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Guarda Mirta Yañez - Per raccontare una storia di Natale (traduzione)

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Academic year: 2021

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la rivista di CRIAR - Università degli Studi di Milano ---

CRIANDO 2/2018 82

Mirta Yañez

Per raccontare una storia di Natale

traduzione di

Angela Cappadona

A Camila Henríquez Ureña in memoriam

Si sveglia e per un attimo non sa dove si trova. Dal secondo piano dell’edificio giunge un rumore come di… sassolini che cadono. Una luce polverosa inonda il corridoio di destra.

Il personaggio, il professore, è solo nella Facoltà nella notte tra il 24 e il 25 dicembre. Sta svolgendo il suo turno di sorveglianza e si era appisolato dopo aver fatto il giro completo e spento tutte le luci delle aule e degli uffici. Gli viene in mente che l’unica luce a dover restare sempre accesa è quella dell’atrio. Per cui si sorprende e si sveglia di botto. Controlla il quadro elettrico e constata che gli interruttori sono tutti abbassati.

Pensa di usare il telefono. Sono le tre del mattino e la città dorme. Ma se anche fosse mezzogiorno non saprebbe chi chiamare. Il panorama di fuori gli appare inquietante. Il portone d’ingresso e l’incrocio delle avenidas Zapata e G, con i grandi alberi in ombra, vengono a tratti illuminati dal riflesso della luce del semaforo. In confronto il vecchio edificio della Facoltà di Lettere gli sembra sorprendentemente accogliente.

Dall’ingresso di destra, che porta al Dipartimento di Letterature Ispaniche, il suo, proviene un nebuloso bagliore, e quel rumore come di sassolini che cadono.

É Natale, ricorda, data in cui, stando ai racconti, tendono a palesarsi gli incubi, i fantasmi. Al personaggio non interessa la zona che divide il mondo dei morti dal mondo dei vivi. Che gli si appaia una presenza dell’aldilà è il minore dei mali. Lui stesso, durante gli ultimi dieci anni, si è trasformato in un’anima in pena. Un morto vivente, che è la cosa peggiore.

Il professore ha appena compiuto cinquant’anni, è solo, la città intorno a lui cade a pezzi, non gli piace più insegnare, la monotonia del vivere quotidiano lo demolisce come un tritacarne. La disillusione e la noia inaridiscono il suo tempo libero, quel poco che gli resta al di fuori dell’esausta sopravvivenza nell’Avana di fine secolo.

Decide di indagare su quello che succede al piano di sopra. Sale le scale, percorre il corridoio che porta al Dipartimento. Quando apre la porta vede, in apparenza, le stesse cose di sempre: gli scaffali a parete colmi di libri, un tavolino rotondo con una decrepita macchina da scrivere, una scrivania, qualche sedia e la cosiddetta “poltrona di Camila”. L’unica differenza consiste in quella luce polverosa che proviene chissà da dove e quel rumore, che non può ancora identificare, intermittente, adesso un po’ coperto dai suoi passi.

Lì sta succedendo qualcosa. Il personaggio è un miscredente. Tuttavia, per la sua professione, ha letto, ha studiato, ha meditato su coloro che a volte sembrano ritornare, per

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dei conti in sospeso, a rispondere a una richiesta, a eseguire una punizione. In ogni caso, percepisce che la presenza è di indole benigna.

Resta in piedi davanti alla poltrona. Quel suono, quel ritmo. Quel rumorino… adesso lo riconosce. É il sussurro dello sfogliare, una dopo l’altra, le pagine di un libro. Ras, una pagina, un intervallo, ras, un altro foglio, un altro intervallo, ras, la pagina seguente… sta leggendo!

La chimera, il fantasma, qualunque cosa sia, sta leggendo.

Il professore esce dal Dipartimento e chiude delicatamente la porta. Non vuole interromperla. Comprende che la presenza aveva nostalgia dei suoi libri, tanto quanto, o addirittura di più, delle persone di questo mondo. Avverte che è tornata per terminare il suo commiato, l’ultimo atto: non era riuscita a finire una lettura.

Il personaggio ritorna al suo posto nell’atrio. Ascolta assorto lo sfogliare delle pagine di un libro e si va riconciliando, si sente in compagnia, confortato nella sua solitudine per la prima volta dopo molto tempo. Ritrova la sua antica armonia, quel rumorino gli restituisce una pace che aveva quasi dimenticato. Gli viene voglia di rileggere quei libri amati e che da tanto tempo non sottrae alla polvere dalla sua libreria.

Spunta l’alba del giorno di Natale. Si dice che a volte i morti ci guidano per i sentieri della vita.

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