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SIMONE (Simonetto) da Camerino

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Academic year: 2021

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SIMONE DA BORSANO

SIMONE da Borsano: v. Brossano, Simone da.

SIMONE (Simonetto) da Camerino. – La nascita può essere collocata tra il 1392 e il 1404; nel 1452 la documentazione lo de-finiva ultraquarantenne (Bullarium..., a cu-ra di C. Alonso, 1998, pp. 155 s., n. 395). Il suo nome si accompagna spesso nelle fonti all’epiteto «dalla barba»; nulla si sa della fa-miglia di origine.

Entrato nell’Ordine degli eremitani di s. Agostino prima del 1426, all’inizio degli anni Trenta risultava impegnato stabil-mente presso lo Studio agostiniano a Ri-mini. Già allora oratore di fama, nel mag-gio del 1433 Simone predicò la quaresima nelle Marche; le cronache della città di Fermo ne ricordano la predicazione nella locale chiesa di S. Agostino.

Tra i temi trattati emerge in particolare la questione ebraica, con l’auspicio espresso da Simone che gli ebrei fossero distinti dai cristiani mediante l’apposizione di un panno giallo sugli abiti: provvedimento che il Comune votò di lì a poco il 24 maggio.

Dal 1436 il nome di Simone si legò alle vicende della congregazione veneta di Monte Ortone.

La devozione per la Vergine di Monte Orto-ne, originata nel 1428 da un’apparizione mira-colosa, aveva mosso i primi passi in un contesto prevalentemente aristocratico influenzato dalle correnti del riformismo religioso agostiniano di San Giorgio in Alga. Tra i promotori del culto e della costruzione del primo oratorio si era di-stinto il nobile Ludovico Buzzacarini, al quale era stata affidata la prima cura del locus di Monte Ortone. Presto però, il drammatico acuirsi del conflitto tra la nuova dominante veneziana e il patriziato padovano filocarrarese stretto intorno a Marsilio da Carrara travolse lo stesso Buzza-carini. Legato da vincoli parentali e di fedeltà politica ai vecchi signori di Padova, l’anziano aristocratico padovano fu messo a morte insieme al figlio nel marzo del 1435. Per Monte Ortone ciò significò l’estromissione del patriziato pa-dovano e – secondo Katherine Walsh (1989) – il venir meno «della corrente di pensiero aristo-cratico» (p. 90) che aveva invece accompagnato l’esordio della nuova fondazione veneta. Intanto, il 4 novembre 1433, il priore generale degli ago-stiniani Gerardo da Rimini prese possesso del convento di Santa Maria di Monte Ortone a no-me del proprio Ordine; e poco dopo la morte di Buzzacarini venne terminata la costruzione della nuova chiesa, consacrata dal vescovo di Padova Pietro Donà il 28 agosto 1435.

Il 10 aprile dell’anno citato, frate Simone fece dunque la sua comparsa nella storia di Monte Ortone. Il priore generale Gerardo da Rimini lo nominò proprio vicario nelle chiese di Monte Ortone, di S. Maria di Murano, di S. Maria in Campo Santo di Cittadella (nei pressi di Padova) e di S. Cri-stoforo sull’isola veneziana di San Michele (oggi S. Cristoforo della Pace). L’incarico fu confermato da Eugenio IV il 1° novem-bre 1437 (Bullarium..., cit., p. 80, n. 192). Tali chiese si trovavano al centro di una re-te di donazioni che prelati e membri del pa-triziato veneziano avevano fatto all’Ordine di s. Agostino nella persona dello stesso Si-mone, come emerge dalla documentazione immediatamente precedente l’investitura ufficiale. Infatti, il 5 aprile 1436 Simone ac-quistò l’ospedale padovano di S. Marco in Prato della Valle, donato all’Ordine agostiniano dal benedettino e vescovo di Vicen -za Francesco Malipiero. Malipiero aveva inoltre fatto dono al frate della chiesa di S. Maria in Campo Santo di Cittadella. Quel-lo stesso anno, il doge di Venezia Francesco Foscari donò a Simone S. Cristoforo sul-l’isola di S. Michele. Tutte le donazioni, giustificate dalla fama di Simone («propter eius vitam commendabilem»,Bullarium..., cit., p. 74, n. 175), furono confermate da Eugenio IV il 12 luglio 1436.

L’intreccio di relazioni politiche e religio-se all’interno del quale si sviluppò la vicen-da di Simone emerge anche vicen-dai problemi che di lì a poco il frate ebbe con i vertici del suo Ordine. Nel 1437, Gerardo da Rimini chiese infatti a Simone di non interferire negli affari padovani senza il consenso del vescovo di quella città, e il 22 giugno 1438 lo stesso priore avviò un’ulteriore indagine contro Simone in merito ai suoi legami con Foscari. Ciononostante, alla fine degli anni Quaranta l’autorevolezza di Simone all’in-terno dell’osservanza agostiniana veneta era ormai indiscussa, come dimostra la sua no-mina a vicario e rettore dei conventi osser-vanti della Marca trevigiana a opera del nuovo priore generale Giuliano di Salem, in occasione del capitolo generale di Siena del 1449. Nel 1452, le quattro chiese gravi-tanti su S. Maria di Monte Ortone furono riunite in congregazione da papa Niccolò V. D’altra parte, che l’autorevolezza di Si-mone fosse anche di natura squisitamente politica emerge chiaramente dalle vicende

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SIMONE DA CAMERINO di metà secolo: sia dal sostegno (anche

fi-nanziario) di cui godette la sua congrega-zione per intercessione del doge e della te-soreria veneziana, sia dal ruolo che il go-verno veneziano gli riconobbe nei negozia-ti di pace del 1453-54 tra Venezia e Mila-no. Pur non lasciando mai il governo della congregazione, che la documentazione coeva identifica sempre di più con la sua persona (societas fratris Simonis de Came-rino: così essa è definita nella documenta-zione ufficiale dell’Ordine), negli anni 1453 e 1454 Simone viaggiò continuamen-te da Venezia a Milano nel continuamen-tentativo di giungere – su incarico di Niccolò V – a una pacificazione tra i due Stati regionali. Il positivo risultato ottenuto (la pace di Lodi) ne fissò la memoria nella storiografia e pubblicistica coeve, che celebrarono Si-mone come uno dei principali artefici della pacificazione della penisola.

Le attestazioni di tale riconoscimento sono numerose, e tra esse va citato anche il De Eu-ropa di Pio II che, trattando dell’Italia e di Ro-ma, ricorda Simone come l’artefice della pace italiana. Del proprio ruolo nelle trattative di pace parlerebbe lo stesso Simone in un Memo-riale inedito (datato 14 marzo 1454), ricordato da Michele Caffi e conservato presso l’Archivio di Stato di Venezia (Secreti, Fondo Registri (1401-1630), 20 [1454-1460]).

All’importante risultato diplomatico concorsero senz’altro gli ottimi rapporti che Simone intrattenne non solo con il do-ge di Venezia, ma anche con il duca di Mi-lano Francesco I Sforza al quale il frate ri-sulta legato da un rapporto profondo e du-revole, tanto che l’accademico veneziano Giovanni Battista Cipelli (Battista Egna-zio) lo definisce «Sfortiae duci familiaris et notus» (1554, p. 66). Il 28 maggio 1454, a poco più di un mese dalla conclusione del-la pace, Francesco Sforza offrì a Simone il proprio cappellano come compagno di viaggio; e inoltre un anno e mezzo dopo, il 28 dicembre 1455, Simone scriveva da Venezia al duca chiedendogli aiuto in di-fesa della sua congregazione e contro le pretese dei monaci di Praglia della congre-gazione di Santa Giustina.

La questione era sorta a causa della conte-stazione, da parte dei monaci, dei diritti di Monte Ortone su alcune Monterre che la congregazio -ne rivendicava invece come sue fin dalla fon-dazione. La disputa fu portata fino a Roma, do-ve do-venne sottoposta al giudizio di un tribunale

cardinalizio di cui faceva parte anche il vene-ziano Pietro Barbo. Il sostegno del doge e, forse, dello stesso duca di Milano cui Simone aveva comunque parlato «de la persecutione de li mo-naci ch’io ho a Roma» e della «tribulazione» che gli causava «affanno et malenconia» (Caffi, 1877, p. 323), portò a un esito favorevole a Simone, come attesta la bolla a suo favore di Callisto III del 1° luglio 1456.

Risale a quello stesso anno 1456 la can-didatura di Simone al patriarcato di Vene-zia, come attestato dalle Probae, cui non seguì tuttavia la sua elezione. Anche negli anni successivi l’impegno di Simone pro-seguì sui due fronti della politica e della vi-ta religiosa. Nel 1457 riuscì a ottenere che il capitolo provinciale dell’osservanza di Lombardia riunito a Milano si pronun-ciasse a favore dell’unione dell’Osservanza veneta, e quindi dei conventi della congre-gazione di Monte Ortone, all’Osservanza lombarda. Tuttavia, la mancata attuazione della disposizione è confermata dal fatto che nel 1466 Simone tornò nuovamente a perorare la medesima unione.

Proseguì anche il pendolarismo di Si-mone tra Venezia, Milano e le principali corti principesche del Nord Italia. Ne fan-no cenfan-no i carteggi degli ambasciatori che costantemente lo descrivono vicino al duca e alla duchessa di Milano, e interpellato sulle questioni più varie inerenti alle rela-zioni diplomatiche fra le corti (compresa la politica matrimoniale: in particolare, il progetto poi sfumato delle nozze di Gale-azzo Maria Sforza con Dorotea Gonzaga). Simone morì il 9 marzo 1478 e il suo corpo fu tumulato nella chiesa di Monte Ortone.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Padova, Corporazioni religiose soppresse (Monasteri del Ter-ritorio), Santa Maria di Monte Ortone, bb. 49, 95; Santa Maria in Campo Santo di Cittadella, bb. 3, 32; Roma, Archivum Generale Ordinis Ere-mitarum Sancti Augustini, presso la Curia gene-ralizia agostiniana, Dd 5, cc. 144r, 146v, 157v, 162r, 166r, 168rv; Dd 6, c. 121v; Dd 7, cc. 125r, 126r; Roma, Archivio segreto Vaticano, Reg. Vat. 436, cc. 12r-13v, 26v-27v, e Reg. Lat. 520, cc. 264r-267v; Roma, Biblioteca Angelica, ms. Lat. 502; Egidio da Viterbo, Historia viginti saeculorum, c. 228; Iuliani de Salem OSA,Registrum Genera-latus (1451-1459), a cura di D. Gionta, Roma 1994, pp. 8 s. (nn. 14, 15), 246 (n. 671); Bullarium Ordinis Sancti Augustini Regesta, III (1417-1492), a cura di C. Alonso OSA, Roma 1998, pp. 74 (n. 175), 80 (n. 192), 155 s. (n. 395); Carteggio degli oratori mantovani alla corte sforzesca (1450-1500), II, 1460, a cura di I. Lazzarini, Roma 2000, nn.

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SIMONE DA CASCIA

213, 230; III, 1461, a cura di I. Lazzarini, Roma 2000, nn. 279, 282; V, 1463, a cura di M. Folin, Roma 2003, nn. 238, 307; VII, 1466-1467, a cura di M.N. Covini, Roma 1999, nn. 114, 162; X, 1475-1477, a cura di G. Battioni, Roma 2008, n. 14; XI, 1478-1479, a cura di M. Simonetta, Roma 2001, n. 202.

Ioannis Baptistae Egnatii De exemplis illustrium virorum Venetae civitatis atque aliarum Gentium, Venetiis 1554, p. 66; G.F. Foresti da Bergamo, Sopplimento delle croniche universali del mondo, tradotto nuovamente da Francesco Sansovino..., Venetiis 1581, p. 542; P. Elssius, Encomasticon Augustinianum, Vivieni 1664; T. de Herrera OSA, Alphabetum Augustinianum, Matriti 1644, pp. 381-384; G.F. Tomasini, Historia della B. Vergine di Monte Ortone nella quale si contengono diverse gra-zie e miracoli, con la vita di fr. S. da C. eremita agostiniano, Padova 1644; D. Calvi OSA, Delle memorie istoriche della Congregazione osservante di Lombardia dell’Ordine E.S.A., Milano 1669, p. 77; L. Torelli, Secoli Agostiniani overo Historia generale del Sagro Ordine Eremitano del Gran Dot-tore di Santa Chiesa S. Aurelio Agostino vescovo d’Hippona, VII, Bologna 1682, pp. 2-4, 50, 157, 287 (Vita del Vener. Servo di Dio F. S. da C. gran predicatore della parola di Dio, e famoso Paciero de’ Principi); F. Corner, Ecclesiae Venetae antiquis monumentis nunc etiam primum editis..., I, Venetiis 1749, pp. 272-278; J.F. Ossinger, Bibliotheca Au-gustiniana, Ingolstadii et Augustae Vindelicorum 1768, pp. 184-186; S. Romanin, Storia documen-tata di Venezia, IV, Venezia 1855, p. 225; B. Co-rio, Storia di Milano, III, Milano 1857, p. 210; G. de Minicis, Cronache della città di Fermo, a cura di M. Tabarrini, Firenze 1870, p. 66; M. Caffi,Frate Simone da Camerino, in Archivio sto-rico italiano, s. 3, XXVI (1877), 101, pp. 323-331; F. Antonini, La pace di Lodi e i segreti maneggi che la prepararono, in Archivio storico lombardo, LVII (1930), pp. 233-296; D.A. Perini, Bibliographia Augustiniana, Firenze 1938, pp. 173 s.; F. Co-gnasso, La repubblica di S. Ambrogio, in Storia di Milano, VI, Il ducato visconteo e la Repubblica am-brosiana (1392-1450), a cura di F. Cognasso, Mi-lano 1955, pp. 385-418; C. Piana - C. Cenci OFM, Promozioni agli ordini sacri a Bologna alle dignità ecclesiastiche nel Veneto nei secoli XIV-XV, Qua-racchi 1968, p. 391; K. Walsh, The observant con-gregations of the augustinian friars in Italy c. 1385 - c. 1465, tesi di dottorato, University of Oxford 1972; Ead., The observance: sources for a history of the observant reform movement in the order of augustinian friars in the fourteenth and fifteenth centuries, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XXXI (1977), 1, pp. 40-67 (in partic. pp. 61 s.); Ead., La congregazione riformata di Monte Ortone nel Veneto, ibid., XLIII (1989), 1, pp. 80-100.

LAURAGAFFURI SIMONE da Cascia: v. Fidati, Simone. SIMONE da Cascina. – Figlio di mae-stro Filippo, nacque a Cascina (Pisa) verso la metà del XIV secolo.

Frate domenicano, svolse i suoi studi tra Siena, Firenze, Perugia e Pisa, lasciando

abbondante traccia del suo operato soprat-tutto nel convento di S. Caterina a Pisa. Ivi trascorse la maggior parte della vita (1380-1420 circa), alternando l’attività di predi-catore e magister theologie nello Studium domenicano pisano (e nella chiesa di S. Michele a Pisa), alla reggenza dello Stu-dium di S. Maria Novella a Firenze (1388). Fu vicario dell’arcivescovo Lotto Gamba-corti dal 1381 al 1387, e ripetutamente prio-re del convento (1381, 1399-1402, 1412-17); inoltre, diffinitore ai capitoli provin-ciali e generali (per esempio, al capitolo di Lucca del 1402); partecipò in Germania al capitolo generale di Erfurt nel 1403, al Concilio di Pisa nel 1409, nel 1414 al Ca-pitolo provinciale di S. Miniato e al capi-tolo generale di Firenze. L’ultima data che lo attesti vivo è il 1418.

Gli Annali di S. Caterina lo ricordano come «vir non vulgaris» e scrittore fecondo di opere latine e volgari («multa scripsit latina et pisana lingua»), in parte perdute (F. Bonaini, Chronica antiqua Conventus..., 1845, p. 599). In realtà, fino a pochi decenni fa Simone era noto solo come continuatore della Chronica antiqua Con-ventus S. Caterinae (Pisa, Biblioteca Caterinia-na, ms. 78, cc. 39r-40v); F. Bonaini, Chronica antiqua Conventus..., cit., pp. 582-593), che co-minciò a redigere dopo la morte di Domenico da Peccioli nel 1411 (provvedendo a biografare sinteticamente otto confratelli: Chronica anti-qua, cit., nn. 268-275).

In anni recenti tuttavia altre opere di Si-mone sono state scoperte e valorizzate: in primo luogo il Colloquio spirituale (Firenze, Biblioteca Riccardiana, cod. 1346, cc. 1r-78r), unico suo scritto edito integralmente (Simone Da Cascina, Colloquio spirituale, a cura di F. Dalla Riva, Firenze 1982; Collo-quio spirituale: la s. Messa viatico salvifico nella storia della Chiesa. Testo volgare del secolo XIV perfezionato e trascritto da Be-nedetto Carderi O.P., Teramo 2006).

Quest’opera mistica in volgare pisano, composta nel 1392 per comunità religiose e per pie donne (secondo la consuetudine dei padri spirituali e dei predicatori tardo-medievali), costituisce l’espressione prin-cipale della dottrina spirituale di Simone. Si tratta di un dialogo, nel quale quattro personaggi, con funzioni precise, discutono il De sacro altaris mysterio di Innocenzo III: a Simone stesso è affidata la trattazione dottrinale, mentre la discepola Caterina sti -mola la discussione, un «fraticello» dotato

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