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Progettazione di massima di un motore pluricilindrico con iniezione diretta di H2 in due stadi

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Facoltà di ingegneria

RELAZIONE PER IL CONSEGUIMENTO DELLA

LAUREA SPECIALISTICA IN INGEGNERIA DEI VEICOLI TERRESTRI

Progetto di massima di un motore pluricilindrico

con iniezione diretta di H

2

in due stadi

RELATORI

CANDIDATO

Prof. Ing. Roberto Gentili Luca Frati

Dott. Ing. Stefano Frigo

Dipartimento di Ingegneria dell’Energia e dei Sistemi

Sig. Nicolo Doveri

EDI Progetti e Sviluppo

TUTORS

Dott. Ing. Ettore Musu

Dott. Ing. Riccardo Rossi

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ii

Sommario

Sommario ... v Abstract ... v 1 Introduzione ... 2 2 L’idrogeno ... 4 2.1. Introduzione ... 4

2.2 Caratteristiche chimico-fisiche dell’idrogeno ... 4

2.3. L’idrogeno può essere una risposta concreta? ... 6

2.4. Produzione ... 7

2.4.1 Fonte nucleare ... 8

2.4.2 Fonti rinnovabili ... 10

2.4.3 Fonti fossili ... 11

3 Applicazione dell’idrogeno nei motori a combustione interna ... 12

3.1 Introduzione ... 12

3.2 Stato dell'arte dei motori a CI alimentati ad idrogeno ... 12

3.3. Caratteristiche di combustione dell’idrogeno... 14

3.3.1 Velocità di combustione, diffusività e range di infiammabilità ... 14

3.3.2 Rendimento ... 16

3.3.3 Bassa energia di accensione ... 17

3.4 Problematiche di combustione nei motori alimentati ad idrogeno ... 17

3.4.1 Preaccensione ... 18

3.4.2 Backfire ... 18

3.4.3 Detonazione ... 20

3.5 Metodi di formazione della miscela ... 20

3.5.1 Confronto tra iniezione diretta e indiretta ... 21

3.5.2 Modifiche da apportare al MCI tradizionale ... 24

3.5.3 Controllo della combustione nei sistemi a iniezione diretta d’idrogeno ... 25

3.5.3.1 Controllo della combustione agendo sul rapporto di miscela ... 26

3.5.3.2 Controllo della combustione agendo sulla fasatura di iniezione ... 27

3.5.3.3 Controllo della combustione mediante iniezioni multiple ... 28

3.5.4 Iniezione diretta combinata con la sovralimentazione ... 29

3.5 Emissioni inquinanti ... 30

3.5.1 Influenza della fasatura sulle emissioni di Nox ... 31

3.5.2 Abbattimento delle emissioni di NOx mediante EGR ... 32

3.6 Conclusioni ... 33

(3)

iii

4.1 Introduzione ... 35

4.2. Funzionamento del sistema di iniezione ... 35

4.3. Scelta del prototipo ... 39

4.3.2. Rilevazioni sperimentali ... 41

4.3.3. La fasatura originale del motore ... 42

4.4 Cenni sulla realizzazione prototipale del motore ... 43

5 Allestimento della sala prove e messa al banco del prototipo ... 44

5.1. Introduzione ... 44

5.2. Freno dinamometrico... 44

5.2.1. Descrizione parti e funzionamento ... 45

5.3. Il motore strumentato ... 46

5.3.1. Trasduttori di pressione ... 47

5.3.1.1. Sensore piezoelettrico e suo montaggio ... 48

5.3.1.2. Sensori piezoresistivi e loro montaggio ... 49

5.3.1.3 Amplificatori ... 50

5.3.2. Termocoppie ... 51

5.3.3. Encoder ottico e suo montaggio ... 51

5.3.4. Sonda lambda e suo montaggio ... 52

5.3.5. Sensore ad effetto Hall e suo montaggio... 53

5.4. Ancoraggio al banco prova ... 55

5.5. Misuratore di portata ... 56

5.6. Analizzatore di NOx ... 56

5.7. Strumentazione di acquisizione ed elaborazione dati ... 59

6 Attivià sperimentale ed analisi dei risultati ... 60

6.1 Introduzione ... 60

6.2 Prove svolte ... 60

6.2.1 Analisi generale del funzionamento del sistema di iniezione a due stadi ... 62

6.2.2 Verifica delle prestazioni massime ottenibili con l’iniezione diretta a due stadi ... 65

6.2.3 Verifica delle prestazioni del motore al variare della diluizione della miscela aria-idrogeno... 68

6.2.4 Verifica dell’influenza della candela ausiliaria sulle prestazioni del motore ... 71

6.3 Verifica dell’affidabilità generale del sistema di iniezione a due stadi ... 73

7 Studio di massima dell’applicazione del sistema di iniezione a due stadi su un motore 4 cilindri ... 74

7.1 Introduzione ... 74

(4)

iv

7.3 Dimensionamento degli elementi del sistema... 76

7.3.1 Valvola iniezione idrogeno ... 77

7.3.2 Sede valvola ... 78

7.3.3 Condotto dell’idrogeno ... 79

7.3.4 Corpo serbatoio idrogeno ... 81

7.3.5 Sistema valvola d’iniezione dell’idrogeno ... 84

7.3.6 Sistema di movimentazione valvola dell’idrogeno ... 85

7.3.6.1 Software C.D.S. processo di generazione del profilo camma ... 85

7.3.6.2 Camma ... 89

7.3.6.3 Assieme bilanciere ... 91

7.3.6.4 Analisi strutturale del bilanciere ... 93

7.3.7 Candele di accensione ... 96

7.3.8 Conclusioni ... 98

8 Conclusioni ... 99

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v

SOMMARIO

La ricerca in campo motoristico è impegnata nello studio di nuove forme propulsive più efficienti ed ecologiche. Le stesse norme anti inquinamento, via via più severe, impongono limiti per le emissioni sempre più bassi.

L’utilizzo dell’idrogeno in motori a combustione interna rappresenta una valida ed efficace alternativa alle fonti energetiche fossili.

Questa tesi ha affrontato lo studio di massima di un motore pluricilindrico con iniezione diretta di idrogeno in due stadi.

Dopo una prima fase sperimentale, durante la quale è stata verificata la fattibilità del sistema di iniezione diretta a due stadi su un motore monocilindrico di derivazione motociclistica, si è passati alla studio delle modifiche da apportare ad un motore pluricilindrico, nella fattispecie un motore 4 cilindri da 1,6 L di origine FIAT, per l’applicazione di tale sistema di iniezione di idrogeno.

E’ stata effettuata una progettazione di massima di tutti i componenti aggiuntivi dell’innovativo sistema, affrontando problematiche sia funzionali che di ingombri, coadiuvati anche dall’utilizzo di opportuni software fluidodinamici e di analisi strutturale.

ABSTRACT

Current research in the field of motor is engaged in the study of new forms of propulsion which are more efficient and environmentally friendly. Increasingly strict anti-pollution regulations impose progressively lower emission standards.

The use of hydrogen in internal combustion engines has always been a viable and effective alternative to fossil fuels.

This dissertation deals with the study of a two-phase hydrogen direct injection in a multi-cylinder engine.

After an experimental investigation to verify the feasibility of a two-phase direct injection system in a single cylinder motorcycle engine, we went on to the study of the modifications to be performed in a multi-cylinder engine. A FIAT 1,6 L 4 cylinder engine has specially been taken into account in order to operate a hydrogen injection system.

Preliminary design of all the additional components has been carried out within such an innovative system, considering both functional and space issues as well as making use of appropriate fluid dynamics and structural analysis software programmes.

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Capitolo 1

Introduzione

I sistemi energetici basati sull’idrogeno possono contribuire a risolvere importanti problemi legati all’inquinamento. In uno scenario nel quale i mezzi di trasporto sono i responsabili del 25% dei gas serra rilasciati nell’atmosfera, e s’insegue la riduzione dalla dipendenza dai combustibili fossili, è facile comprendere come sia importante utilizzare energie alternative per la generazione di potenza propulsiva.

L’impiego di motori a combustione interna direttamente alimentati ad idrogeno in sostituzione totale o parziale dei combustibili convenzionali, costituisce, almeno in tempi brevi, una delle soluzioni più convenienti ed efficaci. L’impegno in questo campo di aziende di rilevanza mondiale come BMW, GM e Toyota lo dimostra.

Questo combustibile presenta caratteristiche chimico-fisiche uniche che permettono, qualora venga utilizzato in motori a combustione interna ad accensione comandata, di operare con emissioni di gas serra praticamente nulle e rendimenti estremamente elevati.

Diversamente dai combustibili fossili, che sono al contempo fonti primarie e vettori di energia, l’idrogeno deve essere prodotto non essendo reperibile in natura; produzione che deve avvenire in modo pulito ed economicamente accettabile sempre e inevitabilmente a partire da una fonte energetica primaria.

L’ampio intervallo d’infiammabilità e l’assai elevata velocità di fiamma consentono infatti di controllare il motore ai carichi medio-bassi senza alcuna parzializzazione (come nei motori Diesel) favorendone quindi il rendimento.

Ad oggi, uno dei i principali ostacoli all’utilizzazione dell’idrogeno come vettore energetico negli autoveicoli, è rappresentato dall’impossibilità di immagazzinare a bordo, combustibile a sufficienza, per una ragionevole autonomia di marcia. La sua densità energetica risulta infatti molto bassa, meno di un terzo di quella già modesta del metano a parità di pressione e temperatura. Il problema è inoltre aggravato dalle norme italiane che non consentono di superare la pressione di stoccaggio di 200 bar nei veicoli alimentati a combustibili gassosi.

Grazie anche al “Progetto H2 Filiera Idrogeno”, la Regione Toscana, attraverso un finanziamento del CIPE (Comitati Internazionale per la Programmazione Economica), ha promosso un’attività di ricerca volta ad ottenere una mobilità pulita e sostenibile, incentrata sull’uso dell’idrogeno come vettore energetico. In questo scenario si colloca il presente lavoro di tesi focalizzato sullo sviluppo di un innovativo sistema d’iniezione diretta dell’idrogeno a bassa

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pressione, ideato dal Prof. Ing. Roberto Gentili e sviluppato presso il Dipartimento di

Ingegneria dell’Energia e dei Sistemi della Facoltà d’Ingegneria di Pisa.

Questo particolare sistema d’iniezione diretta suddivide la fase d’iniezione in due stadi successivi. Il primo stadio consiste in un’iniezione d‘idrogeno mediante un normale elettroiniettore esterno al motore, mentre il secondo stadio, controllato da una valvola a fungo, le cui dimensioni consentono appunto di lavorare a basse pressioni, costituisce l’iniezione vera e propria. Tale sistema consente di ottenere sia un’elevata potenza specifica (peculiarità dell’iniezione diretta) sia la possibilità di utilizzare l’idrogeno contenuto nelle bombole fino a pressioni residue di stoccaggio molto basse aumentando l’autonomia del veicolo.

Le due principali problematiche che interessano i sistemi d’iniezione diretta d’idrogeno e che s’ intendono evitare con l’adozione di questo particolare sistema sono rappresentate dalla:

1. impossibilità di realizzare iniettori elettroattuati che forniscano la portata volumetrica

(molto elevata a causa della bassissima densità specifica dell’idrogeno) necessaria agli alti carichi nel breve lasso di tempo utilizzabile per l’iniezione e che non permettano trafilamenti (la molecola di idrogeno è molto piccola, si dovrebbero perciò adottare tolleranze meccaniche molto ristrette e precisione elevata);

2. necessità di utilizzare elevati livelli di pressione (≈ 50 bar) per iniettare la quantità

necessaria di combustibile, aspetto che limita fortemente l’autonomia di un veicolo ad idrogeno causa la necessità di mantenere una pressione residua di stoccaggio a valori relativamente elevati.

La ricerca condotta ha portato alla realizzazione di un prototipo basato su un motore

monocilindrico di circa 650 cm3 a 5 valvole di derivazione motociclistica, in cui una delle tre

valvole di aspirazione è sostituita da quella per l’iniezione dell’idrogeno. Asseguito sia della fase progettuale che di quella realizzativa, è stato possibile effettuare una approfondita campagna di prove al banco motore, con le quali è stato possibile mettere in evidenza tutte le peculiarità di questo sistema di alimentazione oltre che del combustibile utilizzato.

Alla luce degli incoraggianti risultati ottenuti dalla suddetta sperimentazione si è passati a

cercare di trasferire tali tecnologie su un motore 4 cilindri 1600 cm3 a 16 valvole di derivazione

automobilistica, per il quale è stato fatto un primo studio di massima del sistema ad iniezione diretta a bassa pressione in due stadi, al fine di verificarne la fattibilità.

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Capitolo 2

L’idrogeno

2.1. Introduzione

Il continuo aumento della popolazione mondiale e la naturale aspirazione dei paesi in via di sviluppo a raggiungere gli standard economici dei paesi industrializzati sono le principali cause della crescita inarrestabile della domanda d'energia e, secondo buona parte degli studiosi, dell’aumento delle emissioni di gas serra, prima fra tutte l’anidride carbonica. Basti ricordare che solo nell’ultimo secolo la concentrazione dell’anidride carbonica in atmosfera ha subito un incremento del 27 % portandosi da 300 ppm a 370 ppm. Soddisfare tale domanda mantenendo la concentrazione dei gas serra nell’atmosfera a livelli non pericolosi per l’ambiente, riducendo quindi il rischio di cambiamenti climatici nel medio-lungo termine, rappresenta sicuramente una delle sfide più ardue che il nuovo secolo è chiamato ad affrontare. Un primo passo è stato compiuto a Kyoto nel 1997, quando più di 160 paesi firmarono un protocollo di comune accordo per l’abbattimento delle emissioni di gas serra entro il periodo 2008-2012.

Per vincere questa “sfida”, un sistema energetico deve garantire, a prescindere dal vettore energetico utilizzato, un aumento dell’efficienza del sistema stesso, con una riduzione della dipendenza dal consumo d’idrocarburi e carbone. Favorendo infine, l’aumento dell’impiego di fonti energetiche a nullo o a basso impatto ambientale come quelle nucleare, idroelettrica, geotermica, eolica e solare.

2.2 Caratteristiche chimico-fisiche dell’idrogeno

L’idrogeno molecolare presenta caratteristiche chimico-fisiche nettamente differenti rispetto ai più tradizionali combustibili. L’idrogeno in condizioni standard è un gas costituito da molecole biatomiche, estremamente leggero, incolore, inodore, insapore e altamente infiammabile.

Per liquefarlo è necessario raffreddarlo fino a-253 °C, il secondo punto di ebollizione più basso in assoluto dopo quello dell’elio. L’estrema volatilità e leggerezza può rappresentare un vantaggio ma anche uno svantaggio. L’idrogeno, infatti, ha il più alto contenuto energetico per unità di massa, mentre sfortunatamente, a causa della bassissima densità (soprattutto in forma gassosa, ma anche liquida), presenta il più basso contenuto energetico per unità di volume come si evince dalle figure 2.1 e 2.2.

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5

Queste caratteristiche rendono assai complicato il suo stoccaggio in quantità sufficienti, al fine di realizzare autonomie significative.

Figura 2.1 Densità di energia per unità di volume dell’idrogeno in relazione ad altre fonti.

Figura 2.2 Densità di energia dell’idrogeno in relazione ad altre fonti.

Nella tabella 2.1, sono elencate alcune delle caratteristiche più interessanti inerenti al suo utilizzo nei MCI. Le grandezze dipendenti dalla temperatura e dalla pressione sono da considerarsi in condizioni standard, quindi a 25°C e a 1 atm.

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Tabella 2.1 Proprietà Idrogeno a confronto.

2.3. L’idrogeno può essere una risposta concreta?

Un sistema dovrebbe essere idealmente basato su un vettore energetico che abbia un impatto ambientale, sia globale che locale, nullo o quasi, che possa essere prodotto da diverse fonti energetiche primarie (a differenza degli idrocarburi complessi che derivano quasi esclusivamente da petrolio) tra loro intercambiabili e disponibili su larga scala anche in futuro, e infine, che possa essere agevolmente reperibile sul territorio attraverso una vasta e capillare rete di distribuzione.

L’idrogeno è un vettore energetico che soddisfa le caratteristiche appena citate. Esso infatti:

brucia con l’ossigeno, producendo idealmente solo acqua ed energia, secondo la ben nota

reazione chimica:

H2 + ½ O2→ H2O + Energia

 può essere prodotto sia da fonti fossili che da fonti rinnovabili (eolico, idroelettrico,

fotovoltaico, geotermico, biomasse, ...), nonché da fonte nucleare (figura 2.3);

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Figura 2.3 I diversi possibili metodi di produzione e di utilizzo dell’idrogeno.

Tuttavia non è realistico ipotizzare l’impiego d’idrogeno per veicoli ad alta percorrenza, poiché, causa la bassissima densità, risulta problematico stoccare combustibile sufficiente a garantire un’autonomia apprezzabile. Come si vedrà in seguito, nonostante i vantaggi energetici e soprattutto ambientali che deriverebbero dall’uso esteso di idrogeno, la sua diffusione dipenderà, più che dagli aspetti prettamente tecnici di utilizzo, dalla disponibilità di un’idonea infrastruttura che ne possa rendere l’impiego economico e affidabile lungo tutta la catena industriale (produzione, trasporto, stoccaggio e uso finale).

2.4. Produzione

L’idrogeno è senza dubbio l’elemento chimico più diffuso dell’universo. Più del 75% della materia visibile sotto forma di stelle e galassie è infatti costituita da idrogeno: sfortunatamente, sulla superficie terrestre, la sua disponibilità allo stato elementare è molto limitata a causa della sua estrema volatilità. Di solito l’idrogeno è chimicamente legato ad altri elementi in molecole più complesse come ad esempio l’acqua oppure gli idrocarburi, ai quali appartengono i combustibili convenzionali come la benzina, il diesel e il metano figura 2.4.

Se ne deduce quindi che l’idrogeno deve essere in qualche modo prodotto a partire da uno dei tanti composti in cui compare.

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È proprio per la necessità di essere prodotto che l’idrogeno viene definito un “vettore

energetico” invece che una “fonte energetica”, ovvero un veicolo del contenuto energetico

immagazzinato durante la fase di produzione.

Figura 2.4.

Come schematizzato in figura 2.4, l’idrogeno può essere prodotto a partire da tre tipologie di fonti energetiche:

1. nucleari.

2. fossili;

3. rinnovabili;

2.4.1 Fonte nucleare

Le centrali nucleari alle quali ci si riferisce per una produzione a basso costo dell’idrogeno sono quelle definite di IV generazione. Per dare un’idea comunque dei tempi ancora necessari affinché si adotti tale tecnologia, basti pensare che i reattori maggiormente diffusi attualmente sulla terra sono solo di II generazione, costruiti negli anni ’80 e oggi vicini alla fine del loro ciclo produttivo previsto.

Gli impianti di IV generazione sono basati su una nuova tipologia di reattori nucleare a fissione che, pur essendo da decenni allo studio, non si sono ancora concretizzati in impianti utilizzabili

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diffusamente e in sicurezza. Alcuni ritengono che saranno disponibili commercialmente fra alcune decine di anni (2030-2040), altri che sarà disponibile già nel 2020.

Uno delle nuove tipologie di reattori nucleari è il reattore a temperatura molto alta, noto in inglese con la sigla VHTR, acronimo di Very High Temperature Reactor (figura 2.5).

Figura 2.5. Schema del VHTR.

In questo particolare esempio di reattore è prevista una temperatura del complesso di circa 1000◦C. Le alte temperature raggiunte permettono applicazioni chimiche secondarie del calore ottenuto, sia nel cracking degli idrocarburi (come lo steam reforming descritto precedentemente) oppure nella produzione d’idrogeno via il processo termo-chimico noto come ciclo del Solfuro di Iodio. L’idrogeno verrebbe prodotto in modo diretto, per via termica, senza disperdere l’energia termo-nucleare nelle varie conversioni termo-meccaniche ed elettriche. Un beneficio collaterale dei reattori nucleari che producono sia elettricità sia idrogeno è che si può scegliere rapidamente di produrre una delle due. Ed in questo, un possibile esempio produttivo potrebbe essere quello produrre elettricità di giorno ed idrogeno di notte, compensando così la variazione della domanda.

Quindi, in definitiva, si può concludere che la visione di un sistema energetico basato sull’idrogeno è strettamente correlata alla disponibilità di energia elettrica a basso costo, di origine non fossile.

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2.4.2 Fonti rinnovabili

Un modo più pulito per produrre l’idrogeno è utilizzare fonti energetiche rinnovabili. A tal proposito si può distinguere tra:

• produzione a partire dalle biomasse; • produzione a partire dall’acqua.

La prima metodologia prevede l’utilizzo di fibre vegetali che opportunamente trattate

(fermentazione oppure combustione parziale) rilasciano idrocarburi (etanolo per esempio) con i quali successivamente ottenere idrogeno attraverso il processo di reforming.

Il ciclo “dalla fibra all’idrogeno” è ad impatto ambientale sostanzialmente nullo in quanto la

quantità di CO2 emessa durante il ciclo di produzione è pari al quantitativo assorbito dalla pianta

durante la crescita. I vari processi sono però ancora in fase di sviluppo e necessitano di un notevole impegno per rendere tale sistema economicamente accettabile.

L’idrogeno può anche, e soprattutto, essere prodotto dall’acqua attraverso il processo di elettrolisi. La reazione consiste nella scissione della molecola di acqua in ossigeno e idrogeno secondo la ben nota reazione chimica:

H2O+ elettricità → H2 + ½ O2

L’elettrolisi richiede, però, l’impiego di una grande quantità di energia elettrica. Tale energia può essere prodotta impiegando fonti rinnovabili come:

 energia solare, eolica (energie caratterizzate però da discontinuità di erogazione, basse

produzioni, alti costi d’investimento);

 energia idroelettrica prodotta ma non utilizzata nei periodi di minore richiesta e attualmente

impiegata per ripompare l’acqua in quota nei bacini;

 energia geotermica.

A causa, degli elevati costi di produzione solo il 4% della produzione mondiale è ottenuto per elettrolisi dall’acqua, e solo per soddisfare richieste limitate d’idrogeno estremamente puro. Il restante 96% viene attualmente prodotto sfruttando le fonti fossili.

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2.4.3 Fonti fossili

A livello mondiale vengono prodotti annualmente circa 500 miliardi di m3 di idrogeno,

largamente usato nelle industrie chimiche per la produzione di fertilizzanti e nell’industria dell’acciaio. Il 96% di questa quantità viene oggi prodotto a partire dai combustibili fossili. Le tecnologie alla base di questo processo produttivo sono mature e ampiamente utilizzate. Il rovescio della medaglia è evidente: la produzione dell’idrogeno a partire da combustibili fossili

comporta l’emissione di grandi quantità di CO2, rendendo in parte vano uno dei principali

obiettivi, l’impiego “pulito” dell’idrogeno. Ciò porterebbe quindi alla conclusione che sarebbe più conveniente utilizzare direttamente il combustibile fossile sul veicolo.

La produzione dell’idrogeno dagli idrocarburi prevede successivi stadi di raffinazione e di frazionamento delle molecole fino alla completa eliminazione del carbonio. Il processo più diffuso è lo “steam reforming” che consiste in una reazione ad elevate temperature di circa 800 °C, tra un idrocarburo, come il metano per esempio, e il vapore acqueo.

Scopo è ossidare il carbonio e liberare l’idrogeno dalla molecola con conseguente emissione di

CO2 secondo la reazione:

CH4 + H2O → CO2 +3H2

Il processo produttivo è ben sperimentato e consente, con reattori di grosse capacità, una

produzione anche di 100˙000 m3/h. A tale proposito è interessante ricordare che sono in fase di

sviluppo impianti di piccola taglia per la produzione d’idrogeno direttamente a bordo dei veicoli di trasporto soprattutto in combinazione con l’impiego di celle a combustibile.

Questa tecnologia, nonostante possa già oggi rappresentare un primo passo verso un sistema energetico basato sull’idrogeno, deve essere considerata solo un “ponte tecnologico temporaneo” verso una produzione d’idrogeno con fonti energetiche rinnovabili, in quanto non risolve i problemi fondamentali come il progressivo consumo delle riserve di idrocarburi e il surriscaldamento del pianeta per effetto serra.

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Capitolo 3

Applicazione dell’idrogeno nei motori a combustione interna

3.1 Introduzione

Nel capitolo precedente oltre ad essere evidenziate le principali caratteristiche chimico-fisiche dell’idrogeno è stato effettuato anche un breve accenno alle tecnologie riguardanti la sua produzione.

Ad oggi, lo stato dell’arte, per lo sfruttamento dell’idrogeno a fini propulsivi sui veicoli terrestri, prevede due principali tecnologie:

 L’utilizzo diretto nelle FC (fuel cells)

L’utilizzo come combustibile nei motori a combustione interna (MCI) in totale o parziale

sostituzione del combustibile tradizionale.

Di basilare importanza risulta la capacità di sfruttare al meglio l’idrogeno immagazzinato a bordo. Per fare ciò occorre poterlo utilizzare anche quando la pressione residua di stoccaggio risulti scesa a valori modesti, oltre che di riuscire a farlo con elevati rendimenti. I sistemi basati su celle a combustibile consentono entrambe le cose. Sono però per adesso

penalizzati da costi proibitivi, da ingombri considerevoli, nonché dalla necessità di un’elevata purezza dell’idrogeno, che invece non è richiesta quando più convenientemente lo si utilizzi in motori a combustione interna. In questo lavoro di tesi, ed in particolare in questo capitolo, ci occuperemo solamente di come l’idrogeno venga utilizzato, come combustibile, all’interno dei MCI.

3.2 Stato dell'arte dei motori a CI alimentati ad idrogeno

L’utilizzo dell’idrogeno come combustibile nei motori a CI, prevede due principali tecnologie, quella dell’iniezione indiretta in camera di combustione e quella dell’iniezione diretta.

La prima soluzione pur consentendo l’utilizzo dell’idrogeno gassoso fino a pressioni residue di stoccaggio modeste, non garantisce elevate pressioni di iniezione, limitando notevolmente la potenza specifica del motore. Inoltre, sono estremamente comuni fenomeni di preaccensione oltre che di ritorno di fiamma nel condotto di aspirazione.

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L’iniezione diretta consente viceversa di raggiungere potenze anche superiori a quelle ottenibili alimentando il motore con benzina, evita i ritorni di fiamma ed allontana il pericolo di preaccensioni, perché l’idrogeno viene immesso nel cilindro una volta completata la fase d’aspirazione dell’aria. Per quanto riguarda però i motori prestazionali, ad alta velocità di rotazione, a causa del brevissimo tempo disponibile per l’iniezione, delle modeste sezioni di passaggio degli iniettori disponibili oltre che dell’elevato volume specifico dell’idrogeno, vengono richieste pressioni d’iniezione troppo elevate, nell’ordine di 100 bar. Non potendo ovviamente scendere al di sotto di tale valore la pressione residua nel serbatoio, risulta utilizzabile solo una parte dell’idrogeno stoccato a bordo del veicolo. Oltre a ciò, le elevate pressioni d’iniezione producono inevitabili problemi di tenuta e di affidabilità degli iniettori. Le alte pressioni e le alte temperature di esercizio, si associano all’assenza di proprietà lubrificanti dell’idrogeno ed al fatto che quest’ultimo tende ad infragilisce i materiali con cui viene in contatto [44].

Tutte le principali case automobilistiche da diversi anni a questa parte, hanno intrapreso una approfondita attività di ricerca, volta a risolvere molte delle problematiche che riguardano il trasferimento della tecnologia dell’idrogeno sui veicoli di oggi.

BMW, già dal 2004, per quanto riguarda i MCI ha iniziato un lavoro di ricerca volto a

migliorare le caratteristiche dell’iniezione diretta in camera di combustione. Infatti, il tasso di calore rilasciato dalla combustione dell’idrogeno, genera un alto livello di pressioni di picco, che oltre a limitare i carichi meccanici che il motore è in grado di sopportare, riducono complessivamente l’efficienza complessiva della combustione e delle relative prestazioni del veicolo (paragrafo 3.5.3.3). Il lavoro intrapreso da BMW ha portato ad utilizzare una procedura di suddivisione del quantitativo di idrogeno da iniettare, in una successione di impulsi multipli di iniezione, permettendo così di gestire in maniera più proficua l’intero processo di combustione, aumentando i rendimenti e riducendo la produzione di inquinanti [51].

Successivamente, nel 2006, ha inizio lo sfruttamento della tecnologia criogenica. Quest’ultima, oltre a cercare di migliorare il processo di combustione dell’idrogeno in camera di combustione, aumentando la densità di miscela, migliorando la potenza specifica del motore, ha anche lo scopo di risolvere le problematiche inerenti allo stoccaggio ed alle relative basse autonomie di marcia, che caratterizzano veicoli di questo genere [52]. Tuttavia questa soluzione richiede tecnologie sofisticate e costose.

Anche Toyota, di recente, si è interessata all’utilizzo dell’idrogeno come combustibile per MCI [53].

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Per ottenere elevate efficienze e basse emissioni di NOx, partendo da un motore a 4 cilindri

diesel, ha iniziato una sperimentazione volta ad ottenere, con elevate pressioni di iniezione (fino a 30 Mpa), una combustione di tipo stratificata. Risulta in questo caso particolarmente evidente l’importanza ricoperta dall’iniettore, sia per ottenere combustioni ottimali, che per i relativi problemi di affidabilità.

Altre case come Peugeot e Citroen, hanno intrapreso studi finalizzati ad ottenere una combustione ottimale, utilizzando l’idrogeno miscelato con altri combustibili gassosi [54]. Questa tecnologia consentirebbe di risolvere almeno in parte la problematica delle basse autonomie relative ai veicoli alimentati ad idrogeno, ma con le complicazioni tecniche dovute all’istallazione di due distinti impianti.

Con l’intento di migliorare i rendimenti e il quantitativo di emissioni inquinanti, anche Ford ha iniziato una attività di ricerca finalizzata a risolvere le problematiche relative all’utilizzo dell’idrogeno gassoso all’interno dei MCI [55]. Con l’utilizzo di un motore sovralimentato 4 L

Ford Falcon BF engine, adattato per l’utilizzo ad idrogeno, sono state condotte prove a differenti

rapporti di compressione, per dimostrare la variazione dell’efficienza termica e la qualità della combustione.

3.3. Caratteristiche di combustione dell’idrogeno

Come per ogni altro combustibile, usato nei motori a combustione interna, anche per l’idrogeno, è opportuno evidenziare tutte quelle che sono le principali caratteristiche di combustione. Vengono qui di seguito riportate in maniera approfondita tali caratteristiche mettendole a confronto con quelle di altri combustibili o cicli termodinamici.

3.3.1 Velocità di combustione, diffusività e range di infiammabilità

Le caratteristiche peculiari dell’idrogeno, per le applicazioni nei MCI, sono i valori assai elevati sia della velocità di propagazione della fiamma che della diffusività, oltre che l’ampio intervallo d’infiammabilità. L’idrogeno, infatti, è infiammabile quando è presente nella miscela aria/idrogeno in concentrazioni volumetriche dal 4% al 75%. Come è possibile vedere anche nella figura 3.3, metano benzina e gasolio hanno tutti intervalli di infiammabilità più bassi.

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15

Figura 3.3 Range di infiammabilità di vari combustibili a confronto.

Questo aspetto è di particolare interesse soprattutto in un MCI ad accensione comandata in quanto permette di operare ai carichi parziali con valvola a farfalla completamente aperta, permettendo così la regolazione del motore per qualità invece che per quantità, come avviene per un motore ad accensione spontanea. Viene così ridotto notevolmente il lavoro di pompaggio ed aumentato il rendimento indicato del motore. Oltre a ciò, un elevato eccesso d’aria comporta anche altri vantaggi, come l’abbassamento sia delle temperature massime di combustione che dei picchi locali di temperatura.

Una temperatura massima non troppo elevata, consente di ottenere non solo un elevato coefficiente k delle trasformazioni termodinamiche, favorendo il rendimento indicato (equazione 3.1), ma anche di ridurre la dissociazione gassosa. L’assenza di picchi locali di temperatura impedisce la formazione di NOx, gas tossici per l’uomo e per l’ambiente.

L’elevata velocità di propagazione del fronte di fiamma (di circa un ordine di grandezza superiore a quella della benzina), ha il vantaggio di aumentare il rendimento indicato. Tale trasformazione è talmente rapida da risultare isovolumica (più prossima quindi a quella ideale ipotizzata in un ciclo Otto).

E’ importante però anche far notare che tra tutti questi pregi, vi sono anche alcuni inconvenienti, come quello di causare combustioni eccessivamente violente, che provocano oltre a notevoli vibrazioni, anche l’insorgere di elevate sollecitazioni termo-meccaniche in camera di combustione.

(20)

16

3.3.2 Rendimento

Un altro aspetto vantaggioso dell’idrogeno è l’elevata temperatura di autoaccensione che conferisce, a questo combustibile, una maggiore resistenza alla detonazione rispetto alla benzina. Ciò consente di aumentare il rapporto di compressione, oltre che il valore del rendimento indicato del MCI ad accensione comandata, come evidenziato dalla seguente espressione:

(3.1)

con:

 Rendimento del ciclo ideale (figura 3.4)

 1.3 ÷ 1.4, Coefficiente della trasformazione politropica;

ρ = Rapporto di compressione

Figura 3.4 Rendimenti termodinamici in funzione del rapporto di compressione.

Il vantaggio in realtà è solo teorico, poiché rapporti di compressione elevati favoriscono l’insorgere di preaccensioni.

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17

3.3.3 Bassa energia di accensione

Rispetto a miscele con combustibili convenzionali, l’idrogeno forma con l’aria una miscela estremamente reattiva. Questa elevata reattività si traduce in un valore relativamente basso energia atta all’innesco della combustione. Tale caratteristica può favorire l’accensione non controllata della miscela e conseguentemente le combustioni anomale. A dispetto, infatti, di un’elevata temperatura di autoaccensione, l’energia di accensione delle miscele aria- idrogeno è di un ordine di grandezza più basso rispetto alle miscele aria-idrocarburi.

La figura 3.5, mostra come l’energia di innesco sia minima per miscele stechiometriche (rapporto di equivalenza 1). A titolo comparativo vengono riportati anche i valori relativi a miscele aria-metano e aria-eptano.

Figura 3.5 Energia minima di accensione per miscele (●) aria-idrogeno, (■) aria-metano, (▲) aria-eptano in funzione del rapporto di equivalenza a pressione atmosferica.

3.4 Problematiche di combustione nei motori alimentati ad idrogeno

Il pericolo di combustioni indesiderate condiziona fortemente diversi aspetti del progetto del motore a idrogeno, come la scelta del metodo di formazione della miscela e la strategia di controllo del carico.

Nei motori ad accensione comandata si possono verificare tre tipi di combustioni anomale: 1. pre-accensione: accensione incontrollata indotta da punti o gas caldi prima che la candela

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18

2. ritorno di fiamma nei condotti di aspirazione (backfire): accensione prematura durante la fase di aspirazione che rappresenta una forma assai anticipata di pre-accensione;

3. detonazione: autoaccensione degli end-gas (miscela lontana dalla candela e non ancora investita dal fronte di fiamma) causa superamento della temperatura di autoaccensione per un tempo superiore al tempo di latenza.

3.4.1 Preaccensione

La preaccensione è definita come una combustione anomala non controllata, innescata prima dello scoccare della scintilla, per la presenza di punti o gas caldi interni al cilindro. La principale causa è da ricercare nell’ampio intervallo d’infiammabilità e nella bassa energia di accensione dell’idrogeno. La preaccensione è un fenomeno autoesaltante in quanto, potendo essere assimilata ad un’accensione fortemente anticipata, comporta un rilascio del calore eccessivamente rapido, il quale a sua volta causa elevati valori di pressione e di temperatura nel cilindro, nonché rumore e aumento delle perdite di calore alle pareti. Inoltre tali condizioni favoriscono preaccensioni ulteriormente anticipate al ciclo successivo. Se il fenomeno perdura, la preaccensione può verificarsi anche in fase di aspirazione causando backfire.

3.4.2 Backfire

Il backfire ha come conseguenza, nella migliore delle ipotesi, un fastidioso scoppiettio, mentre nella peggiore può portare all’arresto del motore (nel caso che in ogni ciclo il combustibile venisse consumato nel condotto di aspirazione, senza pervenire al cilindro per produrvi lavoro) o persino la distruzione del condotto stesso. In letteratura è ben documentato sia il fenomeno che le contromisure da adottare, in quanto rappresenta un problema assai frequente nei sistemi ad iniezione indiretta di idrogeno. Con l’iniezione diretta, invece, il fenomeno scompare.

Le cause principali di preaccensioni e backfire citate in letteratura sono:

Punti caldi in camera di combustione: depositi e particolato [10, 11], elettrodi della candela

[12], gas residui [7, 8, 10, 11, 12, 13, 14], valvole di scarico [14, 15], etc. Questi punti caldi sono citati come facili cause di backfire dell’idrogeno. I depositi ed il particolato provengono principalmente dalla (parziale) combustione dell’olio di lubrificazione.

Energia residua presente nel circuito di accensione: a causa della bassa capacità

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sistema d’accensione riesca ad essere trasferita alla carica durante l’innesco. Rimane immagazzinata quindi nel sistema di accensione dell’energia residua il cui comportamento è imprevedibile e può causare una seconda accensione in un momento non idoneo, come per esempio durante l’espansione (innocua), oppure durante la fase di aspirazione (pericolo di backfire) [7, 8].

Scintilla indotta: in motori pluricilindrici l’accensione controllata in un cilindro può causare

una scintilla indotta, quindi non controllata, in un altro cilindro (che magari sta aspirando carica fresca). Questo può avvenire nel caso in cui i cavi dei due circuiti siano vicini [8].

Combustione negli interstizi pistone/cilindro: l’idrogeno presenta, rispetto ai combustibili

convenzionali, una assai piccola “distanza di quenching” (o di spegnimento), definita come il diametro minimo di un tubo al di sotto del quale la fiamma non riesce a propagarsi. Tale caratteristica è responsabile dell’estrema facilità della fiamma di idrogeno di propagarsi senza spegnersi in interstizi davvero ristretti come quelli compresi tra la periferia del pistone e il cilindro e quelli che circondano le cave e le fasce elastiche del pistone (figura 3.6). Se la combustione in tali interstizi persiste fino all’apertura della valvola di aspirazione può verificarsi l’accensione della carica fresca [16, 17, 18].

Figura 3.6 Gli interstizi nella zona delle fasce elastiche possono essere sede di fiamme residue che possono favorire preaccensioni e backfire.

Preaccensione: come già anticipato, l’autoesaltazione della preaccensione tende a farla

avvenire sempre più anticipatamente ciclo dopo ciclo, fino a verificarsi durante la fase di aspirazione dando luogo a backfire [3, 15, 17, 19]. Tale meccanismo a catena prende il nome di “preaccensione in fuga” [11].

(24)

20

Rapporto di compressione: in merito a ciò occorre considerare che:

- la diminuzione del rapporto di compressione sembra aumentare la resistenza al backfire poiché si riduce la temperatura media raggiunta in camera di combustione;

- l’aumento del rapporto di compressione comporta sia l’aumento del rapporto superficie/volume della camera di combustione, ciò favorisce lo scambio termico e facilita il raffreddamento dei gas residui diminuendo quindi il pericolo di innescare la carica fresca oltre che l’aumento del rapporto di espansione.

La validità di entrambe le spiegazioni giustifica l’esistenza di un rapporto di compressione ottimale: incrementando il rapporto di compressione fino ad un certo valore si registra un aumento del rendimento; per rapporti di compressione ancora maggiori, però, la miscela necessita di essere smagrita per evitare preaccensione causando di conseguenza un calo della potenza erogata [14, 20].

3.4.3 Detonazione

Per quanto concerne la tendenza a detonare, che ricordiamo essere inferiore a quella della benzina a causa della maggiore temperatura di autoaccensione dell’idrogeno, occorre osservare che gli effetti deleteri che può causare la detonazione possono essere causati nei motori alimentati a idrogeno anche (e soprattutto) dall’elevata velocità di propagazione del fronte di fiamma. Se non venissero adottati opportuni provvedimenti, il fenomeno potrebbe determinare una crescita troppo repentina della pressione in camera di combustione e quindi del gradiente della curva di rilascio del calore. La combustione rimarrebbe sempre quella innescata dalla scintilla, ma troppo veloce [6, 14], producendo picchi troppo elevati di pressione e di temperatura. Ciò è confermato dal fatto che, nei motori a idrogeno, per miscele magre non sono state rilevate detonazioni. Si noti come in letteratura vengano riportati esperimenti con rapporto di compressione di 11:1 e pressione di sovralimentazione di 0,85 bar (relativi) con miscele magre [7, 21] per i quali non si sono registrati fenomeni di detonazione.

3.5 Metodi di formazione della miscela

Dagli anni ’80 ad oggi sono stati proposti diversi metodi di formazione della miscela, tutti finalizzati ad eludere il fenomeno di backfire. Tralasciando i primi esperimenti che adottavano un carburatore o metodi meccanici che consentivano il flusso di combustibile solo quando

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21

l’alzata della valvola di aspirazione aveva raggiunto un certo valore, focalizziamo l’attenzione sulle soluzioni adottate nel corso degli ultimi dieci anni o poco più. Queste ultime possono essere distinte in:

formazione esterna della miscela, la cosiddetta iniezione indiretta PFI (Port Fuel Injection), con

iniettore collocato immediatamente a monte della valvola di aspirazione [3, 14, 16, 18, 20];

formazione interna della miscela tramite iniezione diretta DI(Direct Injection) di combustibile

durante la fase di compressione [22, 23, 24].

3.5.1 Confronto tra iniezione diretta e indiretta

Per comprendere meglio i vantaggi e gli svantaggi che comportano le due diverse soluzioni è opportuno mettere in evidenza il legame tra la potenza erogata dal motore e le caratteristiche della miscela interna al cilindro.

La pressione media indicata, pmi (Indicated Mean Effective Pressure = IMEP), di un MCI è data dalla formula:

pmi = cr Hcarica ηi

dalla quale si evince che, per ottenere un’elevata pmi è necessario non soltanto avere un elevato

coefficiente di riempimento del cilindro cr, e un elevato rendimento indicato ηi, ma anche un

elevato potere calorifico (inferiore) della carica presente all’interno del cilindro, Hcarica.

Il potere calorifico indica la quantità di calore per unità di volume che la miscela riesce a liberare durante la combustione (si ricorda che si sta considerando il caso di miscele stechiometriche, quindi senza eccesso d’aria o di combustibile). Il potere calorifico di una miscela intrappolata nel cilindro varia, a parità di condizioni, tra la DI e la PFI. L’entità di tale differenza dipende esclusivamente dal tipo di combustibile impiegato.

L’iniezione di combustibili gassosi nel condotto di aspirazione provoca l’assai sfavorevole effetto di riduzione della cilindrata utile. Il combustibile gassoso con la sua bassa densità sottrae spazio utile all’aria, comburente della combustione. Impiegando idrogeno (ma anche altri combustibili gassosi) si nota, passando dalla PFI alla DI un forte aumento del potere calorifico, come mostra il grafico di figura 3.7.

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Figura 3.7 Poteri calorifici di diversi combustibili.

La bassa efficienza volumetrica nel caso d’iniezione indiretta comporta, come schematicamente riassunto in figura 3.8, una decurtazione della potenza erogata dal motore di circa il 18%, rispetto a quella ottenibile da un motore alimentato a benzina con titolo di miscela stechiometrico. E’ questa una condizione difficile da raggiungere con l’idrogeno senza incorrere nel fenomeno del backfire, ciò implica un ulteriore calo di potenza.

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23

Tra i vantaggi della PFI rispetto all’iniezione diretta si citano un elevato rendimento indicato

del motore con minore irregolarità ciclica e minore formazione di NOx in condizioni di

funzionamento veramente magro. Questi effetti sono dovuti alla maggiore omogeneità della miscela ottenibile con i più lunghi tempi di miscelazione a disposizione rispetto all’iniezione diretta. In aggiunta, la PFI comporta minori costi e complessità rispetto alla DI, con possibilità di adattare a basso costo la varia gamma di motori ad iniezione indiretta multipoint preesistenti sul mercato.

L’iniezione diretta, invece, garantisce un rendimento volumetrico sensibilmente superiore rispetto alla PFI. In fase di aspirazione, infatti, viene aspirata soltanto aria, mentre l’idrogeno viene iniettato solo dopo la chiusura delle valvole di aspirazione, senza quindi ostacolare l’immissione dell’aria nel cilindro. Il tutto si traduce in un aumento di potenza specifica di circa il 17% rispetto ad un motore alimentato a benzina (figura 3.8). Si evita anche il manifestarsi di backfire, mentre il pericolo di preaccensione rimane. E’ però importante far notare che tale rischio viene ridotto grazie alla riduzione della temperatura nel cilindro ottenuta con il “lavaggio” delle pareti calde interne con l’aria (in quantità maggiore) nella fase di aspirazione.

Gli svantaggi della DI sono principalmente riconducibili al breve intervallo temporale disponibile per effettuare l’iniezione e alla necessità di ottenere una miscela adeguata all’interno del cilindro, problematiche del tutto simili a quelle riscontrate nei motori DI a benzina. Le proprietà chimico-fisiche nettamente diverse dell’idrogeno da un lato migliorano la situazione, dall’altro la rendono difficile da attuare. La bassissima densità, combinata con le piccole sezioni di passaggio degli iniettori, impone pressioni di iniezione elevate al fine di garantire una portata massica sufficiente di idrogeno. Sfortunatamente, tali livelli di pressione riducono fortemente l’autonomia del veicolo, poiché alzano la pressione minima di stoccaggio. Una soluzione a questo problema potrebbe essere rappresentata da una ricompressione a bordo del gas, ma ciò complicherebbe notevolmente il sistema e farebbe insorgere problemi di sicurezza. Altra soluzione alternativa potrebbe consistere nella possibilità di stoccare l’idrogeno allo stato liquido e pressurizzarlo in serbatoi criogenici. Anche questa soluzione risulterebbe troppo costosa e complessa, richiederebbe inoltre una spesa energetica troppo elevata, poiché il gas dovrebbe essere liquefatto e successivamente conservato a quella temperatura.

In sintesi, la PFI e la DI hanno entrambe pregi e difetti; la DI è preferibile a pieno carico, mentre la PFI ai carichi medio-bassi.

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24

3.5.2 Modifiche da apportare al MCI tradizionale

Le particolari caratteristiche chimico-fisiche dell’idrogeno rendono necessario apportare sostanziali modifiche ad un motore alimentato a benzina. In questo paragrafo verranno analizzati alcuni fattori chiave da tenere in considerazione per ottenere un buon funzionamento del motore.

Candele: risultano adatte candele con grado termico freddo, la cui temperatura non dovrebbe

oltrepassare (nella fasi di aspirazione e compressione) quella di autoaccensione della miscela per non incorrere in fenomeni quali il backfire e la preaccensione [12, 26]. Vanno evitati elettrodi al platino poiché tale metallo funge da ottimo catalizzatore per l’ossidazione dell’idrogeno [7, 11].

Sistema di accensione: per evitare accensioni incontrollate causate da residui di energia, è

opportuno provvedere alla messa a terra dell’intero sistema e scegliere un’opportuna resistenza del cablaggio elettrico per dissipare l’energia residua [24]; occorre evitare, inoltre, l’accensione induttiva in un cablaggio di un cilindro adiacente (motori pluricilindrici), ad esempio adottando un sistema con bobina individuale per ogni candela.

Sistema di iniezione fasato: per ridurre il rischio di Backfire e di preaccensioni nel caso di

iniezione indiretta (PFI), è opportuni iniettare l’idrogeno con un certo ritardo rispetto all’apertura delle valvole di aspirazione e con un certo anticipo rispetto alla chiusura delle valvole stesse, in modo da raffreddare inizialmente le superfici interne del cilindro con la sola massa d’aria allontanando il pericolo di preaccensioni ed evitare che dell’idrogeno permanga nel condotto dopo la chiusura delle valvole di aspirazione. In alternativa, il backfire può essere evitato con l’iniezione diretta dell’idrogeno durante la fase di compressione. Data la bassa densità dell’idrogeno (e i tempi “ridotti” a diposizione), in entrambi i casi l’iniettore deve garantire grosse portate volumetriche per iniettare la corretta quantità di massa di idrogeno nel cilindro.

Punti caldi: per evitare l’insorgere di preaccensioni e di backfire è opportuno:

- raffreddare le valvole di scarico;

- impiegare testate plurivalvole per ridurre ulteriormente la temperatura delle valvole di scarico [17, 25].

- assicurare un adeguato controllo dell’olio di lubrificazione;

- potenziare il raffreddamento di tutte le superfici soggette ad elevato carico termico [16];

- ritardare l’iniezione per consentire un preliminare raffreddamento da parte dell’aria (si veda il punto precedente);

- garantire un lavaggio adeguato (ad esempio adottando valvole a fasatura variabile) per ridurre la temperatura dei gas residui.

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25

Giochi e interstizi: occorre ridurre i giochi tra pistone cilindro, come anche nelle fasce

elastiche onde evitare la propagazione della fiamma in tali interstizi, data la brevissima distanza di quenching dell’idrogeno.

Sedi-valvole e iniettori: occorre scegliere opportunamente i materiali delle sedi-valvole del

motore e progettare l’iniettore tenendo conto del bassissimo potere lubrificante dell’idrogeno [27]. Altri combustibili gassosi, come il gas naturale, contengono in sospensione particelle di olio che provengono dal compressore; nel caso dell’idrogeno il problema è più critico a causa dei ridottissimi giochi utilizzati nei compressori per evitare fenomeni di trafilamento (si ricorda che la molecola dell’idrogeno è estremamente piccola).

Lubrificazione: occorre scegliere un olio di lubrificazione del motore compatibile con

l’elevata concentrazione di acqua prodotta dalla combustione dell’idrogeno; l’olio non dovrebbe contenere ceneri per evitare la formazione di depositi (che possono diventare punti caldi).

Ventilazione del carter: occorre ventilare il carter con una certa sovra-pressione rispetto

all’esterno per evitare possibili trafilamenti di idrogeno dal cilindro al carter (fenomeno detto “blowby”) [14, 27].

Rapporto di compressione: come per tutti i motori dovrebbe essere più alto possibile per

aumentare il rendimento. Il limite è imposti dalla necessità di evitare combustioni anomale. La scelta ottimale potrebbe essere diversa a seconda dell’applicazione; ad esempio, a seconda che si privilegi di massimizzare il rendimento o la potenza [18].

Parzializzazione elettronica: come si è detto, i motori a idrogeno sono in grado di operare (e

in termini di rendimento sarebbe auspicabile che operassero) in tutte le condizioni senza parzializzazione. Tuttavia, potrebbe risultare opportuno parzializzare leggermente ai bassi carichi (per mantenere stabile la combustione e limitare l’emissione di idrogeno incombusto)

e anche ai cariche medi per ridurre le emissioni di NOx. Un controlli di questo genere può

essere ottenuto solo con un sistema drive-by-wire, mediante il quali la farfalla viene controllata elettronicamente dalla centralina a bordo vettura.

3.5.3 Controllo della combustione nei sistemi a iniezione diretta d’idrogeno

Se la combustione della miscela aria-idrogeno non venisse opportunamente controllata, darebbe luogo, in particolare agli alti carichi, a eccessive velocità di incremento della pressione e temperatura in camera di combustione causando pericolose sollecitazioni termo-meccaniche accompagnate all’aumento del periodo di preaccensioni nei cicli successivi e soprattutto tenori

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26

elevati di NOx (la cui concentrazione, a monte del catalizzatore, dipende esponenzialmente dai

picchi locali di temperatura presenti in camera di combustione). La figura 3.9 riporta un confronto tra le curve di rilascio di calore ottenute alimentando uno stesso motore con iniezione indiretta di benzina e con iniezione diretta di idrogeno, in condizioni di pieno carico [25]. Si noti la rapidità con la quale si sviluppa e si conclude la combustione nel caso dell’idrogeno.

Figura 3.9 Confronto tra le curve di rilascio del calore (pieno carico) nel caso d’iniezione diretta di benzina e idrogeno.

Vengono di seguito elencate tre differenti tipologie di controllo della combustione, relative a sistemi di iniezione diretta d’idrogeno.

3.5.3.1 Controllo della combustione agendo sul rapporto di miscela

L’effetto del rapporto di miscela λ sulla velocità di rilascio del calore a parità di carico (e quindi di combustibile iniettato) è mostrato in figura 3.10, [25].

Impoverendo la miscela, la velocità di combustione, e di conseguenza la velocità di rilascio del calore, diminuisce. Tale tecnica di controllo richiederebbe però costantemente la presenza di un eccesso di aria per poter essere efficace anche se si volesse operare ai carichi medio-alti.

Il complementare ideale di tale metodo è rappresentato dalla sovralimentazione. Soltanto in questo modo risulta infatti possibile evitare la bassa potenza specifica alla quale altrimenti si andrebbe inevitabilmente incontro[25].

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Un altro svantaggio è rappresentato dal fatto di non poter impiegare i comuni catalizzatori

trivalenti per l’ossidazione degli eventuali NOx emessi.

Figura 3.10 Curve di rilascio del calore ottenute per tre diversi titoli della miscela aria-idrogeno a parità di carico (nella specifico un carico medio).

3.5.3.2 Controllo della combustione agendo sulla fasatura di iniezione

Agendo invece sulla fasatura di iniezione, ovvero sulla tempistica dell’iniezione, si determina una maggiore o minore miscelazione dell’idrogeno con l’aria al momento dell’accensione. Gli effetti sono rilevanti ai carichi bassi: iniettando presto si ottiene una miscela omogeneamente magra che dà luogo ad una combustione lenta, mentre iniettando tardi si verifica un addensamento di idrogeno attorno alla candela (magari realizzando condizioni localmente stechiometriche; compito tutt’altro che facile) col risultato di una combustione assai veloce (figura 3.11), [25]. La “stratificazione” comporterebbe l’ulteriore vantaggio di ridurre le perdite di calore con l’esterno attraverso le pareti [28, 29, 30].

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Figura 3.11 Curve di rilascio del calore ottenute per tre diverse fasature di iniezione diretta di idrogeno, a parità di carico e di aria (ossia senza parzializzazione).

3.5.3.3 Controllo della combustione mediante iniezioni multiple

Fin qui si è visto come agire per tenere sotto controllo la velocità di combustione di miscele magre (o, nel caso di miscele magrissime, come fare per garantire una sufficiente velocità di rilascio del calore), tuttavia è stato dimostrato da BMW che è possibile regolare la combustione anche con miscele globalmente stechiometriche (pieno carico) arrivando quasi a “disegnare” una curva di rilascio del calore ottimale. Ciò è realizzabile adottando il concetto delle “iniezioni multiple” [13,31]. Si tratta di iniettare l’idrogeno direttamente nel cilindro in due istanti successivi: una prima aliquota è iniettata presto, appena dopo la chiusura delle valvole di aspirazione e la rimanente parte è iniettata tardi, addirittura dopo l’accensione della miscela, direttamente in fiamma. I benefici che si ottengono sono notevoli rispetto al caso di iniezione singola: l’andamento della curva di rilascio del calore cresce meno rapidamente, la temperatura e

la pressione massime sono inferiori (minori sollecitazioni del motore) e gli Nox possono scendere

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Figura 3.12 Vantaggi ottenibili adottando il concetto delle iniezioni multiple.

3.5.4 Iniezione diretta combinata con la sovralimentazione

In figura 3.13 sono riportate le pressioni medie indicate ottenute con iniezione indiretta di benzina e regolazione del carico mediante parzializzazione (miscela stechiometrica) e quelle ottenute alimentando lo stesso motore con idrogeno (iniezione indiretta, diretta e diretta con sovralimentazione).

Congiuntamente con l’impiego di un catalizzatore trivalente per il post-trattamento dei gas combusti, il motore alimentato a benzina è controllato, come noto, per quantità mantenendo un rapporto di miscela costantemente prossimo a quello stechiometrico di tutto l’intervallo operativo. Il motore alimentato a idrogeno invece, grazie ai limiti d’infiammabilità assai meno restrittivi, può operare controllato per qualità. Utilizzando l’iniezione diretta ed evitando così il fenomeno della riduzione della cilindrata utile, è possibile incrementare di cs. il 15% la pmi e, quindi, la potenza erogata. Studi condotti dalla BMW [25] hanno dimostrato che le particolari caratteristiche chimico-fisiche dell’idrogeno permetterebbero di trarre un notevole vantaggio qualora si utilizzasse l’iniezione diretta congiuntamente alla sovralimentazione.

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Figura 3.13 Pressioni medie indicate ottenute da BMW con iniezione indiretta di benzina, iniezione indiretta e diretta di idrogeno, iniezione diretta di idrogeno con sovralimentazione.

Come mostra la curva rossa in figura 3.14, infatti, si potrebbe ottenere un guadagno del 100% in termini di pmi rispetto al funzionamento in aspirato. Adottando l’iniezione diretta è stato infatti dimostrato [25] che una maggiore contropressione allo scarico non favorisce l’insorgere di combustioni anomale (preaccensioni o backfire), a differenza di quanto accade con l’iniezione indiretta. Appare quindi interessante adottare una sovralimentazione con compressore dinamico (piuttosto che con un compressore volumetrico) in combinazione con un controllo del carico per qualità. Tale soluzione, come testimoniano i motori Diesel sovralimentati, permetterebbe di aumentare sensibilmente il rendimento grazie sia all’inversione del ciclo di pompaggio che alla riduzione della temperatura di combustione che comporta un aumento del coefficiente k delle trasformazioni termodinamiche, la riduzione della dissociazione e minori perdite di calore.

3.5 Emissioni inquinanti

Come già anticipato, l’idrogeno molecolare utilizzato nella combustione in teoria dovrebbe generare, come prodotto di scarto, soltanto vapore acqueo, mentre dovrebbero essere totalmente assenti, se non fosse per la minima quantità derivata dalla combustione dell’olio lubrificante,

CO, CO2 e HC. In realtà, avendo luogo la combustione dell’idrogeno non con ossigeno puro ma

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31

presenza di ossigeno libero, essenzialmente dalla presenza di picchi di temperatura durante la combustione.

Figura 3.14 Effetto del titolo della miscela sulla formazione degli Nox.

Infatti, a temperature molto elevate, l’azoto, gas altrimenti inerte, diventa reattivo e si combina con l’eventuale ossigeno ancora libero presente in camera di combustione. In figura 3.15 [25] è

mostrato l’effetto che ha il titolo della miscela sulla formazione degli NOx. Come è possibile

osservare, la produzione degli NOx diventa consistente soltanto a temperature superiori ai 2000

K, limite che viene raggiunto facilmente se la combustione avviene in una miscela omogenea con rapporto inferiore a circa λ 2.2. La curva di emissione mostra un picco in corrispondenza di un rapporto di miscela leggermente magre pari a λ 1.3, che testimonia la criticità anche dal punto di vista delle emissioni del funzionamento del motore a idrogeno con rapporto stechiometrico. Quindi, per miscele con λ 2.2 deve essere previsto un post-trattamento dei gas combusti per abbassare i livelli sotto i limiti prescritti dalla legge.

3.5.1 Influenza della fasatura sulle emissioni di Nox

L’istante d’iniezione è un fattore che influisce fortemente sulla formazione degli NOx. Come

mostra la figura 3.15 [25], ai carichi elevati un’eventuale iniezione ritardata (che ricordiamo essere possibile solo grazie all’elevatissima velocità di combustione dell’idrogeno) comporta una

diminuzione significativa di NOx. Questo è dovuto alla stratificazione della carica. L’iniezione

ritardata fa sì che la massa d’idrogeno iniettata, che globalmente permetterebbe di ottenere una miscela stechiometrica, non abbia il tempo per diffondersi rimanendo confinata in un volume

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relativamente ristretto nella camera di combustione. La miscela all’istante dell’accensione risulta quindi assai ricca, cosa che, come precedentemente descritto, comporta bassi livelli di emissione

di NOx. È interessante notare in figura 3.15 il comportamento opposto invece ai bassi carichi. La

differenza è dovuta al fatto che la massa di idrogeno iniettata realizza una miscela globalmente magra. Il mancato miscelamento dovuto all’iniezione ritardata comporta inevitabilmente un addensamento d’idrogeno in un volume ristretto e quindi il raggiungimento in quel volume di rapporti di miscela vicini allo stechiometrico. Da ciò consegue la presenza durante la

combustione di picchi elevati di temperatura e quindi la formazione degli NOx.

Figura 3.15 Effetto della fasatura di iniezione sulla formazione degli Nox.

3.5.2 Abbattimento delle emissioni di NOx mediante EGR

Come nei motori alimentati a benzina, l’abbattimento delle emissioni di NOx può essere

ottenuto anche mediante l’EGR (Exhaust Gas Recirculation, ossia Ricircolo gas esausti) [31]. La tecnica consiste nello spillamento di una certa quantità di gas combusti dal collettore di scarico per ricondurli all’interno del collettore d’aspirazione in modo da poterli re immettere all’interno del cilindro. Il controllo della combustione mediante tale tecnica è utile solo quando si opera a carichi medio-alti, ossia quando il rapporto di miscela globale all’interno del cilindro è pari a circa 0.8, prossimo quindi allo stechiometrico. I gas combusti sono costituiti principalmente da vapore acqueo e azoto, sostanze inerti in condizioni normali (l’azoto, a temperatura sufficientemente elevata diventa reattivo). I gas combusti, grazie alla loro maggiore capacità termica rispetto alla miscela fresca, comportano una riduzione della temperatura media nel

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cilindro in quanto viene assorbita una maggiore quota parte di calore prodotto dalla combustione. Inoltre, l’interposizione delle molecole inerti dei gas combusti tra le molecole altamente reattive della miscela fresca comporta un rallentamento della combustione e quindi un gradiente della curva di rilascio del calore più basso. Questi due effetti permettono di ridurre la formazione degli

NOx e di rendere la combustione più graduale. Un altro aspetto assai favorevole dell’utilizzo

dell’EGR consiste nella possibilità di impiegare comuni catalizzatori trivalenti per la riduzione

dell’eventuale residuo di NOx, a differenza di quanto accadrebbe se, invece di un EGR, si

adottasse un surplus di aria per impoverire la miscela e rallentare la combustione. Sperimentalmente [32] si è potuto verificare che la combustione della miscela aria-idrogeno rimane stabile fino a un tasso di EGR pari ad una frazione in volume del 35%. In figura 3.16, sono mostrati i risultati sperimentali ottenuti dalla BMW [25] adottando due diversi livelli di EGR.

Figura 3.16 Effetto del tasso di EGR sulla formazione degli Nox.

3.6 Conclusioni

I motori a combustione interna alimentati a idrogeno mostrano un potenziale di sviluppo notevole. Come schematizzato in figura 3.17, l’obiettivo delle ricerche in tale campo è quello di superare i motori alimentati a benzina in termini di potenza specifica [kW/litro] e, adottando la sovralimentazione, i motori diesel in termini di coppia specifica [Nm/litro], obiettivo considerato plausibile dalle ricerche condotte fino ad ora.

(38)

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Figura 3.17 Obiettivi in termini di Potenza e coppia specifica dei futuri MCI alimentati a idrogeno.

Negli ultimi dieci anni sono stati compiuti progressi significativi, ma rimane tutt’ora in dubbio se lo scopo finale di offrire una piattaforma temporanea di sviluppo di un sistema energetico basato sull’idrogeno possa essere raggiunto, poiché non è prevista a breve termine la commercializzazione di veicoli di serie equipaggiati con motori a idrogeno. Lo sviluppo dei motori a combustione interna deve poter permettere la realizzazione di propulsori particolarmente efficienti e con un’elevata potenza specifica. Rimane tuttavia attualmente irrisolto il problema legato all’impossibilità di immagazzinare sufficiente combustibile per garantire un’autonomia paragonabile a quella offerta dai veicoli con motori alimentati con combustibili convenzionali. In tale ottica, i sistemi ad iniezione diretta sviluppati negli ultimi anni hanno dato un contributo significativo al raggiungimento degli obiettivi anche se è necessario un ulteriore sviluppo al fine di ottimizzare il funzionamento del motore.

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