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CARLOTTA GAETANI PRINCIPESSA DI SAN SEVERO E LE SUE FIGLIE

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SOCIETÀ NAPOLETANA DI STORIA PATRIA 2015

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intera collezione ISSN 0392-0267

 

 

 

                          

 

 

 

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ARCHIVIO STORICO PER LE PROVINCE NAPOLETANE

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cxxxiii dell’intera collezione

NAPOLI

SOCIETÀ NAPOLETANA DI STORIA PATRIA 2015

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SOCIETÀ NAPOLETANA DI STORIA PATRIA CASTELNUOVO - 80133 NAPOLI Ccp. 16529802 Presidente Renata De Lorenzo Vicepresidente Aurelio Musi Tesoriere Nicola De Blasi Consiglio Direttivo

Francesco Aceto, Carolina Belli, Aurelio Cernigliaro, Marta Herling, Luigi Mascilli Migliorini, Mario Rusciano,

Giovanni Vitolo Sindaci

Franca Assante, Silvio De Majo Circolo Numismatico

Marina Taliercio

ARCHIVIO STORICO PER LE PROVINCENAPOLETANE Direttore Responsabile

Renata De Lorenzo Comitato di Redazione

Francesco Aceto, Carolina Belli, Aurelio Cernigliaro, Nicola De Blasi, Marta Herling, Luigi Mascilli Migliorini, Aurelio Musi, Mario Rusciano,

Marina Taliercio, Giovanni Vitolo Comitato scientifico

Davin Abulafia, Raffaele Ajello, Jean-Paul Boyer, Caroline Bruzelius, John A. Davis, Mario Del Treppo, Bruno Figliuolo, Paolo Frascani,

Giuseppe Galasso, Brigitte Marin, Angelantonio Spagnoletti, Nicola Spinosa, Alberto Varvaro

Segreteria di Redazione

Domenico Cecere, Fabio D’angelo, Rosalba Di Meglio, Antonella Venezia La redazione si avvale per i SAGGI della consulenza, oltre che del Comitato scientifico,

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CARLOTTA GAETANI PRINCIPESSA DI SAN SEVERO E LE SUE FIGLIE

Nella raccolta di epitalami pubblicata nel 1735 dallo stampatore Stefa-no Abbate in occasione delle Stefa-nozze del principe di S. Severo, un autore, Felice Petit, anch’egli partecipe degli encomi ai due grandi casati – quello dei Gaetani di Laurenzana e quello dei di Sangro – pone un interrogativo sulla giovane spo-sa, cui dopo tre secoli ancora non siamo in grado di dare risposte soddisfacenti: «Chi è costei che colle rose in volto/ trae dal belgico ciel le nevi in seno/ E ver le Itale [s]piagge il piè rivolto/ rende, ove il posa, il suol fiorito e ameno?»1. Chi è

Carlotta Gaetani dell’Aquila d’Aragona, di «egual sangue, età conforme, simil grado e pari ardore»2 del consorte, che «Pausillipo aspetta[va] e’ Sebeto la volle

sua ninfa eletta»3 per circa quarant’anni?

Gli appellativi attribuiti alla giovane donna dai vari compositori sono le prime tenue tracce per scoprirne le origini e aprire un piccolo spiraglio di luce in un orizzonte offuscato da ombre. Discendente dalla antichissima e nobile famiglia fiamminga dei Merode, in lei scorre per retaggio materno il sangue reale della famiglia Savoia. La madre è, infatti, Guglielmina Merode, moglie di Tommaso Gaetani dell’Aquila d’Aragona, Brigadiere di Cavalleria, conosciuto

nelle Fiandre durante le sue numerose campagne di guerra4. Le loro nozze,

fidando nei documenti segnalati da Erasmo Ricca nell’Istoria de’ feudi del regno

delle Due Sicilie di qua dal faro5 erano state celebrate nella parrocchia di S.

Giacomo di Coudenberg il 13 marzo 1701. Dall’unione nascono tre figli due maschi Egidio e Massimiliano e Carlotta, battezzata nella chiesa parrocchiale di S. Michele nel 1718 a Namur. I due fratelli, educati per volontà paterna a Siena presso il collegio gesuitico, intraprendono strade diverse: il primo sceglie la carriera militare come il padre, combattendo contro i Turchi in Ungheria, il secondo quella religiosa, entrando nel noviziato di S. Andrea a Monte Cavallo

della Compagnia di Gesù a Roma6. Per volontà del duca Nicola, detentore del

titolo della casa Gaetani, ed esecutore delle volontà di Tommaso, che nell’atto

1 Varj componimenti per le felicissime nozze dell’Illustriss. Ed Eccell. Signori D. Raimondo di Sangro […] e Carlotta dell’Aquila d’Aragona de’ duchi di Laurenzana, in Napoli, MDCCXXXV, nella stamperia di Stefano Abbate, p. 42.

2 Ivi, p. 17. 3 Ivi, p. 47.

4 Nato nel 1669 e morto nel 1730.

5 E. Ricca, Istoria de’ feudi del regno delle Due Sicilie di qua dal faro, Napoli, A. De Pa-scale, 1861-1879, p. 232.

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testamentario del 1730 affida al fratello la tutela della sua famiglia, Carlotta resta nelle Fiandre, affidata alle cure materne7.

Le pressanti esigenze di salvaguardia biologica della famiglia Gaetani e le assillanti necessità economiche dei di Sangro la portano giovanissima a vivere in Italia. La casa Gaetani, infatti, soffre lutti, che sconvolgono le tradizionali convenzioni successorie: nel 1712 muore Pasquale, unico figlio maschio di Nicola e di Aurora Sanseverino, sposato con Maddalena di Havré, principessa di Croy, originaria di una grande famiglia borgognone, senza lasciare eredi. Il duca decide di trasmettere il titolo e il patrimonio al fratello secondogenito Francesco, che richiama dalla Spagna, dove insieme a Domenico, Luigi e

Tom-maso8 esercitava la carriera delle armi. Costituito nel 1722, con il consenso

dell’imperatore Carlo VI, un maggiorasco di 200.000 ducati sceglie come con-sorte di Francesco Giovanna Sanseverino dei principi di Bisignano, cui dona alla stipula dei Capitoli matrimoniali altri 100.000 ducati per accrescere il decoro della loro discendenza. Nel 1732 conferma la successione a suo favore, rinunziando a ogni diritto. Contemporaneamente richiama la giovane Carlot-ta, che vive lontano dalla penisola, e la dà in moglie all’altro nipote Raimondo, suo diretto discendente, nato dalle nozze della figlia Cecilia con Antonio di Sangro, principe di Sansevero, celebrate nel 1706 e al quale per disposizioni testamentarie spettano le quote dotali delle ave Cecilia Acquaviva, moglie di Antonio Gaetani morta nel 1696, di Aurora Sanseverino scomparsa nel 1716 e quella della madre Cecilia Gaetani.

I di Sangro durante il viceregno austriaco conseguono attraverso Paolo, nonno paterno di Raimondo, alte cariche pubbliche che li collocano nel partito filo imperiale. Dopo la morte del coniuge Geronima Loffredo, dei principi di Cardito, ava, balia e tutrice di Raimondo, è l’unica amministratrice della casa di Sangro. Tra i debiti contratti dalla famiglia è un credito vantato da Angela Spi-nelli dei principi di Tarsia in qualità di ultima erede dei marchesi di Vico, cui i di Sangro devono restituire l’importo di 72.000 ducati – cioè 15.000 di capitale

e il restante di interessi maturati9. Giunte a transazione Geronima promette di

cedere ad Angela la cifra di 27.000 ducati, di cui 22.000 ducati in rate annuali di 1.100 ducati all’interesse del 5% da calcolare sulla dote di Cecilia Gaetani pretesa dal suo unico erede Raimondo e confermati dalla casa di Laurenzana sia negli accordi firmati nel 1726, che nei suoi capitoli matrimoniali del 1735.

Agli inizi degli anni ’30 del ’700 quando le vittorie sui campi di battaglia presagiscono l’ingresso trionfale di Carlo di Borbone a Napoli, l’astuto duca di Laurenzana raggiunge un’intesa matrimoniale con Geronima in merito alle nozze dei rispettivi nipoti. Nicola, «rompendo l’ordine naturale della succes-sione ne’ feudi» fa firmare nel 1732 al principe Raimondo un atto di rinuncia sui beni materni e in cambio del suo assenso sui beni feudali e burgensatici non inclusi nel maggiorasco assegna a Carlotta per sua dote 30.000 ducati con gli

7 Archivio di Stato di Napoli (d’ora in poi ASN), Archivio privato Gaetani dell’Aquila d’Aragona, Carte familiari, Testamenti e successioni, testamento di Tommaso del 24 agosto 1730.

8 Ivi, Archivio privato Gaetani dell’Aquila d’Aragona, b. 51, dove è la documentazione sulla carriera militare dei fratelli Gaetani. Francesco e Luigi sono impiegati nella Compagnia Italiana delle Guardie del corpo, il primo col grado di tenente generale di stanza a Madrid, il secondo con i gradi di brigadiere.

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interessi al 5 %, di cui 20.000 da pretendere dalla casa di Bisignano e 10.000 a saldo delle doti di Aurora, a condizione di non procedere a contenziosi giu-diziari. Le strategie a lungo elaborate non raggiungono però il fine sperato. Nel 1734 a Nicola premuore Francesco, divenuto padre di quattro figli, di cui il primogenito Giuseppe Antonio, che assicura la continuità del cognome, è ancora minorenne e affidato alla tutela della madre. Quando Nicola scompare nel 1741, Raimondo annulla il precedente accordo e nel 1748 ricorre al Sacro Regio Consiglio. Ottenuto nel 1755, nell’interesse dei creditori, il sequestro delle rendite e l’inventario dei beni, per l’enorme massa di debiti il patrimonio

è sottoposto ad amministrazione controllata10. Anche gli sforzi di Geronima

di rendere meno gravoso il peso dei debiti alla famiglia risultano vani. Sia Rai-mondo che l’erede Vincenzo non sono in grado di risanare i debiti della casa, che nelle generazioni successive si aggrava per gli interessi non pagati e per errate scelte amministrative.

Il matrimonio per i di Sangro non aveva arrecato in verità grandi pro-fitti economici: la dote, scarsa fin dal momento della stipula matrimoniale, è saldata a stento durante la vita della sposa. La cerimonia delle nozze avviene per procura e per le molte difficoltà causate dal conflitto Carlotta ritarda a tra-sferirsi dalle Fiandre nel Regno di Napoli. Al di là del prestigio esteriore e delle esigenze economiche che agitano i due grandi casati, l’unione di Raimondo e

Carlotta sembrafondarsi su pilastri sufficientemente solidi. Trascorsi i primi

anni nei feudi Carlotta è scelta dalla regina come dama di corte e insieme a Raimondo, che vanta la sua partecipazione alla battaglia di Velletri, condivide per anni i salotti cittadini.

Dai segnali sparsi nelle fonti si può percepire che l’unione fu salda e felice, anche se la personalità di Carlotta rimane ben nascosta negli archivi storici. Le fonti notarili ci hanno consentito appena di cogliere qualche pas-saggio in campo finanziario, mentre le fonti bancarie hanno permesso punti fermi sul tenore di vita della principessa e sugli ultimi istanti di vita, nonché sul solenne cerimoniale reso a una principessa moglie e madre di due valorosi uomini d’armi. Le fonti letterarie hanno, invece, cristallizzato la sua persona-lità nell’immagine di una figura femminile vissuta all’ombra del marito con cui condivide la vita di corte e la protezione dei sovrani oppure di una madre devota in particolare a S. Vincenzo, che invoca attraverso le reliquie del santo una sicura discendenza maschile per il casato. La corrispondenza di Bernardo Tanucci accenna alla presenza costante della principessa di S. Severo a corte al fianco del marito, pronta a condividere con lui i fasti e le protezioni elar-giti dalla corte, ma anche a sostenerlo intercedendo per lui presso il ministro,

quando a causa del vizio del gioco è confinato a Gaeta11. Il loro legame con la

coppia regale è tanto forte da indurre il Tanucci a esprimere un giudizio molto severo sui di Sangro: «Passa S. Severo per maligno, per inventore, per cabalista per disgustato e di causa austriaca. [… ] Egli e la moglie sono gli assidui colla regina, e tanto quanto col re, ambedue hanno fatto gran lega con Paolucci

ma-10 Ivi, Archivio privato Gaetani dell’Aquila d’Aragona, Liti, b. 188.

11 R. Mincuzzi, Lettere di Bernardo Tanucci a Carlo III di Borbone (1759-1776), Roma, 1969, pp. 142-143, lettera n. 167: «Ultimamente la moglie mi ha fatto un discorso vivo e poco decoroso per la reggenza, cioè che giocandosi in tutte le case de’ reggenti, eccettuata quella di S. Nicandro, e la mia, la gente era persuasa che la legge si lasciava dal governo cadere».

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rito e moglie, e bandiera nera. [...] Osservo con dolore questi lupi contro agli innocenti agnelli, quali sono questi sovrani».

La presenza al fianco del principe Raimondo è, infatti, un’ancora di sal-vezza per Carlotta che trova in lui appoggio, conforto. L’avvio del matrimonio è prestigioso. Per onorare la sposa il nome di Carlotta è trasmesso alla primo-genita battezzata a Napoli nella chiesa parrocchiale di S. Maria della Rotonda dal nunzio apostolico Ranieri Simonetti facente le veci del Pontefice Benedetto XIV. Madrina è la regina Maria Amalia di Sassonia, padrino lo stesso sovrano Carlo di Borbone. Altri quattro figli rallegrano la famiglia: Vincenzo, primo-genito maschio, Paolo, capitano generale in Spagna, ambasciatore a Vienna di Carlo IV, cavaliere del Teson d’oro e Grande di Spagna, e Francesco, impegna-to nella carriera militare ma soprattutimpegna-to appassionaimpegna-to uomo di teatro e la colta e erudita Rosalia12.

Da parte del principe è imprescindibile il ruolo di Carlotta non solo come compagna di vita, ma anche per la sua carica di dama di corte. La prezio-sa vicinanza con la regina le assicura una pensione di circa 125 ducati mensili pagati dalla Tesoreria Generale, che consentono insieme alle rendite personali di sostenere il suo ruolo aristocratico con l’acquisto di gioielli, abiti e lussuosi oggetti di consumo come le tabacchiere, acquistate a suo nome dagli ammi-nistratori della casa. Possono essere significative ed esemplari, pur nei limiti delle formali scritture notarili, le attenzioni di Raimondo nel garantire sempre il livello economico e sociale della moglie. Quando nel settembre del 1764 Rai-mondo affida al figlio Vincenzo per 14 anni l’amministrazione dei beni nella

speranza di una più attenta e personale gestione del patrimonio familiare13, è

sollecito nel tutelare gli interessi di Carlotta e le riconosce il credito di 3.660 ducati che la principessa in diverse occasioni gli aveva mutuato. Il denaro pro-veniva a Carlotta parte dalle sue entrate personali e parte dalle vincite al gioco del lotto. Infatti nei mesi di maggio e di settembre del 1763 la passione per il gioco le aveva fruttato 3.000 ducati, di cui aveva dato 2.500 a Raimondo. Con i proventi dal suo vitalizio e con le sue personali entrate Carlotta aveva estinto il debito di Raimondo con il signor Domenico Savarese di 1.000 ducati e per venirgli ulteriormente in aiuto gli aveva prestato personalmente altri 400 du-cati. La principessa aveva poi contribuito alle spese necessarie per il corredo del figlio Paolo con altri 160 ducati «in tempo in cui andiede in Portici destinato»14.

Le vigili cure per la moglie non cessano neppure quando un anno dopo, alla vigilia delle nozze del figlio Vincenzo con Gaetana Mirelli dei principi di

12 E. Ricca, La nobiltà del Regno delle Due Sicilie di qua dal faro, Napoli, 1862, I, pp. 232-233.

13 Archivio notarile distrettuale di Napoli (d’ora in poi ANDN), Fondo notai del XVIII secolo, notaio Francesco di Maggio, 19 settembre 1764, cc. 200-207, Cessio et assegnatio omnium reddituum honorum Execc. Mi D. nis P. pis S. Severi pro Execc. Mo D. no D. Vincentio de Sangro Duce Turrismajoris; «ritrovandosi carico di gravissime cure, ed impiegato al Real servizio del Re N. S., per cui non può interamente attendere al disimpegno degli affari gravissimi di sua casa ed in vigilare all’amministrazione de’ suoi stati e feudi, mentre non ha potuto, né può portarsi di persona, attento li reali impieghi che sta esercitando, del che principalmente può dipendere la conservazione e aumento delle sue rendite, colle quali si può conseguire la total dismissione de’ debiti, a cui con ogni ardore ha esso dato cominciamento».

14 ANDN, notaio Francesco di Maggio, 12 ottobre 1764, Creditum pro Execc. Ma Prin-cipissa S. Severi, cc. 214-216.

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Teora, Raimondo, credendosi liberato in parte del peso dei debiti per l’inter-vento economico del consuocero, «essendo sgravato di molto i forti pesi di tan-ti alteratan-ti interessi suoi […], cambiatosi il sistema e la faccia e disposizioni che nelle precedenti circostanze era stato deciso», rivede con il figlio i vitalizi asse-gnati ai congiunti. Volge un immediato pensiero a Carlotta, cui devono essere corrisposti 600 ducati annui cioè 50 ducati mensili e anticipati, «fino all’arrivo qua di una nuova Regina [per poi] corrisponderle e somministrarle mese per mese anticipate non già la suddetta somma di ducati 600 annui, ma sì bene la somma di ducati 1.000 annui e questi per ragione de’ suoi lacci e spille»15.

Più definita sembra la personalità di Carlotta, quando divenuta vedova, ormai priva della figura autorevole del marito, è in grado grazie alle sue capacità di mettere a profitto il sostegno dei sovrani per assicurare ai figli protezione e favoritismi. La scopriamo negli ultimi di vita, dopo la morte del marito, men-tre conduce un’esistenza poco serena per i grandi dissesti finanziari che vive il casato sommerso di debiti, impegnata insieme al figlio a tutelarne l’onore e la dignità. Le ingenti spese fatte da Raimondo di Sangro, i lasciti testamentari pretesi dai legatari, in particolare dai congiunti, e le somme vantate dai creditori aggravano una situazione economica che da secoli pesa sui componenti del casa-to. Non sono sufficienti all’erede di Raimondo, Vincenzo di Sangro, rateazioni e dilazioni settennali. Bussano continuamente alla sua porta non solo coloro che non sono stati saldati, ma anche gli stessi congiunti, minacciando di procedere per vie legali per far valere le loro ragioni. Si fanno avanti per riscuotere i debiti i sarti, che pretendono le spese fatte per curare il vestiario della famiglia; le dit-te, che avevano fornito i tessuti del corredo di Paolo, principe di Castelfranco, costato oltre 500 ducati; gli agenti generali, come Lodovico Cavalli, che aveva curato parte delle spese occorse dopo la scomparsa di Raimondo e che insieme ai legali al servizio della casa chiedono di essere pagati per il loro lavoro.

La stessa Carlotta pretende l’assegnazione di quanto le è dovuto nel rispetto delle disposizioni testamentarie. Per risollevare il bilancio del casato, Vincenzo sostituisce Lodovico Cavalli, suo vicario generale fin dalla metà degli anni ’60 del ’700, con Pasquale Federici, nominato non solo amministratore e tenutario dei feudi di S. Severo, Torremaggiore, Casalvecchio, Casalnuovo e del porto di Fortore, ma anche socio delle sue industrie, cui offre come ga-ranzia la dote della moglie Gaetana Mirelli. Il personaggio, in effetti, non era nuovo alla casa, perché anche in passato era stato vicario generale dei feudi di Sangro: «già altra volta pel passato, siccome esso Sig.r Principe D. Vincenzo allora ancora fanciullo ha poi inteso, risaputo, e conosciuto, che [Pasquale Fe-derici] ne diè giovevole prova, e sperienza alla sua Ecc. ma Casa nel medesimo incarico di Vicario Generale»16.

Ai primi di gennaio del 1772 firmano un accordo presso il notaio Gio-vanni Bottigliero, in cui fissano un importo annuo di circa 12.900 ducati da corrispondere mensilmente ai membri della famiglia da percepire sui profitti

15 ANDN, Fondo notai del XVIII secolo, notaio Francesco di Maggio, 17 febbraio 1765, Cessio et renunciatio fructuum omnium honorum Execc.mi D. ni P. pis S. Severi pro Execc.mo D.no Duce Turrismajoris D. Vincentio de Sangro.

16 La copia della convenzione del notaio Giovanni Bottiglieri è inserita nelle carte del no-taio Francesco di Maggio a. 1772, cc. nn. I protocolli del nono-taio Giovanni Bottigliero sono an-dati perduti, ma una copia del documento è allegata nelle carte del notaio Francesco di Maggio.

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della sua gestione per 12 anni, nonché il compenso per l’onorario. Scontenta della «tenue corresponsione mensuale e di altre somme di attrasso che doveva conseguire», Carlotta Gaetani minaccia di procedere ad azioni giudiziarie. Vin-cenzo raggiunge una mediazione tra i congiunti e il vicario generale, che a sua volta vorrebbe annullare il precedente rogito. Analizzate «le critiche circostanze della casa, ben note ad esse loro», il principe regola i loro sussidi con un nuovo atto registrato il 6 aprile 1772, in cui promette di dare alla madre a rate i 3.500 ducati del legato paterno, iniziando dal mese di maggio 1772, insieme agli arretrati anch’essi rateizzati in 4 anni e di restituire le gioie, che per le urgenza della casa sono state pignorate per pagare i 2.000 ducati dovuti alla casa di Fondi e altre spese del principe Raimondo.

Nel giugno del 1772 i creditori, appresa la notizia che Vincenzo aveva venduto al vicario, al prezzo fissato dai periti, due masserie con allevamenti di animali dal manto nero, tornano a pretendere di essere saldati. La corona ma-nifesta la sua benevola protezione e interviene nominando il principe tenente colonnello del reggimento di Campagna e trasferendo i suoi atti giudiziari all’U-ditore degli eserciti Cesare de Ruggiero, affinché esaminate tutte le cause e va-lutata la sua condizione di militare si trovino accordi economici con i creditori «senza strepiti giudiziarj». In seguito, godendo ancora del favore regio Vincenzo avanza nella carriera militare, e diventa tenente di vascello. L’uditore del foro della Marina, Ferdinando Dattilo, cui sono affidate le cause presenta istanza al re, che conferma con il decreto del 22 marzo 1773 per la Segreteria di Stato e Guerra il Federici amministratore dei feudi e dei beni della casa di Sangro.

La fiducia riposta nel Federici sia da parte della corona che del principe di S. Severo risulta ben presto errata. Le priorità finanziarie avevano cancellato nel giovane principe il ricordo della fraudolenta gestione affidata negli anni ’50 da Raimondo di Sangro al Federici, quando il principe, venuto a cono-scenza del contrabbando e dei furti perpetrati persino nel palazzo ducale di Torremaggiore, aveva avviato un procedimento giudiziario felicemente vinto, come attestava l’avvocato nel chiedere il saldo delle sue prestazioni. Per questo, probabilmente, nonostante le favorevoli proposte che altri amministratori gli avevano presentato, il principe aveva sempre opposto loro un netto rifiuto nel-la sonel-la speranza che il vicario fosse in grado con i profitti delle rendite feudali di liberarlo dai debiti. Così aveva negato la vantaggiosa offerta di Giovanni Tocco, che era disposto ad amministrare i feudi della casa per la cifra ben superiore di 38.000 ducati annui. Il Federici, invece, assicuratosi i più ampi poteri nella gestione delle terre e garanzie certe circa il saldo dei suoi crediti, presenta i bi-lanci annuali, in cui i suoi crediti come amministratore e socio delle industrie del principe, sommati agli interessi non riscossi, lievitavano spaventosamente di anno in anno, fino a raggiungere la cifra di ben 72.727 ducati. Precipitata, quindi, nel giro di qualche anno la situazione finanziaria, anche i loro rapporti si incrinano per dissidi e pettegolezzi. Mentre da una parte il Federici, offeso delle lamentele a suo carico, presenta le dimissioni e chiede il saldo dovuto e dall’altra Vincenzo si appella all’uditore sperando in una revisione dei conti a lui più favorevole, l’intraprendente Carlotta si appella alla protezione regia: sottopone la questione a Ferdinando IV e invoca il suo personale intervento.

«Colla sua connaturata clemenza» e soprattutto con suo dispaccio del 1776 il sovrano, per evitare che la casa di Sangro «vada in total ruina», nomina un soprintendente economico di sua fiducia e impone il ritiro di tutta la famiglia

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nei feudi, «tosto che sia passata la mutazione dell’aria», e che «il primogenito passi in educazione nella Nunziatella». Domenico Salomone, caporuota della Regia Camera di S. Chiara, nuovo gestore dei beni dei di Sangro, garantirà il denaro necessario per le spese della partenza di Vincenzo e dei suoi cari e per l’ingresso del figliolo nel collegio. Per prevenire poi il pericolo che si contraggano nuovi debiti, «né sia detto principe [Vincenzo] da alcuni suoi laterali circonve-nuto, ed ingannato», Ferdinando ricorda al presidente del Consiglio dei notai e al governatore di Foggia la disposizione di Carlo di Borbone di annullare i con-tratti di coloro che sono sottoposti ad amministrazione controllata. In tal modo,

prendendo li Lumi necessarj, si allontani[no] quei familiari e domestici, che hanno cooperato alla rovina della casa di S. Severo e alli tanti di lei debiti. Confidando […] che tutto sia regolato in modo che possa la casa risorgere, li Livellisti e creditori esser soddisfatti e divenire un giorno il detto principe felice.

Nel gennaio del 1779, essendo stato riconosciuto dal soprintendente, dall’avvocato fiscale del Real Patrimonio e dai periti scelti dallo stesso princi-pe, nonché dal giudice della Vicaria Simonetti il credito al Federici degli ol-tre 72.000 ducati, Vincenzo chiede alla Camera Reale di avvalersi dell’ipoteca feudale di 80.000 ducati, accordatogli nel 1774 e di cui non aveva usufruito. L’assenso del sovrano è immediato, ma a condizione di non liquidare al vicario importi superiori a quello stabilito e che questi continui nella gestione dei beni fino al termine della data dell’8 settembre 177917.

Pochi giorni dopo Carlotta, memore della volontà regia, come segno tangibile di riconoscenza e di rispetto per sostegno regio verso la sua casa, chiama il notaio Francesco di Maggio e lo prega di recarsi a Foggia per regi-strare un atto da inserire nei suoi protocolli. In presenza dell’anziano notaio il giovane principe di S. Severo, «al presente in questa città per i suoi interessi», revoca ogni precedente scrittura relativa a testamenti, codicilli o donazioni

cau-sa mortis, che in tempi diversi e presso diversi notai aveva fatto registrare18. Di

tali atti non ha ricordi precisi, ma, convinto che «contengono disposizioni non conformi alla sua idea ed a quella che hoggi tiene in animo», annulla qualsiasi minuta precedente sia pubblica che privata.

Per maggiore sua onoratezza e per indennità degli interessi della sua casa di-sconosce le persone che stavano d’intorno con l’apparente lodevole caratte-re di amici e d’intecaratte-ressati ne’ vantaggi della casa di S. Severo, di firmar fogli in bianco con la firma di esso Ecc.mo Principe sotto lo spicioso pretesto che poteano detti fogli servire per fare suppliche e invocare la Reale Protezione nelle varie urgenze di essa casa, formar procure, ed altri atti, ne’ quali era necessaria la firma di esso Ecc.mo Principe19.

17 ANDN, Fondo notai del XVIII secolo, notaio Francesco di Maggio, 13 gennaio 1779, Debitum contra Principem S. Severi et creditum pro Pascale Federici, cc. 11-17.

18 Ivi, notaio Francesco di Maggio, 19 gennaio 1779, Revocatio testamenti et reserbatum jurum pro principe S. Severi, cc. 23-69v.

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Vincenzo confessa, senza fare nomi, di aver subìto raggiri ed inganni da quanti lo frequentavano.

Stà preinteso oggi che molti di detti fogli siensi di falsi amici prevoluti per formarne obblighi in danno d’esso Sig.r Principe, dichiarazioni e cautele nocive agli interessi di sua casa. Ed oltre a ciò l’istessi apparenti amici varie altre volte gli han fatto firmare scritture, gratificazioni, bi-lanci, borri di minute, ed altre carte con lo specioso pretesto di dover quelle scrivere per mettere in migliore assetto ed in situazioni più felice l’interessi della Casa di S. Severo circonvenendo con varie intenzioni l’animo di detto Ecc. mo Signore, e facendoli fare scritture e contratti anche in tempo che la Maestà del Re trovavesi aver destinato il Soprin-tendente della Casa di S. Severo per evitare il danno e l’interesse che simili finzioni e circonvenzioni potessero mai produrre in avvenire20.

Nel timore che le carte lasciate anche in bianco con la sua firma, sia sotto il titolo di duca di Torremaggiore che di principe di S. Severo, possano essere esibite da ambigui personaggi, nelle cui capacità aveva confidato per migliorare l’economia della famiglia, Vincenzo ricorre alla legge. Chiede ai giudici di visionare e ed esaminare accuratamente i contenuti delle minute: qualora la grafia risulti falsa o la firma «fatta per tutto altro bisogno», si riserva di farne segnalazione al re e al soprintendente Domenico Salomone.

In verità questo è l’ultimo tentativo di Carlotta per evitare al figlio l’o-neroso credito riconosciuto al Federici. Anche le sue condizioni economiche sono precarie. Della dote che le doveva garantire il sostentamento vedovile poco è rimasto. L’avvocato Mariano Cocucci impegnato nei contenziosi con i creditori, sempre pronti a pretendere sequestri sulle rendite della casa, ave-va fin dal 1766 cercato faticosamente di «vendere il maritaggio di Geronima Loffredo», ava di Raimondo, che vantava dal Monte Nuovo dei Maritaggi, e di recuperare i 10.000 ducati della principessa di S. Severo da Egidio Gaetani. Egidio pressato da debiti e preoccupato dei crediti che vantava per un legato lasciatogli dallo zio paterno Luigi, viveva anch’egli tra debiti e prestiti onerosi: nonostante i favori che riceve dal sovrano anche il suo patrimonio è affidato all’amministrazione di un regio consigliere.

Nel 1772 l’avvocato Cocucci «colle sue belle maniere ed assidue assi-stenze presso i loro creditori e avvocati e lunghissime sessioni con loro tenute» riesce a cedere il maritaggio di Geronima a Giorgio de Ruggiero per 4.000 ducati. Per quello di Carlotta, invece, ricorre ai crediti che Egidio vantava sul patrimonio dei duchi di Laurenzana e a suo nome concorda la cifra di 1.000 ducati con l’avvocato Giuseppe Cirillo e i restanti 9.000 ducati con il Monte dei Capece21. Scarso è il contributo di questa voce in entrata nei bilanci annuali

del Federici: saltano all’occhio i crediti ancora pretesi da Carlotta dalla casa e il pignoramento delle sue gioie. Nonostante ciò, come prova tangibile del suo affetto verso l’altro figlio Paolo, rinuncia anche ai 3.500 ducati del suo vitalizio

20 Ivi.

21 Ivi, notaio Francesco di Maggio, 16 aprile 1772, Conventio inter Principem S. Severi et D. Marianum Cocucci, cc. 49-56v, Ivi 15 marzo 1768, Venditio annuorum introitum pro Iosepho Cirilli, cc. 16v-26.

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per comprargli un servizio d’argento da utilizzare durante il soggiorno a Ma-drid. L’assegnazione di 3.000 ducati fatta dal caporuota Domenico Salomone a suo nome sul Banco dello Spirito Santo nel marzo del 1779 giunge quando

ormai Carlotta è ormai stanca e ammalata22. Nel versamento, infatti, sempre

a suo nome fatto nel mese successivo per la rata mensile del vitalizio, il notaio Michele Rega che autentica la firma a piede della bancale dichiara che la prin-cipessa non è in grado di scrivere «stante la sua presentanea indisposizione»23

Quando muore ad aprile del 1779 per i funerali il figlio dispone riti solenni nella chiesa agnatizia di S. Maria della Pietà degni della principessa, ma date le critiche circostanze meno dispendiosi di quelli del padre defunto. Nella nota delle spese fatta da Ludovico Cavallo, vicario generale della casa al tem-po della morte del principe di S. Severo, avvenuta nel 1771, l’amministratore elencava i pagamenti e le spese occorse per l’inventario solenne, per i giudici a contratto, per i diritti di regia dispensa, per le sedie, il marmorario Domenico Toscano, il portiere della Vicaria, per i domestici, i paggi, i servitori volanti, per il maestro di casa, i notai Giuseppe di Palma, Gennaro Gaito, Filippo Rinaldi, Giovan Battista Buonfante, per gli arredi presi in affitto per abbellire i vani della casa, per il cappellano della Chiesa, l’apparitore del mausoleo eretto per il principe e anche le 48 libbre di cera arse davanti al catafalco24. Per Carlotta i riti

funebri che si celebrano nella chiesa, ricca di addobbi sacri, sono più contenuti: una sola è la messa pontificale con l’intervento di religiosi secolari e maestri di cerimonia25. A vegliare ed onorare la salma sono i familiari e i domestici vestiti

a lutto26 e i granatieri del Real Battaglione di Puglia, che prestano la loro

assi-stenza durante i giorni delle esequie e ne curano le spese necessarie, come ad

esempio il pagamento al parroco per la cerimonia di benedizione della bara27.

22 Archivio storico del Banco di Napoli, d’ora in poi ASBN, bancale del Banco dello Spirito Santo del 23 marzo 1779 di 3.000 ducati, c. 856.

23 ASBN, bancale del Banco dello Spirito Santo del 24 aprile 1779 di 181. 66 ducati, c. 290.

24 ANDN, Fondo notai del XVIII secolo, notaio Francesco di Maggio, 17 marzo 1772, Creditum pro D. no Ludovico Cavalli contra Ducem et Ducessam Turris Majoris, cc. 29-33v.

25 ASBN, Banco dello Spirito Santo, bancale del 16 giugno 1779, c. 379: «Pagate al Rev.do Sig.r D. Gennaro Ottone Abbate e Rettore della Chiesa della Pietà jus gentilizio dell’Ecc. ma fami-glia de Sangro d. 81 e grana 42, atteso gli altri d. 48 l’ha ricevuti da me prontamente in contanti, e tutti d. 81 e grana 42 sono per li suffraggj funerali celebrati per l’anima della Sig.ra Principessa di S. Severo D. Carlotta Gaetani d’Aragona di f. m. cioè d. 48 per la celebrazione di numero di 240 messe a grana 20 l’una, e li restanti ducati 33 e grana 42 per l’assistenza di alcuni PP. Cleri[ci] se-colari, Maestri di cerimonie per la Messa Pontificale, spese minute e altro occorso per detti funerali come da nota firmata da d.o Sig.r D. Gennaro col visto buono dell’Ecc.mo Principe di S. Severo. Qual pagamento lo fo di mio proprio denaro, e come vicario generale, e tenutario de feudi di d. Sig.r Principe per rimborsarmene dalli primi frutti, e rendite del medesimo, restando d. Sig. r D. Gennaro interamente saldato e soddisfatto di tutte le spese Pasquale Federici».

26 Ivi, Banco dello Spirito Santo, bancale del 28 maggio 1779, c. 598: «Pagate al maestro sartore Alessio Toscani ducati 144 e grana 19 contanti dite sono per le spese fatte per le livree a lutto dela Casa dell’Ecc.mo Sig.re Principe di S. Severo, dal quale mi è stato ordinato pagare detta somma per ritenermela e rimborsarmela dalle due mesate, da maggio del corrente anno in avanti. Qual pagamento lo fo di mio proprio denaro, come Vicario generale e Tenutario de’ feudi di detto Signor Principe per rimborsarmeli dalli primi frutti e rendite di detti feudi Napoli Maggio 1779. Pasquale Federici»

27 Ivi, Banco dello Spirito Santo, bancale dell’8 settembre 1779, c. 345: «Pagate al Sig.r D. Evangelista di Francesco capitano del Real Battaglione di Puglia ducati 12 e grana 70 con-tanti. Sono per le spese dal medesimo fatte nella celebrazione de’ funerali dell’Ecc. ma Sig.ra

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Non abbiamo trovato il testamento di Carlotta, che sospettiamo sia sta-to registrasta-to dal figlio presso quel notaio Giovanni Bottigliero di curia al sedile del Nido e proprio sotto il palazzo del principe di S. Severo, i cui protocolli non si sono conservati. Anche se ignoriamo le sue ultime volontà siamo certi che Carlotta abbia dato alla sua famiglia molto più che beni materiali, come i gioielli e la dote. Con la sua carica morale e il suo spirito intraprendente abbia trasmette ai figli, e in particolare alle figlie, forza di carattere, vivacità d’inge-gno, alta dignità e piena coscienza della loro condizione sociale.

Dopo la morte dei genitori, infatti, i figli prendono strade diverse. A Napoli restano Francesco e le due sorelle Carlotta e Rosalia, mentre Paolo è da tempo in Spagna. Le aspettative paterne per la vita monastica di Francesco sembrano completamente scomparse: le spese riportate nei bilanci di Pasquale Federici rivelano la sua assidua frequenza alle opere musicali nei principali teatri della capitale. Carlotta, invece, conferma quanto spesso ribadito in varie circostanze dal padre, conduce vita laicale con la carica di canonichessa. Non vive nel palazzo di Sangro Rosalia, per la quale era stato scelto il ruolo coniu-gale. Nel 1766, dopo pochi mesi dalle nozze del fratello Vincenzo, era stato fissato il matrimonio con Fabrizio Capece Minutolo dei principi di Canosa, figlio di Antonio e di Teresa Filangieri dei principi di Arianiello. Nel gennaio, infatti, del 1766 Raimondo firma a tarda ora nel palazzo avito i suoi capitoli matrimoniali e le assegna la tenue dote di 20.000 ducati. Il versamento avviene in due tranches: 10.000 ducati i contanti, che la sposa riceve dal Monte Gran-de Gran-dei Maritaggi con pieni diritti e gli altri 10.000 da pagarsi all’interesse Gran-del

3% annuo28. I Capece concordano per l’importo, anche perché, concorrendo

i requisiti e le condizioni necessarie, possono contrarre prestiti dal Monte di famiglia dei Capece. Quest’unione è allietata dalla presenza di sette figlioli, tra cui Teresa, che sposerà Luigi Maria Cigala, principe di Tiriolo, e Antonio, noto patrizio napoletano, ministro di polizia nel 1816 e 1821; pensatore politico e autore di saggi sullo stato della società e dell’amministrazione del Regno di Napoli e delle Due Sicilie.

«Donna regal», stimata per la notevole cultura, che contraddistingue la sua famiglia – dalle ave, come ad esempio Aurora Sanseverino, nonna materna di Raimondo, ai fratelli Vincenzo e Francesco di Sangro, appassionati cultori di musica e di teatro –, è apprezzata nella Repubblica delle Lettere per la dotta eru-dizione: con i suoi «onorati pregi»29 raccoglie glorie tra le vette di Parnaso.

Par-tecipa, infatti, insieme al marito all’Accademia Aletina, cui aderiscono alla fine del XVIII secolo «molti bei nomi della cultura napoletana, i più di nota fede

massonica»30, come ci segnala Angelo Massafra. Dopo però quasi trent’anni di

principessa di S. Severo D. Carlotta Gaetani d’Aragona di f. m. cioè d. 3 dati al Parroco per la benedizione del cadavere e li restanti ducati 9 e grana 40 pagati alli Granatieri, sergente e ca-porale del Real battaglione per l’assistenza fatta in detti giorni per li detti funerali nella Chiesa gentilizia dell’Ecc. ma casa di Sangro come da nota di detto Sig. r Evangelista, col visto buono dell’Ecc.mo Sig.re Principe di S. Severo, e tale pagamento lo fo’ di mio proprio denaro, e come vicario generale e tenutario delli feudi di detto Sig. r Principe per rimborsarmene dalli primi frutti e rendite del medesimo, Napoli 7 maggio 1779. Pasquale Federici»

28 ANDN, Fondo notai del XVIII secolo, notaio Francesco di Maggio, 23 gennaio 1766, cc. 15v-30, Capitula matrimonialia Execc. Ma D. na D. Rosaliae de Sangro.

29 A. Cappa, Poesia, in «Antologia romana», XVI, 1795, pp. 121-125.

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matrimonio l’unione mostra segni d’incrinature: la colta e emancipata Rosalia, dichiarandosi «alquanto cagionevole e bisognosa perciò di respirare aria analoga alla di lei salute», ottiene la separazione consensuale dal marito. Non emergono motivazioni particolari da parte di entrambi, anzi nelle loro frasi si respirano i toni di una civile corrispondenza e di sinceri sentimenti: Rosalia deve per le sue cure «menar i suoi giorni in campagna o in città in aria più sollevata» e Fabrizio, «essendo pur troppo sicuro e persuaso della buona condotta che sempre ha avu-to e del Religioso vivere di essa Ecc. ma Sig. ra Principessa, come anche la stessa Sig. ra Principessa D. Rosalia [è] sicurissima dell’amorevolezza pur troppo spe-rimentata di esso Sig. re Principe D. Fabrizio» non può lasciare la residenza al sedile di Capuano, dove sono gli interessi del suo casato. Così il 18 giugno 1794 davanti al notaio Pasquale Cervone firmano una convenzione, in cui Fabrizio

assegna 2.500 ducati annui per il suo mantenimento31. Mentre Rosalia lascia il

tetto coniugale, Fabrizio per non restar solo accoglie in casa il figlio Antonio con la nuora Teresa Galluccio dei duchi di Teora.

Dodici anni dopo, nel 1806, è venuta meno l’armonia e il consenso: li troviamo poco condiscendenti, molto restii a recedere dalle proprie posizioni e non così reciprocamente complimentosi. Rosalia, infatti, priva del decoroso assegno per il suo mantenimento, chiama in causa nel 1806 Fabrizio, nomi-nato segretario di Stato del nuovo governo, e pretende il riconoscimento delle somme arretrate non percepite. Dalle difese dei loro avvocati e dalle testimo-nianze delle parti convenute in giudizio è possibile ricostruire le vicende della casa e le cause reali, che avevano indotto Rosalia a cercare una nuova residenza. La diagnosi del dottor Nicola Andria, suo medico curante per molti anni, aveva evidenziato «la naturale disposizione della sua corporatura, la quale si va sempre più accrescendo ed conformando». Per questa predisposizione andava soggetta a «malattie gravissime, a coliche violentissime, a significanti alterazione di bile, che l’han portata qual volta nelle angustie maggiori, efflo-rescenze ostinate e sospette […] piaghe nelle gambe, gonfiori ed ematosi […]. che non han mancato di annunziare più di una volta rigonfiamenti ed rapisia che han formato la non interrotta serie […] di rilasciamento di tutta la

costi-tuzione»32. «Mezzo opportunentissimo alla sua salute» e unico espediente è

«respirare aria ventilata e piena di attività come è quella della Riviera». Con tale convinzione certifica che «se lascia per un momento l’attuale sito in cui abita e dove la Provvidenza le permette di campar alla meglio la sua vita correrà sem-pre il gran rischio di veder crescere i suoi incomodi, e trovarsi irreparabilmente condotta a gravissime condizioni»33.

Le indisposizioni di Rosalia sono proprio il punto forte di Fabrizio, che, ormai avanti negli anni e gravato da pesi economici, vorrebbe annullare l’ac-cordo della separazione e ricongiungersi con la moglie «nel suo comodo palaz-zo all’aperto largo di Sedil Capuano, [dove] è nato, né [donde] può partirsene. Ivi la sposò, ivi ha consumato 29 anni di matrimonio unitamente con lei, che

496.

31 ASN, Processi antichi, Pandetta corrente, b. 623, fasc. 3314, Pro Ill. Principessa Canusi D. Rosalia de Sangro cum Ill. Principe Canusi D. Antonio Capycio Minutolo.

32 Ivi, cc. 29. 33 Ibidem.

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180 flavia luise

vi è stata di buona salute, e ci ha procreato sette figli, tutti validi e sani»34. Se

torna in seno alla famiglia «potrebbe risiedere nel loro casino di Mugnano, quante volte ne avrà voglia. I mali si curano in mille modi, e non già colla sola aria della Riviera di Chiaja». Secondo le leggi le indisposizioni non sono causa di separazione tra i coniugi, bensì le sevizie, i maltrattamenti e la cattiva compagnia, tutti elementi che non possono essergli attribuiti. Fabrizio insiste nel giocare la carta della famiglia e nell’alimentare nella moglie gravi sensi di colpa: «Non c’è legge né divina né umana che possa menar buono a una dama di nuotar di per se nell’abbondanza, mentre come moglie non riguarda il ma-rito, come madre si scordano i figli, e come ava si trascurano i nipoti, che tutti hanno un egual diritto alla stessa vita»35.

In verità Rosalia nutre un profondo senso di responsabilità e di rispetto verso la sua famiglia sia quella acquisita, che quella d’appartenenza. Quando i disastri della Repubblica del 1799 coinvolgono i congiunti e il gravame di nuovi pesi si aggiunge alla ristrettezza delle rendite, la principessa non protesta per gli importi inferiori che riceve dal figlio Antonio, nominato dal padre am-ministratore unico del patrimonio e con il quale nel 1801 aveva confermato la convenzione per l’assegnamento del vitalizio. Quando, invece, mutato il clima politico Fabrizio diviene consigliere di Stato torna a rivendicare i suoi crediti e a pretendere i 10.000 ducati di arretrati. E lo fa con toni sommessi, chiedendo la nomina di un ministro economico, affinché non sia reso noto il bilancio fami-liare e non ricadano sui congiunti le spese di un lungo contenzioso giudiziario.

Un forte legame affettivo la lega anche alla sorella maggiore Carlotta, cui presta assistenza e ricovero durante gli ultimi anni della sua esistenza. Fin dal 1765, anno in cui Raimondo aveva rinunziato a tutte le rendite in favore del figlio Vincenzo prossimo alle nozze con Gaetana Mirelli, erano note le inclinazione che il principe aveva colto nei figli e le istruzioni che lasciava per il loro collocamento. Per Paolo, principe di Castelfranco, cui auspicava una carriera all’estero presso paesi stranieri, assicurava per suo decoro e stabilimen-to il denaro necessario per le spese di viaggio, per l’acquisstabilimen-to di una carica e per il corredo confacente al suo stato sociale. Per Francesco presagiva una carriera religiosa presso il Monastero di Montecassino, dove sarebbe stato educato. Ac-cettava, assecondandola con un sostanzioso contributo economico, il desiderio di Carlotta di condurre una esistenza non in un ordine religioso ma in una comunità, rispettando le sole regole del voto di castità ed obbedienza. «Alla primogenita [Carlotta] fin dal dì in cui si metterà in viaggio per Fiandra a fin di rendersi a uno di quei Capitoli, dove ha destinato di andare ad ascriversi come canonichessa» prometteva 600 ducati annui oltre ai 10.000 necessari «per le spese di viaggio e per il suo equipaggio, come in voce si è convenuto

coll’Eccellentissimo principe di Teora»36. Gli accordi non sono rispettati: nel

luglio del 1771, dopo la morte del padre, Carlotta, infatti, rivolge una supplica al Santo Padre, riportata da Eduardo Nappi nella sua raccolta di documenti sulla famiglia, sul palazzo e sulla cappella di Sangro. La giovane, impedita a

34 Ivi, cc. 30-34. 35 Ivi, cc. 68-70.

36 ANDN, Fondo notai del XVIII secolo, notaio Francesco di Maggio, Cessio et renunciatio feructum omnium honorum Execc. Pr. Pis S. Severi pro Execc. Mo D. no Duce Turrismajoris D. Vincentii de Sangro, cc. 15v-30.

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realizzare il suo sogno, lamenta il suo infelice stato «che per l’indigenza del-la Casa, nonostante l’Autore deldel-la Natura l’abbia fatta nascere benignamente

è provveduta del bisognevole sufficiente a reggerla con decenza»37. Nel 1772

solo la ferma opposizione della madre, che per vie legali pretende il rispetto dei vitalizi, obbliga il nuovo principe di S. Severo a rivedere gli assegnamenti mensili dei fratelli: mentre a Francesco concede 150 ducati mensili, aumen-tati a 200 da maggio del 1775, alla sorella destina soli 100 ducati per il suo sostentamento, raddoppiati a 200 a partire dal mese di marzo del 1777. In considerazione delle volontà paterne, le promette cavalli, finimenti e livree per la nuova carrozza che entro il 1773 il nuovo amministratore Pasquale Federici si è impegnato a consegnarle38.

L’accresciuto numero dei creditori, la pessima e fraudolenta gestione dei feudi e le spese ingenti della casa devono aver impedito a Carlotta non solo di recarsi nelle Fiandre, ma anche di vivere decorosamente. Il suo triste stato potrebbe aver indotto la sorella minore, infiacchita nel corpo, ma non nella mente, a prendersi cura di lei tanto debilitata nello spirito: con un assegna-mento di 2.500 ducati annui, concordato col marito, Rosalia poteva vivere decorosamente insieme all’infelice Carlotta. Il sospetto nasce dalle accuse che Fabrizio Capece Minutolo rivolge alla moglie tramite i suoi legali: per sei anni, fino ai tragici eventi del 1799, cioè fin dal momento in cui ha lasciato la resi-denza coniugale, Rosalia e Carlotta hanno convissuto in casa della loro figlia Teresa Cigala duchessa di Gimigliano, sita al sedile di Nido.

Per anni sei non è stata di buona salute facendo la sua dimora nella casa della figlia […], ove tenne una sol stanza, addetta per se e per sua sorella fu Donna Carlotta di Sangro? Se ha goduto buona salute in un posto così infelice e pel corso di tanti anni, può ben vivere in casa del coniuge39.

Pronta la replica di Rosalia che torna a precisare in merito alla sua salu-te, divenuta ormai l’unica arma a sua difesa. Dimorò presso la figlia per breve tempo e per le dure necessità del 1799:

a tal passo l’astrinse per aver perduta tutta la sua mobilia toltale col saccheggio e per non dormire sulla nuda terra a guisa di tutti gli altri saccheggiati; profuga lì si ridusse in dove sempre più a male andata la sua salute ed appena unito a uno scarso commodo alla sua vita. Si resti-tuì alla Riviera di Chiaja, ove infatti guarì, anzi dalla renitenza dell’IIl. Principe di Canosa di prendere una casa a Chiaja, […], si vide che egli non abbia la volontà di riunirsi, giacché a tutto si presta meno ché ad abitare al Sedil Capuano dove aveva perduta la sua salute40.

37 E. Nappi, Dai numeri la verità. Nuovi documenti sulla famiglia, i palazzi e la cappella di S. Severo, Napoli, 2010, p. 46.

38 ANDN, Fondo notai del XVIII secolo, notaio Francesco di Maggio, Conventio, cc. 37v -44, 6 aprile 1772

39 ASN, Processi antichi, Pandetta corrente, b. 623, fasc. 3314, Pro Ill. Principessa Canusi D. Rosalia de Sangro cum Ill. Principe Canusi D. Antonio Capycio Minutolo, cc. 30-34.

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La convinzione, invece, del principe di Canosa è che se Carlotta non le fosse premorta nel 1804, Rosalia sarebbe rimasta nel quartiere del Nido e non avrebbe incontrata a Chiaia «la perfezione della sua salute». Tutti i tentativi di accordo tra le parti promossi senza strepito e colle buone dal regio consigliere Gregorio Lamanna falliscono. Ogni proposta presentata dai legali di parte è respinta: per Fabrizio la principessa non può chiedere quanto pretende per il mutare delle rendite che a causa dei grandi eventi sopraggiunti sono fortemen-te diminuifortemen-te per non dire scomparse.

Per Rosalia la sua dignità non può più oltre essere messa in discussione:

non potendo più soffrire una donna d’onore la giusta molestia dei suoi creditori. Ora nelle sue angustie si sta cercando per vie economiche di menomarle l’annuo assegnamento di ducati 2.500 laddove dovrebbe crescersi attenta la sovra vertenza delle ricchezze di suo marito e con un espediente economico contrario tutto alla giustizia se le vogliono togliere 1.300 ducati annui e mettere in oblio l’arretrato per toglierle assolutamente il modo di vivere e di venire alla faccia de suoi creditori. L’impuntuale è al mondo una truffajola, cosa che né la sua onoratezza, né la sua natura comportano per così ridurla a doversi di nuovo dopo dodici anni ad unirsi in casa di suo marito, a cui è pronta a prestargli tutti quegli ossequi, sebbene abbenché separata gli ha prestato e tutti quei rispetti che convengono a una dama d’onore che si professa dovuti a un cavaliere fornito d’ogni merito e distinzione, purché alla sua salute non si leda41.

Amare le considerazioni dell’avvocato di Rosalia in merito alla causa. Dopo aver riassunto con realismo il positivo bilancio dei beni del principe di Ca-nosa, consistenti interamente in fondi e non in giurisdizioni, nonché in oculati investimenti come l’acquisto di arrendamenti rivalutati nel tempo, come dimo-strano gli attuali pagamenti in contanti, manifesta tutte le sue riserve sugli aspetti economici e soprattutto morali del contenzioso. Dopo aver messo in risalto le grandi personalità, che si agitavano nelle aule dei tribunali, e l’argomento in di-scussione, osservava come le persone chiamate in giudizio erano fin troppo note:

uno [è] dei più ragguardevoli cavalieri di questa città, il cui merito e dot-trina, oltre il nobilissimo sangue che per le vene scorre l’han sublimato al rispettabilissimo grado di Consigliere di Stato […] e la persona che viene alimentata è la Principessa sua moglie Donna Rosalia di Sangro, Donna illustre delle più rispettabili famiglie di Napoli, figlia del Gran Principe di S. Severo, la cui fama è conta all’Europa intera al di fuori della grandezza delle sue proprietà e del suo sangue, e della sbanditezza delle sue doti, che han portato in casa di un sì degno marito»42,

41 Ivi, cc. 27-28. 42 Ivi, cc. 36-37.

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carlotta gaetani principessa di san severo e le sue figlie

nonché il denaro dello spillatico e gli interessi dotali. Rosalia non vide il termine della causa: morì due anni dopo nel 1808, senza avere dal giudice il riconoscimento dei suoi diritti.

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INDICE

renata De lorenzo, Giuseppe Galasso Presidente onorario

giuseppe galasso, Ringraziamento

Francesco storti, Fanteria e cavalleria leggera nel Regno di Napoli (XV secolo)

Biagio nuciForo, «Homo molto antiquo et experto in le arme». Un

“modello” di armigero demaniale: Rossetto Fieramosca da Capua

aurelio Musi, Quasi un’autobiografia. Fonti per la storia del Principato Citeriore nei secoli XVI e XVII

Maria sirago, Miguel Vaaz, conte di Mola, un mercante intraprendente all’ombra dei viceré

carla peDicino, Eserciti e ufficiali nel “sottosistema” italiano: problemi e prospettive di ricerca

anniBale cogliano, Manifattura a Solofra nel ‘500: il suo secolo d’oro. Concia delle pelli, battiloro, statuti, conflitti

Mariateresa pace, Cesare Michelangelo d’Avalos: un principe senza macchia e il “codicillo”

FlaVia luise, Carlotta Gaetani principessa di San Severo e le sue figlie

toMMaso rossi, La famiglia Lizio: polistrumentisti a fiato nella Napoli del XVIII secolo

antonio salVatore roMano, «Coll’acqua alla gola». Le complicate relazioni diplomatiche tra Napoli e la Santa Sede nell’imminenza del mancato conclave del 1817

giulio pane, Ricordo di Lucio Santoro

DOCUMENTI

DaViDe Morra, Ideologia e politica nella Napoli aragonese. Riflessioni su un recente seminario

carlo alicanDri-ciuFelli, I fatti di Pratola del 1799-1800

gioVanni reccia, Sulla famiglia di Domenico Cirillo

p. VII » XVII » 1 » 49 » 71 » 83 » 103 » 123 » 149 » 169 » 185 » 197 » 223 » 233 » 243 » 259

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324 indice

letizia corsini, Le raccolte fotografiche della Società Napoletana di Storia Patria. Riflessioni e primi bilanci dell’esperienza di recupero e trattamento

antonella Venezia, Libri, documenti, socialità. La biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria

Riassunti / Summaries

Gli autori di questo numero/ The authors of this issue

» 275 » 299 » 305 » 315

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Finito di stampare a Napoli nel mese di marzo 2016

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