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(1)

SOLUZIONE SIMULAZIONE SECONDA PROVA DEL 28 FEBBRAIO 2019

Marco Monaci

1Liceo Scientifico G. Marconi (5F)

PRIMO PROBLEMA

:

Si consideri la funzione q(t) = at · ebt

1.1 Primo punto

Calcoliamo la derivata prima della funzione: q0(t) = aebt+ abtebt

q0(t) = (a + abt) ebt

E studiamo quando si annulla. Poiché ebt, essendo un

esponenziale, non è mai uguale a zero, allora dobbiamo studiare solo il pezzo polinomiale. Abbiamo quindi:

a + abt = 0

Quindi una soluzione (triviale) è a = 0, che però indica la funzione costante q(t) = 0.

Alternativamente dobbiamo porre: 1 + bt = 0 Da cui ricaviamo che:

b = −1 t

Se b > 0, l’unico modo per ottenere un valore nullo per la derivata è imporre t < 0. In questo caso siamo in presenza di un minimo, perché per t < −1/b abbia-mo valori della derivata negativi, mentre per t > −1/b abbiamo valori positivi della derivata.

Stesso discorso se abbiamo che b < 0. In questo caso la derivata si annulla solo se t > 0. Qui siamo in presenza di un massimo, perché per t < −1/b abbiamo valori positivi della derivata, viceversa per t > −1/b abbiamo valori negativi.

Nel caso in cui a < 0, le situazioni descritte sopra sono invertite.

Figura 1:I quattro casi possibili. La curva 1 rappresenta il caso dove sia a che b siano positivi e presenta un minimo per t < 0. La curva 2 rappresenta il caso in cui a è negativo ma b è positivo e presenta un massimo per t < 0. La curva 3 rappresenta il caso in cui a è positivo e b è negativo (che poi è il caso utilizzato in questo problema) e presenta un massimo per t > 0. Infine l’ultimo caso si ha per a e b minore di zero, e presenta un minimo per t > 0.

In Figura 1 possiamo vedere un riassunto dei quattro casi possibili.

Imponiamo ora che il massimo sia: B

 2,8

e 

Quindi sostituendo tali valori nell’espressione della derivata otteniamo: 8 e = a  −1 b  e−1 8 e = − a b 1 e −a b = 8 a = −8b

L’altra condizione è che t = −1b, ma t = 2, quindi: −1

b = 2 −→ b = − 1 2

Da cui a = 4, sostituendo nell’espressione trovata precedentemente.

In definitiva la legge cercata è: q(t) = 4t · e−t/2

1.2 Secondo punto

Il secondo punto ci chiede semplicemente lo studio della funzione:

q(t) = 4t · e−1/2t

Il campo di esistenza della funzione è tutto R, infatti: • Il pezzo polinomiale 4t ha dominio pari a R; • Il pezzo esponeziale e−t/2

ha dominio pari a R. Le intersezioni invece le troviamo imponendo le due condizioni classiche:

( t = 0 q(t) = 0

Per t = 0 otteniamo q(0) = 0, quindi l’origine è punto di intersezione.

Imponendo invece:

q(t) = 0 = 4t · e−t/2

Troviamo di nuovo t = 0, in quanto l’esponenziale non diverrà mai uguale a zero, quindi è solo il pezzo polinomiale che può essere uguale a zero.

In definitiva l’unica intersezione è l’origine, ovvero (0, 0).

Anche lo studio del segno non è difficile, infatti la parte esponenziale sarà sempre positiva, in quanto e−t/2> 0

∀x ∈ R.

L’unico pezzo da studiare è 4t > 0, ovvero quando t > 0. La funzione è quindi globalmente positiva per t > 0 e negativa per t < 0.

I limiti da fare sono solo quelli per x −→ ∞ e per x −→ −∞.

lim

x→∞4t · e

(2)

Per gerarchia degli infiniti. Tuttavia possiamo anche applicare Hopital, basta scrivere la funzione come:

q(t) = 4t et/2 Derivare: 4 1 2e t

E poi effettuare il limite: lim x→∞ 4 1 2et = 4 ∞ = 0 L’altro limite: lim x→−∞4t · e −t/2= −∞ · ∞ = −∞

Effettuiamo ora il calcolo della derivata prima: q0(t) = 4e−t/2+ 4t  −1 2  e−t/2 q0(t) = 4e−t/2− 2te−t/2 q0(t) = (4 − 2t) e−t/2

Studiamo quindi il segno della derivata prima: q0(t) > 0

(4 − 2t) e−t/2> 0 (4 − 2t) > 0 t < 2

Quindi abbiamo che la funzione è crescente per t < 2, mentre è decrescente per t > 2. Ciò significa che per t = 2abbiamo un punto di massimo.

Adesso passiamo al calcolo e allo studio della derivata seconda: q00(t) = −1 2e −t/2(4 − 2t) + e−t/2(−2) q00(t) = e−t/2  −1 2(4 − 2t) − 2  q00(t) = e−t/2(−2 + t − 2) q00(t) = (t − 4) e−t/2

Lo studio del segno è facile, in quanto t > 4 la conca-vità è rivolta verso l’alto. Nelle altre parti la concaconca-vità è rivolta verso il basso. Sostituendo t = 4 nella funzione q(t)troviamo la coordinata y del punto di flesso:

F 

4;16 e2



Infine per trovare la retta tangente al punto di flesso, basta inserire nella derivata prima il valore t = 4 per trovare il valore del coefficiente angolare:

q0(4) = e−4/2(4 − 8) = −4 e2

Quindi ricordandosi l’equazione della generica retta: y = mx + q

E sfruttando la condizione di passaggio proprio per il punto F 4;16e2 possiamo scrivere:

16 e2 = − 4 e2 + q q = 32 e2

Abbiamo tutte le informazioni per scrivere l’equazione della retta tangente:

y = −4 e2x +

32 e2

In Figura 2 riportiamo il grafico della funzione e della retta tangente al punto di flesso.

Figura 2:Il grafico della funzione q(t). E’ inoltre riportata la retta tangente per il punto di flesso, con una linea tratteggiata. Il rombo rosso rappresenta il massimo, mentre il cerchio rosso rappresenta il punto di flesso.

1.3 Terzo punto

Determinare le dimensioni fisiche significa stabilire se a e b abbiano le dimensioni di un tempo, di una lunghezza, di una corrente eccetera. Sappiamo che la funzione ci fornisce la carica, che viene espressa in Coulomb (C), quindi l’espressione:

at · ebt

Deve avere le dimensioni di una carica (C). Innanzitut-to è necessario ricordarsi che l’esponenziale è sempre un numero puro, quindi bt deve essere un numero puro. Se t ha le dimensioni di un tempo (T), allora affinché il prodotto bt sia puro è necessario che b abbia le dimen-sioni di un tempo alla meno uno, ovvero T−1. A questo

punto resta da sistemare solo il pezzo at. Anche qui, poiché at deve avere le dimensioni di una carica, deve essere per forza:

a |{z} C T · t |{z} T

Quindi in definitiva a ha le dimensioni di una carica fratto un tempo, che è l’ampere (A).

Sappiamo che possiamo esprimere la corrente come la quantità di carica che attraversa un conduttore in un certo intervallo di tempo, ovvero:

I = ∆Q ∆t

Se prendiamo un intervallo molto piccolo possiamo scrivere:

I =dQ dt

Ovvero la corrente è la derivata temporale della ca-rica. Ma noi la derivata l’abbiamo già calcolata, quindi possiamo scrivere per la corrente:

(3)

Per trovare il valore massimo e minimo della corrente è necessario farne la derivata, che è la nostra derivata seconda già calcolata.

Attenzione però perché in questo caso dobbiamo con-siderare il vincolo t ≥ 0. Infatti per t = 0 abbiamo la corrente massima, mentre per t = 4, come abbiamo già calcolato per la derivata seconda, abbiamo un minimo.

Tutto è più chiaro se consideriamo la Figura 3 che riporta sia la carica che la corrente in funzione del tempo.

Figura 3:Grafico che riporta sia la carica in funzione del tempo, sia la corrente che scorre nel circuito. Si vede bene che il massimo della corrente è per t = 0, mentre il minimo lo abbiamo per

t = 4dove abbiamo una correntenegativa. Notare come

giustamente per il punto t = 2 non scorra corrente, ovvero la derivata prima della carica sia nulla.

Infine per calcolare il valore al quale la corrente si assesta per t −→ ∞ basta per l’appunto prendere il limite t → ∞ della corrente stessa:

lim

t→∞(4 − 2t)e

−t/2= 0

Per gerarchia degli infiniti, oppure eseguendo Hopital. Ciò è comunque ben visibile dal grafico in Figura 3.

1.4 Quarto punto

In questo caso dobbiamo calcolare la carica totale che fluisce nel conduttore. Per fare questo scriviamo la corrente:

i(t) =dq

dt = (4 − 2t)e

−t/2

Possiamo moltiplicare ambo i membri per dt1:

dq = (4 − 2t)e−t/2dt Integrando ambo i membri:

Z t0 0 dq = Z t0 0 (4 − 2t)e−t/2dt Qtot= 4te −t/2 t0 0 Quindi sostituendo: 4t0e−t0/2

E prendendo il limite t → ∞ vediamo che la carica totale tende a zero, come si può evincere anche dal grafico della carica in funzione del tempo.

1Questa è una operazione molto freestyle. Non lo dite ai matematici, dato che non è così che andrebbe fatto. Ma noi siamo fisici e non lo sappiamo, quindi lo facciamo lo stesso, perché funziona.

Se ora consideriamo un circuito con una resistenza pari a 3Ω possiamo scrivere la potenza dissipata per effetto Joule:

P = i2R

Ma sappiamo che la potenza non è altro che una energia fratto un tempo, ovvero:

dE dt = i

2R

Ovvero:

dE = i2Rdt

Integrando ambo i membri troviamo l’energia totale dissipata:

Etot=

Z t0

0

3(4 − 2t)2e−tdt

Dove ho sostituito la corrente con l’espressione i(t) = (4 − 2t)e−t/2. Il problema non ci chiede di risolvere tale

integrale, tuttavia a onor di cronaca il risultato è: Etot= −12e−t0 t20− 2t0+ 2



Dove si vede che la potenza dissipata tende a zero per valori molto grandi di t (e questo torna in quanto anche la corrente che scorre nel circuito tende a zero).

SECONDO PROBLEMA

:

Il problema può essere schematizzato come riportato in Figura 4.

Figura 4:La situazione grafica del secondo problema

Abbiamo inoltre che: (

Q1= 4q

Q2= q

2.1 Primo punto

Per ragioni di simmetria il punto P deve trovarsi sull’as-se y, in quanto per il principio di sovrapposizione dei campi in nessun altro punto del piano è possibile che i due vettori del campo elettrico generati dalla carica 1 e dalla carica 2 si annullino. Infatti affiché questo avvenga è necessario che i due vettori giacciano sulla stessa direzione, e questo può accadere solo se il pun-to P è allineapun-to con le altre due cariche. Detpun-to quespun-to, indichiamo con y proprio l’ordinata del punto P (infatti

(4)

per il ragionamento appena fatto sappiamo che la sua xsarà uguale a zero).

Scriviamo quindi i campi elettrici a cui è sottoposto il punto P :

(

E1= kQy21

E2= k(1−y)Q2 2

Inoltre sappiamo che affinché ci sia equilibrio deve essere E1= E2, ovvero: k4q y2 = k q (1 − y)2 E semplificando ottengo: 4 y2 = 1 1 + y2− 2y

Da cui con qualche passaggio algebrico è possibile trovare la y:

y1,2 =

8 ±√64 − 48 6 Che quindi fornisce due soluzioni:

y1= 2 y2=

2 3

Ci sono due soluzioni, infatti ci sono due punti in cui i campi sono uguali. Tuttavia il punto y = 2 non è accettabile, perché è situato sopra entrambe le cariche, quindi in quel punto i vettori del campo elettrico sono sì uguali, ma hanno stesso verso e stessa direzione (e infatti il punto P si allontanerebbe verso l’alto). Invece il punto y = 2/3 è accettabile trovandosi fra le due cariche.

Il punto P è sempre instabile. Infatti per come è "fatto" il campo elettromagnetico non è mai possibile generare punti di equilibrio stabile con qualunque configurazione di carica. In maniera più rigorosa basta fare la derivata del campo elettrico totale e vedere che il punto y = 2/3 è un punto di massimo, ovvero di equilibrio instabile.

2.2 Secondo punto

Consideriamo la situazione generica riportata in Figura 5.

Figura 5:La situazione generale nel caso del punto 2.

In generale l’energia potenziale elettrica si può scrivere nel seguente modo:

U = kQ1Q2 r

Dove r è la generica distanza fra le due cariche. Quin-di dalla figura è facile calcolare r, se inQuin-dichiamo con x l’ascissa della carica 2, con il teorema di Pitagora:

r =px2+ 1

A questo punto è sufficiente sostituire a Q1 e a Q2le

cariche e ad r l’espressione appena trovata: U = k 4q

2

√ x2+ 1

Che è proprio la funzione proposta.

2.3 Terzo punto

Per semplificare la scrittura poniamo tutte le costanti uguali a b, ovvero:

b = 4kq2

In questo modo la funzione da studiare si semplifica: U =√ b

1 + x2

Partiamo dalle condizioni di esistenza. In questo ca-so l’unica cosa che può dare problemi è la radice, ma notiamo la seguente cosa:

p

1 + x2> 0 ∀x ∈ R

Infatti quello che c’è sotto radice è sempre positivo, e quindi la radice non dà mai problemi. Quindi in definitiva il campo di esistenza è tutto R.

Si nota anche abbastanza bene che la funzione è pari, in quanto ha la stessa espressione sia per U (x) che per U (−x), essendo x elevato alla seconda.

Vediamo ora le intersezioni. Se poniamo x = 0 otte-niamo U (0) = b, che è l’intersezione con l’asse y. Invece troviamo le intersezioni con l’asse x:

0 = √ b x2+ 1

Ma b è una costante, quindi non può mai essere ugua-le a zero, e il denominatore di certo non può "creare" intersezioni con l’asse x. quindi globalmente non ci sono intersezioni con l’asse x.

Anche il segno non è difficile, infatti abbiamo detto che il numeratore è sempre positivo, esattamente come il denominatore. Risulta quindi che U (x) > 0 ∀x ∈ R.

Studiamo ora i limiti. Gli unici limiti da studiare sono per x → ∞ e per x → −∞. Essendo molto facili, studiamoli assieme: ( limx→−∞U (x) = √xb2+1 = b ∞= 0 limx→∞U (x) = √xb2+1 = b ∞ = 0

Quindi c’è un asintoto orizzontale, ovvero la funzione tende a zero sia per x → ∞ che per x → −∞.

Le derivate non sono difficili, ma sono rognose. Ini-ziamo con la derivata prima, che è la derivata di un rapporto: U0(x) = − bx √ x2+1 1 + x2 U0(x) = − bx (1 + x2)1 + x2

(5)

Studiamone ora il segno. Abbiamo che il denominato-re è sempdenominato-re positivo, in quanto prodotto di due termini sempre positivi. Dobbiamo studiare solo il numeratore:

−bx > 0

Ma b è sempre positivo quindi non ci sono problemi. Dobbiamo quindi studiare solo −x > 0, ovvero x < 0. Quindi per x < 0 la funzione è crescente (derivata po-sitiva), mentre per x > 0 la funzione è decrescente in quanto la derivata è negativa. Per x = 0 abbiamo quindi un punto di massimo.

Adesso partiamo con la derivata seconda, che invece è più rognosa.

U0(x) = − bx

p(1 + x2)2(1 + x2)

U0(x) = − bx p(1 + x2)3

Sistemata in questo modo, inizio con i calcoli:

U00(x) = −bp(1 + x2)3+ bx6x(1+x2)2 2√(1+x2)3 (1 + x2)3 U00(x) = −bp(1 + x2)3+3bx2(1+x2)2 (1+x2)3 (1 + x2)3

Poi moltiplicando e dividendo numeratore e denomi-natore perp(1 + x2)3(per semplificare) ottengo:

U00(x) = −b(1 + x

2)3+ 3bx2(1 + x2)3

p(1 + x2)3(1 + x2)3

Studiamone ora il segno. Per grazia di Newton il denominatore è sempre positivo in quanto prodotto di due fattori sempre positivi. Sistemiamo quindi il numeratore:

−b(1 + x2)3+ 3bx2(1 + x2)3> 0

(1 + x2)2−b(1 + x2) + 3bx2 > 0

Anche qui ci semplifichiamo la vita, in quanto (1 + x2)2

è sempre positivo, quindi la derivata seconda, che tanto sembrava tignosa, si riduce ad una semplice equazione di secondo grado:

−b − bx2+ 3bx2> 0

Fra le altre cose b si elimina, quindi rimane solo: −1 + 2x2> 0

Che è una equazione pura. Poiché è una parabola rivolta verso l’alto, prendo i valori esterni, quindi la concavità della funzione è rivolta verso l’alto per valori:

x < − √ 2 2 ∨ x > √ 2 2 Quindi abbiamo che x = ±

√ 2

2 sono i due flessi cercati.

Sostituendo tali valori nella derivata prima troviamo i coefficienti angolari delle rette tangenti ai punti di flesso, ovvero (per favore fatemi risparmiare i calcoli!):

m = ± 2b 3√3

A questo punto abbiamo tutte le informazioni per dise-gnare il grafico della funzione e il grafico della derivata della funzione, come riportiamo in Figura 6. Il grafico della derivata può essere dedotto dalle informazioni che abbiamo dal grafico e dalla derivata seconda, infatti:

• Dove la derivata seconda è nulla la derivata prima presenta un massimo o un minimo;

• Dove la funzione cresce la derivata prima è positi-va, dove la funzione decresce la derivata prima è negativa;

• Dove la funzione presenta dei punti di massimo o di minimo, la derivata prima interseca l’asse delle x.

Con tali informazioni di solito è facile costruire un grafico ipotetico sulla derivata prima.

Figura 6:Il grafico della funzione proposta è in rosso, con indicati il punto di massimo (pallino blu) e i flessi (rombi blu). E’ inoltre riportato in blu il grafico della derivata prima. Notare come nei punti di flesso la derivata prima abbia un massimo o un minimo.

In particolare si vede che la derivata prima è dispari, in quanto simmetrica rispetto al punto d’origine.

2.4 Quarto punto

E qui occhio. Infatti se uno si mette a calcolare l’integra-le la situazione diventa rapidamente granguignol’integra-lesca 2.

Tuttavia basta notare un paio di cose:

• La funzione da integrare è dispari, in particolare per x < 0sarà negativa, mentre per x > 0 sarà positiva; • Gli intervalli di integrazione sono simmetrici

rispetto all’origine (±m).

Quindi abbiamo due aree uguali ma di segno opposto, una a destra di x = 0 e una a sinistra (guardare il grafi-co della derivata prima). Quindi molto semplicemente l’integrale proposto:

Z m

−m

U0(x)dx E’ pari a zero.

Qualora uno volesse imbarcarsi nella risoluzio-ne analitica dell’integrale si può optare per una sostituzione: − Z √ 2/2 −√2/2 bx (1 + x2)1 + x2dx

2Dal teatro parigino Grand Guignol, che proponeva spettacoli particolarmente raccapriccianti e macabri.

(6)

Sapendo che m = ±√2/2. Qui esce facile una sostitu-zione t = 1 + x2, effettuata la quale dobbiamo calcolare

il differenziale:

dt = 2xdx Da cui ricaviamo:

dx = dt 2x

Sostituendo nell’integrale otteniamo: − b Z √ 2/2 −√2/2 x t√t dt 2x − b Z √ 2/2 −√2/2 1 t√tdt − b Z √ 2/2 −√2/2 t−1t−1/2dt − b Z √ 2/2 −√2/2 t−3/2dt E questo si può facilmente risolvere:

−1 2t −1/2 √ 2/2 −√2/2 = 0

PRIMO QUESITO

:

Consideriamo la seguente funzione: g(x) =

( 3 − ax2

b x−3

Definita rispettivamente per x ≤ 1 e per x > 1. Affinché sia derivabile in tutto il dominio, deve essere anche continua. Quindi stabiliamo la continuità:

3 − a = −b 2 Deriviamo ora la funzione:

g0(x) = (

−2ax − b

(x−3)2

E imponiamo che siano uguali per x = 1: −2a = −b

4

Queste due condizioni possono essere messe a sistema, ottenendo come risultato:

( a = −1 b = −8

Visto che non sappiamo né leggere né scrivere, in Figura 7 è riportato il grafico con la soluzione. Effetti-vamente per i valori trovati la funzione è derivabile (e quindi continua).

SECONDO QUESITO

:

Prendiamo la funzione y = 2e1−|x|e notiamo che è pari,

infatti rimane uguale se operiamo la sostituzione x −→ −x. Possiamo immaginare il rettangolo "appoggiato" sull’asse x, avente come punto medio proprio l’origine degli assi. Quindi abbiamo che il lato di base misura 2x, mentre l’altezza sarà uguale a f (x) = y.

Figura 7:Grafico relativo al quesito 1. La funzione rossa è riferita alla parte x ≤ 1, mentre la funzione blu è riferita alla parte

x > 1.

Scriviamo l’area del rettangolo inscritto: A = 2xy

E sostituiamoci la y, ovvero la nostra funzione. Possia-mo eliminare il valore assoluto, in quanto ci limitiaPossia-mo a studiare il caso x > 0 (perché per x < 0 il problema è completamente simmetrico, essendo la funzione pari).

A = 2x2e1−x A = 4xe1−x

Deriviamo tale area per poi cercare i punti di massimo e di minimo:

A0= 4e1−x+ 4xe1−x(−1) A0= 4e1−x− 4xe1−x A0= e1−x(4 − 4x) = 0

Ora la parte esponenziale non può essere mai uguale a zero, quindi deve esserlo la parte polinomiale, ovvero:

4 − 4x = 0 Ovvero per x = 1.

Poiché il lato di base è 2x, abbiamo che la base è lunga proprio 2, mentre l’altezza sarà f (2) = 2e0= 2, quindi

siamo in presenza di un quadrato. Se scriviamo il perimetro come:

P = 2(2x + y) P = 4x + 4e1−x Possiamo derivarlo:

P0= 4 + 4e1−x(−1) P0= 4 − 4e1−x

Ponendo uguale a zero la derivata otteniamo: 4e1−x= 4

e1−x= 1 1 − x = ln 1 1 − x = 0 x = 1

(7)

Figura 8:Impostazione grafica per il quesito 2.

Quindi per x = 1 abbiamo anche un punto di massimo (o di minimo) per il perimetro. Un rapido studio del segno ci fa vedere come questo sia un minimo. Quindi in definitiva il quadrato è il rettangolo con l’area massima e il perimetro minimo.

In Figura 8 si può vedere in rosso la funzione proposta e in nero il rettangolo che massimizza l’area e minimizza il perimetro (ovvero il quadrato).

TERZO QUESITO

:

Siccome rimetto tutte le volte la pallina estratta nella scatola, la probabilità del primo evento non mi condi-ziona gli altri eventi. In altre parole abbiamo sempre 16 palline nella scatola.

La probabilità di pescare esattamente il numero 10 è: P1= 1/16

La probabilità di estrarre un numero minore di 10 è dato dai casi favorevoli fratto i casi possibili, ovvero:

P2= 9/16

Stesso discorso per P3= 9/16. Quindi la probabilità

totale è data da: Ptot= P1P2P3= 1 16 9 16 9 16 = 81 4096 ' 0.019 = 1.9% Il secondo punto è invece più rognoso, perché l’estra-zione della prima pallina mi modifica la probabilità degli altri eventi (probabilità condizionata). Infatti voglia-mo che si verifichino contemporaneamente i due eventi: 1) esca il numero 13, 2) non escano il 14, 15 e 16.

Calcolare il primo evento è abbastanza facile, perché ho 5 possibilità di estrarre il 13, ovvero:

P1= 5/16

Ora dobbiamo calcolare che non escano il 14,15,16. I casi possibili sono:

13! 5!(13 − 5)! Mentre i casi possibili sono:

12! 4!(12 − 4)!

Facendo il rapporto fra i casi favorevoli e i casi possi-bili si ottiene 5/13. Adesso moltiplicando questa proba-bilità per quella trovata precedentemente troviamo la probabilità totale:

Ptot=

25

208 ' 0.120 = 12%

QUARTO QUESITO

:

Questo quesito è veramente maligno in quanto la parte "logica" si esaurisce molto presto e viene soppiantata da lunghissimi ed inutili calcoli che non ripetiamo. Ri-fiutandomi di ricopiare tutti i conti, vediamo quali sono i passaggi logici da effettuare:

• Il fatto che abbia due asintoti verticali per x = −3 e per x = 1 significa che queste due sono soluzioni del denominatore, in quale per questi due valori scoppia e fa andare all’infinito tutta la funzione. Avendo due soluzioni, sarà di almeno secondo grado, e possiamo scrivere il denominatore come (x + 3)(x − 1); • Il fatto che incontri l’asse x nei punti di ascissa x =

−1 e x = 2 significa che queste due sono soluzioni del numeratore, quindi vuol dire che deve essere di almenosecondo grado;

• Ed ora calma e gesso. Poiché ci dice che per la seconda soluzione la funzione è tangente, effettiva-mente ci sta dicendo che la soluzione non è una sola, ma sono due coincidenti. Infatti se ci fac-ciamo caso non è possibile per una parabola avere due soluzioni, e in una essere addirittura tangente all’asse x. Questa sottigliezza perversa ci indica che il grado del numeratore deve essere almeno pari a 3. In definitiva possiamo scrivere il denominatore come (x + 1)(x − 2)(ax − b), dove i primi due termini sono relativi alle soluzioni, e infatti per x = −1 e per x = 2il numeratore si annulla, ed inoltre abbiamo aggiunto un ulteriore pezzo generico per aumentare il grado fino al terzo.

Quindi in definitiva la funzione sarà del tipo: y = (x + 1)(x − 2)(ax − b)

(x + 3)(x − 1)

Imponendo la condizione di passaggio si ottiene una prima condizione per a e per b.

Eseguendo la derivata prima (da arresto) ed imponen-do che in x = 2 si azzeri (infatti è tangente) otteniamo la seconda condizione per a e per b. Dopodiché si met-te a sismet-tema quello che si è trovato e si otmet-tengono le condizioni per a e per b.

Nota. Fra le altre cose la funzione non è unica. Ci sono infinite funzioni di grado superiore che fanno la stessa cosa. I conti sono talmente lunghi che ho provato 4 volte. E per 4 volte mi sono venuti risultati diversi. E tutti errati. Ho inoltre visto che anche la soluzione proposta su internet non è corretta, in quanto non rispetta la condizione di passaggio.

Nota 2. Poiché non poteva averla vinta lei, ho deciso di passare alle maniere forti. Utilizzando un sistema di calcolo simbolico su MATLAB, ho risolto la derivata prima e la condizione di passaggio. I risultati ottenuti sono a = 3 e b = −6, diverse dalle soluzioni che circolano in rete (che sono errate). Quindi in definitiva la funzione cercata (e corretta) è:

y =(x + 1)(x − 2)(3x − 6) (x + 3)(x − 1)

Disegnando questa funzione otteniamo qualcosa di simile alla Figura 9.

(8)

Figura 9:Grafico della funzione trovata. Il rombo blu indica la condizione di passaggio.

QUINTO QUESITO

:

Abbiamo l’equazione della sfera:

S : x2+ y2+ z2− 2x + 6z = 0

Esiste una formula per calcolare al volo il centro e il raggio: C  −a 2; − b 2; − c 2 

Dove a, b, c sono i coefficienti delle potenze di primo grado (in x, y, z). Quindi abbiamo in definitiva:

C(1, 0, −3) Il raggio sarà dato da:

r = r a2 4 + b2 4 + c2 4 + d

Dove d è il termine noto. Sostituendo otteniamo r = √

10.

Ora per vedere che il piano interseca la sfera ci sono vari modi, secondo me il più rapido è mettere a sistema:

(

x2+ y2+ z2− 2x + 6z = 0 3x − 2y + 6z + 1 = 0

Sottrarle in modo da eliminare il termine in z: x2+ y2+ z2− 2x + 6z − 3x + 2y − 6z − 1 = 0 Da cui x2+ y2+ z2− 5x + 2y − 1 = 0. Trovando per

esempio la z2:

z2= −x2− y2+ 5x − 2y + 1

e sostituendo nuovamente in una delle due equazioni si scopre che rimangono comunque due variabili libe-re. Ciò significa che il sistema ha meno equazioni di incognite, e quindi è indeterminato, o meglio, esistono infinite coppie (x,y)che risolvono le equazioni. Ma que-sto significa che ci sono infiniti punti di contatto fra il piano e la sfera, e questo significa che sono secanti. Infatti gli infiniti punti di contatto formano proprio la circonferenza.

Per calcolare il raggio della circonferenza non con-viene risolvere il sistema. Concon-viene invece calcolare

la distanza del piano dal centro della sfera usando la formula:

d(π, S) =|ax√c+ byc+ czc+ d a2+ b2+ c2

Dove con i pedici c abbiamo indicato le coordinate del centro della sfera, mentre con a, b, c, d i coefficienti del piano.

Una volta trovata la distanza, che è pari a d = 3, usando il teorema di Pitagora con il raggio della sfera si trova il raggio della circonferenza:

r =pR2− d2=10 − 9 = 1

Il raggio è quindi r = 1.

SESTO QUESITO

:

La legge oraria proposta è la seguente: x(t) = 1

9t

2 1

3t + 2 

Non si tratta di un moto uniformemente accelerato, in quanto la posizione dipende come t3, mentre per un

moto uniformemente accelerato dipende come t2.

Riscriviamoci la legge oraria in questo modo: x(t) = 1

27t

3+2

9t

2

La velocità sarà la derivata dello spazio, ovvero: v(t) = x0(t) = 1

9t

2+4

9t

Per calcolare la velocità media si una il teorema della media integrale, prendendo come estremi i valori a = 0 e b = 9, ovvero vogliamo calcolare la media fra 0 secondi e 9 secondi. Quindi: 1 b − a Z b a v(t)dt −→ 1 9 Z 9 0  1 9t 2+4 9t  dt

Risolvendo tale integrale e calcolando il valore che assume per gli estremi otteniamo:

1 9 1 27t 3+2 9t 2 9 0 = 5 m/s

Quindi la velocità media nei primi 9 secondi è 5 m/s. Per trovare l’istante in cui si muove con questa velocità basta sostituire alla velocità v(t) il valore 5 m/s e quindi risolvere per t. Si ottengono due soluzioni, di cui una sola positiva, ovvero t = 5 s.

SETTIMO QUESITO

:

Per l’urto elastico si conserva sia la quantità di moto che l’energia. Indicando con v0la velocità iniziale della

pallina prima dell’urto, e con v1 e v2 rispettivamente

le velocità finali delle due palline, possiamo scrivere il sistema: ( mv0= mv1+ 3mv2 1 2mv 2 0 = 1 2mv 2 1+ 1 23mv 2 2

Risolvendo questo sistema per le uniche due incognite, ovvero per v1 e v2otteniamo le due velocità:

(

v1= −12v0

(9)

Quindi la prima pallina torna indietro mentre la se-conda va avanti. Notare che il sistema è più facile del previsto, in quanto si semplificano le masse e gli 1/2.

Nel caso invece dell’urto totalmente anelastico si con-serva solo la quantità di moto. Tuttavia sappiamo che dopo l’urto le due masse rimangono appiccicate, quindi la velocità finale è una sola, che possiamo chiamare v1.

Conservando la quantità di moto: mv0= 4mv1−→ v1=

1 4v0

Per trovare l’energia dissipata troviamo l’energia cinetica prima e dopo l’urto.

Prima dell’urto: Ein= 1 2mv 2 0 Dopo l’urto: Ef in= 1 24m  1 4v0 2

Facendo la differenza Ef in− Ein troviamo l’energia

dissipata, ovvero: Ediss= − 3 8mv 2 0

OTTAVO QUESITO

:

Abbiamo il seguente campo magnetico variabile: B(t) = B0(2 + sin(ωt))

Che attraversa un circuito quadrato di lato L. Possiamo applicare la legge di Faraday-Neumann-Lenz:

f em = −dΦ(B) dt

Ma il flusso del campo magnetico è dato da: Φ(B) = B(t) · A

L’area del circuito è A = L2, quindi:

Φ(B) = L2(2B0+ B0sin(ωt))

Φ(B) = 2L2B0+ L2B0sin(ωt)

Calcoliamone la derivata rispetto al tempo per trovare la f em indotta:

ωL2B0cos(ωt)

Dividendo tale f em per la resistenza troviamo la corrente:

I(t) =ωL

2

Riferimenti