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Outcome clinico e prospettive future dei pazienti con gliomi cerebrali di basso grado

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DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

Outcome clinico e prospettive future dei pazienti con glioma cerebrale

di basso grado

RELATORE:

Dott. Riccardo Vannozzi

TUTOR:

Dott. Nicola Montemurro

CANDIDATO:

Marco Pampaloni

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Abstract:

I gliomi sono tumori neuroepiteliali originanti dalle cellule gliali del sistema nervoso centrale. Vengono suddivisi schematicamente in gliomi di basso (WHO I e II) e alto grado (WHO III e IV) di malignità. I gliomi di basso grado rappresentano circa il 15% di tutti i tumori primitivi cerebrali ed il 30% dei gliomi dell’adulto. Il seguente lavoro si basa sulla valutazione dell’outcome clinico dei pazienti con diagnosi di glioma cerebrale di basso grado. Le informazioni sono state ottenute grazie ad una revisione retrospettiva dei referti istologici dei pazienti operati dall’ U.O di Neurochirurgia della A.O.U.P. dal 2013 al 2016. Abbiamo così ottenuto un campione di 62 pazienti. L’analisi dei dati ha mostrato una lieve prevalenza del sesso maschile (58,06%), una età media di 51,05 anni (min 14-max 80anni) e una maggior predominanza dell’astrocitoma diffuso (52,3%). La sintomatologia pre operatoria è stata caratterizzata prevalentemente da cefalea (21%) seguita dalla comparsa di crisi epilettiche (19%). Il 67,74% dei pazienti sono stati sottoposti a intervento di resezione chirurgica contro un 32,26% a cui è stata eseguita la biopsia data la localizzazione in zone profonde di alcune neoplasie. È stato quindi impostato un follow-up telefonico con media a 30 mesi (min 4- max 50 mesi) che ha evidenziato un tasso di sopravvivenza del 54,84%. Confrontando però, sempre in termini di sopravvivenza, la biopsia con la resezione chirurgica si evince che quest’ultima è sicuramente la metodica di scelta nella gestione iniziale dei gliomi di baso grado. Infatti, il 69,05% dei pazienti che hanno effettuato resezione chirurgica risultano ancora in vita all’ultimo follow-up, riportando solamente nel 1,68% dei casi dei deficit funzionali che comunque non ne compromettono in maniera significativa la qualità di vita (KPS 90%). Con la chirurgia di fatto si va ad allungare la progressione libera da malattia e la sopravvivenza globale riducendo altresì il rischio di trasformazione maligna. Pertanto l’importanza della chirurgia nella gestione di questa patologia ha spinto la nascita di metodiche intraoperatorie (neuronavigatore, awake surgery, 5-ALA) che permettono di ottimizzare l’estensione della resezione chirurgica consentendoci di salvaguardare le aree funzionali.

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Sommario

1.Introduzione ...5 1.1 Definizione ...5 1.2 Epidemiologia ...5 1.3 Fattori di rischio ...6

1.3A Radiazioni non ionizzanti ...7

1.3B Radiazioni ionizzanti ...7

1.3C Atopia ...8

1.3D Virus ...8

1.4 Classificazione ...8

1.4A Astrocitoma diffuso (WHO II) ... 11

1.4B Oligodendroglioma, IDH mutant e codelezione 1p19q (WHO II) ... 13

1.4C Astrocitoma Pilocitico (WHO I) ... 15

1.4D Astrocitoma subependimale a cellule giganti (WHO I) ... 16

1.4E Xantoastrocitoma Pleomorfo (WHO II) ... 17

1.4F Oligoastrocitoma differenziato (WHO II) ... 18

1.4G Subependimoma (WHO I) ... 18

1.4H Ependimoma Mixopapillare (WHO I) ... 19

1.4I Ependimoma (WHO II) ... 20

1.4L Glioma coroide del terzo ventricolo (WHO II) ... 21

1.4M Glioma angiocentrico (WHO I) ... 22

1.5 Presentazione clinica ... 22

1.6 Diagnosi strumentale ... 26

1.6A Neuroimaging convenzionale ... 26

1.6B Neuroimaging “emergente” ... 28

1.6C PET e SPECT ... 34

1.7 Fattori prognostici ... 36

1.8 Approccio terapeutico ... 37

1.8A “Watch and wait” ... 37

1.8B Chirurgia ... 38

1.8C Radioterapia ... 39

1.8D Chemioterpia ... 40

1.9 Outcome clinico ... 42

2. Scopo del lavoro ... 43

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4 4. Risultati ... 46 5. Discussione ... 50 5.1 Prospettive future ... 53 5.1A Neuronavigazione ... 53 5.1B Awake surgery ... 56 5.1C 5-ALA ... 61 6. Conclusioni ... 63 7. Bibliografia ... 64

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1.Introduzione

1.1 Definizione

I gliomi sono tumori neuroepiteliali originanti dalle cellule gliali del sistema nervoso centrale 1. In dipendenza dalle cellule da cui derivano si dividono

in astrocitomi, oligodendrogliomi, ependimomi e tumori misti oligoastrocitari.

La glia, pertanto, risulta costituita da astrociti, oligodendrociti e cellule ependimali. Queste sono cellule che svolgono numerosi ruoli nel contesto di processi fisiologici e patologici all’interno del sistema nervoso centrale. Esse contribuiscono al mantenimento omeostatico, provvedono al neurotropismo e alla regolazione della trasmissione del segnale nervoso. Inoltre recentemente ci sono state evidenze di un loro possibile ruolo nei processi di neurogenesi e neurorigenerazione2.

Nello specifico col termine “gliomi di basso grado” ci riferiamo a quei tumori facenti parte dei Gradi I e II della classificazione WHO (2007). Questi tumori sono istologicamente e biologicamente eterogenei, crescono lentamente, infiltrano diffusamente e presentano una marcata diversità nei tempi di sopravvivenza 3.

1.2 Epidemiologia

I gliomi di basso grado rappresentano circa il 15% di tutti i tumori primitivi cerebrali ed il 30% dei gliomi dell’adulto4. Tra i tumori primitivi del Sistema

Nervoso Centrale, i tumori astrocitari sono i più comuni, con un tasso di incidenza standardizzato di 4.8 su 100.000/anno in Europa (1.2 glioma di basso grado, 3.0 glioma di alto grado, 0.6 glioma NOS), seguiti dai tumori oligodendrogliali 0.4/100.000 per anno (0.3 basso grado,0.1 alto grado) e ependimali 0.2/100.000 anno (0.17 basso grado, 0.03 alto grado). In termini di genere si sono rilevati essere leggermente prevalenti nell’uomo con

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6

rapporto uomo-donna di 1.4 per gli astrocitomi e di 1.3 per gli oligodendrogliomi5. Valutando l’incidenza in relazione all’età si vede che

gli astrocitomi risultano essere più frequenti nei soggetti di età superiore ai 60 anni e gli oligodendrogliomi nella fascia di età 40-60 anni. L’astrocitoma pilocitico, invece, è tipico dell’infanzia. Per gli ependimomi invece si nota una certa stabilità nelle varie fasce di età. Inoltre analizzando l’incidenza in rapporto all’area geografica si nota che gli astrocitomi sono più frequenti in UK e Irlanda, mentre risultano più bassi nell’est Europa.

I vari registri nazionali dei tumori, sia europei che statunitensi, supportano l’evidenza di differenze epidemiologiche tra adulto e bambino. In quest’ultimo sono maggiormente presenti il medulloblastoma (23.5%)e i Gliomi di basso grado (31.7%). Mentre nell’adulto prevalgono i Gliomi di alto grado (30.5%) e i Meningiomi (29.4%). In tutto il mondo la mortalità delle neoplasie cerebrali primitive standardizzata per l’età è di 2.8/100000 nel maschio e di 2.0/100000 nelle femmine. In US la sopravvivenza media a 5 anni è di circa il 70% per i gliomi di basso grado 6.

I fattori ereditari non giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo di tali tumori, sebbene essi siano più comuni in pazienti con Neurofibromatosi di tipo 1 e sindrome di Li Fraumeni. Nello specifico nei pazienti con Neurofibromatosi di tipo 1 tali tumori colpiscono per lo più il nervo ottico, il chiasma ottico e l’ipotalamo7.

1.3 Fattori di rischio

C’è un consenso comune tra gli epidemiologi dei tumori cerebrali che le variazioni nei disegni di studio, le caratteristiche delle popolazioni, le fonti di informazioni, le misurazioni, e le classificazioni hanno limitato la possibilità di fare delle associazioni conclusive fra gli specifici tumori e specifici fattori di rischio6. Tuttavia alcuni studi hanno provato ad

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7 1.3A Radiazioni non ionizzanti

È dibattuto da tempo il ruolo dei telefoni mobili nella genesi dei tumori cerebrali. Questo in relazione al fatto che negli ultimi tempi si sono scontrati 2 grossi gruppi di studio che hanno dato risultati contrastanti. I lavori in questione sono rappresentati dagli studi di Hardell e dal Progetto Interphone.

I dati di Hardell evidenziano, dopo esposizioni superiori o uguali ai 10 anni ai telefoni mobili, aumenti statisticamente significativi del rischio di gliomi e neurinomi, limitati alla zona della testa dove abitualmente viene collocato il telefono, poiché unica sede significativamente irradiata. Gli studi del Progetto Interphone, invece, si sono rilevati rassicurativi in tal senso, escludendo una correlazione fra tumori cerebrali e utilizzo di telefoni mobili. Tuttavia per quest’ultimi i dati al riguardo sembrano non rispettare a pieno i requisiti statistici e, inoltre, sono affetti da una sottostima del rischio derivante dall’aver considerato solamente l’utilizzo dei soli cellulari (no cordless)8. Tuttavia anche nel Progetto Interphone ci sono una serie di

dati relativi allo sviluppo di tumori ipsilaterali in soggetti con tempo di utilizzo dei telefoni mobili maggiore a uguale a 10 anni, che vanno nella stessa direzione dei dati di Hardell9. La diversità nei risultati di questi studi

potrebbe risiedere nella differente natura dei finanziamenti ricevuti, solo pubblici per Hardell mentre in gran parte da Compagnie Telefoniche private per gli autori di Interphone8.

1.3B Radiazioni ionizzanti

Sempre fra i fattori di rischio annoveriamo le radiazioni ionizzanti. Infatti numerosi studi su test nucleari10, ruoli occupazionali, e procedure

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8 1.3C Atopia

Alcuni studi evidenziano una correlazione inversa fra atopia e sviluppo di gliomi. Tale associazione sembra andare oltre i problemi statistici criticati nei vari lavori12. Questa nuova visione che vede una correlazione tra storia

di allergia e ridotto rischio di gliomi sta emergendo grazie ai risultati di quattro grandi studi prospettici. In questi studi si è affermata in maniera statisticamente significativa l’associazione fra elevati livelli di IgE plasmatiche e il minor rischio di sviluppare glioma.

1.3D Virus

Poliomavirus come JC, BK e SV40 sono stati trovati nel tessuto umano di glioma ed inoltre sono stati in grado di indurre nell’ animale lo sviluppo del tumore13. Esiste anche una correlazione inversa tra i livelli sierici di

anticorpi IgG contro Varicella Zoster e lo sviluppo di gliomi 6.

1.3E Neurocarcinogeni

I rischi derivanti dalla presenza di specifici neurocarcinogeni devono ancora essere identificati. Ad oggi sono disponibili dati non conclusivi riguardo ai composti nitrosi e agli idrocarburi policiclici aromatici. Questi sembrano in grado di indurre nell’animale da esperimento lo sviluppo di tumori cerebrali

6,14.

1.4 Classificazione

4,15

I gliomi sono classificati dalla WHO come tumori primitivi del sistema nervoso centrale. Tale classificazione prevede una stratificazione delle neoplasie in 4 gradi, la quale tiene di conto, oltre che del tipo istologico anche di parametri quali l’atipia nucleare, il numero di mitosi, la proliferazione microvascolare e la componente necrotica.16 I primi due gradi

della classificazione sono occupati da lesioni che hanno una bassa capacità proliferativa e che risultano caratterizzate prevalentemente da fenomeni

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9

di iperplasia cellulare. Tuttavia già nel grado II si evidenziano lesioni nelle quali iniziano a comparire qualche mitosi e atipia cellulare, nonché mostranti una tendenza alla progressione verso le forme di grado elevato e alla ricorrenza e recidiva. Nei gradi elevati (WHO III e IV) si notano, invece, alterazioni dei nuclei cellulari, aree di necrosi e proliferazione del tessuto vascolare.

Nel 2016 è stata pubblicata una revisione della classificazione dei tumori del SNC che sostituirà la precedente classificazione WHO del 2007. Rispetto alla precedente, la classificazione WHO 2016 va a combinare le caratteristiche istopatologiche e molecolari4,15. Questo è stato possibile

grazie a studi decennali che hanno chiarito le basi genetiche della tumorigenesi17. Con questa nuova classificazione si spera di aggiungere

ulteriore obiettività nella definizione delle varie entità, auspicando che ciò porti ad una maggior accuratezza nella diagnosi, ad un miglior management e di conseguenza ad una migliore prognosi15. Una speciale attenzione è stata

data alla riclassificazione dei gliomi diffusi che ad oggi vanno sotto la dicitura di “astrocitomi e oligodendrogliomi diffusi”. All’interno di questo gruppo è possibile dividere gli astrocitomi diffusi in IDH mutant e IDH wildtype; astrocitomi anaplastici come IDH mutant e IDH wildtype, oligodendrogliomi IDH mutant e con codelezione 1p-19q e oligodendroglioma anaplastico IDH mutant e codeleto 1p-q19. Inoltre è possibile individuare la così detta categoria NOS (not otherwise specified) nella quale rientrano le neoplasie per le quali non è stato possibile fare il test genetico oppure nelle quali i risultati non sono ancora conclusivi15,16.

Focalizzandoci, appunto, sui Low Grade Glioma vediamo che essi risultano sparsi all’interno delle varie aree, superando il precedente modus operandi che vedeva per esempio raggruppati tutti gli Astrocitomi sotto la stessa area.

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1.4A Astrocitoma diffuso (WHO II)15,18

Rientra oggi nel ampio gruppo dei gliomi diffusi, e come essi viene diviso in forme IDH mutant, IDH wild type e in astrocitoma NOS.

È una neoplasia astrocitaria infiltrante che tipicamente interessa i giovani adulti (30-40 anni), caratterizzata da un alto grado di differenziamento cellulare e da una lenta crescita. A differenza dei gradi III e IV ha una capacità infiltrante limitata. Nonostante l’aspetto istologico benigno, possiede una tendenza intrinseca alla progressione verso lesione di grado maggiore. Costituisce circa il 10-15% dei tumori astrocitari ed ha un’incidenza di 1/1000000 anno.

L’aspetto istologico è quello di tumore infiltrante mal definito che provoca distorsione dell’area cerebrale invasa. La loro dimensione può variare da pochi centimetri fino a delle grosse masse che possono occupare un intero lobo. Nonostante appaia ben definito l’infiltrazione dei margini è quasi sempre presente. All’esame microscopico sono lesioni che presentano un incremento lieve- moderato della cellularità, un variabile pleomorfismo cellulare e che si caratterizzano per la presenza di una struttura di fini processi cellulari positivi alla GFAP che conferisce allo sfondo un aspetto fibrillare. Le mutazioni più importanti riguardano18:

• TP53: in circa il 60% degli astrocitomi diffusi avviene precocemente e si ritrova già nei gliomi di basso grado II. In particolar modo risulta più evidente in quei grado II che hanno un comportamento più aggressivo e che progrediscono più rapidamente (es: variante gemistocitica).

• IDH1: è un gene mutato in circa il 70% degli astrocitomi diffusi. • PDGFR-alfa: è un recettore iperespresso già a partire dal WHO II. • ATRX: mutazione presente in un subset più ristretto

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• Metilazione: nel 30% dei gradi II avviene metilazione del promotore 14/ARF. Nel 50% si ha invece metilazione di MGMT. La presenza o meno si MGMT metilato correla con il rischio di progressione verso forme più aggressive.

L’immunoistochimica mostra positività per GFAP e un MIB-1 intorno a 2,5% (secondo la classificazione WHO non deve essere maggiore del 5%).

Le localizzazioni più frequenti sono quelle riguardanti le strutture sovratentoriali. Nel 33% dei casi abbiamo quindi localizzazioni frontali e temporali. A seguire Tronco encefalico, midollo spinale e cervelletto. Le varianti di Astrocitoma diffuso sono:

1. Astrocitoma fibrillare: rappresenta l’entita più comune nel contesto dell’astrocitoma diffuso.

2. Astrocitoma gemistocitico: la differenziazione cellulare in senso gemistocitico presenta caratteristiche prognosticamente sfavorevoli, nonché una maggiore tendenza alla trasformazione maligna19.

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Figura 2 Astrocitoma diffuso

1.4B Oligodendroglioma, IDH mutant e codelezione 1p19q (WHO II)15,18

I tumori oligodendrogliali vengono definiti dalla presenza della mutazione IDH 1 e dalla codelezione 1p19q. Nella nuova classificazione rientrano nel gruppo dei Gliomi diffusi. Sono neoplasie maggiormente sporadiche, sebbene siano state trovate in cluster ereditari come nella S. di Turcot, nella HNPCC e nella malattia di Ollier. L’oligodendroglioma è un tumore bene differenziato, diffusamente infiltrante, composto da cellule che morfologicamente ricordano l’oligodendrocita. Nello specifico a livello microscopico appaiono come masse ben circoscritte, spesso con cisti, emorragie focali e calcificazioni. Risultano composti da cellule regolari con nuclei tondeggianti contenenti cromatina finemente granulare circondati da un chiaro alone di citoplasma. Solitamente il tumore contiene una fitta rete di capillari anastomizzati. Le calcificazioni presenti in oltre il 90% di questi

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tumori varia da focolai microscopici a depositi massivi. L’attività mitotica è spesso difficile da individuare e gli indici di proliferazione sono molto bassi. È una neoplasia complessivamente rara che interessa per lo più individui fra i 45-50 anni. Nel 50-60% dei casi si localizza a livello del lobo frontale. Una peculiarità istologica è rappresentata dalla particolare disposizione delle sue cellule quando viene fissato nei comuni preparati, infatti in tale setting tende a mostrarsi con un aspetto definito “a nido d’ape” o “ad uovo fritto”. Le alterazioni genetiche più comuni nei grado II sono18:

• Perdita dell’eterozigosi nei cromosomi 1p19q, osservata in oltre l’80% dei casi. Sebbene tale alterazione si sia rilevata un fattore prognostico positivo nei gliomi di alto grado, soprattutto in termini di risposta alla chemioterapia e in un’aumentata sopravvivenza, il suo ruolo non è così chiaro in quelli di basso grado. Di fatto ci sono alcuni studi che vanno nel senso appena espresso, altri invece, valutando pazienti aventi tale mutazione e trattati solamente con escissione chirurgica, non mostrano un aumento della sopravvivenza. In quest’ultimo studio si concludeva che il beneficio offerto in termini di sopravvivenza era legato all’effetto citotossico espletato dalla radio e chemioterapia20.

• Mutazione IDH1

• Perdita dell’eterozigosi del 4q

• Iperespressione di EGFR e di PDGF/PDGFR

• ATRX non mutato: consente di fare diagnosi differenziale con il glioblastoma con impronta oligodendrogliale.

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Figura 3 Oligodendroglioma WHO II

1.4C Astrocitoma Pilocitico (WHO I)18

Rientra nel gruppo definito “other astrocytic tumors”. Rappresenta circa il 5-6% di tutti i gliomi. È un tumore generalmente ben circoscritto, a crescita lenta, caratterizzato istologicamente da un pattern bifasico comprendente cellule bipolari, cellule multipolari e fibre di Rosenthal. Colpisce prevalentemente soggetti pediatrici e giovani. Si localizza maggiormente a livello del cervelletto e del nervo ottico. Rappresenta il principale tumore del Sistema Nervoso Centrale correlato con la Neurofibromatosi di tipo 1, nella quale si manifesta a carico del nervo ottico e bilateralmente. Pertanto in queste forme sembra giocare un ruolo importante la mutazione a carico del geneNF1. Nelle forme sporadiche invece si nota una iperespresione della proteina NF1. A livello istologico è una neoplasia frequentemente cistica,

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se solida è per lo più ben circoscritta e raramente infiltrante. Solitamente sono lesioni accompagnate da un aumento del numero di vasi sanguigni, in genere con parete ispessita, sebbene esso non comprometta la prognosi. La componente necrotica e le mitosi sono molto rare. A differenza degli astrocitomi diffusi questi hanno un ristretto margine di infiltrazione del parenchima cerebrale circostante. Per quanto concerne la immunoistochimica essi si presentano con positività per GFAP e con un indice di proliferazione, valutato col MIB-1, molto basso. Da un punto di vista molecolare, in circa il 60-80% degli astrocitomi pilocitici, si assiste alla mutazione del gene BRAF 21. Recentemente l’astrocitoma pilomixoide è

stato riconosciuto come una variante istopatologica e clinica distinta dall’astrocitoma pilocitico, con una prognosi decisamente meno favorevole. Questa entità ricade nel grado II della WHO ed è caratterizzata dall’avere una maggiore ricorrenza locale e diffusione cerebrospinale22.

Figura 4 Astrocitoma pilocitico

1.4D Astrocitoma subependimale a cellule giganti (WHO I)

È un tumore astrocitario strettamente associato alla sclerosi tuberosa. Circa il 5-15% dei pazienti con sclerosi tuberosa presentano uno o più di queste

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neoplasie. Da cio deriva anche la sua alterazione genica caratteristica, che consiste nella inattivazione biallelica dei geni TSC1 e TSC223. Si sviluppa

prevalentemente all’interno dei ventricoli cerebrali con predilezione della zona attigua al forame di Monro. Pertanto clinicamente si manifesterà prevalentemente con idrocefalo ostruttico e incremento della pressione endocranica. All’immunoistochimica si presenta GFAP e S-100 positivo, e presenta un MIB-1 solitamente inferiore al 5%.

1.4E Xantoastrocitoma Pleomorfo (WHO II)18

È un tumore complessivamente raro che si sviluppa maggiormente negli emisferi cerebrali, maggiormente nel lobo temporale. Insorge tipicamente nell’infanzia e nel giovane adulto. Istologicamente è un tumore relativamente compatto e ben circoscritto. Al microscopio risulta formato da astrociti con forma bizzarra e talvolta lipidizzati, i quali esprimono marcatori neuronali e gliali. Il grado di atipia può esser marcato tanto da far pensare a forme a più alto grado istologico. Tuttavia la presenza di abbondanti depositi di reticolina e di infiltrati infiammatori cronici, in assenza di abbondante componente necrotica e di figure mitotiche, orienta l’anatomopatologo. All’immunoistochimica risulta GFAP e S-100 positivo. Da un punto di vista molecolare l’alterazione più comune è rappresentata dalla perdita del cromosoma 9.24

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Figura 5 Astrocitoma pleomorfo

1.4F Oligoastrocitoma differenziato (WHO II) 18

È un tumore costituito da due tipi di cellule che morfologicamente ricordano quelle dell’oligodendroglioma e dell’astrocitoma diffuso. Quindi da un punto di vista immunoistochimico e molecolare presenterà le stesse caratteristiche delle rispettive parti.

Tuttavia nella WHO 2016 non vi è menzione di questa entità. Secondo gli autori una diagnosi dovrebbe avere un correlato prognostico, e nel caso degli oligoastrocitomi con il progredire delle conoscenze genetiche e molecolari, si è visto che la loro prognosi è molto simile a quella degli astrocitomi; ovvero, anche se definiti come oligoastrocitomi, la prognosi dipende dalla componente astrocitaria, che in genere è quella di grado maggiore.

1.4G Subependimoma (WHO I) 18

È una neoplasia gliale ependimale, benigna e a lenta crescita, che nasce dalle pareti ventricolari. Rappresenta l’8% dei tumori ependimali, ha una età media alla diagnosi di45-50 anni; nel 60% dei casi si localizza a livello del IV ventricolo e nel 30% in corrispondenza dei ventricoli laterali. La

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restante percentuale si sviluppa a livello midollare sottoforma, quasi sempre, di masse lateralizzate situate nel tratto cervicale o cervico-toracico. All’immunoistochimica sono GFAP positivi e possono presentare o meno NSE. Per quanto riguarda le mutazioni genetiche molecolari i dati a disposizione sono scarsi. Alcuni studi hanno dimostrato la perdita degli alleli nei cromosomi 10q e 22q, così come mutazioni a carico di geni quali PTEN e NF225.

Figura 6 Subependimoma

1.4H Ependimoma Mixopapillare (WHO I) 18

Viene definita da Kernhoan una neoplasia gliale a lenta crescita che si manifesta prevalentemente nei giovani adulti, e che si localizza quasi esclusivamente a livello del cono, della cauda equina e del filum terminale. Si chiama mixopapillare perché le cellule tumorali sono disposte in strutture papillari all’interno di uno stroma mixoide. Questa entità non è ancora stata soggetta a studi molecolari sistemici. In alcuni casi si è osservato dei riarrangiamenti sul cromosoma 1p. L’immunoistochimica è positiva per

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GFAP, e nel 50% dei casi anche a S100. Le mitosi sono praticamente assenti, pertanto l’indice MIB-1 è bassissimo.

Figura 7 Ependimoma mixopapillare

1.4I Ependimoma (WHO II) 18

È un tumore gliale a lenta crescita che interessa i bambini e i giovani adulti. Costituisce il 6-12% dei tumori intracranici nei bambini, e addirittura il 30% al di sotto dei 3 anni. Colpisce indistintamente maschie e femmine. Si sviluppa prevalentemente a partire dalle pareti dei ventricoli cerebrali e dalla spina dorsale. Sebbene gli ependimomi siano moderatamente ben demarcati dall’encefalo adiacente, la vicinanza ai nuclei pontini e bulbari generalmente rende impossibile la completa escissione chirurgica. All’esame microscopico sono composti da cellule con nuclei regolari, rotondeggianti o ovalari con abbondante cromatina granulosa. Tra i nuclei si osserva un sottile tappeto fibrillare di densità variabile. Le cellule tumorali possono formare strutture allungate o simil ghiandolari che ricordano il canale ependimale embrionale, con processi lunghi, delicati che si estendono nel lume. Più frequenti sono le pseudo-rosette perivascolari, in cui le cellule si dispongono intorno ai vasi con una zona interposta costituita da sottili processi ependimali diretti verso la parete dei vasi. Per

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questi tumori è certa l’associazione con le Neurofibromatosi di tipo 2, prevalentemente per quelli ad origine spinale. Per quanto riguarda gli ependimomi intracranici/sopratentoriali, da un punto di vista molecolare, si nota frequentemente una mutazione del gene CDKN2A della ciclina 2A, nonché delezione dei cromosomi 1 e 6. All’immunoistochimica sono positivi per GFAP, S100, Vimentina e per EMA. L’Antigene Epiteliale di Membrana è caratteristico dell’ependimoma. Il MIB risulta essere inferiore al 4%.

Figura 8 Ependimoma

1.4L Glioma coroide del terzo ventricolo (WHO II)

È una neoplasia rara caratterizzata da una lenta crescita, dalla non invasività e localizzata nella parete anteriore del terzo ventricolo. Tende a manifestarsi prevalentemente nel soggetto adulto di età compresa fra i 25 e i 75 anni. Istologicamente sono neoplasie con bassa attività mitotica, non aventi caratteristiche di anaplasie e bene demarcate dal tessuto cerebrale circostante. All’immunoistochimica presentano una forte positività per GFAP, vimentina e CD34; i livelli di MIB-1, inoltre, sono solitamente bassi26.

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Da un punto di vista molecolare, ad oggi, non sono stati fatti grossi studi che abbiano potuto definire delle alterazioni caratteristiche.

1.4M Glioma angiocentrico (WHO I)27

Anch’esso è un tumore raro e a lenta crescita. Si manifesta maggiormente negli individui giovani con un’età media, valutata in alcuni studi, di 17 anni. Clinicamente è associato ad una condizione di epilessia cronica. Presenta positività al GFAP, S-100, alla vimentina e in alcuni casi ci sono delle deboli positività per l’antigene EMA.

1.5 Presentazione clinica

La sintomatologia dei tumori cerebrali dipende essenzialmente dalla loro localizzazione e dimensione. I gliomi di basso grado si sviluppano prevalentemente a carico del lobo frontale, seguito da quello temporale e parietale. Il sintomo in assoluto più frequente è rappresentato dalla crisi epilettica28. Le crisi possono essere parziali (semplici o complesse) o

generalizzate con perdita di coscienza. Oltre a questa possono essere presenti tutta una serie di segni e sintomi espressione di una massa intracranica. Essi includono sintomi derivanti dall’aumento della pressione intracranica (cefalea, nausea, vomito, papilledema e letargia), deficit neurologici focali (afasia, agnosia, disturbi del sensorio o neglect, neglect visivo), e alterazioni delle funzioni esecutive (alterazione della personalità, apatia e disinibizione)7. Nello specifico, facendo riferimento ai deficit focali

parliamo di:

• Sindrome frontale:

1. Alterazione della personalità e del tono dell’umore.

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23

2. Incapacità di inibire risposte comportamentali ed emotive incongrue con l’ambiente e la situazione.

3. Comportamenti d’uso e di imitazione (ecolalia, ecoprasia)

4. Epilessia parziale motoria 5. Deficit motorio

6. Disfasia espressiva (emisfero dominante) 7. Incontinenza urinaria

8. Anosmia 9. Disturbi visivi • Sindrome parietale:

1. Deficit delle sensibilità profonde (Grafoanestesia, Stereoagnosia, Somatoagnosia)

2. Epilessia parziale sensitiva 3. Disfasia sensoriale (dominante) • Sindrome occipitale:

1. Allucinazioni visive 2. Scotomi scintillanti

3. Emianopsia laterale omonima • Sindrome temporale:

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2. Emianopsia laterale omonima 3. Disfasia sensoriale • Sindrome diencefalica: 1. Diabete insipido 2. Panipopituitarismo 3. Iperfagia 4. Sonnolenza 5. Deficit campimetrici

6. Diminuzione dell’acuità visiva

• Sindrome alterna: è tipica delle neoplasie del tronco encefalico ed è caratterizzata dall’associazione fra paralisi dei nervi cranici e deficit dei fasci piramidale e spino-talamico.

• Sindrome cerebellare:

1. Lesione del verme: atassia, retropulsione e instabilità della marcia

2. Lesione dell’emisfero: tremore intenzionale, dismetria e incordinazione motoria.

(26)

25

Figura 9 Rappresentazione schematica dell'encefalo umano

In una minoranza dei casi l’esordio della sintomatologia può essere improvviso legato ad una emorragia intratumorale.

Caratterizzando meglio l’epilessia dobbiamo dire che essa complica la storia di malattia in una percentuale elevata di pazienti con gliomi di basso grado, e che nella maggioranza dei casi è mal controllata col trattamento medico. Ad oggi la gestione farmacologica tende a preferire i così detti farmaci di seconda generazione (levetiracetam, gabapentin, topiramato, lamotrigina etc.), i quali, a differenza di quelli di prima generazione (carbamazepina e fenobarbital), non sono induttori enzimatici. Il controllo chirurgico invece offre spesso buoni risultati. Nei casi in cui si abbia una epilessia refrattaria al trattamento farmacologico l’atto di resezione chirurgica, oltre alla massa tumorale, deve comprendere la porzione di tessuto cerebrale epilettogeno29.

(27)

26

1.6 Diagnosi strumentale

29

L’imaging gioca un ruolo sicuramente importante nella gestione dei pazienti con glioma di basso grado. Gli esami neuroradiologici di routine per la diagnosi sono rappresentati dalla tomografia computerizzata (TC) e dalla risonanza magnetica (RM), sia basali sia dopo somministrazione del mezzo di contrasto30. Tuttavia ad oggi la visione semplicistica secondo la quale i

gliomi di basso grado sono lesioni non captanti il contrasto oppure iperintense nelle immagini di risonanza pesate in T2 non è più accettata come corretta. Infatti negli ultimi si sono sviluppate tutta una serie di tecniche che permettono di apprezzare i cambiamenti patologici all’interno dei tumori in merito alla vascolarizzazione (RM di perfusione), alla cellularità e alla infiltrazione (Immagini pesate in diffusione DWI e tensore di diffusione DTI), al metabolismo e alla proliferazione cellulare (RM spettroscopica e PET).

1.6A Neuroimaging convenzionale

Le tecniche di imaging convenzionale sono eccellenti per fornire informazioni circa la localizzazione anatomica e per permettere di fare una valutazione iniziale utile ai fini diagnostici.

Alla tomografia computerizzata i gliomi di basso grado appaiono come masse isodense o ipodense, con captazione minima o nulla del mezzo di contrasto. Sebbene in un 15-30% dei pazienti l’enhancement possa essere apprezzato31,32. Con la TC vengono evidenziate molto bene eventuali

calcificazioni intratumorali. Queste sembrano essere per lo più presenti negli oligodendrogliomi e nei negli oligoastrocitomi. Nello specifico le calcificazioni vengono viste in circa il 40% degli oligodendrogliomi e in circa il 20% degli astrocitomi.33.

(28)

27

Figura 10 TC cranio senza e con mezzo di contrasto

La procedura diagnostica di scelta è però rappresentata dalla Risonanza

Magnetica, con la quale siamo in grado di ottenere una risoluzione migliore

dei tessuti molli. In questo esame tali neoplasie si delineano come masse iso-ipointense nelle scansioni pesate in T1, e come lesioni iperintense nelle scansioni T2. Questo aspetto in risonanza, sebbene sia suggestivo, non può essere considerato come diagnostico. Infatti studi hanno dimostrato come in alcuni pazienti aventi tali criteri e sottoposti a biopsia, la diagnosi veniva cambiata a favore di forme anaplastiche34. Analogamente al

comportamento TC, molti gliomi di basso grado non mostrano enhancement alla somministrazione del gadolinio. Tuttavia nonostante i gliomi di basso grado siano considerati classicamente non captanti il contrasto, questo aspetto non può essere utilizzato per distinguerli dalle forme ad alto grado. In merito sono presenti alcuni lavori che evidenziano come di fatto circa il 35% dei gliomi di basso grado capta il contrasto, contro un 16% di grado superiore che non lo captano35.

(29)

28

Figura 11 RM encefalo nelle sequenze T1 e T2 pesate

Un’altra considerazione da fare riguarda la valutazione dei margini tumorali che può essere effettuata con la risonanza magnetica convenzionale. È ormai risaputo che nonostante i gliomi di basso grado appaiono come masse ben delineate, in realtà possono estendersi oltre i confini visualizzati nelle scansioni T1 e T236.

Sebbene col neuroimaging non si possa fare diagnosi degli specifici sottotipi, ci sono alcuni aspetti che ci consentono di orientarci verso una forma piuttosto che un'altra. Per esempio in merito all’Oligodendroglioma sappiamo che esso si presenta maggiormente nel lobo frontale, coinvolge la corteccia e mostra calcificazioni. Sempre a riguardo di questo istotipo hanno notato come le forme caratterizzate dall’avere margini indistinti sia in T1 che in T2 sono associate alla condizione genetica di codelezione 1p-19q37.

1.6B Neuroimaging “emergente”

Lo sviluppo delle tecniche di imaging, soprattutto in campo di risonanza magnetica, ha permesso di ottenere maggiori dettagli e informazioni

(30)

29

patologiche circa i gliomi di basso grado. Questi tumori sono classicamente definiti come masse ipercelulari senza caratteristiche di anaplasia, senza aumento della vascolarizzazione e senza sviluppo di necrosi, perciò la possibilità di valutare tali aspetti e le loro modificazione dovrebbe consentire una migliore capacità diagnostica nel differenziarli dalle forme ad alto grado di malignità. In questo ambito un ruolo sicuramente importante viene svolto dalla Risonanza Magnetica 3T, il cui utilizzo permette di ottenere maggiori dettagli anatomici e citoarchitetturali38.

Tra le tecniche emergenti in tale campo annoveriamo la Spettroscopia

protonica di risonanza magnetica (MRS). Questa metodica, sebbene possa

utilizzare anche il 31P-fosfato, si fonda sullo studio del nucleo dell’idrogeno dato che è il più abbonante, emette un elevato segnale magnetico e permettere di utilizzare come attrezzatura quella standard di risonanza magnetica. Con questa tecnica siamo in grado di valutare i livelli di metaboliti nelle lesioni intracraniche. Quest’ultimi sono rappresentati maggiormente dal N-acetil-aspartato (marker neuronale), dalla Colina (marker di turnover delle membrane), dalla creatina dai lattati (marker di ipossia) e dai Lipidi (marker di necrosi). Nei gliomi di basso grado si assiste ad un decremento nei livelli di N-acetil-aspartato e di Creatina (marker di metabolismo energetico), mentre si nota un incremento dei livelli di Colina39. Raramente si assiste ad un incremento dei lipidi e dei lattati, che

invece avviene nei gradi elevati.40. La presenza di tali alterazioni sembra

rispecchiare anche il grado di proliferazione della neoplasia. Infatti quando i lattati e i lipidi non sono rilevabili, il Ki67 (indice di proliferazione) risulta inferiore al 4%. Quando invece i lattati possono essere rilevati in assenza di lipidi, il Ki67 risulta compreso fra il 4% e l’8%. Infine quando iniziano a farsi presenti i lipidi, l’indice di proliferazione sarà superiore all’8%. Tale definizione delle lesioni permette di valutare la presenza di foci neoplastici intratumorali a maggior aggressività, e consente di campionare porzioni di

(31)

30

sostanza bianca perilesione apparentemente indenne nelle valutazioni standard. Con questa tecnica siamo inoltre in grado di differenziare lesioni oligodendrogliali, che presentano un incremento marcato di colina e di creatina, dalle lesioni astrocitarie, che presentano un incremento modesto di colina e un decremento di creatina41. Una delle principali criticità legate

a questa tecniche deriva dal fatto che i tumori sono lesioni eterogenee, e pertanto utilizzando la tecnica con voxel singolo possiamo incorrere in errori di campionamento. Per ovviare a questo problema oggi facciamo ricorso alle tecniche multivoxel e 3D, grazie anche al fatto che iniziano ad essere sempre più diffuse.

Figura 12 Spettroscopia protonica di risonanza magnetica (MRS)

Altra applicazione è rappresentata dalla Perfusion Weighted Imaging

(PWI). Questa tecnica consente di raggiungere, attraverso la definizione del

profilo di perfusione della lesione, una precisa definizione del grading della neoplasia e la detezione di eventuali componenti intralesionali in fase di differenziazione. Le lesioni gliali di basso grado esprimono infatti valori di

(32)

31

volume ematico cerebrale (rCBV) inferiori rispetto alle lesioni di alto grado42. Tale informazione viene ricavata durante l’acquisizione in 2-3

minuti di immagini pesate in T2 durante la somministrazione intravenosa di gadolinio-dietilenaminopentacetico (DTPA). Questa metodica si è dimostrata utile per valutare il grado di crescita e di invasione nei tessuti circostanti alla lesione 43. L’accuratezza della definizione del grading della

lesione gliale attraverso la PWI è tale da ritenere che ormai non sia corretto definire una lesione gliale di alto o basso grado attraverso unicamente alla impregnazione contrastografica patologica. Come precedentemente chiarito esistono lesioni a basso grado captanti e lesioni ad alto grado non captanti. Pertanto è ad oggi chiarito che il grading istologico di una lesione gliale correli più strettamente con i valori di perfusione ematica cerebrale piuttosto che con la presenza o meno di un danno di barriera42. Tuttavia,

nonostante numerosi studi abbiano cercato di ottenere dei valori soglia che potessero differenziare le lesioni a basso grado rispetto a quelle con alto grado di malignità, ad oggi rimangono insoluti diversi problemi. Il primo dei problemi è legato al fatto che i gli studi hanno mostrato delle sovrapposizioni in merito al rCBV nei differenti gradi tumori44. Il secondo

problema è legato al fatto che le misurazioni effettuate non rispecchiano tutta la massa tumorale ma solo le porzioni “più calde” della lesione45.

Infine è stata notata una differenza tra astrocitomi e oligodendrogliomi. Questi ultimi sembrano avere alti valori di perfusione ematica cerebrale, e possono quindi essere scambiati con tumori di grado elevato. Un’altra opportunità che ci offre la risonanza magnetica di perfusione è rappresentata dalla possibilità di distinguere, nei pazienti sottoposti a radioterapia, la recidiva tumorale dalla radionecrosi. Infatti la radionecrosi si presenta come una zona a bassa vascolarizzazione. Pertanto alcuni studi hanno definito che per valori di rCBV al di sotto di 0.6 è probabile che si abbia di fronte una necrosi, mentre per valori intorno a 2.6 una lesione neoplastica46.

(33)

32

Figura 13 Perfusion Weighted Imaging (PWI)

Altra metodica utilizzata è la risonanza magnetica pesata in diffusione

(DWI). Questa metodica si basa sulla sensibilità della Risonanza magnetica

(34)

33

questo modo il moto rappresenta un marker naturale del segnale RM che non necessita di somministrazione di alcun mezzo di contrasto. Nel contesto delle neoplasie cerebrali viene utilizzato come parametro di diffusione il così detto coefficiente apparente di diffusione (ADC). Il valore di ADC è determinata da una combinazione di processi tra cui l’edema, la permeabilità della membrana ematoencefalica e la cellularità. Proprio sulla cellularità va detto che più è alta e menole cellule possono diffondere. Infatti stata trovata una correlazione inversa fra valore di ADC e cellularità della neoplasia. Sulla base di quanto detto si può capire il perché nei gliomi di basso grado abbiamo valori di ADC più elevati rispetto a quelli registrati nelle neoplasie di alto grado47. Tuttavia nonostante tutto ciò sia vero,

esistono delle problematiche che impediscono di delineare i criteri per poter differenziare con esattezza il grado delle neoplasie.

Una estensione di questa tecnica è rappresentata dall’imaging con tensore

di diffusione (DTI). Questa tecnica permette l’analisi delle proprietà

diffusive e della direzionalità del flusso delle molecole d’acqua all’interno dei tessuti in vivo, e si presenta come importante strumento per lo studio dell’architettura microstrutturale delle strutture cerebrali sia in condizioni fisiologiche sia patologiche. Queste informazioni possono anche essere utilizzate per la mappatura tridimensionale delle fibre di sostanza bianca per l’esplorazione in vivo della connettività anatomica del cervello umano. Il parametro di riferimento utilizzato è rappresentato dalla anisotropia frazionale (FA). Il valore di FA sembra riflettere la cellularità e la vascolarizzazione tumorale. Pertanto i gliomi di basso grado tendono a presentare bassi valori di FA 48. In aggiunta alcuni studi hanno mostrato

come di fatto non c’è una riduzione del valore di FA nella sostanza bianca peritumorale nei gliomi di basso grado, come invece avviene intorno a quelli ad alto grado. Pertanto alcuni autori suggeriscono che i cambiamenti in DTI nella sostanza bianca peritumorale riflettano il grado di infiltrazione del

(35)

34

tumore stesso49. Tuttavia sono stati pubblicati alcuni lavori che

attribuiscono un ruolo alla DTI nel identificare l’infiltrazione tumorale anche nei gliomi di basso grado50.

Figura 14 RM pesata in diffusione

1.6C PET e SPECT

Sono 2 metodiche considerate addizionali nella diagnostica dei gliomi. Esse consentono di rapportare il grado di metabolismo dei “bassi gradi” rispetto ai tumori di grado III e IV; nel contesto dei gliomi di basso grado sembra anche poter indicare verso un particolare istotipo, infatti si è notato che gli astrocitomi captano meno rispetto agli oligodendrogliomi51. Inoltre, con

limitata specificità, permettono di identificare funzioni corticali come quella motoria e del linguaggio52.

La PET con FDG (fluorodesossiglucosio) parte dal presupposto che nei tumori aggressivi si assiste ad un incremento del metabolismo del glucosio. Questa rappresenta la conseguenza dell’incremento sia dei trasportatori del glucosio a cavallo delle membrane cellulari, sia degli enzimi del

(36)

35

metabolismo glicolitico. Nei gliomi di basso grado abbiamo una captazione di FDG uguale o più bassa rispetto a quella della normale sostanza grigia e bianca, mentre nei gliomi di alto grado si assiste ad un incremento dell’uptake53. Tant’è che nei gliomi di basso grado le eventuali porzioni

ipercaptanti correlano con gradi di anaplasia maggiori 54. Inoltre con la PET

possiamo meglio definire il target per la biopsia stereotassica rispetto alla metodica TC55. Anche con questa tecnica abbiamo delle criticità da tenere

in mente. Tra le principali evidenziamo il fatto che l’incremento del metabolismo glucidico non correla necessariamente con l’indice di proliferazione 56. Inoltre dobbiamo dire che l’uptake non è specifico per le

lesioni neoplastiche ma bensì è caratteristico anche delle lesioni a carattere infiammatorio.

(37)

36

1.7 Fattori prognostici

4,57

I principali fattori prognostici favorevoli sono rappresentati da: 1. Età< 40 anni

2. Assenza di deficit neurologici alla diagnosi 3. Dimensioni <6cm

4. Non superamento della linea mediana 5. Presenza di componente Oligodendrogliale

Sulla base di questi parametri l’EORTC ha sviluppato un modello che divide i pazienti in basso rischio ed alto rischio, con una sopravvivenza mediana che va da 10.8 a 3.9 anni58.

Numerosi altri studi hanno delineato tutta una serie di fattori prognostici favorevoli aggiuntivi. Tra di loro viene data enfasi sia al Karnofsky Performance Status (KPS), che affinché sia favorevole deve essere maggiore di 70, sia al punteggio (>26) al Mini-Mental State Examination (MMSE)58.

Capitolo a parte lo riserviamo alla componente genetica e molecolare. Gli studi effettuati in questo settore stanno contribuendo a definire sempre più questa tipologia di tumori nella speranza di migliorare il procedimento diagnostico, terapeutico e di conseguenza la prognosi. Due alterazioni precoci presenti nei bassi gradi sono rappresentate dalla inattivazione di P53 (associata agli astrocitomi) e dalla codelezione di 1p19q (più specifica per gli oligodendrogliomi) entrambi mutuamente esclusive. Il gene P53 è collocato sul cromosoma 17 e codifica per una proteina implicata nella regolazione del ciclo cellulare e nei processi apoptotici. Tale mutazione si rende manifesta in circa il 50-60% degli astrocitomi di grado II e III associandosi quindi a rischio di sviluppo di forme maligne 59. La codelezione

(38)

37

di 1p19q, invece, è risultata essere associata ad una crescita lenta della neoplasia, sopravvivenza maggiore e miglior risposta alla chemioterapia con temozolamide20.

Altra alterazione degna di nota risulta essere la metilazione del promoter MGMT la quale, se presente, è predittiva di una maggior sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza globale nei pazienti trattati con temozolamide4,60_ENREF_31. La Metil-Guanina-DNA metil transferasi (MGMT)

è una proteina di riparazione del DNA, ubiquitaria nei tessuti umani, che agisce trasferendo un gruppo alchilico nella posizione O6 della guanina ad un gruppo sulfureo della cisteina all’interno della sua sequenza61. Questa

proteina è pertanto implicata nel processo di resistenza agli agenti alchilanti compresi la carmustina e la temozolamide.

Infine menzioniamo il ruolo sempre più importante dei geni IDH1 e IDH2. Questi geni codificano per una carbossilasi che converte l’isocitrato in alfa-ketoglutarato. La forma mutante di tali enzimi porta alla formazione di un oncometabolita, rappresentato dal 2-idrossiglutarato. Ai fini prognostici è utile sapere che la mutazione del codone 132 di IDH1 è stata identificata come fattore positivo indipendente62 mentre la presenza di IDH1/IDH2 wild

type identifica un sottotipo di gliomi a basso grado con prognosi sfavorevole4.

1.8 Approccio terapeutico

1.8A “Watch and wait”

In passato nella strategia di gestione dei pazienti con glioma di basso grado potevamo prendere in considerazione anche la politica del “guarda e aspetta”. Essa veniva giustificata dal fatto che molti pazienti con queste lesioni, alla diagnosi, non presentavano deficit neurologici e riuscivano a

(39)

38

contenere con terapia medica le eventuali crisi epilettiche. Inoltre le valutazioni neuroradiologiche seriate mostravano che questi tumori, essendo a lenta crescita, rimanevano contenuti per moltissimi anni 63.

Pertanto in questi casi tale politica veniva abbandonata solo nel momento in cui la neoplasia cresceva oppure determinava lo sviluppo di una qualche sintomatologia. In questo caso le opzioni a disposizione erano rappresentate dalla biopsia stereotassica o dalla resezione chirurgica, eventualmente seguite da radioterapia. Tutto questo era dettato dal fatto che, tra i vari studiosi, vigeva una convinzione che la chirurgia oltre che essere gravata da morbidità non impattasse significativamente sulla storia naturale della malattia.

Tuttavia negli ultimi anni ci sono stati studi che anno dimostrato il beneficio ricavato, in termini prognostici, dalla resezione del tumore quando è ancora di piccole dimensioni64. Il tutto aiutato dal fatto che si sono sviluppate

tecniche di mapping cerebrale intraoperatorio che consento di effettuare resezioni estese senza compromettere parti funzionali del sistema nervoso centrale.

1.8B Chirurgia

È ben accettato da tempo il ruolo nella chirurgia dei tumori cerebrali, quale strumento per ottenere informazioni istopatologiche, immunoistochimiche e molecolari. Tuttavia tra i maggiori obiettivi rientrano quelli di migliorare la sintomatologia neurologica, controllare le crisi epilettiche, e di ottenere una citoriduzione della massa neoplastica in modo da prolungare la sopravvivenza dei pazienti. In aggiunta vari studi hanno dimostrato che il trattamento chirurgico riduce il tasso di ricorrenza e progressione maligna65. Una criticità neurochirurgica è rappresentata dalla predilezione

dei gliomi di basso grado a localizzarsi in corrispondenza delle aree eloquenti. Pertanto uno dei principali scopi della chirurgia è quello di

(40)

39

rimuovere più tessuto neoplastico possibile cercando di preservare le capacità funzionali66,67. Ciò è possibile ottenerlo grazie alle tecniche di

mappaggio intraoperatorio. Queste tecniche sono rappresentate dalla risonanza magnetica funzionale, dalla DTI, da tecniche neurofisiologiche come la stimolazione diretta corticale e sottocorticale, dai potenziali evocati motori e sensoriali e dall’elettroencefalogramma.

Un altro concetto affiorato negli ultimi anni è quello della plasticità cerebrale. Questo fenomeno viene definito come un continuo remodelling dell’organizzazione neuronale sinaptica, che ha lo scopo di migliorare la connettività cerebrale. Tale evento sembra che venga stimolato dalla crescita dei gliomi di basso grado che, per quanto sia bassa, è pur sempre un fenomeno costantemente attivo68,69. Con questa visione si vuole

sorpassare o comunque integrare il concetto di segregazione funzionale fra le varee aree del cervello focalizzandoci più sulla connettività tra di esse. Con questa convinzione siamo in grado di comprendere le ragioni del buon recupero funzionale post resezione in quei pazienti che presentavano una localizzazione tumorale in aree eloquenti. In tutto ciò un ruolo fondamentale spetta al mappaggio funzionale intraoperatorio che permette di delineare le varie funzioni cerebrali.

1.8C Radioterapia

L’applicazione della radioterapia nei gliomi di basso grado è un punto dibattuto da tempo soprattutto per quanto riguarda il timing di inizio e la dose da utilizzare. Per entrambe le questioni sono stati effettuati studi randomizzati che hanno cercato di dare una guida comune. Nei vari studi è stato dimostrato come la radioterapia postoperatoria immediata impatti positivamente sulla progressione libera da malattia ma non influisca sulla sopravvivenza globale. Ad oggi, nei pazienti con assenza di fattori di rischio, dopo la resezione chirurgica si preferisce impostare un attento follow-up

(41)

40

clinico strumentale; nei pazienti che invece presentano elevati fattori di rischio si ritiene opportuno iniziare subito con un trattamento adiuvante radioterapico. I fattori di rischio a cui facciamo riferimento in senso negativo sono rappresentati da: età>40 anni, istologia astrocitaria, resezione subtotale, segni compressivi, epilessia refrattaria al trattamento medico, assenza di delezione 1p-19q e assenza di mutazione IDH1-IDH257.

La radioterapia trova anche indicazione nel caso in cui nei pazienti in osservazione si assista ad una progressione o recidiva della malattia. In tali pazienti la radioterapia può rappresentare la prima scelta nel caso in cui la malattia non sia resecabile, altrimenti si tenta una nuova resezione e dopodiché si effettua il trattamento radiante4.

Per quanto riguarda la dose da utilizzare ci rifacciamo agli studi condotti dalla EORTC e dalla US intergroup. In entrambi si valutava la progressione libera da malattia e la sopravvivenza totale. Lo studio EORTC confrontava il protocollo a 45 Gy con quello a 59.4 Gy. Lo studio US paragonava 54.9 Gy contro i 64.8 Gy. In entrambi gli studi nei gruppi di pazienti sottoposti a dosaggio maggiore, nonostante si avesse anche un incremento delle tossicità, non si è assistito ad un implemento di sopravvivenza e di progressione libera da malattia70-72. Ad oggi è universalmente accettato

come protocollo quello da 50.4 Gy in frazioni giornaliere da 1.8 Gy. L’ultima considerazione da fare in campo radioterapico a proposito dei gliomi riguarda le tossicità. Tra di esse rientrano la radionecrosi, la leucoencefalopatia e i deficit cognitivi. Alcuni studi hanno come risultati la presenza di deficit cognitivi nel 53% dei pz irradiati e nel 27% dei pazienti non irradiati73.

1.8D Chemioterpia

La chemioterapia nei pazienti con gliomi di basso grado viene utilizzata come terapia di salvataggio nei pazienti che mostrano progressione dopo la

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41

chirurgia e la radioterapia74. L’effetto della chemioterapia tuttavia varia a

seconda del tipo istologico di tumore. L’oligodendroglioma risulta essere il più chemosensibile 75. La risposta al trattamento con PCV

(procarbazina+lomustina+vincristina) è maggiore nei pazienti con oligodendroglioma rispetto a quelli con astrocitoma76. L’impatto della

codelezione 1p-19q è un marker predittivo ed un fattore prognostico indipendente nei tumori oligodendrogliali. Questo è stato confermato da uno studio fatto su pazienti che presentavano tale codelezione e nei quali il trattamento con temozolamide aumentava sia la progressione libera da malattia sia la sopravvivenza in generale77. Altri studi in campo

chemioterapico sono quelli della Radiation Therapy Oncology Group (RTOG) effettuati nei pazienti considerati ad alto rischio, i quali venivano divisi in due gruppi: un gruppo riceveva solo radioterapia l’altro sottostava a radioterapia seguita da chemioterapia con schema PCV. In entrambi i gruppi nei primi due anni dopo il trattamento non si è assistito a variazioni in termini di progressione libera da malattia né di sopravvivenza totale. Dopo i due anni post trattamento invece nel gruppo che riceveva anche la chemioterapia si è assistito ad un incremento di entrambi gli end point78.

Pertanto ad oggi la chemioterapia può essere utilizzata sia come trattamento iniziale adiuvante insieme alla radioterapia nei pazienti che presentano elevati fattori di rischio, oppure come trattamento di salvataggio nei pazienti che presentano progressione o recidiva di malattia. Non è ancora definita la durata della terapia ottimale nei pazienti con nuova diagnosi responsivi, cosi come non è dimostrato un vantaggio nella polichemioterapia (es PCV) rispetto alla monoterapia (temozolamide o nitrosuree).

(43)

42

1.9 Outcome clinico

La sopravvivenza globale a 5 anni varia dal 58 al 72%, tuttavia sono tumori che hanno una tendenza a crescere in modo costante ed evolvere frequentemente in senso anaplastico, soprattutto nei soggetti giovani di età superiore a 40 anni e negli astrocitomi gemistocitici3,4.

I gliomi di basso grado hanno complessivamente una sopravvivenza libera da malattia a 5 e 10 anni rispettivamente del 50% e del 12%. Per gli oligodendrogliomi si registra una sopravvivenza mediana di 16.7 anni79,

mentre per l’astrocitoma diffuso si registra una sopravvivenza mediana che oscilla fra i 5 e 10 anni a seconda degli studi presi in considerazione80,81. La

diversità considerevole registrata nei vari studi in merito agli astrocitomi probabilmente riflette le diverse epoche di raccolta dati e di conseguenze le differenti capacità diagnostiche.

(44)

43

2. Scopo del lavoro

Lo scopo del lavoro è stato quello di valutare l’outcome clinico dei pazienti operati per glioma di basso grado, e di focalizzare l’attenzione su quelle che sono le prospettive future in tale ambito.

3. Materiali e metodi

Il seguente lavoro si basa sulla revisione dei referti istologici dei pazienti operati dalla U.O di Neurochirurgia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana nel triennio 2013-2016. Da tali referti siamo andati a selezionare esclusivamente pazienti operati per glioma cerebrale di basso grado. Per individuare i gliomi a basso grado ci siamo rifatti alla classificazione WHO delle neoplasie cerebrali. Essa prevede la stratificazione delle neoplasie sulla base del grading istologico. Nello specifico va ad individuare 4 classi progressive di gliomi. L’assegnazione del grado di malignità si basa su come la massa appare all’esame microscopico. I criteri che in tale setting vengono utilizzati sono rappresentati dalla atipia cellulare, dal tasso di crescita (indice mitotico), dal tasso di morte delle cellule e dal potenziale di diffusione, quest’ultimo valutato in base ai margini del tumore e al flusso ematico. I tumori di grado I vengo identificati in quanto entità a lenta crescita e dall’aspetto istologico pressoché normale. Quelli di grado II, sebbene conservino un ritmo di crescita basso, iniziano ad avere atipie istologiche e mostrano tendenza alla progressione e recidiva. Infine nei gradi III e IV facciamo ricadere quelle neoplasie francamente maligne che mostrano atipie cellulari, infiltrazione dei margini e processi di neo vascolarizzazione importanti.

Delle neoplasie prese in considerazione abbiamo valutato i principali parametri immunoistochimici e come essi si distribuiscono, per poter poi

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44

effettuare un confronto con quelli che sono i dati della letteratura. I parametri che vengono presi principalmente in considerazione sono rappresentati dal MIB-1/Ki-67 e dal GFAP. Il ki67 è una proteina nucleare non istonica espressa da un gene presente sul braccio lungo del cromosoma 10 di cellule in proliferazione, che in laboratorio viene analizzata mediante immunoistochimica, utilizzando specifici anticorpi monoclonali come appunto il MIB-1. Essa rappresenta un indice di proliferazione della neoplasia e nei gliomi di basso grado tendenzialmente si mostra inferiore al 5%. Il GFAP è una proteina fibrillare acida che rappresenta la componente essenziale di cui sono costituiti i filamenti intermedi degli astrociti. La sua rilevazione è indice della presenza di componenti astroicitarie nel contesto della lesione, le quali possono essere sia di natura neoplastica sia di natura reattiva. In accordo con la visione attuale, espressa proprio dall’ultima classificazione WHO del 2016, quando possibile, abbiamo cercato anche di individuare i profili molecolari dei vari tumori. In questo contesto abbiamo posto particolare enfasi al grado di metilazione del promoter MGMT, alla presenza della codelezione 1p-19q. e alle mutazioni puntiformi nei geni IDH 1 e IDH2.

Da questa revisione siamo arrivati ad ottenere un totale di 62 pazienti sottoposti a procedura neurochirurgica per lesione gliale di basso grado. Individuati i pazienti, analizzando le cartelle cliniche inserite nel database Facile web, siamo risaliti alle generalità degli stessi, alla loro condizione clinica pre operatoria, e alle tecniche di imaging effettuate prima e dopo l’intervento. Infine abbiamo effettuato un follow-up telefonico, con media a 30 mesi, per valutarne le condizioni cliniche. Per dare obiettività alla valutazione delle condizioni cliniche ci siamo avvalsi della scala di Karnofsky (Karnofsky performance status scale). Questa è una scala di valutazione della qualità di vita del paziente che tiene conto di:

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45

• Limitazione dell’attività • Cura di se stessi

• Autodeterminazione

Figura 16 Karnofsky performance scale

Al termine di tutto, per l’analisi statistica dei dati e la realizzazione delle rappresentazioni grafiche sono stati utilizzati i software MS Excel 2016 e NCSS 11.

(47)

46

4. Risultati

Il totale del campione di studio è di 62 pazienti. Di questi 36 (58,06%) sono maschi, mentre 26 (41,94%) sono femmine. L’età media è di 51,05 anni (minimo 14-massimo 80 anni), l’età mediana è di 52,5 anni.

Il follow-up medio è di 30 mesi (minimo 4-massimo 50 mesi).

Secondo la classificazione istologica utilizzata il 52,3% dei pazienti presenta l’astrocitoma diffuso, il 17,74% presenta oligodendroglioma, l’11,29% l’astrocitoma pilocitico, il 4,84% mostra l’ependimoma, il 4,84% presenta il subependimoma, il 6,45% l’oligoastrocitoma e l’1,61% l’astrocitoma pilomixoide.

Figura 17 Istotipi

In 6 casi su 62 (3,72%) si registravano tracce di elementi anaplastici (WHO III) nella compagine delle lesioni a basso grado.

Dei pazienti in studio è 42 sono stati sottoposti ad intervento di resezione tumorale (67,74%), mentre 20 hanno effettuato biopsia (32,26%).

53%

18%

11%

5%

5%

6%

2%

Astrocitoma diffuso Oligodendroglioma Astrocitoma pilocitico Ependimoma Subependimoma Oligoastrocitoma Astrocitoma pilomixoide

(48)

47

Del totale dei pazienti 10 (6,2%) venivano operati come recidiva di una precedente neoplasia gliale.

Dei pazienti trattati 3 (1,86%) hanno presentato una recidiva di neoplasia. In tutte le neoplasie il MIB-1 non è risultato mai superiore al 5%.

La positività al GFAP ha rappresentato una costante.

In 15 referti è stata analizzata la metilazione del promoter del gene MGMT. In 13 di questi casi è risultato essere metilato con una percentuale variabile che va da un minimo del 9% ad un massimo dell’84%.

In 14 referti su 62 sono state analizzate le mutazioni a carico dei geni IDH-1 e IDH-2. In IDH-10 casi su IDH-14 (7IDH-1,42%) si è registrata la mutazione di IDH-IDH-1. In nessun caso si è avuta la mutazione di IDH-2. La presenza della codelezione 1p-19q è riportata solamente in una occasione.

La localizzazione che ha prevalso è quella emisferica sovratentoriale (frontale, parietale, temporale ed occipitale) con un totale di 37 neoplasie su 62 (59,67%), seguita dalla localizzazione in regioni profonde (talamo, tronco encefalico, nuclei della base e cervelletto) con 17 casi su 62 (27,41%). Nei restanti 8 casi non siamo riusciti a risalire alla localizzazione.

Nel follow-up si è riscontrata un tasso di sopravvivenza del 54,84% (34 su 62), contro un 45,16% (26 su 62) di pazienti deceduti. L’82,14% delle morti è avvenuta per Astrocitoma diffuso, il 7,14% per Oligodendroglioma, il 3,57% per Oligoastrocitoma, il 3,57% per Ependimoma e il 3,57% per Subependimoma.

All’ultimo follow-up solamente 4 pazienti (1,36%) presentavano disturbi post operatori, sebbene la loro qualità di vita non venisse percepita

(49)

48

fortemente compromessa con un KPS intorno al 90%. Negli altri casi non si lamentava nessun disturbo.

Solamente in 2 pazienti abbiamo avuto recidiva della neoplasia, evidenziata in corso di follow-up.

Dal punto di vista clinico pre-operatorio i pazienti mostravano nel 20,97% cefalea, nel 19,35% mostravano crisi epilettica, nel 16,13% riscontro occasionale per altra causa o in corso di follow up per altra patologia, nel 12,90% avevano disordini motori, nel 8,06% mostravano parestesie, nel 6,45% presentavano afasia, nel 4,84% disorientamento temporo-spaziale. Infine in un 11,29% non è stato possibile risalire alla clinica pre-operatoria.

Figura 18 Presentazione clinica

Variabile totale in vita deceduti P

5%

19%

21%

13%

16%

8%

7%

11%

Disorientamento Crisi epilettica Cefalea Disordini motori Occasionale Parestesie Afasia Sconosciuto

(50)

49 Età 51,04±20,23 38,91±17,07 65,79±12,59 < 0,001 sesso maschile 36(58,06%) 16(69,23%) 20(30,77%)0,052 Istologia 0,004 Astrocitoma diffuso 33(52,23%) 10(30,30%) 23(69,70%) Oligodendroglima 11(17,74%) 9(81,82%) 2(18,18%) Astrocitoma pilocitico 7(11,29%) 7(100%) 0(0,00%) Ependimoma 3(4,84%) 2(66,67%) 1(33,33%) Subependimoma 3(4,84%) 2(66,67%) 1(33,33%) Oligoastrocitoma 4(6,45%) 3(75%) 1(25,00%) Astrocitoma pilomixoide 1(1,61%) 1(100%) 0(0,00%) Clinica 0,56 Disorientamento 3 (4,84% 1(1,61% 2(3,23%) Crisi 12(19,35%) 6(9,68%) 6(9,68%) Cefalea 13(20,97%) 10(16,13%) 3(4,84% Disordini motori 8(12,90%) 3(4,84%) 5(8,06%) Occasionale 10(16,13% 6(9,68%) 4(6,45%) Parestesie 5(8,06%) 3(4,84%) 2(3,23%) Afasia 4(6,45%) 1(1,61%) 3(4,84%) Sconosciuto 7(11,29%) 4(6,45%) 3(4,84%) Chirurgia 42(67,74%) 29(69,05%) 13(30,95%) 0,001

(51)

50

5. Discussione

Questo lavoro ha permesso di poter valutare i vari aspetti collegati alle neoplasie gliali di basso grado trattate dall’U.O di Neurochirurgia della A.O.U.P e di rapportarle ai dati della letteratura.

Come ci si aspettava non ci sono state differenze significative nell’incidenza in termini di genere. Infatti in totale accordo con il pensiero comune si è riscontrata una leggerissima prevalenza nel sesso maschile con un rapporto di 1,482; abbiamo di fatto registrato nel 58,06% dei casi il sesso maschile e

nel 41,94% il sesso femminile.

Anche riguardo all’età abbiamo avuto risposte in linea con il modo scientifico annotando un valore medio di 51,04±20,23 anni, ribadendo quindi che la decade a maggior incidenza è quella fra i 50 e 60 anni83.

In merito alla rilevazione istologica abbiamo con fermato la prevalenza dell’Astrocitoma diffuso seguito da l’oligodendroglioma.

Una particolare attenzione va posta nei confronti della presentazione clinica che nella maggior parte dei casi viene descritta come caratterizzata dalla comparsa di crisi epilettica80. Nel nostro lavoro invece il sintomo che

di poco ha prevalso è rappresentato dalla cefalea, seguito subito dalla crisi epilettica. Questa distribuzione probabilmente riflette “l’elevato” numero di neoplasie localizzate non a livello emisferico ma bensì in zone quali i ventricoli, il tronco encefalico, il talamo e i nuclei della base.

Uno dei dati che sicuramente ci premeva era la sopravvivenza al follow-up. In questo caso abbiamo avuto risposte positive, confermando la maggior sopravvivenza degli oligodendrogliomi rispetto agli astrocitomi diffusi. I vari lavori si concentrano sulla sopravvivenza a 5 anni e la registrano del 70% per gli oligodendrogliomi e del 37% per gli astrocitomi diffusi. Nel nostro studio, con follow-up medio a 30 mesi, si sono avuti tassi di sopravvivenza del

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