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Bullismo omofobico: considerazioni critiche e interventi giuridico-istituzionali

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Bullismo omofobico: considerazioni critiche e interventi

giuridico-istituzionali

Homophobic bullying: critical considerations, and legal-institutional

interventions

PAOLO BRUSCO1, GIANCARLO NIVOLI1, CRISTIANO DEPALMAS1, ALESSANDRA NIVOLI1,

PAOLO MILIA1, LILIANA LORETTU1*

*E-mail: llorettu@uniss.it

1Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Sperimentali, AOU Sassari, Università di Sassari

INTRODUZIONE

In questi ultimi anni si assiste a un aumento considerevole dei casi di Bullismo omofobico, soprattutto nelle scuole. Le fattispecie riguardano azioni compiute da adolescenti appar-tenenti a una socialità che ricerca il protagonismo, acuita dal-la peculiare caratterizzazione all’appartenenza “social”.

Vivere il tempo, per la Generazione 4.0, causa non solo un connaturato disagio, ma l’intenzionalità nel vincere l’ordina-rio, la normale quotidianità, e la tendenza a interrompere le pertinenze dei riferimenti culturali, le posizioni di ascolto verso gli adulti, riducendo fortemente le distanze fiduciarie con le Istituzioni. Si crea, pertanto, una condizione di estre-ma fragilità, perché l’adolescenza, essendo legata al suo ob-bligato sviluppo biologico, è simultaneamente condizionata dagli imprinting evolutivi, dalle deprivazioni famigliari e

am-bientali, dai processi di partecipazione o esclusione educati-va, dal coinvolgimento, diretto e indiretto, al successo forma-tivo-scolastico, dal grado di soddisfazione affettiva vissuta nelle relazioni pubbliche e quelle private, in una elezione di esclusività. Negli ultimi anni si ha un’acuta percezione di quanto le generazioni siano cambiate a fronte del subire le trasformazioni storiche così capaci di influenzare il pensiero, promuovendo o sottomettendo le idee individuali e colletti-ve. Mutano, ontologicamente, i modi di rappresentarsi, ma la natura adolescente, permeata da impulsi, rimane nel tempo, fondamentalmente, identica.

Secondo David Baindbridge, l’adolescenza è la peculiari-tà della specie umana con caratteristiche distintive riguar-danti: la locomozione, il cervello, la riproduzione e il proget-to esistenziale1, in cui il passaggio determinante, dall’infanzia

alla pubertà, rileva una discontinuità nel rapporto,

ambiva-RIASSUNTO. Il Bullismo omofobico è oggetto di grande interesse da parte delle istituzioni che, a vario titolo, contribuiscono allo sviluppo

responsabile della società. Le evidenze in letteratura forniscono un approccio multidisciplinare al problema. Partendo dalla costruzione del-l’identità di genere, tenendo conto degli aspetti biologici, delle influenze esterne e di come la stessa possa trovare resistenti contrasti nella sua evoluzione, si affronta l’adolescenza: un periodo transitorio in cui gli orientamenti sostengono gli alti rischi di mancate corrispondenze nei diversi linguaggi. L’esito può tradursi in uno scontro generazionale, con conseguente pregiudizio. L’adolescente, acquisendo le caratteri-stiche di mente e di corpo, sviluppa proprie competenze cognitive. Questo permette di considerare il bullismo omofobico nelle sue implica-zioni psicosociologiche. L’obiettivo della presente rassegna è quello di delineare una spiegazione del fenomeno in chiave scientifica, educativa e professionale, rintracciando gli aspetti giuridici e le indicazioni istituzionali.

PAROLE CHIAVE: identità di genere, omosessualità, omofobia, bullismo, legge 71/2017.

SUMMARY. Instances in the increase of homophobic bullying mean a major interest in order to develop strong bullying prevention

program-ming which should be a major priority for adults, governments and institutions responsible to promote and ensure a responsible development of society. The complexity of the problem requires a multidisciplinary approach of a comprehensive nature. Starting from the construction of gender identities, and taking into account and understanding the biological aspects, external influences, and arising contrasts during the process, a young person faces adolescence: a transition period when sexual orientation or preference faces higher risks as the person has to come to terms with a mismatch between scales of knowledge. The outcome will result in an inter-generational conflict which becomes a prej-udice. By acquiring the desired characteristics of mind and body, adolescents develop their own cognitive skills. Thus we can consider homo-phobic bullying in its psycho-sociological implications. The aim of this paper is to delineate an explanation of the topic in a scientific, educa-tional and professional way, and at the same time to take into account all legal and institueduca-tional issues.

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oggettiva che le influenze delle ambientazioni hanno singo-larmente sul fanciullo e di esso nella gruppalità7. Ciò va

ap-plicato nel livello particolare e generale, ovvero il significato identitario è collocato in un doppio ingresso nell’accettazio-ne del sistema compartecipato e vissuto: l’aspetto iniziale, at-traverso il quale l’insieme dei mezzi consenta un conseguen-te accesso intro definito, e l’inconseguen-terno esconseguen-teriorizzato, in valida-zione con un sociàbile risultato dimostrato, non più attacca-bile o passivo di possibili, ulteriori, decifrazioni e modifiche.

Questa considerazione avalla il pensiero che per la mag-gior parte delle persone l’orientamento sessuale non è per nulla una questione di scelta: molti realizzano, in momenti differenti, di essere LGBTIQA+ (lesbian, gay, bisexual, tran-sgender, intersex, queer, asexual and questioning) e le loro espressioni sessuali e di genere possono variare (UNHCR). Se da un lato il modello della congruenza pone maschile e femminile in opposizione, quello relativo all’androginia psi-cologica li colloca all’interno di una stessa identità di genere8.

Tuttavia la necessaria correlazione tra sesso biologico, identità di genere e orientamento sessuale afferma l’idea di un’eterosessualità forzata e, quindi, dovuta. Questo ha avval-lato, per moltissimo tempo, il pensiero clinico nel considerare l’omosessualità un disturbo psicopatologico. Considerata de-vianza sessuale, nel DSM, fino al 1974: da disturbo sociopati-co di personalità verrà classificata, successivamente, sociopati-come di-sturbo mentale non psicotico. Nel 1987 dal DSM verrà elimi-nata la definizione di omosessualità egodistonica, che indica-va gli stati depressivi nei soggetti in conflitto con il proprio orientamento sessuale, perché non accettato interiormente. La World Health Organization (WHO) solamente il 17 mag-gio 1990 ha depatologizzato l’omosessualità dal manuale dia-gnostico ICD (International Classification of Diseases), defi-nendola come una variante naturale del comportamento umano. Ogni anno, in quella data, viene celebrata la giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia (International Day Against Homophobia, Transphobia and Biphobia). Il 19 giugno 2018 l’incongruenza di genere (tran-sessualità) è stata rimossa dalla categorizzazione ICD dei di-sordini mentali, per essere inserita tra le condizioni di salute sessuale.

Si osserva che l’affermazione di un libero orientamento sessuale, capace di manifestare quel naturale processo di identificazione, risulta essere debole se entra a contatto con il paradigma del conformismo.

Gli individui, parte di una maggioranza, nell’asse del con-fronto vedono l’altrui, posto in minoranza, comparando le proprie risposte con quella degli altri e nel considerare, con la massima attenzione, ciò che dicono; l’esito è di fare coinci-dere opinioni e giudizi, allontanando, per insicurezza e pau-ra, l’argomento stesso. Le pressioni normative maggioritarie, confliggendo con l’attività cognitiva delle minoranze, provo-cano conversione, senza acquiescenza, permettendo alle maggioranze acquiescenza, ma senza conversione9.

OMOFOBIA E BULLISMO

Il termine omofobia si utilizza per definire l’odio che al-cune persone provano nei confronti delle persone omoses-suali, affermando l’eterosessualità come l’unica espressione naturale della sessualità. Non indica una paura irrazionale, lente, con il proprio corpo, poiché le trasformazioni fisiche,

avvenendo rapidamente ed essendo visibili, causano disar-monie temporanee. Numerosi elementi biopsicosociali inter-vengono nello sviluppo del cervello e nella strutturazione dell’immagine corporea che in questa fase è caratterizzata da numerose conflittualità. Una generica tendenza di unifor-marsi al gruppo sembra contrastare il senso di angoscia2.

Il primo aspetto su cui è necessario soffermarsi, per af-frontare il Bullismo omofobico, è la costruzione dell’identità di genere in età evolutiva. Non essendo il genere connatura-to alla nascita, ma rifericonnatura-to alle differenze psicologiche e cul-turali tra maschi e femmine, appare impreciso denominarlo, in uno specifico ambito, come risultante del sesso biologico: lo si definisce in itinere nella sua interezza relazionale, all’in-terno delle interazioni con gli altri, tenendo conto dell’intrec-cio con le esternalità ambientali in cui l’individuo è, in previ-sione, collocabile e, nello status organizzativo, collocato. Esso è collegato alle nozioni, socialmente costruite, di mascolinità e di femminilità3. Si tende già a educare l’infanzia in modo

che l’immagine dei bambini si avvicini, il più possibile, a quella di un membro ideale, parimenti a potenziarne lo svi-luppo di particolari capacità: la formazione di amicizie e di integrazione, il raggiungimento di traguardi nella popolarità e nell’accettazione dei coetanei4.

Tuttavia questa modalità di intervento presenta delle cri-ticità quando si tramuta in un’offerta a senso unico. I model-li, frequentemente, vengono presentati senza tenere conto delle esperienze intraparentali e individuali: la proposta stes-sa avviene per delega ai mass-media, in primis, o alle conven-zioni narrate e tramandate, condizionata dal decadimento dell’unica autorità riconosciuta in capo al pater familias e dalla collocazione della madre, in ambienti altri all’area esclusiva domestica: queste combinazioni hanno prodotto una rapida disintegrazione di formazioni e di forme, conside-rate tradizionali. Le conseguenze sono evidenti: vi è il mani-festarsi di un isolamento evolutivo che colma un disorienta-mento qualitativo dello schema identitario, la cui funzione è quella di proiettare il divenire adulto, fino al produrre possi-bili gravi problemi di devianza giovanile5.

Il genere rivela quella tipologia di comportamento appre-so sia dall’insieme delle persuasioni presenti nel linguaggio verbale e corporeo sia dal sistema-modalità contenente pu-nizioni e premi verso i quali si vive in rapporto di subordina-zione. Dunque è esatto parlare di identità di genere e non di identità di sesso6 e con l’espressione ruolo di genere si

inten-dono tutte le occasioni in cui un soggetto si compie, facendo, o si esprime per presentarsi agli altri come maschio o come femmina.

Le aree di socializzazione, in cui le figure genitoriali e i ca-regiver si accostano con diversità nei confronti dei bambini e degli adolescenti, tenendo conto del loro sesso biologico, tro-vano input sulle preferenze accordate nella scelta dei giocat-toli, delle pratiche sportive o di gruppo: trattasi di un’empa-tia indotta, assunta come principio apodittico, che tenga, sen-za contraddizioni, conto dei sinonimi di maschilità e di fem-minilità affermati all’interno dell’adult zone di appartenen-za, inglobante un radicamento emo-abitativo entro un condi-zionamento stanziale di riferimento, originario e in successi-vo avanzamento. La stessa valenza è riferita all’assegnazione stereotipica degli impegni e delle azioni quotidiane, dividen-do quelli prettamente maschili dagli altri di stretta pertinen-za femminile. Diventa, pertanto, necessaria la valutazione

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ma gli atteggiamenti di svalutazione e di avversione, le azioni di ostilità che hanno come oggetto l’omosessualità. Più rara-mente si parla di omonegatività che, in generale, tiene conto di quanto siano importanti i valori, le regole, i pensieri domi-nanti della società nel determinare il disprezzo nei confronti delle persone LGBT. L’omofobia si manifesta nel linguaggio che utilizzi espressioni di derisione o ingiuria, nella violenza e nella condotta passiva o omissiva di fronte a un evento omofobo10.

Il problema del bullismo si configura come un fenomeno estremamente complesso, dinamico, multidimensionale e re-lazionale: riguarda non solo l’interazione del prevaricatore con la vittima, che assume rassegnazione, ma tutti gli appar-tenenti allo stesso gruppo con ruoli diversi11. Il termine

“bul-lismo” non indica una realtà oggettiva, psicologica o compor-tamentale, bensì una costruzione di significati culturali12. In

esso si distinguono due forme: reattiva, che scaturisce dalla reazione a una frustrazione o un’aggressione; e proattiva, volta a conseguire un riconoscimento materiale o sociale. Per capire meglio il significato del bullismo a diversi livelli di età e la sua natura più o meno stabile è utile distinguere tra ag-gressività a insorgenza precoce, con esiti più negativi in età adulta (early starter), e aggressività a insorgenza tardiva, do-ve si riscontrano problemi comportamentali durante l’adole-scenza (late starter)13.

Più strutturalmente, il bullismo omofobico trova evidenza quando un soggetto subisce delle aggressioni, fisiche o verba-li, dirette o indirette, volte a ledere l’orientamento sessuale, reale o presunto, ovvero una dignità identitaria manchevole di corrispondenza attrattiva nelle aspettative sociali e speci-ficatamente con le culture dominanti. Le azioni perpetrate, perlopiù da individui costituenti un gruppo, avvengono in-tenzionalmente e in modo persistente, configurandosi in un’asimmetria di potere. Durante la commissione dell’atto, e nei casi di premeditazione, viene a ridursi fortemente il senso della responsabilità individuale in una totale assenza empa-tica. In molti casi si è vittima perché un appartenente al nu-cleo familiare è dichiaratamente gay, lesbica o transessuale14.

Non esistono dei particolari che possano profilare e defi-nire un uomo, una donna, un ragazzo o una ragazza come omosessuale (chiunque lo può essere) al pari delle persone eterosessuali, le cui particolarità li rendano riconoscibili e identificabili. Alcuni lineamenti ritenuti rappresentativi, l’ef-feminatezza maschile e la mascolinità femminile, sono ste-reotipi: modi di pensare comuni che si riducono a semplifica-zioni rispetto alla realtà articolata e complessa15, ovvero

de-gli stampi cognitivi che riproducono immagini, i quadri men-tali che abbiamo in testa16. Inevitabilmente nascono

asserzio-ni pregiudizievoli, l’insieme dei giudizi anticipati rispetto alla valutazione dei fatti che attivano condotte sfavorevoli, ostili, con spiccata superficialità, indebita generalizzazione e rigidi-tà, implicando il rifiuto di mettere in dubbio la fondatezza dell’atteggiamento stesso e la persistenza a verificarne la consistenza e la coerenza17.

Il cambiamento paradigmatico, generazionale e scientifi-co, nel ritenere l’omosessualità come propensione a un tipo di legame entro una variante ordinaria e positiva della ses-sualità, lungi dall’essere denominata, solamente, in modo semplicistico e riduttivamente “normale”, come già eviden-ziato dall’American Psychological Association (APA) e dal WHO, permette di indagare non più sull’omosessualità, ma intorno all’omofobia. L’attenzione focalizza il nesso tra i

danni provocati dalla stigmatizzazione, dai gesti persecutori e dalle distinte emarginazioni sugli uomini, donne e adole-scenti omosex, con l’alto rischio di sperimentazione dei disa-gi e dei danni psicopatolodisa-gici, confermando la magdisa-giore in-cidenza di disturbi affettivi e di ansia, l’ideazione e la conse-guente azione suicidaria, la disregolazione emotiva, il discon-trollo degli impulsi, un uso/abuso e dipendenza da sostanze. Concorrono all’analisi applicativa dell’agito omofobico due concetti.

Il primo afferisce alla violenza, ovvero l’utilizzo della for-za contro un’altra persona, una comunità, o parte di essa, con un’alta probabilità di attuare e provocare concretamente le-sioni, morte, danneggiamenti psicologici, alterazioni dello sviluppo e privazioni (WHO, 2002). Il secondo riguarda la di-scriminazione: ogni distinzione, esclusione, restrizione e pre-ferenza che abbia l’effetto di vanificare, compromettendone il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in ogni settore della vita pubblica (International Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination - ICERD, art. 1). Sulla scorta di queste definizioni l’omofobia è una violenza discriminatoria motivata da intolleranza, avversio-ne e odio, che può costituire reato ai sensi del codice penale vigente (European Forum for Urban Security - EFUS, 2017).

Nella nostra civiltà, la società esige molto dall’adolescen-te il cui dall’adolescen-temperamento è imprevedibile, contraddistinto da un’inquieta contraddizione: una dicotomia percettiva e at-tuativa, nelle pianificazioni soggettive, data dalla ragione che nega e il sentimento che afferma. Gli viene detto, in effetti, di diventare adulto, per raggiungere uno stato di affermazio-ne, ma non gli si insegna come fare18. Tale mancanza di

sup-porto, in cui l’accesso conoscitivo permetterebbe l’applica-zione di soluzioni diversificate, fa subire un indottrinamento, escludente di un confronto educativo per delle proposte ef-fettive e praticate. L’omofobia trova un’estensione semanti-ca anche nel cyberbullismo: qualunque forma di pressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di conte-nuti online, il cui scopo predominante sia quello di isolare il minore ponendo un serio abuso, un attacco dannoso, o la sua messa in ridicolo (L. 71/2017, art. 1, c. 2). La vittimizzazione si stabilizza nel tempo e rappresenta un ostacolo significati-vo al benessere sociale, emozionale e all’adattamento scola-stico. Alcuni studi hanno permesso di individuare nelle vitti-me diverse interferenze sulla loro salute vitti-mentale: depressio-ne, insicurezza, bassa autostima, eccessiva passività nei rap-porti interpersonali, fino a innescare dei meccanismi com-portamentali di autolesionismo19 cristallizzando la propria

identità20. Secondo alcuni studi, le prepotenze chiamano

sempre in causa una dimensione prioritariamente sessuale: non viene attaccata solo la soggettività in quanto tale, ma an-che, soprattutto, la sua identità di genere. Di conseguenza, essere la parte offesa di bullismo omofobico equivale a ri-chiamare l’attenzione sulla propria sessualità, con i relativi stati d’animo di vergogna e disadattamento. La difficoltà nel chiedere aiuto, rivolgendosi agli adulti, è enorme; così come l’individuare figure di sostegno e di protezione, tra i pari, di-venta ingestibile, perché difendere un “finocchio” (parola spesso usata, dai ragazzi, nei contesti educativi e di aggrega-zione) comporta il rischio di essere considerati

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omosessua-li21. Warren Blumenfeld22 individua due livelli di omofobia, a

completamento della trattazione di cui sopra: 1) istituziona-le, che si riferisce alle politiche discriminatorie; 2) sociaistituziona-le, in cui i comuni stereotipi categorizzanti, sui gay e le lesbiche, portano a una loro esclusione dalle forme di rappresentazio-ne collettiva.

Nelle scuole, la percezione omosessuale attualmente vie-ne ancora classificata e verso di essa si esprimono molteplici riserve, perché associata a delle violazioni contro l’eteronor-matività: l’ordine sociale, il senso del limite, il confine tra ciò che è pubblico e ciò che è privato, le prescrizioni sulle prati-che sessuali accettate, quelle considerate normali, e le norme legate al genere. Emerge, inoltre, una maggiore gradualità di violenza e frequenza nel bullismo omofobico maschile ri-spetto a quello femminile. Le omosessuali donna possono rientrare come oggetto di paura, d’indignazione morale o di generale preoccupazione, ma sono spesso meno oggetto di disgusto. Analogamente le donne eterosessuali possono pro-vare sentimenti negativi verso i gay, ovvero paura, indigna-zione morale, inquietudine, ma raramente avvertono un’emozione di ribrezzo. Ciò che ispira repulsione è tipica-mente il pensiero maschile dell’omosessuale uomo, in quan-to analmente penetrabile. Il pensiero del seme e delle feci, che si mischiano all’interno del corpo di un uomo, è una delle idee più disgustose che si possano immaginare agli occhi di quei maschi per cui l’idea della non penetrabilità costituisce un confine sacro che protegge dalla sporcizia, del fango e dalla morte. Tanto il disgusto misogino che quello omofobico hanno profonde radici nell’ambivalenza, specialmente ma-schile, nei confronti delle produzioni corporee e dei legami di queste con la vulnerabilità23. L’omofobia serve a ristabilire

quella asimmetria tra eterosessualità (one-up) e omosessua-lità (one-down) che si era costruita sulla base della gerarchia tra i generi. Indirettamente, riconfermando il dominio degli uomini sulle donne, rafforza il sessismo e si comprende per-ché, per gli adolescenti, l’omosessualità implica una perdita di status simbolico, addirittura una semiespulsione dal ma-schile. Se la categoria di maschile si contrappone a quella delle donne, la categoria della virilità si contraria agli uomini effeminati, scartando gli omosessuali24.

ASPETTI GIURIDICI ED INDICAZIONI

ISTITUZIONALI

Le prospettive, riconosciute all’interno di una diffusa let-teratura scientifica trovano la propria conferma giurispru-denziale. I principi trasferiscono la loro portata generale a delle norme specifiche, permettendo al legislatore di rendere applicabile sia la prevenzione necessaria e sia il contrasto continuativo, anche indiretto, al bullismo omofobico.

La Costituzione della Repubblica Italiana, affermando la portata universale degli artt. 2 e 3, in cui i diritti inviolabili dell’uomo sono legati all’adempimento dei doveri inderoga-bili, riconosce a tutti i cittadini una pari dignità che afferma un valore assoluto, priva di distinguo nelle condizioni perso-nali. La finalità è raggiunta rimuovendo tutti quegli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza, impediscano il pieno sviluppo della persona umana25.

La nostra Carta Costituzionale, pertanto, è garante della Salute, quale diritto individuale e collettivo (art. 32 Cost.) e

afferma la tutela, giuridica e sociale, del minore da parte del-la famiglia e dello Stato (art. 30 Cost.) attraverso il ruolo educativo e formativo dell’Istruzione, capace nel concorrere al processo di promozione soggettiva che sia coerente con la collettività (art. 34 Cost.). Tali impegni programmatici si col-locano, anche, negli intenti de Il Libro Bianco26 redatto nel

quadro del progetto: “Contro l’Omofobia. Strumenti delle Amministrazioni Locali Europee” (Against Homophobia. European Local Administration Devices - AHEAD), cofi-nanziato dalla Direzione Diritti Fondamentali e Cittadinan-za dell’Unione Europea e coordinato dal Comune di Barcel-lona.

Con inizio nel gennaio 2010 e terminato nel giugno 2011, l’obiettivo del progetto era introdurre buone prassi delle po-litiche antidiscriminatorie nei confronti delle persone LGBT a livello di amministrazione locale. Hanno preso parte ai la-vori i comuni di Torino e Colonia, l’Istituto per il Governo e le Politiche Pubbliche dell’Università Autonoma di Barcello-na, il Centro Interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Don-ne e di GeDon-nere dell’Università di Torino, l’Istituto di Sociolo-gia dell’Accademia Ungherese delle Scienze, il Centro di Studi sul Lavoro Giovanile dell’Università di Brunel, a Lon-dra Ovest, e l’Associazione Catalana per la Creazione e lo Studio di Progetti Sociali. Dal Libro si estraggono alcuni im-portanti riferimenti di indirizzo dell’Unione Europea: gli sta-ti membri, nel 1997, hanno firmato il Trattato di Amsterdam che, all’art. 13, attribuisce nuovi poteri alla Commissione per la lotta contro la discriminazione per motivi riconducibili al genere e all’orientamento sessuale; fino al 2004, in base al-l’identità o al ruolo di genere, non era esplicitamente richia-mata una legislazione UE, la prima menzione specifica la si trova nella Direttiva 2004/83/CE. Tuttavia, in data preceden-te, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea aveva emesso varie ordinanze in cui si affermava che il principio di parità tra uomini e donne doveva essere interpretato in un contesto più ampio, comprendente la protezione delle persone tran-sgender.

A livello nazionale, la L. 71/201727 è significativa nel

con-testualizzare il problema all’interno delle comunità scolasti-che, nella lotta al fenomeno del cyberbullismo, in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di ascolto sia alla posizione di vittima sia a quella di responsabile dell’illecito, assicurando gli interventi senza di-stinzione di età. Rilevanti sono la tutela della dignità del mi-nore (art. 2), le linee di orientamento per le Scuole di ogni or-dine e grado (art. 4), l’informativa alle famiglie (art. 5) e – elemento di assoluta novità – l’introduzione dell’ammoni-mento da parte del Questore ai minorenni di età superiore agli anni quattordici che abbiano commesso reati nei con-fronti di altro minorenne, fino a quando non è proposta que-rela o non è presentata denuncia per taluno delle fattispecie di cui agli artt. 594, 595 e 612 del Codice Penale e all’art. 167 del Codice per la protezione dei dati personali, di cui al de-creto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, commessi, mediante la rete Internet (art. 7).

Un significativo cambio di prospettive lega gli aspetti educativi a quelli giuridici, in quanto i diritti, esigibili e certi per tutti, non posso esistere senza i doveri e senza l’assun-zione di responsabilità. Con i DPR n. 249/1998 e n. 235/2007, che decretano lo Statuto delle Studentesse e degli Studenti, si stabilisce il Patto Educativo di Corresponsabili-tà (art. 5 bis del DPR n. 249/1998), ogni anno, firmato tra la

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scuola di appartenenza, gli studenti e le famiglie. Nel pro-teggere l’integrità psicofisica dei minorenni, attenzionando, in particolare, i soggetti più fragili e supportando chi rico-pre un ruolo educativo, la Legge Regionale 5 febbraio 2018 del Piemonte persegue le finalità attraverso accordi e inte-se con soggetti istituzionali che operano nel territorio re-gionale per la lotta ai fenomeni del bullismo e del cyberbul-lismo, nonché mediante la partecipazione agli organismi territoriali istituiti con disposizioni nazionali. Gli interventi volti al rispetto della dignità della persona, contrastando ogni forma di discriminazione, propongono iniziative cultu-rali, ricreative e sportive sui temi delle diversità, dell’educa-zione ai sentimenti e all’affettività, nonché sulla gestione dei conflitti e sull’uso consapevole della rete Internet e del-le nuove tecnologie informatiche. L’attivazione di program-mi di supporto, anche con progetti personalizzati, rivolti al-le vittime, finalizzati all’inclusione, alla responsabilizzazio-ne degli autori e degli spettatori agli atti stessi, con l’intento di fare comprendere il disvalore e gli effetti negativi delle loro azioni, è realizzata in collaborazione con le competenti figure professionali, le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, le aziende sanitarie regionali, i servizi sociali ed educativi e le associazioni sul territorio, con il coinvolgi-mento diretto delle Forze dell’Ordine28.

La radicalizzazione dei fenomeni di bullismo e alcuni cambiamenti qualitativi, come ad esempio l’abbassamento delle fasce d’età coinvolte o l’incidenza di episodi di violenza di gruppo, richiedono maggiormente alle agenzie educative delle azioni sinergiche, condivise e pianificate.

Fondamentale è l’elaborazione di Raccomandazioni29

proposte dall’USR del Friuli-Venezia Giulia: la definizione del problema, tale per cui qualsiasi azione antibullismo deve consistere in un’attenta e condivisa limitazione del fenome-no, al fine di evitare approcci dispersivi e non specifici; il ri-conoscimento, ovvero lo step nell’analizzare e implementare una serie di procedure e di strategie atte a monitorare la pro-blematica rilevando, in modo tempestivo e attendibile, il suo manifestarsi; l’organizzazione scolastica, dove la prevenzione e il contrasto devono passare innanzitutto attraverso la dia-gnosi e la progettualità che favorisca, permanentemente, comportamenti responsabili e prosociali con tutte le compo-nenti. Le Raccomandazioni devono essere intese come uno strumento operativo, consapevole, efficace e metodologica-mente fondato.

Merita menzione, nel corollario, la proposta attivata dal Seminario di studio “Educazione e genere”, promosso dal Liceo Scientifico Statale Carlo Cattaneo di Torino, nell’am-bito del progetto “Tutti insieme in Piemonte contro i bulli-smi”, in accordo con l’Ufficio Scolastico Regionale per il Pie-monte e con il Centro Relazioni e Famiglie, il Centro Anti-violenza e il servizio LGBT del Comune di Torino, attraverso il quale si è voluto introdurre un percorso educativo rivolto, principalmente, ai Dirigenti scolastici e agli insegnanti della Rete di Scuole piemontesi per la prevenzione dei bullismi30.

CONCLUSIONI

Alla luce di quanto precede, pare utile suggerire, in ambi-to scolastico, lo sviluppo di un’alta competenza pedagogica, ovvero un insieme complesso e dinamico di conoscenze, di

abilità, di procedure metodologiche, di esperienze consolida-te e ordinaconsolida-te di tipo educativo, fondaconsolida-te sulla riflessione e sul-la teorizzazione, che connota sul-la professionalità educativa, e che i soggetti che operano in questo settore devono sapere mettere in campo in modo personale e critico, quando pro-gettano, attuano e valutano il proprio intervento31. Alla

scuo-la spetta il compito di fornire i supporti adeguati affinché ogni persona sviluppi un’identità consapevole e aperta, la piena attuazione della libertà e dell’uguaglianza, nel rispetto delle differenze di tutti e dell’identità di ciascuno. Non basta riconoscere e conservare le diversità preesistenti nella loro pura e semplice autonomia. Sarebbe utile sostenere attiva-mente la loro interazione e la loro integrazione attraverso la conoscenza della nostra e delle altre culture, in un confronto che non eluda questioni quali le convinzioni religiose, i ruoli familiari e le differenze di genere. La promozione e lo svilup-po di ogni persona rappresentano uno stimolo, in maniera vi-cendevole, con e per le altre persone: ognuno impara meglio nella relazione con gli altri32. Costituire una base di

riflessio-ne per la costruzioriflessio-ne di percorsi educativi e didattici trasver-sali alle discipline diventa prioritario. Tra le situazioni di compito per la certificazione delle competenze personali si individuano: l’accettazione e l’accoglienza delle diversità, comprendendone le ragioni e soprattutto impiegandole co-me risorsa per la risoluzione di problemi, l’esecuzione di compiti e la messa a punto di progetti; curare il proprio lin-guaggio, evitando espressioni improprie e offensive; indivi-duare gli elementi che contribuiscono a definire la propria identità e le strategie per armonizzare eventuali contrasti che le caratterizzano; identificare stereotipi e pregiudizi etni-ci, sociali e culturali presenti nei propri e negli altrui atteg-giamenti e comportamenti, nei massmedia e in testi di studio e ricerca33.

Anche l’evoluzione legislativa nazionale è quanto mai si-gnificativa e degna di costanti approfondimenti nel rendere omogeneo il trattamento dignitario alle identità di genere, e ai suoi orientamenti, configurandone il comportamento, mosso da pregiudizio, in reato. Si vedano: l’Ordinanza del-l’Ufficio di Sorveglianza di Spoleto, 18 dicembre 2018; la Sentenza del Tribunale di Torino, VI Sezione Penale, 14 gen-naio 2019 e l’Ordinanza della Corte di Cassazione, 19 febbra-io 2019. A un auspicabile, continuo, perfezfebbra-ionamento norma-tivo dovrebbe associarsi un altrettanto progresso culturale, radicato sul rispetto e l’accettazione dell’altro nelle sue mol-teplici diversità.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di

in-teressi.

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Riferimenti

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