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Tralicci per coperture in bamboo con giunzioni a basso costo ed elevata duttilita

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1

La pianta del bambù

1.1

Distribuzione geografica e diffusione

I Bambù sono piante originarie delle regioni tropicali e sub tropicali del pianeta, per lo più dell'Estremo Oriente. Crescono principalmente in Cina e Giappone anche se ritroviamo specie spontanee anche in Africa, Oceania e America Latina. Il bambù prospera spontaneamente anche in molte regioni calde e temperate di Africa, Asia, Oceania, fino alle medie quote di montagna ed è alla base dell'economia di molti paesi in via di sviluppo appartenenti a queste fasce climatiche.

    Non è un arbusto nativo dell’Europa ma molte zone del continente, compresa quasi tutta la penisola italiana, sono adatte alla crescita di specifiche specie di bambù. Infatti l’habitat adatto per la coltivazione e la crescita di questa pianta comprende tutta la fascia tra i 46° N e i 46° S e alcune specie prosperano fino a 4.000 Mt di altitudine.

La coltivazione di bambù in Europa solleva alcune domande non ancora chiarite tra cui il capire se le proprietà meccaniche e biologiche del materiale derivano dalle specifiche condizioni agricole e climatiche in cui naturalmente cresce o sarebbero simili se coltivato in altri ambienti e quali aspetti ecologici potrebbero scaturire da una tale coltivazione. Pur richiedendo queste domande maggiore ricerca, già oggi in

DIFFUSIONE NATURALE COLTIVAZIONI

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Italia sono disponibili un numero sufficiente di coltivazioni per motivare l’uso del bambù in campo architettonico. Il bambù ha ottime proprietà meccaniche.

Soprattutto a trazione, la sua resistenza è paragonabile a molti metalli, motivo per cui alcuni parlano anche di “acciaio vegetale”, e a parità di peso, fornisce prestazioni nettamente superiori ai materiali convenzionali. Il materiale può essere utilizzato

sotto forma di canna intera (soprattutto se di diametro contenuto) ma anche come fascia ricavata da canne più grandi per taglio o spezzatura, e sono stati sperimentati anche impieghi di elementi di forma diversa tra cui tagli di piccola pezzatura e in seguito giuntati, fino ad arrivare a usare le singole fibre come matrice per materiali compositi. La resistenza strutturale è affidata alle proprietà delle singole aste

richiedendo diametri di canna idonei (> 8 cm) e una particolare cura dei nodi.

Per queste sue caratteristiche di versatilità e per i molteplici usi di cui se ne può fare, il bambù rientra a pieno titolo, insieme alla canapa e poche altre colture, in quelle produzioni che sono alla base di una economia ecosostenibile.

E’ una pianta che può essere utilizzata per una varietà di scopi: i tronchi sono

impiegati in primo luogo come materiale per la costruzione di abitazioni di medie e piccole dimensioni, di ponti di modeste dimensioni, di mulini ad acqua e generatori microidro. Nell'edilizia tradizionale si utilizza per le intelaiature di tetti di edifici, anche di considerevoli dimensioni, e addirittura (come avviene a Hong Kong) come tralicci nella costruzione di grattacieli. I fusti cavi, sono utilizzati per farne condotte d'acqua rudimentali, recipienti e legname da costruzione.

Nel settore dell'arredamento i tronchi di bambù sono impiegati tipicamente per costruire tavoli e sedie molto resistenti alle intemperie, anche in ambienti

particolarmente umidi e piovosi. Inoltre, ridotto in polpa, il bambù è utilizzato per fabbricare carta da giornale oppure tessuti.

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3 Dal punto di vista ecologico, il bambù è importante perché la sua coltivazione non richiede l’uso di fertilizzanti; inoltre è capace di immagazzinare una grande quantità di anidride carbonica il che si riflette nel basso impatto ambientale nell’uso di

questa pianta, soprattutto nel campo edile.

La maggiore diffusione dei fabbricati e prodotti in bambù coincide con le zone di crescita naturale o coltivazione della pianta come Birmania, Cambogia, India (nordorientale), Indonesia, Laos, Thailandia, Vietnam e nel sud della Cina (nel Guangdong, zona di Canton). Il bambù è una materia prima incredibilmente versatile ed ecologica. Utilizzarlo in campo tecnico comporta notevoli vantaggi, soprattutto se paragonato ad altri materiali come la plastica.

Questa può essere impiegata, infatti, per costruire oggetti vari: come sandali,

capelli, pettini, ecc., ma, a differenza della plastica il bambù può essere utilizzato per costruire mobili, attrezzature e, in sostanza, ogni componente di una casa:

pavimenti, pareti, tetti, colonne portanti, etc. A differenza della plastica la sua

produzione comporta l'assorbimento e non la produzione di CO2 e soprattutto non

dipende dall'estrazione del petrolio, rientrando quindi nelle fonti rinnovabili.

Frammenti e altri scarti della lavorazione del bambù possono essere impiegati come combustibile per riscaldamento, oppure come polpa per fabbricare carta e tessuti. Il costo del legname di bambù è talmente basso, che molto spesso il prezzo dei fili metallici e dei chiodi impiegati per unire i tronchi, supera il costo del bambù

richiesto per costruire una media capanna (complessivamente il totale del metallo e chiodi necessari per costruire una capanna, ha un costo che nei paesi sub-tropicali asiatici si aggira attorno ai 20 dollari).

Per la coltivazione del bambù non sono necessari pesticidi né erbicidi; anche i fertilizzanti sono poco richiesti, anche perché spesso la crescita spontanea delle piante di bambù avviene nei pressi di acquitrini e corsi d'acqua, dove ricevono naturalmente un buon apporto di concime organico.

Si hanno anche dei grandi vantaggi energetici ed economici per il basso consumo di energia nella trasformazione del materiale, che non deve essere tagliato (se non alle sue estremità), non deve essere dipinto, né profilato, ma spesso soltanto sagomato con il vapore per dargli forma sotto tensione.

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Volendo, il bambù può essere filato per ottenere reti e tessuti, oppure tagliato in sezioni piatte per essere intrecciato formando pannelli, e dunque non necessita trasformazioni a elevato consumo energetico. Il vantaggio principale del bambù è quello della rapida crescita, che per alcune specie, in regioni caratteristiche del

mondo con alcune fasi particolarmente piovose dell'anno, arriva a più di un metro di allungamento al giorno. Questa caratteristica comporta come altro vantaggio,

l'assorbimento di una grande quantità di anidride carbonica, contribuendo così a diminuire l'effetto serra. E’ possibile quindi affermare che date le sue buone

caratteristiche di versatilità per i molteplici usi di cui se ne può fare e di naturalità per le tecniche produttive, il bambù rientra a pieno titolo, insieme alla canapa e poche altre colture, in quelle produzioni che sono alla base di un’ economia

ecosostenibile. L’unico svantaggio che si ha nei luoghi di coltivazione è quello della fioritura e fruttificazione con ciclo di 28-50 anni, che comporta la morte delle piante e la proliferazione di roditori e altri animali nelle zone di coltivazione, che si alimentano dei frutti del bambù.

1.2

Il bambù: caratteristiche morfologiche e struttura

Le piante che comunemente chiamiamo Bambù, o Bamboo, appartengono alla

famiglia delle Graminaceae (Poaceae), al cui interno sono riconoscibili più di 75 generi e oltre 1200 specie. Pertanto non si può quindi parlare di una singola varietà ma di diverse categorie che raggruppano piante straordinarie le cui proprietà e caratteristiche hanno fatto si che dai loro luoghi di origine si siano diffuse davvero in tutto il mondo. Sono piante a portamento arbustivo, sempreverdi e molto vigorose; possono crescere pochi

centimetri o raggiungere notevoli altezze e dimensioni, come nel caso del Dendrocalamus giganteus che raggiunge i 40 m di altezza e 30 cm di diametro.

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5 Studi molecolari effettuati su queste piante indicano che, dal punto di vista

evolutivo, i bambù hanno un’unica origine e il loro antenato più prossimo è il riso. Studi morfologici avvallano la stessa teoria e si basano sulla presenza di cellule rachimorfe (sensibili alla luce debole) nel tessuto fotosintetico delle foglie di tutte la specie.

La sottofamiglia dei bambù (Bambùsoideae) riunisce circa 1400 specie in

101-108 generi ed è da sempre stata suddivisa in due grandi gruppi: i bambù legnosi (Bambùseae) con circa 1290 specie, e i bambù erbacei (Olyreae) con circa 115. I bambù legnosi condividono caratteri morfologici unici quali due diversi tipi di foglie: le foglie caulinari, che proteggono i germogli giovani e fragili, e le foglie

fogliari, complessi sistemi di ramificazione e fioriture gregarie.

Per la loro adattabilità i bambù godono di una vasta distribuzione geografica e di una forte diversità morfologica. Per poterli riconoscere, considerandone la natura

specialistica e le rare fioriture, è stata data molta importanza alle strutture principali della pianta ovvero il rizoma, il culmo, la gemma, il complemento dei rami, le foglie culinari e il fogliame.

1.2.1 Il rizoma

Il rizoma, la radice del bambù, è un culmo che si sviluppa a notevoli profondità che costituisce la struttura di sostegno della pianta e ha un ruolo importante

nell’assorbimento e nella stabilità della macchia. E’ fondamentalmente costituito da tre parti:

 Il collo, che può essere corto o molto allungato

 Il rizoma vero e proprio, che si caratterizza per la posizione tipicamente sotterranea e per la presenza di gemme e radici avventizie;

 Le radici avventizie, che possono essere fibrose, sottili, rozzamente cilindriche, oltre ad essere il vero nucleo del bambù, svolgendo la funzione di assorbimento di nutrimento dal terreno.

Esistono due forme basiche di rizoma: il rizoma leptomorfo e il rizoma pachimorfo. Il rizoma leptomorfo si distingue per la forma cilindrica o subcilindrica e per essere relativamente dritto, con un diametro di generalmente inferiore a quello del culmo nel quale si trasforma apicalmente. Inoltre gli internodi si presentano con lunghezze

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maggiori delle larghezze e generalmente sono vuoti, raramente solidi e relativamente simmetrici. I nodi possono essere alti o gonfi e le gemme laterali sono solitarie e si trasformano direttamente in culmi, inoltre possono esserci radici avventizie. Gran parte dei bambù delle regioni settentrionali o delle zone temperate, come i generi Phyllostachys, Arundinara e Shibatea, presenta questo tipo di rizoma.

Il rizoma pachimorfo invece si distingue dal precedente per la caratteristica forma sub fusiforme, per essere relativamente corto, con un diametro generalmente superiore a quello del culmo nel quale si trasforma apicalmente.

Figura 1.4: Rizoma Pachimorfo e Rizoma Leptomorfo

 

Gli internodi sono più larghi che lunghi, resistenti e asimmetrici; i nodi non sono elevati o gonfi e le gemme laterali sono solitarie e si trasformano in rizomi o in strutture di supporto. Nella parte più bassa si sviluppano le radici avventizie e vi è un appianamento del nucleo, inoltre il collo del rizoma può essere corto o allungato. Presentano questo tipo di rizoma le piante che crescono in regioni tropicali come i generi Bambùsa, Guadua e Dendrocalamus.

I rizomi del bambù contribuiscono anche a conservare il terreno, a stabilizzare i pendii come pure a proteggere dall’erosione prodotta dalle acque, dai forti venti o dagli smottamenti, grazie al sistema di rete che formano nei primi 50-100 cm del suolo.

Inoltre il loro diverso modo di svilupparsi consente di identificare i diversi tipi di bambù. Abbiamo, infatti, piante che sviluppano rapidamente il proprio apparato

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7 radicale allontanandosi velocemente dal luogo di origine e quindi diventando molto invasive, altri che si sviluppano invece più lentamente e altri che rappresentano una via di mezzo.

1.2.2 Il culmo

Il secondo elemento di distinzione fra i bambù è il culmo, il nucleo aereo segmentale che spunta dal rizoma. In poche parole il culmo è il nome che assume il fusto delle graminacee ed è formato dal collo, i nodi e gli internodi.

Il collo è la parte che unisce il rizoma al culmo e rappresenta il punto di unione degli internodi che sono la parte di culmo compresa fra due nodi. Fra tutti questi elementi i più resistenti sono i nodi, dai quali in seguito si sviluppano le foglie della pianta che possono essere anche molto sporgenti, come nella Guadua Amplexifolia o nella Guadua Trinii. Altre caratteristiche da rilevare all’interno dell’internodo sono la presenza o meno di un essudato bianco (cera) sulla superficie, la presenza di acqua nella cavità interna e colore e struttura della superficie. Di solito, nel culmo, si verifica un graduale aumento della lunghezza dell’internodo dalla base verso la parte di mezzo e quindi una riduzione verso l’apice. Il culmo della Guadua Angustifolia può misurare fino a 30 m di altezza e 23 cm di diametro.

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Per questo si può considerare la parte più importante della Guadua e, secondo il livello di maturità, sono utilizzati per impieghi differenti. Principalmente possono essere distinti in:

 Polloni o germogli nuovi: cronologicamente nella Guadua, il culmo è chiamato pollone fino all’età di 7 mesi, quando è ancora protetto dalle foglie caulinari, in altre parole quando è ancora un germoglio. In questa fase entra a  far parte della tradizione culturale dei Paesi Asiatici anche per il suo aspetto

commestibile (i polloni sono consumati freschi, secchi, affumicati, sottaceto e anche venduti in scatolette conservate in salamoia), in particolare in Cina, Taiwan, Giappone e Thailandia;

 Culmi giovani: sono culmi con un’età compresa tra 1 e 2 anni, in Colombia sono utilizzati per la produzione di cesti, stuoie o comunque artigianato ma in quantità modeste poiché per il bene dello sviluppo della pianta è consigliato non tagliare i culmi durante questa fase di maturazione;

 Culmi maturi: sono quelli che raggiungono i 5-8 anni di età. Si conoscono oltre mille modi di utilizzo dei culmi maturi, principalmente come materiale da costruzione (abitazioni, ponti, passerelle…), ma sono utilizzati anche nel settore agricolo e zootecnico, nella produzione di mobili o artigianale, e per la produzione di carbone vegetale, fibre e prodotti industriali come pannelli, agglomerati e pavimenti;

 Culmi secchi: aventi più di 10-12 anni, sono utilizzati come materiale da combustione nei torchi per la lavorazione della canna da zucchero o nell’industria del laterizio.

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1.2.3 La gemma

La gemma del bambù, è normalmente protetta da una brattea ovvero una foglia modificata che accompagna fiori e infiorescenze. Tutte le specie hanno una sola gemma per nodo e questa può essere attiva o inattiva, vegetativa o riproduttiva.

Di solito termina l’inattività quando il culmo ha completato la crescita apicale e si sviluppano nella terza parte basale e apicale; quelle della terza parte mediana di solito non si sviluppano.

Figura 1.6: Gemme di bambù.

Le gemme sono importanti negli studi tassonomici (ovvero nelle classificazioni che sono utilizzate in biologia) poiché aiutano a identificare specie, sezioni e generi delle piante, oltre a svolgere un ruolo molto importante nel campo della biotecnologia per la riproduzione “in vitro”.

1.2.4 Il fogliame

I rami nascono sopra la linea nodale, il loro numero e l’organizzazione variano da uno a pochi rami per nodo, è comunque sempre presente un ramo dominante. Caratteristica della pianta sono i rami nel terzo inferiore che si modificano trasformandosi in spine, dalle 3 alle 5 per nodo. La ramificazione dei bambù varia molto durante i vari stadi di crescita della pianta, tuttavia la forma più tipica di ramificazione si osserva nella parte intermedia dei culmi adulti.

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I rami sono importanti poiché sostengono il fogliame, struttura fondamentale per i processi fisiologici (fotosintesi, respirazione, etc.) del vegetale; i rami secchi sono impiegati in agricoltura come tutori alle coltivazioni di legumi su piccola scala, mentre i rami apicali del culmo, che hanno un alto contenuto di fibre, sono utili nella produzione di materiali agglomerati. Le foglie si presentano sottili, lunghe, lanceolate, simili a dei fili d'erba, erette o reclinate verso l'esterno, di colore verde più o meno intenso secondo i generi e delle specie.

Importate è la foglia caulinare, ovvero una foglia modificata che protegge il culmo dal momento in cui fuoriesce fino ai primi 6-7 mesi di crescita. Questa foglia nasce in ogni nodo del culmo proteggendo la gemma da cui si origineranno rami e foglie e conferisce inoltre maggior rigidità al culmo giovane che, appena emerso, è molto debole. Il fogliame in generale è comunque la fonte principale di elaborazione degli alimenti della pianta ed è formato da guaina, lamina e appendici, come le auricole e le fimbrie. In particolari specie esiste lo pseudo-picciolo, una struttura di unione, orientamento e disarticolazione tra la guaina e la lamina.

Quest’ultima varia molto nelle dimensioni e nella forma: da quelle molto strette a quelle molto larghe, da quelle lanceolate a quelle triangolari, caratteristiche che possono essere riferite all’intensità della luce che ricevono e dal livello di crescita della pianta.

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1.2.5 Infiorescenza e cicli produttivi

La pianta del bambù non presenta dei veri e propri fiori ma piuttosto un’infiorescenza, cioè un termine generico riferito all’organizzazione dei fiori di una pianta, senza connotazione morfologica. L’infiorescenza del bambù viene, infatti, considerata come un nucleo o sistemi di nuclei che emergono da una zona comune detta rachide primario.

Sia il rachide primario sia gli altri nuclei terminano con una spighetta, in altre parole l’unità basica strutturale dell’infiorescenza stessa. Il fosculo è la parte elementare in cui si rompe una spighetta quando il segmento si disarticola ed è formato da lemma, buccia e fiore.

Il fiore riunisce gli organi riproduttivi ed è protetto, generalmente, dalla buccia. La fioritura può essere di due tipi:           

 Fioritura gregaria o monocarpica: avviene quando tutti membri di una determinata generazione, con un’origine comune, entrano quasi contemporaneamente nella fase riproduttiva. Tutti i culmi di una specie fioriscono nello stesso momento, indipendentemente dell’età e dal luogo in cui si trovano. La durata del ciclo di fioritura varia in ogni specie, con una

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madia che oscilla tra i 3 e i 120 anni. Dopo la fioritura e la produzione di semi il culmo si secca, la pianta s’indebolisce e muore il rizoma, provocando la morte totale di vaste popolazioni di bambù e squilibri ecologici (per esempio la mancanza della fonte primaria di cibo, come per il panda) e talvolta con implicazioni sociali (India, Bangladesh.) dove questa pianta è utilizzata come sostentamento dalla popolazione. Anche in America, ad esempio, varie specie presentano il fenomeno della fioritura gregaria e i suoi effetti danneggiano soprattutto l’ambiente senza però colpire la popolazione che non dipende economicamente da esse. Attualmente non si conosce il motivo per il quale questa specie abbia una fioritura gregaria, sembra, infatti, che né le specifiche condizioni ambientali, né l’età o le dimensioni dei culmi e delle piante siano stati individuati come fattori significativi responsabili della fioritura di specie distanti tra loro migliaia di chilometri. Da molte ricerche condotte su quest’argomento, sembrerebbe che il responsabile di tale comportamento sia il rizoma;

 Fioritura sporadica: avviene quando tutti membri di una determinata generazione, con un’origine comune, entrano gradualmente nella fase riproduttiva, in momenti differenti o con intervalli irregolari. Questo tipo di fioritura porta allo sviluppo di grandi macchie isolate oppure anche allo sbocciare di alcuni pochi culmi. La durata del ciclo di fioritura è quindi impossibile da determinare e dopo di essa si osserva l’ingiallimento della pianta, ma con getto di nuovi germogli, la pianta quindi non muore e non crea squilibri ecologici o sociali.

Recenti studi hanno comunque sollevato perplessità sul fatto che una pianta dopo la fioritura, per lo stress subito dal processo, può anche morire, e nel bambù questo è frequente, ma ciò non è genetico.

Una delle ipotesi che fatte per spiegare perché, alcune volte, il bambù muoia dopo la fioritura è il fatto che queste sono piante a impollinazione anemofila, vale a dire ad opera del vento. Pertanto un singolo arbusto deve produrre una grande quantità di fiori per avere la certezza di poter produrre un numero congruo di semi e questo

costituisce un già un grande sforzo che può provocare la morte della pianta. Inoltre, considerando che il bambù ha una crescita molto fitta, per garantire ai semi spazio

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13 vitale (luce, acqua, aria, sostanze nutritive) la “pianta madre" deve "liberare spazio" e quindi sacrifica se stessa per la futura generazione. Ovviamente queste sono ipotesi poiché le vere ragioni non sono ancora state chiarite.

1.2.6 Il frutto

I frutti del bambù sono chiamati cariossidi e sono frutti comuni a molte specie di cereali e nei germogli, nella pianta del bambù sono piuttosto rari.

Non hanno polpa, sono secchi, sottili e hanno la forma di chicco di grano o del riso, ed essendo la fioritura di queste piante

molto rara ed estemporanea i dati che si

riferiscono ai suoi frutti sono ancora incompleti. Sappiamo però che sono utilizzati come fonte alimentare, soprattutto in Asia e Africa dove normalmente si consumano anche cariossidi anche di altre specie per la loro ricchezza di amido. In America il consumo di questi frutti è tipico solo di alcune comunità del Perù e del Brasile.

1.3

Metodi di riproduzione

La trasformazione del bambù in un autentico sostituto del legno insieme al suo carattere di sostenibilità e i notevoli vantaggi in campo economico e ambientale, hanno dato inizio allo studio e alla messa a punto di nuove tecniche per la conservazione, riproduzione e sfruttamento razionale di tale materiale.

Esistono due principali forme di riproduzione del bambù: la riproduzione sessuale e la riproduzione asessuale o vegetativa.

La riproduzione sessuale utilizza i semi delle piante adulte per ottenere nuovi

germogli, questo metodo però nei bambù non è molto pratico a causa dei lunghi cicli di fluorizzazione e fruttificazione che possono oscillare da 1 a 120 anni, senza considerare che in alcune specie ottenere i semi è molto difficile. Nonostante ciò in Asia questo metodo è molto usato, soprattutto per la riproduzione di specie come la Bambùsa Bamboo, la cui percentuale di germinazione delle sementi è tra il 26 e il 52%; in America i semi di alcune specie come la Guadua Angustifolia, presentano

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percentuali elevate di germinazione, tra il 95 e 100%, ma una bassa percentuale di formazione di semi da parte della pianta, motivo che scoraggia l’impiego di questo metodo.

La riproduzione asessuale o vegetativa, a differenza del precedente metodo, si avvale delle parti vegetali del bambù. Attraverso i segmenti di rami per esempio si

possono creare piantagioni su vasta scala, sfruttando il fatto che rami con diametri elevati hanno maggiore possibilità di radicare rispetto ai rami più sottili.

Il radicamento avviene, in particolare, in habitat umidi caratterizzati da sedimenti di pula e carbone e il successo della radicazione dipende dalla grandezza del culmo e dallo spessore della parete della canna. Bambù con pareti piuttosto consistenti hanno

maggior getto di germogli e un miglior arricciamento, probabilmente grazie alla disponibilità di maggior nutrimento rispetto ad elementi più snelli, infatti la riproduzione dei bambù a parete sottile non ha effetto con questo metodo.

La riproduzione vegetativa massiccia porta con sé un aspetto negativo, infatti può portare alla degenerazione genetica della coltura se non si osserva una gestione

ottimale dell’eterogeneità del materiale presente nella piantagione. Un’altra parte vegetale che è sfruttata è il rizoma, con segmento di pollone. Questo è il metodo migliore per riprodurre la pianta, ma non è molto raccomandato per produzioni su larga scala poiché il trasporto è pesante e difficoltoso.

1.4 Boschi e piantagioni

    I boschi di bambù occupano oltre 20 milioni di ettari di territorio in Asia, America latina e Africa, pari all’1% dell’intera superficie boschiva mondiale, collocandoli tra le più importanti risorse naturali di questo secolo. La rapida crescita dell’industria che sfrutta quest’arbusto è da addebitarsi all’utilizzo efficace delle eccezionali

caratteristiche della pianta stessa, in particolare:

 la sua natura sempreverde e perenne;  crescita rapida;

 elevata produttività;

 cicli annuali e/o biennali di sfruttamento;  versatilità di impiego.

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15 Soprattutto la Cina vanta, in questo settore, il maggior sviluppo tecnologico, grazie alle politiche di apertura adottate negli ultimi anni, nonché una fiorente industria del bambù in linea con l’espansione economica del paese.

La tipologia di boschi di bambù presenti in tutto il mondo varia secondo le specie e del tipo di selvicoltura.

Le specie con rizomi leptomorfi, che crescono in climi temperati, richiedono un trattamento molto diverso dalle specie con rizomi pachimorfi, che crescono in climi tropicali e subtropicali. Del resto anche l’uso finale della piantagione è funzione del tipo di trattamento da applicare all’arbusto, vi sono infatti piantagioni finalizzate allo sfruttamento dei germogli, altre che prevedono l’utilizzo dei culmi, altre ancora hanno lo scopo di proteggere e preservare le specie. Infatti per centinaia di anni lo sfruttamento mondiale delle piantagioni è stato compiuto estraendo i culmi

direttamente dalle macchie naturali e solo negli ultimi 50 anni sono stati realizzati studi specifici sul settore e applicate tecnologie adeguate per il trattamento delle piantagioni per scongiurare la deforestazione.

Non tutti i luoghi sono adatti per la coltivazione del bambù, è quindi necessario accertarsi che le condizioni ambientali siano favorevoli allo sviluppo della specie scelta. Infatti, anche se queste piante si distinguono per la loro adattabilità e per la generosa distribuzione geografica, esistono luoghi con caratteristiche climatiche ed edafiche (ovvero caratteristiche che influiscono sulla distribuzione della flora in rapporto alla struttura chimica e fisica del terreno), particolarmente adatte allo sviluppo ottimale delle piante.

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Il territorio di semina è ovviamente connesso al tipo di specie che si vuole coltivare e dall’uso che si vuol fare della pianta. In particolare le coltivazioni destinate alla produzione industriale e commerciale dei culmi dovrebbero essere piantate in aree con climi dolci e miti, con terreni ricchi di nutrienti e di facile accesso. Il periodo migliore di semina è all’inizio della stagione piovosa perché in questo modo è più facile che le plantule superino l’impatto dell’impianto boschivo e inizino a svilupparsi e riprodursi poi in maniera autonoma e naturale.

1.4.1 Pianificazione boschiva

Per la gestione adeguata delle piantagioni naturali di bambù si devono prendere in considerazione aspetti importanti come la disponibilità di manodopera, caratteristiche socioeconomiche e biofisiche del luogo, programmazione delle attività di produzione, gestione ottimale della manutenzione delle piantagioni e sfruttamento ecocompatibile delle stesse. Idealmente le coltivazioni dovrebbero essere amministrate, secondo la specie, su base annuale o semestrale, sia per il raccolto sia per la manutenzione poiché è noto che lo sfruttamento sistematico e regolato incrementa la produttività, come del resto per qualsiasi tipo di piantagioni.

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17 E’ importante definire l’intensità ed il tipo di campionamento da realizzare per calcolare le richieste di mercato. Infatti la gestione dei boschi deve garantire che non si realizzi un sovra sfruttamento degli stessi e tutti gli sforzi devo essere orientati alla creazione di

piantagioni sane e robuste, con un’alta produttività di nuovi germogli.

Il periodo ottimale per la raccolta del bambù è durante la stagione secca, poiché in questo periodo la nascita dei germogli è bassa, così come l’umidità dei culmi, che facilita il trasporto, riduce la comparsa di piaghe e di malattie post raccolto.

Normalmente i coltivatori non utilizzano fertilizzanti per ottenere produzioni considerevoli poiché possiamo considerare questa pianta come un genere “infestante”, per il quale non è necessario applicare nessuna tecnica di concimazione al fine di ottenere crescite considerevoli. Ovviamente quantità e produttività variano secondo la specie e delle

condizioni climatiche e la produzione annuale è collegata, fondamentalmente, al numero di nuovi germogli prodotti ogni anno.

Il numero di culmi per ettaro, ovvero la densità della piantagione, viene determinato dalla qualità e dalla cura dei boschi, alcune specie asiatiche, infatti, producono dai 5000 agli 8000 culmi per ettaro in piantagioni naturali e poco meno in quelle artificiali, insediate dall’uomo.

1.4.2 Malattie e parassiti delle piantagioni

Diversamente da altre graminacee commerciali come il grano, la canna da zucchero e il riso, i bambuseti, sia in Africa sia in America, sono

poco soggette a fenomeni quali malattie intrinseche della pianta o affezioni da parassiti, tuttavia esistono alcune specie di insetti e roditori che attaccano le piante vive durante la fase di crescita e di rinnovamento, distruggendo così nuovi e preziosi germogli.

Su alcune specie è possibile osservare, per esempio, la presenza di macchie brune sulla pagina inferiore delle foglie il che significa la presenza della Cocciniglia ed in particolare della

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Cocciniglia bruna. Per le piante più grandi presenti in boschi naturali vengono utilizzati antiparassitari specifici per questo insetto.

Un altro acaro molto fastidioso e dannoso è il Ragnetto Rosso. La sua presenza è certa se le foglie iniziano ad ingiallire e successivamente a queste manifestazioni si accartocciano, assumendo un aspetto quasi polverulento che porta ad una successiva caduta. Osservando attentamente le foglie si scorgono delle sottili ragnatele soprattutto nella pagina inferiore delle foglie. Inoltre le piante

mature vengono attaccate da una specie parassita, il Dinoderus Minutus, considerata una vera e propria minaccia per il bambù tagliato.

Si deve poi considerare anche la pratica agricola che prevede la bruciatura dei campi per eliminare velocemente gli scarti dopo la raccolta (pratica ancora molto diffusa in America Latina) che è una delle cause più serie di deterioramento dei boschi ed è ritenuta una delle principali cause dell’indebolimento delle piantagioni, aumentando la possibilità di attacchi da parte dei parassiti.

1.4.3 Raccolta, post-raccolta e trasporto

La selezione dei culmi da tagliare viene fatta considerando il colore, l’età e la qualità del legno. Si devono selezionare culmi maturi, di età superiore ai tre o cinque anni, i quali si distinguono all’interno della macchia, fra le altre caratteristiche, dal colore verde differente. I culmi più vecchi e rovinati vengono tagliati per primi, mentre quelli più giovani e acerbi sono tagliati solo se infestati da malattie o se presentano danni meccanici.

La maggior parte dei bambù utilizzati a scopi commerciali vengono raccolti a mano attraverso l’uso del machete, tuttavia alcune specie, destinate a scopi diversi dove l’aspetto e l’integrità estetica non sono fondamentali, vengono tagliati con seghetti o simili, sempre, però, tramite raccolta manuale, mai meccanica. Inoltre il taglio deve avvenire a livello del primo o del secondo nodo, evitando l’accumulo di acqua nell’internodo e conseguente putredine di rizoma.

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19 La fase di post raccolta implica processi di climatizzazione e di adattamento dei culmi, che ne precedono l’impiego come materia prima. In base tipo d’uso della pianta questa deve o meno essere trattata dopo la raccolta, in ogni caso sul culmo vengono comunque fatte lavorazioni specifiche volte a proteggere la canna dal prematuro deterioramento del materiale. Inoltre dopo l’estrazione dal bosco, le canne vengono classificate in base al diametro, alla lunghezza e allo spessore della parete per agevolarne la commercializzazione, il trasporto e lo stoccaggio.

Oltre alla raccolta anche il trasporto delle piante tagliate avviene manualmente all’interno del bambuseto e talvolta, in base alle dimensioni ed alla posizione dello stesso, si fa ricorso ad animali da soma oppure addirittura a chiatte se, come accade di frequente, la piantagione si trova in prossimità di fiumi.

Queste operazioni vengono fatte manualmente per evitare l’impatto su materiale con spioventi superiori ai 2 metri ed evitare quindi il danneggiamento e la successiva alterazione durante lo stoccaggio dello stesso.

1.5 Preservazione del bambù

Quando i bambù vengono esposti a condizioni variabili di temperatura, luce ed acqua hanno lo stesso comportamento del legno: si deteriorano. Quello che dal punto di vista ingegneristico strutturale risulta un imbattibile punto di forza, al pari di nessun altro materiale naturale, per la durabilità è un punto debole: la sua sezione cava, infatti, può divenire un riparo naturale per molti agenti patogeni.

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Per garantire una maggiore curabilità è indispensabile trattare le canne di bambù con delle sostanze preservanti e l’efficacia di tali trattamenti dipende soprattutto dalla penetrazione dei prodotti chimici nel tessuto del culmo.

La parte esterna dei culmi, del resto, contenendo un'alta percentuale di silice, forma una barriera tanto per gli insetti quanto per i prodotti preservanti; la parte interna è ricoperta inoltre da un sottile strato ceroso, anch'esso impermeabile.

I bambù quindi sono più resistenti del legno rispetto all’infiltrazione delle sostanze con cui vengono trattati e questo è dovuto in particolar modo al fatto che:

 rispetto al legno, nel bambù la percentuale di tessuto conduttivo è molto bassa, 5/10%, mentre nei legni morbidi è 70% e 30% in quelli duri;

 nel bambù non esistono cellule orientate radicalmente, come nel legno. Queste cellule infatti, presenti nel legno, sono essenziali per facilitare la circolazione dei liquidi dalla periferia verso la parte interna. Da lì si crea, solamente per diffusione, il movimento orizzontale dei preservanti, dai vasi conduttivi verso il tessuto più vicino e verso le fibre, ed è quindi un processo molto lento;

 la penetrazione dei preservanti dentro il culmo si realizza preferibilmente in senso apicale, verso i vasi conduttivi, che costituiscono non più del 10% del culmo.

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21 Conseguenza di ciò, i trattamenti in cui si utilizza il metodo di immersione hanno un’efficacia limitata, nonché una durata di trattamento decisamente lenta.

Per migliorare questo sistema spesso viene grattata la pellicola esterna ed interne della pianta e perforare gli internodi, così da garantire un passaggio più agevole delle sostanze usate nei trattamenti.

Un processo risultato efficace è quello di Boucherie che consiste nell’applicazione di preservante ad un’estremità del culmo, esercitando una pressione moderata di circa 1 atmosfera.

Si deve mantenere la pressione fino a quando tutti i vasi sono pieni e considerare una velocità di circolo che sia proporzionata alla dimensione dei vasi.

In ogni caso, prima ancora dell’applicazione di sostanze preservanti, e forse più significative e determinanti per la buona riuscita del trattamento, sarebbe necessario seguire alcune regole per assicurarsi una maggiore durabilità delle canne.

Per esempio raccogliere i culmi durante l'inverno, oppure nelle prime ore del mattino, quando l'attività della pianta è ridotta, per cui vi sono meno zuccheri (appetibili per i parassiti) nella linfa.

Sarebbe inoltre opportuno stoccare le canne di bambù in luogo ombreggiato, asciutto e ventilato, non aderenti al suolo e consentendo un minimo passaggio d'aria tra i culmi, inoltre sarebbe consigliabile non usare contenitori chiusi per lo stoccaggio ed il trasporto del bambù, che diventerebbero un habitat perfetto per funghi e insetti.

1.5.1 Trattamenti di preservazione

I trattamenti di preservazione allungano la vita del bambù e ne conservano le proprietà. Il culmo di bambù è un materiale biologico e come tale è destinato a degradarsi col passare del tempo. La particolare morfologia del bambù, siliceo all'esterno e ricchissimo di zuccheri e amidi all'interno, lo rende vulnerabile agli attacchi di insetti e funghi e alle muffe che possono danneggiarlo fino a renderlo inutilizzabile. Per la preservazione del bambù s’impiegano diversi trattamenti, ma i principali possono essere suddivisi in due categorie: senza prodotti chimici (o metodi tradizionali) e trattamenti con prodotti chimici.

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1.5.1.1 Trattamenti senza prodotti chimici.

Sono di uso frequente nelle zone rurali perché possono essere realizzati facilmente dai contadini, infatti questi trattamenti non necessitano di attrezzature speciali per la loro applicazione, né tantomeno di prodotti costosi o di ampi spazi per l’allestimento degli spazi dove lavorare. Inoltre le lavorazioni sono molto semplici e possono essere fatte con elementi naturali e reperibili, come l’acqua, le pietre, il fumo o il fuoco e quindi senza costi aggiuntivi per gli operanti nel settore.

Alcuni di questi trattamenti sono:

- Stagionatura in cespuglio; i culmi vengono tagliati alla base e vengono lasciati nel bosco di bambù in posizione verticale, per un periodo non inferiore agli 8 giorni, insieme ai suoi rami e alle sue foglie, adesi ed appoggiati ad altri culmi. Durante questo periodo inizia una fermentazione degli zuccheri e dei carboidrati che reagiscono e produco alcol. La conseguenza di tale trattamento è che aumenta la resistenza agli attacchi di insetti perforanti, ma non gli attacchi dovuti ai funghi.

- Stagionatura per traspirazione: dopo il taglio, i culmi di bambù vengono lasciati con rami e foglie ancora intatti, in posizione verticale e staccati dal suolo (in genere su pietre) al fine di far fuoriuscire l'amido contenuto nel culmo. Lasciati in tale posizione per non meno di quattro settimane, si conclude con il taglio dei rami.

- Stagionatura per immersione in acqua; questo metodo viene utilizzato soprattutto nelle isole, come Filippine o Cuba. I culmi freschi vengono messi in acqua stagnante, spesso anche aggiungendo sale, o in acqua corrente (anche acqua marina) per varie settimane. Durante l'immersione gli amidi e gli zuccheri vengono espulsi o degradati dai batteri e

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23 quindi si sviluppa la resistenza contro gli insetti o i perforanti. E' uno dei metodi più utilizzati ma non raccomandabili per la possibile comparsa di macchie lungo i culmi.

Figura 1.17: stagionatura per immersione in acqua.

- Stagionatura al calore; le canne tagliate vengono esposte al fuoco oppure collocate su braci ad una distanza sufficiente per non bruciarle. Malgrado sia un trattamento efficace è poco pratico da applicare in campagna, poiché causa diversi incendi.

- Affumicatura; i culmi vengono stipati in luoghi chiusi ed esposti al fumo. Durante questo trattamento alcune sostanze tossiche si depositano all’interno del culmo contribuendo a fargli acquisire una certa resistenza. A causa del calore generato l’amido delle cellule viene distrutto e questo provoca un cambio di colorazione del culmo.

In Giappone questa tecnica viene utilizzata con temperature delle camere di calore tra i 120-150°C per 20 minuti, scongiurando così futuri attacchi di insetti.

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Figura 1.19: preparazione delle canne per successivo trattamento in camere di affumicatura.

- Incalcinatura; i culmi, le stuoie e i pannelli di bambù utilizzati nelle costruzioni vengono imbiancati a calce. Oltre all’effetto estetico del color bianco si spera, con tale tecnica, di aumentare la vita utile del materiale; un tale trattamento inoltre riduce la possibilità di assorbire acqua e quindi aumenta la capacità di resistere all’insorgenza di funghi.

- Immersione in fango: i culmi freschi vengono immersi nel fango per 1-8 settimane, dopo le quali vengono stoccati all'ombra ad asciugare lentamente. Ciò riduce la percentuale di amido, alimento di funghi e insetti, che dal culmo si trasferisce al fango.

1.5.1.2 Trattamenti con prodotti chimici.

In genere questi trattamenti sono più efficaci di quelli senza prodotti chimici ma non sempre sono economici e applicabili. I preservanti non devono contenere sostanze tossiche che potrebbero arrecare danno agli uomini, agli animali o all’ambiente. La soluzione di borace e acido borico in proporzione 1:1 in 100 litri di acqua è molto efficace ed inoltre è consentita a livello internazionale. Alcuni di questi trattamenti sono:

- Stagionatura per immersione; trattamento economici e semplice con un buon effetto protettivo. I culmi prima del trattamento vengono ridimensionati e perforati in ogni internodo con due orifizi che vengono immersi in una soluzione di acido borico e borace, come precedentemente indicato. Vengono lasciati in soluzione per 8 giorni, così

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25 che la soluzione possa penetrare nel culmo attraverso le estremità e diffondersi in parte anche verso i lati esterni. Inoltre, dato che la parete interna è più facile da trattare che quella esterna, si procede dividendo (spezzando) le canne, ed in questo modo si ottiene anche una diminuzione dei tempi di permanenza in immersione di 1/3-1/2, rispetto alle canne intere.

Figura 1.20: stagionatura per immersione con borace e acido borico.

La penetrazione e l’assorbimento di acqua e di preservanti sono minori in culmi tagliati di recente rispetto a quelli secchi e ventilati, inoltre la concentrazione del preservante deve essere maggiore quando si usano culmi freschi o giovani. Nei culmi secchi la diffusione in senso apicale è fino a 20 volte superiore che in senso trasversale mentre la diffusione radiale è lievemente migliore di quella tangenziale.

Se per questo tipo di trattamento viene usata acqua bollente, viene notevolmente migliorata la sensibilità all’assorbimento.

Può talvolta risultare efficace anche un doppio trattamento in cui si applica una soluzione al 20% di solfati di rame ecromato di zinco, seguito da 20% di dicromato di sodio.

- Metodo di diffusione verticale; consiste nel porre i bambù in posizione verticale, romperne i nodi dall’alto verso il basso con un bastone appuntito, e quindi in modo poco invasivo, lasciando intatto solo l’ultimo nodo. Si procede in questo modo ogni giorno per 14 giorni, trattando con una soluzione di acido borico e borace il culmo delle piante, controllando che questo sia sempre pieno di liquido e far sì che non presenti fessure o ammaccature delle quali potrebbe fuoriuscire il preservante;

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Figura 1.21: particolare della stagionatura per diffusione verticale.

- Bollitura; questa tecnica prevede di bollire il bambù per mezz’ora ad una temperatura compresa tra i 94 e 100° C, in una soluzione di soda caustica all’1%. Questo è un buon metodo, tuttavia la soda caustica può intaccare fortemente le cellule superficiali, danneggiando il materiale se si lascia bollire oltre ai tempi previsti.

- Trattamento per sostituzione; rappresenta il metodo più valido tra quelli con prodotti chimici. Da realizzarsi con bambù fresco o tagliato di recente, consiste nel rafforzare, per gravità o per pressione pneumatica, la penetrazione del preservante sostituendo l’interno del culmo con una soluzione di pentaborato ad un valore di pressione consigliato di 1.36 bar. Il trattamento si conclude quando la soluzione che fuoriesce nel punto finale del culmo indica che vi è una concentrazione elevata di preservante.

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27 - La durata e l’efficacia del trattamento dipendono principalmente dalla specie di bambù

utilizzata, dal contenuto di umidità e dal tipo di preservante impiegato. Questo metodo oltre ad essere efficace e di facile esecuzione è anche economicamente valido.

- Trattamento in pressione; è una tecnica che proviene dell’industriale del legname. E’ più impegnativo del precedente poiché necessita di un’autoclave e la pressione da applicare deve mantenersi tra 0.5 e 1.5 N/mm2. Questo metodo sortisce sicuramente i risultati migliori rispetto agli altri quanto a penetrazione del preservante, ma richiede impianti speciali, costosi e ben organizzati dal punto si vista della manodopera, pertanto non è molto utilizzato per materiali a basso costo e a basso impatto socio-economico come nel caso del bambù.

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1.6 Principali generi e specie

La classificazione dei Bambù è molto varia ed è aggiornata periodicamente.

Ad oggi sono note più di 75 generi e 1400 specie, senza considerare gli ibridi che ogni anno vengono creati grazie al grande interesse che il mercato mondiale sta rivolgendo verso i possibili usi della pianta. Introduciamo di seguito i principali generi di bambù poiché la conoscenza delle loro caratteristiche è di fondamentale importanza per saper riconoscere le relative proprietà fisiche e meccaniche nella fase successiva di studio, ovvero nella parte relativa all’uso di questo materiale nelle costruzioni.

GENERE

PHYLLOSTACHYS

Il genere Phyllostachys è originario delle zone tropicali dell'Asia. E' il genere dove ritroviamo le piante che comunemente chiamiamo Bambù. Comprende circa 75 specie con numerose varietà. Sono piante che possono raggiungere notevoli dimensioni, anche 30 m in condizioni ottimali di coltivazione. Diverse specie di questo genere sono coltivate per la produzione di legname utilizzato nell'industria del mobile, tanto da essere anche conosciuto con il nome di "Bambù del legname". Sono piante molto invasive e tendono a espandersi rapidamente.

GENERE BAMBUSA

Il genere Bambusa comprende i bambù giganti e si adattano anche ai climi temperati pur essendo originari delle regioni Asiatiche. Sono piante che sviluppano numerosi rami ed alcuni diventano preponderanti rispetto agli altri. Contrariamente alle Phyllostachys non sono invasive ma le loro notevoli dimensioni, implicano la necessità di maggiori spazi per la coltivazione e la raccolta. I costi di gestione dei boschi del Bambusa vengono ammortizzati grazie ai ricavi ingenti che queste piante realizzano, essendo le loro dimensioni particolarmente adatte per l’industria delle costruzioni.

Figura 1.22: genere phyllostachys

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GENERE PLEIOBLASTU

Il genere Pleioblastus della famiglia dei bambù comprende quella categoria di piante di dimensioni medio - piccole, ma caratterizzate da canne molto vigorose e da un fogliame eretto, particolarmente adatte a crescere in pendii scoscesi in quanto sviluppa un apparato radicale compatto e forte, adatto a trattenere il terreno anche in condizioni idrogeologiche avverse. Questo genere di bambù ha una crescita molto lenta e viene utilizzato solo per particolari lavorazioni.

GENERE FARGESIA

Nel genere Fargesia ritroviamo specie originarie della Cina che non raggiungono notevoli dimensioni non superando infatti i 5 m. Le specie di questo genere sono particolarmente resistenti al freddo e, viceversa, non amano il sole diretto. Le foglie sono ricadenti e questo le conferisce un portamento piangente rendendole molto decorative per i giardini. Anche la Fargesia non è una

specie invasiva.

GENERE ARUNDINARIA

Il genere Arundinaria comprende le specie che più comunemente chiamiamo canne e che più di frequente riconosciamo commercialmente. E' un genere che ben si adatta nelle zone a temperate, anche se la specie è originaria dell'America orientale. Tali piante non raggiungono notevoli dimensioni, non superando di solito gli 8 m di altezza. Le foglie sono di un bel colore verde scuro. Hanno una crescita veloce e a sviluppo rizomatoso.

Figura 1.23: genere pleioblastu

Figura 1.25: genere arundinaria Figura 1.24: genere fargesia

Figura

Figura 1.1:Diffusione del bambù nel mondo.
Figura 1.2: Foresta di bambù
Figura 1.5: diverse tipologie di culmo
Figura 1.6: Gemme di bambù.
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Riferimenti

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