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Le dinamiche dei valori di avviamento:analisi sui bilanci del gruppo Telecom Italia

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Academic year: 2021

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INDICE

Introduzione……… 7

1. Determinazione e contabilizzazione dell’avviamento………... 8

1.1 Le immobilizzazioni immateriali:disciplina civilistica e l’approccio contabile nazionale……….. 9

1.2 Le immobilizzazioni immateriali: approccio secondo i principi IAS/IFRS ……… 15

1.3 Concetto di avviamento nella dottrina economico-aziendale ………... 20

1.4 L’avviamento nella normativa civilistica ………... 24

1.5 L’avviamento nei principi contabili internazionali……….. 26

2. Impairment test disciplinato dallo IAS 36………... 31

2.1 Impairment of assets: lineamenti generali………... 32

2.2 Misurazione del valore recuperabile……… 38

2.2.1 Calcolo del valore recuperabile………... 41

2.3 Il fair value al netto dei costi di vendita………... 42

2.4 Il valore d’uso………... 45

2.4.1 Calcolo del valore d’uso………... 49

2.4.2 Approfondimento intorno al WACC………... 52

2.5 Trattamento della perdita di valore……….. 56

3. L’impairment test dell’avviamento e il ricorso alle Cash Generating Units…… 60

3.1 Impairment test su base aggregata………. 61

3.2 Avviamento: allocazione del valore……….. 62

3.3 Disclosure nelle note al bilancio………... 75

3.4 Tempistica dell’impairment test……… 80

3.5 Corporate assets: attività comuni a più divisioni aziendali….……... 81

3.6 Riduzioni di valore dell’avviamento in una CGU e ripristini di valore……… 82

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4.Avviamento nel Gruppo Telecom Italia:analisi dei bilanci degli ultimi dieci anni..86

4.1 Il profilo del Gruppo Telecom Italia……….. 87

4.2 Cenni storici del gruppo………. 89

4.3 I fatti chiave del 2013……… 94

4.4 Procedura seguita per l’analisi dell’avviamento sui bilanci consolidati del Gruppo………. 97

4.4.1 Analisi anno 2004……….. 98

4.4.1.1 Riconciliazione ai principi contabili internazionali per il bilancio 2004 redatto secondo la normativa civilistica………. 101 4.4.2 Analisi anno 2005………... 108 4.4.3 Analisi anno 2006……… 114 4.4.4 Analisi anno 2007……….. 117 4.4.5 Analisi anno 2008……… 121 4.4.6 Analisi anno 2009……….. 124 4.4.7 Analisi anno 2010……….. 129 4.4.8 Analisi anno 2011……….. 134 4.4.9 Analisi anno 2012………... 139 4.4.10 Analisi anno 2013……….... 143

4.4.11 Analisi congiunta dei risultati per i dieci anni esaminati………... 146

Conclusioni……….. 154

Sitografia……….. 157

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5

ELENCO DELLE FIGURE

Figura 1 - Composizione azionariato ... 93

Figura 2 - Dati per gli esercizi 2012 e 2013 in seguito alla cessione di La7 srl e MTV Italia srl ... 96

Figura 3 - Variazione delle Immobilizzazioni Immateriali dal 2003 al 2004 ... 99

Figura 4 - Differenza da consolidamento attribuita alle varie società ... 100

Figura 5 - Stralcio del Conto Economico al 31.12.2004 ... 101

Figura 6 - SP Consolidato al 31.12.2004 secondo la normativa civilistica e secondo gli IAS/IFRS ... 105

Figura 7 - CE Consolidato al 31.12.2004 secondo la normativa civilistica e secondo gli IAS/IFRS ... 106

Figura 8 – Variazione Utile Netto (e Patrimonio Netto) in seguito al cambiamento dei principi ... 107

Figura 9 – Rettifiche principali intervenute sul bilancio consolidato al 31.12.2004 ... 108

Figura 10 – Contabilizzazione dell’acquisto della partecipazione in Liberty Surf Group S.A. ... 109

Figura 11 - Contabilizzazione dell’acquisto dei rami d’azienda Elefante TV e Delta TV ... 110

Figura 12 – Stralcio di CE consolidato al 31.12.2005 ... 114

Figura 13 - Risultato operativo al 31.12.2006 ... 117

Figura 14 - Contabilizzazione dell'acquisto della partecipazione nel Gruppo AOL ... 118

Figura 15 – Risultato operativo al 31.12.2007 ... 121

Figura 17 – Risultato operativo al 31.12.2008 ... 123

Figura 18 – Svalutazioni di attività non correnti al 31.12.2008 ... 124

Figura 19 – Contabilizzazione dell'acquisto della partecipazione di Intelig Telecomunicoes Ltda ... 125

Figura 21 – Risultato operativo al 31.12.2009 ... 128

Figura 22 – Svalutazioni di attività non correnti al 31.12.2009 ... 129

Figura 23 – Contabilizzazione dell'acquisto della partecipazione di controllo di Sofora Telecomunicaciones SA ... 130

Figura 24 – Risultato operativo al 31.12.2010 ... 133

Figura 25 – Svalutazioni attività non correnti al 31.12.2010 ... 134

Figura 26 – Risultato operativo al 31.12.2011 ... 138

Figura 27 – Svalutazioni di attività non correnti al 31.12.2011 ... 138

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6

Figura 29 – Risultato operativo al 31.12.2012 ... 142

Figura 30 – Svalutazioni di attività non correnti al 31.12.2012 ... 142

Figura 31 – Risultato Operativo al 31.12.2013 ... 146

Figura 32 Dinamica avviamento dal 2004 al 2013 ... 149

Figura 33 Impairment loss in Euro ... 150

Figura 34 Impairment loss/avviamento ante svalutazione in % ... 150

Figura 35 Utili effettivi realizzati negli anni ... 152

Figura 36 Incidenza delle svalutazioni sul risultato economico ... 153

ELENCO DELLE TABELLE

Tabella 1 - Schema di sintesi in seguito alla privatizzazione del Gruppo ... 92

Tabella 2 - Azionariato Telecom al 31.12.2013 ... 93

Tabella 3 - Avviamento iscritto prima dell'impairment suddiviso nelle varie CGU, 2005 ... 113

Tabella 4 - Avviamento iscritto prima dell'impairment suddiviso nelle varie CGU, 2008 ... 122

Tabella 5 - Avviamento iscritto prima dell'impairment suddiviso nelle varie CGU, 2009 ... 127

Tabella 6 - Avviamento iscritto prima dell'impairment suddiviso nelle varie CGU, 2010 ... 132

Tabella 7 - Avviamento iscritto prima dell'impairment suddiviso nelle varie CGU, 2011 ... 137

Tabella 8 - Avviamento iscritto prima dell'impairment suddiviso nelle varie CGU, 2012 ... 140

Tabella 9 - Avviamento iscritto prima dell'impairment suddiviso nelle varie CGU, 2013 ... 144

Tabella 10 Variazioni intervenute dal 2004 al 2013 sul Goodwill ... 149

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INTRODUZIONE

Nel normale svolgimento delle acquisizioni aziendali la differenza fra il valore netto contabile e il valore di trasferimento da luogo ad una posta contabile immateriale definita avviamento;i principi contabili internazionali (IAS/IFRS) stabiliscono come verificare annualmente il valore di questa posta tramite una procedura definita impairment test.

Nel seguente elaborato viene analizzato approfonditamente tale disciplina, soffermandosi in particolare sull'adozione di questa procedura da parte di un'importante azienda italiana Telecom Italia.

I principi contabili internazionali non ammettono l’ammortamento sistematico dell’avviamento, così come previsto dai principi contabili italiani, ma prevede una revisione annuale obbligatoria mediante la quale il valore contabile viene confrontato con il valore recuperabile e la svalutazione avviene solo nel caso in cui il valore recuperabile risulti inferiore al valore contabile.

L’elaborato seguente è suddiviso in una parte teorica dove viene illustrata la determinazione e contabilizzazione degli asset intangibili, soffermandosi sull’avviamento e sulla particolare procedura introdotta dallo IAS 36 e in una parte prettamente pratica, in cui si da ampio spazio alla valutazione del goodwill determinato da un’importante azienda italiana operante nel settore delle telecomunicazioni, Telecom Italia.

Per il caso specifico è stato evidenziato come le svalutazioni operate nel corso degli anni, dal 2010 al 2013, abbiano modificato il risultato economico del Gruppo facendolo passare da un risultato positivo ad un risultato negativo.

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8

CAPITOLO 1

Determinazione e contabilizzazione dell’avviamento

SOMMARIO: 1.1 Le immobilizzazioni immateriali: disciplina civilistica e l’approccio contabile nazionale – 1.2 Le immobilizzazioni immateriali: approccio secondo i principi IAS/IFRS – 1.3 Concetto di avviamento nella dottrina economico-aziendale – 1.4 L’avviamento nella normativa civilistica – 1.5 L’avviamento nei principi contabili internazionali.

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9 1.1 Le immobilizzazioni immateriali: differenze tra la disciplina civilistica e

l’approccio contabile nazionale

Le immobilizzazioni sono fattori produttivi pluriennali detti a “fecondità ripetuta” in quanto permangono in azienda e vengono utilizzati per più cicli produttivi, cedendo la loro utilità gradualmente. Quelle immateriali si distinguono dalle altre perché sono intangibili ossia non presentano il carattere della materialità.

Questa differenza è ben marcata nella prassi anglosassone, che individua le immobilizzazioni immateriali come “intangibles”. L’importanza delle immobilizzazioni immateriali come fattori critici di successo è cresciuta sempre più nel tempo e questo impone di dedicare la massima considerazione all’analisi, alla valutazione ed alla determinazione quanto più possibile esatta dell’impatto degli intangibles sul livello di redditività aziendale presente e futura.1

Per un’azienda, avere un patrimonio di risorse intangibili, può significare avere una maggiore capacità prospettica di conseguire utili. Il patrimonio di risorse intangibili rappresenta il patrimonio di conoscenza di cui un’azienda è dotata, non soltanto quello in possesso delle persone che in azienda operano, ma anche il patrimonio proprio dell’azienda stessa, quello cioè dipendente dal sistema organizzativo in atto.

Va aggiunto che l’attuale contesto economico, caratterizzato da un’elevata complessità e dinamicità, richiede che le aziende dedichino tempo e risorse all’analisi delle criticità relative alle risorse immateriali di cui dispongono. Naturalmente questo ha la conseguenza di aumentare a dismisura l’importanza della valutazione di tali risorse intangibili nel bilancio d’esercizio, che è il documento in cui trova espressione l’effettivo contributo dei fattori produttivi al risultato d’esercizio in corso.2

1

Si veda: A. M. FELLEGARA, I valori delle immobilizzazioni immateriali nelle sintesi d’esercizio,

Giuffrè Milano.

2

“Affinché un bene immateriale possa generare benefici economici anche nel futuro, sono necessari

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10

Come per le immobilizzazioni tecniche, gli intangibles entrano a far parte del patrimonio aziendale in due modi: o mediante acquisizione dall’esterno o mediante produzione all’interno. È chiaro che l’acquisto da terzi genera un costo che, essendo misurato dal sorgere di un debito verso il fornitore, è generalmente determinato in modo oggettivo. La produzione in economia delle risorse intangibili invece, dà luogo a un valore avente le caratteristiche proprie dei costi di produzione, i quali presentano un certo grado di soggettività e di astrattezza. Più in dettaglio, è possibile operare un’ulteriore distinzione nell’ambito della categoria degli intangibles, individuando risorse immateriali strutturali e non strutturali. Secondo tale approccio, le prime sono valutabili autonomamente. È il caso del capitale umano3, delle tecnologie e delle licenze, marchi e brevetti. Gli intangibles non strutturali invece dipendono in stretta misura dal settore economico nel quale opera l’azienda e non dalle capacità interne all’azienda stessa. Oltre che l’aspetto utilitaristico degli intangibles, ciò che rileva come fondamentale nel considerare una risorsa come immateriale è la sua attitudine alla trasferibilità, nell’ipotesi in cui l’intero complesso aziendale sia oggetto di cessione. Una risorsa intangibile, in altri termini, deve poter essere trasferibile anche separatamente, sempre che tale risorsa possa correttamente essere misurabile e valutabile o, in altre parole, distintamente identificabile.

Le immobilizzazioni immateriali, al pari delle altre due macrocategorie, trovano piena collocazione nelle norme contemplate dal Codice Civile, oltre che nelle norme contabili internazionali.

Le norme relative alla redazione del bilancio d’esercizio trovano posto nel Codice Civile al Libro V (“del lavoro”), agli artt. 2423-2428. Più in dettaglio, il Codice contiene norme di carattere generale per la redazione del bilancio

l’impresa deve essere certa della futura disponibilità di risorse necessarie a permetterne lo sfruttamento; fondamentali sono poi le caratteristiche intrinseche del bene stesso, anche se spesso risulta difficile valutare la sua capacità di generare ricavi”. (P. MARTINI, Bilancio civilistico e fiscale, Esselibri SpA, 2005, pag. 107)

3

Per generare innovazione e creatività in uno scenario caratterizzato dalla complessità, è basilare porre al

centro dell’attenzione il capitale umano valorizzando i percorsi formativi, sia interni sia esterni all’azienda, ed i livelli dei consumi culturali favoriti da chiari orientamenti ed azioni anche pubblici, mai dimenticando che lo scenario complesso porta con sé un’accesa competizione (Battistoni, 2005). Il capitale umano ricomprende il patrimonio di competenze, capacità e conoscenze di coloro che prestano la loro opera nell’azienda, nonché gli organismi di governance.

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d’esercizio, norme destinate alla generalità delle immobilizzazioni e norme invece specifiche.

L’art. 2423 chiarisce quali sono i documenti obbligatori per la redazione del bilancio d’esercizio. Tale articolo indica che bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società, nonché il risultato economico dell’esercizio.

L’art. 2424 menziona chiaramente il termine “immobilizzazioni immateriali” a proposito del contenuto dello Stato Patrimoniale. Le attività immateriali sono costituite da:

1. costi di impianto e ampliamento; 2. costi di ricerca e sviluppo e pubblicità;

3. diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno;

4. concessioni, licenze, marchi e diritti simili; 5. avviamento;

6. immobilizzazioni in corso e acconti; 7. altre.

La destinazione ad un utilizzo durevole costituisce pertanto la condizione necessaria perché una risorsa intangibile venga ricompresa nelle immobilizzazioni immateriali. Le immobilizzazioni immateriali, dunque, trovano collocazione logica nell’attivo dello Stato Patrimoniale della società e non invece nel Conto Economico, poiché non si tratta di normali costi d’esercizio ma di risorse con una competenza pluriennale. 4

Per la determinazione del valore da iscrivere nello Stato Patrimoniale, l’art 2426 prevede che le immobilizzazioni siano iscritte al costo di acquisto o di produzione, laddove nel costo di acquisto debbono essere computati anche i costi accessori, mentre nel costo di produzione vanno compresi tutti i costi direttamente imputabili al prodotto, oltre ovviamente ai costi indiretti.

4

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Il comma 2 dell’art. 2426 disciplina invece la fattispecie dell’ammortamento delle immobilizzazioni materiali e di quelle immateriali, chiarendo che il relativo costo “deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione”. Per talune tipologie di risorse intangibili (nello specifico le spese di ricerca e sviluppo, costi di impianto ed ampliamento e le spese di pubblicità ed avviamento) il periodo di ammortamento massimo previsto è di 5 anni; nella prassi contabile italiana si segue il principio dell’ammortamento sistematico, cioè in bilancio viene imputata una quota di ammortamento calcolata in base ad un piano prestabilito, generalmente a quote costanti. Le quote costanti, peraltro, non sono un obbligo ma una consuetudine, poiché il Codice Civile non chiarisce il significato della parola “sistematico”. Il principio contabile n.24 definisce le immobilizzazioni immateriali come quei “costi che non esauriscono la loro utilità in un solo periodo, ma manifestano i benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi” 5 , con ciò confermando peraltro le norme del Codice Civile.

Secondo i principi contabili nazionali nella categoria delle immobilizzazioni immateriali rientrano anche alcune tipologie di costi che non sono collegati all'acquisizione o produzione interna di un bene o di un diritto, e ciononostante non esauriscono la propria utilità nell'esercizio in cui sono sostenuti. Questi costi sono definiti “oneri pluriennali”. L’OIC è chiaro nel precisare che i costi pluriennali, rispetto ai beni immateriali veri e propri, presentano di solito caratteristiche più difficilmente delimitabili circa l’effettiva utilità pluriennale.6 In definitiva, secondo l’OIC nella categoria delle immobilizzazioni immateriali vanno ricompresi: gli oneri pluriennali, l’avviamento, i beni immateriali (cioè diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, concessioni, licenze, nonché i diritti simili), ed i costi interni ed esterni sostenuti

5

Esempi di benefici economici futuri: maggiori ricavi di vendita, risparmi di costi, possibilità di utilizzo

diretto del bene

6 L’OIC sottolinea che: “Il legislatore, recependo il contenuto della IV Direttiva comunitaria, avrebbe

potuto fornire una definizione di tali oneri; si è, invece, limitato a porre le norme cautelative e restrittive relative al vincolo di distribuzione dei dividendi ed alla richiesta del consenso specifico, ove esistente, del collegio sindacale per la loro iscrizione”. Si veda: Principi contabili, immobilizzazioni immateriali, 30 maggio 2005.

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per beni immateriali in corso di produzione o di acquisto, compresi i relativi acconti.

C’è da precisare che tra i beni immateriali vi sono i costi relativi a diritti giuridicamente tutelati e sono suscettibili di separata valutazione rispetto alle altre attività, mentre tra gli oneri pluriennali vi sono i costi a fecondità ripetuta non suscettibili di valutazione separata.

I costi di impianto sono tutti i costi che vengono sostenuti nella fase pre operativa, ovvero prima che inizi la fase produttiva (es. spese notarili per la costituzione societaria, costi per addestramento del personale); i costi di ampliamento sono quegli oneri che si sostengono quando si decide di potenziare l’attività aziendale, da intendersi come espansione verso attività precedentemente non esercitate (es. spese per l’implementazione della rete commerciale); in merito a ciò i principi contabili nazionali arrivano a coprire un vuoto legislativo circa l’esatta definizione dei “costi di impianto e di ampliamento”, che non trovano un esaustivo chiarimento nel Codice Civile. L’Organismo indica tali oneri come quelli “sostenuti in modo non ricorrente dall’azienda in precisi e caratteristici momenti della sua vita, quali la fase pre-operativa o quella di accrescimento della capacità operativa esistente”.

L’OIC 24 precisa che la facoltà di capitalizzazione di tali costi non deve essere strumento per politiche di bilancio tese all’alleggerimento del conto economico dell’impresa. Il presupposto fondamentale per la loro iscrizione nell’attivo del bilancio sta nella possibilità di dimostrare il rapporto causa-effetto tra i costi in questione e il beneficio (futura utilità) che dagli stessi l’impresa si attende.

Un’importante differenza è quella ravvisabile nel diverso trattamento riservato alle immobilizzazioni immateriali capitalizzabili. Il Codice Civile prevede che per tali risorse si possa procedere alla capitalizzazione dei beni immateriali, dei costi pluriennali e dell’avviamento. Ma si tratta, ancora una volta, di una facoltà e non di un obbligo, il che comporta l’assoluta discrezionalità, da parte del redattore il bilancio, circa l’opportunità o meno della loro capitalizzazione, con l’eventuale sottoposizione al vaglio del collegio sindacale. Secondo l’OIC invece è possibile capitalizzare le attività immateriali soltanto se si tratta di costi

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effettivamente sostenuti, distintamente identificati e attendibilmente quantificati, che siano in grado di produrre utilità per più esercizi e dunque capaci di produrre benefici economici futuri.

Per questo, per i beni immateriali e l’avviamento è obbligatoria la capitalizzazione nell’attivo dello stato patrimoniale, mentre per gli oneri pluriennali, in considerazione della obiettiva difficoltà di valutarne l’utilità futura, la capitalizzazione è facoltativa.

Il valore d’iscrizione dell’immobilizzazione non può eccedere il valore recuperabile, definito come il maggiore tra il presumibile valore di realizzo, ossia derivante dalla vendita del bene a prezzi normali di mercato tra parti ben informate e interessate, al netto degli oneri diretti di cessione, e il suo valore d’uso, ossia il valore attuale dei flussi di cassa attesi futuri derivanti dall’uso, compresi quelli che saranno sostenuti per lo smobilizzo del bene stesso.

Dopo l’iscrizione, l’attività immateriale deve essere sottoposta ad una verifica periodica del valore.

Non mancano ovviamente i chiarimenti circa il concetto di ammortamento e le sue effettive modalità di applicazione. L’OIC in questione chiarisce che l’unica possibilità in cui sia possibile ammortizzare un intangibile in un periodo più lungo di 5 anni è quella in cui si giustifichi un’utilità protratta a tale maggior periodo. Tale maggiore utilità deve essere sempre dimostrata nella nota integrativa, poiché non vale il principio della presunzione.

La normativa nazionale inoltre stabilisce che devono essere calcolate tutte le necessarie “perdite durevoli di valore”. Infatti, se alla data di chiusura del bilancio il valore delle immobilizzazioni immateriali risultasse più basso di quello iscritto, esse dovranno essere iscritte a tale minor valore.

In definitiva, l’articolo 2426 stabilisce che la perdita di valore che comporta la svalutazione di un’immobilizzazione immateriale deve essere durevole e accertata da una ragionevole valutazione delle cause, le quali possono essere interne o esterne all’impresa (cioè derivanti da variazioni negative del mercato in cui l’impresa opera) e devono essere caratterizzate da straordinarietà e gravità.

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Inoltre, quando tali cause vengono meno in tutto o in parte, il valore corrispondente deve essere ripristinato, senza però superare il costo ridotto degli eventuali ammortamenti che sarebbero stati effettuati in assenza di svalutazione. Ad ogni modo, un ripristino di valore si verifica raramente in quanto i fatti che lo determinano sono particolarmente gravi e ponderati e, per alcune immobilizzazioni immateriali quali l’avviamento e i costi pluriennali, il ripristino di valore è vietato.

Secondo la normativa nazionale, una perdita di valore può essere rilevata a condizione che si determini un “valore recuperabile” inferiore al valore contabile e che la perdita possa essere definita “durevole”.

Le rivalutazioni possono essere di due tipi:

1. Economiche: deroga, ex art. 2423 comma IV c.c., ai principi generali di valutazione al fine di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione economica patrimoniale e finanziaria della società.

2. Monetarie: adeguamento dei valori dell’attivo consentito da leggi speciali (si definiscono in tal modo poiché, in passato, erano emanate per adeguare i valori di bilancio al tasso di crescita dei prezzi).

I principi contabili nazionali non indicano un procedimento analitico di calcolo delle perdite di valore delle immobilizzazioni, come invece fa lo IAS 36 con l’Impairment7 test, come vedremo più avanti nel trattato; infatti il principio OIC 24 ritiene che siano possibili solo rivalutazioni consentite da leggi speciali e non deroghe ex art. 2423 comma IV c.c.

1.2 Le immobilizzazioni immateriali: approccio secondo i principi IAS/IFRS

Comunemente, quando si parla di principi contabili internazionali ci si riferisce ai principi contabili di tipo IAS/IFRS; tali principi sono stati emanati nell’ottica di un’armonizzazione contabile tra i vari ordinamenti. Come detto, si parla di principi contabili per indicare “quei principi, ivi inclusi i criteri, le procedure ed i

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metodi di applicazione, che stabiliscono l’individuazione dei fatti da registrare, le modalità di contabilizzazione degli eventi di gestione, i criteri di valutazione e quelli di esposizione dei valori in bilancio”.8

Con l’acronimo IAS si intendono gli International Accounting Standards, cioè i nuovi principi contabili internazionali in vigore che introducono nuove logiche e regole di redazione dei bilanci per le società e le imprese aventi sede in tutti i Paesi aderenti all’Unione Europea. Le differenze tra sistemi contabili nei singoli Stati sono da sempre notevoli e derivano da tradizioni, da normative di carattere fiscale o dalle peculiarità dell’ambiente economico e sociale di un Paese.

L’esigenza di uniformare i criteri di redazione contabile in un quadro d’insieme nasce dalla considerazione per cui tale delicata materia, legata ad un grado di soggettività alquanto marcato, debba essere quanto più possibile armonizzata. Infatti i regolamenti nazionali possono differire considerevolmente tra i diversi paesi per molte ragioni: culturali, di sistemi legali, di tassazione, di sistemi politici e di mercato dei capitali; queste differenze possono causare problemi per le imprese e per chi investe se vuole confrontare aziende i cui documenti contabili sono fondati su regolamenti differenti.

Dobbiamo ricordare che la Riforma del diritto societario ha reso più forte il principio della sostanza sulla forma, vale a dire che “nella redazione del bilancio […] la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell'attività, nonché tenendo conto della funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato”, secondo il disposto del novellato art. 2423 bis del Codice Civile. La stessa riforma ha eliminato le interferenze di tipo fiscale, introducendo le modalità di iscrizione in bilancio delle fiscalità cosiddette “differite” e ribadendo il criterio del costo storico come quello base per la valutazione delle immobilizzazioni immateriali. In concreto, il criterio ritenuto corretto adottato per la valutazione delle immobilizzazioni immateriali è il criterio del costo storico, secondo quanto

8

Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri ed Economisti d'impresa, Bilancio

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previsto dallo stesso art. 2426 c.c. Il costo storico altro non è che il costo che si è sostenuto per l’acquisizione originaria del fattore produttivo.

Un’immobilizzazione immateriale, proprio in quanto tale, deve essere iscritta in bilancio nello Stato patrimoniale, cioè, capitalizzata. Ma se per qualunque ragione quel bene avesse caratteristiche tali da non giustificare il ricorso al criterio dell’utilità pluriennale, allora non potrebbe essere capitalizzato, ma dovrebbe invece essere iscritto nel conto economico.

Va premesso che lo IAS 38 considera come immobilizzazioni immateriali le “attività non monetarie identificabili, prive di consistenza fisica e possedute per essere utilizzate nella produzione o fornitura di beni o servizi, per affitto a terzi o per fini amministrativi”. La dicitura “non monetaria” serve per distinguere esattamente un’immobilizzazione immateriale dalle attività finanziarie, le quali costituiscono successivo oggetto di trattazione dello IAS 39.9

Se l’attività immateriale soddisfa i requisiti di: identificabilità, controllo, benefici futuri viene identificata come tale; se inoltre soddisfa i requisiti di benefici futuri probabili e costo attendibilmente quantificabile deve essere obbligatoriamente contabilizzata. A differenza dei principi contabili italiani, dove per alcune attività immateriali (oneri pluriennali) l’iscrizione è facoltativa, in quelli internazionali è obbligatoria.

Riguardo invece al requisito dell’identificabilità, nell’accezione internazionale l’identificabilità (cioè la possibilità di individuare e dunque separare il cespite dal complesso delle altre attività) perviene pertanto a carattere distintivo di un’immobilizzazione immateriale; se non vi fosse il requisito dell’identificabilità non si tratterebbe di immobilizzazione immateriale ma di avviamento10.

9

Nello specifico, lo IAS 39 classifica come attività finanziarie:

- le attività detenute a scopo di negoziazione, cioè detenute allo scopo di ottenere un profitto, sfruttando le variazioni di prezzo sul mercato;

- gli investimenti detenuti fino a scadenza,per cui non è prevista la vendita e che saranno mantenuti in portafoglio fino alla naturale scadenza prevista;

- le attività disponibili per la vendita; si tratta di una nuova categoria di attività, che la banca dichiara cedibili in ogni momento.

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Anche l’utilità futura è fondamentale: la mancanza di questa prospettiva qualifica automaticamente il cespite in oggetto non come immobilizzazione, ma come un mero componente di reddito. Sempre lo IAS 38 chiarisce le modalità di acquisizione dell’impresa dell’asset in questione, modalità così riassumibili:

- acquisto individuale;

- acquisizione a seguito di business combinations (cioè tipicamente un’aggregazione aziendale11);

- acquisizione tramite contributo pubblico; - acquisizione tramite permuta;

- auto generazione12.

Non mancano poi le differenze relative alla modalità di ammortamento. Solitamente in Italia è previsto che un bene, che viene valutato al criterio del costo, venga iscritto nello stato patrimoniale al netto degli ammortamenti cumulati e delle eventuali svalutazioni.

Lo IAS 38, invece, distingue tra due categorie di beni: quelli a vita utile definita e quelli a vita utile non definita.13 E in questo si coglie la differenza procedurale tra i due approcci: i beni a vita utile definita vengono ammortizzati, secondo i principi internazionali, in base al metodo delle quote costanti, mentre i beni a vita utile indefinita non vengono di fatto soggetti ad ammortamento14. Vedremo più avanti il caso dell’avviamento, che è un bene a vita utile non definita.

Fin qui la questione relativa alla valutazione iniziale dei cespiti immateriali. Poiché si tratta di beni ad utilità ripetuta, è ovvio che si ponga il problema delle successive rilevazioni contabili degli stessi e lo IAS 38 suggerisce due modelli

11 lo IFRS 3 definisce l’aggregazione aziendale come “l’unione di entità o attività aziendali distinte in

un’unica entità tenuta alla redazione del bilancio”,(IFRS 3,Aggregazioni aziendali, paragrafo 4).

12

Si iscrive se siamo in grado di vendere o usare l’intangibile; non possono essere iscritti nello stato patrimoniale i marchi, le testate giornalistiche, le anagrafiche clienti ecc.

13 R. Bauer,Gli IAS/IFRS in bilancio, Wolters Kluwer, 2007, pag. 105. 14 L’impairment diventa un obbligo annuale.

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per la rideterminazione del valore delle risorse immateriali: il Cost Model e il Revaluation Model.15

Il Revaluation Model è il criterio del fair value inteso come valore al netto degli ammortamenti e delle perdite nell’ipotesi che esso faccia riferimento ad un mercato attivo.

Una volta determinato il fair value, il valore può essere corretto in due modi: annullando gli ammortamenti precedentemente contabilizzati ed iscrivendoli adeguandoli al fair value, oppure rideterminando la somma degli ammortamenti rilevati in proporzione alla variazione del valore del bene.

Il Cost Model è il criterio del costo al netto degli ammortamenti e delle perdite per riduzione di valore. Questa modalità presuppone quindi una prima valutazione al costo ed un successivo processo di ammortamento collegato alla vita utile del bene. Le attività immateriali con vita utile definita vengono obbligatoriamente assoggettate al processo di ammortamento sistematico dal momento in cui divengono disponibili per l’uso ed iniziano a produrre benefici economici.

In altri termini, i principi internazionali ammettono il ricorso alla metodologia prevista dalla disciplina nazionale (criterio del costo), ma aprono la strada anche al criterio del fair value, con ciò ribadendo l’importanza della rivalutazione effettuata periodicamente sulle immobilizzazioni immateriali, rivalutazione che si rende necessaria in virtù del deperimento della risorsa in questione.

Ma questa rideterminazione, come scritto è opzionale e non obbligatoria. Il motivo è piuttosto semplice: i principi IAS prevedono che questo procedimento si possa effettuare soltanto se esiste un mercato attivo per le immobilizzazioni in oggetto, mercato che ne permetta di valutare il fair value.16

Esistono mercati attivi relativi allo scambio di licenze o a quote di produzione, ma non invece relativi a marchi, diritti editoriali e brevetti; comunque non va

15 IAS 36, paragrafo 10.

16Per fair value si intende “ il corrispettivo al quale un’attività può essere scambiata o una passività può

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dimenticato che applicare il fair value ad un intangible significa, di fatto, applicarlo ad un’intera classe di valori.

In conclusione, il criterio del fair value appare come quello favorito dall’approccio IAS, ma non risulta applicabile se non in presenza di un oggettivo prezzo di mercato dell’intangible in questione.

1.3Concetto di avviamento nella dottrina economico-aziendale

Nella dottrina economico-aziendale non esiste una definizione univocamente accettata del termine avviamento.

Una delle formulazioni più condivisibili è quella dell’Onida, il quale definisce l’avviamento come un complesso di condizioni immateriali, proprie dell’azienda (ubicazione, organizzazione, qualità tecniche e morali del personale, esperienza accumulata, clientela, credito, prestigio ecc), condizioni che concorrono a conferire alla gestione una data redditività, in funzione della quale può attribuirsi al capitale economico della stessa azienda, un valore superiore al valore del “capitale di gestione” o “di liquidazione” o del capitale comunque determinabile in un bilancio, stimando analiticamente i diversi componenti del patrimonio, distintamente valutabili.

Si distinguono due teorie:

1) Teoria del sovrareddito o dell’extra-profitto

2) Teoria del plusvalore generato dall’elemento organizzativo

La prima teoria definisce l’avviamento come l’attitudine dell’azienda a generare sovraredditi futuri.

Tale concezione è relativa alla dottrina di due notevoli studiosi, lo Zappa e il D’Alvise.

Secondo lo Zappa, l’avviamento è che un elemento complementare del complesso economico aziendale ossia una condizione affinché un’azienda possa generare un extra-profitto; lo Zappa considera la formazione del reddito “continua, complessa e indistinta” e tale concezione si discosta da quella del Besta che quantifica il reddito mediante la somma dei risultati particolari.

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Quindi Besta fa riferimento al “sovrareddito” determinando autonomamente il valore dell’avviamento, mentre lo Zappa fa riferimento al “reddito globale” determinando direttamente il valore dell’azienda.

Il D’Alvise si concentra, invece, sul confronto tra il lucro che un’impresa si aspetta di produrre e il capitale impiegato normalmente nell’ambiente in cui essa opera.

Anche Amaduzzi considera l’avviamento una condizione al ricorrere della quale un’azienda è in grado di produrre redditi che siano superiori a quelli richiesti dal minimo della convenienza economica (ovvero, in grado di remunerare capitale, energie personali e grado di rischio economico).

La seconda teoria si basa, invece, su una diversa definizione di avviamento; quest’ultimo è calcolato come differenza tra il valore globale dell’impresa e la somma algebrica dei valori correnti degli elementi attivi e passivi che compongono il capitale d’impresa.

Nel corso del tempo si sono succeduti approcci volti a determinare l’avviamento in modo residuale. Una prima impostazione, diffusasi soprattutto nella prassi, individua l’avviamento nella differenza tra il prezzo di negoziazione dell’azienda e il valore del patrimonio netto contabile.

Una seconda impostazione non prende in considerazione quale sottraendo il valore del patrimonio netto contabile, ma fa riferimento al valore del patrimonio netto rettificato. Si tratta di un valore che nasce dalla riespressione a dati correnti degli elementi attivi e passivi che costituiscono il capitale aziendale; quindi l’avviamento rappresenta l’eccedenza del corrispettivo pagato sul patrimonio netto riespresso a valori correnti.

Una terza impostazione, che appare più condivisibile, perviene alla determinazione dell’avviamento attraverso la differenza tra il valore economico del capitale e il valore del patrimonio netto rettificato.

Una versione ancora più evoluta di tale impostazione, infine, prevede l’inclusione nel patrimonio netto rettificato dei beni immateriali propriamente detti, anche se non contabilizzati. Tuttavia, è necessario che tali beni immateriali presentino i requisiti della identificabilità e separabilità.

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Tale impostazione è, tra l’altro, quella seguita dal principio contabile internazionale IFRS 3 per la determinazione e contabilizzazione dell’avviamento derivante da operazioni di aggregazioni aziendali, con una importante e sostanziale differenza: non si tiene conto, infatti, del valore economico dell’azienda bensì del suo prezzo di acquisizione, ritenuto quale migliore approssimazione del fair value della stessa.

Per quanto concerne le molteplici metodologie di misurazione e di rilevazione elaborate dalla dottrina economico aziendale, possono definirsi due approcci:

- approccio di stima diretta (o autonoma) che può essere condotto in via analitica, in cui la misura dell’avviamento è ottenuta come sommatoria dei valori dei singoli elementi che lo compongono, oppure in via analitica in cui l’avviamento è inteso quale capacità dell’azienda avviata di generare redditi in misura superiore alla remunerazione ritenuta congrua (c.d. extra profitti);

- approccio di stima indiretta (o anche residuale o differenziale) in cui la misura dell’avviamento è ottenuta quale differenza fra valore economico e capitale netto di funzionamento.

La prassi si è orientata nettamente in favore dell’approccio di stima residuale, pur maturando nel tempo preferenze diverse riguardo alle particolari configurazioni di capitale da porre a confronto per la concreta determinazione quantitativa dell’avviamento.

Le modalità di trattamento contabile dell’avviamento sono espressione di due differenti orientamenti teorici.

Una prima impostazione non riconosce all’avviamento natura di attività singolarmente e indipendentemente realizzabile; pertanto, ne prevede la cancellazione attraverso l’imputazione del suo intero valore al conto economico oppure stralciato dall’attivo di stato patrimoniale mediante la sua compensazione con le riserve del patrimonio netto (write-off policy).

Si tratta di una impostazione particolarmente prudenziale, il cui fine è quello di superare la discrezionalità insita nella determinazione della vita utile dell’avviamento e nella relativa procedura di ammortamento. Tuttavia, tale

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approccio comporta sul piano delle risultanze di bilancio una sottostima del capitale di funzionamento, dal momento che si verifica una riduzione degli impieghi in attività immateriali.

La seconda impostazione, invece, considera l’avviamento un onere pluriennale e, pertanto, ne prevede l’iscrizione nell’attivo dello stato patrimoniale.

In tal caso, l’aspetto che presenta maggiore criticità è la definizione della vita utile dell’avviamento; a tal proposito, è possibile declinare la seconda impostazione sulla base di due teorie contabili:

1) teoria della durata limitata dell’avviamento 2) teoria della durata illimitata dell’avviamento

La prima teoria è espressione del c.d. capitalization & amortization method, che consente la capitalizzazione dell’avviamento acquisito, imponendo, tuttavia, di sottoporre il costo iscritto nell’attivo di stato patrimoniale ad un processo di ammortamento sistematico, sulla base della vita utile dell’avviamento acquisito. Secondo questa impostazione, al processo sistematico di ammortamento deve accompagnarsi una verifica dell’esistenza dei presupposti di eventuali svalutazioni ossia nel caso in cui il valore recuperabile dell’avviamento dovesse ridursi per effetto di un mutamento delle condizioni originarie di iscrizione, sarebbe comunque necessario rettificarne il valore contabile rilevando la perdita durevole di valore.

La seconda teoria, invece, sottrae l’avviamento al processo di ammortamento e impone, con cadenza almeno annuale,un procedimento di verifica finalizzato a misurarne le eventuali perdite di valore. Tale approccio (c.d. impairment method) è volto a superare l’eccessiva rigorosità formale insita nell’ammortamento sistematico, ma d’altro canto, enfatizza la componente soggettiva delle valutazioni di bilancio.

In virtù di tale considerazione, il rischio è che si verifichi una distribuzione indesiderata di capitale o la formazione di riserve occulte. Tuttavia, sotto il profilo dell’informativa contabile, tale metodologia presenta benefici in ordine alla rappresentazione del c.d. quadro fedele dell’impresa.

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24 1.4L’avviamento nella normativa civilistica

L’avviamento è disciplinato nel nostro ordinamento dall’art. 2426 del Codice Civile e dal principio contabile OIC n.24.

Il codice Civile all’art. 2426 punto 6, stabilisce che:

- l’avviamento può essere iscritto nell’attivo con il consenso del collegio sindacale se acquisito a titolo oneroso;

- l’iscrizione deve avvenire nei limiti del costo sostenuto;

- l’ammortamento deve avvenire entro un periodo non superiore a 5 anni; - è consentito superare il limite quinquennale a condizione che

l’avviamento sia sistematicamente ammortizzato per un periodo “limitato” che non oltrepassi la durata di utilizzazione del goodwill e che ne sia data adeguata motivazione in nota integrativa.

Più precisamente, è prevista la possibilità di iscrizione dell’avviamento solo quando questo derivi da un’acquisizione di un’azienda o di una partecipazione, oppure da una operazione di conferimento d’azienda, di fusione o di scissione. In particolare, la normativa civilistica, consente l’iscrizione in bilancio dell’avviamento anche nei seguenti casi:

- acquisto oneroso ma non mediante un esborso di denaro, quindi mediante conferimento, permuta o altro;

- acquisto oneroso, anche senza una specifica indicazione della parte di costo imputabile distintamente ad avviamento, ad esempio acquisto di una partecipazione ad un prezzo superiore al patrimonio netto contabile, con riconoscimento “indiretto” di avviamento.

In caso di acquisto di partecipazioni, il Codice Civile stabilisce che la parte di costo d’acquisto che eccede la corrispondente frazione di patrimonio netto può essere iscritta nell’attivo, purché ne siano indicate le ragioni in nota integrativa. La differenza, per la parte attribuibile all’avviamento, deve essere ammortizzata. Nella disciplina civilistica novellata dal DLgs n.127/1991, l’assoggettamento dell’avviamento ad ammortamento non è che uno dei trattamenti contabili ammessi. Infatti, la non perentorietà delle disposizioni legislative rende possibili

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25

anche trattamenti contabili alternativi, quali l’imputazione dell’intero eccesso di costo direttamente al conto economico, ovvero la compensazione del valore dell’avviamento con il patrimonio netto.

Il Principio Contabile OIC 24, “Le immobilizzazioni immateriali” , assolve alla duplice funzione di integrazione e interpretazione del dettato normativo.

L’avviamento è definito da tale principio contabile come l’attitudine di un’azienda a produrre utili in misura superiore a quella ordinaria derivante da fattori specifici che pur concorrendo positivamente alla produzione del reddito ed essendosi formati nel tempo in modo oneroso, non hanno un valore autonomo,ovvero da incrementi di valore che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni, in virtù dell’organizzazione dei beni in un sistema efficiente ed idoneo a produrre utili. Esistono due differenti accezioni di avviamento:

a) è il frutto di una gestione aziendale efficiente nell’organizzazione tanto del complesso dei beni aziendali, materiali e immateriali, quanto alle risorse umane.Questa tipologia di avviamento può essere definita come “avviamento internamente generato”, il quale non può essere capitalizzato ed iscritto nel bilancio d’esercizio sia perché esso non è definibile in termini di oneri e costi ad utilità differita nel tempo, sia perché esso costituisce il valore attuale di un flusso di futuri utili sperati , presunti; b) deriva da un’acquisizione di un’azienda o di una partecipazione , oppure

da un’operazione di conferimento d’azienda, di fusione o di scissione. Questa tipologia di avviamento può essere definita come “avviamento acquisito a titolo oneroso” ovvero “avviamento derivato”.

Sempre secondo il Principio Contabile 24, affinché l’avviamento possa essere considerato iscrivibile in bilancio è necessario che presenti le seguenti caratteristiche:

- sia all’origine costituito da oneri e costi ad utilità differita nel tempo, che garantiscano quindi benefici economici futuri; nel caso in cui esso derivi dalla conclusione di un cattivo affare o sia imputabile a decisioni dell’acquirente non direttamente correlabili all’azienda acquisita,

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l’avviamento non può essere capitalizzato e deve essere considerato un componente negativo di reddito dell’esercizio in cui è avvenuta l’acquisizione;

- abbia un valore quantificabile, in quanto incluso nel corrispettivo pagato per l’acquisizione di un’azienda o di un ramo d’azienda o di una partecipazione;

- non sia suscettibile di vita propria, indipendente e separata dal complesso aziendale.

Il Principio Contabile OIC 24 precisa infine che, alla chiusura dell’esercizio è necessario effettuare una rigorosa analisi del valore di avviamento, al fine di rilevare eventuali mutamenti nei fattori e nelle variabili prese in considerazione al tempo dell’originaria rilevazione.

Per cui, nell’ipotesi in cui vengano meno le condizioni originarie che hanno giustificato l’iscrizione dell’avviamento, occorrerà procedere alla svalutazione proporzionale o integrale del goodwill. L’aspetto più interessante è tuttavia rappresentato dal trattamento da riservare all’avviamento nel caso in cui i motivi della rettifica vengano successivamente meno.

A riguardo, la Commissione per la Statuizione dei Principi Contabili ha stabilito che non è ammissibile il ripristino di valore dell’avviamento in seguito ad una precedente rettifica in minus, dal momento che non può verificarsi il presupposto della variazione degli elementi che ne avevano determinato la svalutazione. Il motivo è che tale ripristino di valore, in assenza di corresponsione di un prezzo, equivarrebbe ad una capitalizzazione di utili attesi, in aperto contrasto con il postulato della prudenza17.

1.5L’avviamento nei principi contabili internazionali

Come abbiamo già enunciato in precedenza, l’intento degli IAS/IFRS18 è stato

17

CNDC–CNR, Documento n. 24 della Commissione per la Statuizione dei Principi Contabili, Le immobilizzazioni immateriali, cit., par. “Ripristino di valore”.

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quello di accordare studiosi e professionisti in materia attorno ad una regola contabile diversa da quella esistente in ogni Paese che cominciava a dare adito a critiche diffuse.

Da un’attenta lettura dei principi contabili internazionali, l’avviamento può essere definito come il surplus del valore intrinseco di un’azienda, o di un ramo, che origina da condizioni vantaggiose quali un posizionamento competitivo sul mercato, l’organizzazione interna, la capacità gestionale dell’imprenditore, un extra reddito generato dalla vendita di prodotti innovativi ecc. In un’operazione di acquisizione, tale surplus viene pagato come sovrapprezzo rispetto al valore di mercato delle attività e passività acquisite con l’azienda.

Il sovrapprezzo pagato può essere interpretato in numerosi modi; può essere visto come il fair value di un asset non rilevabile ma acquisito, il fair value di un componente già avviato nel ciclo produttivo dal business preesistente o il fair value delle future sinergie generate dalla combinazione produttiva.19 In tutti i casi si indica un benefit futuro legato al valore del goodwill, che giustifica la sua classificazione come asset.

I principi contabili internazionali disciplinano l’avviamento attraverso l’IFRS 3 Aggregazioni aziendali, lo IAS 38 Attività immateriali e per quanto riguarda l’impairment, lo IAS 36 Riduzione durevole di valore delle attività.

Secondo l’ IFRS 3 l’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale rappresenta quel “pagamento effettuato dall’acquirente in previsione di benefici economici futuri derivanti da attività che non possono essere identificate individualmente e rilevate separatamente”. Alla data di acquisizione, l’acquirente

18

Nel recepimento del Regolamento Comunitario n. 1006/2002 e dei regolamenti successivi, l’Italia ha fissato delle proprie disposizioni introducendo nell’ordinamento nazionale il d.lgs. n. 38/2005 con il quale stabilisce che sono obbligate a redigere il bilancio consolidato dal 1° gennaio 2005 e il bilancio d’esercizio dal 1° gennaio 2006 utilizzando i principi contabili IAS/IFRS:

- le società quotate in mercati regolamentati di uno Stato dell’Unione Europea; - le società con strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante; - le banche italiane;

- le imprese di assicurazione;

- gli altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia (come ad esempio le società di intermediazione mobiliare, le società di gestione del risparmio, gli istituti di moneta elettronica, ecc.).

19

Commissione per i principi contabili, “Guida all’applicazione dell’impairment test dello IAS 36:

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28

deve rilevare l’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale come attività; inizialmente viene misurato al costo d’acquisto e dopo la rilevazione iniziale al netto delle perdite di valore accumulate (Purchase Method); è stato poi introdotto un nuovo metodo, c.d. Acquisition Method , per il quale la determinazione dell’avviamento avviene come differenza fra il fair value complessivo dell’entità acquisita (e non il costo dell’acquisizione) e il fair value delle attività e passività identificabili. Questo metodo innovativo consente di rappresentare nel bilancio consolidato anche il goodwill delle interessenze di terzi (soci di minoranza) dell’acquisita, nel caso di acquisizioni non totalitarie.

Quindi l’avviamento rappresenta un costo sostenuto in anticipo dall’acquirente a fronte del conseguimento di futuri benefici economici derivanti dall’attività aziendale acquisita nel suo complesso e dunque non riferibili ai singoli beni ma attribuibili congiuntamente anche ad altre attività. L’impairment test per queste ragioni non può essere fatto sull’avviamento come singola attività dato che esso non genera flussi finanziari indipendenti da altre attività.

Lo IAS 38 invece prevede che l’avviamento generato internamente non deve essere rilevato come un’attività. In alcune circostanze, viene sostenuta una spesa con il proposito di generare benefici economici futuri, ma ciò non si concretizza nella creazione di un’attività immateriale che soddisfa i criteri di rilevazione previsti nei principi contabili. Tale spesa è spesso descritta come un contributo all’avviamento generato internamente. L’avviamento generato internamente non è rilevato come un’attività perché non è una risorsa identificabile controllata dall’entità che può essere attendibilmente misurata al costo. Le differenze tra il valore di mercato dell’entità e il valore contabile delle sue attività nette identificabili possono risultare in un qualsiasi momento da una serie di fattori che condizionano il valore dell’entità. Tuttavia, tali differenze non rappresentano il costo di attività immateriali controllate dall’entità.

Più avanti verrà esposto in modo esauriente la disciplina del principio contabile IAS 36 Impairment of Asset nell’ambito del goodwill, il quale prevede che l’avviamento, come le immobilizzazioni immateriali a vita utile indefinita, non

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venga sottoposto ad ammortamento ma valutato per perdite di valore, date dalla differenza tra il valore contabile iscritto in bilancio e il valore recuperabile. Concludo il capitolo enunciando che la disciplina italiana prevede un ammortamento sistematico dell’asset lungo la sua vita utile e richiede una valutazione di quegli eventi straordinari che possono aver modificato il valore di tale bene. Gli IAS, al contrario, annullano l’ammortamento, sostituendolo di fatto con l’impairment test, che non è un evento straordinario ma viene condotto annualmente.

Ciò risulta coerente con una sorta di trade-off che da sempre si riscontra fra il processo di ammortamento e quello di svalutazione nel concorrere a definire il valore dell’immobilizzazione, indicativo della sua capacità a partecipare alla produzione degli esercizi futuri. Il processo di ammortamento, infatti presenta una duplice connotazione20: la prima rappresenta una ripartizione del costo pluriennale, secondo una predefinita pianificazione, tra gli esercizi di vita utile del bene; la seconda attiene alla determinazione del valore patrimoniale del bene, in linea con il suo valore recuperabile tramite i ricavi degli esercizi futuri. In quest’ultima impostazione, il processo di ammortamento viene inteso come un graduale e sistematico deprezzamento del valore del bene da ammortizzare. In questa logica l’obbligo di sottoporre almeno annualmente i beni a vita utile indefinita 21 al giudizio di impairment in sostituzione del processo di ammortamento sembra far approdare alle seguenti considerazioni. Da un lato, la difficoltà di determinare la durata della vita utile di un bene (“via indefinita”) sembra essere una condizione necessaria per impedire la definizione di un sistematico processo di ammortamento, ma non sufficiente per equiparare il trattamento contabile del bene a quelli a vita “utile indefinita”, che non sono

20

Si veda Amodeo, Ragioneria generale delle imprese, Napoli,1979,pp.432 e ss.; Amaduzzi,L’azienda,

Utet, Torino; Ferrero, La valutazione del capitale di bilancio, Giuffrè, Milano, p.83.

21

Secondo lo IAS 36 la “vita utile indefinita” si ha “quando, sulla base di un’analisi di fattori rilevanti

non vi è un limite prevedibile all’esercizio fino al quale si prevede che l’attività generi flussi finanziari netti in entrata per l’entità (Ias 38,par.88). Sulla distinzione tra vita utile indefinita e vita utile definita delle immobilizzazioni immateriali e le problematiche valutative che ne possono conseguire, si veda, limitatamente all’avviamento, E. Laghi, L’ammortamento dell’avviamento, Giappichelli, 1994, pp. 39-53.

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assoggettati al processo di ammortamento ma ad un impairment test straordinario, cioè solo se vi siano elementi indicativi di una probabile perdita. Dall’altro lato l’obbligatorietà della procedura con cadenza almeno annuale non potrebbe convivere con un sistematico processo di ammortamento senza svilirne la portata: l’obbligo della “revisione annuale” del valore della immobilizzazione, tramite l’impairment test, contrasta decisamente con il concetto di sistematicità che deve avere un corretto processo di ammortamento.

Tale obbligatorietà è circoscritta alle sole immobilizzazioni a vita utile indefinita, per le quali l’impairment test è considerato una procedura ordinaria, ma esso deve essere comunque svolto anche per tutte le altre immobilizzazioni che rientrano nel campo di applicazione dello IAS 36, quando vi sono gli indicatori di perdita22.

Per questo motivo l’analisi dei possibili indicatori, di qualunque natura essi siano, deve precedere la procedura tecnico-valutativa dell’impairment: essi possono essere considerati degli elementi di semplificazione che consentono ai redattori di bilancio di esimersi dall’effettuare un giudizio di impairment ( in caso di non obbligatorietà dello stesso) quando da esso non deriverebbe alcuna perdita.

22

Lo IAS 36 riporta un elenco di indicatori di perdita di valore, non esaustivo, distinguendoli in funzione

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CAPITOLO 2

Impairment test disciplinato dallo IAS 36

SOMMARIO: 2.1 Impairment of assets: lineamenti generali – 2.2 Misurazione del valore recuperabile – 2.2.1 Calcolo del valore recuperabile – 2.3 Il fair value al netto dei costi di vendita – 2.4 Il valore d’uso – 2.4.1 Calcolo del valore d’uso – 2.4.2 Approfondimento intorno al WACC – 2.5 Trattamento della perdita di valore

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32 2.1 Impairment of assets: lineamenti generali

L’Impairment test è un processo di revisione del valore contabile di un’attività, regolato dai principi contabili internazionali IAS/IFRS.

Si tratta di un processo molto complesso e costoso, che per queste ragioni non può aver luogo ad ogni esercizio per tutte le attività di un’impresa. Infatti, lo IAS 36 prevede che le verifiche avvengano annualmente solo per alcune attività, mentre, per altre, l’Impairment test può essere avviato solo nell’ipotesi in cui si manifestino situazioni che possano far supporre una perdita di valore dell’attività. Lo scopo dell’Impairment test è quello di confrontare il valore contabile (detto anche di carico) dell’attività con il suo cosiddetto valore recuperabile. Tale valore è dato dal maggiore tra il valore d’uso, determinato attraverso l’attualizzazione di tutti i flussi finanziari netti che da tale bene potrebbero derivare durante la sua vita utile, compresi quelli riconducibili alla sua dismissione, e il fair value al netto dei costi di vendita, un valore equo dato dal prezzo di mercato del bene al netto dei costi derivanti dalla sua vendita .23

L’applicazione dell’impairment test dello IAS 36 richiede l’introduzione di una serie di misure organizzative cui numerose imprese italiane di dimensioni medio piccole non sono abituate. Esso richiede, prima di tutto, che l’impresa abbia una sufficiente esperienza in materia di formulazione di previsioni economiche-finanziarie ai fini del controllo di gestione, di redazione di budget e di piani pluriennali di valutazione dei risultati periodici della gestione per aree strategiche di affari o business units.

Ciò è necessario soprattutto per la determinazione del valore di recupero e delle perdite di valore dell’avviamento e delle attività patrimoniali dell’azienda.

Nelle imprese di medio grandi dimensioni esiste già un controllo di gestione che consente l’elaborazione di report gestionali, l’elaborazione del budget annuale e di piani pluriennali economici finanziari. In tali elaborati vi è la previsione dei flussi finanziari in entrata ed in uscita.

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33

Nelle imprese di tali dimensioni non è difficile elaborare le previsioni dei flussi finanziari futuri sui quali si basa l’impairment test, che determina il valore recuperabile sulla base del valore d’uso.

Le imprese di piccole o medio piccole dimensioni in genere non sono munite di un sistematico controllo di gestione, non sono abituate a redigere un dettagliato budget annuale e non elaborano previsioni economiche finanziarie pluriennali, quindi non possono effettuare in modo serio l’impairment test a meno che non avviano le necessarie misure organizzative oppure si rivolgono ad un consulente specializzato24.

Nell’ambito dello IAS 36 il procedimento di determinazione e allocazione delle perdite di valore si sviluppa attraverso le seguenti fasi:

a) Identificazione di un’attività che possa aver subito una perdita di valore . b) Determinazione del valore recuperabile, considerato come il maggiore fra

il fair value, al netto dei costi di vendita, e il valore d’uso.

c) Criteri per il calcolo del valore d’uso: flussi finanziari futuri e tasso di attualizzazione.

d) Configurazione della “ cash generating unit”, unità generatrice di flussi finanziari.25

e) Allocazione dell’avviamento e delle corporate assets ad una o più cash generating units e determinazione del valore recuperabile.

f) Determinazione della perdita per riduzione di valore di singole attività o di cash generating units.

g) Allocazione della perdita all’avviamento ed ai restanti componenti.

Prima di passare all’illustrazione delle varie parti dell’IAS 36 (il cui testo italiano, approvato dalla Commissione Europea, è stato pubblicato il 31/12/2004 sul n. 1392 della Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, in allegato al

24

Se si considera che in Italia su un totale di un milione centomila società di capitali circa centomila sono

società di dimensioni non piccole, le quali probabilmente avranno la necessità di istituire l’impairment test per il controllo del valore di bilancio delle immobilizzazioni materiali ed immateriali, si può comprendere l’importanza per i professionisti italiani di questa materia; “Commissione per i principi contabili, Guida all’applicazione dell’impairment test dello IAS 36”.

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Regolamento Comunitario n. 2236/2004 del 29 Dicembre 2004) è necessario precisare che esso non si applica alle attività patrimoniali disciplinate dai seguenti IAS-IFRS (i quali contengono già i criteri per il calcolo delle riduzioni di valore di tali attività):

- rimanenze di magazzino (IAS 2) - lavori su ordinazione (IAS 11) - imposte differite attive (IAS 12)

- attività derivanti da benefici per i dipendenti (IAS 19) - attività finanziarie disciplinate dallo IAS 39

- investimenti immobiliari valutati al fair value (IAS 40)

- attività biologiche connesse all’attività agricola, valutate al fair value meno i costi stimati al punto di vendita (IAS 41)

- attività non correnti possedute per la vendita (IFRS 5)

- attività immateriali derivanti da contratti di assicurazione e costi di acquisizione differita (IFRS 4)

Si precisa anzitutto che il termine “attività” è riferito a tutti gli elementi patrimoniali attivi che soddisfano la definizione di “attività” contenuta nel Framework26, ai quali si applica il documento n. 36, ossia:

- fabbricati, impianti e macchinari ai quali si applica l’IAS 16;

- attività immateriali, compreso l’avviamento, alle quali si applica l’IAS 38; - investimenti immobiliari valutati al costo (IAS 40);

- partecipazioni in società controllate, collegate e joint ventures, disciplinate dagli IAS 27, 28 e 31.

26

La serie dei principi contabili internazionali è preceduta ed introdotta da un importante documento, il Framework for the preparation of financial statements, approvato e pubblicato nel 1989. Esso definisce una struttura concettuale di riferimento, prima mancante o non formalizzata, per la preparazione e presentazione dei bilanci.Il documento si occupa, infatti di definire:le finalità assegnate al bilancio e ai destinatari delle informazioni contabili

- le caratteristiche qualitative che determinano l’utilità delle informazioni contenute nei bilanci

- la definizione, rilevazione e misurazione delle poste che costituiscono i bilanci

- i concetti di capitale e di conservazione del capitale.

Esso non si presenta come un vero e proprio principio contabile internazionale e non si propone di definire principi e di menzionare specifici aspetti contabili attinenti a singole operazioni aziendali. A tal proposito lo IASB ammette che, nei limitati casi in cui le definizioni presenti nel Framework siano in contrasto con i trattamenti contabili definiti dai singoli IAS, quest’ultimi abbiano prevalenza.

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Si tratta in sostanza di tutti gli elementi patrimoniali attivi che, nel bilancio italiano, sono ricompresi nelle classi delle immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie (per queste ultime, tuttavia, fatta eccezione per i crediti finanziari, i titoli a reddito fisso e le partecipazioni di minoranza non qualificata), per i quali l’art. 2426 del Codice Civile richiede che, ad ogni esercizio, venga accertata l’eventuale presenza di sintomi di riduzione di valore e, in caso positivo, la rilevazione di eventuali “perdite durevoli di valore”.

Il documento IAS 36 richiede che l’impresa, ad ogni data di riferimento del bilancio, valuti se esistono sintomi di riduzione di valore, prescindendo dalla transitorietà o durevolezza della perdita.

A prescindere dall’esistenza o meno di sintomi di riduzioni di valore (impairment losses), l’impresa è obbligata ad eseguire ogni anno il test di impairment, ossia calcolare il valore recuperabile e confrontarlo col valore contabile, per le seguenti attività patrimoniali:

- attività immateriali a vita utile indefinita, tra le quali vi è sempre

l’avviamento;

- attività immateriali non ancora disponibili per l’uso.

Tale esigenza nasce soprattutto dal fatto che, alla luce del principio IFRS 3, l’avviamento e le attività immateriali derivanti da un’operazione di aggregazione aziendale non sono più soggetti ad ammortamento ma solo ad impairment test; questo risulta l’unico strumento per rilevare una perdita durevole di valore. Il documento IAS 36 richiede che l’impresa, ad ogni data di riferimento del bilancio, valuti se esistono sintomi di riduzione del valore delle attività iscritte in bilancio conducendo un test di impairment. A prescindere dall’esistenza o meno di sintomi, l’impresa è obbligata ad eseguire ogni anno tale test per le attività immateriali a vita utile indefinita, tra le quali vi è sempre l’avviamento e le attività immateriali non ancora disponibili per l’uso.

Lo IAS 36, al paragrafo 12, chiarisce i sintomi dell’esistenza di riduzioni o perdite di valore riconducendone la provenienza a fonti interne o esterne all’impresa.

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