• Non ci sono risultati.

Sostenibilità e processi organizzativi in Provincia di Grosseto: uno studio di sociologia economica secondo la scienza della complessità

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Sostenibilità e processi organizzativi in Provincia di Grosseto: uno studio di sociologia economica secondo la scienza della complessità"

Copied!
175
0
0

Testo completo

(1)

Indice generale

Introduzione...3

Capitolo 1...

Sistemi complessi, flessibilità e approccio enactive...6

1.1 - Cosa è una sistema complesso adattivo? Introduzione alla scienza della

complessità ...6

1.2 - Economia della flessibilità ed ecologia delle idee...20

1.3 - L'approccio enactive: un'idea di mente...25

1.4 - Riassumendo...31

Capitolo 2...

La Nuova Sociologia Economica e la costruzione dell'agire...33

2.1 - Problemi e linee di ricerca nella sociologia economica...34

2.2 - L'antropologia economica di Karl Polanyi...36

2.3 -Mark Granovetter e la Nuova Sociologia Economica...42

2.4 - Costruttivismo e logiche istituzionali ...44

2.6 - La Bioeconomia di Nicholas Georgescu-Roegen: termodinamica e ambiente. .53

2.7 - Sul concetto di interesse in Sociologia Economica...58

2.8 - Riassumendo...62

Capitolo 3 ...

Le organizzazioni tra ecologia e sensemaking...64

3.1 - Il concetto di sostenibilità: Critica all'economia dell'ambiente...64

3.2 - Organizzare la complessità...73

3.3 - Sensemaking: noi produciamo ciò a cui diamo senso ...83

3.4 - Organizzazione dell'esperienza ...87

3.5 - Riassumendo...93

Capitolo 4...

Embeddedness e Embodiment: costruire significati e costellazioni di idee...94

4.1 - Mondo e significato: Cosa può dare l'approccio enactive al costruttivismo

sociologico?...95

4.2 -Sociologia economica e “enattivismo”...101

4.3 - Ecologia delle idee e Habitus...107

4.4 - Vedere i sistemi economici come sistemi autopoietici: cambiamento

dell'ecologia per un'ecologia del cambiamento...112

4.5 – Riassumendo...117

Capitolo 5...

Approccio metodologico e comparazione dei risultati della ricerca ...119

5.1- Metodologia...120

5.2.- Reportage delle interviste...125

5.2.1 - Legambiente1...125

(2)

5.2.3- Legambiente3...133

5.2.4- Riflessioni sul gruppo di Legambiente ...136

5.2.5- Impresa1...137

5.2.6 - Impresa2...140

5.2.7 - Impresa3...143

5.2.8 Riflessioni sul gruppo delle imprese...146

5.3-Comparazione dei due gruppi di soggetti e descrizione dei fenomeni osservati147

Capitolo 6...

Verso la teoria...151

6.1- La forza dell'esperienza nei sistemi sociali...153

6.1- La dimensione organizzativa...157

6.1- Dove si incontrano Creatura e Pleroma: dimensione ecologica ed economica.161

Conclusioni...165

Glossario...168

(3)

Introduzione

Questo elaborato ha lo scopo di esplorare e verificare i possibili punti di contatto tra la cosidetta “nuova sociologia economica”(Granovetter, 1986) e le “scienze della complessità” per lo studio del problema ecologico nelle organizzazioni economiche e sociali. Per farlo sarà adottato un approccio epistemologico costruttivista, come terreno comune delle teorie che saranno discusse. L'obbiettivo principale è mettere a confronto i concetti di “embeddedness” e di “embodiment”, il primo come concetto privilegiato della sociologia economica e il secondo come concetto privilegiato delle scienze della complessità.

L'embeddedness indica il radicamento delle attività economiche nella sfera sociale, implicando che esse sono influenzate da valori, norme, abitudini e relazioni. Questo concetto è ripreso da Karl Polanyi (1977) e vedremo come la sua visione di economia sia in ultima istanza una visione ricca di riferimenti ecologici, essendo l'economia un processo istituzionalizzato tra un sistema sociale e l'ambiente (che Polanyi chiama “economia sostanziale”). L'embodiment (Varela et al, 1992) indica invece come la cognizione non è un fenomeno che avviene “nel” soggetto, ma “fra” il soggetto e il mondo, è un fenomeno relazionale e quindi non ha luogo. Senza il mondo non ci sarebbe nulla da percepire, la percezione e la cognizione è sempre in tensione verso qualcosa e senza di esso (il mondo) non potrebbe versificarsi il fenomeno. Secondo questo concetto la mente non è qualcosa che appartiene a un soggetto o a un cervello, ma è un “processo” di interazione tra il corpo e l'ambiente, senza il quale non sarebbe possibile avere il fenomeno che noi chiamiamo “mente”.

Entrambi questi concetti danno molta importanza all'ambiente, il primo poiché intende che l'economia è sempre una economia di “qualche cosa” che proviene dall'ambiente in un processo istituzionalizzato socialmente, il secondo perchè intende la cognizione come cognizione di “qualcosa” costruito tra il soggetto e l'ambiente e senza quest'ultimo il fenomeno non avrebbe luogo. Sul piano delle idee entrambi i concetti abbandonano una visione centrata sull'individuo e le sue capacità di agire sul mondo e modificarlo a suo piacere, poiché l'azione, la cognizione, l'economia è sempre un fenomeno che avviene tra soggetto (o società) e mondo. Questa implicazione è molto importante perchè consiste anche in un allontanamento dal “cogito ergo sum” cartesiano e dall'”io penso” kantiano1, cosi come determina un allontanamento dal

1 Per quanto riguarda l'approccio enactive, Francisco Varela è sempre stato esplicito nell'affermare questo. Karl Polanyi non ha mai affrontato queste tematiche e non possiamo saperlo, ma i suoi concetti saranno utilizzati nell'elaborato per dare importanza all'ambiente nei processi economici e sociali secondo questa linea di pensiero.

(4)

cognitivismo rappresentazionista e dal concett di “attore atomizzato” studiato dall'economia classica. Studiare i problemi economici ed organizzativi con questo approccio significa indagare innanzitutto le relazioni tra il sistema sociale e l'ambiente che sono istituzionalizzate attraverso le relazioni tra le persone.

Il concetto di embeddedness è centrale nella cosidetta “nuova sociologia economica” innaugurata da Mark Granovetter (1985) che vede l'istituzionalizzazione dei processi economici come costruzioni sociali. Il concetto di embodiment è invece centrale nell'approccio enactive utilizzato da Francisco Varela e colleghi (1992) per descrivere come le persone (e gli organismi in generale) organizzano l'esperienza e come essa contribuisca a “costruire” l'ambiente con il quale gli organismi interagiranno. L'elaborato è centrato sulla costruzione di un approccio che vede le due teorie profondamente connesse e tale connessione sarà sostenuta anche con l'approccio ecologico di Gregory Bateson (1972), che sarà ampiamente citato nel testo, sopratutto per le sue idee riguardanti l'epistemologia costruttivista.

Lo scopo dell'approccio è quello di studiare l'esperienza, le idee e gli interessi di alcuni soggetti appartenenti ad organizzazioni economiche e sociali che si occupano di sostenibilità ambientale e come queste siano radicate (embedded) socialmente. Nella parte finale dell'elaborato saranno presentati, discussi ed elaborati i risultati della ricerca condotta nella provincia di Grosseto in Toscana, basata su interviste qualitative semi-strutturate a sei membri che lavorano in organizzazioni che si occupano di sostenibilità ambientale (tre membri dell'associazione ambientalista Legambiente e tre membri di imprese economiche del territorio). La domanda di ricerca è consistita in:

“Quali sono i pattern ricorrenti nelle relazioni tra esperienze e idee nei soggetti economici che hanno deciso di adottare cicli di produzione ecologicamente sostenibili? Questi pattern sono gli stessi anche nelle persone che hanno una sensibilità ambientale ma che non operano in settori economici? (come i membri di Legambiente) Quali sono le esperienze e le idee che possono favorire l'adozione di uno stile di vita ecologicamente sostenibile?”

L'approccio enactive alla sociologia economica può studiare come le esperienze e le idee sono radicate contestualmente e socialmente e come questi contesti conferiscono significato alle esperienza e viceversa.

È consigliabile per motivi pratici vedere l'elaborato come formato da due parti complementari: la prima dal carattere teorico e centrata sulla scienza della complessità, approccio enactive, sociologia economica e organizzazioni e la seconda dal carattere empirico, centrata sull'esposizione del metodo di ricerca, discussione dei risultati e teorizzazione di quest'ultimi. Il capitolo quattro può essere visto come ultimo capitolo della parte teorica poiché consiste nella organizzazione dell'approccio enactive alla sociologia economica riprendendo i concetti discussi precedentemente, mentre il capitolo 5 dove sono discusse le interviste può essere visto come primo capitolo della parte empirica. In altre parole dal primo capitolo fino al

(5)

quarto tratteremo della discussione teorica dell'approccio, dal quinto capitolo fino alla conclusione dell'elaborato, il testo sarà dedicato alla discussione e teorizzazione della ricerca empirica.

I punti di contatto tra scienze sociali e scienze della complessità sono stati storicamente molto pochi anche se brillanti, basti pensare ai contributi di Gregory Bateson, Paul Watzlawick e Niklas Luhmann, ma nessuno di loro ha mai parlato esplicitamente di contatti tra la sociologia economica e scienze della complessità. Scopo di questo elaborato è infatti quello di costruire e testare un approccio che possa essere un terreno di discussione per cercare di connettere le due correnti teoriche. In fondo all'elaborato è presente un glossario con le definizione ricorrenti presenti nel testo, utilizzabile dal lettore e consultabile durante la lettura dei capitoli.

(6)

Capitolo 1

Sistemi complessi, flessibilità e approccio enactive

1.1 - Cosa è una sistema complesso adattivo? Introduzione alla scienza della complessità

In questo paragragrafo discuteremo una possibile definizione di sistema complesso e il suo ruolo all'interno delle scienze della complessità. Da notare che comunemente gli studiosi dicono “scienze” e non “scienza” della complessità, sottolineando il fatto che esistono più approcci per studiare la complessità, ognuno con le sue tradizioni teoriche e idee. Obbiettivo di questo paragrafo è anche dare una definizione di scienze della complessità indicando i vari approcci e discutere come ci simuove tra essi.

Prima di procedere verso la discussione delle scienze della complessità, è d'obbligo rispondere a una domanda fondamentale: che cosa è un sistema? Un mucchio di pietre in una cesta è un sistema? No, è semplicemente un mucchio non organizzato di elementi (i sassi), dove le singole pietre non hanno alcuna relazione tra loro, se non quella di toccarsi fisicamente, ma fra loro non comunicano, non vi sono sottosistemi e non c'è alcuna struttura funzionale.

Un sistema invece è un'unità che emerge dall'interazione organizzata di vari elementi che compongono sistema più grande che li comprende, in modo tale che modificando e togliendo uno di questi elementi, il comportamento del sistema si modifica. Sono sistemi ad esempio una cellula, un animale, una società e gli ecosistemi poiché l'interazione organizzata degli elementi fa si che un sistema si comporti in modo diverso dalle sue parti prese singolarmente. I sistemi complessi oltre a essere formati da elementi semplici, possono essere formati anche da altri sistemi, detti in questo caso sotto-sistemi ( come può essere la cellula in un'animale, o l'ufficio marketing in un'azienda).

Il mondo naturale e artificiale in cui viviamo può essere studiato come composto da sistemi a loro volta formati da sottosistemi. Cerchiamo di immaginare ad esempio un ecosistema naturale: esso è un sistema complesso formato da numerosi elementi in interazione, come gli animali che lo popolano e la vegetazione Nella popolazione animale risiedono numerosi altri sistemi complessi, come la popolazione dei leoni o delle zebre. Potremmo dire ancora che i leoni e le zembre sono formati da organi e a loro volta da cellule che possono a loro volta essere studiati come sistemi, ma sarebbe prematuro senza prima aver dato una buona definizione di sistema complesso.2

(7)

Alberto Gandolfi da questa definizione di sistema complesso adattivo che al momento può essere sufficientemente esaustiva:

“è un sistema aperto, formato da numerosi elementi che interagiscono tra loro in modo non lineare e che costituiscono una entità unica, organizzata e dinamica, capace di evolvere e adattarsi all'ambiente.3” (Gandolfi, 1999)

Un sistema aperto è in comunicazione con il suo ambiente e riceve dei flussi di informazione su di esso, i flussi di entrata vengono chiamati in-put e quello che ne esce sotto forma di reazione del sistema è un out-put (linguaggio molto utilizzato dagli studiosi di informatica) inteso come comportamento di un organismo in risposta ai vari in-put dell'ambiente. Il sistema “albero” riceve la luce solare come in-put, con la fotosintesi clorofilliana la elabora e produce il suo out-put sotto forma di zuccheri che dalla foglia andranno a nutrire tutta la pianta, rilasciando ossigeno nell'ambiente che a sua volta sarà un in-put per il mondo animale attraverso la respirazione.

Allo stesso modo agisce il “sistema cervello”, riceve in-put dall'ambiente come i suoni, le immagini, gli odori e presenta out-put come pensieri e emozioni, che attraverso segnali nervosi saranno diretti ad altre parti del corpo trasformandosi in azioni che intervengono nell'ambiente.

è bene notare subito che sistemi chiusi in natura non esistono. Un sistema chiuso è isolato completamente dall'ambiente che lo circonda, senza che in esso entri nulla o esca nulla. Questi sistemi esistono solo in laboratorio e come modelli teorici, usati in matematica e fisica il più delle volte. Un sistema complesso necessita di continui flussi di energia dall'ambiente per poter vivere e operare. Guardiamo all'esempio del pianeta terra come sistema, se il flusso di energia solare (in-put) diretto verso il nostro pianeta cessasse di colpo, la vita scomparirebbe in poco tempo, non ci sarebbe mai più fotosintesi, di conseguenza non ci sarebbero più vegetazione, animali e società umane.

Questo tipo di esempio può essere spiegato anche attraverso la seconda legge della termodinamica, la quale afferma che all'interno di un sistema chiuso il “disordine” (termine che è stato molto “antropomorfizzato” dai fisici) dei suoi elementi tenderà sempre ad aumentare, fino al raggiungimento dell'equilibrio termico. La fisica misura l'equilibrio termico di un sistema tramite l'”entropia”, che può essere utilizzata a sua volta per misurare il “disordine” nei sistemi fisici, chimici e biologici.

un sistema per chiarezza espositiva. In realtà la demarcazione tra interno/esterno non è di facile definizone, ma il risultato finale di un osservazione che può variare anche radicalmente in base all'osservatore. Nel terzo paragrafo di questo capitolo problematizzeremo maggiormente il ruolo dell'osservare con altre teorie, per dire che una chiara e netta distinzione tra il sistema e il suo ambiente non è sufficientemente oggettiva e dipende dall'unità d'analisi di ciò che si osserva. Anche la definizione che segue sarà ritratta nel corso dei capitoli per sottolineare il carattere osservazionale. 3 Questa definizione di sistema complesso adattivo è debitrice nei confronti della Teoria Generale dei

(8)

L'entropia è un termine che si usa in termodinamica e nella teoria dei sistemi per descrivere il grado di “disordine” e il grado di “equilibrio” di un sistema , cioè possiamo dire che quando un sistema passa da uno stato di equilibrio (ordinato) a uno di disiquilibrio la sua entropia aumenta e questo ci può fornire indicazioni sulla direzione e sul comportamento del sistema. Facciamo un esempio: prendiamo un recipiente e dividiamolo a metà, in ciascuna di queste metà mettiamo due gas diversi. Questa situazione di equilibrio con basso disordine e quindi bassa entropia, poiché in questi due compartimenti stagni avremo solamente moltecole del medesimo gas, ma se decidessimo di aprire la palafitta, i due gas si mischierebbero e otterremo una situazione di disequilibrio e quindi di alta entropia. Questa situazione con il tempo tornerà ad avere una entropia bassa mano a mano che i due gas si mescoleranno completamente, e le temperature date dalla velocità delle molecole che si muovono in manierà diverse troveranno un equilibrio.

Invece il termine “non lineare” all'interno della definizione di Gandolfi significa che variando in modo regolare l'in-put, la variazione di out-put può non essere lineare e proporzionale all'incremento di in-put al contrario dei sistemi lineari dove l'incremento di in-put è seguito da un aumento sempre proporzionale dell'out-put. La grandezza di uscita di un sistema complesso, cioè il comportamento di un sistema non è quindi necessariamente proporzionale alla grandezza di entrata, cioè ai suoi stimoli.

Bateson richiamando Carl Gustav Jung afferma che quella che noi stiamo esponendo come differenza tra sistemi lineari e non lineari è la differenza che c'è tra la creatura e il pleroma, quest'ultima è il mondo degli urti e delle spinte (in altre parole è il mondo della fisica, come dice Bateson) mentre la creatura è quello che per Bateson è la mente, il mondo della vita. Se noi diamo un calcio a un sasso possiamo prevedere con relativa precisione il risultato, mentre se diamo un calcio a un cane è impossibile prevede con esattezza il suo comportamento, potrebbe fuggire oppure attaccare il suo aggressore'' ( Bateson G. 1972). Il calcio che do al sasso segue un'equazione del tutto lineare, perchè il peso moltiplicato per la forza che esercito con il mio calcio avrà una reazione del tutto prevedibile, come la distanza che raggiungerà. Il cane essendo un sistema complesso e avendo un'ontogenesi esperienziale propria, avrà dei comportamenti di sistema non per forza lineari e non del tutto prevedibili.

I fenomeni di natura lineare sono quelli dei processi fisici a livello microscopico e molecolare come il trasporto di calore o la viscosità di un liquido, o più in generale che si attengono al campo di studi della fisica, come per l'esempio del calcio al sasso. Qui sorge anche un problema di natura epistemologica: stabilire che cosa è un in-put (azione) e che cosa un out-put (reazione) in un sistema complesso non è oggettivamente identificabile come si potrebbe pensare, ma è una operazione logica che facciamo noi in quanto “osservatori” e due osservatori distinti potrebbero non essere d'accordo sull'attribuzione di azione o reazione esercitata (sul e dal sistema). Quindi è bene sottolineare che non c'è nessuna determinazione esaustiva della

(9)

reazione conseguente a uno stimolo.

Un altro comportamento dei sistemi complessi è il feedback (che può essere come vedremo, negativo o positivo), dove in una rete di processi, un processo può influenzarne un altro che lo precede nella sequenza. Quando stiamo piantando un chiodo su un muro, il primo colpo che diamo con il matrello ci restituisce informazioni sull'azione che stiamo eseguendo e sulle cose con cui interagiamo ( la durezza del muro, la robustezza del chiodo ecc). L'informzione che ne traiamo influenza il colpo successivo correggendolo, oppure amplificando l'azione. Il primo è il feedback negativo (correttivo), il secondo è il feedback positivo (amplificatore di oscillazioni). Come vediamo nell'immagine 1.4

Dobbiamo sottolineare che quando usciamo dalla logica lineare (di causa-effetto) e introduciamo il concetto di feedback, entriamo in una logica circolare ed è impossibile determinare il momento nel quale il processo ha avuto inizio. Ad esempio a proposito dell'atto di un leone che inseguire una gazzella non è di facile comprensione stabilire se è il leone ad aver cominciato a rincorrere, oppure è stata la gazzella ad aver generato lo “stimolo” che il leone ha interpretato come un “carattere eccitante”.5

Il feedback (o “retroazione”) è quindi la capacità di un sistema complesso di tener conto dei risultati del comportamento del sistema stesso e modificare il comportamento futuro del sistema in base all'informazione che trae dall'ambiente. E' uno strumento importante per un sistema complesso, in quanto mantiene la stabilità identitaria di un sistema, mantenendo le variabili che lo compongono costanti. Questi è lo strumento interattivo che conferisce efficacia all'omeostasi, che è la capacità del sistema di mantenere la propria identità di fronte alle perturbazioni che provengono dall'ambiente.

4 Il significato di “positivo e “negativo” del feedback non deve essere presa come un giudizio di valore, poiché entrambi possono determinare delle “correzioni”.

5 Questo verrà problematizzato maggiormente quando parleremo della teoria dell'autopoiesi e del cosidetto “approccio enactive” nel terzo paragrafo, sottolieando maggiormente che non è chiara una distizione precisa tra le azioni di un sistema e quelle di un'altro, poiché ognuno genera quelle dell'altro.

Immagine1: processo di input-output-feedback e di

nuovo input.

(10)

Un sistema ha quindi la capacità di regolarsi per mantersi in una forma costante, soprattutto grazie al feedback negativo. Un classico esempio di omeostasi è il caso della febbre in un organismo, dove di fronte a una infiammazione batterica, la temperatura dell'organismo si alza per combattere l'infezione tornando a uno stato di equilibrio correggendo la deviazione, oppure come il caso della sudorazione dove di fronte all'innalzamento della temperatura nell'ambiente il corpo emmette sudore poiché attraverso l'evaporazione il corpo torna in una situazione di equilibrio termico.

È un meccanismo di riequilibrio importante perchè intervenendo come cambiamento somatico in risposta alla pressione ambientale per proteggere la costanza progressiva di quelle variabili in cui i cambiamenti sono normalmente lenti e di piccola ampiezza (Bateson G. 1977). Bateson su questo tema fa l'esempio, in relazione alla flessibilità, dell'equilibrista sulla corda, dove per mantenere la sua premessa fondamentale “io sono sulla corda” deve passare da uno stato di cambiamento che in quel momento garantisce alcune costanti necessarie. Aiutandosi con le braccia certe variabili come la posizione delle braccia e la loro velocità di movimento, devono avere una grande flessibilità, che l'acrobata sfutta per mantenere la stabilità di altre caratteristiche più fondamentali e generali. Se le sue braccia sono bloccate o paralizzate (cioè isolate dalla comunicazione) egli cade (Bateson, 1972). Come vedremo nel paragrafo successivo il tema della flessibilità è un importante risorsa non solo per mantenere stabilità ma anche per il cambiamento.

L'ultima caratteristica da commentare che appartiene alla definizione che ci siamo dati di sistema complesso è il concetto chiave dell'adattamento: i sistemi complessi non sono infatti entità statiche “catapultate” (Varela et al, 1990) nell'ambiente, ma in quanto sistemi dinamici sono capaci di “percepire” cosa succede nell'ambiente che li circonda e di reagire a questi stimoli e cambiamenti ambientali, ma anche di evolvere trasformando le loro strutture in modo che l'adattamento avvenga con migliore efficacia.

Abbiamo fino a qui elencato le caratteristiche e le proprietà principali di un sistema complesso, adesso possiamo passare alla definizione di scienze della complessità e discutere i vari approcci.

Possiamo ora descrivere le scienze della complessità come quell'insieme di scienze e approcci che studia i sistemi complessi, rinunciando alle assunzioni di linearità e riduzionismo, ma che studia le proprietà del sistema che emergono dall'interazione dei comportamenti delle singole parti, includendovi anche non le proprietà entrinseche oggettive, ma piuttosto le proprietà dell'insieme che sono costruite dal soggetto osservatore.

Non è compito di questo elaborato riportare uno studio approfondito e fedele dei paradigmi della complessità, poiché nei paragrafi successivi verranno discussi solo alcuni approcci che sono inerenti con la ricerca , ma per chiarire le idee al lettore è necessario discutere tali approcci nelle loro caratteristiche generali e parlare del pensiero degli autori che ne hanno fatto la storia.

(11)

Possiamo cominciare a intravedere il primo paradigma della complessità nella Cibernetica di Norbert Wiener da cui nascono i concetti di feedback e omeostasi. Questo filone di studi sin dagli esordi si caratterizza per una vivace interdisciplinarietà6 e con una spiccata attenzione del comportamento, uno dei suoi pregi è di aver messo in luce il concetto di “informazione” nell'interpretazione dei fenomeni della vita, sia all'interno dell'organismo, che tra questi e l'ambiente. Inizialmente la proposta di Wiener era utilizzare questi concetti per studiare le macchine costruite dall'uomo e il nascente campo di studi inerente all'inteligenza artificiale, proposta abbracciata anche da altri esponenti come Von Neumann, McCulloch, Pitts e Ashby che oltre a studiare le moderne calcolatrici digitali, si sono interessati anche all'estensione di questo metodo allo studio delle funzioni cognitive del sistema nervoso. Wiener si mostra molto scettico sull'estensione dei suoi concetti al campo delle scienze sociali, promosso invece da Margaret Mead e Gregory Bateson (ampliamente citato in questo paragrafo) e in seguito molto altri.

I concetti di omeostasi e feedback della Cibernetica di Wiener, in quanto concetti formali è possibile utilizzarli per leggere i processi che sono oggetto di studio della sociologia economica e dell'economia in generale. Ad esempio se guardiamo al sistema economico come un sistema complesso possiamo vedere come in-put una serie di variabili economiche come il debito pubblico, la disoccupazione e il prodotto interno lordo ( a livello macro) e gli investimenti, le rendite e le perdite (a livello micro) e vedere gli scostamenti tra il livello atteso di crescita/vendite (cioè il comportamento del sistema) come viene riemesso attraverso feedback positivi e negativi ne gli input del sistema per correggere le previsioni. Possono essere feedback correttivi o accrescitivi, rispettivamente negativo e positivo.

L'omeostasi è il processo di autoregolazione che tende a mantenere stati di sistema desiderati (dobbiamo dire a volte anche indesiderati), questo può essere tradotto all'interno dei rapporti economici nello organizzazioni con il fatto che le organizzazioni vogliono ovviamente continuare ad esistere e per farlo, devono passare da uno stato di stabilità ad uno di istabilità per mantere costanti le variabili fondamentali e regolarsi con le perturbazioni che provengono dall'ambiente, che in questo caso è il mercato. È intenzione di questa ricerca utilizzare i termini di feedback e omeostasi come concetti per leggere le interviste e ripercorre i processi delle organizzazione.

6 Questo filone di studi si caratterizza anche per la volontà genereale di cercare un paradigma che potesse essere strasversale alle varie discipline. Basti pensare alla prima conferenza nel 1942 alla Josiah Macy Jr. Foundation dal titolo “seminario sull'inibizione mentale” nel quale si incontrarono un gruppo di studiosi di scienze naturali tra i quali A.Rosenbleuth (che aveva lavorato con Winer e Bigelow) e W.McCulloch( che sviluppò il primo modello cibernetico del funzionamento e della trasmissione di informazioni per mezzo dei neuroni); Unitamente a un gruppo di studiosi di scienze sociali quali G.Bateson, M.Mead,e L.K.Frank. L'esperienza dal 1946 venne ripetuta dieci volte nello spirito di una nuova rivoluzione non solo scientifica ma sopratutto epistemologica (Heims, 1994). anche se non mancarono scietticismi al pensiero di traferire i concetti cibernetici nel campo delle scienze sociali.

(12)

L'introduzione di una teoria generale dei sistemi invece è ad opera di Luwig Von Bertallanfy, dove, ispirato dalla prima cibernetica, cerca di dare delle leggi universali che siano comuni a tutti i sistemi. Possiamo dire con Von Bertallanfy che la teoria generale dei sistemi è “La scienza che studia le leggi del funzionamento dei sistemi”(Von Bertallanfy, 1968). La definizione di sistema complesso che abbiamo dato all'inzio del paragrafo è ispirata alla sua opera.

Uno dei punti cardine della teoria generale dei sistemi è il concetto di “equifinalità”, che sta a significare che il comportamento del sistema non è influenzato dalle condizioni iniziali, bensì due sistemi con condizioni iniziale diverse posso avere lo stesso comportamento e due sistemi con condizioni iniziali uguali possono avere comportamenti diversi. Von Bertallanfy accetta il postulato di Aristotele secondo cui “il tutto è più della somma della singole parti” e per la sua teoria questo implica che, ogni sistema sia costituito da più elementi (almeno due), che le unità siano interdipendenti e che gli elementi risultino coordinati in relazione alla comune tendenza che è lo svolgimento di funzioni generali.

Vedere le organizzazioni come sistemi complessi significa osservare le organizzazioni come sistemi vitali aperti evidenziando le relazioni tra le organizzazioni stesse e l'ambiente. Citando Von Bertalanffy per un'ulteriore appendice di definizione di sistema complesso possiamo dire che “un sistema è un complesso di elementi in interazione tra loro, dove gli elementi P sono connessi da una relazione R, in modo tale che il comportamento di un elemento P in R sarebbe diverso da quello che sarebbe nella relazione Z” (Von Bertalanffy, 1968).

Quindi si presuppone degli elementi, delle relazioni e un osservatore. Quest'ultimo sarà problematizzato più avanti nel corso dell'elaborato ma per adesso ci limiteremo a definire un sistema complesso nelle sue caratteristiche formali. Come abbiamo già detto, un sistema aperto è in comunicazione con il suo ambiente attraverso dei flussi, che possono essere materiali, energetici o d'informazioni. Quello che per i sistemi biologici sono molecole, cellule, specie e ambiente, nei sistemi sociali sono individui, gruppi, organizzazioni, popolazioni (Morgan, 1986) ognuno dei quali è portatore di bisogni complessi. Anche se questa similitudine occore che sia vista più come una metafora che come un aspetto ontologico, aiuta a sottolineare i caratteri generali dei sistemi complessi che possono essere applicati a più discipline. Ciò non toglie che ogni sistema complesso, sia esso naturale o sociale, abbia delle sue caratteristiche uniche e irripetibili.7

L'organismo è in continuo interscambio con l'ambiente, fondamentale per la conservazione della vita e forma del sistema, attraverso un ciclo continuo di in-put, trasformazione interna, out-put e feedback correttivi o accrescitivi, dove ogni elemento influenza il successivo in un processo circolare. I sistemi aperti possono manifestare aumenti di entropia (disordine) come i

7 Ad esempio in un sistema sociale come può essere un posto di lavoro, l'individuo ha la possibilità di modificare il sistema (il posto di lavoro) ,cosa impensabile per la cellula, dove non può modificare il sistema al quale appartene (L'organismo)

(13)

chiusi, compensando ciò con un aumento di entropia nell'ambiente (Von Bertallanfy 1968). Von Bertallanfy racchiude questo processo nel concetto di Living flame, utilizzando la metafora della fiamma sul fiammifero che mantiene identità strutturale consumando il legno e bruciando ossigeno scaricando entropia nell'ambiente per mantere l'identità.

L'organizzazione di un sistema è funzionale ai suoi flussi d'informazione, controllati e pianificati, determinando cosi la qualità delle relazioni del sistema, come accade in un'azienda. Il ruolo fondamentale della gerarchia in un sistema è il controllo di un sistema composto da numerosi elementi interagenti che devono agire in modo coordinato e armonioso (Gandolfi, 1999).

La teoria dei sistemi (Von Bertallanfy,1968) prevede che i sistemi siano composti da sotto-sistemi e che a loro volta, possono avere come sotto-sotto-sistemi altri sotto-sistemi. Cosi come l'uomo è un sistema ed è composto da sottosistemi come gli organi e le cellule, ma a sua volta l'uomo è un sottosistema della società e dell'ecosistema che lo ospita. Ogni gradino superiore nella gerarchia acquista proprietà che non esistevano nel gradino precedente, grazie all'accoppiamento strutturale di due o più sottosistemi avviene l'emergenza di nuove proprietà di cui gode il sistema superiore.

Cosi come è possibile

conoscere le cartteristiche dell'ossigeno e dell'idrogeno, ma in

nessuno di questi due componenti possiamo trovare le proprietà dell'acqua, le quali

emergono dall'accoppiamento di questi due. Ogni volta che saliamo un gradino

gerarchico, le possibilità creative e combinatorie aumentano esponenzialmente.

Hermann Haken, fisico tedesco fondatore della sinergetica, parla in tal senso di principio di asservimento (che però non riguarda in alcun modo le scienze sociali in maniera determinante): Gli elementi di un livello gerarchico inferiore, una volta organizzati in un sistema, vengono asserviti al livello superiore, al comportamento globale del sistema, riducendosi cosi anche la libertà di cui godono gli elementi di un sistema. Se è vero, come diceva Aristotele, che l'insieme è più della somma delle proprie parti (in quanto ha acquistato nuove proprietà) è vero anche che è qualcosa di meno, nel senso che i singoli sottosistemi vedono ridotta la propria libertà, strutturandosi in una modalità compatibile con il sistema di cui farà parte (Morin, 1985).

In una Organizzazione, come vedremo, si verifica il medesimo fenomeno: gli infiniti gradi di libertà degli individui vengono ridotti, incanalati e organizzati, al comportamento emergente del livello gerarchico superiore, che è l'organizzazione (cosi come nella società in generale).

L'entropia nella sua accezzione più formale può essere definita all'interno dei sistemi sociali come la perdita progressiva delle relazioni che integrano un sistema (Maturana direbbe “reti di processi”). Quando le organizzazioni operano vicino a uno stato di equilibrio, la stabilità prevale attraverso l'omeostasi, se lontani dal punto di equilibrio invece abbiamo una biforcazione (un bivio) dove il sistema può morire oppure può sviluppare delle nuove proprietà emergenti (Escalante et Al, 2007).

(14)

Il sistema dispone in ogni situazione di un numero di stati probabili, il cosiddetto comportamento spontaneo di un sistema (è tale perchè è uno stato raggiunto senza l'applicazione di energia) è un comportamento che cade nell'area della situazione più probabile e non essendo stata applicata energia non tende a tornare in una situazione iniziale. I processi spontanei portano l'entropia a aumentare, quindi grado di disordine interno emergente da dover scambiare con l'ambiente. Lo stato di equilibrio è quindi il punto del sistema dove l'entropia è massima, ma è comunque il comportamento di sistema più probabile, esattamente come Jung amava definire l'archetipo con la metafora del fiume, dove la vita tende a cadere e ripercorrere i punti dove le sponde sono più scavate e più antiche e quindi più facile caderci.

Quanto detto fino ad ora è un'analisi degli elementi e delle relazioni di un sistema, ma come detto all'inzio oltre a gli elementi e le relazioni tra elementi, non possiamo trascurare il ruolo dell'osservatore.

L'osservatore è stato problematizzato da un'altra corrente delle scienze della complessità, quella che è stata definita Cibernetica di secondo ordine. Se la prima cibernetica è stata definita forse in modo provocatorio “ingegneristica” qualche studioso ha definito la seconda “biologistica” (Chiuppesi, 2009).

Iniziata da Heinz Von Foerster, la seconda cibernetica è interessata all'auto-organizzazione dei sistemi e alla loro morfogenesi, spostando l'attenzione dai sistemi osservati ai sistemi osservanti (Von Foerster, 1963), il quale sottolinea il fatto che la cognizione è conseguenza dell'auto-organizzazione, dicendo che l'immagine che abbiamo del mondo è una rappresentazione relazionale degli oggetti e eventi (vedremo tra qualche paragrafo che l'ipotesi della “rappresentazione” verrà fortemente criticata dai fautori dell'approccio enattivo).

L'includere l'osservatore nell'osservazione porta a considerare il processo di costruzione dell'oggetto e la scelta del punto di vista del soggetto, poiché è l'osservatore che decide in cosa consiste il sistema osservato e traccia il confine tra sistema e sfondo (Ceruti 1991), abbracciando di fatto la teoria del costruttivismo (costruttivismo in senso debole, cioè la realtà non è immediatamente accessibile ma sono gli osservatori che compiono operazioni di costruzione della realtà. Tra alcuni studiosi, in particolare Bateson è ridondante il concetto di “la mappa non è il territorio”8, sottolineando il fatto che la mappa la appresentazione che noi

facciamo della realtà non è la realtà stessa, ma è un modello che l'osservatore realizza in base ai suoi dati).

Von Foerster dimostra all'interno dei suoi saggi come ogni organo di senso del corpo umano sia “cieco” alla qualità degli stimoli cui è sensibile, ma risponda solo alla quantità di questi stimoli, von Foester ne deduce che la natura fisica degli stimoli non è codificata nell’attività nervosa e pertanto pone la domanda: in quale modo il nostro cervello evoca la tremenda varietà

8 Il concetto deve la sua paternità ad Alfred Korzybiski (1879-1950), filosofo e matematico che ha ispirato e influenzato numerosi studiosi, tra cui Gregory Bateson.

(15)

di questo mondo pieno di colori, come noi ne abbiamo esperienza in qualsiasi momento da svegli, e talvolta nei sogni mentre dormiamo? Von Foerster da la seguente risposta:

“Gli oggetti e gli eventi non sono esperienze primitive. Oggetti ed eventi sono rappresentazioni di relazioni. Dato che ‘oggetti’ e ‘eventi’ non sono esperienze primitive e così nono possono rivendicare uno status assoluto (oggettivo), le loro interrelazioni, l’’ambiente’ è un affare meramente personale, i cui vincoli sono fattori anatomici o culturali.” ( Von foerster, 1972)

L’immagine che abbiamo del mondo è quindi una rappresentazione relazionale, sulla quale continuamente ritorniamo nel corso dei processi percettivi, fortemente influenzata dalla nostra struttura materiale e simbolica. Le proprietà che attribuiamo agli enti del mondo sono in realtà proprietà delle nostre rappresentazioni del mondo. La stessa informazione, che tanta parte ha nelle teorizzazioni sociologiche anche contemporanee, viene considerata da von Foerster come una relazione tra il sistema osservante e l’ambiente (che esiste in funzione del sistema osservante stesso) (Ampola, 2009).

I sociologi possono apprezzare la cibernetica di secondo ordine poiché avendo un'auto-organizzazione simile, gli uomini possono comprendere altri uomini e le loro esperibilità in modi simili, che è poi la base dell'intersoggettività. Ma l'esperienza del mondo tra gli uomini non può mai essere identica e non può mai concidere con il significato di un'altro, come dice Alfred Schutz (Muzzetto 1997). Luigi Muzzetto, Sociologo Fenomenologo dice :

“Io do per scontato che gli altri facciano altrettanto, che , se il mio qui coincidesse con il suo li, farei le stesse esperienze tipiche dell'altro e viceversa che, se l'altro si ponesse al mio posto, farebbe le mie esperienze tipiche. In altre parole do per scontata la possibilità di una sovrapposizione dei sistemi di coordinate”(Muzzetto 1997).

Il costruttivismo della seconda cibernetica ha molto in comune con il costruttivismo della sociologia della vita quotidina e può essere un buon paradigma per studiare dei sistemi sociali complessi come le organizzazioni che operano nel mercato. Sopratutto dobbimo vedere il costruttivismo un'epistemologia critica per la sua capacità di problematizzare l'osservatore stesso e sottolieando il rapporto tra conoscenza e realtà. Lo studioso dei sistemi sociali è un “osservatore di un osservatore che osserva e a sua volta è osservato osservando” (privilegiando il costruttivismo di Gregory Bateson secondo cui la realtà non può essere conosciuta direttamente, ma solo attraverso modelli).

Ma cosa significa che i sistemi hanno una auto-organizzazione? L'auto-organizzazione è strettamente legata alla gerarchia dei sistemi. Si osserva infatti che il risultato

(16)

dell'organizzazione è spesso un nuovo livello gerarchico, cosi come i singoli neuroni si auto-organizzano in una struttura di estrema complessità che chiamiamo cervello, dando luogo a proprietà come l'inteligenza e alla coscienza. O ancora come , gli operai riuniti in un gruppo di lavoro si organizzano in modo autonomo per la gestione di un lavoro di fabbrica. A ogni determinato livello gerarchico ogni elemento di un sistema agisce spinto da regole che sono “relativamente autonome” e rispondono alle regole della propria auto-organizzazione, la sua struttura interna è importante quanto le sue interazioni con altre componenti del sistema.

Il fisico e filosofo Walter Ebling definisce l'auto-organizzazione come “un processo irreversibile, che grazie all'azione cooperativa di sottosistemi porta a strutture più complesse nel sistema globale” (1991). l'auto-organizzazione avviene quando il sistema supera una sogli critica di complessità e improvvisamente si formano delle strutture che coinvolgo e allo stesso tempo organizzano il sistema molti elementi del sistema ( basti pensare alle prime molecole nel brodo primordiale, dove con il passare del tempo le loro relazioni diventano sempre più articolare e complesse e l'unione di centinaia di migliaia di singole molecole nascono le macromolecole come proteine e zuccheri che a loro volta interagiranno tra loro creando nuove forme di complessità)

Interessati al tema dell'auto-organizzazione è anche un'altra corrente delle scienze della complessità, ovvero la teoria dell'autopoiesi: Essa venne elaborata come teoria biologica della cognizione negli anni ’70 da due studiosi cileni, Humberto Maturana e Francisco Varela.

La descrizione più precisa e sintetica di cosa sia una unità autopoietica, oggetto di studio della teoria dell’autopoiesi, la danno proprio i due studiosi. Maturana e Varela scrivono:

“Una macchina autopoietica è una macchina organizzata (definita come unità) come una rete di processi di produzione (trasformazione e distruzione) di componenti che produce i componenti che: 1) attraverso le loro interazioni e trasformazioni continuamente rigenerano e realizzano la rete di processi (relazioni) che li producono; e 2) la costituiscono (la macchina o l'organismo) come unità concreta nello spazio nel quale essi (i componenti) esistono specificando il dominio topologico della sua realizzazione in quella rete.” (Maturana e Varela, 1980)

Va notato come anche qui il termine macchina sia utilizzato in un senso ben diverso dall’ uso quotidiano, in accordo col senso che al termine si dà nel linguaggio cibernetico. Nella definizione di unità autopoietica, così come nella definizione di sistema dato da von Bertalanffy, abbiamo degli elementi e delle relazioni. L’unità autopoietica è infatti concepita come sistema produttore di componenti semplici i quali riproducono il sistema mediante le proprie relazioni, il che si complica ulteriormente con la distinzione fra i tre tipi di produzione che si verificano in un sistema autopoietico:

(17)

1) produzione di relazioni costitutive: le relazioni che determinano la topologia dell’organizzazione autopoietica; 2) produzione di relazioni di specificazioni: le relazioni che determinano l’identità dei componenti dell’organizzazione autopoietica; 3) produzione di relazioni d’ordine: le relazioni che determinano la dinamica dell’organizzazione determinando quindi la concatenazione della produzione di relazioni di costituzione. (Maturana e Varela, 1980)

Maturana e Varela nascono come studiosi della cibernetica di secondo ordine innagurata da Von foerster e in quanto tali nella loro teoria risultano vari tributi a tale cibernetica, Maturana e Varela affermano esplicitamente che l’individuazione dell’unità autopoietica è un’atto compiuto dall’osservatore. Essa è una operazione di distinzione di alcuni elementi e delle loro relazioni da uno sfondo, ed è irrilevante che questa distinzione sia compiuta concettualmente o fisicamente. E’ quindi l’osservatore a stabilire le proprietà che distinguono l’unità dal suo “background”; e l’unità esiste nello spazio concettuale definito dalle operazioni di distinzioni performate dall’osservatore. (Maturana e Varela, 1980).

Come abbiamo visto la teoria dell'autopoiesi oltre ad essere interessata ai principi dell'auto-organizzazione di un sistema complesso e come questo si riproduce è anche interessata alle attività cognitive da esso scaturite.

Uno dei requisiti per l'auto-organizzazione è l'autonomia: i sistemi auto-organizzatori sono autonomi se le relazioni e che definiscono il sistema come corpo unitario sono determinate dal sistema stesso . Con autonomia non si intende che i sistemi siano chiusi ma che abbiano una chiusura operativa, cioè aperti termodinamicamente e chiusi operativamente (anche se alcuni autori tendono a esagerare questo aspetto per motivi epistemologici, sostenendo che i sistemi vanno studiati come sistemi chiusi di relazione).

Pensiamo a un'esempio vicino alle scienze sociali, come l'auto-organizzazione dell'economia nella sua forma di mercato: milioni di individui, gruppi e aziende, agendo sulla base di un limitato numero di regole, come la ricerca del profitto o del massimo investimento,creano questo fenomeno complesso che conosciamo come mercato. Il mercato se studiato come sistema complesso ha tutte le caratteristiche formali elencate fino ad adesso: è attraversato da flussi di capitale, mostra comportamenti non lineari, è dominato da cicli di feedback e soprtutto le sue azioni non sono prevedibili studiando le proprietà dei suoi singoli attori. Bisogna anticipare che la maggior parte degli economisti vedono ancora l'economia con la logica lineare causa-effetto e la studiano partendo da quello che è stato definito “individualismo metodologico”9. Ciò è

veramente un peccato perchè consentirebbe agli economisti di produrre modelli che potrebbero facilitare la comprensione di quell'”infinta complessità” che è l'economia moderna

Un'altra teoria che dobbiamo discutere è la teoria del caos: essa affronta in modo centrale un

9 Cioè cercando di prevedere l'andamento del mercato studiando le proprietà e i comportamenti dei singoli attori

(18)

concetto che abbiamo già discusso: la non linearità che comporta una sostanziale impredicibilità degli stati esatti di tali sistemi, mentre è possibile solo la modellizzazione del loro comportamento generale, che è comunque difficile data la grande quantità di variabili intervenienti in gioco.

Questa grande quantità di variabili rende molto difficile, come già detto in precedenza, l'assegnazione delle funzioni di in-put e out-put che intervengono in un sistema complesso ed è quindi molto difficile controllarne il comportamento. Un esempio classico di sistema complesso non lineare studiato dalla teoria del caos è il clima, e risulta fino ad oggi impossibile (anche con l'apporto di potenti computer) predirre il clima in maniera valida per più di cinque giorni.

Il fondatore della teoria del caos Edward Lorenz, dice che la complessità del clima è tale che solo un modello che ne sia una replica esatta può essere utilizzato per prevederne la dinamica. A tale proposito si può richiamare il cosiddetto effetto farfalla (introdotto appunto da Lorenz), con un esempio che gode di una certa popolarità: una farfalla sbatte le ali in Brasile e, a seguito di una concatenazione di eventi, scoppia un temporale in Texas. Il secondo evento è causato dal primo, anche se il rapporto di causa-effetto non è lineare come nella scienza classica; tuttavia la situazione di un sistema dinamico complesso come il clima è tale che microvariazioni nello stato iniziale portano a macroconseguenze. (Lorenz, 1990).

I teorici del caos hanno studiato in particolar modo il comportamento di sistemi che tendono a ricadere sotto l'influenza di “poli” differenti e ne definisfono il contesto. Gareth Morgan riporta questo esempio:

“immaginate di essere seduti in una veranda aperta, davanti a voi si presenta una scena di assoluta tranquillità , un lago dalla superfice completamente liscia che rispecchia un cielo blu chiaro e il verde del bosco (…) la scena vi fa sprofondare in uno stato di completa armonia. Ora voi spostate l'attenzione sulla stanza che si trova dietro di voi . Concentrate l'attenzione sullo squillare di un orologio elettrico e sul gorgheggiare di un frigorifero, tutti questi suoni vi distraggono dalla tranquillità della scena precedente, anche se i vostri occhi sono ancora concentrati sull'acqua , la vostra mente è ormai altrove” (Morgan, 1986).

in questo senso possiamo dire che ci troviamo tra due “poli” che definiscono il contesto di due situazioni completamente differenti, mentre siamo attirati da un “polo” l'altro perde di significato. I sistemi complessi tendono a rimanere intrappolati in tensioni di questo tipo, alcuni poli tendono a spingere il sistema in uno stato di equilibrio (o quasi), come il risultato di processi di feedback negativo che contrastano le destabilizzazioni provenienti dall'ambiente, altri invece tendono a far assumere al sistema configurazioni diverse, come nel caso del “polo di Lorenz” come mostrato nella figura 2:

(19)

Questa immagine ill'ustra bene i poli che definiscono i contesti in competizione reciproca (Gleick, 1987) e il comportamento del sistema dipende di volta in volta dal contesto dominante, che sono poi bivi (detti “biforcazioni”) che conducono a possibili sviluppi futuri.

La farlalla in brasile non “causa” un nuovo modello meteorologico, questo sarebbe il vecchio modo di pensare della logica lineare (Morgan, 1986) e della dinamica “causa-effetto”. Però spiega bene (sotto forma di aneddoto che esagerando sottolinea tali aspetti) che un piccolo cambiamento che può attivare un altro piccolo cambiamento, che può attivarne un'altro e cosi via, facendolo cadere nelle periferie di attrazione di un polo oppure in un altro.

La teoria del caos può aiutare a riflettere sui sistemi complessi e sul ruolo che noi attribuiamo alle cause e agli effetti, che vanno ripensati in forma “circolare” piuttosto che lineare. Piccoli cambiamenti che si susseguono definiscono il contesto nel quale si muovono i sistemi complessi e possono “catalizzare” (Morgan, 1986) cambiamenti di grandi dimensioni per il semplice fatto che il cambiamento tende a riprodursi.

L'ultima corrente delle scienze della complessità che discuteremo è la scienza delle reti: la scienza delle reti è la scienza che studia i sistemi complessi tramite le relazioni che le componenti semplici (o altrettanto complesse) istaurano tra loro assumento una “topologia non banale” le cui proprietà differiscono da quelle di una rete regolare e casuale. I componenti sono detti “nodi” e le relazioni sono chiamate “link”, è possibile quindi attraverso lo studio delle reti asttraversare molti campi di studi come la biologia, l'informatica e la sociologia. A loro volta i nodi possono essere formati da configurazioni di rete, cosi come i sistemi complessi posso essere formati dall'interazione di sotto-sistemi.

Se vogliamo studiare una rete sociale i nodi sono gli individui e i link sono le relazioni, in questo modo è possibile studiare il flusso di comunicazione che passa da un nodo all'altro, e vedere “qualità” delle relazioni in rete. Mark Granovetter è un sociologo economico che ha utilizzao ampliamente le reti sostenendo che esistono “legami forti” (relazioni amicali stretti) e “legami deboli”. Granovetter all'interno del suo saggio “La forza dei legami deboli” ha studiato che i soggetti inseriti in legami deboli, fatti cioè da legami sociali non troppo stretti, hanno più

(20)

possibilità di avere informazioni rigurardanti un potenziale nuovo lavoro, rispetto a coloro che hanno investito maggioremente in legami forti, come la famiglia e gli amici. Questo è spiegato tramite la capacità dei legami deboli di far circolare informazioni più efficacemente da un reticolo sociale all'altro.

Altri autori come Albert-Làzlò Barabàsi (2004) in particolare, interessato all'informatica e ai network di internet ha formulato la “teoria degli Hub”: gli Hub sono nodi della rete estremamente connessi, in cui si possono trovare numerosi link che rimandino ad essi. La funzione degli hub è determinante per buona salute di una rete in quanto la comunicazione tra un piccolo nodo e un'altro avviene con alta probabilità per intermediazione di un Hub.

Abbiamo visto le caratteristiche di un sistema complesso nelle sue caratteristiche più formali, per concludere, possiamo dire che la scienza della complessità possa e debba essere usata sia per l'economia che per la sociologia economica, poiché è un buono strumento che consente di creare modelli che ripercorrono i processi che sono poi la storia dei sistemi che osserviamo, ed è un peccato che sia stata usata cosi poco. Nel prossimo paragrafo discutermo alcuni concetti di uno degli autori della complessità che sono stati più importanti per le scienze sociali: Gragory Bateson

1.2 - Economia della flessibilità ed ecologia delle idee

Riassumere il pensiero ecologico di Bateson non è compito semplice. Le sue idee hanno contribuito a nuovi sviluppi in un numero elevato di discipline, come la biologia cognitiva e molte correnti delle scienze sociali come l'antropologia, la psicologia e la sociologia.

Non c'è quindi da sorprendersi se il pensiero di Gregory Bateson è cosi apprezzato da molti studiosi di organizzazioni, ma c'è motivo di ritenere che siano stati trascurati due concetti molto importanti che sono l'economia della flessibilità e l'ecologia delle idee.

Partiamo dal primo: il concetto di “economia della flessibilità” è tra i più interessanti e fecondi del pensiero di Bateson, in quanto offre una visione formale e pragmatica del funzionamento di tutti i sistemi, siano essi biologici o sociali. Bateson in uno dei suoi saggi più famosi “Ecologia e flessibilità nella civiltà urbana” lo definisce: “potenziale non utilizzato di cambiamento” (Bateson, 1977) in quanto suppone che qualsiasi sistema complesso come un organismo, l'uomo, l'ambiente ecologico, la civiltà umana e cosi via, possa essere descritto in termini di variabili interconnesse: Ognuna di queste variabili ha una soglia di tolleranza superiore e una soglia di tolleranza inferiore, oltre le quali si riscontrano patologie o in casi estremi la morte. L'esaurimento di flessibilità è dovuto ai sottosistemi rigenerativi interni a un sistema più grande e sono questi sottosistemi e la loro relazione che devono essere controllati e

(21)

lasciati liberi

Questi sono limiti che consentono l'adattamento, se una variabile è vicina al suo limite possiamo dire che è alle strette, ed essendo tutto interconnesso, sarà l'intero sistema che è alle strette, cioè manca di flessibilità sotto il profilo di quella variabile. Possiamo vedere che la perdita di flessibilità si diffonde gradualmente in tutto il sistema accettando quei cambiamenti che producono maggiori limiti di tolleranza.

Il paradosso che Bateson riporta è l'esempio di una società sovrappopolata (variabile alle strette) che ricerca cambiamenti nella maggiore produzione di cibo, strade ed edifici. Cercando di non stressare questa variabile è molto probabile che genererà una patologia ecologica, quindi un'ulteriore ricerca di flessibilità per questa nuova variabile. Possiamo vedere come la conseguenza di un'azione politica non sistemica come produttrice di una patologia sistemica nel lungo periodo

.

Per essere una civiltà e delle organizzazioni veramente ecologiche, necessitiamo di grande flessibilità di movimento, ogni patologia sistemica della nostra epoca è il processo cumulativo delle mancanze di flessibilità che abbiamo avuto nella storia di una civiltà. Il problema ecologico può e dovrebbe essere visto sotto questo aspetto a più livelli, perchè vedere le organizzazioni e l'economia sotto l'aspetto dell'economia della flessibilità può aiutare a sottolineare gli aspetti critici per la possibilità di cambiamento, al quale di fronte ai problemi ambientali attuali , ogni istituzione dovrebbe essere messa nella condizione di poter attuare.

Bateson a proposito della distribuzione della flessibilità dice :

“il sistema che abbiamo immaginato può essere paragonato a un acrobata sulla corda. Per mantenere la verità dinamica della sua premessa fondamentale (io sono sulla corda), l'acrobata deve essere libero di passare da una situazione di instabilità all'altra, vale a dire : certe variabili come la posizione delle braccia e la loro velocità di movimento ,devono avere una grande flessibilità, che l'acrobata sfutta per mantenere la stabilità di altre caratteristiche più fondamentali e genrali. Se le sue braccia sono bloccate o paralizzate (cioè isolate dalla comunicazione) egli cade. A questo proposito è interessante considerare l'ecologia del nostro sistema giuridico(...) è abbastanza facile promulgare leggi che fissino i particolari più episodici e superficiali nel comportamento umano. In altre parole al proliferare delle leggi il nostro acrobata è sempre più limitato nel movimento delle braccia, ma gli viene dato il permesso di cadere dalla corda(..) la libertà e la flessibilità rispetto alle variabili più fondamentali possono essere necessarie durante il processo di apprendimento come durante la creazione di un nuovo sistema attraverso il cambiamento sociale”(1972).

Bateson dice anche (questo è uno dei suoi passaggi più importanti per uno studioso di sociologia) che la legge non è il metodo più adatto per ottenere stabilità, ma deve avvenire

(22)

grazie ai processi di educazione e formazione del modo di pensare (1977). Questo come vedremo tra poco è molto legato all'altro concetto di Bateson che è l'ecologia delle idee.

Un manager in un'organizzazione, cosi come un legislatore di stato tende a produrre norme per incrementare i controlli su di esse, che nella terminologia batsoniana equivarrebbe a imporre vincoli su alcune variabili, mentre andrebbero lasciati liberi in maniera da farli tornare a uno stato di equilibrio.

Bateson dice che ci deve essere armonia tra la flessibilità delle persone e quella della civiltà, che nel nostro caso sono le organizzazioni. È importante non cadere nell'errore di bloccare le variabili che dovrebbero essere lasciate libere, mentre quelle che dovrebbero essere stabili sono state rese libere nelle loro premesse.

L'economia della flessibilità in una organizzazione, proprio in quanto potenziale non impiegato di cambiamento, non deve essere sfruttata al massimo costantemente, o meglio, non deve essere nelle condizioni di doverlo fare se non in casi estremi. Molto meglio lavorare sull'educazione e il rendere consci valori e norme fino ad adesso inconsci, in maniera da co-costruire una co-evoluzione dell'ecologia delle idee organizzative adattandosi con l'ecologia delle idee degli utenti che richiedono una produzione di valore a lungo termine.

Ma cosa è l'ecologia delle idee? L'ecologia delle idee di cui parla Bateson prevede che le idee non esistano in isolamento, ma portano tracce del passato e sono in costante evoluzione. Le idee si intrecciano in relazione con altre idee e con il mondo in cui sono immanenti negli esseri viventi. Bateson sostiene che le idee sono interconnesse e interagiscono tra loro in maniera complessa. Esistono in costellazioni che operano indipendentemente ma sono legate insieme in complesse reti di relazioni.

Le costellazioni di idee sono nodi centrali nell'incoscio e a loro volta cercano spiegazione dell'essere nel mondo. Bateson dice che sia a livello individuale che sociale, l'ecologia delle idee non conferisce uguale importanza a tutte le idee. Le nuove idee possono essere trattenute, valutate, impiegate oppure respinte, le idee che sopravvivono all'uso ripetuto sono gestite di fatto in modo speciale diversamente da quelle nuove.

Le idee fidate si stabiliscono a un livello inferiore di coscienza, meno accurato per solidificarsi nell'inconscio, diventando nucleari e nodali all'interno di una costellazione di altre idee che dipendono per la loro sopravvivenza da come si adattano a queste idee fidate e nodali.

Queste “idee nodali” diventano fondamento inconscio su cui si basa la struttura di successivi pensieri. Per Bateson il fatto che un'idea sia sopravvissuta cosi a lungo nell'insconscio non prova che sia vera o falsa, utile o inutile: in passato può essere stata benigna e in futuro diventerà patogena. Basti pensare alle ruolo delle politiche sociali nella società: esse dovrebbero cambiare di pari passo con i cambamenti che avvengono nella famiglia, nel lavoro e nella società in generale, se questo non accade, i servizi si rivelano completamente inefficienti nel contesto attuale. Non si tratta di discutere se il sistema di welfare pensato precedentemente sia

(23)

“buono” o “cattivo”, in passato funzionava perchè rispondeva a delle esigenze di contesto che oggi sono andate scomparendo.

Una civiltà è basata su idee che hanno gradi di astrazione elevati, ma che sono presenti nelle azioni e interazioni tra persone anche in modo molto inconscio (Bateson, 1972).Le idee come in ogni sistema sono interconnesse e lo possiamo vedere come un sistema vivo in sé (se lo vediamo dal punto di un sistema di relazioni).

Bateson dice che sia l'ecologia delle idee, sia l'economia della flessibilità discendono dal processo stocastico che è alla base sia dell'evoluzione, sia dell'apprendimento che può portare a nuovi sistemi sistemi di idee (selezione naturale delle idee). Come dice Bateson: “in un esperimento di apprendimento, un organismo, specie o un essere umano, acquisisce un'ampia varietà di informazioni. Impara qualcosa sull'odore del laboratorio; impara qualcosa sui modelli di comportamento dello sperimentatore; impara qualcosa sulla propria capacità di apprendere e su cosa si prova a dare la risposta “giusta” o “sbagliata”(...)se viene esposto a un'altro esperimento di apprendimento (è importante riguardo alle nuove esperienze) l'organismo acquiscisce nuove informazioni: alcune informazioni del nuovo esperimento sono ripetute o confermate, altre contraddette. In breve, alcune idee sopravvivono alla seconda e la selezione naturale ribadisce in modo tautologico che le idee che sopravvivono sopravviveranno più a lungo di quelle che non sopravvivono (1972).

C'è motivo di credere che per ottenere una buona “saggezza sistemica” per una civiltà elevata sia quella di avere una flessibilità epistemologica per valutare le nuove idee, la flessibilità è infatti cruciale per il mantenere in vita dei sistemi, quindi sistemi di pensiero che influenzano il modo in cui individui e la società percepiscono se stessi.

Come dicono alcuni moderni studiosi di organizzazioni, le idee devono essere continuamente valutate e modificate sulla base di nuove informazioni che provengono dall'esterno soprattutto in base all'evoluzione dei bisogni e delle circostanze (Morgan, 1986), altrimenti la rigidità delle costellazioni di pensiero può diventare letale (Bateson, 1972). È possibile che i cambiamenti ecologici si verificano solo nella maniera in cui si collegano ad altre idee? E se la risposta è positiva, quali sono queste idee nodali che sostengono i cambiamenti?

I nostri sistemi di idee non solo sono sogetti a errore, ma proteggono anche gli errori e le illusioni in essi iscritti (Morin, 2001). D'altra parte, anche alcuni psicologi e psicologi sociali sostengono l'ipotesi che gli individui tendono a resistere a informazioni che non possono essere integrate a idee precedentemente acquisite e resistere a idee nuove “nemiche” delle precedenti ( Piaget, 1959).

Il concetto di ecologia delle idee può avere molta affinità con il pensiero di Mark Granovetter quando, parlando dell'impatto dei costrutti mentali sull'agire economico afferma che non esistono singole norme economiche che possano venire isolate rispetto alle altre, per cui ciascuna di esse fa parte di un contesto culturale, sociale e economico che si evolve nel suo

(24)

complesso (Granovetter, 2017).

Le idee conscie sono ben delineate e definite, mentre quelle inconscie sono sfumate e astratte. Sono di solito quelle che sopravvivono all'uso ripetuto che tendono a essere le premesse su cui si regge tutta la costellazione di idee. Ma uno degli argomenti più interessanti che offre Bateson su questo tema, è che ogni singola idea è soggetta a una determinazione multipla da parte di molti fili intrecciati, come il fatto di spegnere la luce prima di andare a letto non dipende unicamente da un'unico fine, ma dal bisogno di privatezza, dall'economia della scarsità, dal bisogno di creare un ambiente non stimolante e da molto altro (Bateson, 1972)

Oppure il bisogno di trovare un lavoro soddisfacente è dettato dalla volontà di autorealizzazione, di avere uno stipendio, dal bisogno di non sfigurare di fronte al vecchio collega dell'università e cosi via.

Considerare la selezione naturale delle idee, il quale decide quali idee sopravviveranno più a lungo, non significa che in futuro esse non diventino patologiche imboccando quella che Bateson chiama vicolo cieco evolutivo, dove le azioni che offrivano vantaggi nel breve periodo sono state programmate rigidamente anche nel finendo per diventare patologie sistemiche, decretando l'estinzione per perdita di flessibilità. Questo concetto si applica bene alle situazioni dove i comportamenti abituali vengono selezionati al fine di rendere massimi i valori di certe variabili singole.

C'è motivo di credere che l'ecologia delle idee idealtipiche (e in quanto tali euristiche) di un manager, di un economista, di un qualsiasi dirigente sociale contenga idee che hanno a che fare con concetti simili a “crescita”, “investimenti”, “concorrenza” “economizzare”, “prestigio”. Esse sono una complessa rete di determinazione di idee (ma anche di azioni e interazioni) e determinano l'adattamento di nuove idee che il soggetto è chiamato a esaminare. Questo è quello che Bateson chiama “determinazione multipla di idee”, che significa che le idee nuove verranno accettate nel sistema di idee a condizione di avere corrispondenza non con una singola idea di questa maglia, ma superare la prova di una determinazione multipla di più idee.

Il mondo sociale è pieno di casi simili e una organizzazione si regge su una detrminazione multipla di idee che decretano il destino dell'organizzazione all'interno del proprio mercato.

Come diremo più volte nel corso dell'elaborato, non è cosi facile per un'organizzazione capire bene su cosa si regge il proprio sistema di idee, che è poi la base su cui si regge l'identità dell'organizzazione. lo scopo è di rendere esplicite (o conscie) le idee inconsce in modo tale da cambiare le premesse su cui si muovono i binari della cognizione.

Le idee più generali e astratte sopravvivono a un uso ripetuto, le idee più generali tendono cosi a diventare premesse da cui dipendono altre idee e diventano relativamente rigide (Bateson, 1972). Le idee che vengono programmate rigidamente diventano nuclei o nodi di costellazioni di altre idee, che come già detto, avranno il compito di selezionare le idee che “desiderano” entrare a far parte di questo sistema. Le variabili che compongono un sistema se rimangono

(25)

troppo tempo entro un valore centrale (abitudine), non solo sono programmate rigidamente (anche involonariamente), ma come dice Bateson , il suo spazio viene occupato dall'azione di altre variabili che non sono state programmate (1972), quindi è bene tenere sotto controllo anche queste variabili che tendono a rubare spazi.

1.3 - L'approccio enactive: un'idea di mente

L'approccio enactive è stato sviluppato da Francisco Varela (et al, 1990) nella seconda parte della sua carriera scientifica e tratta della cognizione come “azione incarnata”: la mente è radicata nel corpo (embodiment) che a sua volta è incorporato nel suo contesto ambientale e cultrale. Per gli autori dell'approccio enactive l'unità di analisi della cognizione non è l'individuo, ma l'accoppiamento tra organismo e ambiente (da loro chiamato “accoppiamento strutturale”) che grazie alla cognizione costruisce il mondo e gli da significato.

Questo paragrafo approfondisce il pensiero dell'approccio enactive della seconda parte dell'opera di Francisco Varela e sottolinea le sue possibili implicazioni nel pensiero sociologico. Ma questo non è possibile senza aver discusso meglio rispetto al primo paragrafo, la prima parte della sua opera che è la teoria dell'autopoiesi.

L'autopoiesi è lo studio della chiusura organizzativa da cui deriva la cognizione. Partiamo dal presupposto che nella cibernetica di primo ordine e nella teoria generale dei sistemi sono stati privilegiati come unità di studio gli elementi del sistema e le relazioni tra essi, ma molto poco è stato problematizzato l'osservatore, tema poi ripreso dalla seconda cibernetica. Pregio della teoria dell'autopoiesi e dei suoi ideatori Humberto Maturana e Francisco Varela è stato quello di riempire questo vuoto parziale riflettendo sull'auto-organizzazione e sulla cognizione, l''autopoiesi infatti è stata definita da molti come una teoria biologica della cognizione.

Spieghiamo con qualche approfondimento rispetto al primo paragrafo che cosa si intende per autopoiesi: la macchina autopoietica (Maturana, 1980) è una macchina organizzata come rete di processi di produzione di componenti che produce componenti che attraverso le loro interazioni/trasformazioni rigenerano continuamente la rete dei processi (relazioni) che riproducono (Maturana e Varela, 1980).

Quindi abbiamo tre tipi di produzione: la produzione di relazioni costitutive, che determinano la topologia strutturale dell'organizzazione aautopoietica del sistema, la produzione di relazioni di specificazioni, determinando l'identità dei componenti dell'organizzazione e la produzione di relazione d'ordine, che ne determinano la dinamica e concatenazione di produzione di relazioni di costituzioni. Maturana è fermamente convinto che le società umane siano unità autopoietiche.

Riferimenti

Documenti correlati

Layering of an “island” of family houses, showing the integration between the various components in the cluster: existing buildings and fences (above); the upgrade of open spaces

damentais que até agora eram asseguradas somente aos cidadãos. Prova desta tendência tem sido o surgimento da categoria de denizenship, i.e., os meio-cidadãos, pes- soas que

La tavola 3 riporta 23 macro-settori ordi- nati per grado di complessità, indicando per ciascuno di essi la presenza delle imprese estere misurata dall’incidenza del numero sul

This paper explores the role of the sustainability educators in this context and reviews tools and methods used to enhance deep and empathic listening with an open mind, open

… nessun altro valore che non appartiene a {primavera, estate, autunno, inverno} potrà essere usato per definire il nome della stagione attuale .... La stagione attuale è

Nella ricerca SLA, invece, la complessità morfologica può essere usata, con la dovuta cautela, come indicatore dello sviluppo linguistico e della competenza degli

Based on redundancy analysis (RDA), warming was the key environmental factor explaining the observed changes in plankton communities: the general increase in total

Il grande biologo E DWARD W ILSON , riconosciuto internazionalmente come il «padre» della biodiversità, ricorda nei suoi interessantissimi volumi ad essa dedicati che l’insieme