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S-Nodi: costruire comunità

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Academic year: 2021

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S-NODI. COSTRUIRE COMUNITÀ

Tiziana Ciampolini ((S-Nodi/Osservatorio Caritas Torino) e Valentina Porcellana (Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione, Università di Torino)

Premessa

Avviare percorsi di progettazione con molteplicità di soggetti locali, governare processi complessi condividendo interessi e direzioni di lavoro, assumersi la responsabilità di costruire condizioni di efficacia rispetto al risultato e di buon uso delle risorse, creare condizioni organizzative idonee agli obiettivi che ci si propone. Con questi intenti la Caritas Diocesana di Torino, in accordo con Caritas Italiana, ha avviato la sperimentazione di un metodo attraverso l’attivazione di una struttura organizzativa ad hoc dalle rilevanti ricadute sociali. Il Comitato di gestione S-Nodi nasce nel 2014 come sfida per il rinnovamento dei sistemi di welfare e come impegno collettivo per riconoscere le risorse presenti nei territori italiani. L’obiettivo è quello di realizzare processi culturali che partono dal concetto di promozione umana come leva per lo sviluppo delle persone e dei loro contesti. Il Comitato è formato da Caritas Italiana, Creare Foundation (Rotterdam), A.I.P.E.C. (Associazione Italiana Imprenditori per un’Economia di Comunione), con il coinvolgimento di Luigino Bruni (Università di Roma Lumsa), ma S-Nodi è soprattutto un luogo dove pensieri e azioni convergono per attivare processi di prosperità. Di qui la scelta di investire nelle capacità delle persone e dei contesti, di sostenere le iniziative promettenti e replicabili che nascono nelle periferie, di mettere a sistema azioni di contrasto alla povertà nelle comunità e di credere che lo sviluppo si realizzi producendo contemporaneamente valore sociale e valore economico.

Il contesto

A partire dal 2005, su sollecitazione di Caritas Italiana (progetto Aree Metropolitane), Caritas Torino -utilizzando come strumento operativo l’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse - ha realizzato percorsi di ricerca e intervento per le persone e le comunità colpite dalla crisi economica. Nel 2007 sono stati realizzati i primi interventi sperimentali di ascolto e accompagnamento alle nuove forme di povertà, di animazione delle comunità ecclesiali e civili in due circoscrizioni della città di Torino, transitando concettualmente dall’“assistenza/beneficenza” alla “promozione umana”. I progetti sostenuti oggi dal Comitato S-Nodi e la loro sperimentazione riguardano il territorio della Circoscrizione 6, che si sviluppa nella zona nord della città. Si tratta della più estesa e popolosa fra le dieci circoscrizioni in cui è suddiviso il capoluogo piemontese (105.421 abitanti, di cui 13.273 minori di 16 anni). Esso ha vissuto notevoli trasformazioni ed è costituito da quartieri molto diversi tra loro per storia, tipologia insediativa e per vocazione produttiva e culturale. Il quartiere simbolo dello sviluppo industriale è Barriera di Milano, 54.000 abitanti circa, ex “roccaforte” della classe operaia. Collocato a pochi chilometri dal centro, non può essere considerato una periferia in senso geografico, ma sta subendo un processo di periferizzazione e di “banalizzazione del territorio”. A partire dalla fine dell’Ottocento, Barriera di Milano vide l’insediamento dei primi importanti stabilimenti come la Fiat Grandi Motori e diverse industrie tessili e metalmeccaniche. Oggi il tessuto economico-produttivo si è profondamente modificato a favore del settore terziario, anch’esso in crisi. L’ex-quartiere operaio, attraversato da forti ondate migratorie interregionali nella seconda metà del secolo scorso, ha ormai del tutto perso la sua connotazione industriale e si presenta oggi come un territorio dalla composizione variegata, con un’elevatissima densità abitativa, una presenza consistente di residenti stranieri e un’incidenza sensibile di anziani. La frammentarietà e la discontinuità urbane e sociali del quatiere si presentano unitamente a fattori di debolezza quali abitazioni fatiscenti, presenza di gruppi sociali deboli, impoverimento delle attività economiche. Quello di Barriera di Milano può essere definito come un territorio “fragile”, perché sorretto da delicati equilibri in continua ridefinizione (Ciampolini, 2007; Magatti, 2007), ma è fragile anche nel senso di prezioso, ricco di storia e di un capitale sociale che rischia di impoverirsi (il problema più sentito dagli abitanti è l’insicurezza che lede il senso di fiducia tra gli abitanti). Le ricerche condotte negli ultimi anni concordano nel sostenere che l’area rappresenta un laboratorio sociale complesso, con evidenti criticità dettate dalle dinamiche socio-demografiche e da fenomeni di marginalità, ma con importanti risorse su cui investire in un’ottica di rafforzamento della coesione economica e sociale (Ciampolini, 2007; Urban, 2010). Proprio questa caratteristica di fluidità lascia spazio a nuove possibili forme di socialità: «è un quartiere liquido, in cui percezioni e giudizi dei residenti devono ancora assestarsi, lasciando spazio a molteplici possibili scenari» (Bergamaschi, Ponzo, 2012, p. 129).

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Gli obiettivi

Il Comitato di gestione S-Nodi è uno strumento organizzativo che si prenda cura in modo flessibile, partecipato e stabile di sviluppare esperienze ri ricerca-azione in rete con soggetti e enti attivi sul territorio. Le esperienze di dialogo con altre realtà istituzionali che hanno a cuore l’attivazione di iniziative e contesti di lotta alla povertà, di promozione culturale, la realizzazione di condizioni di sviluppo locali e nazionali hanno portato a scegliere di costruire una cordata con una mission definita, con competenze complementari tra loro, capaci di costruire interessi comuni, liberi da posizioni corporativistiche seppur portatori di una visione, in grado di appassionarsi a nuove iniziative che possono produrre cambiamento sociale.

S-Nodi è una sorta di “incubatore” utile a far evolvere la progettazione in termini di durata, di robustezza organizzativa, di solidità concettuale ed operativa per essere segno tangibile della presenza di iniziative abilitanti l’azione collettiva, capaci di costruire buone visioni e buone politiche per le persone, a partire da quelle più deboli. Tra i suoi obiettivi:

1. mettere al centro progetti di rilevanza sociale destinati a comunità umane e geografiche marginali; 2. investire nella creatività, nelle competenze, nella passione delle persone e delle organizzazioni;

3. ripartire da elementi semplici del vivere sociale per riconnetterli con i cambiamenti in atto nei contesti territoriali, urbani e rurali;

4. condividere e rilasciare patrimoni di conoscenza e competenza nelle comunità territoriali;

5. superare la logica dell’assistenza e delle beneficenza investendo nella capacitazione individuale, collettiva, territoriale;

6. sviluppare forme integrate di profitto sociale ed economico condiviso;

7. investire su progetti modellizzabili, replicabili, sostenibili, frutto di ricerca e pratiche transdisciplinali e transettoriali;

8. produrre fiducia, innovare senza dimenticare la tradizione, condividere le risorse, competere in chiave collettiva;

9. realizzare processi di lobbing positiva, promuovere politiche e processi culturali; 10. realizzare patti e contratti di rete flessibili, leggeri, robusti, durevoli.

La metodologia

Come detto, il compito del Comitato S-Nodi è far evolvere progetti e processi in una direzione promettente per il bene comune, con chiare condizioni di efficacia e di efficienza gestionale e organizzativa. Il Comitato pertanto è una struttura temporanea, a servizio di una progettualità di sistema per lo sviluppo dei territori che miri ad aggregare altri soggetti istituzionali interessati agli scopi perseguiti dal Comitato.

S-Nodi realizza i suoi obiettivi testando e implementando progetti ideati da reti di soggetti locali destinati a lasciare un patrimonio sociale ed economico in comunità locali attraverso quattro strumenti:

1. attivazione di sistemi locali di welfare produttivo: S-Nodi sostiene economicamente e collega progetti sociali promettenti, efficaci in termini di impatto e di durata. Lavora per la creazione di imprese locali innovative che realizzino welfare produttivo favorendo l’occupazione;

2. formazione e competenze di sistema: Nodi accompagna i progetti sostenuti attraverso la “Scuola S-Nodi” aperta a professionisti, volontari, istituzioni interessati allo sviluppo locale. Sviluppa capacità in materia di community building e governance di progetti complessi. Consente lo scambio di esperienze (locali, nazionali e internazionali) identificando modalità di cooperazione utili per ampliare l’impatto dei progetti. Summer e Winter School sono uno spazio di condivisione di conoscenza e sviluppo di capacità e cultura collettiva, un luogo per fare funzionare la forza del network e per incontrare iniziative ed esperienze simili, un’occasione per lavorare con le istituzioni facendo crescere policies, incontrare gli stakeholders, radicare e moltiplicare la forza propulsiva delle iniziative;

3. valutazione d’impatto: S-Nodi ha previsto, grazie alla partnership con Creare Foundation (Rotterdam University) e in collaborazione con Università e Politecnico di Torino, un sistema di valutazione/auto-valutazione dei progetti per monitorare costantemente l’evoluzione dei progetti e verificarne l’efficacia per lo sviluppo di capitali per la comunità. Il monitoraggio è orientato alla

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valorizzazione dei progetti in termini di modellizzazione, riproduzione e diffusione di quelli considerati replicabili e sostenibili;

4. narrazione: perché le pratiche innovative di welfare produttivo siano viste, riconosciute, replicate occorre investire in forme di narrazione e visualizzazione che permettano al maggior numero di persone di comprenderle e adottarle. A tal fine S-Nodi è impegnata nella creazione di strumenti e canali di comunicazione, per rendere visibili le eccellenze dei territori periferici e chiari e comprensibili i prodotti realizzati.

I progetti pilota: cibo, casa, istruzione

I progetti pilota (2014-2015) che si stanno sperimentando all’interno della rete S-Nodi riguardano tre elementi fondamentali che coincidono con altrettanti diritti: cibo, casa e istruzione.

Fa bene

Mercato di Piazza Foroni, Barriera di Milano. Il progetto “Fa bene”, coordinato da PLUG (Associazione Culturale non-profit) e dalla Cooperativa Liberitutti/Associazione Gpl uniti per il quartiere, è un’azione per il recupero delle eccedenze alimentari, per invitare alla solidarietà prossima, per rimettere in circolo la comunità.

Il cibo invenduto dagli operatori del commercio fisso e ambulante e/o acquistato dai frequentatori del mercato viene destinato a famiglie in difficoltà colpite dalla crisi. Il cibo viene consegnato a casa delle famiglie beneficiarie in giornata. La attività della logistica (smistamento e consegne, effettuate con bici-cargo) sono gestite da persone espulse dal mercato del lavoro e che hanno poche opportunità di rientrarvi per ragioni biografiche o anagrafiche. Le famiglie che ricevono il cibo sottoscrivono un patto di reciprocità con il quale si impegnano a intraprendere “azioni di restituzione”, mettendo cioè a disposizione della collettività le proprie competenze, il proprio tempo, la propria energia. Le famiglie, dunque, ricevono il cibo invenduto e donato e si impegnano nella restituzione attraverso ore di volontariato; gli operatori del commercio fisso e ambulante beneficiano della riduzione del cibo invenduto e della sua trasformazione da spreco in eccedenza che crea valore; gli operatori di logistica e consegne, soggetti svantaggiati, sono re-inclusi attraverso un’attività lavorativa.

Costruire bellezza

Casa di ospitalità notturna di Via Ghedini 6, Barriera di Milano. Il progetto “Costruire bellezza”, coordinato da un designer del Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino e da un’antropologa del Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università degli Studi di Torino, è orientato alla costruzione di contesti di benessere che favoriscano l’accoglienza e l’inserimento attivo delle persone senza dimora nelle comunità locali, attraverso lo sviluppo di reciproco riconoscimento delle capacità e delle possibilità di cooperazione. Il punto di partenza sono i luoghi dell’accoglienza notturna e la rete di servizi e soggetti (pubblici e privati) che hanno responsabilità relative al miglioramento della loro condizione. Le azioni mirano ad aggregare attorno alla persona senza dimora ulteriori soggetti appartenenti al tessuto economico (artigianato, creatività, ricerca accademica, sistema educativo) nell’ottica di sostenere i percorsi di inserimento nella società e accentuarne l’efficacia, ponendo in valore la biografia del singolo in un contesto di progettualità e di efficacia più ampio e meno stigmatizzato. Attraverso workshop creativi studenti, operatori, cittadini “con o senza” dimora sono coinvolti in una “formazione collaborativa” che consente lo sviluppo/riscoperta di competenze e capabilities.

Giovani Investimenti

Adolescenti di Barriera di Milano e le loro famiglie. L’iniziativa, attivata dall’Associazione ASAI in collaborazione con le scuole della circoscrizione, sostiene quelle famiglie in difficoltà che vogliono garantire un’adeguata formazione ai propri figli. L’abbandono scolastico, infatti, è uno dei problemi che riguardano i giovani del quartiere torinese di Barriera di Milano. La sperimentazione ha coinvolto 50 ragazzi del biennio della scuola superiore, erogando 1000 ore di ripetizioni, nel secondo quadrimestre e durante il periodo estivo, per accompagnare i ragazzi che hanno accumulato un debito formativo da sanare a settembre. Le lezioni, retribuite attraverso il sistema dei voucher, sono state affidate a personale di alta formazione che si è assunto

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il compito dell’accompagnamento continuativo nei confronti dei ragazzi coinvolti. I giovani e le famiglie si sono impegnati a sottoscrivere un “patto di reciprocità”: in questo modo l’impegno non è più univoco, ma bidirezionale. I beneficiari, infatti, si impegnano a “restituire” quanto ricevuto trasformandosi in “reporter dal territorio” attraverso la partecipazione al progetto editoriale della Rivista dell’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse, in cui sono chiamati a conoscere e riconoscere le povertà del proprio quartiere e della propria città, per partecipare alla costruzione di idee e iniziative che sviluppino nuove risposte sociali. In questo modo i ragazzi si impegnano a “moltiplicare” quanto ricevuto, creando un plusvalore sociale e di conoscenza.

Conclusioni

Per andare oltre la crisi, l’impegno va concretizzato nella realizzazione di nuovi processi culturali e di nuovi interventi di sistema orientati al superamento del concetto di assistenza e beneficenza, attraverso pratiche di reciprocità convincenti e attraverso la produzione, contemporanea, di valore sociale e valore economico (Ciampolini, 2009). Per mettere in moto una progettualità orientata ad un cambiamento duraturo che investa sulle capacità delle persone e dei contesti, è necessario realizzare azioni ripetibili e riproducibili ad alto contenuto di legame e di scambio con territori, con discipline e professionalità diverse, fortemente ancorate a meccanismi di sostenibilità economica e sociale. Occorre, quindi, costruire interventi che sviluppino reciprocità come modalità per prendersi cura di singoli, comunità e territori, che incentivino la connessione tra la produzione di valore economico e di valore sociale, che producano benessere individuale e collettivo. Da una parte, quindi, è necessario trasformare gli “interventi” in “azioni di sistema”, che siano un reale investimento sulle capacità delle persone e dei contesti, attivando nuovi processi di partecipazione che complimentino il necessario intervento pubblico che va nella direzione di garantire i diritti fondamentali. In questo senso, i cittadini non sono solo utenti di servizi o beneficiari di interventi, ma protagonisti della rete sociale. Il welfare di comunità si basa sul riconoscimento dei beni comuni come responsabilità della collettività e su un’esperienza di impegno diffuso per attivare risorse umane e materiali nuove, per produrre nuove reti che siano espressione di una comunità che si mette in moto. L’intento dei progetti sostenuti da S-Nodi è quello di riuscire a riattivare, grazie alla valorizzazione dell’impegno di alcuni, il desiderio di molti altri, perché l’esperienza della condivisione, della reciprocità e della fiducia non siano limitate ad un numero ristretto di persone ma diventino “cultura”. La teoria antropologica del dono teorizzata da Marcel Mauss negli anni Venti del Novecento appare quindi in tutta la sua attualità: i tre cardini della teoria - dare, ricevere e ricambiare - si basano sul principio della reciprocità e sull’evidenza che il dono crea relazioni (Mauss, 2002). Il contrario di ciò che produce la beneficienza, che non pretende reciprocità e quindi non costruisce relazioni. In questo senso i progetti attivati capovolgono le logiche assistenzialistiche che hanno a lungo dominato in contesti di povertà, restituendo centralità, visibilità, umanità a tutti coloro che sono raggiunti dal “circuito della reciprocità” (e non solo, quindi, alle persone in condizione di svantaggio).

Bibliografia

Bergamaschi A., Ponzo I. (2012), “Una survey di quartiere. Radicamento nel quartiere e atteggiamenti verso l’immigrazione”, in F. Pastore, I. Ponzo (a cura di), Concordia Discors. Convivenza e conflitto nei quartieri di immigrazione, Carocci, Roma, pp. 119-149.

Bruni L. (2011), Felicità e beni relazionali, documento on line:

http://filosofia.dafist.unige.it/files/archivio/felicita_e_beni_relazionali.pdf Ciampolini T. (a cura di) (2007), Barriera fragile, IDOS, Roma.

Ciampolini T. (2009), Sguardi restituiti, curare le restituzioni delle storie nella ricerca sociale, in Formenti L. (a cura di), Attraversare la cura, Edizioni Erickson, Trento, pp. 265-285.

Magatti M. (a cura di) (2007), La Città Abbandonata. Dove sono e come cambiano le periferie italiane, il Mulino, Bologna.

Mauss M. (2002), Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Einaudi, Torino. Porcellana V., Ciampolini T. (2014), Dall’invisibilità alla cittadinanza responsabile: impegno, dono e

reciprocità in un quartiere di Torino, in «Nuova secondaria», 8, pp. 50-54

Riferimenti

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