginazione motoria viene analizzata confrontando un compito di tipo cinestesico con uno visivo, quest’ultimo attiva prevalentemente le aree visive, mentre i compiti cinestesici attivano a loro volta le aree motorie e il lobo parietale inferiore (Guillot et al., 2009). Ancora, (iii) l’esperienza visiva durante immaginazione motoria, a seconda che si riferisca a prospettiva in prima o terza persona, modula l’attivazione durante i compiti, ovvero la prospettiva in prima persona induce un’attivazione più marcata delle aree senso-motorie (Ruby & Decety, 2001). Infine, (iv) la discrepanza nei risultati può anche essere ricondotta a fattori tecnici, poiché tra i vari studi sembrano esserci sostanziali differenze nella definizione della M1.

Un elemento rilevante nella valutazione dell’affidabilità dei dati cerebrali è l’assenza/presenza di attività muscolare durante l’immaginazione, per poter escludere l’effetto della contrazione muscolare (Hanakawa, 2016).

3.3. Area premotoria e aree motorie supplementari

Le specificità delle parti del corpo coinvolte nei compiti di immaginazione motoria sono riconducibili all’organizzazione somatotopica delle diverse parti del corpo nella corteccia delle aree motorie (Ehrsson et al., 2003; Hanakawa et al., 2005). Ehrsson e colleghi (2003) hanno valutato con tecniche di fMRI

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Hanakawa e colleghi (2008) hanno offerto una conferma preliminare del fatto che la rotazione mentale dei piedi coinvolge maggiormente le aree motorie dorsali somato-sensoriali, rispetto a quanto è avvenuto per la rotazione mentale delle mani, in linea con la rappresentazione nell’homunculus motorio.

L’immaginazione motoria del passo attiva le regioni dorsali della corteccia motoria che rappresenta proprio lo schema passo (Iseki et al., 2008; Malouin et al., 2003).

L’attivazione indotta dall’immaginazione motoria include le aree premotorie e motorie supplementari, le quali sono le regioni maggiormente connotate come substrato dell’immaginazione motoria (Ehrsson et al., 2003; Gerardin et al., 2000; Hanakawa et al., 2003, 2005, 2008; Iseki et al., 2008; Naito et al., 2002; Parsons et al., 1995). Questa evidenza sperimentale è coerente con il fatto che le aree pre-motorie e motorie supplementari sono le strutture chiave nella pianificazione e preparazione del controllo motorio (Hoshi & Tanji, 2004; Nakayama et al., 2008).

I recenti studi con tecniche di neuroimaging confermano il ruolo fondamentale di queste aree motorie corticali di alto livello per l’immaginazione motoria. Un’analisi della connettività durante l’immaginazione motoria identifica la corteccia motoria come il nodo chiave per questo tipo di compito (Xu et al., 2014). Questa evidenza è coerente con la proposta che una parte della corteccia premotoria funge da ponte con le aree cognitive e motorie (Hanakawa, 2011).

3.4. Corteccia parietale posteriore

La corteccia parietale posteriore ha un ruolo importante nell’immaginazione motoria di diversi compiti, come dimostrato da molteplici studi con l’utilizzo delle neuroimmagini (Ehrsson et al., 2003; Gerardin et al., 2000; Hanakawa et al., 2003, 2008; Iseki et al., 2008; Naito et al., 2002).

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Gli studi indicano un’estesa attivazione neurale soprattutto nella pianificazione del movimento. Ciò è confermato da studi su pazienti con lesioni alla corteccia parietale posteriore, i quali sono incapaci di stimare il tempo necessario per un compito motorio senza eseguirlo (Sirigu et al., 1996), e di prevedere la prestazione in base all’immaginazione (Schwoebel et al., 2002).

3.5. Aree prefrontali

La corteccia prefrontale ventrale e la corteccia anteriore cingolata sono coinvolte nella soppressione dell’esecuzione del movimento durante il compito di immaginazione (Krams et al., 1998), come confermato da un esperimento con TMS, dove il ruolo della corteccia prefrontale risulta essere proprio di controllo inibitorio del movimento, o “impulso di controllo” (Duque et al., 2012). La corteccia prefrontale, la corteccia anteriore cingolata, e la corteccia premotoria sono le aree maggiormente attivate durante compiti di immaginazione motoria.

3.6. Regioni subcorticali: cervelletto, gangli della base

L’immaginazione motoria recluta anche regioni motorie subcorticali quali il cervelletto ed i gangli della base. L’attivazione del cervelletto durante compiti di immaginazione motoria sembra riflettere un meccanismo inibitorio che impedisce che gli impulsi efferenti innescati dall’immaginazione producano l’attivazione muscolare (Decety, 1996b). Il cervelletto riveste un ruolo importante durante gli stadi iniziali del processo di acquisizione di nuove sequenze motorie, anche tramite immaginazione motoria (Doyon & Ungerleider, 2002), mentre il suo coinvolgimento diviene meno rilevante quando le sequenze motorie raggiungono un certo livello di automatizzazione (Jackson et al., 2003). Quando la competenza motoria aumenta, sono infatti i

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I gangli della base supportano l’apprendimento per rinforzo, basato su un segnale di ricompensa codificato nelle fibre dopaminergiche dalla sostanza nigra. Pertanto, i gangli della base apprendono e selezionano il miglior candidato tra azioni e postura per il raggiungimento della migliore prestazione.

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4. CORRELATI AUTONOMICI

L’esecuzione motoria è associata a variazione della frequenza cardiaca e della ventilazione polmonare, entrambe riconducibili all’adattamento ai fabbisogni metabolici richiesti dallo sforzo di esecuzione del compito, come ad esempio l’aumento del consumo di ossigeno. Ma non solo. Infatti, alcune variazioni sono state osservate anche durante la preparazione al compito, ovvero prima della contrazione muscolare. Questo suggerisce che i meccanismi di adattamento anticipano l’imminente fabbisogno metabolico e indica che le attività vegetative normalmente coinvolte nell’esecuzione motoria sono co-attivate con il sistema motorio durante la preparazione ad un’azione, così da essere efficaci al momento della contrazione muscolare (Paccalin & Jeannerod, 2000).

Se l’immaginazione mentale condivide i meccanismi neurali responsabili della programmazione motoria, (i) l’attivazione cerebrale durante le azioni immaginate dovrebbe ripercuotersi anche a livello degli effettori periferici, e (ii) il grado di attivazione del Sistema Nervoso Autonomo (SNA) durante l’immaginazione motoria dovrebbe essere proporzionale allo sforzo immaginato.

Per verificare queste ipotesi è stato condotto un esperimento con misurazioni dell’attività cardiaca e respiratoria durante la locomozione eseguita ed immaginata a velocità crescenti (Decetey et al., 1991). In una prima sessione sperimentale, i soggetti vengono posti su di un tapis-roulant e, dopo tre minuti a riposo, vengono invitati a muoversi (da camminata a corsa) per tre minuti rispettivamente a 5, 8 e 12 km/h. Nella seconda sessione, ad una settimana di distanza, i soggetti vengono nuovamente posti sul tapis-roulant, bendati, e con l’ausilio di cuffie ricevono istruzioni verbali per il medesimo protocollo sperimentale da eseguire mentalmente, ovvero di immaginare loro stessi muoversi a velocità progressiva corrispondente al rumore del tapis-roulant.

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esponendo un gruppo di controllo al medesimo protocollo, con la sola esclusione delle istruzioni esplicite durante la seconda fase.

I risultati hanno mostrato una correlazione significativa della frequenza cardiaca e della ventilazione polmonare con il grado di sforzo riportato per compito immaginato. Inoltre, l’aumento della ventilazione polmonare si correla significativamente con il consumo di ossigeno (VO2).

La correlazione positiva tra il grado di sforzo immaginato e l’ampiezza delle variazioni dell’attività autonomica non può dipendere dall’incremento del fabbisogno metabolico dovuto alla contrazione dei muscoli coinvolti nel compito immaginato perché la contrazione sarebbe rilevata dall’elettromiogramma. In ogni caso, se l’incremento del consumo corrispondesse solo all’aumento dei fabbisogni metabolici per crescente contrazione muscolare, anche la captazione di ossigeno dovrebbe aumentare, come nel caso di una normale attività fisica eseguita. I risultati mostrano, invece, una diminuzione della captazione dell’ossigeno durante il compito mentale (Figura 4).

FIGURA 4: (Sinistra) Consumo di ossigeno (VO2 espresso in litri/minuto) medio per le tre velocità (5, 8, 12 Km/h), durante il compito immaginato (cerchi bianchi) confrontato con il compito eseguito (cerchi neri).

(Destra) Captazione di ossigeno (espresso in percentuale/litro) media per le tre velocità e la condizione di riposo, durante il compito immaginato (cerchi bianchi) confrontato con il compito eseguito (cerchi neri).

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La misurazione diretta dell’attività muscolare (e.g. EMG) o del metabolismo muscolare (spettroscopia NMR) consente la verifica diretta della relazione tra metabolismo muscolare e attività autonomica associata allo sforzo immaginato. Infatti, in un studio successivo (Decety et al., 1993), è stato misurato il metabolismo muscolare durante lo sforzo realmente prodotto e durante lo sforzo immaginato con spettroscopia NMR. A tale scopo ad un gruppo di soggetti sani e non sedentari è stato chiesto di eseguire sia realmente che mentalmente un esercizio che sottopone gli arti inferiori a carico crescente (15 e 19 Kg mediante ergometro). Sono stati registrati, in entrambi i compiti, la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria, e la concentrazione di anidride carbonica (CO2) espirata e il metabolismo muscolare (mediante spettroscopia NMR).

Durante l’esercizio reale, sia la frequenza cardiaca che respiratoria aumentarono in modo repentino per poi adattarsi gradualmente all’intensità dello sforzo. La concentrazione di CO2 espirata resta invariata, mentre la spettroscopia evidenzia una riduzione della concentrazione di fosfocreatina (PCr) e un aumento del fosfato inorganico (Pi).

Analogamente, la simulazione mentale dello stesso esercizio produce un aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, in modo proporzionale allo sforzo immaginato. Tuttavia, la frequenza cardiaca resta più bassa di quanto osservato durante l’esercizio reale (Figura 5); e la concentrazione di CO2 espirata decresce progressivamente. Mentre l’incremento della frequenza respiratoria risulta essere maggiore durante lo sforzo immaginato di quanto non abbia richiesto il reale sforzo prodotto (Figura 6).

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FIGURA 5: (Sinistra) Incremento della frequenza cardiaca durante il compito

immaginato (quadratini bianchi) e eseguito (quadratini neri) con carico di 15 kg (Sinistra) e 19 kg (Destra). L’intervallo R1-R4 indica lo stato di riposo, E1-E7 di esecuzione, e RV indica il recupero.

FIGURA 6: Incremento della frequenza respiratoria durante il compito immaginato (cerchi bianchi) e eseguito (cerchi neri) con carico di 15 kg (Sinistra) e 19 kg (Destra). L’intervallo R1-R4 indica lo stato di riposo, E1-E7 di esecuzione, e RV indica il recupero.

La spettroscopia NMR non evidenzia variazioni del metabolismo muscolare durante la simulazione mentale rispetto alla condizione di risposo. Questo metodo offre un buon indice del funzionamento della fosforilazione ossidativa mitocondriale, e dunque dell’attività del muscolo. Infatti, durante moderata attività muscolare, si assiste alla degradazione della PCr, mentre i valori di ATP (adenosina trifosfato) rimangono costanti. Quando l’attività muscolare si intensifica, la produzione anaerobica di ATP viene stimolata con concomitante acidificazione delle cellule muscolari (i.e. alterazione del pH). Tutto ciò è stato riscontrato durante il protocollo dello sforzo realmente prodotto. Di contro,

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durante la simulazione dell’esercizio muscolare, non sono osservate alterazioni nella concentrazione di PCr, Pi o nel pH (Figura 7).

FIGURA 7: Valori di PCr (cerchi bianchi), pH (quadrati bianchi), e Pi (cerchi neri) durante

il compito eseguito (Sinistra) e immaginato (Destra).

Appare chiaro, a questo punto, che l’attivazione del Sistema Nervoso Autonomo durante immaginazione di forzo fisico è maggiore di quanto realmente richiesto dai fabbisogni metabolici, suggerendo che una parte significativa di questa attivazione abbia origine di tipo centrale, e che tutti i meccanismi coinvolti nell’esecuzione e immaginazione di un compito motorio sono co-attivati.

In questa prospettiva, le strutture centrali di programmazione motoria anticiperebbero il fabbisogno energetico richiesto dal compito motorio pianificato allo stesso modo con cui anticipano il grado di attivazione richiesta dalle vie motorie per produrre il movimento stesso (Decety, 1996b).

In sintesi, l’evidenza qui riportata dimostra che la simulazione delle azioni può attivare meccanismi di controllo del sistema cardio-respiratorio, e suggerisce che l’attivazione vegetativa durante i compiti di immaginazione motoria è riferibile ad un più generale fenomeno di preparazione all’azione.

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5. IMMAGINAZIONE MOTORIA ED ECCITABILITÀ CORTICO-SPINALE

È stato dimostrato che l’immaginazione motoria si associa a modificazioni dell’eccitabilità cortico-spinale (e.g. Facchini et al., 2002; Fadiga et al., 1999; Munzert et al., 2009). In particolare, l’immaginazione di movimento delle dita facilita l’onda F (espressione dell’eccitabilità post sinaptica dei motoneuroni (Eccles, 1955) sia durante immaginazione che durante preparazione al movimento (Hara et al., 2010); e l’ampiezza dell’onda F aumenta parallelamente all’entità della contrazione muscolare immaginata (Bunno et al., 2015).

5.1. Modulazione cortico-spinale

Numerosi studi sono stati condotti con stimolazione magnetica transcranica (TMS) ed hanno riportato un incremento dei potenziali motori evocati (MEP) durante compiti di immaginazione motoria (come schematizzato in Figura 8), rispetto allo stato di riposo, sia per compiti che impiegano gli arti superiori che quelli inferiori, riflettendo un incremento nell’eccitabilità cortico-spinale. (e.g., Facchini et al., 1999; 2002; Fadiga et al., 1999; Munzert et al., 2009). I risultati indicano che l’immaginazione motoria incrementa l’attività delle cellule corticali e l’estensione dell’area reclutata.

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FIGURA 8: Rappresentazione della stimolazione magnetica transcranica durante un

compito di immaginazione motoria (tratto da Grosprêtre et al., 2016). Le curve indicano l’attivazione cortico-spinale nel compito di immaginazione motoria (linea tratteggiata) confrontata con lo stato di riposo (linea continua).

5.2. Aspetti spaziali

L’incremento dell’eccitabilità è specifica per il muscolo coinvolto nel movimento immaginato. Ad esempio, un incremento dell’ampiezza dei MEP nel bicipite brachiale è stato osservato durante l’immaginazione della flessione del gomito, ma non immaginando l’estensione dello stesso. Analogamente avviene per il compito di estensione che coinvolge il muscolo tricipite brachiale (Fadiga et al., 1999), e per i movimenti che richiedono l’estensione del ginocchio, opposta alla flessione dello stesso (Tremblay et al., 2001).

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mignolo, né i MEP nei muscoli dell’avanbraccio (e.g. estensore radiale del carpo) (Rossini et al., 1999).

L’immaginazione motoria del movimento di opposizione del pollice verso la base del mignolo aumenta solo i MEP dei muscoli coinvolti specificamente dedicati a questo movimento (opponenti del pollice) e quelli dei muscoli sinergici (primo interosseo dorsale), e non di altri muscoli intrinseci della mano come l’abduttore del mignolo (Marconi et al., 2007).

È interessante sottolineare che l’eccitabilità cortico-spinale del muscolo specificamente deputato al movimento in esame è stata osservata in entrambi gli emisferi, indipendentemente dal lato dominante dei soggetti in esame (Facchini et al., 2002).

5.3. Aspetti temporali

Uno dei principali vantaggi della TMS è la sua alta risoluzione temporale. Pertanto è utilizzata per valutare le variazioni temporali dell’eccitabilità del tratto cortico-spinale durante i compiti di immaginazione motoria. È stato evidenziato che i parametri temporali del movimento eseguito sono preservati anche durante movimenti immaginati. Ad esempio, Fadiga e colleghi (Fadiga et al., 1999) hanno dimostrato che durante l’immaginazione di movimenti ripetitivi di apertura e chiusura della mano, i MEP nel muscolo opponente del pollice aumentavano solo durante il movimento di chiusura della mano, e viceversa. Analogamente, durante l’immaginazione di movimenti di flesso-estensione del polso i MEP del muscolo flessore radiale del carpo risultano incrementati solo durante il movimento di flessione del polso (Hashimoto & Rothwell 1999; Levin et al., 2004).

Durante l’esecuzione e l’immaginazione di movimenti ripetitivi, attraverso la sincronizzazione con un metronomo, è stato mostrato tramite EMG che il muscolo coinvolto si attiva leggermente prima del beep del metronomo, ma non si attiva tra questo e il beep successivo (Stinear & Byblow, 2003).

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Tutta questa evidenza sperimentale suggerisce che l’attività cortico-spinale durante l’immaginazione di movimenti ripetitivi replica nel dettaglio gli aspetti temporali del movimento realmente eseguito.

5.4. Ampiezza dell’attivazione

Un altro aspetto sperimentalmente indagato concerne l’ampiezza della attivazione cortico-spinale. È emerso che il livello di eccitabilità cortico-spinale durante il movimento immaginato, seppur minore di quella per il movimento realmente eseguito, segue diversi livelli di attivazione qualitativamente simili all’esecuzione reale ed è proporzionale alla partecipazione del muscolo coinvolto.

Ad esempio, l’ampiezza dei MEP del muscolo primo interosseo dorsale è maggiore durante un’azione specificamente associata a questo muscolo (e.g. flessione dell’indice), rispetto ad azioni sinergiche (e.g. estensione o abduzione dell’indice), sia nei compiti motori realmente eseguiti che immaginati (Yahagi & Kasai, 1998).

Tuttavia, anche se i livelli di attivazione durante un compito immaginato riflettono le contrazioni muscolari dei movimenti reali, restano aperti alcuni dubbi per gli aspetti qualitativi della simulazione mentale. Infatti, Park e Li (2011) hanno mostrato per esempio che l’ampiezza dei MEP non era completamente spiegata dalla forza di contrazione immaginata (dal 10% al 60% della massima contrazione volontaria).

5.5. Aspetti contestuali

Come le azioni eseguite, anche i movimenti immaginati sono influenzati dall’abilità motoria dei soggetti e dai fattori ambientali. I soggetti con maggiore

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Indipendentemente dalla capacità dei soggetti, è stato mostrato che i MEP riferiti alla mano destra sono probabilmente più facilitati per soggetti destrorsi durante l’immaginazione di movimenti con la mano destra (Marconi et al., 2007). Inoltre, le informazioni sensoriali, come il feedback propriocettivo influenzano le risposte della via cortico-spinale durante il compito di immaginazione motoria. Ad esempio, mettendo la mano dei soggetti in una posizione non congrua relativa al movimento immaginato, la loro abilità di immaginazione motoria diminuisce (Shenton et al., 2004). Dunque, anche la posizione del segmento coinvolto nel compito da immaginare può influenzare l’eccitabilità cortico-spinale, così come l’uso delle varie parti del corpo può indurre variazioni sull’attività corticale, come osservato in uno studio con tecniche di fMRI (de Lange et al., 2006). La complessità biomeccanica del compito immaginato, partendo da diverse posizioni iniziali del corpo, incrementa gradualmente l’ampiezza e il numero delle aree corticali coinvolte durante l’immaginazione motoria, suggerendo che le informazioni propriocettive sono parte integrante della pianificazione motoria, sia nell’esecuzione di un movimento reale che per compiti di immaginazione motoria.

Simili evidenze sono emerse utilizzando la TMS. I MEP del muscolo opponente del pollice in compiti di immaginazione dell’abduzione del pollice sono maggiori quando la mano è mantenuta in una posizione compatibile con il compito richiesto, rispetto a posizioni non compatibili (Vargas et al., 2004). Anche la fatica neuromuscolare, che altera i feedback periferici, può alterare la capacità di immaginazione motoria, suggerendo che la rappresentazione mentale delle azioni elabora ed integra lo stato iniziale del sistema neuromuscolare nel compito richiesto (Demougeot & Papaxanthis, 2011).

Un altro approccio interessante allo studio dell’immaginazione motoria vede la combinazione di compiti di immaginazione motoria con altri tipi di intervento; come ad esempio l’osservazione di azioni, che condivide con l’azione immaginata simili processi neurali, come la specificità spaziale della modulazione cortico-spinale. È interessante sottolineare che questa combinazione provoca un incremento maggiore dei MEP rispetto alla sola

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immaginazione motoria (per una revisione sistematica si veda Naish et al., 2014).

In sintesi, sebbene l’attivazione della corteccia motoria primaria (M1) deputata alla generazione dei comandi motori finali nel cervello non sia risultata sempre attiva, mediante le tecniche di fMRI (Tyszka et al., 1994), gli studi con TMS hanno contribuito a stabilire l’attivazione della via cortico-spinale durante i compiti di immaginazione motoria.

Una strada alternativa per evidenziare i processi neurali risiede nella combinazione di più tecniche di neuroimmagini (i.e. fMRI o EEG con TMS), al fine di confermare che l’immaginazione motoria rappresenta uno stato intermedio tra il movimento eseguito e lo stato di riposo.

Protocolli sperimentali con TMS hanno mostrato che l’immaginazione motoria ha aspetti temporali, spaziali e graduali specifici nell’attivazione della M1, del tutto simili a quelli delle azioni realmente eseguite. In questa prospettiva, l’immaginazione motoria è utilizzata come metodo per incrementare la performance, come ampiamente riportato in esperimenti con soggetti sani, atleti, e pazienti con patologie (e.g. per pazienti neurologici, si veda Malouin et al., 2003). I risultati degli studi con TMS e altre tecniche possono addirittura aiutare a delineare l’allenamento ottimale sfruttando le caratteristiche dell’immaginazione mentale. Ad esempio, usando la modalità cinestetica dell’immaginazione motoria è più probabile attivare il sistema motorio, favorendo l’apprendimento motorio di un dato compito.

E’ stato quindi suggerito che tale combinazione di tecniche potrebbe essere più efficace per migliorare la performance motoria nello sport e nella neuro-riabilitazione (Wright et al., 2014).

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6. IMMAGINAZIONE MOTORIA E PRESTAZIONE: RICADUTE APPLICATIVE

L’immaginazione motoria costituisce un processo cognitivo importante per l’apprendimento motorio e la prestazione.

Nell’immaginare un movimento, come abbiamo visto (capitolo 3), si attivano le aree motorie della corteccia cerebrale, includendo l’area motoria primaria, le aree premotorie (area motoria supplementare, corteccia premotoria), la corteccia somato-sensoriale, parte del lobo parietale, e le aree subcorticali del cervelletto e gangli della base. Inoltre, diversi protocolli sperimentali, basati sulle risposte fisiologiche e sulla cronometria, convergono nell’evidenziare una parziale EQUIVALENZA FUNZIONALE tra immaginazione motoria e prestazione motoria.

Ciò suggerisce che l’immaginazione motoria possa portare a miglioramenti nell’esecuzione motoria e nella prestazione sportiva (Cumming & Williams, 2012).

6.1. Plasticità e apprendimento motorio

Nell’apprendere una nuova abilità motoria si verificano diversi cambiamenti a livello cerebrale, tra cui il rafforzamento delle connessioni tra neuroni pre-sinaptici e post-pre-sinaptici, la formazione di nuove connessione e la soppressione di altre. Questi processi sono indicati come PLASTICITÀ e include sia cambiamenti a breve termine che a lungo termine.

Gli adattamenti a breve termine sono il risultato del rafforzamento delle connessioni tra neuroni. I cambiamenti a lungo termine si ritiene avvengano nello sviluppo e formazione di sinapsi (Holmes et al., 2010).

Inoltre, l’acquisizione di abilità motorie induce un’ottimizzazione dell’attivazione neurale. Ad esempio, è stato mostrato che negli atleti si verifica l’eliminazione delle connessioni corticali e subcorticali irrilevanti per l’abilità specifica richiesta, al fine di ridurre la complessità nei processi del controllo motorio (Hatfield et al., 2006).

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Pertanto l’attivazione cerebrale sarà diversa per una prestazione che coinvolge schemi motori allenati rispetto all’attivazione di un neofito per gli stessi schemi. L’immaginazione motoria può contribuire alla plasticità del Sistema Nervoso Centrale neurale (Kosslyn et al., 2001). Infatti, è stato osservato che la plasticità funzionale indotta dal miglioramento di esecuzione di una sequenza motoria, ottenuto con la ripetizione della stessa sequenza, può essere ottenuto anche con allenamento immaginativo (Lafleur et al., 2002; Jackson et al., 2003). Ad esempio, un recente studio (Nyberg et al., 2006) ha evidenziato come l’immaginazione motoria produce adattamenti plastici nell’apprendimento di nuove sequenze di tapping (tamburellare/digitare con le dita), sottolineando il ruolo dell’immaginazione tra i metodi di apprendimento di abilità motoria.

Ciò indica un possibile ruolo dell’immaginazione motoria in contesti riabilitativi, in particolare come supporto per pazienti in seguito a ictus nel ri-apprendimento dei movimenti più elementari (Page, 2010).

Oltre gli adattamenti a lungo termine, la co-attivazione tra immaginazione ed esecuzione motoria permette all’immaginazione motoria di indurre effetti immediati sulla performance da svolgere attraverso la sua funzione di prime (innesco) per l’esecuzione vera e propria del movimento. Ovvero, l’immaginazione motoria attiva e rafforza la rappresentazione mentale di un movimento: attraverso l’attivazione di questa rappresentazione, i neuroni responsabili per quel movimento si pre-attivano per la corretta esecuzione effettiva dello stesso (Murphy et al., 2008).

Lo stesso effetto di priming è stato riscontrato anche nel caso dell’osservazione di azioni, in quanto l’osservazione di uno specifico compito motorio predispone ad una più rapida e corretta esecuzione motoria (e.g., Craighero et al., 1996). Diversi studi hanno evidenziato il contributo positivo dell’immaginazione motoria immediatamente prima dell’esecuzione di compiti motori specifici in varie discipline sportive. Tuttavia, l’effetto facilitatorio sulla prestazione può

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6.2. Prestazione

Gli effetti a breve termine dell’immaginazione motoria sulla prestazione e i benefici derivanti dalla plasticità neurale a lungo termine sono riconducibili alla sovrapponibilità (anche se non totale) delle aree attivate durante il compito immaginato e durante la sua esecuzione reale.

L’equivalenza funzionale della rappresentazione neurale può essere incrementata con immagini motorie il più possibili congruenti con il movimento reale. Infatti, maggiore è la sovrapposizione neurale raggiunta durante la simulazione mentale, maggiormente saranno attivati i processi neurali coinvolti nell’esecuzione motoria, e conseguentemente rafforzati.

Per utilizzare efficacemente l’immaginazione motoria per il miglioramento della prestazione, Holmes & Collins (2001) hanno codificato il modello PETTLEP, che stimola gli sportivi a creare le migliori condizioni per poter immaginare il movimento il più possibile fedele all’esecuzione reale.

Il modello delinea 7 elementi al fine di amplificare l’equivalenza funzionale tra l’immaginazione e l’esecuzione della performance: fisico (Physical), ambiente (Environment), compito (Task), cronometria (Timing), apprendimento (Learning), emozione (Emotion), prospettiva (Perspective).

La componente FISICA si riferisce alle risposte fisiche dell’atleta durante la pratica sportiva. Gli autori, infatti, ritengono che l’immaginazione motoria risulti più efficace quando riesce ad includere tutte quelle sensazioni fisiche e cinestetiche che lo sportivo proverebbe durante la prestazione vera e propria, a differenza di quanto solitamente attuato nel tradizionale protocollo di immaginazione motoria in situazioni di pieno rilassamento e ambiente confortevole. Così come adottare le stesse posture, indossare gli stessi indumenti, e utilizzare gli attrezzi sportivi specifici, contribuiscono a potenziare la natura fisica dell’immaginazione.

La componente AMBIENTE si riferisce al luogo dove solitamente viene svolta l’attività sportiva. Per accedere alla stessa rappresentazione l’ambiente dovrà

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essere il più possibile vicina a quella della pratica; in caso di impossibilità, anche l’utilizzo di fotografie potrebbero costituire un valido supporto.

La componente COMPITO prevede la massima congruenza tra l’immaginazione e i reali gesti utilizzati durante la prestazione.

La componente CRONOMETRIA è un altro importante aspetto dell’equivalenza funzionale tra immaginazione e movimento. Solo se le caratteristiche temporali sono vicine, l’immaginazione motoria attiverà la stessa rappresentazione della preparazione ed esecuzione motoria.

La componente APPRENDIMENTO si riferisce all’adattabilità dell’immaginazione allo specifico livello di abilità ed esperienza dell’atleta. Durante le fasi iniziali, un neofita non potrà avvalersi di una tecnica automatizzata, e dovrà continuamente focalizzarsi sulla corretta tecnica e posizione delle varie parti del corpo. Quando l’abilità diviene automatizzata, anche l’immaginazione potrà focalizzarsi maggiormente sulle sensazioni globali del movimento, piuttosto che sulle specifiche tecniche.

La componente EMOZIONE positiva contribuisce a migliorare la motivazione e sicurezza di sé. L’atleta che riesce a percepire le stesse emozioni e motivazioni della prestazione sportiva, ottimizza l’equivalenza funzionale tra simulazione mentale ed azione.

La componente PROSPETTIVA si riferisce alla immaginazione in prima o terza persona. La prospettiva in prima persona ricalca al massimo in punto di vista dell’atleta durante la prestazione. In aggiunta, la prospettiva in terza persona regala una visione globale della postura durante lo svolgimento della prestazione. Gli atleti più esperti riescono meglio a combinare le due prospettive, passando da una all’altra per beneficiare al massimo dei due tipi di feed-back.

Esempi delle componenti legate ad un compito specifico – giocatore di tennis che vuole migliorare la risposta al servizio – sono date in Tabella 1 (adattato da

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ELEMENTO DEFINIZIONE ESEMPIO

Fisico Posizione del corpo, abbigliamento, equipaggiamento specifico

Posizione di ricezione del servizio, con la propria racchetta, indossando tenuta da tennis

Ambiente Ambiente fisico dove si realizza l’immaginazione

Immaginazione sul campo da tennis

Compito Caratteristiche del compito e livello di abilità/esperienza

Colpi utilizzati per rispondere ai diversi servizi

Cronometria Durata temporale dell’immaginazione

Risposta nel tempo reale di una battuta di servizio

Apprendimento Adattamento del contenuto immaginativo all’evolvere dell’apprendimento di abilità/esperienza

Correzione tecnica in risposta ai feed-back

Emozione Risposte emozionali alla situazione Sensazione positiva, di sicurezza e controllo della situazione

Prospettiva Prospettiva visiva (1. Persona o 3. Persona)

Controllare la propria postura mediante prospettiva in 3P e

anticipare la ricezione del servizio con prospettiva in 1P

TABELLA 1: Elementi del modello PETTLEP, con esempi di applicazione nel tennis

Un recente studio (Smith et al., 2007) confronta gli effetti dell’immaginazione motoria basata sul modello PETTLEP con gli approcci di applicazione dell’immaginazione motoria più tradizionali. In un primo esperimento, gli autori suddividono 48 giocatori di hockey in quattro gruppi: (i) gruppo sport-specifico, sottoposto ad immaginazione motoria secondo le prime 3 componenti del modello PETTLEP (fisico, ambiente, compito), esegue il compito di immaginazione indossando l’uniforme, in piedi sul campo da hockey; (ii) gruppo abbigliamento, sottoposto ad immaginazione motoria con il solo supporto dell’uniforme da hockey, sottoposto ad immaginazione in piedi, a casa propria; (iii) gruppo di immaginazione tradizionale, si sottopone al compito a casa propria, non con abbigliamento specifico, e in posizione seduta; (iv) gruppo di controllo. I partecipanti sono invitati ad immaginare ogni giorno, per sei settimane, di eseguire dieci tiri liberi. I partecipanti del gruppo di controllo occupano lo stesso tempo a leggere letteratura sull’hockey.

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Tutti i partecipanti sono sottoposti ad un pre-test di tiri liberi – prima delle sei settimane di allenamento con immaginazione motoria, e successivamente al controllo, o post-test, in seguito all’allenamento mentale (Figura 9).

FIGURA 9:Medie e deviazioni standard dei punteggi ottenuti dai 4 gruppi prima e dopo le 6 settimane nei tiri liberi.

I risultati mostrano chiaramente che tutti i protocolli di allenamento con immaginazione motoria migliorano la prestazione. Tuttavia, l’intervento sport-specifico, ovvero quello che utilizza maggiormente le componenti del modello PETTLEP, soprattutto quelle fisiche e ambientali, è più efficace, sia del modello tradizionale, che di quello con un solo componente.

In un secondo esperimento, gli autori confrontano le prestazioni di 40 ginnaste nel salto sulla trave. Anche qui le partecipanti sono suddivise in 4 gruppi: (i) il gruppo sottoposto ad allenamento fisico; (ii) il gruppo sottoposto ad immaginazione motoria secondo il modello PETTLEP; (iii) gruppo sottoposto ad immaginazione con il solo stimolo di descrizione del compito; (iv) gruppo di controllo sottoposto ad un protocollo di allenamento di solo stretching. Ogni gruppo si allena nel proprio compito tre volte la settimana per un periodo complessivo di sei settimane.

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sottoposto ad immaginazione secondo il modello PETTLEP, è risultato significativamente maggiore rispetto a quello del gruppo di immaginazione motoria più tradizionale (le medie dei punteggi ottenuti mostrano un incremento rispettivamente di 43.93%, 36.36% vs. 15.22%).

FIGURA 10:Medie e deviazioni standard dei punteggi ottenuti nei salti sulla trave dai 4

gruppi prima e dopo le 6 settimane.

Appare evidente che, in questo studio, la pratica immaginativa completa secondo il modello PETTLEP risulti non solo più efficace della tradizionale immaginazione motoria, ma anche adeguata in modo paragonabile all’allenamento fisico vero e proprio.

Questi risultati suggeriscono che ricreare le condizioni più simili possibili a quelle della prestazione sportiva costituisce un contributo fondamentale per il raggiungimento del risultato.

Si potrebbe obiettare che il tempo e gli sforzi necessari per applicare tutte gli elementi del modello PETTLEP sono paragonabili a quelli della pratica sportiva reale, e che non sempre è possibile essere nel campo o palestra per le sedute di allenamento con immaginazione motoria. A questo proposito, è stato suggerito l’impiego a supporto di video che mostrano ai soggetti il luogo e i rumori tipici della propria pratica sportiva (Smith & Holmes, 2004).

Inoltre, è stato dimostrato che il training immaginativo associato alla pratica motoria migliora i risultati raggiunti con la sola pratica fisica (e.g. Feltz & Landers, 1983). Un’utile implicazione è in cui è indispensabile interrompere

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temporaneamente la pratica sportiva, questa può essere sostituita con la pratica immaginativa.

Ulteriori studi sono comunque necessari; in particolare sarebbe utile indagare gli effetti dell’utilizzo dell’immaginazione secondo il modello PETTLEP per scopi riabilitativi in pazienti neurologici. Opportunamente adattati, i sette elementi del modello potrebbero contribuire al recupero delle funzionalità perdute e al ri-apprendimento delle abilità motorie. Inoltre, sarebbe interessante monitorare gli adattamenti a livello cerebrale in seguito all’utilizzo PETTLEP.

In un contesto clinico, l’immaginazione motoria secondo il modello PETTLEP potrebbe essere efficacemente applicata per riabilitare pazienti con lesioni cerebrali o in seguito a ictus, così come nel recupero da problematiche ortopediche (e.g. protesi dell’anca). In questi casi, diversi studi riportano l’applicazione efficace dell’immaginazione motoria più tradizionale, ovvero dove ai partecipanti si chiede semplicemente di immaginare il movimento (McCarthy et al., 2002; Stevens & Philips-Stoykov, 2003; Mayer et al., 2005).

6.3. Trasferimento di abilità tra gli arti

I risultati sperimentali mostrano che la ripetizione mentale di compiti motori ha un effetto sul miglioramento della prestazione motoria da eseguire e sull’apprendimento motorio in generale, lasciando supporre che l’allenamento con compiti di immaginazione motoria possa avere un effetto sulla capacità di generalizzare la performance, e quindi, ad esempio, di trasferire l’acquisizione di un’abilità da un arto al controlaterale (Gentili et al., 2006).

Poiché la componente cognitiva dell’esecuzione motoria contribuisce fortemente a tale trasferimento (transfer), l’effetto allenante dell’immaginazione motoria dovrebbe trasferirsi anche all’arto contro-laterale.

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cerebrali coinvolte nel trasferimento inter-laterale sono il giro temporale mediale, le aree mediali del lobo frontale (Anguera et al., 2007), l’area frontale parietale (Obayashi, 2004), e i gangli della base (Obayashi et al. 2003; Obayashi, 2004). Dall’analisi di lesioni cerebrali è emerso anche il coinvolgimento del corpo calloso (Lange et al. 2006).

L’area motoria supplementare (SMA), che si attiva durante le fasi di apprendimento motorio, così come per l’adattamento delle strategie motorie – ovvero durante il transfer - risulta essere coinvolta anche durante compiti di immaginazione motoria. Il trasferimento inter-manuale sembra, pertanto, possibile anche nel caso di allenamento con immaginazione motoria proprio per la similarità dei meccanismi cognitivi e dell’attivazione neurale con l’esecuzione motoria vera e propria (Amemiya et al. 2010).

Utilizzano il ben noto paradigma della sequenza di tapping (ovvero veloce tamburellare/digitare con le dita), Amemiya e colleghi hanno valutato il trasferimento inter-manuale durante immaginazione motoria, confrontato con apprendimento di esecuzione motoria, dividendo i partecipanti in tre gruppi, uno dedito all’esecuzione vera e propria, uno all’immaginazione motoria, e un terzo gruppo di controllo non soggetto ad allenamento. Le valutazioni sono state effettuate prima e dopo le sessioni di allenamento con la mano non-dominante (sinistra nel campione selezionato) per la mano ipsilaterale, e le sessioni per la mano controlaterale (destra). Pertanto, è stato valutato il transfer dall’arto allenato a quello non allenato.

Per stabilire la relazione tra l’effetto del transfer e dell’attivazione neurale durante la fase di apprendimento, l’attività di tutte le aree motorie è stata valutata mediante spettroscopia nel vicino infrarosso (NIRS).

L’allenamento con esecuzione motoria è risultato efficace per il miglioramento ipsilaterale; mentre l’allenamento con immaginazione motoria ha prodotto un miglioramento significativo sia per i movimenti ipsilaterali che controlaterali. Nessun trasferimento controlaterale è osservato per il gruppo di controllo (Figura 11).

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FIGURA 11:I tre grafici mostrano I risultati per il compito di tapping per i tre gruppi, e la

significatività dell’incremento nell’abilità del movimento ipsilaterale (mano sinistra) e trasferimento controlaterale (mano destra) in seguito all’allenamento (analisi statistica con ANOVA). I valori mostrano chiaramente che l’allenamento reale migliora significativamente solo il movimento ipsilaterale, mentre il gruppo allenato con immaginazione motoria incrementa la propria abilità motoria sia ipsi- che contro-laterale. Il gruppo di controllo (non sottoposto ad allenamento) non mostra incremento né trasferimento.

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