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Aiuti di Stato: aspetti innovativi sull'esenzione e sulla procedura

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione

. . . . . . pag.9

Capitolo I

La disciplina della concorrenza nello spazio dell’Unione

europea

1.1 Gli aspetti generali . . . . . .pag.13

1.2 Quadro normativo . . . .pag.16

1.3 I poteri della Commissione e la normativa sulla concorrenza

. . . .. . . pag.23

1.4 Tutela della concorrenza tra Unione e autorità nazionali . . . . . . . . . pag.27

Capitolo II

Rapporto tra concorrenza ed aiuti di stato

2.1 La disciplina della concorrenza applicabile agli Stati. . . . . . . . . . . . .pag.30

2.2 L'intervento pubblico nell'economia ex art. 106 TFUE . . . . . . .. . . . . . . . . pag.33

(2)

6 2.3 I poteri di controllo della Commissione ex art. 106, n.3 TFUE . . . . . . . . . . pag.40

2.4 L'erogazione di aiuti pubblici alle imprese . . . .pag.44

Capitolo III

Gli aiuti di stato: tipologie, principi, modalità di

attuazione

3.1 Uno sguardo d'insieme sugli aiuti di Stato. . . .pag.51

3.2 Il primo paragrafo dell'art. 107 TFUE: la nozione di aiuto e la presunzione di incompatibilità. . . . . . pag.54

3.2.1 I parametri per la valutazione e l'erogazione dell'aiuto. . . . . . pag.58

3.2.2 Segue: Il principio di trasparenza . . . .. . . .pag.63

3.2.3 L'origine dell'aiuto: elemento soggettivo . . . pag.67

3.2.4 Distorsione concorrenziale, selettività ed incidenza sugli scambi intracomunitari . .. . . .pag.73

3.3 Le fattispecie di aiuti compatibili: art. 107, commi 2 e 3, TFUE. . . .pag.77

3.4 Gli aiuti " De Minimis". . . pag.89

3.5 La procedura di controllo di compatibilità degli aiuti. .pag

.92

3.5.1 Le competenze del giudice nazionale nell'attuazione del sistema di controllo degli aiuti di Stato . . . .pag.96

3.5.2 La procedura di controllo sulla compatibilità degli aiuti di Stato. . . .. . . .pag.100

(3)

7 3.5.3 Il regime degli aiuti di Stato esistenti. . . .pag.104

3.5.4 Gli aiuti illegittimamente erogati. . . .pag.108

Capitolo IV

Sviluppi recenti in materia di aiuti di Stato

4.1 L'attuale crisi economica e finanziaria. . . .pag.111

4.2 Gli interventi comunitari all'origine della crisi sulla disciplina degli aiuti di Stato. . . . . . pag.113

4.3 L'evoluzione della crisi e la strategia Europa 2020. . . .pag.119

4.4 L'attuazione della strategia Europa 2020 e le ultime comunicazioni della Commissione . . . pag.123

Capitolo V

Le modifiche ai regolamenti comunitari di abilitazione e

di procedura

5.1 Il precedente quadro legislativo . . . .pag.131

A) Regolamento (CE) n. 994/98 sull'applicazione degli articoli 87 e 88 (ex articoli 92 e 93) del Trattato che istituisce la Comunità europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali. . . .pag.133

(4)

8

B)

Regolamento (CE) n. 659/99 recante le modalità di applicazione dell'articolo 93 del Trattato CE . . . .pag.137

5.2 La necessaria modernizzazione in materia di aiuti di Stato. . . . . . . . . . . . . .pag.145

5.3 Segue: le nuove proposte. . . .pag.148

A) Il Regolamento n. 733/2013: una disciplina generale di esenzione per categoria. . . pag.150

B) Il Regolamento 734/2013: l'ampliamento dei poteri di controllo della Commissione. . . . .pag.160

Conclusioni

. . . . . . . . . pag.166

Bibliografia

. . . . . . .. . . . .pag.168

Indice delle Sentenze

. . . . . .pag.171

(5)

9

Introduzione

Il presente lavoro ha l'ambizione di dare un contributo alla conoscenza della disciplina in materia di aiuti di Stato, rispetto al suo attuale modo di essere e di funzionare, nel sistema giuridico dell'Unione.

È necessario premettere che nello spazio dell'Unione , attraverso i diversi atti istitutivi - dai Trattati di Roma del 1957, all’Atto Unico del 1986, al Trattato di Maastricht del 1992 fino al Trattato di Amsterdam del 1997, arrivando al più recente Trattato di Lisbona del 2009 - si è avviato, sin dall'origine, un processo dinamico nel quale l’integrazione fra gli Stati membri e gli obiettivi dell'Unione si sono ampliati e sono sempre più cresciuti a dispetto di ostacoli non indifferenti di natura sia politica che economica. Quanto detto e’ tanto più vero se si ha riguardo alle norme relative alla concorrenza, trattandosi di un settore che, naturalmente, risente immediatamente di qualsiasi mutamento intervenuto nella struttura dell'Unione e del mercato comune.

Considerato lo sviluppo della politica concorrenziale che si è andata attuando mediante l'intervento delle Istituzioni comunitarie, si prenda atto che il regolare funzionamento dei mercati è indispensabile per accrescere la competitività dell’economia europea, in quanto consente di creare un contesto in cui le imprese efficienti e innovative vengono debitamente ricompensate, nonché per garantire la libera concorrenza fra le imprese europee, favorire lo sviluppo del mercato unico europeo, evitare le distorsioni del

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10 commercio fra gli Stati membri dell’Unione europea, stimolare lo sviluppo delle PMI e creare uguali condizioni di crescita fra le PMI e le grandi imprese.

Nello specifico, le disposizioni relative all'erogazione ed al controllo degli aiuti di Stato rispondono alla necessità di garantire che la concorrenza tra imprese non sia falsata da aiuti concessi in modo indebito e di assicurare condizioni di parità per tutte le imprese operanti nel mercato unico europeo, a prescindere dallo Stato membro in cui hanno sede.

Nonostante il Trattato originario enunciasse il principio generale di divieto di aiuti di Stato, in alcuni casi gli interventi statali sono necessari per un’economia funzionante ed equa. Il Trattato, quindi, ha lasciato spazio a un certo numero di obiettivi politici per i quali l’aiuto di Stato può essere considerato compatibile. Attraverso una serie di atti legislativi, la Commissione europea, nel tempo, ha stabilito un unico sistema di regole sugli aiuti di Stato.

Nell’ambito delle disposizioni adottate, la disciplina sugli aiuti di Stato costituisce un osservatorio particolarmente interessante del processo evolutivo del diritto comunitario e della sua interpretazione, poiché tali norme sono disegnate per determinati obiettivi, per il raggiungimento dei quali sono necessari diversi tipi di interventi, che cambiano nel corso del tempo a seconda delle condizioni dell’economia e del mercato e, conseguentemente, un atteggiamento di maggiore o minore rigore da parte degli organi comunitari nella valutazione dell’ammissibilità degli aiuti.

Questo quadro legislativo è regolarmente aggiornato per migliorare la sua efficienza e per rispondere alle esigenze di adottare aiuti di Stato che siano più mirati per sviluppare l’economia europea.

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11 La normativa in materia di aiuti di Stato, date le interferenze e le problematiche emergenti dell'attuale crisi economica e finanziaria sviluppatasi anche in Europa, necessita di un progetto di riforma, volto ad offrire agli Stati membri un quadro più chiaro, a razionalizzare gli aiuti, a modificare la procedure.

Anche alla luce delle recenti evoluzioni in materia, è necessario fornire uno strumento semplice e di agevole consultazione su problematiche spesso complesse, per poter giungere ad una vera e propria modernizzazione del settore in esame, quale obiettivo preminente delle Istituzioni comunitarie al fine di promuovere il mercato interno.

Dal momento che la questione si presenta particolarmente articolata, si procede ad affrontare l’argomento in modo tale da fornire una visione completa della disciplina in materia di aiuti di Stato, tenendo presente l'evoluzione normativa che ha caratterizzato la materia in questione, soprattutto nel contesto attuale di modernizzazione, a seguito delle ultime proposte.

Il lavoro prenderà perciò le mosse da un'analisi generale della disciplina della concorrenza nello spazio dell'Unione, esaminandone il rapporto della stessa col settore degli aiuti di Stato. Muovendosi attraverso l’intero disposto degli artt. 107, 108 e 109 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, la copiosa giurisprudenza ad opera della Corte di giustizia e i numerosi Regolamenti della Commissione, dovrà essere esaminata la rilevanza del regime degli aiuti di Stato nel diritto dell'Unione; si analizzeranno i principi rilevanti in materia; la definizione di aiuto; il concetto di aiuto di Stato e le caratteristiche che questo deve

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12 possedere; le diverse tipologie di aiuti; infine, si esamineranno gli aspetti procedurali relativi al controllo sugli aiuti di Stato.

Una seconda parte del lavoro, assolutamente più dinamica rispetto alla prima, verterà poi sulla trattazione dei recenti sviluppi in materia.

Nella successiva parte della tesi, oltre alla descrizione della situazione attuale, si prenderà conoscenza, mediante le comunicazioni di ultima generazione della Commissione e per l'attuazione di nuove strategie nello spazio dell'Unione, di quali siano i necessari meccanismi di riforma.

Per tanto, da ultimo, si effettuerà un'analisi più dettagliata sui precedenti regolamenti, quali: il Regolamento n. 994/98 e la nuova disciplina di regolamentazione generale sull'esenzione per categoria proposta mediante il Regolamento n. 733/2013; ed il Regolamento n. 659/99, correlato al necessario ampliamento dei poteri della Commissione in materia di controllo, di cui al Regolamento n. 734/2013 si indicano le necessarie modifiche. In ultimo luogo, si trarranno le conclusioni rispetto a questo percorso innovativo da attuarsi in seno all'Unione entro la fine del 2013.

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13

CAPITOLO I

La disciplina della concorrenza nello spazio dell’Unione

europea

1.1

Gli aspetti generali

La disciplina della concorrenza nell’Unione Europea è cambiata enormemente negli ultimi anni, a partire dalla cosiddetta “modernizzazione”, ed ha acquisito una importanza straordinaria anche in relazione alla crisi economica generale che attanaglia l’Europa.

La concorrenza tra le imprese che operano nel mercato comune rappresenta uno degli obiettivi primari dell’Unione, e allo stesso tempo, uno degli strumenti più efficaci per mantenere e consolidare l’assetto unitario del mercato.

Il sistema giuridico dell’Unione è ispirato a valori c.d. liberali dell’economia di mercato, nel rispetto del quale il grande mercato europeo deve consentire agli imprenditori di competere tra loro ad armi pari, e sulla base delle rispettive capacità e possibilità; e ai consumatori di scegliere i prodotti e i servizi che ritengono migliori. Il regime della concorrenza, così come disegnato nei Trattati, è funzionale all’obiettivo di integrare i diversi mercati nazionali in un mercato unico, con caratteristiche analoghe a quelle interne dei paesi membri; perciò l’efficacia della concorrenza va misurata, di

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14 volta in volta, con le caratteristiche e la struttura del relativo mercato1.

Ciò vuol dire che la politica di tutela della concorrenza non resta isolata rispetto ad altre politiche e altri valori dell’Unione, tra i quali la politica di coesione sociale, di ricerca e sviluppo, e dell’ambiente2.

Pertanto non si può escludere che si debbano tollerare alcune restrizioni della concorrenza, qualora siano finalizzate al raggiungimento di altri obiettivi dei Trattati. Ne consegue la possibilità di accordare delle deroghe, quando le restrizioni siano idonee a contribuire allo sviluppo armonioso delle attività economiche dell’Unione.

L’azione dell’Unione si è sviluppata in questo campo con strumenti sia diretti che indiretti, che hanno portato di recente a un’evoluzione del settore, trattando aspetti importanti, quali il concetto d’impresa, di mercato rilevante in relazione al prodotto e all’area geografica, quello della definizione degli accordi.

Dopo quaranta anni, un elemento assolutamente innovativo è rappresentato dall’adozione del Regolamento n. 1/20033, con cui si

è risposto all’esigenza di allargamento a numerosi nuovi Stati, e alla realizzazione di un mercato sempre più integrato, dando attuazione a una pratica di decentramento dell’applicazione delle regole della concorrenza, che ha consentito alla Commissione di concentrare la propria attività sulla repressione delle infrazioni più gravi.

Per quanto riguarda le attribuzioni di competenza alla Commissione, che tratteremo in modo specifico più avanti, è opportuno anticipare, che il sistema ha posto in essere delle radicali

1 Metro, 26/76, sent. 25 ottobre 1977, Racc. p. 1985. V. anche Continental

Can, 6/72, sent. 21 febbraio 1973, Racc. p. 215; Hoffmann-La Roche, 85/76, sent. 13 febbraio 1979, Racc. p. 461.

2 Commissione c. Danimarca, 302/86, sent.30 settembre 1988, Racc. p. 4607. 3 Adozione del Regolamento n. 1/2003, il 16 dicembre 2002. Il precedente

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15 modifiche, con l’attribuzione di successivi poteri e di competenze alle giurisdizioni degli Stati membri, mentre precedentemente si attribuiva alla sola Commissione la competenza a concedere esenzioni. Anche a proposito degli aiuti di Stato, il ruolo attivo della Commissione finisce con l’investire le scelte di politica economica e industriale degli Stati membri.

Si consideri, che la disciplina della concorrenza non si limita a regolare i comportamenti delle imprese, ma investe anche i comportamenti degli Stati, che direttamente o indirettamente alterano o contribuiscono ad alterare le condizioni di concorrenza tra le imprese operanti nel mercato comune. Infatti, la politica di concorrenza è articolata su due aspetti principali: da un lato è previsto il controllo sul comportamento delle imprese in materia d’intese e concentrazioni, dall’altro si provvede alla limitazione degli aiuti di Stato ai produttori nazionali.

L'Unione europea si è occupata della disciplina della concorrenza, mettendo in atto una serie di operazioni che si sono concretizzate in molteplici direzioni.

Una prima direzione investe i comportamenti delle imprese. Tende ad evitare che tramite strategie concentrate siano vanificati gli effetti della libera circolazione delle merci e dei servizi e alterate le condizioni di concorrenza, che devono essere determinate dalla capacità imprenditoriale di ciascuna impresa e dal libero esplicarsi delle dinamiche competitive sul mercato.

Un’altra direzione mira ad evitare che la concentrazione del potere economico e commerciale produca le medesime conseguenze. Altra ancora, è la direzione diretta a far sì che le imprese di un determinato Stato membro non si trovino in situazioni privilegiate e di minori costi di produzione per effetto di una politica di intervento pubblico che finisca con l’avere ampi effetti

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16 anticoncorrenziali; ciò in particolare tramite la concessione di aiuti o l’uso dello strumento fiscale.

È in tale articolata prospettiva che vanno lette le conferenti disposizioni del Trattato, sia quelle destinate specificamente alle imprese, sia quelle che hanno come destinatari diretti gli Stati membri.

1.2

Quadro normativo

La normativa dell’Unione europea in materia di concorrenza è particolarmente efficace, perché un obiettivo del Trattato CE era quello di realizzare nell’ambito concorrenziale, un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno, scegliendo un’ulteriore definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno stesso.

Ciò s’intreccia con l’entrata in vigore, dal 1 dicembre 2009, del Trattato di Lisbona, di modifica del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato che istituisce la Comunità Europea, con cui l’Unione ha posto in essere basi giuridiche rafforzate e rinnovate, nonché la continuità di una visione strategica.

In particolare, il Trattato sul funzionamento dell’Unione

Europea (TFUE), nella parte III, titolo VII, (intitolato “ Norme

comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni”), contiene un capo specifico (articoli 101-109) dedicato alle regole di concorrenza relative all’antitrust (intese e abuso di posizione dominante), e agli aiuti concessi dagli Stati alle imprese. Nel diritto della concorrenza, l'Unione europea si è anche occupata di porre in essere delle previsioni specifiche in tema di

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17 concentrazione (o fusione) di imprese. Nel Trattato CE non si aveva alcuna previsione specifica in tema di concentrazione, così come nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. La mancanza di una previsione esplicita costituiva una carenza del sistema comunitario di tutela della concorrenza. Le istituzioni dapprima hanno applicato alle operazioni di concentrazioni di imprese le norme relative alle intese ed allo sfruttamento abusivo di posizione dominante. Solo a partire dal 1989 si ha la prima definizione di concentrazione col Regolamento 4064/1989, oggi sostituito dal Regolamento 139/2004, col quale si è proceduto ad una rivisitazione della normativa in modo da realizzare un'armonizzazione con la legislazione più recente in materia di concorrenza4.

Per quanto interessante sia l'evoluzione della disciplina in tema di concentrazioni, la nostra attenzione si incentra in particolar modo sulle politiche di concorrenza attuate in tema di intese e abuso di posizione dominante, e nello specifico, in tema di aiuti di Stato. È dunque necessario far riferimento al regime previsto dai Trattati segnatamente alle condizioni specificate dagli artt. 101-109 TFUE. Gli autori del Trattato hanno optato per una scelta ben precisa, orientandosi nel senso che le norme, che andremo ad esaminare a breve, sono rivolte alle imprese, e che le misure statali che producono un effetto anticoncorrenziale devono essere trattate collegandole al comportamento delle imprese.

Le sole eccezioni sono previste agli artt. 106 e 107- 109, e riguardano rispettivamente l'intervento diretto degli Stati sulla vicenda di imprese pubbliche titolari di diritti esclusivi e gli aiuti che gli stessi Stati accordano alle imprese. Al di là di queste ipotesi, il

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18 comportamento degli Stati e delle imprese è stato censurato nei limiti indicati dalle norme dei Trattati.

Si impone alle imprese e agli Stati membri il rispetto delle norme citate o delle disposizioni contenute in atti adottati in virtù del Trattato stesso.

In questo capo del TFUE, parte III, titolo VII, si individuano dunque le disposizioni inerenti alla disciplina della concorrenza applicabile alle imprese, e le disposizioni inerenti alla disciplina della concorrenza applicabile agli Stati.

Le ultime disposizioni richiamate, sono il fulcro centrale del nostro lavoro, dunque le tratteremo in modo specifico nei seguenti capitoli.

Meritano quanto meno di essere valutate mediante una trattazione complessiva, le regole della concorrenza applicabili alle imprese. Una prima considerazione da fare è che le disposizioni applicabili alle imprese non fanno alcun riferimento al concetto di impresa. La Corte ha precisato in tal senso, che per impresa si debba intendere “qualsiasi entità esplicante attività economica, indipendentemente dallo stato giuridico di questa entità e dal suo modo di funzionamento”5. Anche la Commissione ha chiarito che

“costituisce attività economica, qualsiasi attività che partecipi agli scambi economici, anche a prescindere dalla ricerca di profitto”6.

Poiché l’impresa nello spazio dell’Unione non trova alcuna

5Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 25 ottobre 2001. - Firma Ambulanz Glöckner contro Landkreis Südwestpfalz. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Oberverwaltungsgericht Rheinland-Pfalz - Germania. - Artt. 85, 86 e 90 del Trattato CE (divenuti artt. 81 CE, 82 CE e 86 CE) -Trasporto di malati in ambulanza - Diritti speciali o esclusivi - Restrizione della concorrenza - Compito d'interesse generale - Giustificazione - Incidenza sul commercio tra Stati membri. - Causa C-475/99.

6 92/521/CEE: Decisione della Commissione, del 27 ottobre 1992, relativa ad

una procedura ai sensi dell'articolo 85 del trattato CEE (IV/33.384 e 33.378 - Distribuzione di pacchetti turistici in occasione della Coppa del mondo di calcio 1990).

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19 specifica definizione giuridica, non deve stupire che le soluzioni raggiunte nella pratica, spesso siano non conformi alle qualificazioni giuridiche tipiche degli ordinamenti nazionali. Ciò premesso, la nozione di impresa usata ai fini dell’applicazione delle norme a difesa della concorrenza è molto ampia; è impresa ogni entità che svolge attività economica, indipendentemente dal suo status giuridico, dalle modalità di finanziamento o dal fatto che l’attività sia svolta senza fini di lucro. Rileva dunque la natura “oggettiva” dell’attività, e non quella “soggettiva” dell’ente7.

La tutela della concorrenza esige anche una valutazione del contesto economico e giuridico, nel quale le imprese pongono in essere i loro comportamenti. Si deve valutare il mercato di riferimento all’interno del quale inserire l’accordo, la misura o il comportamento, e stabilirne l’impatto con la concorrenza. La definizione del mercato, costituisce uno strumento utile ad individuare e definire l’ambito nel quale le imprese possono dirsi in concorrenza tra loro, ed in base a tale determinazione si andranno ad applicare le regole relative alla concorrenza.

Si tratta del c.d. “mercato rilevante”, definibile sia sotto il profilo del prodotto, che sotto il profilo geografico. Quanto al primo, si deve far riferimento al concetto della c. d. interscambiabilità dei prodotti, a cui affiancare le condizioni di concorrenza e la struttura della domanda e dell’offerta sul mercato. Se i prodotti non sono sostituibili con altri, questi fanno parte del mercato di riferimento. Il mercato geografico invece può essere definito come il territorio

7 sentenza del 20 marzo 1985, causa 41/83 (Italia/Commissione) (British

Telecommunications);

Höfner e Elser, C-41/90, sent. 23 aprile 1991, Racc. p. 1979; Freistaat Sachsen, Land Sachsen-Anhalt, T-443/08 e T- 445/08, sent. 24 marzo 2011; Regno dei paesi Bassi, NOS, T-231/06 e T-237/06, 16 dicembre 2010; Cassa di Risparmio di Firenze,sopra citata, punto 107; FENIN c. Commissione, sopra citata, punto 25; MOTOE sopra citata, punto 21.

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20 nel quale tutti gli operatori economici si trovano in condizioni di concorrenza analoghe, con riferimento ai prodotti considerati.8

Si ricordi anche che nello spazio dell’Unione vige la regola c.d. De Minimis; ciò significa, che gli effetti sulla concorrenza e sugli scambi devono essere sensibili, perciò vengono escluse dalla relativa trattazione, le intese aventi effetti minimi nel mercato di cui si tratta. La Corte ha specificato in tal senso, che un accordo sfugge al divieto quando investe i mercato in maniera insignificante, considerata la debole posizione tenuta dagli interessati sul mercato dei prodotti di riferimento.

Precisati questi concetti essenziali, le norme del Trattato specificamente indirizzate alle imprese, sono quelle di cui agli artt.

101 e 102 TFUE, dedicati rispettivamente alle intese tra imprese ed

all’abuso di posizione dominante.

Gli artt. 101 e 102 trattano un primo e considerevole profilo, inerente alle normative nazionali, che producono effetti tali da modificare le condizioni di concorrenza tra le imprese.

Il tema investe qualunque normativa nazionale, che regoli l’attività delle imprese ( ad esempio: misure di disciplina dei mercati, su prezzi, su tariffe, sull’ambiente, misure di politica economica, tributarie, previdenziali).

Bisogna chiedersi se tali misure possono o devono essere sottoposte alla verifica di compatibilità con la disciplina della concorrenza. La giurisprudenza, a tali propositi, ha risposto affermando che gli Stati membri non possono pregiudicare l’effetto delle norme sulla concorrenza dirette alle imprese attraverso misure

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21 che consentano alle stesse imprese di agire in violazione del Diritto dell’Unione9.

L’art 101 TFUE, afferma infatti nel primo paragrafo che sono vietate la intese (accordi tra imprese, decisioni di associazioni tra imprese, pratiche concordate), che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri, e che abbiano per oggetto o per effetto, quello di impedire restringere o falsare la concorrenza nel mercato interno. Nel secondo paragrafo dello stesso art. 101, si delinea poi la conseguenza della violazione di tale divieto, statuendo una nullità di pieno diritto di accordi e di decisioni che siano stati conclusi in violazione di detto divieto.

Sia la Commissione che la Corte di giustizia ed il Tribunale, hanno sottolineato come l’intesa deve essere tale da recare un sensibile pregiudizio alla concorrenza ed al commercio tra Stati.

Occorre citare anche il principio sancito all’art. 4 TUE, che, tramite il dovere di collaborazione tra Stati membri e Unione, impone agli Stati di non adottare misure che possano pregiudicare o ridurre l’efficacia delle norme comunitarie sulla concorrenza.

Il legislatore comunitario, mediante la lettura congiunta delle due norme poc’anzi richiamate, l’art 101 TFUE e l’art 4 TUE, ha fondato l’obbligo per gli Stati membri di non adottare o mantenere in vigore misure che possano rendere inefficaci le regole di concorrenza.

In definitiva, come affermato dalla Corte, le condizioni perché una legislazione nazionale possa essere sottoposta alla verifica di compatibilità con il diritto dell’Unione, sono da un lato, l’esistenza

9Inno c. ATAB, 13/77, sent. 16 novembre 1977, Racc. p. 2115, specie punti 31-33. La fattispecie riguardava una legge belga che imponeva ai dettaglianti di tabacchi fatturati il rispetto del prezzo fissato dai produttori e dagli importatori.

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22 di accordo vietato dall’art. 101, dall’altro, l’esistenza di una misura statale che ne agevoli la conclusione.

Da ultimo, il terzo paragrafo dell’ art 101, consente di dichiarare inapplicabile il divieto a quegli accordi tra imprese, decisioni di associazioni tra imprese, o pratiche concordate , che contribuiscano a migliorare la produzione e la distribuzione di prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, evitando di imporre alle imprese interessate delle restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi, e dando alle medesime imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi.

La stessa logica rileva per le ipotesi di attribuzione da parte dello Stato, di diritti esclusivi nei confronti delle imprese, qualora si violi l'art. 102 TFUE nella specie di abuso di posizione dominante. L'art. 102, stabilisce infatti, che è incompatibile con il mercato interno e dunque vietato, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese in posizione dominante. Tale divieto diviene operativo nel momento in cui l'abuso possa essere pregiudizievole al commercio tra gli Stati membri e si sviluppi sul mercato interno ovvero in una parte sostanziale di esso.

Gli articoli 101 e 102, non sono applicabili nelle ipotesi in cui il comportamento anticoncorrenziale viene imposto alle imprese da una normativa nazionale; restano invece applicabili nelle ipotesi in cui la normativa nazionale lasci sussistere la possibilità di una concorrenza che possa essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese10.

10 Sentenza Ladbroke Racing ; CNSD c. Commissione, T-513/93, sent.30

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23 Resta a questo punto da chiarire se una normativa nazionale del tutto scollegata da un comportamento palese delle imprese possa comunque determinare una violazione del diritto dell'Unione. La risposta della Corte è stata nel senso che l'incompatibilità di una normativa statale resta ancorata alla presenza di un comportamento delle imprese.

Al riguardo, è utile ricordare che l'art. 101, non considera come incompatibile ogni alterazione della concorrenza, ma solo quelle che siano il risultato di un comportamento delle imprese. Si tratta, di un divieto che è immediato, automatico ma non assoluto.

E' necessario che l'effetto anticoncorrenziale di una normativa statale sia in qualche modo collegato al comportamento delle imprese, e che questo ne costituisca direttamente o indirettamente una copertura.

1.3

I poteri della Commissione e la normativa sulla

concorrenza

Le norme appena esaminate sono state integrate da numerosi ed importanti atti del Consiglio e della stessa Commissione, che ne hanno disciplinato la concreta applicazione; in particolare il Regolamento 1/2003, del 16 dicembre 2002, che contiene l’insieme delle disposizioni rilevanti ai fini della attuazione dei principi di cui agli artt. 101 e 102 del Trattato .

dicembre 2000, Racc. p. II- 3929; (risulta altresì dalla giurisprudenza che l'applicazione dell'art. 82 del Trattato non va esclusa qualora l'essenza o la limitazione della concorrenza sia favorita da disposizioni di legge o regolamenti).

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24 Anzitutto va sottolineato che accordi e decisioni che rientrino nelle previsioni di cui all’art. 101, par. 1, ovvero l’abuso, di cui all’art. 102, sono vietati e perciò nulli, senza che occorra una previa decisione in tal senso. L’ intervento della Commissione può essere sollecitato attraverso una denuncia nel quale si contesta l’illegittimità di una intesa o di una pratica concordata o di una decisione, ovvero di un comportamento unilaterale di un’impresa in posizione dominante sul mercato. Legittimati ad attivare la procedura sono gli Stati membri ed i singoli individui che vi abbiano interesse, nonché d’ufficio anche la stessa Commissione. Nella procedura di verifica della compatibilità con la disciplina comunitaria, la Commissione gode di poteri di indagine molto ampi.

La Commissione rappresenta il motore centrale dell’intero sistema, nonché l’istituzione competente in via generale ad esercitare la propria funzione di vigilanza per la corretta applicazione del diritto concorrenziale.

La disciplina in proposito era prevista nel Regolamento n. 17/1962, ed è stata sostituita e rafforzata sensibilmente dal Regolamento 1/2003.

Quest’ultimo regolamento ha attuato il decentramento amministrativo in base al quale la maggior parte dei poteri antitrust della Commissione sono stati attribuiti alle autorità nazionali della concorrenza e alle giurisdizioni nazionali. Pertanto, le autorità nazionali, dal 2004, a seguito di una Comunicazione della stessa Commissione, sono competenti ad attuare per intero gli artt. 101 e 102 TFUE, predisponendo un efficace coordinamento nell’applicazione del diritto dell’Unione; infine nel Regolamento si

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25 tratta dell’ampliamento dei poteri sanzionatori e delle competenze della Commissione.

Il decentramento amministrativo ha alleggerito il carico del lavoro della Commissione, ed al contempo ha modificato le modalità di applicazione della normativa del Trattato sulla concorrenza grazie al rafforzamento di poteri istruttori e sanzionatori.

Originariamente, i poteri della Commissione sono stati previsti nel

Regolamento n. 17/1962, oggi non più in vigore, che ha

rappresentato il primo strumento di attuazione della normativa sulla concorrenza. Esso attribuiva alla Commissione poteri di indagine; richieste di informazioni amichevoli e decisioni; poteri di accertamento; controllo dei libri e documenti aziendali; spiegazioni orali; poteri sanzionatori; imposizione di ammende e penalità di mora.

Il nuovo Regolamento n. 1/2003 costituisce una vera e propria rivoluzione della concezione codificata nel Regolamento 17/1962, garantendo una sorveglianza efficace, ma nel contempo realizzando una semplificazione del controllo amministrativo. Ciò è possibile passando dal sistema centralizzato sviluppatosi col Regolamento n. 17/ 1962, ad un sistema di eccezioni direttamente applicabili, con attribuzioni di specifiche competenze alle autorità garanti nazionali nell’applicazione dell’attuale art. 101, par. 3 TFUE.

Si è passati dall’applicazione di un sistema caratterizzato dal principio secondo cui tutto è vietato tranne ciò che è consentito, ad un sistema in cui tutto è consentito tranne ciò che è vietato.

L’art 1 del Regolamento 1/2003, dispone infatti, che gli accordi, le decisioni, le pratiche concordate, ove non soddisfino i requisiti di cui all’art. 101, par. 3, sono vietati senza che occorra una previa decisione in tal senso. Parimenti, le intese che abbiano i requisiti di

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26 cui all’art 101, par.3, sono legittime senza che sia necessaria alcuna previa decisione in tal senso.

Analogamente ciò vale anche nelle ipotesi di sfruttamento abusivo di posizione dominante di cui all’art 102 TFUE.

Si introduce in questo modo un sistema di eccezione legale, che permette di determinare una analoga ed unitaria applicazione e valutazione degli artt. 101 e 102 TFUE, da parte delle autorità nazionali. L’avviamento di questo sistema ha poi richiesto un rinnovamento rilevante dei poteri concessi ex post alla Commissione nell’ambito di controllo, ed altresì una riformulazione dell’intero apparato sanzionatorio, con un significativo aumento delle ammende.

Il Regolamento 1/2003 contempla infatti un ampliamento dei poteri attribuiti alla Commissione nell’assolvimento dei compiti di indagine che le sono attribuiti.

In particolare, la Commissione può svolgere indagini di tipo conoscitivo nel settore economico, e rispetto al tipo di accordi conclusi. Può chiedere informazioni alle imprese e può raccogliere tutte le informazioni ritenute necessarie. Ovviamente nelle proprie richieste di informazione, la Commissione deve indicare la base giuridica e le conseguenze derivanti dall’aver fornito risposte inesatte o incomplete, indicandone le possibili sanzioni.

È altresì prevista la possibilità di raccogliere dichiarazioni dalle persone fisiche o dai legali rappresentanti delle persone giuridiche; la possibilità di realizzare accertamenti presso sedi delle società, ivi compresi i terreni, i mezzi di trasporto, i libri e le documentazioni aziendali, di estrarre copia dei documenti, di apporre sigilli,di chiedere informazioni su fatti relativi all’oggetto ed allo scopo dell’accertamento; infine è prevista la possibilità di svolgere accertamenti anche in luoghi diversi, quando vi siano motivi

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27 ragionevoli di sospettare che il materiale ricercato, è conservato in altri locali, terreni, mezzi di trasporto, nonché nel domicilio degli amministratori, o di altri membri del personale delle imprese.

1.4

Tutela della concorrenza tra Unione e autorità

nazionali

Lo stesso Regolamento 1/2003 interviene per la prima volta a disciplinare la materia dei rapporti tra normativa comunitaria e normative nazionali di concorrenza

.

Tale problema presenta vari profili, facendo riferimento da un lato, all’applicazione delle regole sulla concorrenza dell’Unione da parte delle autorità nazionali; dall’altro lato, al rapporto che si instaura tra le norme dell’Unione e le norme statali in materia di concorrenza.

È l’art. 3 del Regolamento 1/2003, a disciplinare il rapporto tra gli artt. 101 e 102 TFUE favorendone un’applicazione ampia e sistematica, e le legislazioni nazionali in materia di concorrenza. L’obbligo è diretto anche a garantire che i procedimenti delle autorità nazionali di concorrenza, suscettibili di pregiudicare gli scambi tra Stati membri, siano soggetti alle procedure di informazione e consultazione preventiva della Commissione, previste dal Regolamento11, al fine di assicurare un’applicazione

omogenea del diritto Antitrust comunitario.

Nel precedente Regolamento n. 17/1962, mancava una norma che disciplinasse le varie ed eventuali sovrapposizioni di competenza; la

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28 prassi applicativa si orientava nel senso che il diritto, allora “comunitario”, e quello nazionale erano simultaneamente applicabili alla medesima fattispecie.

L’art. 3 del Regolamento 1/2003, stabilisce a tali propositi, che quando le autorità garanti degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano la legislazione in materia di concorrenza, ad accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate, ai sensi dell’art. 101, par.1, TFUE, che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri ai sensi di tale articolo, esse applicano a siffatti accordi, decisioni o pratiche concordate,lo stesso articolo 101. Allo stesso modo, quando le autorità nazionali garanti della concorrenza o le giurisdizioni nazionali applicano la legislazione nazionale in materia di concorrenza agli sfruttamenti abusivi vietati dall’art.102, applicano allo stesso modo l’articolo 102.

È pacifico che i giudici e le amministrazioni nazionali devono far applicazione delle norme provviste di effetti diretti, in quanto le norme del Trattato non sono rappresentative di un’eccezione, e sono direttamente invocabili dinanzi al giudice che, in caso di conflitto tra norma comunitaria e norma nazionale, deve disapplicare la seconda. Le istituzioni degli Stati membri sono tenute a garantire che i singoli osservino gli obblighi loro imposti dal diritto dell’Unione.

La ragione è quella di realizzare in modo assolutamente completo e razionale, l’azione di decentramento, che rappresenta uno dei fondamenti del Libro Bianco della Commissione sulla modernizzazione, adottato nel 1999.

La disciplina oggi esistente può essere rappresentata da tre profili: il primo attiene all’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE da parte delle autorità nazionali; il secondo, conferma ancora una volta la preminenza del diritto dell’Unione nella coesistenza tra norme

(25)

29 dell’Unione e norme nazionali; il terzo, prevede una disciplina di coordinamento tra autorità nazionali e Commissione.

In questo modo viene confermato il principio della cedevolezza della legislazione nazionale antitrust, in presenza di fattispecie concrete che ricadono nell’applicazione del 101, non solo in caso di divieto ma anche in caso di non rilevanza o di esenzione. Per quanto riguarda il 102 invece, resta in vigore il sistema della “doppia barriera”, poiché si ribadisce che gli stati membri potranno vietare o sanzionare condotte unilaterali delle imprese in forza di disposizioni nazionali più rigorose.

Quanto al terzo profilo, sul coordinamento, lo stesso è disciplinato dal Regolamento 1/2003 nel suo capitolo IV, intitolato “cooperazione”.

La cooperazione richiede vari contatti tra le autorità, ed in particolare, si basa sullo scambio di informazioni e sull’assistenza nella raccolta delle prove e nelle ispezioni. Sul piano amministrativo, va segnalata la collaborazione all’interno della rete di autorità di concorrenza, che è composta dalle istituzioni pubbliche designate dagli Stati (per l’Italia, l’Autorità Antitrust), in conformità del Regolamento 1/2003 e dalla Commissione12.

12 V. Comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell'ambito della

rete delle autorità garanti della Concorrenza, in GUUE C 101, del 27 aprile 2004.

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30

CAPITOLO II

Rapporto tra concorrenza ed aiuti di Stato

2.1 La disciplina della concorrenza applicabile agli Stati

La disciplina della concorrenza, come si è già rilevato, traccia le regole di concorrenza applicabili alle imprese - relative alle intese, all’abuso di posizione dominante ed alle concentrazioni – e quelle relative agli aiuti concessi dagli Stati.

Le disposizioni relative agli aiuti concessi dagli Stati sono volte a garantire che la concorrenza tra imprese non sia falsata da aiuti che avvantaggino indebitamente talune imprese o talune produzioni rispetto alle loro concorrenti.

La ragion d'essere della politica comunitaria si fonda dunque, anche sul controllo degli aiuti di Stato, che sono parte integrante della politica di concorrenza comunitaria, e contribuiscono al mantenimento di mercati concorrenziali.

Dapprima il Trattato che istituiva la Comunità europea ( artt. 87-89 del TCE ) e, conseguentemente a Lisbona, il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea ( artt. 107-109 del TFUE ), contiene delle disposizioni sugli aiuti di Stato che sono complementari alle norme sulla concorrenza, anch'esse preordinate alla realizzazione di un regime di concorrenza non falsata, nella misura in cui sono dirette ad evitare che il sostegno finanziario pubblico conduca ad alterare la competizione ad armi pari tra le

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31 imprese all'interno del mercato comune13. Il Trattato infatti vieta gli

aiuti di Stato che falsano o minacciano di falsare la concorrenza sul mercato comune. Gli aiuti di Stato possono infatti determinare distorsioni della concorrenza, in quanto favoriscono determinate imprese o produzioni. Il controllo degli aiuti di Stato garantisce pertanto uguali condizioni di concorrenza per tutte le imprese operanti sul mercato interno.

Il Trattato autorizza tuttavia alcune deroghe quando gli aiuti presentano effetti positivi per l'Unione europea in generale. Infatti, gli aiuti di Stato risultano a volte molto utili per la realizzazione di obiettivi di comune interesse (servizi di interesse economico generale, coesione sociale e regionale, occupazione, ricerca e sviluppo, sviluppo sostenibile, promozione della diversità culturale, ecc.) e per correggere taluni "fallimenti del mercato". Per diverse ragioni (ad esempio esistenza di un potere di mercato, problemi di coordinamento tra gli operatori di mercato, ecc.), è possibile, in alcuni casi, che il mercato non funzioni in modo efficiente dal punto di vista economico. Gli Stati membri possono allora intervenire, concedendo aiuti pubblici. Così facendo, accrescono l'efficienza del mercato, che a sua volta genera crescita. La disciplina degli aiuti di Stato è inoltre complementare al regime del mercato interno, nella misura in cui un sostegno finanziario pubblico può rafforzare la competitività tra le imprese nazionali, sia sul mercato nazionale, rendendo più difficile e onerosa la penetrazione di imprese di altri Paesi dell'Unione, sia facilitando le esportazioni; dunque si risolve in una sorta di protezionismo, per ciò stesso contrario alla libertà degli scambi.

13 Riguardo l'applicabilità ratione temporis delle regole europee in materia di aiuti

di Stato, in linea di principio gli artt. 107-108 TFUE non riguardano gli aiuti concessi prima dell'adesione che non sono più applicabili dopo l'adesione;

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32 Gli aiuti di Stato possono dunque essere compatibili con il Trattato se realizzano obiettivi di comune interesse chiaramente definiti e se non falsano la concorrenza in misura contraria al comune interesse.

Il controllo degli aiuti di Stato consiste perciò nel trovare il giusto equilibrio tra gli effetti negativi sulla concorrenza e gli effetti positivi in termini di comune interesse, dove i previsti vantaggi in termini di comune interesse devono essere superiori alle distorsioni della concorrenza. Il Trattato affida questo compito alla Commissione europea.

Più in generale, la disciplina degli aiuti di Stato, nel prefigurare determinate deroghe al divieto generale ed una procedura di controllo della compatibilità con il mercato comune, consente alla Commissione di contribuire alla definizione di vere e proprie linee di politica industriale. Tale disciplina si pone, in questa prospettiva ed al pari delle norme sulle esenzioni in tema di concorrenza, al confine tra l'integrazione negativa fondata su semplici divieti, e l'integrazione positiva. L'attività di controllo della Commissione, infatti, pone nella sostanza una sorta di canalizzazione dell'intervento pubblico verso obiettivi di politica industriale che siano in sintonia con gli interessi dell'Unione.

Considerata la valenza degli aiuti di Stato, ed il rapporto fondamentale della normativa in materia di concorrenza con quella specifica degli aiuti di Stato, si deve affrontare il tema dell'intervento pubblico nell'economia e nell'attività delle imprese predisposto mediante misure statali, nonché sulle nozioni e le disposizioni comunitarie in materia, relazionate ai poteri della Commissione. Introdurre in tal modo gli aiuti applicabili alle imprese, per dare poi una trattazione completa sulla disciplina degli aiuti di Stato unitariamente considerati.

(29)

33

2.2.

L'intervento pubblico nell'economia ex art. 106

TFUE

Lo stato contribuisce attivamente a determinare l'assetto del mercato attraverso l'impresa pubblica, oppure partecipa solo indirettamente alle vicende del mercato, ma ne condiziona comunque l'assetto attribuendo con una misura statale ad un'impresa ( pubblica o privata) dei diritti speciali od esclusivi. In questi casi, l'intervento pubblico resta precluso solo qualora si esaurisca o si determini una violazione alle norme del Trattato.

La norma che disciplina attualmente tali ipotesi è l'art. 106TFUE.

Articolo 106 TFUE (ex articolo 86 del TCE)

1. Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 inclusi.

2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell'Unione.

3. La Commissione vigila sull'applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni.

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34 Tale norma, al paragrafo 1, vieta agli Stati membri di adottare nei confronti delle imprese pubbliche o delle imprese cui siano attribuiti diritti speciali od esclusivi misure che siano contrarie al Trattato, e specialmente al divieto di discriminazione in base alla nazionalità ed alle norme sulla concorrenza14.

Il paragrafo 2, ammette che le imprese incaricate della gestione dei servizi di interesse economico generale possono essere sottratte alla applicazione delle regole della concorrenza nei limiti in cui ciò si riveli necessario per l'adempimento della specifica missione loro affidata, sancendo da un lato la rilevanza del servizio pubblico nel sistema comunitario, dall'altro si sottolinea che vi sono comunque dei limiti da rispettare, collegati ad altri valori fondamentali.

L'art. 106 mira ad evitare che l'intervento pubblico nell'economia determini violazioni delle norme del Trattato, che consisterebbero in ostacoli agli scambi e alla libera prestazione dei servizi, o a casi di abuso di posizione dominante. La mera esistenza di un monopolio o di un regime di diritti esclusivi, o lo stesso abuso di posizione dominante, non è di per sé contraria al Trattato15.

Secondo l'art. 106 TFUE, gli Stati membri, pur liberi di operare delle scelte di politica economica o di creare dei regimi di monopolio, debbono evitare di sottrarre l'impresa pubblica o il monopolio al rispetto delle regole del mercato comune e della

14 sulle nozioni comunitarie di impresa pubblica e titolare di diritti speciali o

esclusivi, v. l'art. 2 della direttiva 2006/111 relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all'interno di talune imprese, recepita in Italia con D. Lgs. n. 226/2007. Inoltre sul carattere non autonomo della norma di cui al primo paragrafo dell'art 106, nel senso che va applicata congiuntamente alle altre disposizioni pertinenti del Trattato.

15 In questo senso la giurisprudenza si è espressa più volte e in modo chiaro. V.

ad esempio Corbeau , C-320/91, sent. 19 maggio 1993, Racc. p. I- 2533; ERT, C- 260/89, sent. 18 giugno 1991, Racc. p. I-2925.

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35 concorrenza. La giurisprudenza è costante nel senso che non è consentito adottare o mantenere in vigore delle misure che possano pregiudicare l'effetto dello stesso art. 106 TFUE, mentre la creazione da parte dello Stato membro di una posizione dominante attraverso l'attribuzione di diritti esclusivi non è, come tale, incompatibile con l'art. 10616. Di conseguenza non si può escludere

a priori che nella creazione di diritti esclusivi aut similia, si riscontri una violazione del Trattato, pertanto occorre verificare in concreto la singola fattispecie per stabilirne l'eventuale illegittimità.

Ormai sembra incontestata l'illegittimità di diritti esclusivi che abbiano ad oggetto l'importazione o la commercializzazione di beni o servizi; più incerta è invece la questione se ed entro quali limiti l'art. 106 induca a ritenere illegittimi i diritti esclusivi di produzione di beni o servizi.

Al riguardo la giurisprudenza, negli ultimi anni sembra fondarsi sulla premessa che gli stati membri non possono pregiudicare l'effetto utile delle norme a cui rinvia l'art. 106, n.1, ( in particolare le norme poste a tutela della concorrenza ), pur essendo dirette alle imprese. Ne consegue, ad esempio, che la creazione di una posizione dominante attraverso l'attribuzione di diritti esclusivi può essere incompatibile con l'art. 102, sebbene non lo sia, quando l'impresa che ne è titolare fosse necessariamente indotta ad abusarne.17 Allo stesso modo, l'estensione di un monopolio legale

ad un mercato distinto e contiguo è di per sé preclusa dagli artt. 106 n.1, e 102, quando non sia oggettivamente giustificata, senza che sia

16 ERT, sopra citata; Corbeau, sopra citata; Deutsche Post, C- 147/97, sent. 10

febbraio 2000, Racc. p. I- 825.

17 Corsica Ferries France (ormeggiatori Genova); merci convenzionali porto di

Genova, C- 179/90, sent. 10 dicembre 1991, Racc. p. I - 5889; Traco c. Poste Italiane, C- 340/99, sent. 17 maggio 2001, Racc. p.I -4109; Connect Austria, C- 462/99 sent. 22 maggio 2003, Racc. p. I- 5197; Commissione c. Deutsche Post, C- 399/ 08 P, sent. 2 settembre 2010; Belgio c. Deutsche Post e DHL International, C- 148/09 P, sent. 22 settembre 2011.

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36 necessario provare che un abuso sia stato effettivamente commesso18. Ciò deriva dal fatto che l'estensione del monopolio

incide su una situazione già alterata dall'esclusiva esistente e perciò finisce per sottrarre ulteriori settori alla concorrenza.

Le misure statali che in qualche modo riducono l'ambito del libero gioco della concorrenza sono dunque sottoposte alla verifica di compatibilità rispetto all'art. 106, e alle norme che si collegano di volta in volta a tale disposizione.

L'affermazione posta al 106, n.1, va letta congiuntamente al n.2 dello stesso articolo. Ciò significa che la concessione o il mantenimento di diritti speciali ed esclusivi sono sostanzialmente leciti solo rispetto ad imprese che effettivamente svolgono un ruolo di interesse generale o di servizio pubblico, e solo ed esclusivamente nella misura in cui le limitazioni alla concorrenza siano strettamente funzionali all'assolvimento di quegli obblighi di diritto pubblico19. Il 106, n.2, consente infatti ad imprese incaricate

della gestione di un servizio di interesse economico generale, di sottrarsi alla applicazione delle regole di concorrenza nei limiti in cui l'applicazione di tali regole impedisca la realizzazione dei compiti loro affidati, e sempre purché lo sviluppo degli scambi non

18 RTT c. GB-Inno, C- 18/88, sent. 13 dicembre 1991,Racc. p. I- 533; Raso, C-

163/96, sent. 12 febbraio 1998, Racc. p. I-533; Connect Austria, sopra citata. 19In quanto rappresenta una deroga alle norme del Trattato, l'art. 106 n.2, va interpretato in maniera restrittiva e la sua applicazione non può essere lasciata alla discrezione dello Stato membro interessato; v. Italia c. Commissione, 41/83, sent. 20 marzo 1985, Racc. p. 873; Air Inter c: Commissione, T- 260/94, sent. 19 giugno 1997, Racc. p. II- 997. V. anche, sul collegamento tra gli artt. 81, 82 e 86, divenuti oggi artt. 101,102 e 106 n. 2 TFUE, ERT, sopra citata.

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37 risulti compromesso. Lo stesso può dirsi in materia di aiuti di Stato, rispetto ai quali l'art 106, n.2 integra lo stesso limite20.

Lo scopo è di conciliare l'interesse dell'Unione all'osservanza delle regole di concorrenza e l'integrità del mercato unico con determinate scelte di politica economica e/o sociale degli Stati membri che si risolvano attribuendo ad alcune imprese il compito di perseguire un interesse economico generale21. Condizione per

l'applicazione del 106, n.2 è che il mantenimento della deroga sia necessario per l'assolvimento del compito assegnato all'impresa, sia essa pubblica o privata.

Le imprese che svolgono servizi di interesse economico generale, sono investite di una doppia funzione: una collegata al mercato e quindi alle regole inerenti al loro funzionamento; l'altra collegata invece ai bisogni primari di un Paese e dunque, non necessariamente risponde alle stesse regole del mercato, se non sotto il profilo della competitività, almeno sotto il profilo della economicità.

20 FESA c. Commissione (La Poste) T- 106/95, sent. 27 febbraio 1997, Racc. p.

II- 229; V. anche, sull'impugnazione, la successiva ordinanza della Corte: FFSA c. Commissione, C- 174/ 97 P, Sent. 25 marzo 1998, Racc. p. 1303; V. in un senso diverso, precisamente di lasciare al giudice nazionale la valutazione dell'inerenza dell'erogazione all'assolvimento dei soli oneri supplementari di servizio pubblico, Ferring, C- 53/00, sent. 22 novembre 2001, Racc. p. I 9067; si veda inoltre la decisione della Commissione del 28 novembre 2005, riguardante l'applicazione dell'articolo 86,paragrafo 2, del Trattato CE, oggi articolo 106, paragrafo 2 del TFUE, agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi d'interesse economico generale, in GUEL L 312, del 29 novembre 2005.

21 Commissione c. Paesi Bassi, C- 157/94, sent. 23 ottobre 1997, Racc. p. I-

5659. Su alcune ipotesi comprese nella nozione di interesse economico generale, Reiff, C- 185/91, sent. 17 novembre 1993, Racc. p. -5081; Delta C- 153/93, sent. 9 giugno 1994, Racc. p. I- 2517. Spediporto, C- 96/94, sent. 5 ottobre 1995, Racc. p. I- 2883; sull'equivalenza con la nozione di interesse pubblico, Librandi, C- 38/97 , sent. 1 ottobre 1998, Racc. p. I- 5955.

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38 I servizi pubblici, definiti servizi di interesse economico generale (SIEG), svolgono un ruolo essenziale per i valori comuni dell'Unione europea, apportando forte sviluppo economico e favorendo la coesione sociale e territoriale. Il trattato di Lisbona, riconosce il ruolo essenziale ai servizi di interesse generale (SIG), e l'importanza degli stessi viene anche ripresa nel nuovo protocollo n. 26 dai Trattati, ai sensi del quale i valori comuni dell'Unione comprendono: un alto livello di qualità, di sicurezza, di accessibilità economica; la parità di trattamento e la promozione dei diritti dell'utente, nonché l'ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali, di fornire, commissionare o organizzare servizi di interesse economico generale.

Le norme UE in materia di concorrenza non si applicano a tutti i SIG, ma soltanto a quelli di natura economica, ossia i SIEG. Così anche i servizi sociali di interesse generale (SSIG), che possono avere o meno natura economica, sono soggetti alle norme UE in materia di aiuti di Stato, solo se hanno effettivamente natura economica22.

Dalla "generosa" impostazione originaria, molti Stati si preoccupavano del fatto che si potesse alterare o danneggiare l'impianto dei Servizi pubblici, soprattutto in paesi dove tali servizi

22 Ai sensi dell'art. 2 protocollo n. 26, le disposizioni dei trattati lasciano impregiudicata la competenza degli Stati membri a fornire , commissionare o organizzare servizi di interesse generale non economico. Le attività che sono ritenute di natura economica per gli scopi delle norme in materia di concorrenza sono, ad esempio, quelle in materia di sicurezza della navigazione aerea, o della sorveglianza antinquinamento perché tali attività sono connesse all'esercizio di prerogative statali e all'adempimento delle responsabilità dello Stato nei confronti della popolazione. Analogamente, la gestione dei sistemi obbligatori di sicurezza sociale che perseguono un obiettivo esclusivamente sociale non è considerata un'attività economica agli scopi delle norme in materia di concorrenza.

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39 hanno carattere prettamente sociale più che economico. Ciò ha condotto gli Stati membri ad inserire, col Trattato di Amsterdam, nuove disposizioni in materia, in particolare l'art. 16, (ora art. 14 TFUE), in cui si richiama l'importanza dei servizi pubblici nell'ambito dei valori comuni dell'Unione; il Trattato prevede poi che Stati ed Unione provvedano, ognuno per le proprie competenze, affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i propri compiti. Con la nuova formulazione, il Parlamento ed il Consiglio, possono adottare Regolamenti che stabiliscano tali principi e fissino tali condizioni, facendo però salva la competenza degli Stati di fornire, finanziare e far eseguire i SIEG; nonché di salvaguardare l'obbligo di leale cooperazione e le norme che disciplinano gli aiuti di Stato e quelle che concernono le imprese pubbliche e/o beneficiarie di diritti speciali o esclusivi23.

La norma mira dunque a realizzare un equilibrio non sempre facile, tra obiettivi e scelte degli Stati membri, tra rispetto delle regole della concorrenza ed esigenze di servizio pubblico24.

23 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al

Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, Riforma delle norme UE in materia di aiuti di Stato relativamente ai servizi di interesse economico generale, Bruxelles, 23 marzo 2011, COM ( 2011) 146 def.

24 V. Libro Bianco sui servizi di interesse generale e Decisione della

Commissione del 20 dicembre 2011, riguardante l'applicazione delle disposizioni dell'art. 106, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di Stato sottoforma di compensazione degli obblighi di Servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione dei servizi di interesse economico generale, in GUUE L7, dell'11 gennaio 2012, che abroga la decisione 2005/842 CE a partire dal 31 gennaio 2012.

V. anche Regolamento UE n. 360/2012, della Commissione del 25 aprile 2012 relativo agli aiuti de minimis ad imprese che forniscono servizi di interesse economico generale , in GUUE L 114 del 26 aprile 2012 che rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2018.

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40

2.3 I poteri di controllo della Commissione ex art. 106,

n.3 TFUE

La deroga di cui all'art. 106, n. 2, va letta anche in funzione dei poteri che la medesima norma nel suo insieme attribuisce alla Commissione. Ne deriva che l'applicazione della deroga al caso concreto non può essere lasciata alla sola valutazione dello Stato membro, in quanto il Trattato ha affidato alla Commissione il compito di vigilare in questa materia sulla corretta applicazione delle norme (art. 106, n.3 TFUE)25.

In ultima analisi, dobbiamo dunque osservare il paragrafo 3 dell'art. 106, che attribuisce alla Commissione l'obbligo di vigilare sull'applicazione della norma. Compito di vigilanza riferito alle misure adottate dagli Stati membri nei confronti delle imprese pubbliche o titolari di diritti esclusivi o speciali.

Rileva con chiarezza che le decisioni e le direttive che la Commissione può adottare rientrano a pieno titolo tra gli atti vincolanti di cui all'art. 288 TFUE26. Progressivamente si è

precisata la natura e l'ampiezza dei poteri della Commissione,con una giurisprudenza non sempre chiara e condivisibile soprattutto con riguardo al rapporto tra i poteri della Commissione e quelli

25 V. Art. 106, n.3 "3. La Commissione vigila sull'applicazione delle disposizioni

del presente articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni".

26 V. art. 288 TFUE: "Per esercitare le competenze dell'Unione, le istituzioni

adottano regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri.

Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi.

La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi.

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41 normativi del Consiglio; e la differenza tra i poteri della Commissione ex art 106.

Alla luce dei successivi interventi, la Corte ha rilevato la portata generale dei poteri attribuiti al Consiglio, in tema di ravvicinamento delle legislazioni nazionali sul mercato interno e di concorrenza, sottolineando la competenza ad adottare tutti i regolamenti e le direttive utili ai fini dell'applicazione delle norme sulla concorrenza27. Viceversa, il 106, riguarda l'ipotesi specifica di

misure statali adottate dagli Stati membri nei confronti delle imprese con le quali sussistono relazioni economiche particolari, con la conseguenza che le direttive e le decisioni sono finalizzate esclusivamente al controllo di tali misure. Ciò vuol dire che la competenza della Commissione è più ristretta e specifica rispetto a quella del Consiglio specificata da altre norme del trattato28.

Altra questione che ha destato numerosi dibattiti, è quella inerente al rapporto tra il potere della Commissione di adottare direttive e decisioni ( ex art.258), nei confronti di uno o più Stati membri inadempienti.

In una prima occasione è stata contestata la scelta di una direttiva ex art. 106 n.3, in luogo della procedura d'infrazione ex art. 25829,

articolata sulla contestazione degli addebiti, sulla difesa degli Stati e sul ricorso alla Corte perché riconosca l'esistenza dell'infrazione30.

27 Francia, Italia, Regno Unito c. Commissione, 188-190/80, sent. 6 luglio 1982,

Racc. p. 2545; Francia c. Commissione, 202/88, sent. 19 marzo 1991, Racc. p. I-1223.

28 Francia c. Commissione, sopra citata.

29V. procedura d'infrazione ex art. 258 TFUE: "La Commissione, quando reputi

che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni.

Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia dell'Unione europea".

30 Francia c. Commissione; Attribuzione di diritti esclusivi di importazione,

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42 Rilevante è che all'interno della procedura d'infrazione, già prima della fase contenziosa,sussiste una precisa garanzia di rispetto del principio del contraddittorio. D'altra parte in tema di aiuti, l'art. 108 n.2, conferma che quando è la Commissione in luogo della Corte a dichiarare l'infrazione è comunque assicurato il principio del contraddittorio da rispettare sin dalla fase precontenziosa. La Corte in tale occasione ha affermato che la Commissione ha il potere di precisare in via generale le obbligazioni che derivano dal Trattato. Ne consegue che il 106 n.3, ne concretizza gli obblighi che sono imposti ai singoli Stati31. La direttiva in questione non conteneva

altro che la contestazione di alcune violazioni del Trattato da parte di un certo numero di Stati e ne imponeva la rimozione32.

In sostanza il potere della Commissione ai sensi dell'art. 106, n.3, è una sorta di procedura di infrazione rovesciata, nel senso che prima la Commissione precisa gli obblighi, poi, spetta agli Stati aprire un contraddittorio con l'istituzione e far valere dinanzi al giudice dell'Unione i profili di illegittimità in questione.

In un'occasione successiva, il problema si è posto con maggiore evidenza, in quanto si trattava di una decisione, presa sulla base dell'art. 106 n.3, dunque su di un atto individuale. In essa la Commissione contestava ad uno Stato membro la violazione degli artt. 106 e 102 relativamente ad una normativa nazionale sul servizio postale. La Corte ha affermato che la decisione ex art. 106 n. 3, implica una valutazione dei fatti concreti e "determina le

di telecomunicazione incompatibile col diritto dell'Unione. (art. 106 TFUE letto congiuntamente agi artt. 37 TFUE, 56 TFUE e 102 TFUE, ne imponeva l'abolizione).

31 Paesi Bassi c. Commissione, C- 48 e 66/90, sent. 12 febbraio 1992, Racc. p. I-

565.

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