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La teoria e la Pratica del taglio delle Pietre e dei Legni, per la costruzione delle volte e le parti delle costruzioni civili e Militari o Trattato di Stereotomia per l'Architettura di M.Frezier, Cavaliere dell'Ordine Militare di Saint Louis Ingnieur ord

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA

Sezione “ARCHITETTURA e DISEGNO”

L A T E O R I A E L A P R A T I C A D E L

T A G L I O D E L L E P I E T R E E D E I L E G N I ,

PER LA COSTRUZIONE DELLE VOLTE

E a l t r e p a r t i d e l l e C o s t r u z i o n i C i v i l i e M i l i t a r i

TRATTATO DI STEREOTOMIA PER L’ARCHITETTURA

Di M . F R E Z I E R

,

Cavaliere dell’Ordine Militare di Saint Louis Ingenieur ordinaire du roy en Chef à Landau

Traduzione analisi del testo e delle immagini

a cura di Carmela Crescenzi

VOLUME PRIMO

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Sezione “ARCHITETTURA e DISEGNO” I t r a t t a t i d i S t e r e o t o m i a . I . L a T h e o r i e e t l a P r a t i q u e d e l a C o u p e d e s P i e r r e s e t d e s b o i s , p o u r l a c o n s t r u c t i o n d e s v o u t e s d i A me d e o F r e z i e r , S t r a s b u r g o , 1 7 3 7 - 1 7 3 9 . A l l . 6 . T r a d u z i o n e a n a l i s i d e l t e s t o e d e l l e i mma g i n i

BOZZA

a cura di C a r me l a C r e s c e n z i Vol. I

Il lavoro sui trattati di Stereotomia è intimamente legato alla ricerca sulle superfici; l'analisi della trattatistica è affrontata col duplice interesse teorico-pratico: analizzare la conoscenza e lo sviluppo della Geometria Descrittiva e riappropriarsi della tecnica della Stereotomia. La scelta di affrontare il lavoro di Amedeo Frezier, tre Tomi per complessive 1500 pagine, è scaturita dalla necessità di appropriarmi di una chiave di lettura per i trattati che lo precedono. Studiare M. Desargues o M. De Lorme è molto arduo: alla difficoltà di intendere il pensiero geometrico, si aggiunge quello di una lingua diversa ed oscura nell’esporre il proprio pensiero, si riesce a comprendere, ma non a tradurre correttamente e/o con immediatezza. Il problema non è del tutto risolto per Frezier, infatti la traduzione, anche quella presentata in allegato, non è esente da errori o da un linguaggio involuto, per ottenere un buon risultato occorrerà ancora limare e riguardare più volte il testo fino ad appropriarsi della materia per presentarla correttamente.

Il lavoro affrontato inizialmente come ricerca si è dimostrato un ottimo strumento applicativo della didattica suscitando consenso ed interesse da parte degli allievi. Infatti il tema è catalizzatore fra la Geometria Descrittiva e l’Architettura costruita ed è riuscito a concretizzare l’astrattezza della teoria ostica per molti allievi.

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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI FIRENZE DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA

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Corso di “Fondamenti e applicazioni della Geometria Descrittiva”.

Elenco delle planche tradotte del Trattato “La teoria e la pratica del taglio delle pietre e dei legni,

per la costruzione delle colte” di Amedee Freziér:

planche 1

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nota: in neretto sono evidenziate le planche già tradotte.

Elenco degli studenti che hanno collaborato alla traduzione del Trattato:

Agostini Cristina Alberico Andrea Angeli Cinzia Angius Roberta Annovi Elisa Antoniadis Micaela Asta Francesco Avanzini Massimo Bahr Wassim Bai Daniele Baldoni Silvia Baragatti Michele Bartolotta Sabrina Bartolucci Andrea Belluomini Briseide Benati Simone Bertini Dario Bertoncini Debora Bisceglia Francesco Bisogni Alessandro Bologni Giovanna Bozzi Filippo Calocchi Cesare Cappiello Vittoria Carta Aleandro Casoria Antonina Cecconi Andrea Cenni Ilaria Chiarini Giada Cocco Michela Colucci Salvatore Compagnucci Mauro Cresti Sandro Cristiano Francesca Di Tommaso Simona Fanciullacci Claudia Fiori Silvia Frasca Arianna Frau Pietro Gianfreda Gretel Giannetti Barbara Giuntoli Sandro Giusti Andrea Goffi Hans-Kruger Gori Silvia Guarnieri Sauro Iaconianni Antonio Janssen Julie Lamura Arianna Lecca Nicola Lodovici Arianna Lotti Sara Lotti Valeria Maffii Alessio

Magi Meconi Francesca Manna Stefano Marconi Giovanni Martina Elisa Masini Chiara Mereu Valentina Monaco Katy Montano Valentina Monti Scilla Morosini Elena Moruzzo sabina Nardini Fabio Nassini Francesca Niccolai Marta Nocentini Alessandra Nunno Antonella Orlandini Valentina Paino Serena Pala Pierluigi Pianca Gabriele Pietrobono Fiorenza Piva Enrico Ribecchini Silvia Rinaldi Valentina Rinicci Damiano Rocchetti Irene Salvadori Enrico Simonelli Michela Sperone Milton Stefanini Giada Tumino Marco Valvani Laura

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MATERIA E GEOMETRIA LA TEORIA E LA PRATICA del TAGLIO DELLE PIETRE e dei legni, per la costruzione delle volte CARMELA CRESCENZI TOMO PRIMO PL 1 di Amedeo Frezier

D I S C O R S I P R E L I M I N A R I

I N N A N Z I T U T T O

SULL'UTILITA' DELLA TEORIA

N

E L L E

A

R T I R E L A T I V E A L L

' A

R C H I T E T T U R A

.

Mi propongo in questa opera di esporre la teoria delle sezioni dei corpi tanto quanto è necessario per la dimostrazione dell'uso che se ne può farne in Architettura riguardante la costruzione delle volte, e il Taglio Delle pietre e del Legno, quello che nessuno ha ancora fatto; e poiché scelgo un percorso diverso da quelli che hanno trattato questa Materia, che si sono talmente limitati alla pratica, che essi, sembrano disprezzare la teoria, o l'ignorano; ne dimostrerò l'utilità. Vitruvio, che si può citare come un buon conoscitore delle Arti, poiché è riconosciuto come famoso architetto, e era l’ingegnere capo di Augusto distingueva due cose: conoscere l'Opera e il Ragionamento, l'uno, disse, interessa la gente che ne fa apprendimento, l'altro interessa i sapienti. Non tutti pensano così giustamente come lui; una grande parte degli uomini conoscono così poco la natura delle Arti, che credono che non si possa essere abili se non con l'esperienza; guardano la Teoria come un'occupazione vana, che non ha per oggetto altre che chimere da cui le Arti non traggono alcun vantaggio. Si sono visti, si difendono essi, dei Grandi Uomini nell'Architettura Civile e anche in quella Militare che si sono distinti per le loro Opere senza essere né Géometri né Matematici, dunque si possono tralasciare queste Scienze per divenire abili nelle arti.

Per rispondere a questo falso ragionamento che molte persone fanno per la tesi che vogliono dimostrare, parlando in assoluto, a parte parlano del nutrimento, gli uomini possono fare a meno di tutto, anche degli abiti nei paesi freddi, come testimoniano gli antichi galli nostri antenati e, molte Nazioni Selvagge; ma poiché la Natura ci ha destinato al

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volte CARMELA CRESCENZI TOMO PRIMO PL 1 di Amedeo Frezier

lavoro e che mediante un pò di applicazione ci dà la possibilità di aggiungere un infinità di agi e comodità alle Opere di coloro che ci hanno preceduto e, di conciliare la bellezza con la solidità degli edifici, che ci garantiscono dalle ingiurie dell'aria e dagli insulti dei nostri nemici, sembra, che non é agire da uomini ragionevoli aspettare che l'esperienza ci faccia sentire i nostri bisogni; ma che dobbiamo riflettere sui mezzi per prevenire quelli, che possono capitarci nell'attuare i nostri progetti e di combinare questi mezzi in tante maniere differenti in modo da scegliere sempre i più brevi e i più agevoli, ciò che é riservato alla sola Teoria.

Che mi si permetta qui un paragone per rendere questa verità più evidente; prima che fossero progettate le "Grands Chemins" con carreggiate diritte, solide, e di larghezza comoda, si comunicava come oggi fra una città ed un'altra, ma si rimaneva in cammino molto più a lungo, era più faticoso, si era soggetti ad impantanarsi e sovente a perdersi.

Prima che si fosse consultato la Geometria e la Meccanica e l'Architettura, si realizzavano la Volte con gli stessi Materiali di oggi; ma non si poteva essere certi dell'equilibrio dello sforzo alla loro spinta e della resistenza dei Piedritti che tendono a ribaltarsi ; di modo che non conoscendo il giusto mezzo fra il troppo ed il troppo poco del loro spessore si era soggetti ad affrontare una spesa superflua per ilo materiali o a vederli crollare per la loro debolezza: l'esperienza ci fornisce ancora spesso degli esempi a scorno di coloro che si occupano di costruzione senza la conoscenza né della Geometria e né della Meccanica e con grande danno di chi fa costruire. Si facevano così dei sesti di tipi diversi, circolari ribassati, rialzati e rampanti; ma si ignorava che cos'era la curvatura che conveniva loro meglio nella circostanza dei termini dati. Si incontravano nelle esecuzioni delle difficoltà che non erano state previste, che non si sapevano risolvere se non che col taglio Gordiano, demolendo e ritagliando molte volte le parti delle volte che non tornavano finché l'occhio fosse meno offeso dalla loro difformità, da cui risultavano grande perdita di tempo e di materiale; poiché i tentativi non hanno successo che per caso, queste opere duravano poco, costavano molto di mano d'opera e soddisfacevano raramente la vista e lo spirito dei conoscitori.

Da cosa deriva che i pratici disprezzano la teoria e la considerano niente a confronto dell'esperienza che non cessano di vantare? Penso che vi siano due ragioni: la prima, é per stornare la vergogna di non poter rendere ragione ad altri delle loro Opere se non quella di imitare quelli che passano per bravi, e della convenienza che essi hanno notato nella pratica, rendendosi conto di non essere abbastanza illuminati per risalire alla causa. Questa ragione é dovuta alla vanità del cuore umano; l'uomo per innalzarsi sui suoi simili affetta di disprezzare le cose che gli mancano, e cerca di vantarsi del poco che possiede; da ciò ne deriva che al mondo ci si disprezza reciprocamente, e che la scienza , la cui bellezza ed utilità sono molto poco conosciute dalla massa, non ha l'importanza che dovrebbe avere rispetto alla sola pratica; la disattenzione e spesso la mancanza di conoscenza della "gens en place" favoriscono i falsi giudizi che si danno sul merito della pratica; poiché la fatica del lavoro svolto per acquisire conoscenze utili per i bisogni della vita, o per l'arricchimento dello spirito é di solito molto inutile per essere apprezzati; ce ne sarebbe abbastanza per scoraggiare ogni emulazione e per arrestare il progresso delle arti e rimpiangere la Barbarie dei secoli di ignoranza, se la Natura non avesse provveduto a correggere la cieca ingiustizia degli uomini. Essa ha dato a questa fatica il premio di una soddisfazione interiore,, che é essa sola capace di sostenerla contro il disdegno di una stupida indifferenza o di una presuntuosa ignoranza. In effetti senza le attrattive delle scienze e un certo amore per le virtù, cosa potrebbe impegnare un uomo sensato a consacrare le sue vegli senza interesse, al solo bene pubblico, che pullula di gente più disposta alla critica che alla riconoscenza, a rilevare i minimi errori, che a perdonargli in favore di quello che merita di più la loro attenzione ed il loro plauso?

Il secondo motivo di quelli che preferiscono la sola pratica alla teoria può essere sinceramente dedotta dal fondo della loro ignoranza, perché essi le attribuiscano gli effetti della Teoria che é a loro sconosciuta. D'Aviler, famoso autore in architettura, ce ne fornisce una prova ed un esempio comico alla pagina 237. "La severità delle regole di geometria," dice " é inferiore alla pratica, come il METODO DEI CERCHI ALLUNGATI (RALONGEES) VALE DI PIÙ DELLE FIGURE GEOMETRICHE, per cui in quest'arte é preferibile alla Teoria". Non ci si può impedire di ridere di una

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MATERIA E GEOMETRIA LA TEORIA E LA PRATICA del TAGLIO DELLE PIETRE e dei legni, per la costruzione delle volte CARMELA CRESCENZI TOMO PRIMO PL 1 di Amedeo Frezier

simile definizione, che mostra con evidenza che il giudice non conosce la problematica, e che egli vuole criticare ciò che non conosce; infatti, se egli avesse saputo che "il cerchio che il cerchio ralongées tracciato a tutto sesto, rialzato o ribassato, era un ellisse molto geometrica non avrebbe usato questo ridicolo linguaggio. La maggior parte delle persone senza teoria parlano e pensano come lui; perché privi di principi non arrivano se non con grandi sforzi e una lunga pratica ad alcune deboli conoscenze delle cose che sono più facili per coloro che conoscono la teoria; ne deriva che essi fanno un grande caso per le piccolezze, e si credono dei grandi uomini per essersi "frayé" qualche strada un pò agevole nella pratiche, sebbene questi pretesi Inventori non possono essere sicuri della giustezza né della riuscita delle opere a tentativi di cui non vedono né la differenza dei casi né la durata; per cui credono spesso di aver eseguito una buona opera anche quando non hanno fatto altro che avvicinarsi al vero, e che non hanno preso la via più sicura e più corta, poiché essi non conoscono altro mezzo per raggiungerla che l'esperienza, non pensando che ci possa essere un maestro migliore secondo il proverbio che e si citano ad ogni proposito, "L'esperienza é maestra delle cose".

Io non pretendo qui di diminuire il merito dell'esperienza, ne conosco la necessità in molte cose; per esempio, in fisica fa scorgere le cause e gli effetti ai quali non si era pervenuto con il ragionamento; nessuno dubita che essa sia indispensabilmente necessaria nelle arti che dipendono dall'abitudine, e in quelle che sono problematiche come la Guerra; ma lo é molto meno in quelle che provengono dalle scienze, é una guida equivoca come il bastone per un cieco, che gli serve a guidarsi se non molto imperfettamente in quanto non gli indica cosi bene gli oggetti tanto da non confonderli gli uni con gli altri e da cadere se ne capita l'occasione.

Questa distinzione indica ciò che si deve pensare riguardo alla scienza e l'Esperienza è necessaria a un Ingegnere; poiché la sua attività riguarda sia la guerra che le arti dipendenti dalla matematica; sarebbe uno sbaglio progettare senza l'apporto della Teoria: come citare Personaggi elevati ad alti incarichi per merito di azioni militari, sia pure limitati a semplici costruzioni di pratica; le ricompense dovute al valore riguardano solo una parte del merito di un uomo di guerra, ma questo non basta ad un Ingegnere. Quelli dell'antichità (uomini di guerra ?) erano dei sapienti; le loro meravigliose invenzioni negli assedi non lo provano abbastanza. Benché dopo la decadenza dei Romani le scienze si siano in qualche modo separate dalla guerra(poiché non spetta più a questi uomini, adatti ad amministrare la giustizia, essere a capo delle armate) .Per quanto riguarda gli Ingegneri questo non avverrà mai; è in loro che deve sussistere questo antico accordo tra scienza e guerra. Se essi necessitano della bravura, buon senso ed esperienza di guerra, essi necessitano pure della scienza dei Matematici. Senza la Geometria di cosa sarebbero capaci la meccanica e l'idraulica, nel costruire fortezze e piazzeforti (places de guerre), se non d'imitare quello che hanno visto o di copiare spesso degli errori? tracce di cieca imitazione non sono rare e non mancano neppure in città dove se ne possono riconoscere alcune. Io affermerei anzi, che le Scienze necessarie alla costruzione di macchine da guerra non sono inutili in guerra; esse allargano la mente, forniscono mezzi industriosi, per le mansioni e le opere necessarie all'Attacco e alla Difesa delle piazzeforti che il solo valore non basterebbe ad eseguire senza questo aiuto. ARCHIMEDE era un puro matematico che non si sarebbe mai degnato di abbassarsi alla Pratica, se non fosse stato spinto dalle sollecitazioni del Re Hierom, suo parente, a fare uso delle sue conoscenze per l'invenzione di macchine da guerra; pertanto i suoi esperimenti furono tali colpi da maestro che all'assedio di Siracusa egli debellò, con la forza della Teoria, tutta l'esperienza degli ingegneri romani che avevano fato valere con grande successo la loro abilità nella conquista delle più ambite piazzeforti; le sue nuove macchine ebbero tale effetto che egli intimidì e respinse l'armata di Marcello, al punto che questo generale rinunciò agli avanzamenti e agli assalti, costretto a ridursi a cercare di ottenere, con il prolungarsi dell'assedio, quello che non poteva ottenere con la forza a causa della ingegnosa resistenza che gli opponeva Archimede. Se ne può attribuire a lui tutto l'onore perché dice Plutarco, egli era l'unico autore della difesa, i Siracusani non erano altro che il corpo e le membra, di cui lui solo era la mente che metteva tutto in movimento, senza che si facesse uso di altre armi se non delle sue. Pertanto questo grande uomo, aggiunge lui, non si gloriava affatto delle sue innovazioni, le considerava solo come "giochi geometrici" (effetti), che egli stimava così poco in confronto alla Teoria di credere di farsene più

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volte CARMELA CRESCENZI TOMO PRIMO PL 1 di Amedeo Frezier

onore nel lasciarne degli scritti, piuttosto che la descrizione di queste macchine meravigliose, la cui invenzione e il cui uso gli aveva dato tanta gloria e un così grande nome, tanto che passava per un uomo " non dotato di scienza umana,

ma di saggezza tutta divina". Diciamolo senza perifrasi la sola esperienza non produce che imitatori servili, i quali

preoccupandosi solo delle cose di minore importanza, non avendo altra risorsa che il riempimento del loro portafoglio, si buttano come ciechi sulla falce, per i progetti l'esecuzione e la misurazione(?).

Io direi perciò senza voler favorire l'ignoranza, che l'ingegnere si deve limitare allo studio di ciò che può essere utile alla Pratica, senza lasciarsi andare a vane curiosità, per paura che, trascinato nella morsa del piacere della scoperta, più capace di lusingare la sua vanità che di portarlo a maggiore perfezione nelle arti, non sia spesso distratto e tentato di trascurare il proprio diverse.

L'ingegnere deve prestare maggiore cura alla solidità e alla bellezza delle opere di cui è incaricato ed evitare così lo scoglio del disprezzo che ispirano le "hantes Siences", per occupazioni che sono alla portata degli ingegni più limitati. Gli è sufficiente essere capace e mettere a profitto le opere dei Sapienti e degli Accademici delle Scienze che hanno rapporto con le arti necessarie per la costruzioni delle piazzeforti, rimandando gli studi (all'inverno) e al tempo libero che ci lascia il servizio del Re.

Fra le conoscenze che ci sono necessarie: quella del taglio delle pietre, sebbene una delle più trascurate, non

è affatto una delle meno importanti. Io ho accertato per esperienza personale che era assolutamente indispensabile tanto a me ingegnere che a un architetto; poiché egli come me può essere inviato in lontane Colonie e anche in Province dove mancano operai capaci di eseguire certe parti delle Fortificazioni, dove occorre la conoscenza dell’Apparecchio. L'esperienza che io avevo appena fatto, nel mio secondo ritorno dall'America mi fece venire l'idea di comporre un trattato. Invitato a questa impresa, prima di tutto dalla estrema rarità dei libri relativi a questo argomento, secondariamente per il modo imperfetto in cui è stata trattata fino ad oggi. Ne stesi il profilo quando seppi che un architetto stava per pubblicarne uno; infatti dopo qualche uscì quello di M. de la Rue; ma poiché, come quello di P. Deran (che era si può dire l'unico) era indirizzato soltanto a guidare la mano, senza chiarire lo spirito: capire che non era abbastanza metodico per calmare l'attesa dal pubblico, che attendeva da lungo tempo un'opera più geometrica. Ne fui convinto quando le persone alle quali avevo comunicato il mio progetto, m'esortarono a lavorarvi e a proseguire. La differenza (fra il testo citato e il mio) è così grande che non si può dire affatto che è la ripetizione della stessa specie di libro. Quelli che io ho appena citato sono fatti per gli operai e questo invece per chi li deve guidare, come gli Ingegneri e gli Architetti che si devono supporre addentro (iniziati) alla geometria.

Io so che il mestiere e una certa geometria naturale prendono il posto della scienza per i "sagomatori" nei casi ordinari; ma ho constatato che diveniva loro inutile nei casi che non sono citati nei libri, come dimostrerò quando ne sarà il caso. Dimostrerò inoltre, che essi si sarebbero fermati senz'altro se l'ingegnere, non fosse stato in grado di sostituirli. Egli deve dunque prevenire la vergognosa necessità di arrendersi all'ignoranza dei più pratici i quali, vengono a capo delle soluzioni solo a forza di tentativi, demolendo più volte, con risultati aventi qualche difformità e qualche difetto di solidità. Questi casi non sono così rari come uno si potrebbe immaginare, poiché ne sono venuto a conoscenza. Tutto ciò non è affatto straordinario poiché non si riscontra solamente negli allacciamenti tra le vecchie e le nuove opere, ma anche in quelle recenti. Io proporrei, a chi lo desidera, che gli imprenditori fornissero buoni preparatori. Non conviene forse alla dignità dell'ingegnere essere in condizioni di conoscere e di esaminare ciò che i preparatori (sagomatori) compiono per ordinare e decidere la migliore costruzione e non tollerare errori che essi possono commettere con malizia per utilizzare pietre(materiale) di scarto o per risparmiare un pò di lavoro?

D'altronde questa materia è abbastanza interessante da meritare l'attenzione di una giusta curiosità; se ne potrà giudicare da ciò che segue.

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MATERIA E GEOMETRIA LA TEORIA E LA PRATICA del TAGLIO DELLE PIETRE e dei legni, per la costruzione delle volte CARMELA CRESCENZI TOMO PRIMO PL 1 di Amedeo Frezier

S E C O N D O D I S C O R S O

I

N F O R M A Z I O N I E S U D D I V I S I O N E P E R A R G O M E N T I D E L L A M A T E R I A D I C U I S I T R A T T A

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L'idea che si ha della parola "Coupe de pierres" non è...; questa parola non indica precisamente l'opera dell'artigiano che taglia la pietra ma la scienza del matematico, che guida nell'intento di formare una volta o un corpo di un certo edificio attraverso la composizione di alcune piccole parti. Occorre pertanto più capacità di quanto non si pensi, perché vengano fatte a dovere, giacche, sebbene ineguali per disegno e grandezza concorrono ciascuna a formare una superficie regolare o regolarmente irregolare. Queste piccole parti sono disposte in modo che si sostengono in aria, appoggiandosi reciprocamente l'una all'altra, senza alcun collegamento che quello della propria pesantezza. Non si deve tenere conto, infatti, dei collegamenti di calcina o di cemento. Da ciò si intuisce che questa scienza fonda le sue leggi principalmente dalla geometria per la conoscenza delle linee e delle superfici curve e diritte e dei corpi solidi che devono essere divisi.

Secondariamente dalla Meccanica e dalla Statica, per equilibrare le parti di solidi che compongono le volte...le quali si sostengono a vicenda agli appoggi che vi si fissano.?

La nostra intenzione non è quella di considerare le volte come un insieme di corpi pesanti, che fanno sforzi diversi gli uni sugli altri; questa teoria sebbene assai curiosa è molto utile, può essere ricondotta per la Pratica al piccolo numero di prefazioni dimostrate dai signori De la Hire, Parent, Conflet e Belidor:

questa teoria interessa la spinta delle volte, a cui si possono aggiungere alcune osservazioni sugli edifici che esistono da molto tempo, sebbene un pò esenti dalle regole del calcolo, sia per la buona qualità dei materiali che formano i corpi ( quando gli si dà il tempo di legarsi ), sia pe la differente pesantezza delle volte e dei loro piedritti, di cui occorre tenere presente nei calcoli, poiché l'uno è di pietra leggera e l'altro più pesante.

Noi non terremo conto qui della "Compte de Pierres", altro che in relazione alla Geometria, supponendo solamente che un corpo Conico, Piramidale o fatto ad angolo non può procurarsi un passaggio attraverso un foro che non sia così grande, nel suo piccolo orifizio, quanto la base del corpo che vi si introduce. Supposto ciò, questa scienza si ridurrà a: 1°- Conoscere le linee curve formate dalla divisione dei solidi, concavi e convessi tagliati da superfici piane, o curve. Ciò si può chiamare in una parola sola di origine greca "Tomamorphie" o descrizione delle sezioni, se fosse permesso coniare nuove parole per evitare perifrasi.

2°- Tracciare queste linee curve su delle superfici piane, quand'è possibile e necessario o su superfici curve quando non possono adattarsi su di un piano in tutta la loro estensione ( quest'operazione si può chiamare come la suddetta: "Tomographie" o descrizione delle sezioni.

3°- Spiegare metodi facili per rappresentare i solidi e le loro divisioni su superfici piane, fin dove è possibile ora, dato che questi mezzi sono ridotti non potendo essere espressi altro che molto imperfettamente:

a)- proiezione fatta su un piano per mezzo di linee abbassate parallele fra loro e perpendicolarmente al piano di descrizione; tutto ciò, se fatto su piano orizzontale, si chiama "Ichonographie", se su piano verticale "Ortographie. b)- descrizione delle superfici ordinate separatamente e in tutta la loro estensione su di un piano che viene chiamato "Sviluppo" e che si potrebbe chiamare "Ipidographie".

c)- descrizione degli "angles"dei piani o di superfici qualsiasi di un solido o di "angles" fra solidi; questi argomenti potrebbero essere raggruppati sotto la voce "Goniographie"(descrizione degli angoli).

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volte CARMELA CRESCENZI TOMO PRIMO PL 1 di Amedeo Frezier

4°- fare uso di questi tipi di rappresentazione per giungere a una sezione dei corpi conveniente per la costruzione delle volte, applicando i modelli degli Angoli e delle superfici a dei solidi, per la maggior parte Parallelepipedi, al fine di tagliare gli stessi e ridurli alle figure richieste. Tutto questo si ottiene abbattendo le parti eccedenti, come è precisamente nell'arte della cupola di pietra o di legno, cioè quel procedimento di successive sezioni che si potrebbe chiamare "Tomotechnie".

n

Riepilogando l'elaborazione appena citata per dare un'idea precisa e semplice dell'argomento di cui si tratta, noi trattiamo in questa prima parte dell'opera, della Scienza, mentre ella seconda, dell'Arte della Stereometria, cioè delle Sezioni dei solidi.

La prima parte viene divisa in due libri: una di "Timomorphie" o figure delle sezioni, l'altra di "Tomographie" o descrizione delle sezioni.

La seconda parte come la precedente si compone in due libri: la "Stereographie" o descrizione dei solidi e la "Tomotecnica" o arte di fare le sezioni.

Questi sono gli argomenti dei quattro libri di quest'opera seguendo l'ordine che c'è parso il più semplice e naturale. Si cercherà di spiegare e di provare con delle dimostrazioni che non presuppongono altre conoscenze matematiche che non siano la geometria elementare di Euclide e le altre che sono seguite.

So che oggi la Geometria lineare non è più di moda e che per darsi un'aria di scienza bisogna far sfoggio dell'Analisi; tuttavia la geometria antica, dice un sapiente, seppure meno sublime, meno stuzzicante e anche meno gradevole, è più necessaria e più sensibilmente utile. E' soltanto essa che offre alla nuova geometria fondamenti solidi, specialmente nella materia di cui si tratta, dove il calcolo algebrico potrebbe essere utile solo nelle congetture per concludere questo discorso preliminare.

T E R Z O D I S C O R S O

Origine del taglio delle Pietre e l'uso che se ne deve fare.

Il legno è la materia più naturale e più comoda per la costruzione degli edifici necessari alle abitazioni umane.

Ma il desiderio che accomuna tutti coloro che costruiscono edifici considerevoli è di assicurarne la durata per lungo tempo. L'idea che le opere in legno siano soggette a caducità a causa di marciume e il timore che esse siano devastate dagli incendi hanno fatto preferire la pietra al legno dove si è potuto sostituirlo. In questa ottica non si è potuto economizzare ne' nella fatica, ne' nell'enorme spesa per estrarle dalla terra, trasportarle e tagliarle.

La necessità inoltre a costretto molti uomini nelle contrade ad adottare le pietre al posto del legno, perchè la natura ha fornito loro più cave che foreste. Tuttavia il modo di costruire con gli alberi è parso così naturale che si è guardato come ad un abbellimento l'imitazione di questa struttura. E' da qui che è derivato l'uso delle colonne nell'architettura antica e delle "Pilliers ronds e des Perches" nel gotico.

Per rendere questa imitazione più perfetta, gli antichi costruivano le loro colonne, per quanto potevano, in un sol pezzo, così come sono i tronchi degli alberi. Essi usarono la pietra allo stesso modo per le architravi che sostituirono le travi principali che dovevano essere sostenute dalle colonne. Restano delle vestigia degli antichi egiziani, greci e romani, che ci mostrano che essi usavano delle pietre di enorme grandezza.

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MATERIA E GEOMETRIA LA TEORIA E LA PRATICA del TAGLIO DELLE PIETRE e dei legni, per la costruzione delle volte CARMELA CRESCENZI TOMO PRIMO PL 1 di Amedeo Frezier

Negli ultimi secoli si è abbandonato questo modo di costruire troppo difficile per l'enormità dei pesi che si dovevano trasportare e per la somma straordinaria che richiedevano. Si è loro preferito l'assemblaggio di numerose pietre di una grandezza più maneggevole e senza allontanarsi dal gusto degli antichi. Si è continuato ad imitare i tronchi d'albero con le colonne, ma si sono fatte di "Tambours", cioè di segmenti cilindrici. Si sono ugualmente imitate le travi con le architravi, ma si è fatto con dei conci che si sostengono nello spazio come se l'insieme fosse fatto di un pezzo continuo. Tuttavia, siccome questa situazione è troppo forzata e la spinta ne risulta troppo grande, gli architetti le hanno appoggiate a delle Architravi, che a loro sono parse più solide e sebbene con questo tipo di costruzione le colonne e le architravi divengono inutili, essi le adoperano ugualmente come ornamento. Questo gusto è quello dominante oggi in Europa, imitato da qualche monumento delle antichità romane; che si è ripreso per modello dopo in lungo intervallo in cui vigeva un gusto completamente diverso.

Le proporzioni delle colonne antiche erano sembrate, nella Gallia e in altre parti d'Europa troppo massicce e troppo corte. Si sostituiscono perciò con gruppi di "Perches" molto lunghe e sottili e la difficoltà nell'imitare con le pietre la posizione orizzontale delle travi aveva fato trascurare le architravi; al posto delle quali occorreva passare da un "Perches" al suo opposto, archi di pietra ....sotto le volte, che si incrociavano e si riunivano in modi diversi, imitando in questo i chiostri nelle volte a botte, che formano dei rami d'albero curvati da una parte all'altra.

( Essendo sembrato loro troppo pesante il contorno stesso della volta a botte (berceau), che facesse cioè troppo sforzo per (?) i muri. Gli architetti di quel tempo costruivano i loro Centri per mezzo di due archi di cerchio uguali, ma con centri diversi, allo scopo di tenerne l'inclinazione più rigida e in questo modo diminuire questo sforzo rendendolo così più tenue e leggero.(?) Essi lo attraversavano inoltre con altre parti di volte, che formavano una quantità di angoli cadenti, le cui spinte erano nascoste e rafforzate da nervature di ogive Arcs doumbleaux, Tiercerons e Formerts, di cui formavano un'infinità di scompartimenti, che terminavano sovente in fregi di volta sospesi nell'aria. Tutte queste origini ele intersezioni delle modanature richiedevano una grande capacità nell'arte del taglio delle pietre. Per cui io ritengo che se ne debba attribuire l'origine all'architettura Gotica, o almeno all'adolescenza di questa arte. Ma il fatto è, che oltre a non esserci rimasti monumenti antichi, nei quali sia stata usata quest'arte, salvo per tratti molto semplici, fra l'enumerazione che fa Vitruvio delle conoscenze necessarie ad un architetto, egli non parla affatto del taglio delle pietre; in effetti la nobile semplicità dell'architettura antica non esercitava molto l'accortezza dei sagomatori che avevano quasi soltanto volte cilindriche o sferiche da dirigere.

La formazione, al contrario, di un gran numero di figure bizzarre e difficili, che si presentano ad ogni momento nell'architettura gotica, ha dato loro la possibilità di immaginarne delle altre, per trarre dall'irregolarità dell'area delle costruzioni, o sopperire ai difetti del luogo. Gli angoli, ad esempio che non sembrano luoghi adatti a praticarvi delle porte, non hanno impedito che si coprissero dei passaggi con una volta, senza smussarli, ciò che in partenza poteva sembrare contrario alla solidità. Si sono sostenuti nell'area dei "cabinets" per mezzo di "trompes" per lasciare sotto uno spazio libero. Si sono sostenute le scale in tanti modi diversi e si sino immaginate tante cose sconosciute agli antichi, tanto che si è trovato abbastanza materiale per scrivere dei libri!

FILIBERTO DE LORME, elemosiniere di Enrico II, si dice che sia stato il primo ad avere scritto su tali argomenti, non espressamente, ma in occasione del suo trattato di architettura, che egli pubblicò nel 1567. Come si può vedere questa data non è molto antica. Maturin Jousse rese noti alcuni trattati nel suo libro intitolato "Segreti d'architettura", stampato alla Flèche nel 1642. Se P. Deran, nell'anno seguente insegnò quest'arte in tutta la sua estensione per gli operai. BOSSE, (nello stesso anno) pubblicò un sistema completamente diverso che egli riprendeva da DESARGUES e che per la complessità e la novità del suo linguaggio non fu affatto capito. Infine M. de la Rue nel 1728, ha riportato una parte dei trattati di P. Deran, con alcune altre innovazioni. Tutti questi autori hanno prodotto soltanto della semplice pratica senza alcuna prova. P. DECHALLES nel 1672 fu il primo ed è rimasto il sono fino ad oggi, che abbia aggiunto delle dimostrazioni; ma il suo trattato "De lapidum sectione" inserita nel suo grande corso di matematica in latino, è quasi soltanto un estratto dell'opera di P. DERAN, dal quale qualche volta ha copiato perfino gli errori, come mostreremo.

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Dopo aver esaminato queste differenti opere, m'è sembrato che rimanesse ancora qualcosa di meglio da fare.

Prima di tutto c'era da dare, in proposito, un'esatta conoscenza della natura delle Linee Curve, che si formano agli incroci delle volte, tanto alle loro superfici che all'intersezione delle "dalles", di quelle che sono composte da diverse parti che s'incrociano, per saperla tracciare su dei piani, quando è possibile, o su delle superfici curve, quando queste linee sono a doppia curvatura, questa è la prima novità di questo trattato.

La seconda novità sarà la correzione degli errori di molti dei vecchi trattati. La terza novità sarà l'elaborazione di alcuni trattati variati e di alcuni che non sono ancora apparsi.

Posso contare su quattro novità circa la dimostrazione dei trattati, perché DECHALLES mi ha preceduto in latino, ma non in francese, per cui, per servirmi dell'espressione di Josse i Segreti dell'Architettura vi sono completamente svelati. La novità di quest'Arte e le difficoltà che contiene hanno impegnato gli architetti degli ultimi due secolia cercare l'occasione per fare mostra della loro Scienza, persuasi

che niente poteva renderli raccomandabili, come queste opere ardite, dove era impossibile non ammirare il taglio delle pietre. Per cui ostentavano la capacità di costruire anche senza farne uso. Ho visto il (tiers) d'una forma quadrata che si poteva sostenere dalle fondamenta, le quali erano sostenute solamente dal solo taglio di una "Platebande Rampante" che ne elevava un angolo in aria e molte altre simili per temerarietà.

Gli architetti del nostro tempo, non trovano più tante ragioni per farsi ammirare per una scienza ritenuta più comune o forse diventati più saggi hanno bandito queste arditezze bizzarre, che non hanno altra bellezza che quella della loro esecuzione e che non solo non contribuiscono per niente alla decorazione degli edifici, ma che sono invece loro pregiudizievoli, in quanto ne aumentano gli sforzi e il peso; infatti non conviene mettere in opera i trattati di (porte-à-fousc) come i (trompes) se non vi si è assolutamente costretti, o per qualche disimpegno (degagement) o per evitare la spesa o lo scomodo di prendere il posto delle fondamenta. Aggiungerei anche, che occorre piuttosto tenere conto del buongusto, piuttosto che ricercare la rarità o la difficoltà nelle opere, alle quali sembrano dirigersi i nostri moderni architetti, che rincorrono le novità. L'incintro e l'intersezione di differenti volte non è sempre di bell'effetto. Un arco di chiostro, per esempio, con centro circolare poco concavo, attraversato da lunette e sormontato da un "cul-de-four", come quello che si vede in una cappella della chiesa di S. Sulpicio, (ne fait si breu) di una volta meno composita. Delle lunette cilindriche, che attraversano una porzione della volta sferoide, o volta di forno (four) ribassata, non si presenta bene da vicino; perché le crociere degli spigoli sembrano diverse, cioè piegate a destra e a sinistra, come si può notare nella stessa chiesa di S. Sulpicio; questa differenza diminuisce, quando la lunetta è vista dal basso (fig. 15) alto e da più lontano come a S. Rocco; ma essa non è tolta completamente e non si può fare per la natura della curva che non è su un piano, come si vedrà nel corso del primo libro.

Si può infine notare ancora, che le volte sferiche attraversate da due botti che si incrociano hanno un aspetto nudo ed imperfetto, se non sono divise da una cornice orizzontale, che sopprime (rentranche) il segmento di sfera e lo mette, per così dire dalla parte del pennacchio; se ne scorge la necessità nel noviziato dei gesuiti a Parigi. Sarebbe troppo lungo ricercare simili aiuti (?) di volte che non soddisfano il colpo d'occhio senza l'aiuto di qualche correttivo, sebbene costruite solidamente e secondo le regole della buona costruzione. Queste osservazioni sono più utili all'architettura civile che a quella militare, in cui sembra che si trascuri la bellezza per la solidità. Non sarebbe pertanto male che gli ingegneri facessero uno studio dell'architettura civile. Essa è loro necessaria per la costruzione degli edifici militari, di cui sono incaricati nelle "villes de guerres", come caserme, magazzini, ospedali, alloggiamenti dello Stato Maggiore e qualche volta anche delle chiese delle fortezze e delle cittadelle, edifici che sono della stessa specie degli edifici civili, dai quali differiscono solo per il nome; così possono anche, le carte lo giudicano giusto, assumere la direzione delle costruzioni civili pubbliche. Ma essi non devono mai interessarsi dei particolari, di qualsiasi qualità possano essere. Prima di tutto perché essendo ufficiali del Re, quindi pagati sia in riposo che sul lavoro,*(è da mettere) è giusto che essi utilizzino il tempo libero che possono avere per istruirsi presso il gabinetto delle scienze per le nozioni che sono loro necessarie alla costruzione e agli aggiornamenti degli avvenimenti storici relativi agli assedi, che possono dare loro idee

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atte a metterli in condizioni di servire utilmente in situazioni diverse. I secondo luogo perché niente avvilisce tanto gli ingegneri, quanto questa specie di occupazione che fanno supporre per loro dei vuoti di interesse e che invece li coinvolgono con operai e salariati, i quali addossano all'ingegnere gli sbagli causati dalla loro ignoranza o dal capriccio del proprietario. Gli esempi che si vedono dovrebbero insegnare alle persone troppo servizievoli. Infine perché interessandosi di architettura civile, sembrano uscire dalla condizione di militari e rinvigorire il disprezzo che gli uomini d'arme hanno per coloro che si interessano delle arti meccaniche. Non è con questo che non vi siano nel servizio (militare) occupazioni poco nobili, l'ufficiale di fanteria deve occuparsi minuziosamente alla cura e alla pulizia dei soldati e delle caserme, quello di cavalleria deve occuparsi degli scudieri e dei cavalli, quello di marina alla riparazione e alla costruzione delle navi, quello di artiglieria ai carriaggi e alle fucine e l'ingegnere a tutte le arti che sono in rapporto con la costruzione. Queste funzioni avrebbero, per se stesse, qualcosa di vile, seguendo il pregiudizio del mondo, se non si fosse stabilito nelle regole dell'onore, che non c'è niente di vile in tutto ciò che riguarda il servizio del Re, nella vita militare. Gli ingegneri devono rimanere in questi limiti e lasciare l'architettura civile a chi ne fa una professione.

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Su alcune differenze di posizione delle

sezioni coniche nei coni scaleni.

Sebbene i coni scaleni non siano di diversa natura rispetto ai coni retti, l'obliquità del loro asse sul piano di base causa qualche differenza nelle sezioni, non considerando la loro rispetiva posizione.

49) 1°. Noi abbiamo fatto vedere che la sezione di un piano, obliquo all'asse del cono scaleno del quale taglia i due lati, può essere un cerchio, sebbene questa Sezione sia un Ellisse.

50) 2°. Le sezioni fatte con dei piani paralleli alla base, che sono dei cerchi nei coni retti, possono essere delle ellissi nei coni scaleni, se essi sono considerati come dei coni reti su una base ellittica; perché se si suppone che la base bead (Fig. 3) é un ellisse, e che una linea sa immobile sul suo punto s, percorre verso l'altra sua estremità ha il profilo di questa ellisse, la figura che ne risulterà sarà un cono scaleno con base ellittica; si può immaginare la stessa genesi per un cono retto come se la base BgA Fig. 2) fosse un ellisse.

Sarà sempre evidente che tutte le sezioni fatte per mezzo di piani paralleli a queste basi, saranno delle ellissi simili a quelle della base; poiché tutti i diametri possibili DF, BA di una sezione attraverso l'asse BSA, o KI, ba (Fig. 3) saranno proporzionali a quelli di un'altra sezione per l'asse dello stesso cono.

Ma tutte le sezioni oblique in questo cono non saranno delle ellissi, perché senza fermarsi alla sezione suo

contrarie, che in questo caso non esiste; poiché la base

non é circolare, si potrà sempre dimostrare che tali coni possono essere tagliati da un piano generico rispetto all'asse, e che non farà con i lati degli angoli uguali a quelli della base, cioè dei lati del triangolo per l'asse con la base, di cui la sezione sarà un cerchio così come il suo contrario; poiché se si traccia la retta sx sulla faccia del cono, ed nc sulla base con centro C, ed o m parallelo ad n c ;poiché OM:nc = Sm:Sc il diametro om sarà più piccolo nel rapporto di Kmabc. Se, per esempio, bc:cn

= il grande asse è al piccolo, lo stesso rapporto si avrà

fra Km ed mo, di cui Km sarà più grande che mo; è chiaro che cambiando l'inclinazione del piano o della sezione per esempio in r ,si può rimpicciolire questo semiasse, finché diventa uguale ad mo, come se dal

punto m come centro e con raggio MO si tagliasse il lato bS in r, ciò che è possibile rispetto a più lati diametralmente opposti, poiché mK è più grande che

mo, allora i punti r ed o saranno ad uguale distanza dal

centro m, di conseguenza gli assi, essendo uguali fra loro daranno per sezione un cerchio. Se invece si allungasse l'asse minore, è chiaro che non si avrebbe che da inclinare il piano della sezione dal lato di questo asse piccolo.

T E O R E M A I

La sezione piana ellittica fatta nell'intervallo di due coni concentrici e simili, come tra le superfici concave e convesse di un cono vuoto di uguale spessore, è una corona compresa fra due circonferenze di ellissi che non sono equidistanti, e che non possono essere concentrici che nei coni scaleni, quando la sezione è perpendicolare all'asse.

fig.6.

Sia ( fig.6) un cono FsG concentrici e simili al cono BSA ,in cui lo si suppone, è evidente ,in base all'ipotesi, che i loro lati BS, Fs; AS, GS, saranno non soltanto paralleli, ma equidistanti nella sezione del triangolo passante per l'asse BSA. E' ancora evidente che il piano della sezione obliqua DE che abbiamo supposto perpendicolare al piano per l'asse, essendo ugualmente inclinato all'asse comune SX ,dell'uno o dell'altro cono, sarà un'ellisse simile a DRE nel grande, e de nel piccolo. Occorre ora far vedere che sebbene le due superfici dei coni siano equidistanti, e le loro basi concentriche, mle sezioni ellittiche non lo sono ; dai punti D ed e saranno tracciate le perpendicolari Dx , e K, che saranno uguali per ipotesi.

Poiché l'angolo Dds esterno al triangolo dse è più grande che l'interno opposto des, o il suo uguale DES, la linea Dd, compresa fra i due paralleli SB, sF sarà più corta che la linea eE più obliqua su EK essa sarà più grande che ey, ciò che occorre dimostrare; dunque le ellissi DRE e dhe si avvicinano più verso D che verso E sull'asse DE; di conseguenza esse non saranno né

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equidistanti né concentriche, ciò che occorreva anzitutto dimostrare.

2° Se il cono invece di essere retto fosse scaleno, è evidente che l'asse, essendo obliquo rispetto alla base circolare sarà perpendicolare ad alcune sezioni ellittiche; in questi casi possiamo considerare la fig.6 differentemente dal caso precedente, supponendo la base BA ellittica, e la sezione obliqua DE circolare, se si vuole o, ellittica.

E' chiaro che le distanze delle ellissi della base AB nella sezione del triangolo per l'asse DSA sarà uguale in BF ed AG; perché il diametro comune BA è ugualmente inclinato ai lati dei coni interni ed esterni; ma fra queste due estremità non si può trovare alcuna parte delle due circonferenze e delle ellissi che non siano più o meno allungate. Per dimostrarlo, sia un piano SNX perpendicolare al triangolo per l'asse BSA, che taglierà le ellissi o i cerchi DRE e dhe seguendo una linea on ,che sarà perpendicolare a questo triangolo, allo stesso modo che XN; di conseguenza queste due linee on, XN saranno parallele fra loro, dunque le loro parti ln, LN comprese anche fra due parallele SN ed sL saranno uguali fra di loro; ma l'intervallo ln delle circonferenze della sezione obliqua non è uguale agli intervalli Dd, ed Ee; poiché è più lungo dell'uno e più piccolo dell'altro; dunque l'intervallo LN delle due ellissi della base non sarà uguale alle distanze BF, AG; in effetti la sezione ba per la perpendicolare on parallelamente alla base BA darà delle ellissi simili nell'uno e nell'altro cono, a cui l'asse on è comune con un a ordinata della sezione obliqua; ora le distanze dei due coni in Dd ed bf sono fra di loro come DO sta ad bO; così il rapporto di Dd sta a bf aumentato dopo il triangolo per l'asse fino alla sezione perpendicolare al piano in Qn, e al contrario diminuisce dopo il punto n fino ad E; dunque la distanza LN sarà metà fra quelle delle estremità BF ed AG. essa sarà più piccola se DE o BA é l'asse maggiore, o più grande se BA é l'asse minore.

Da questa disuguaglianza delle distanze dell'ellisse concentriche al loro asse, ne consegue necessariamente quella di tutti i punti da un estremità di un diametro all'altro; perché esse si avvicinano e si allontanano di una distanza proporzionale a quella degli assi; dunque

le ellissi della base sebbene concentriche, non sono equidistante, ciò che si deve dimostrare.

" SC O L I E"

Bisogna pertanto osservare che, sebbene le ellissi concentriche simili non siano equidistanti, misurate su differenti assi e diametri, lo sono tuttavia sugli stessi assi e sugli stessi diametri; e ancora non soltanto su tutte le linee rette che intersecano queste due circonferenze, ma anche su quelle che ne toccano soltanto l'interno senza tagliarla, ciò che da un modo facile di fare un Ellisse asintotica ad un'altra data; basta averne un punto solo , come diremo nel secondo libro. Uso questo termine, perché questa proprietà che é simile a quella dell'iperbole riguardo agli Asintoti ha dato occasione a M. De la Hire di chiamare le sezioni coniche, concentriche e simili asintotiche.

CO R O L L A R I O I

Si può comprendere questa ipotesi più nelle altre sezioni che nelle Ellissi, se non si vuole considerare come i Matematici la Parabola, come un Ellisse il cui asse é infinitamente lungo l'iperbole come un Ellisse inversa, che ha i fuochi esterni; infatti se si taglia un cono vuoto di spessore uguale, in modo che il piano che taglia faccia una di queste due sezioni, si noterà visibilmente, che la curva della superficie interna non é parallela a quella dell'esterna.

Applicazioni nell'uso.

Questa ipotesi fa vedere che gli archi degli spigoli degli intradosso e di estradosso delle facce delle volte coniche, che sono oblique rispetto all'asse, come nelle "Trompe" sbieche e rialzate nella loro faccia, né devono essere parallele fra loro, come le realizzano alcuni autori del Taglio della Pietra; perché se l'arco dell' intradosso non é più vicino dell'estradosso ad una imposta, che l'alto dal lato dell'angolo il meno acuto, la volta diventerà meno spessa dal lato opposta che é il più lungo, in modo che il lato ed il piedritto più lungo e più carico diventerebbe il più debole, ciò che é evidentemente contro la buona tecnica costruttiva. Non occorre dire che questa differenza é così poco considerevole, che si può preferirle la simmetria esterna della faccia; perché senza presentare casi straordinari,

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l'asse ED può ben essere perpendicolare al lato SB, se l'angolo S é più aperto, per esempio, di 60°, allora lo stesso asse farà in E un'asse di 30° con il lato SA, ora in questa ipotesi é chiaro che la volta sarà metà dello spessore all'imposta SE che all'imposta SD; perché le distanze delle parallele SB, sF, SA, sG sono in ragione dei seni degli angoli, che la linea ED fa con i lati; ma il seno totale é il doppio di 30°, dunque la distanza eK, cioè lo spessore della volta verso Ei non sarà che la metà di Dx che é quella del lato SD. Non é necessario questo rapporto che si percepisce a colpo d'occhio con quelli dei triangoli simili EHe, ed ESD, se l'angolo D é ipotizzato retto, e l'angolo S di 60°, ciò che non é lo stesso nella fig.6; ora e K é uguale alla distanza delle parallele verso D ed eE, quella delle stesse o delle loro uguali presi ugualmente sulla linea ED; dunque ecc.. In secondo luogo, questo problema fa vedere, che quando un sesto é Ellittico non si può fargli un sesto parallelo che sia anche ellittico, in modo che se se si tratta, per esempio, di un Bandeau o di un archivolto, e che si facciano i due spigoli di intradosso e di estradosso Ellittici, esso sarà di diseguale larghezza, e de esso avrà un'uguale larghezza ovunque i due spigoli non saranno esattamente ellittici, ciò che é sorprendente e incredibile per gli Operai, e per quelli che non conoscono la Teoria.

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MATERIA E GEOMETRIA

TEOREMA II

Data una sezione conica può essere quella di una infinità di Coni diversi.

Sia (Fig. 16, 17, 18) una sezione conica DAC, di cui AB é un diametro, la linea CD é un’ordinata, di cui M é il punto medio, da questo punto gli si traccerà una perpendicolare FE, di lunghezza presa a piacere su un piano inclinato rispetto a quello della sezione conica assegnata e con un’inclinazione presa a piacere,(che non si può rappresentare in questa figura se non in prospettiva). Su questa linea FE presa come diametro, si descriverà un cerchio FDEC, di cui la linea DE sarà una corda comune all’ordinata della sezione conica; se dai punti EABD si tracciano le linee

ES, FS, che si intersecheranno in S, il vertice S sarà quello di un cono,

che avrà per base o, ciò che é la stessa cosa, per sezione parallela alla base il cerchio FDEC, e per altra sezione la sezione data DAC; ciò che é chiaro per la costruzione e la generazione di un cono. Supponendo che una linea SB, fissata nel suo punto S, percorra la circonferenza del cerchio DFCE, attraverso la stessa costruzione questa linea passerà da i due punti comuni DE e dalle estremità dei diametri AB ed EF delle due sezioni, il cerchio e l’ellisse. Ora, poiché il diametro del cerchio FE può variare di lunghezza, e visto che si può cambiare la posizione del suo centro avvicinandolo od allontanandolo dal punto M, si vede che il punto S cambierà di posizione, poiché esso dipende dalla posizione delle estremità del diametro EF. Per esempio, se invece del punto E se ne prende un altro più fuori, in K o in L, il punto S cadrebbe in x o in

y, ed allo stesso modo se si allontana o si avvicina l’altra estremità F, il

punto S cadrebbe più in alto o più in basso; dunque si può far passare una infinità di superficie di coni diversi per la circonferenza della sezione conica data, ciò che occorreva dimostrare.

Fig.17(1). Sezioni di cono fatte con il piano parallelo all’asse.

Fig.18(2). Sezione conica inclinata rispetto all’asse. Corollario

Da ciò si ha che se una linea AS, fissata sul punto S, preso a piacere, (1). Riferimento alle lettere I, G, K, m, n, Z della figura 17 della planche.

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C C T PL 2 A F

si muova intorno ad una sezione conica aperta, come la parabola o l’iperbole, si formerà una piramide mista, che sarà sempre una porzione di cono e di conseguenza a ciò si avranno delle sezioni che non saranno parallele alla base aperta data, ma si potranno conoscere cercando la base del cono, di cui questa piramide mista ne rappresenta una parte, nel modo che illustreremo.

Orbene senza realizzare il cono, né conoscendo il cerchio di base, li si può conoscere confrontando parti delle sottotangenti, che sono al di sopra ed al di fuori del cono (per l’art. 45)

Per esempio, sia la base data ARP una parabola, se si ipotizza la piramide ARPS tagliata da un altro piano inclinato a questa base, di cui l’intersezione sia AP, e che taglia il lato SR in H, si traccerà da un punto qualsiasi della base, come T, una tangente TN, che intersecherà l’asse

MR della base prolungata in N. Avendo tracciato NS, si immaginerà un

piano TNS, che toccherà la piramide seguendo la linea TS, tracciata dal punto di tangenza della base al vertice S, e che taglierà la curva AHP in

u, da cui si traccerà sullo stesso piano inclinato una linea ux parallela

ad AP, ed un’altra uy tangente alla stessa curva, che intersecherà in y l’asse My, che appartiene allo stesso piano di MN. Se la lunghezza Hy é minore di quella di Hx, si ha che la sezione che si vuole conoscere é un’iperbole; se invece essa é maggiore, come Le rispetto Ed, questa sarà un’ellisse, se è uguale, come si suppongono mR ed RN che nella figura tuttavia non lo sono , come per esempio dI ed In, questa sarebbe una parabola, ciò é più facile da notare se esaminiamo i piani nd ed

NM paralleli fra loro.

Fig.19(1). Sezioni coniche su piani paralleli ed inclinati rispetto alla base.

Applicazioni nell’uso.

Questa ipotesi fa vedere che la si può applicare a tutti i tipi di volte coniche, qualsiasi sia il sesto di facciata che si giudicherà conveniente allo scopo. Per esempio, con una posizione ed un’ inclinazione generica dell’asse ritenuta opportuna per la volta che ci si propone di realizzare, si può costruire una tromba di livello o rampante, di cui il sesto di facciata sia rialzato o ribassato di quanto si desidera, e si può conoscere in quale

situazione il suo intradosso sarà circolare.

Inoltre, essa fà conoscere i cambiamenti che si avrebbero se il sesto di facciata sarà una sezione aperta, per esempio parabolica, come si ha effettivamente nelle trombe sull’angolo a piombo, di cui l’asse é di livello. Così, supponendo che il muro sia a scarpa, la curva diventerà un iperbole, e se sarà a strapiombo diventerà un’ellisse. Tuttavia l’architetto può scegliere per sesto di faccia la curva che vorrà.

Allo stesso modo se si tratta del sesto di facciata di una tromba conica a spigoli a piombo che, di solito é una iperbole. Allorquando l’asse è di livello, ed é scambiata per una scarpa, non cambierà genere di curva, ma diventerà soltanto un’ iperbole diversa da quella che aveva il sesto a piombo.

In poche parole questo teorema fa conoscere l’originedi tutti i cambiamenti che possono determinare i contorni dei sesti delle facciate delle trombe , e quelle dei loro strombamenti , che non possono essergli paralleli, tutti quelli che sono inclinati sull’orizzonte e quelli paralleli alla perpendicolare sulla facciata. Queste comprendono tutte le trombe sbieche e rampanti, ascendenti o discendenti e i giunti di testa, in questo modo si può dire che questo teorema é il fondamento di tutte le volte coniche. Passiamo ai cilindri.

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CAPITOLO III

Sulle sezioni dei cilindri tagliati dai piani

I cilindri come i coni si dividono in retti e scaleni.

Sono chiamati retti, quando il loro asse é retto, cioè perpendicolare alla base; così come il cilindro BDFa é retto nei punti Ba (Fig.14)(1), perché il suo asse XC é perpendicolare a Ba.

56. Sono chiamati scaleni, quando il loro asse mM (Fig. 15)(2) é obliquo alla base ba o DE del cilindro bDEa.

Questa differenza di posizione dell’asse rispetto alla base, può essere data nella posizione delle sezioni del cilindro, così comelo fà in quelle del cono.

57. La sezione di un cilindro tagliato da una superficie piana può variare soltanto in tre modi.

1°. Quando il piano secante passa per l’asse o parallelamente ad esso, la sezione é un parallelogramma rettangolo, se il cilindro é retto e obliquo angolo, se é scaleno o può essere ugualmente rettangolo, la sezione é perpendicolare al piano che passa per Da.

58. 2°. Quando il piano secante é parallelo alla base Ba come ab, la sezione é un cerchio; poiché si suppone sempre un cilindro a base circolare, e che la sezione parallela gli deve essere simile ed uguale. Poiché tutti i lati del cilindro sono paralleli all’asse, i diametri saranno tutti uguali.

(1). Riferimento alla lettera g della figura 19 della planche. (1). La figura 14 viene spiegata nella planche 1.

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59. 3°. Quando la sezione é obliqua, come BA, essa é sempre un ellisse

nel cilindro retto, qualunque possa essere l’obliquità del piano secante rispetto all’asse. Nel cilindro scaleno, la sezione, anche se obliqua, può essere un cerchio. Quando il piano secante (Fig. 15) essendo perpendicolare al parallelogramma con l’asse bDEa, dato dai lati degli angoli uguali a quelli della base, ma in senso contrario, cioè, che l’angolo

BDA sia uguale all’angolo baE, o ( che é la stessa cosa) BAE sia uguale

a Dba. Se per il punto C, punto medio di BA, si conduce hg parallelo a

ba, e attraverso lo stesso punto si traccia yx perpendicolare ai lati bD ed aE, si otterranno due triangoli uguali CxA e Cxg. Questi sono rettangoli

in x, hanno gli angoli A e g uguali (per ipotesi) ed il lato Cx comune; dunque i lati CA, Cg saranno uguali fra loro, come pure i loro opposti al vertice hC e CB, i cui diametri hg e BA sono uguali al diametro ba della base circolare, ed i piani che passano per queste linee sono perpendicolari a quello del parallelogramma che passa per l’asse, ed avranno uguali sezioni. Di conseguenza la sezione che passa per BA sarà un cerchio, e al contrario, la sezione yx perpendicolare ai lati sarà un ellisse, di cui yx sarà l’asse minore, come pure ogni altra sezione obliqua, che non sarà né parallela alla base, né sarà il suo contrario come BA.

COROLLARIO.

Da ciò si ha che, (come nel cono) le sezioni ellittiche possono variare infinitamente, a seconda che l’angolo che il piano secante forma con l’asse del cilindro sia più o meno acuto o ottuso; in modo che esse si possano allungare o accorciare dalla posizione perpendicolare all’asse, fino a diventare parallele.

61. Occorre notare che non c’è nessuna differenza fra queste ellissi e

quelle del cono. Ciò che sorprende coloro che non conoscono questa materia, è che sembra loro che l’ellisse cilindrica sia uniforme nei suoi due estremi, ma che la parte di quella del cono, che é più vicino al vertice debba essere più acuta di quella che é più vicina alla base. Si può notare questo errore in una applicazione delle “ Institutions

geometriques (Institutionum geometricar. l. 4, foll’ Arnhemiae 1606,

Art. 37) d’Albert Duret ”, dove la curva forma uno spigolo ad ogni estremità del suo asse.

Noi ne mostreremo la falsità quando faremo vedere che la stessa ellisse può essere una sezione comune al cono ed al cilindro. Si intuisce facilmente la verità fin d’ora se si ricorda quanto detto (art. 37), cioè che le ordinatead un’asse, che si trovano alla stessa distanza dal centro dell’ellisse, sono sempre uguali fra loro, non solo nel cono, ma anche nel cilindro. Poiché i loro quadrati sono fra loro in ragione dei rettangoli delle ascisse, che si suppongono uguali, per una proprietà fondamentale dell’ellisse.

62. La sola differenza che esiste fra queste sezioni, é che l’asse del cilindro passa per il centro dell’ellisse cilindrica, e che l’asse del cono retto non passa per quello dell’ellisse conica, ma più o meno vicino, seguendo una sezione più o meno obliqua come si vede nella figura 6, dove l’asse del cono taglia quello dell’ellisse in o. La questione é ben evidente nel cono retto, dove l’asse del cono XS divide l’angolo del vertice BSA in due parti uguali. Esso non può dividere nello steso modo una linea che termina sui suoi lati, che non gli é perpendicolare come DE, nel triangolo che

passa per l’asse. Poichè non è parallelo a BA, le sue parti Do e oE, non sono proporzionali a BX e XA; questa differenza non comporta nulla alla figura dell’ellisse. Tutte le sezioni che si possono fare nel cilindro si rifanno alle tre di cui abbiamo parlato, sebbene non siano intere. Poiché la sezione NFE, che taglia il cilindro solo in parte (Fig.14) é una porzione di ellisse, che sarebbe intera se il cilindro fosse stato tagliato interamente, come sarebbe se fosse stato prolungato?

63. Questa sezione incompleta taglia un solido in fg, che si chiama unghia

, a causa della sua somiglianza con l’unghia di un dito. Applicazioni nell’uso

La conoscenza delle sezioni del cilindro é la base per la conoscenza delle sezioni nelle variazioni dei sesti delle facciate delle botti, e delle curve dei loro giunti di testa. Non parlo di quelli del letto che sono quasi sempre rettilinei.

Le volte a botte i cui archi-retti sono circolari, sono vere porzioni di

cilindri retti, quelli che sono rialzati o ribassati sono porzioni di cilindri

scaleni, ciò che può essere dimostrato nello stesso modo che abbiamo fatto per i coni di base ellittica. In quanto, se l’asse minore dell’ellisse, ottenuta dalla sezione perpendicolare al parallelogramma e che passa per l’asse del cilindro, non può riguardare(attenere) la circonferenza di un cerchio, che avrà per diametro la perpendicolare il, sui lati bB ed aE, é chiaro che inclinando questo piano verso L o K, il diametro LK può essere allungato, finché diviene uguale ad il. Così sebbene la base ba, obliqua all’asse Mm, o bo perpendicolare a quest’asse, sia stata supposta ellittica e stretta quanto si vuole, la sezione iLlK potrà essere un cerchio, e il cilindro sarà scaleno in un senso diverso da questo qui.

Può succedere, ed effettivamente succede , come diremo ne libro IV per qualche motivo di costruzione, che un architetto ritenga opportuno realizzare il centro dell’arco retto di una volta a botte con curva iperbolica o parabolica, allora non si tratta più di considerare la volta come una porzione di cilindro propriamente detto, ma di un cilindroide di cui esamineremo le sezioni.

TEOREMA III

La sezione piana dei tipi di Cilindri, che hanno per base una Parabola od una Iperbole, é una sezione conica della stessa specie.

Supponiamo che una linea Aa (Fig.20), percorra parallelamente a se stessa una sezione conica aperta, essa formerà con questo movimento una specie di cilindro, che chiameremo Cilindroide, perché assomiglia ad un cilindro ordinario che ha per base un arco di cerchio o di Ellisse. Sia il cilindro AadDBb, che ha per base una curva ADB, che io qui suppongo una parabola, dico che se é tagliato da un piano parallelo o obliquo alla base ADB, la sezione sarà ancora una parabola.

(22)

C C T PL 2 A F

Fig.20a. Sezione di un cilindro con piano parallelo alla base.

Se non lo é, e supponiamo che il piano sia inclinato come in Ld, e che tagli quello della base prolungata seguendo la linea MK, a questa siano condotti due piani paralleli Ab, Fe, che tagliano i precedenti piani in

ABHI ed FE, con fe perpendicolare a quello della base MO, e parallelo

ad MK.

Fig.20b. Intersezione di un cilindro con un piano inclinato rispetto alla base.

Con le parallele SC, dD, perpendicolari al piano della base, si avranno i triangoli simili LCc, LGg, LDd nel piano dell’asse CD della parabola, e nell’asse Cs del cilindro. Poiché MK (per costruzione) é parallela ad

AB ed FE, essa lo sarà anche ad HI ed fe; dunque HI é parallela ad AB,

ed fe ad FE, ed AI e Fe sono parallelogrammi. Poiché Aa, Bb, Ff,Ee, che sono i lati del cilindro sono paralleli fra loro, AH=BI ed Ff=Ee allostesso modo che HI=AB ed FE=fe; di conseguenza LD:Ld=LG:Lg=LC:Lc e dividendo CD:cd=GD:gd. Posto per ipotesi che la base ADB sia una parabola, si avra GB2:GE2=CD:GD=cd:gd, e poiché CB=cI o AB=HI, e FE=fe e dove la sua metà GE=ge, si avrà cI2:ge2=cd:gd, cioé, i quadrati

delle ordinate nella stessa ragione delle ascisse; dunque HdI é una parabola, se ADB ne é una, ciò che occorreva dimostrare.

Si può dimostrare la stessa cosa per l’iperbole, se la base ADB é iperbolica, o dell’ellisse se fosse porzione di un’ellisse, con la differenza che in quest’ultima la sezione potrebbe divenire un cerchio, come abbiamo detto per i cilindri scaleni. Poiché facendo astrazione da questo caso, le ordinate corrispondenti CB, cI saranno sempre uguali fra loro come GE,

ge, e le ascisse DC, dc, DG, dg avranno sempre lo stesso rapporto con

la base e con la sezione obliqua, ciò che é chiaro considerandole come delle parti dei lati del triangolo LdD, tagliato da due parallele cC, gG,

dD, di conseguenza restando le ascisse della lunghezza del loro diametro

saranno ancora nello stesso rapporto ; dunque si avrà lo stesso rapporto fra i quadrati delle ordinate e le parti dei rettangoli.

Applicazioni sull’uso

Si vede da questa ipotesi, quelle che devono essere le curve dei sesti di facciata, o i giunti di Intradosso delle botti sbieche o rampanti, o in scarpa, di cui gli archi-retti non sono circolari, ma di qualche altra delle sezioni coniche, che li rendono rialzati o ribassati in porzioni di parabola, d’iperbole o d’ellisse; in quanto sebbene avessimo posto le botti ellittiche al rango dei cilindri ordinari, ma scaleni, possono essere intesi in questa ipotesi, più generale, in quanto la sezione obliqua e la base sono della stessa specie.

E per dare un particolare esempio di pratica, questa ipotesi fa vedere, che gli spigoli dei giunti di letto di questa specie di volta in aggetto fuori dalle mura, che chiamiamo Tromba in giro tondo , eretta su una

linea retta, di cui l’arco retto è iperbolico, come lo devono essere

quelli che mostrano gli studi dell’ Hotel de la Feuillade , sulla via dei Bons Enfants vicino alla Place de la Victoire a Parigi, sono tutti degli archi d’iperbole diversi, più o meno allungati, a seconda che si avvicinino o si allontanino dalla mezzeria.

In secondo luogo, fa vedere che la proiezione di una sezione conica qualunque, inclinata al piano della base orizzontale o verticale è ancora una curva della stessa specie. Si può immaginare che le linee perpendicolari a questo piano passano da tutti i punti di contorno della curva, formano un cilindro o un cilindroide, di cui la base è la curva di proiezione, e la curva proiettata può essere considerata come la sezione obliqua di questo cilindro.

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