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Tolleranza all'esercizio fisico e qualità della vita nella Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva: Valutazione dell'efficacia di un programma riabilitativo domiciliare su alcuni indicatori della funzione respiratoria in soggetti con broncopneumopatia cro

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

_____________________________________________________________________________________

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN

SCIENZE E TECNICHE DELLE ATTIVITÀ MOTORIE PREVENTIVE

E ADATTATE

“Tolleranza all’esercizio fisico e qualità della vita nella

Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva:

Valutazione dell’efficacia di un programma riabilitativo domiciliare su

alcuni indicatori della funzione respiratoria in soggetti con

broncopneumopatia cronica ostruttiva.”

RELATORE

CHIAR.MO PROF. Renato Prediletto

CANDIDATO

DOTT.SA Giada Mele

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SOMMARIO

Riassunto

... 5

INTRODUZIONE

... 6

1.

IL SISTEMA RESPIRATORIO ... 7

1.1. Vie aeree

... 8

1.2. Polmoni

... 10

1.3. Funzionamento del sistema respiratorio

... 12

1.3.1. Proprietà meccaniche

... 17

1.4. I tests clinici della funzione polmonare: Prove di Funzionalità

Respiratoria (PFR)

... 24

2.

SINDROMI RESPIRATORIE ... 30

2.1.

La Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva ... 35

2.2.

Outcomes principali della BPCO ... 40

2.3.

La riabilitazione respiratoria nella BPCO ... 42

3.

SCOPO DELLA TESI ... 45

4.

MATERIALI E METODI ... 46

4.1.

Tests ... 46

4.2.

Programma di allenamento ... 57

5.

SPERIMENTAZIONE ... 60

4.1.

Casi studio ... 62

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

... 82

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

... 88

RINGRAZIAMENTI

... 91

(4)

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Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido.

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Riassunto

Il presente elaborato si propone di trattare una sindrome respiratoria particolare, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, evidenziando quanto sia invalidante per i soggetti che la sviluppano nel corso della loro vita. Avremo modo di osservare come sia fondamentale eseguire un certo tipo di attività fisica, in quanto essa permette, insieme alla terapia farmacologica, il miglioramento di alcuni parametri della funzione respiratoria e quindi delle condizioni di vita quotidiana. Sono stati presi in esame 5 pazienti che hanno eseguito per tre mesi un programma di riabilitazione respiratoria comprendente una prima parte di mobilità articolare e potenziamento degli arti superiori e una seconda al cicloergometro. Inizialmente è stata fatta una “fotografia” della situazione clinica del paziente attraverso l’ausilio della spirometria, dell’emogasanalisi, del test della diffusione (DLCO), del test dei 6 minuti (6MWT), della scala di Borg, della scala della dispnea secondo MRC dyspnea e del questionario di St. George; i medesimi test sono stati poi riproposti al termine dei tre mesi di riabilitazione.

Si è potuto osservare che è stato il diverso grado di aderenza al programma di allenamento e l’osservanza delle raccomandazioni date che ha segnato la differenza dei risultati tra i pazienti in esame.

La difficoltà legata alle problematiche personali di ogni paziente ha giocato un ruolo fondamentale sia sulla raccolta dati, sia sull’effettivo svolgimento e giovamento dell’allenamento proposto. Nonostante tali difficoltà, si è potuto osservare quanto i pazienti che hanno svolto le consegne e si sono impegnati, abbiano effettivamente ottenuto dei risultati positivi in termini di quantità dei sintomi e di qualità della vita. Esempio forte è la paziente C.M.L. che ha mostrato un dimezzamento del valore ottenuto dal questionario di St. George (da 840,2 prima di iniziare il training, a 486,5 dopo i tre mesi di training), grazie al quale si misura il grado di compromissione della salute in pazienti con asma e BPCO.

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INTRODUZIONE

La respirazione è una delle funzioni fondamentali dell'organismo umano e dipende dall'espansione e dallo svuotamento dei polmoni e il suo mal funzionamento determina una serie di disturbi e patologie nell’individuo. Questi ultimi possono portare a conseguenze negative sulle condizioni di vita quotidiane fino alla disabilità e per questo bisogna intervenire precocemente facendo prevenzione al fine di promuovere stili di vita sani e ritardare il più possibile l’avvento delle complicanze. In questo lavoro ci siamo, quindi, chiesti, se e quanto si potesse intervenire sui soggetti che presentano questo tipo di disturbi per rallentare il propagarsi delle complicanze date dalla disfunzione polmonare e render loro, così, migliore la vita quotidiana.

In letteratura sono affrontati molti casi di soggetti con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) di vario grado che vengono trattati sia dal punto di vista della prevenzione che da quello della farmaceutica affiancata da attività di riabilitazione polmonare, consistente in un programma di allenamento individualizzato a seconda del soggetto e dell’entità della patologia. Il training respiratorio permette di intervenire su alcuni parametri della respirazione e apportare quindi benefici al paziente; infatti, l’attività fisica è il predittore maggiore di tutte le cause di mortalità nella BPCO e il suo intervento si associa al miglioramento di prognosi, stato fisico e cognitivo e sopravvivenza.

Non deve quindi sorprendere che nei pazienti con BPCO stabile la riabilitazione abbia un effetto benefico sui sintomi e sulla qualità della vita correlata alla salute.

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1. IL SISTEMA RESPIRATORIO

È l'insieme di organi che consente lo scambio di gas tra il sangue e l'ambiente esterno, in particolare l'introduzione di ossigeno, indispensabile per il metabolismo aerobio, e l'eliminazione di anidride carbonica, residuo di molte reazioni chimiche all’interno dell’organismo.

Il sistema respiratorio è formato dalle vie aeree (il naso, la faringe, la laringe, la trachea e i bronchi) e dai polmoni a cui è affidato il compito fondamentale di rifornire il sangue di ossigeno e di liberarlo dall'anidride carbonica.

Per trasformare l'energia delle sostanze nutritive in energia utilizzabile, la maggior parte delle cellule si servono di un processo biochimico chiamato "respirazione cellulare" che richiede un rifornimento continuo di ossigeno. Il sistema respiratorio quindi, provvede allo svolgimento della respirazione cellulare prelevando l'ossigeno dall'ambiente ed eliminando l'anidride carbonica prodotta dall'organismo attraverso delle vie aeree.

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1.1. Vie aeree

Cavità nasali:

Il primo organo che l'aria inspirata attraversa è il naso, o, più in particolare, le cavità nasali. Il naso è un ambiente caldo e umido, passando attraverso il quale l'aria viene riscaldata (per evitare che il freddo danneggi gli organi), umidificata (perché non si danneggi il tessuto polmonare) e purificata dalle sostanze estranee.

Nel naso sono presenti anche cellule sensibili agli odori. Il naso è un organo di forma piramidale posto all'incirca al centro della faccia; sulla sua superficie inferiore possiamo osservare un setto cartilagineo che separa due orifizi, cioè le narici. La struttura del naso esterno è composta da ossa, cartilagini e muscoli. Il vestibolo del naso è una fessura allungata in senso verticale che presenta un orifizio inferiore, la narice, e un'apertura sulla cavità nasale propriamente detta. La cavità nasale è delimitata solo da ossa e la sua parete mediale è costituita dalle ossa che formano il setto nasale, cioè l'etmoide e il vomere, mentre la parete laterale presenta tre rilievi chiamati cornetti nasali superiore, medio ed inferiore, tra i quali sono presenti delle conche. Anteriormente, la cavità nasale comunica con il vestibolo del naso, mentre posteriormente con la faringe, attraverso degli orifizi chiamati “coane”. L'apice della cavità nasale è rappresentato dalla lamina cribrosa dell'osso etmoide, sulla quale si trova anche la mucosa olfattoria.

Le cavità nasali comunicano, posteriormente, con la rinofaringe, che presenta l’epitelio tipico delle vie aeree (cilindrico pseudo-stratificato); sono invece rivestite da epitelio pavimentoso composto le altre parti della faringe, oro e ipofaringe, comuni ai due apparati (digerente e respiratorio); l’epitelio respiratorio è poi presente in tutto il restante tratto delle vie aeree, a partire dalla laringe.

Faringe:

Dal naso l'aria passa alla faringe, situata dietro la lingua; è un organo che fa parte sia del sistema respiratorio che di quello digerente. Le cavità nasali si aprono quindi nella faringe attraverso le coane, la bocca e la laringe comunicano con la faringe, la prima tramite l'istmo delle fauci, la seconda tramite l'orifizio laringeo (o adito alla

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laringe); tutte queste comunicazioni si effettuano in corrispondenza della parete anteriore dell'organo faringeo che è pertanto largamente incompleta. Si aprono inoltre nella faringe le tube uditive che stabiliscono una comunicazione tra la cavità della faringe stessa e la cassa del timpano.

La faringe si presenta come un condotto slargato in alto e che va restringendosi in basso dove assume un aspetto tubulare appiattito dall'avanti in dietro. La faringe è divisa in una parte nasale (o rino-faringe), una parte buccale (od oro-faringe) e una parte laringea (o laringo-oro-faringe).

Laringe:

Dalla faringe l'aria passa nella laringe, organo cavo rivestito internamente da una mucosa e costituito da legamenti e cartilagini. La laringe contiene le corde vocali, ossia membrane che vibrano al passaggio dell'aria e producono suoni che vengono trasformati in parole dai movimenti della lingua e delle labbra. È provvista di un dispositivo di chiusura che, durante la deglutizione, impedisce che il bolo alimentare passi nelle vie respiratorie. La laringe s’innalza e si abbassa attivamente, durante la deglutizione, la respirazione e la fonazione; si sposta passivamente con i movimenti della colonna cervicale.

Trachea e bronchi:

Dalla laringe l'aria passa nella trachea, un tubo flessibile lungo circa 12 centimetri e formato da anelli di cartilagine aperti posteriormente a forma di "C". All'interno della trachea si trovano delle ciglia vibratili che servono ad allontanare eventuali corpi estranei (provocando un colpo di tosse) e quindi a purificare l'aria.

La parte inferiore della trachea si divide in due rami (i bronchi) ciascuno dei quali si dirige verso il proprio polmone, destro o sinistro, ramificandosi in rami sempre più piccoli (i bronchioli). Questi ultimi terminano negli alveoli polmonari, piccole vesciche avvolte da capillari sanguigni. I bronchi, i bronchioli e gli alveoli polmonari costituiscono l'albero bronchiale: la parte dell'albero che arriva ai bronchioli è quasi esclusivamente deputata alla funzione di trasporto, mentre negli

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alveoli prevale lo scambio gassoso: l'aria diventa più ricca di biossido di carbonio e più povera di ossigeno.

1.2. Polmoni

Sono due organi parenchimatosi contenuti nella gabbia toracica e poggiano su un robusto muscolo, il diaframma, che si presenta a forma di cupola quando è a riposo. I polmoni occupano gran parte dello spazio interno del torace e sono divisi da uno spazio, il mediastino, che ospita esofago, trachea e cuore. Il polmone destro è più grande del sinistro, infatti a sinistra la cavità toracica ospita anche il cuore. La loro superficie esterna è rivestita da una membrana, la pleura, formata da due strati, uno aderente ai polmoni (pleura viscerale) e l'altro alla gabbia toracica (pleura parietale):

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tra i due è presente il liquido pleurico che funziona da lubrificante, facilitando il movimento fondamentale di contrazione ed espansione dei polmoni. I polmoni sono gli organi che permettono la respirazione e la ventilazione. La più piccola unità polmonare visibile a occhio nudo è il lobulo che è costituito da uno o più bronchioli, da rami arteriosi e venosi del circolo bronchiale e da migliaia di alveoli. Questi ultimi possiedono una piccolissima parete epiteliale intorno alla quale capillari estremamente sottili trasportano sangue povero di ossigeno. La zona respiratoria è costituita dai bronchioli respiratori che si ramificano ulteriormente per dar luogo ai dotti e ai sacchi alveolari e la cui principale caratteristica dell’intero complesso è l’enorme superficie formata dagli alveoli che sono raggruppati a grappolo attorno ai dotti alveolari. Si stima che vi siano circa 300 milioni di alveoli nei polmoni che coprono un’area totale di 70-80 metri quadrati.

Alveoli:

Gli alveoli sono sacchi di scambio che si trovano all’estremità dei bronchioli terminali e la loro funzione principale è lo scambio di gas tra l’aria presente negli alveoli e il sangue. Ogni alveolo è costituito da un singolo strato di sottile epitelio di scambio dove sono presenti due tipi di cellule epiteliali:

a) Cellule alveolari di tipo I: cellule lunghe e piatte che ricoprono la maggior parte dell’alveolo e permettono la diffusione rapida dei gas;

b) Cellule alveolari di tipo II: cellule più piccole, spesse e parzialmente ciliate che producono e secernono una sostanza chimica lipoproteica molto importante detta “surfactante”, che si deposita sulla superficie del liquido che ricopre l’alveolo e ne abbassa la tensione superficiale evitandone il collasso. Negli alveoli sono presenti anche i macrofagi, che hanno il compito di mantenere la superficie alveolare libera da sostanze estranee. Gli alveoli, inoltre, non presentano tessuto muscolare, ma solo fibre elastiche e di tessuto connettivo che garantiscono il ritorno elastico quando il tessuto polmonare si distende durante l’inspirazione. Si può vedere lo stretto collegamento tra apparato respiratorio e cardiovascolare

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osservando l’associazione tra gli alveoli e l’estesa rete di capillari che ricoprono gran parte (80-90%) della superficie alveolare. L’epitelio alveolare e l’endotelio capillare sono separati da un sottile spessore di membrane basali denominato “membrana respiratoria” attraverso la quale avvengono gli scambi gassosi. La vascolarizzazione alveolare è così elevata che si parla comunemente di lamina continua di sangue in contatto con gli alveoli.

1.3. Funzionamento del sistema respiratorio

La respirazione è automatica e ritmica ed è controllata dal sistema nervoso centrale. Lo scambio di gas inizia con l’inspirazione, determinata dalla contrazione del diaframma, il principale muscolo respiratorio. Durante la contrazione, il diaframma si spinge nella cavità addominale determinando una pressione negativa all’interno del torace, mentre la glottide si apre creando una comunicazione tra l’ambiente esterno e il sistema respiratorio. Poiché i gas passano da una regione ad alta pressione ad una a bassa pressione e poiché durante l’inspirazione la pressione all’interno dei polmoni e delle vie aeree è inferiore a quella atmosferica, l’aria si muove dall’esterno verso i polmoni, in modo simile dall’aria che viene aspirata da un aspirapolvere. Il volume polmonare aumenta e i gas entrano negli alveoli all’interno dei quali avviene lo scambio gassoso, ovverosia assunzione di ossigeno ed eliminazione di anidride carbonica. Durante l’espirazione il diaframma e gli altri muscoli respiratori si rilasciano, la pressione all’interno del torace e delle vie aeree aumenta e supera quella atmosferica, la glottide si apre e il gas viene fatto fluire fuori dai polmoni attraverso le vie aeree.

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Bisogna distinguere la respirazione dalla ventilazione: la prima riguarda lo scambio dei gas all'interno di determinati comparti (cellulare, alveolare, ecc.), la seconda, invece, rappresenta lo scambio di aria tra atmosfera e alveoli ed è responsabile del mantenimento delle normali concentrazioni di ossigeno e anidride carbonica negli alveoli e nel sangue.

La respirazione è il risultato di due diversi processi: la respirazione esterna o polmonare e la respirazione interna o cellulare.

- La respirazione esterna o polmonare consiste nello scambio tra l'ossigeno presente nell'aria e l'anidride carbonica proveniente dalle cellule e avviene negli alveoli polmonari per diffusione, in quanto l'ossigeno, presente in alta concentrazione, si diffonde attraverso le pareti degli alveoli e passa nei vasi capillari che li circondano; qui si lega al sangue, che lo trasporta a tutte le cellule del corpo; allo stesso tempo l'anidride carbonica, presente nei capillari in alta concentrazione, si diffonde, passa negli alveoli polmonari e, attraverso l'aria, viene espulsa all'esterno.

- Il secondo processo, chiamato respirazione interna o cellulare, consiste nell'utilizzo dell'ossigeno da parte delle cellule per la combustione delle sostanze nutritive, con

conseguente produzione di anidride carbonica.

Questo processo avviene nelle cellule, in particolare nei mitocondri, dove l'ossigeno e l'anidride carbonica si scambiano ancora per diffusione. Il primo, presente in alta concentrazione nei vasi sanguigni, attraverso le pareti dei capillari si diffonde e penetra nelle cellule, dove viene utilizzato dai mitocondri per la combustione delle sostanze nutritive; allo stesso tempo l'anidride carbonica prodotta dalla combustione, presente in alta concentrazione nelle cellule, si diffonde attraverso la membrana cellulare e passa nei capillari: qui si lega al sangue che la porta negli alveoli polmonari.

I polmoni hanno una doppia circolazione, la circolazione polmonare trasporta sangue deossigenato dal ventricolo destro alle unità respiratorie terminali (alveoli) e viene definita perfusione. La seconda circolazione, o circolazione minore, è quella bronchiale, che nasce dall’aorta e fornisce nutrizione al parenchima polmonare.

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Lo scambio di gas avviene negli alveoli attraverso un fitto reticolo di capillari e alveoli, definito rete alveolo-capillare (figura 3). La barriera tra il gas degli alveoli e i globuli rossi ha uno spessore di 1-2 μm ed è costituita da cellule epiteliali alveolari di tipo I, da cellule endoteliali del capillare e dalle loro rispettive membrane basali. L’ossigeno e l’anidride carbonica diffondono passivamente attraverso questa barriera nel plasma e nei globuli rossi. Questi ultimi attraversano la barriera in meno di un secondo, tempo sufficiente perché avvenga lo scambio di ossigeno e anidride carbonica.

L’organismo ha sviluppato meccanismi specializzati di trasporto per ottimizzare lo scambio gassoso nella rete alveolo-capillare e nel letto capillare tissutale. Il principale meccanismo per il trasporto dell’ossigeno si trova all’interno dei globuli rossi, dove l’ossigeno si lega all’emoglobina per formare l’ossiemoglobina.

Figura 3. Rete alveolo-capillare

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Grazie alla presenza dell’emoglobina, la capacità di trasporto dell’ossigeno del sangue aumenta di 65 volte.

Per l’anidride carbonica è necessario un meccanismo di trasporto più efficiente del semplice gas disciolto in soluzione. Il primo passaggio nel trasporto di CO₂ consiste nel trasformarla in acido carbonico, grazie all’enzima AC anidrasi carbonica che ne accelera fino a 1000 volte il processo; l’acido carbonico a sua volta si dissocia in ioni bicarbonato ed in idrogenioni. Lo Ione Bicarbonato è la forma di trasporto di CO₂ prevalente (90%); il 5% è sotto forma di CO₂ disciolta nel sangue ed il 5% è costituita dai composti carboamino-emoglobinici: la CO₂ all’interno dei globuli rossi interagisce con i gruppi amminici liberi dell’emoglobina.

La respirazione è regolata dal sistema nervoso centrale, precisamente dal bulbo, localizzato nel tronco encefalico. Il bulbo, o pacemaker respiratorio, integra le afferenze periferiche, originate dai recettori polmonari e dai recettori di ossigeno dei corpi carotidei e aortici, con le afferenze d’origine centrale, per generare un ritmo respiratorio che risponda alle richieste di quel dato momento. Gli impulsi nervosi del centro di controllo stimolano il diaframma e i muscoli intercostali a promuovere la fase attiva della respirazione, ossia l’inspirazione.

Il sistema nervoso periferico integra il sistema nervoso centrale con l’ambiente e include componenti sia sensoriali che motorie. I muscoli lisci e le ghiandole delle vie aeree di conduzione ricevono l’innervazione da neuroni autonomi, mentre i muscoli scheletrici sono innervati da neuroni somatici. Il sistema nervoso autonomo del sistema nervoso periferico innerva i polmoni e svolge un ruolo fondamentale nel tono bronchiale e nella secrezione ghiandolare. La stimolazione delle vie simpatiche dei polmoni provoca quindi un modesto rilasciamento del muscolo liscio bronchiale; la stimolazione delle vie parasimpatiche, al contrario, induce costrizione delle vie aeree con dilatazione dei vasi sanguigni e aumento della secrezione ghiandolare.

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La funzione polmonare è strettamente legata alla sua struttura: negli adulti i polmoni pesano circa 1Kg e il tessuto polmonare costituisce circa il 60% del peso mentre il resto è sangue. Gli alveoli polmonari, che formano gran parte del volume polmonare, sono immersi in un tessuto chiamato interstizio polmonare, composto principalmente da collageno polmonare e che rappresenta potenzialmente uno spazio per l’accumulo di liquido e cellule presenti in corso di processi patologici o polmonari o cardiaci. L’unità anatomo-funzionale del polmone è data da una regione fornita di un bronco segmentale. Le malattie di norma coinvolgono un segmento alla volta, determinando variazioni localizzate dei rumori respiratori; è fondamentale tenere presente che le sedi delle malattie sono designate in base alla loro localizzazione anatomica. L’unità fisiologica di base del polmone è invece l’unità respiratoria, che include i bronchioli respiratori, i dotti alveolari e gli alveoli. I bronchi che contengono cartilagine e i bronchioli non respiratori senza cartilagine servono come condotti del flusso aereo; quest’area dei polmoni non partecipa allo scambio gassoso e forma lo spazio morto anatomico. I bronchi sono rivestiti di epitelio colonnare ciliato che appoggia su una membrana basale e sono circondati da muscolo liscio. Queste cellule ciliate battono ritmicamente in un liquido prodotto dall’epitelio e trasportano il muco secreto e le particelle inalate verso la trachea, dove vengono deglutite. I bronchioli sono la continuazione dei bronchi e non contengono cartilagine. Il flusso aereo nei bronchi è turbolento e veloce (è udibile con lo stetoscopio), mentre nei bronchioli è più lento e laminare e non udibile; infatti le malattie delle piccole vie aeree sono silenti.

Anche se la principale funzione dei polmoni è lo scambio di gas, essi svolgono un ruolo molto importante nella difesa dall’ospite in risposta alle sostanze inalate: il polmone, infatti, viene considerato un organo linfoide secondario in cui i linfociti maturi migrano e contattano gli antigeni locali. La principale difesa risiede in quello che viene definito tessuto linfoide associato alla mucosa: i polmoni, il sistema gastrointestinale e il sistema urinario fanno parte del sistema immune mucoso, che ha la funzione di proteggere contro la costante aggressione di antigeni e tossine ambientali.

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17 1.3.1. Proprietà meccaniche

La meccanica polmonare riguarda lo studio delle proprietà meccaniche dei polmoni e della gabbia toracica; con gabbia o parete toracica si intendono le strutture come le coste, il diaframma, la cavità addominale e i muscoli della parete anteriore dell’addome. La meccanica polmonare si divide in due tipi: la meccanica statica, che riguarda le proprietà meccaniche di un polmone il cui volume non cambia nel tempo, e la meccanica dinamica, in cui il volume polmonare cambia nel tempo.

L’interazione tra il polmone e la parete toracica determina i volumi polmonari che giocano un ruolo principale nello scambio dei gas e nel lavoro respiratorio. Inizialmente il soggetto respira normalmente e si misura con uno spirometro il

volume d’aria che viene esalato in ciascun atto respiratorio (volume corrente). Si chiede poi al soggetto di eseguire un’inspirazione massima seguita da un’espirazione forzata completa: il volume totale d’aria espirata, partendo da un’inspirazione massima fino ad un’espirazione completa, è chiamato capacità vitale. Il volume

residuo è l’aria che rimane nei polmoni al termine di un’espirazione completa;

questo volume non può essere misurato con uno spirometro, ma occorrono altre

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tecniche di misurazione come la diluizione dell’elio o la pletismografia1. La

capacità polmonare totale, data dalla somma della capacità vitale e del volume

residuo, è il volume totale d’aria contenuto nei polmoni.

La capacità funzionale residua è il volume d’aria presente nei polmoni alla fine di una normale espirazione ed è anche definita come volume di riposo del polmone.

Cosa molto importante da tenere presente è che le variazioni dei volumi polmonari sono degli indicatori precoci delle malattie polmonari. Tra questi, uno dei più indicativi è la relazione tra volume residuo e capacità polmonare totale, chiamato

rapporto VR/CPT. Nei soggetti normali questo rapporto è inferiore a 0,25: ciò

significa che il volume di aria intrappolato nei polmoni (volume residuo) è circa il 25% della capacità polmonare totale. In un gruppo di malattie, note come malattie polmonari di tipo ostruttivo, il rapporto VR/CPT aumenta a causa di un incremento del volume residuo notevolmente superiore rispetto a ciascun incremento della capacità polmonare totale. Nelle malattie polmonari di tipo restrittivo, invece, il rapporto VR/CPT è ugualmente aumentato, ma per una diversa ragione: in queste malattie il volume della capacità polmonare totale è ridotto in modo sproporzionato rispetto ad ogni riduzione del volume residuo.

I polmoni sono delle strutture elastiche, si espandono e si retraggono passivamente, tendendo sempre a raggiungere un punto di equilibrio che rappresenta in condizioni di riposo circa il 40% del riempimento polmonare, ossia equivalente alla capacità funzionale residua. Questo valore di equilibrio è mantenuto grazie da una pressione di ritorno elastico definita tensione di retrazione elastica. I polmoni sono contenuti nella gabbia toracica, anch’essa capace di espandersi e di retrarsi, anche se in misura ridotta, e di variare il suo volume grazie all’allungamento e all’accorciamento dei muscoli della parete toracica. Nei soggetti sani, i polmoni e la parete toracica si muovono sempre insieme, come un’unità.

1 Il pletismografo (dal greco plēthysmòs=aumento e gràphein=scrivere), è un'apparecchiatura medica che misura le variazioni di volume dei gas intratoracici. L'apparecchio ha la forma di una grande cabina a tenuta stagna (simile ad una cabina telefonica) nella quale il soggetto siede e respira collegando la bocca ad uno pneumotacografo (misuratore di flusso dell'aria).

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I volumi polmonari sono determinati dall’equilibrio tra le proprietà di retrazione elastica dei polmoni e le proprietà della parete toracica. La capacità polmonare totale si raggiunge quando, a causa dell’allungamento dei muscoli, le forze si riducono sino ad un punto in cui non sono più in grado di distendere ulteriormente i polmoni e la gabbia toracica. Il volume residuo si raggiunge quando la forza dei muscoli espiratori è insufficiente a ridurre ulteriormente il volume della gabbia toracica. La capacità funzionale residua è il volume del polmone e del torace alla fine di una normale espirazione ed è determinata dall’equilibrio tra la forza di retrazione elastica generata dal polmone, che tende a ridursi, e quella generata dalla parete toracica, che tende ad espandersi; questo si realizza quando queste due forze sono esattamente uguali e contrarie. Quando i muscoli della parete toracica sono deboli, la capacità funzionale residua si riduce, poiché la forza di retrazione elastica dei polmoni è maggiore della forza dei muscoli della parete toracica. In presenza di ostruzioni delle vie aeree, la capacità funzionale residua aumenta a causa della maggiore quantità d’aria che rimane intrappolata nei polmoni.

È importante definire il concetto di compliance polmonare che è la misura delle proprietà elastiche dei polmoni e riflette la distensibilità polmonare. Viene definita come variazione del volume polmonare determinata da una variazione di 1 cmH₂O2 nella pressione distendente del polmone. La compliance polmonare varia con il variare del volume polmonare: quando il tessuto elastico dei polmoni viene stirato, la sua capacità di stirarsi ulteriormente si riduce. Pertanto, un polmone che sia espanso o stirato a volumi prossimi alla capacità polmonare totale ha una bassa compliance rispetto ad un polmone che si trova alla capacità funzionale residua. Nell’enfisema il tessuto elastico è distrutto e il polmone è più distendibile, per cui, per un incremento pressorio di 1 cmH₂O, il volume diventa maggiore della norma. Viceversa, nella fibrosi polmonare, il polmone è meno distendibile e quindi più rigido, per cui per ogni incremento pressorio di 1 cmH₂O, il volume diventa più basso della norma.

2 Centimetri di acqua: unità di misura spesso utilizzata per misurare la pressione venosa centrale, la pressione endocranica grazie ad un campione di liquido cerebrospinale, oltre a determinare le pressioni durante la ventilazione meccanica o nelle reti di approvvigionamento idrico; può essere definita come la pressione esercitata da una colonna d'acqua di 1 cm di altezza a 4 °C (temperatura di densità massima) all'accelerazione normale di gravità.

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Le variazioni di pressione nel sistema respiratorio modificano i volumi polmonari. I polmoni e la parate toracica, separati dallo spazio pleurico, nei soggetti sani si muovono insieme: l’aria entra ed esce dai polmoni quando si crea un gradiente di pressione, in quanto il gas passa sempre da una regione a pressione più elevata a una a pressione più bassa, per cui, quando la pressione nei polmoni è inferiore di quella atmosferica, il gas entra nei polmoni. Durante la respirazione tranquilla, il diaframma è il muscolo responsabile del 75% del gradiente di pressione; infatti, durante un’inspirazione, questo muscolo a forma di volta si contrae e si sposta verso la cavità addominale, spingendo il contenuto addominale verso l’esterno e in basso. Poiché la superficie anteriore del diaframma è unita al bordo inferiore della parete costale, durante l’inspirazione le coste si muovono in fuori e in alto. L’effetto del movimento del diaframma e delle coste durante l’inspirazione è la creazione di una pressione negativa rispetto alla pressione atmosferica all’interno degli alveoli, con conseguente afflusso d’aria verso l’interno degli alveoli stessi.

A capacità polmonare totale, le pressioni polmonare e toracica sono entrambe positive e richiedono pressioni distendenti positive attraverso le loro superfici per mantenere i volumi. Il volume di riposo della parete toracica è il volume per il quale la pressione attraverso la parete toracica è pari a zero ed è circa il 60% della capacità polmonare totale. Per volumi superiori al 60% della capacità polmonare totale, la parete toracica si retrae verso l’interno; per volumi inferiori al 60% la parete toracica si retrae verso l’esterno.

Le variazioni della pressione alveolare e di quella pleurica durante la respirazioni del volume corrente si possono osservare in tre diverse fasi: a riposo, durante l’inspirazione e durante l’espirazione.

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SX DX

- A riposo (vedi figura 6), i muscoli respiratori non lavorano, la retrazione del polmone e della parete toracica sono uguali ma opposte, la pressione lungo l’albero tracheo-bronchiale è quella atmosferica e non vi è flusso d’aria.

- Durante l’inspirazione, nei soggetti normali (vedi figura 7), i muscoli inspiratori si contraggono e il torace si espande, la pressione intrapleurica e quella alveolare si riducono diventando sottoatmosferiche, il gas fluisce nei polmoni e il volume polmonare aumenta; quando i polmoni si espandono, la pressione cade lungo le vie aeree come il gas si muove dalla pressione atmosferica a quella degli alveoli. Il flusso aereo si arresta quando la pressione alveolare e quella atmosferica diventano uguali.

Figura 6. Pressione polmonare a riposo

Figura 7. Pressione polmonare durante l'inspirazione

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SX DX

- Durante l’espirazione (vedi figura 8), il diaframma si sposta verso l’alto nella gabbia toracica e i muscoli inspiratori si rilassano, la pressione intrapleurica aumenta e diviene quindi meno negativa, la pressione alveolare diventa positiva, la glottide si apre e l’aria fluisce di nuovo da una pressione più elevata (alveoli) ad una meno elevata (atmosfera). Nell’alveolo, la forza di spinta per l’espirazione è data dalla somma della retrazione elastica dei polmoni e della pressione intrapleurica.

L’aria fluisce attraverso un condotto quando è presente una differenza di pressione ai due capi del medesimo. Nelle vie aeree si verificano due diversi tipi di flusso aereo: con basse velocità, il flusso è parallelo alle pareti del condotto ed è definito “laminare” (quello delle piccole vie aeree); il flusso turbolento è un flusso disorganizzato e si verifica quando la velocità del flusso aumenta e, in particolare, quando le vie si suddividono (quello delle grosse vie aeree). Il flusso laminare è silente, quindi nelle malattie polmonari che coinvolgono le piccole vie aeree non si ascoltano rumori con lo stetoscopio, il flusso turbolento, invece può essere ascoltato e rilevato.

Si può verificare una certa resistenza al flusso aereo quando nelle vie aeree il gas si muove dalla trachea agli alveoli e questa resistenza è definita come la variazione di

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pressione tra il punto iniziale e quello terminale della via aerea diviso con la velocità del flusso attraverso la via aerea. Certamente questo valore cambia a seconda del calibro della via aerea a cui ci si riferisce; la resistenza delle vie aeree è, infatti, diversa nelle vie di grosso calibro, di calibro medio e di piccolo diametro. La resistenza maggiore lungo l’albero bronchiale avviene a livello dei grossi bronchi, mentre le vie aeree più piccole contribuiscono molto poco alla resistenza totale dell’albero bronchiale. Questo accade innanzitutto perché la velocità del flusso aereo si riduce quando l’area della sezione traversa aumenta (cioè nelle successive suddivisioni delle vie aeree) e secondariamente perché le vie aeree sono disposte principalmente in parallelo e la resistenza totale è l’inverso delle resistenze individuali.

Il fattore più importante in grado di modificare la resistenza è il volume polmonare, in quanto il calibro delle vie aeree aumenta con l’incrementare del volume polmonare. Con la resistenza aumentata, la respirazione a volumi polmonari elevati riduce la resistenza delle vie aeree. Anche la viscosità e la densità del gas inspirato influenzano la resistenza delle vie aeree: quando la densità aumenta, aumenta anche la resistenza. I pazienti asmatici in corso di un attacco grave sono talvolta trattati con una miscela di ossigeno ed elio, anziché di ossigeno e azoto, perché riducendo la densità del gas, si va a diminuire la resistenza delle vie aeree e a migliorare l’ossigenazione.

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1.4. I tests clinici della funzione polmonare: Prove di Funzionalità

Respiratoria (PFR)

La spirometria è la metodica diagnostica più importante per lo studio della meccanica respiratoria.

Tramite le PFR è possibile indagare ogni aspetto della ventilazione e degli scambi gassosi: i volumi polmonari statici, i volumi polmonari dinamici e la capacità di diffusione.

Per lo studio dei volumi dinamici, direttamente misurabili con la spirometria perché mobilizzabili, si esegue il test di espirazione forzata, il picco di flusso espiratorio, il test di reversibilità, il test di provocazione bronchiale.

Per lo studio dei volumi statici, non misurabili direttamente con la spirometria perché non mobilizzabili, viene usato il metodo della diluizione dei gas, in genere con l’elio, e la pletismografia corporea.

Per lo studio degli scambi gassosi si eseguono il test della diffusione del CO (DLCO) e l’emogasanalisi arteriosa.

I risultati di un’inspirazione massima e di un’espirazione completa e forzata fino al volume residuo possono essere rappresentati come spirogramma o come curva flusso/volume.

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Nello spirogramma, il volume è rappresentato nel grafico in funzione del tempo (figura 9), mentre nella curva flusso/volume (figura 10), la velocità istantanea del flusso è rappresentata nel grafico in funzione del volume. Entrambi i tests possono essere derivati dalla stessa manovra.

La spirometria fornisce quattro risultati principali3:

- La capacità vitale forzata (CVF o FVC): per misurarla il paziente viene invitato a respirare normalmente attraverso un boccaglio monouso con il naso chiuso da uno stringinaso. In questo modo verrà registrato il volume corrente (VC). Successivamente il soggetto viene invitato a compiere un'inspirazione massimale (fino a CPT), seguita da una rapida, decisa e completa espirazione (fino a VR);

- Il volume espiratorio forzato in 1 sec (FEV1 o VEMS), cioè il volume d’aria espirata nel primo secondo di un'espirazione forzata, partendo da una inspirazione completa. Questo permette di misurare la velocità di svuotamento dei polmoni;

- Il rapporto tra VEMS o FEV1 e CVF o FVC (VEMS/CVF o FEV1/FVC) o indice di Tiffeneau: fondamentale per discriminare un deficit ostruttivo da uno restrittivo. Va valutato in termini di percentuale sul teorico (es: VEMS di 0.5L diviso per una CVF di 2.0 litri ci dà un rapporto VEMS/CVF pari al 25%). Il rapporto VEMS/CVF in pazienti adulti normali oscilla tra 70% e 80%; un valore inferiore al 70% indica un deficit ostruttivo e alta probabilità di BPCO nelle decadi inferiori ai 70 anni, in quelle superiori è preferibile utilizzare il rapporto VEMS/CV (indice di Tiffeneau Europeo).

- La velocità media del flusso espiratorio nella porzione centrale della

manovra, il flusso espiratorio forzato o flusso espiratorio medio-massimo.

La curva flusso/volume registra quindi, la velocità del flusso istantaneo sia durante l’espirazione che durante l’inspirazione. Il diagramma flusso/volume fornisce dati per quattro principali test polmonari: 1) la quantità d’aria totale che può essere espirata (CVF); 2) la maggiore velocità di flusso raggiunta durante la manovra che è

3Ogni valore è considerato valore normale per ciascuno dei test di funzionalità respiratoria che variano in rapporto all’età, al sesso, all’etnia, all’altezza, al peso

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il picco della velocità di flusso espiratoria (PEF); 3) la velocità di flusso istantaneo quando rimane ancora da espirare 50% della capacità vitale; 4) la velocità di flusso istantaneo quando rimane ancora da espirare il 75% della capacità vitale.

Test di reversibilità bronchiale: il carattere di reversibilità dell'ostruzione bronchiale viene valutato in base ai risultati di una seconda spirometria effettuata dopo somministrazione di un broncodilatatore. Al paziente viene somministrato il salbutamolo, farmaco che dilata i bronchi, si fanno passare 20 minuti dopo di che si ripete la spirometria: il test di reversibilità è considerato positivo se si verifica un aumento del VEMS maggiore del 12% o pari a 200 ml ed è utile per la diagnosi differenziale fra asma bronchiale e BPCO o per rilevare la presenza di una componente reversibile nella BPCO.

 Se il VEMS aumenta almeno del 12% in valore percentuale e se tale incremento è superiore a 200mL in valore assoluto l'ostruzione bronchiale è completamente reversibile (asma bronchiale)

 Se il VEMS aumenta almeno del 12% in valore percentuale e se tale incremento è superiore a 200mL in valore assoluto, ma resta comunque inferiore all'80% del predetto, si parla di deficit ventilatorio di tipo ostruttivo parzialmente reversibile (tipico della BPCO parzialmente reversibile o dell’asma bronchiale)

 Se il VEMS aumenta meno del 12% in valore percentuale o se tale incremento è inferiore a 200mL in valore assoluto si parla di deficit ventilatorio non reversibile (tipico della BPCO non reversibile).

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Test di provocazione bronchiale: si effettua nei soggetti in cui si sospetta (anamnesi positiva) di essere affetti da iperreattività bronchiale e che presentano un quadro funzionale normale al momento dell’osservazione. Il test consiste nel far inalare per 2 minuti al soggetto per via aerosolica, durante ventilazione a volume corrente, un agente broncocostrittore (metacolina, istamina, soluzioni iperosmolari) raddoppiando le concentrazioni (0.03 - 0.0625 - 0.125 - 0.25 - 0.5 - 1 - 2 - 4 - 8 - 16 mg/ml) ogni 5 minuti. Dopo circa 30 e 90 secondi si esegue una spirometria per il calcolo del VEMS, dove a 30 secondi in genere si registra la caduta massima e a 90 secondi si ha un recupero. Si considera significativa una caduta del VEMS > 20%4. Si raccomanda al paziente di non bere caffè, tea, cola, e non mangiare cioccolato il giorno della prova.

4Guidelines for Methacoline and Exercise Challenge Testing-1999. American Thoracic Society. Am J Respir Crit Care Med 2000; 161: 309-329

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Metodo della diluizione dell’elio per la valutazione dei volumi statici: si collega il paziente allo spirometro al termine di una espirazione lenta (volume polmonare = CFR), essendo noti il volume del circuito e la concentrazione iniziale di elio si fa respirare il paziente fino ad ottenere una omogenea distribuzione del gas. Poiché l’elio non si è per nulla disperso, la quantità presente prima dell’equilibrio uguaglia la quantità all’equilibrio.

Pletismografia corporea: il paziente viene posto all’interno di una cabina pressurizzata a temperatura costante e si misurano le variazioni di pressione della cabina durante gli atti respiratori. Applicando la legge di Boyle si può ricavare il volume polmonare. La manovra consiste nel chiudere con un otturatore il boccaglio al paziente, dopo un’espirazione normale, per fargli fare durante il successivo ciclo respiratorio uno sforzo in fase inspiratoria. Possiamo così osservare che, quando il paziente inspira, aumenta il volume polmonare e aumenta la pressione in cabina (perché il suo volume di gas diminuisce). Viene calcolato il volume totale dei gas nei polmoni, compreso anche quello non ventilato (pneumotorace, bolle di enfisema).

Per quanto riguarda gli scambi gassosi vengono usati il test di diffusione con il metodo del respiro singolo e l’emogasanalisi arteriosa.

I test di diffusione valutano l’integrità della membrana alveolo-capillare e questa viene valutata generalmente impiegando monossido di carbonio (CO), dotato di altissima affinità per l’Hb (DLCO). Questo test viene effettuato facendo inalare al soggetto una miscela con CO a bassissime concentrazioni (0.3%) ed elio (He) ad una concentrazione del 10% mediante respiro singolo. Il Test del singolo respiro valuta quindi, la quantità di CO che attraversa la barriera alveolo-capillare durante un

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periodo di apnea di 10” a capacità polmonare totale. Il soggetto compie 4-5 atti respiratori a volume corrente e raggiunge il volume residuo tramite un’espirazione forzata, dopodiché compie un’inspirazione forzata fino a capacità polmonare totale (dopo aver collegato la sorgente del gas test allo spirometro) che il soggetto mantiene per 9-11” dopo i quali segue un’espirazione forzata. Al termine dell’apnea si invita il soggetto a compiere un’espirazione forzata. Dal volume di aria espirato vengono tolti i primi 750 ml (spazio morto anatomico e meccanico) e si analizza il successivo litro (rappresentativo del gas alveolare).

I criteri di accettabilità del test di diffusione sono rappresentati da:

-fase inspiratoria in meno di 4 secondi raggiungendo un volume maggiore del 90% della CV;

-mantenere il respiro a CPT per 9-11 secondi senza segni di perdita d’aria; -fase espiratoria in meno di 4 secondi; scarto dei primi 750 ml di aria eliminata; -variabilità del 5-6%5.

L’emogasanalisi arteriosa riguarda la valutazione dei valori che si hanno da un’analisi di un prelievo arterioso ed i valori di normalità sono compresi in un dato range per ogni indice preso in considerazione:

pH  7,40 (7,37-7,42) HC03-  22 - 26 mEq/L Pa02  80 - 100 mmHg BE  -1 / +1

PaC02  35 - 45 mmHg

Si misurano rispettivamente la concentrazione idrogenionica del sangue, la tensione dei gas respiratori fisicamente disciolti, la concentrazione dei bicarbonati e l’eccesso di basi, utile per quantizzare il livello di basi nel sangue e serve per diagnosticare una condizione di acidosi.

5Single-breath Carbon Monoxide Diffusing Capacity (Transfer Factor). American Thoracic Society. Am J Respir Crit Care Med 1995; 152: 2185-98

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2. SINDROMI RESPIRATORIE

Le sindromi respiratorie o malattie dell'apparato respiratorio sono disturbi che riguardano uno o più organi predisposti alla respirazione e sono tra le principali cause di morbilità e mortalità. I dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stimano che attualmente centinaia di milioni di persone soffrono di malattie respiratorie croniche e si prevede un trend in crescita per i prossimi anni: ad oggi circa 300 milioni sono affetti da asma, 80 milioni da broncopneumopatia cronico ostruttiva (BPCO) di grado moderato o grave, altri milioni soffrono le conseguenze di BPCO lievi (riniti allergiche e altre patologie respiratorie croniche). Secondo l'OMS, le più importanti malattie respiratorie non solo causano il 17% di tutte le morti, ma costituiscono una perdita del 13% degli anni di vita media di un individuo in buona salute (per invalidità o morte). L'unico modo per conciliare una ottimale assistenza sanitaria ai malati e una spesa pubblica sostenibile è prevenire le malattie respiratorie nei limiti del possibile, assicurare una diagnosi il più possibile precoce con strumenti standardizzati cui seguano terapie tempestive e appropriate, in grado di prevenire o ritardare l'invalidità, trattare i malati cronici il più possibile sul territorio.

L’impatto delle malattie respiratorie croniche, oltre a causare morti premature, ha importanti effetti negativi sulla qualità della vita e sulla disabilità dei pazienti. In Italia le malattie respiratorie, dopo le malattie cardiovascolari e neoplastiche, rappresentano la terza causa di morte e si prevede che, anche a causa dell’invecchiamento della popolazione, la prevalenza di tali patologie sia destinata ad aumentare.

Le patologie respiratorie insorgono a causa dell’azione di un insieme di fattori di rischio che possono essere classificati in due tipi:

-fattori di rischio individuali: genetici e legati alla familiarità;

-fattori di rischio ambientali: fumo di sigaretta, esposizione professionale, inquinamento atmosferico outdoor e indoor, condizioni sociali, dieta, infezioni. Tra le patologie prevenibili vi sono l’asma, le allergie respiratorie, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), le malattie professionali polmonari,

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la “sleep apnea syndrome” e l’ipertensione polmonare. Benché esistano efficaci misure preventive, le malattie respiratorie croniche sono sottovalutate, sotto diagnosticate, sotto trattate ed insufficientemente prevenute.

Tra le malattie polmonari si distinguono quelle di tipo ostruttivo e quelle di tipo

restrittivo. La sindrome restrittiva è un disturbo comune a diverse malattie

respiratorie parenchimali polmonari, pleuriche o extra polmonari in quanto limitano l’espansione del polmone e comportano un minor volume polmonare, un aumento del lavoro respiratorio e un rapporto ventilazione/ossigenazione inadeguato. L’esecuzione dei test di funzionalità respiratoria (PFR) dimostra una diminuzione della capacità vitale forzata e di altri volumi polmonari. Diversamente da quanto accade nelle sindromi polmonari ostruttive, le misurazioni dei flussi espiratori sono conservati e nella norma, così come normale appare la resistenza alle vie aeree. Nella sindrome ostruttiva, infatti, la patologia si trova nella fase espiratoria: la struttura morfo-funzionale dei polmoni resta inalterata, ma l’aria rimane intrappolata e quindi si vizia e il volume residuo aumenta.

Tramite le prove di funzionalità respiratoria (spirometria, pletismografia, diffusione del CO) si può notare la presenza di alterazioni dei valori che indicano una funzione polmonare alterata e tali tests possono essere usati per diagnosticare anormalità dello scambio gassoso e verificare, ad esempio, se si tratta di sindrome restrittiva od ostruttiva. Ovviamente bisogna ripetere periodicamente questi test per avere maggiori informazioni circa la gravità e la progressione della malattia polmonare e, qualora si stia seguendo una terapia, sulla risposta alla medesima.

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Nella curva flusso/volume normale, cioè di un soggetto sano, la velocità di flusso aumenta fino al limite massimo della curva, ma non oltre, per il fenomeno della compressione dinamica delle vie aeree6.

Nella curva flusso/volume di tipo restrittivo si hanno aumentate pressioni di ritorno elastico con armonica riduzione dei volumi polmonari e velocità di flusso conseguentemente ridotte. Il calibro delle vie aeree è normale.

Nella curva flusso/volume di tipo ostruttivo si ha una riduzione dei flussi a tutti i volumi polmonari espiratori, riduzione del picco di flusso espiratorio (PEF)7, concavità verso l’alto della curva espiratoria (più la curva è concava maggiore è il rallentamento del flusso espiratorio) e una pressione di ritorno ridotta per distruzione della componente elastica. C’è un’ostruzione delle vie aeree da secrezioni, inspessimento, collasso per perdita della forza di trazione del parenchima circostante.

6 Fenomeno per il quale c'è un punto in cui la pressione attraverso le vie aeree eguaglia la pressione che vi è all'esterno di queste. Questo punto è detto punto di egual pressione (PEP) e fisiologicamente avviene nelle vie aeree dotate di cartilagine in modo da prevenire un collasso.

7Velocità di espirazione massima con cui l'aria può essere espulsa dall'apparato respiratorio dopo che un soggetto abbia eseguito una inspirazione completa

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Come riportato nella figura 13, si può definire il tipo di deficit respiratorio tramite i valori dati dall’esame spirometrico in rapporto al predetto.

Il deficit ostruttivo viene classificato in base al FEV1 o VEMS (volume espiratorio forzato nel primo secondo) secondo la tabella sottostante (figura 14).

Figura 13. Differenze indici funzionali tra deficit restrittivo e ostruttivo

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Il deficit restrittivo, invece, viene classificato in base alla CPT, dove, se questa non è stata misurata, si considera la riduzione della CV e si parla di “restrizione dell’escursione volumetrica dei polmoni” (figura 15).

Tra le malattie ostruttive troviamo l’Asma, la Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), la Sindrome da apnee ostruttive del sonno (OSAS), le Bronchiectasie. Tra le malattie restrittive, invece, troviamo patologie della gabbia toracica, patologie neuromuscolari, lesioni occupanti spazio, fibrosi polmonare.

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2.1. La Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva

La broncopneumopatia cronica ostruttiva è una malattia polmonare progressiva, non completamente reversibile, per cui si ha una ostruzione delle vie aeree che rende difficoltosa la respirazione. I tre sintomi principali per cui il paziente con BPCO consulta il medico sono la tosse, la presenza di espettorato, la dispnea, spesso accompagnati da respiro sibilante. In molti pazienti è presente tosse cronica, più intensa al mattino; la quantità giornaliera di espettorato raramente arriva a superare i 60 ml ed è generalmente mucoso, purulento durante le riacutizzazioni infettive. La dispnea compare gradualmente nell’arco di diversi anni e nelle fasi avanzate limita le normali attività quotidiane. Al momento in cui i pazienti cominciano a lamentare dispnea hanno in genere più di 40 anni e presentano evidenza funzionale respiratoria di ostruzione al flusso aereo di grado moderato o severo. Le riacutizzazioni infettive possono verificarsi occasionalmente e sono caratterizzate da aumento della tosse e del catarro, respiro sibilante, dispnea e talvolta febbre.

La presenza di respiro sibilante e dispnea può portare ad una errata diagnosi di asma, quindi occorre fare attenzione. La presenza di sintomi correlati al sonno, in particolare la sonnolenza diurna e il russamento marcato, dovrebbero suggerire la possibilità di una concomitante sindrome di apnea ostruttiva durante il sonno, che è particolarmente frequente negli obesi. Tra i segni fisici, la presenza di sibili durante la respirazione normale e l’allungamento anche sopra i 5 secondi della fase espiratoria sono utili indicatori di ostruzione al flusso aereo. Questi segni non hanno comunque valore nella valutazione di gravità e la loro assenza non esclude la BPCO. La presenza e l’entità dei segni fisici nei pazienti con BPCO dipende dal grado di ostruzione al flusso aereo e dalla costituzione fisica del paziente. Possono essere presenti anche altri segni come la diminuzione dei suoni respiratori e la riduzione dell’espansione della gabbia toracica e dell’escursione del diaframma, ma anche questi non sono determinanti per definire il grado di ostruzione al flusso aereo; sicuramente l’evidenza di utilizzo dei muscoli accessori o di respirazione a labbra socchiuse è indice di grave ostruzione aerea. La scarsa sensibilità di sintomi e segni enfatizza la necessità di misure obiettive, come, ad esempio, le PFR, la DLCO

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l’emogasanalisi arteriosa. Se vi sono dubbi circa la gravità di una riacutizzazione, la valutazione dovrebbe essere sempre effettuata in ambiente ospedaliero.

Il fattore di rischio più importante nella BPCO è il fumo di sigaretta, ma anche quello di pipa, sigaro, e altri tipi di tabacco; anche il fumo passivo contribuisce a scatenare i sintomi respiratori. Le altre cause documentate sono le polveri, gli agenti chimici e le cause domestiche di inquinamento da combustibile. Le infezioni respiratorie della prima infanzia vengono associate con la riduzione della funzionalità respiratoria e con l’aumento dei sintomi respiratori in età adulta.

Ogni qualvolta ci si trovi in presenza di un soggetto che è stato esposto a fattori di rischio e che presenta sintomi quali tosse, espettorato, mancanza di fiato durante lo sforzo fisico, si dovrebbe considerare una diagnosi BPCO, che deve essere confermata da prove di funzionalità respiratoria che ne determinano la gravità e che permettono di seguire il decorso della malattia. La spirometria è il metodo migliore e permette di misurare la capacità vitale forzata (FVC) e il volume espiratorio forzato del primo secondo (VEMS). La gravità della BPCO, determinata in base all’anomalia della spirometria, alla gravità dei sintomi e alla presenza o meno di altre malattie polmonari, come asma e tubercolosi, è fondamentale nel programmare la terapia. Non ultimo per un corretto inquadramento è consigliabile eseguire una radiografia del torace in doppia proiezione.

La BPCO viene classificata secondo quattro diversi tipi di gravità:

- stadio 0: soggetto a rischio, che presenta tosse cronica e produzione di espettorato. La funzionalità respiratoria risulta ancora normale alla spirometria;

- stadio I: malattia lieve, caratterizzata da una leggera riduzione della capacità respiratoria;

- stadio II: malattia moderata, caratterizzata da una riduzione più consistente della capacità respiratoria e da dispnea in caso di sforzo;

- stadio III: malattia severa caratterizzata da una forte riduzione della capacità respiratoria oppure dai segni clinici di insufficienza respiratoria o cardiaca.

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I vari stadi corrispondono a dei valori dati dall’esame spirometrico che si possono osservare nella tabella sottostante (figura 16).

Ancor più recentemente le linee Guida GOLD (2014-2016) hanno modificato questa classificazione e lanciandone una nuova che suddivide le classi della BPCO in 4 (A, B, C e D) in base ai livelli del VEMS, della Dispnea (se MRC tra o > 2), del questionario CAT (se < o > a 10) e del numero di riacutizzazioni da 1 o più di 2 l’anno, che talvolta esitano in ospedalizzazioni da cui le differenti classi di rischio (figura 17) secondo il Progetto GOLD 2016.

Figura 16. Classificazione spirometrica di gravità della BPCO

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Secondo l’OMS, la BPCO è la quarta causa mondiale di morte con l’AIDS (dopo le malattie cardiovascolari, le infezioni respiratorie acute) e colpisce sia uomini che donne. Nel 2000, negli Stati Uniti, il numero di donne morte per BPCO ha superato per la prima volta quello degli uomini, in relazione all’aumentato del numero di donne fumatrici. In Cina, le malattie respiratorie croniche sono la quarta causa di morte nelle vaste aree urbane e la principale causa nelle aree rurali. Si stima che oltre il 50% degli uomini cinesi fuma, mentre l’indice nelle donne rimane basso (circa 6%). In Cina l’incidenza della BPCO negli uomini e nelle donne è circa la stessa e ciò sottolinea l’importanza di altri fattori di rischio oltre al fumo, come causa di BPCO nelle donne. Questo aumento progressivo sull’impatto globale della BPCO è il risultato dell’aumentato uso di tabacco in Paesi sviluppati ed in via di sviluppo.

La BPCO è sottostimata in quanto spesso i pazienti con sintomi di BPCO non consultano il medico e la diagnosi non viene fatta fino ad una progressione sostanziale della malattia. L’educazione dei pazienti e del personale sanitario permette di riconoscere precocemente i sintomi della malattia e di intraprendere un trattamento nelle fasi iniziali della malattia.

Spesso BPCO e asma vengono sovrapposte e certamente esiste una sovrapposizione

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tra le due, in quanto: sono ostruzioni croniche delle vie aeree, hanno sintomi comuni, e spesso compaiono nello stesso paziente. Tuttavia pur comportando entrambe infiammazione delle vie aeree, le caratteristiche intrinseche di tale infiammazione sono molto diverse e di conseguenza anche la risposta al trattamento. Mentre la limitazione alle vie aeree nell’asma è spesso completamente reversibile, sia spontaneamente o con trattamento, nella BPCO non è mai completamente reversibile e di norma è progressiva.

La BPCO è una malattia che porta a compromettere lo stile di vita, in quanto si va incontro, con l’evoluzione di essa, ad una limitazione funzionale e ad una diminuzione della tolleranza all’esercizio fisico che porta inevitabilmente a rallentare le funzioni quotidiane, spesso fino a comprometterle tanto da non riuscire neppure a camminare o a svolgere le semplici attività quotidiane.

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2.2. Outcomes principali della BPCO

Nelle linee guida gli outcomes, od obiettivi principali dello studio della BPCO, vengono divisi tra quelli per il controllo quotidiano e quelli del rischio futuro.

I primi si suddividono in due sotto obiettivi:

-quello principale prevede che i pazienti stiano meglio, che usino meno farmaci al bisogno e che possano svolgere una migliore attività fisica, perché la problematica maggiore di questa malattia è proprio la ridotta tolleranza all’esercizio;

-quello secondario, perché non parte dal controllo clinico, anche se è un indicatore indiretto di funzionalità e di controllo quotidiano, consiste nell’intervenire sulla funzione respiratoria.

I secondi, ovvero gli outcomes del rischio futuro, invece, sono quelli auspicabili in quanto sappiamo che i pazienti con BPCO sono a maggiore rischio per gli eventi acuti che sono più gravi. Questo è l’outcome che si riesce a controllare meglio, al di là degli effetti collaterali dei farmaci. In questo caso non vi è nessun intervento per modificare la progressione della malattia e la mortalità, che sono toccate solo dalla prevenzione dei fattori di rischio, in particolare del fumo di sigaretta.

Vi sono altri outcomes non previsti dalle linee guida, ma che di fatto sono affrontati clinicamente8: ogni tal volta si prende in considerazione non solo la malattia in sé, ma il paziente che quasi sempre ha patologie croniche concomitanti che sono sottostimate. Il fatto che vi siano outcomes non contemplati nelle linee guida costituisce un problema per la BPCO, perché, mentre il trattamento per la BPCO sono puramente sintomatici, quelli per le malattie concomitanti possono incidere sulla storia naturale (ipertensione, scompenso cardiaco, cardiopatia ischemica, stroke, obesità, diabete).

Il primo outcome da sottolineare in questo contesto è l’uscire dalla focalizzazione

centrale del polmone: la BPCO che si conosce è quella provocata dal fumo di

sigaretta, ma il fumo di sigaretta non dà primariamente problemi respiratori, bensì

8Relazione del Prof. Leonardo M. Fabbri, Professore Ordinario di Malattie dell’Apparato Respiratorio – Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, in occasione del XX Congresso Nazionale FADOI

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problemi cardiovascolari e tumori, per cui il paziente fumatore va visto più per questi rischi che per quello respiratorio. Bisogna tenere presente che, per ogni paziente che si presenta dallo specialista con BPCO, ci sono altre malattie croniche concomitanti che vanno valutate, prese in considerazione e soprattutto trattate.

Un altro outcome è la complessità dell’elemento cronico che è altrettanto complesso

nell’elemento acuto: nella maggior parte dei casi le riacutizzazioni non sono legate

alla BPCO, ma le chiamiamo tali, perché ci sono sintomi respiratori acuti che si sovrappongono a sintomi respiratori cronici. Queste riacutizzazioni dei sintomi, anche nel caso più specifico che si possa pensare, in realtà hanno degli effetti sistemici che possono contribuire a causare tachicardia, tachipnea, febbre, scompenso cardiaco, aumento della pressione. Quindi non solo c’è la componente dell’infiammazione dei bronchi che si sovrappone a quella cronica (riducendo il calibro delle vie aeree e modificando gli scambi gassosi), ma esistono anche gli effetti sistemici di questa infiammazione. Esistono poi le malattie concomitanti che possono provocare la riacutizzazione. È stato studiato che quando si ha una infezione in generale, ma in particolare respiratoria, esiste un elevato rischio cardiovascolare9.

Il terzo outcome è il trattamento della BPCO che è focalizzato sul quadro polmonare: oggi le raccomandazioni sono due, una che riguarda cosa fare dei sintomi respiratori e delle manifestazioni cliniche della malattia, la seconda relativa al trattamento delle malattie concomitanti come in un soggetto senza BPCO.

I farmaci più efficaci sugli outcomes quotidiani, ma anche sulle riacutizzazioni, sono i broncodilatatori; infatti il trattamento respiratorio sintomatico consiste nella somministrazione, al bisogno, di broncodilatatori a breve durata d’azione, mentre quello cronico prevede broncodilatatori a lunga durata d’azione (adrenergici Beta 2, anticolinergici come prima scelta), combinazione con steroidi o la combinazione di diversi broncodilatatori.

Questi sono gli outcomes che si dovrebbero raggiungere per ottenere un completo controllo quotidiano e del rischio futuro.

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2.3. La riabilitazione respiratoria nella BPCO

La riabilitazione respiratoria dovrebbe far parte del trattamento complessivo della BPCO e delle altre malattie respiratorie croniche. I programmi sono efficaci a qualsiasi stadio di gravità della BPCO nel migliorare la capacità di esercizio, la dispnea e la qualità della vita, nel ridurre il numero e la durata delle ospedalizzazioni, nel correggere l’ansia e la depressione associate alla patologia, aumentando la partecipazione fisica ed emotiva dei pazienti alle attività quotidiane e diminuendo così la mortalità. L’attività fisica è lo strumento più forte anche nel combattere le comorbilità che aumentano la gravità della BPCO.

I pazienti con BPCO grave diventano progressivamente meno mobili e riducono le loro attività della vita giornaliera. Il deperimento dei muscoli periferici è un reperto comune ed ha un impatto negativo sulla sopravvivenza. Il guadagno di peso corporeo, di massa e forza muscolare è associato ad una migliore tolleranza allo sforzo e ad una sopravvivenza più lunga; di conseguenza il miglioramento della funzione muscolare periferica è un obiettivo terapeutico appropriato nei pazienti con BPCO.

L’attività fisica è il predittore maggiore di tutte le cause di mortalità nella BPCO e l’aumento di essa si associa al miglioramento di prognosi, dello stato fisico e cognitivo e della sopravvivenza. Non deve quindi sorprendere che la riabilitazione abbia un effetto benefico sui sintomi e sulla qualità della vita correlata alla salute nei pazienti con BPCO stabile.

Secondo le linee guida della Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease (GOLD) la riabilitazione respiratoria dovrebbe essere offerta a tutti i pazienti con BPCO di stadio II o maggiore gravità. Le società scientifiche professionali, comprendenti l’American College of Physicians (ACP), l’American College of Chest Physicians (ACCP), l’ATS e l’ERS, raccomandano ai clinici di prescrivere la riabilitazione respiratoria ai pazienti sintomatici con un volume espiratorio forzato ad 1s (FEV1 o VEMS) di meno del 50% del valore teorico e la consigliano per

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pazienti sintomatici o con limitazioni allo sforzo con un FEV1 maggiore del 50% del teorico.

Dopo la riabilitazione i pazienti riferiscono il miglioramento della qualità della vita, la riduzione dei sintomi respiratori, l’aumento della tolleranza all’esercizio e della loro capacità di eseguire le attività quotidiane e maggiore indipendenza. Tuttavia la riabilitazione respiratoria non ha effetti sulla funzionalità respiratoria o sullo scambio dei gas (figura 19).

La maggior parte dei pazienti con BPCO ricava benefici da programmi di riabilitazione respiratoria, anche se alcune segnalazioni suggeriscono che circa un quarto dei pazienti non mostra alcuna risposta, ma gli studi non sono riusciti a identificare predittori importanti di successo o fallimento.

La difficoltà maggiore nella corretta esecuzione del programma di riabilitazione consiste nella disponibilità del paziente a svolgerlo con assiduità e coerenza. Oltre a questo, i miglioramenti attribuibili agli elementi individuali di un programma sono difficili da individuare, a causa della natura multidisciplinare della riabilitazione respiratoria e dell’ampia variabilità delle modalità terapeutiche usate. Le componenti della riabilitazione respiratoria da tenere in considerazione, infatti, sono varie: l’allenamento all’esercizio, il supplemento di ossigeno durante l’esercizio, nei casi più gravi la riabilitazione assistita, l’educazione a stili di vita corretti, tecniche di rieducazione respiratoria, allenamento dei muscoli respiratori (o

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