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Analisi e sviluppo di un modello bi-articolare per lo studio del ritmo scapolo-omerale attraverso sensori indossabili

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i “output” — 2017/6/10 — 18:06 — page 1 — #1 i

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UNIVERSIT `A DI PISA SCUOLA DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA

BIOMEDICA

Analisi e sviluppo di un modello bi-articolare per lo

studio del ritmo scapolo-omerale attraverso sensori

indossabili

Relatori

Candidato

Alessandro Tognetti

Irene Lucchesi

Federico Lorussi

Nicola Carbonaro

16 Giugno 2017

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Sommario

Al fine di monitorare accuratamente i movimenti dell’arto superiore, durante lo svolgimento di una certa attivit`a, molti ricercatori hanno sviluppato diver-si dispodiver-sitivi e algoritmi, in grado di descrivere la cinematica del complesso articolare della spalla. In questo lavoro di tesi viene presentato un modello bi-articolare, in grado di stimare la cinematica del cingolo scapolare, tenen-do conto sia dei movimenti scapolo-toracici che gleno-omerali attraverso un vincolo, che rappresenta il ritmo scapolo-omerale. L’analisi viene condotta utilizzando sensori inerziali, per misurare l’orientazione della troclea rispetto allo sterno e da un sensore di strain, per misurare il movimento di traslazione della scapola. Tale modello consente di ottenere una descrizione pi`u affida-bile e accurata della cinematica della spalla, rispetto al pi`u comune modello socket-ball, utilizzato nella maggior parte dei modelli presenti in letteratura. Lo scopo di questo lavoro di tesi, consiste nel dimostrare che l’errore cal-colato sulla traiettoria dell’end-effector, raggiunta dal modello bi-articolare, `

e significativamente inferiore, rispetto a quello ottenuto approssimando la cinematica della spalla con il modello socket-ball, se confrontati rispetto ai valori acquisiti da un sistema ottico (utilizzato come gold standard).

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Indice

Introduzione 1

1 Anatomia funzionale della spalla 4

1.1 Cenni anatomici . . . 4

1.1.1 Segmenti ossei . . . 5

1.1.2 Complesso Articolare . . . 12

1.1.3 Movimenti del cingolo scapolare . . . 18

1.2 Ritmo scapolo-omerale . . . 23

2 Ricostruzione della cinematica della spalla 26 2.1 Socket-ball . . . 26

2.2 Modello bi-articolare . . . 31

2.2.1 Strumentazione: dispositivi wearable . . . 31

2.2.2 Realizzazione del modello . . . 35

2.2.3 Parametri del modello . . . 36

2.2.4 Funzione costo . . . 41

(4)

3.2.1 Smart Capture . . . 53

3.2.2 Smart Tracker . . . 54

3.3 Disposizione dei sensori . . . 55

3.4 Calibrazione BTS . . . 57

4 Metodi e protocollo sperimentale 59 4.1 Acquisizione ed elaborazione dati . . . 59

4.1.1 Calibrazione IMU . . . 60

4.1.2 Sincronizzazione dei movimenti effettuati . . . 63

4.2 Implementazione in Matlab del modello bi-articolare . . . 65

4.3 Implementazione in Matlab del modello Socket-ball . . . 72

5 Risultati 74 5.1 Validazione del modello bi-articolare con sistema ottico . . . . 75

5.2 Confronto tra modello bi-articolare e socket-ball . . . 81

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Elenco delle figure

1.1 Scapola . . . 8

1.2 Clavicola . . . 9

1.3 Visione posteriore di omero e scapola. . . 12

1.4 Articolazione sterno-clavicolare. . . 13

1.5 Superfici clavicolare e sterno-costale . . . 14

1.6 Articolazione gleno-omerale . . . 16

1.7 Visione anteriore dell’articolazione sterno-costo-clavicolare . . 19

1.8 Abduzione dell’arto superiore . . . 21

1.9 Flessione sul piano sagittale dell’arto superiore . . . 24

2.1 Polso sferico . . . 27

2.2 Parametri cinematici di Denavit-Hartenberg . . . 29

2.3 Principio di funzionamento di ogni unit`a IMU. . . 33

2.4 KPF a singolo strato . . . 34

2.5 Disposizione dei sensori di strain e IMUs . . . 37

(6)

3.4 Sensore MTw e sistema di riferimento Globale . . . 48

3.5 Esempi di marcatori passivi . . . 50

3.6 Telecamere BTS . . . 52

3.7 Setting dei sensori . . . 56

3.8 Disposizione delle telecamere . . . 57

3.9 Sistema di riferimento BTS . . . 58

4.1 Posizione di calibrazione . . . 60

4.2 SDR segmenti corporei in posizione T-pose . . . 61

4.3 SDR dell’IMU posizionato su sterno . . . 63

4.4 Trigger in salita e trigger in discesa . . . 64

4.5 SDR dello sterno . . . 67

5.1 Alcuni dei soggetti sui quali sono state eseguite le misure . . . 74

5.2 Traiettorie troclea . . . 76

5.3 Ricostruzione del movimento dell’omero da modello bi-articolare 77 5.4 Ricostruzione del movimento dell’omero da BTS . . . 78

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ELENCO DELLE FIGURE

5.6 MSE ottenuto scegliendo il marker in posizione T3 . . . 80 5.7 MSE ottenuto scegliendo il marker in posizione C5 . . . 81

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Introduzione

Il complesso articolare della spalla costituisce la catena cinematica pi`u mobile e pi`u complessa di tutto il corpo umano; proprio questa sua comples-sit`a, la rende spesso sede di numerose patologie. Gli ampi movimenti che ca-ratterizzano il complesso articolare della spalla, sono conferiti principalmen-te dalla cooperazione anatomo-funzionale delle articolazioni gleno-omerale e scapolo-toracica, definita come ritmo scapolo-omerale, ovvero il sincronismo durante i movimenti tra omero e scapola. Sistemi di misura che rilevano la cinematica 3D, per l’analisi del movimento, sono ormai strumenti consolidati nell’ambito clinico e rappresentano un mezzo valido nello studio della biomec-canica della spalla, sia in ambito fisiologico che patologico. Pertanto l’analisi del movimento ha assunto un ruolo fondamentale nella medicina riabilitativa, in quanto fornisce al terapista una misura quantitativa del grado di mobilit`a del complesso articolare. In ambito clinico, la necessit`a di stimare il grado di disabilit`a motoria e l’effetto di diverse terapie sul paziente, hanno portato i ricercatori a sviluppare nuovi dispositivi e algoritmi, che possano monitorare

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il movimento dell’arto superiore, durante lo svolgimento di una certa attivit`a. Il complesso articolare della spalla, nella maggior parte dei modelli proposti in letteratura, `e rappresentato con un socket-ball, un giunto sferico a 3 gradi di libert`a (Degrees Of Freedom DOFs) con superfici conformi. Questi modelli semplificano il comportamento biomeccanico alla sola cinematica dell’artico-lazione gleno-omerale, considerandola l’unica responsabile dell’intero range di movimento del cingolo scapolare, trascurando i movimenti di traslazione ottenuti dal contributo scapolare, che risultano invece essenziali per un moni-toraggio pi`u accurato del movimento dell’arto superiore. Nel presente lavoro di tesi, introduciamo un modello bi-articolare a 6 DOF, in grado di ripro-durre la cooperazione tra le due articolazioni principali del cingolo scapolare (gleno-omerale e scapolo-toracica), ispirandosi al lavoro proposto da Lorussi et al. [1], al fine di ottenere una descrizione pi`u affidabile della reale cine-matica. Tale modello, combinando informazioni fornite da diverse tipologie di sensori indossabili, consente di riprodurre la posizione dell’arto superio-re nello spazio. Il vantaggio nell’utilizzo di questi dispositivi indossabili, `e dato dalla loro capacit`a di adattarsi alle diverse forme del corpo, permetten-do di ricavare dati biomeccanici altamente correlati con specifici movimenti della spalla. In particolare abbiamo effettuato l’analisi mediante l’utilizzo di sensori inerziali (Inertial Measurement Units, IMUs), utilizzati per misu-rare l’orientamento dell’arto superiore rispetto ad un sistema di riferimento solidale allo sterno, e abbiamo simulato il comportamento di un sensore

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sile piezoresistivo, in maniera tale da poter misurare i movimenti traslatori della scapola. Per validare l’analisi del movimento dell’arto superiore, ese-guita mediante modello, `e stata effettuata un’acquisizione in simultanea con il sistema ottico di Motion Capture SMART-DX 100 (considerato come gold standard per il monitoraggio del movimento). La comparazione dell’uscita del modello, con la posizione dell’end-effector ottenuta dal gold standard, ha dimostrato che l’errore calcolato sulla traiettoria dell’end-effector, ricostrui-ta dal modello bi-articolare, `e significativamente inferiore rispetto a quello ottenuto approssimando la cinematica del complesso articolare della spalla con il pi`u classico socket-ball.

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Anatomia funzionale della

spalla

1.1

Cenni anatomici

Il complesso articolare della spalla, catena cinematica prossimale dell’arto superiore, `e la pi`u mobile di tutto il corpo umano. I suoi movimenti rappre-sentano un complesso di relazioni dinamiche tra forze muscolari, tensioni legamentose, ed articolazioni. Gli stabilizzatori statici e dinamici permetto-no alla spalla il maggior range di movimento (Range Of Motion, ROM) tra tutte quante le articolazioni del corpo e determinano anche la posizione della mano e del gomito nello spazio. Il complesso articolare della spalla possiede movimenti molto ampi, consentendo di orientare l’arto superiore nei tre piani

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dello spazio: movimenti di flessione-estensione, eseguiti in un piano sagittale; movimenti di abduzione-adduzione effettuati in un piano frontale; movimenti di ante e retroposizione eseguiti in un piano orizzontale, quando le braccia sono abdotte a 90° [2].

1.1.1

Segmenti ossei

Il complesso articolare della spalla si compone di tre ossa: clavicola, sca-pola e omero. La scasca-pola `e un osso piatto, con una forma triangolare ad apice inferiore e base superiore; presenta due facce (una ventrale e una dorsale); 3 margini (superiore, mediale e laterale); e tre angoli (superiore,laterale e inferiore). La faccia ventrale, detta anche faccia costale, `e orientata verso la gabbia toracica; presenta un’ampia concavit`a, detta fossa sottoscapolare, sulla cui superficie si trovano delle creste trasversali che danno inserzione al muscolo sottoscapolare. La faccia dorsale `e divisa dalla spina della scapola, ovvero una robusta prominenza ossea, che delimita due regioni: una fossa sovra spinata ed una fossa sottospinata. Quella sovra spinata occupa il terzo superiore, mentre la sottospinata occupa i due terzi inferiori. La spina sca-polare sporge dalla parte superiore della faccia dorsale dell’osso ed `e di forma triangolare. Il margine laterale, di tale spina, spesso e smusso, concorre a de-limitare l’incisura spino-glenoidea (grande incisura della scapola), compresa tra il margine stesso e la superficie dorsale del collo dell’osso. Anteriormente,

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si salda con la faccia dorsale della scapola, secondo una linea diretta in fuori e in alto, dall’unione del terzo superiore con i due terzi inferiori del margine mediale. Il corpo piatto della scapola si incurva lungo questa linea; ci`o spie-ga perch´e la faccia costale sia pi`u concava nella parte superiore. Il margine posteriore detto la cresta della spina, `e direttamente sottocutaneo per quasi tutta la sua estensione. Dall’estremit`a laterale di questa spina, sporge in avanti, quasi ad angolo retto un robusto processo appiattito, l’acromion, che alla sua estremit`a presenta una faccia articolare con cui contrae rapporto la clavicola. Il margine mediale della scapola, si estende dall’angolo inferiore a quello superiore, `e appiattito e presenta un andamento parallelo alla colonna vertebrale in posizione anatomica. Nella sua porzione anteriore, d`a inserzione al muscolo dentato anteriore, mentre quella posteriore d`a inserzioni ai musco-li elevatore della scapola, piccolo romboide, grande romboide, sovraspinato, sottospinato, piccolo rotondo e grande rotondo. Il margine laterale della sca-pola, `e una cresta rugosa, che si porta con andamento sinuoso dall’angolo inferiore fino alla cavit`a glenoidea. Alla sua estremit`a superiore, si espande un’area chiamata tuberosit`a sottoglenoidea, da cui origina il capo lungo del tricipite brachiale. Il margine superiore della scapola, presenta l’incisura del-la scapodel-la, che permette il passaggio del nervo soprascapodel-lare. Lateralmente a tale incisura ha origine il processo coracoideo che si erge dalla sommit`a del-la testa deldel-la scapodel-la e s’incurva bruscamente in modo da sporgere in avanti e leggermente in fuori. La tuberosit`a sopraglenoidea corrisponde alla radice

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del processo coracoideo, dove questo si unisce con la parte superiore della ca-vit`a glenoidea. Le due apofisi, acromion e processo coracoideo sono unite da un legamento, detto coraco-acromiale; ovvero una robusta lamina triangola-re con apice inserito sull’acromion e con base inserita lungo tutto il margine laterale del processo coracoideo. Questo legamento assieme al processo co-racoideo e all’acromion, completa un arco, detto arco coraco-acromiale che sormonta l’articolazione gleno-omerale. L’angolo inferiore della scapola, `e arrotondato, si trova a livello della settima costa, e quando l’arto viene sol-levato al di sopra della testa, si sposta in avanti attorno alla parete toracica. L’angolo superiore, `e appuntito, corrisponde ai punti di incontro dei margini superiore e mediale. Infine l’angolo laterale, tronco e ampio, costituisce la testa dell’osso; presenta la cavit`a glenoidea, che con la testa dell’omero for-ma l’articolazione scapolo omerale. La clavicola `e un osso lungo, incurvato in una caratteristica forma a ‘S’, con curva mediale a convessit`a anteriore e curva laterale a convessit`a posteriore. Si estende quasi orizzontalmente alla radice del collo, procedendo lateralmente dal manubrio dello sterno e prima costa all’acromion. Possiede due estremit`a, una prossimale, che si articola con l’incisura clavicolare del manubrio dello sterno e la prima costa, e una distale, che si articola con il margine mediale dell’acromion; due facce, su-periore ed inferiore, separate da due margini, anteriore e posteriore. Nella curva laterale, la clavicola `e piatta, con una faccia superiore e una inferiore, delimitate da un margine anteriore e da uno posteriore. All’estremit`a

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latera-Figura 1.1: Scapola: (A)Visione posteriore; (B)Visione anteriore; (C):Visione laterale.

le si trova una piccola faccetta articolare ovale, che entra in rapporto con il margine mediale dell’acromion, attraverso un disco cartilagineo. Il margine anteriore `e concavo, sottile e rugoso e d`a attacco al deltoide; mentre il mar-gine posteriore, anch’esso rugoso, `e convesso e corrisponde all’inserzione del trapezio. La faccia inferiore presenta, presso il margine posteriore, un promi-nente tubercolo conoide per l’inserzione del legamento conoide; lateralmente a questo tubercolo, si trova una stretta striscia rugosa (linea trapezoide), sul-la quale si attacca il legamento trapezoide. Il legamento coraco-csul-lavicosul-lare, inserito sul tubercolo conoide e sulla linea trapezoide, connette la clavicola con il processo coracoideo della scapola ed `e il legamento pi`u efficace nel mantenere la clavicola in contatto con l’acromion. Inoltre `e in grado di tra-smettere alla clavicola il peso dell’arto superiore; questo `e controbilanciato

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dall’azione del muscolo trapezio, che sorregge la parte laterale dell’osso. Dal tubercolo conoide, il peso viene quindi trasmesso lungo i due terzi mediali del corpo fino allo scheletro assile. Nella curva mediale, la clavicola `e cilin-drica e possiede quattro facce. Le facce anteriore e superiore sono rugose per quasi tutta la loro estensione, tranne lateralmente dove sono lisce e ar-rotondate. La faccia posteriore `e liscia, mentre la faccia inferiore possiede, presso l’estremit`a sternale, un’impronta ovale rugosa (tuberosit`a costale), i cui margini danno attacco al legamento costo-clavicolare. Inoltre nella parte anteriore della clavicola, hanno origine i fasci superiori del gran pettorale. L’omero `e l’osso pi`u lungo e voluminoso dell’arto superiore. Consta di due

Figura 1.2: Clavicola: (A)Vista posteriore; (B)Vista anteriore.

estremit`a espanse (epifisi distale e prossimale) e di una diafisi. L’estremit`a prossimale comprende la testa, il collo la grande e la piccola tuberosit`a. La

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testa dell’omero `e una superficie emisferica liscia che si articola con la cavit`a glenoidea della scapola a costituire l’articolazione scapolo-omerale; questa `e un’enartrosi, ovvero articolazione mobile, le cui superfici articolari sono costi-tuite da una forma sferica o semisferica e da una concavit`a a sua volta sferica, non conformi tra loro. Consente di effettuare i movimenti di rotazione, fles-sione, estenfles-sione, adduzione e abduzione. Il collo anatomico dell’omero, fa direttamente seguito al contorno della testa, indica la linea di inserzione della capsula dell’articolazione scapolo-omerale, tranne che in corrispondenza del solco intertubercolare dove emerge il tendine del capo lungo del bicipite. La piccola tuberosit`a (tubercolo minore), `e situata anteriormente subito al di l`a del collo anatomico; al di sotto dell’apice dell’acromion, presenta un’impron-ta muscolare liscia che si muove quando l’omero viene ruoun’impron-tato. La grande tuberosit`a (tubercolo maggiore) forma la parte pi`u laterale dell’estremit`a su-periore dell’omero; sporge nella regione del cingolo scapolare oltre il margine laterale dell’acromion, determinando, coperta dal deltoide, il profilo arroton-dato del cingolo scapolare. Presso il collo anatomico, la tuberosit`a presenta tre impronte appiattite per inserzioni muscolari, in particolare per i tendi-ni del sovraspinato (la superiore), del sottospinato (la media) e del piccolo rotondo (l’inferiore). La sua superficie laterale, sporgente in fuori, presenta numerosi fori vascolari ed `e coperta dal deltoide, con l’interposizione della borsa sottoacromiale. Tra i due tubercoli si trova il solco bicipitale (o solco intertubercolare), delimitato da due creste che originano dai due tubercoli

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(creste del tubercolo minore e maggiore) e in cui scorre il tendine del capo lungo del bicipite. La diafisi dell’omero `e quasi cilindrica nella met`a superio-re, mentre al di sotto `e a sezione prismatica e appiattita. Presenta tre facce e tre margini. Il margine anteriore inizia davanti alla grande tuberosit`a, e decorre in basso sin quasi all’estremit`a inferiore dell’osso; nel terzo superiore forma il labbro laterale del solco intertubercolare ed `e rugoso per inserzioni muscolari, nel tratto successivo, pure rugoso, delimita anteriormente la tu-berosit`a deltoidea, mentre nella met`a inferiore diviene liscio e arrotondato. Il margine laterale `e aguzzo in basso e rugoso anteriormente; a met`a circa, `

e interrotto da un ampio solco poco profondo che discende obliquamente, in basso e in avanti, `e il solco del nervo radiale. Il margine mediale `e smusso nella met`a inferiore, e presenta una striscia rugosa poco sotto la sua met`a; pi`u in alto, diviene indistinto fino a quando non riappare come labbro media-le del solco intertubercolare. Sulla faccia antero-lateramedia-le, poco pi`u in alto del centro, si trova la tuberosit`a deltoidea che rappresenta il punto di inserzione del muscolo deltoide, il quale copre la parte inferiore di questa superficie. L’estremit`a distale dell’omero, si adatta alle ossa dell’avambraccio nell’arti-colazione a ginglimo del gomito, `e espansa trasversalmente e presenta parti articolari e non articolari. La parte articolare si connette con il radio e con l’ulna a formare l’articolazione del gomito; `e divisa da un solco superficiale in una superficie convessa, laterale, il condilo, e in una mediale a puleggia, la troclea. La parte non articolare, invece, comprende gli epicondili mediale

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e laterale, e le fosse olecranica, coronoidea e radiale.

Figura 1.3: Visione posteriore di omero e scapola.

1.1.2

Complesso Articolare

Il cingolo scapolare, `e costituito da cinque articolazioni, che coopera-no nella produzione del movimento dell’arto superiore, rispetto al tronco. Queste articolazioni si dividono in due gruppi: il primo, comprende le ar-ticolazioni sinoviali in senso anatomico, in quanto si verifica un contatto di scivolamento cartilagineo tra due o pi`u superfici e sono la scapolo-omerale, l’acromio-clavicolare e lo sterno-costo-clavicolare; il secondo gruppo com-prende le articolazioni in senso meccanico, ovvero insieme di segmenti ossei vicini tra loro che scambiano forze e momenti e sono la sotto-deltoidea e

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la scapolo-toracica [2]. I due gruppi di articolazioni sono meccanicamente coordinati in quanto funzionano obbligatoriamente in simultanea, seguen-do proporzioni variabili in funzione dei movimenti eseguiti. L’articolazione sterno-clavicolare, `e un’articolazione sinoviale, situata all’estremit`a interna della clavicola e l’incisura clavicolare del manubrio sternale. La superficie ar-ticolare della clavicola `e rivestita di fibro-cartilagine ed `e assai pi`u grande, di quella che riveste la superficie articolare dello sterno. Questa articolazione `e convessa in senso verticale, e lievemente concava antero-posteriormente, per tale motivo rientra tra le articolazioni di tipo a sella. La superficie

clavicola-Figura 1.4: Articolazione sterno-clavicolare.

re si applica facilmente sulla superficie sterno-costale, in quanto la curvatura concava della prima si unisce alla curvatura convessa dell’altra e viceversa. Alla curvatura concava corrisponde un asse che `e perpendicolare nello spazio

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all’asse della curvatura concava; i due assi di ciascuna superficie coincido-no due a due, cosicch´e il sistema possiede due soli assi perpendicolari nello spazio. Come mostrato in Fig. 1.5, l’asse 1 corrisponde alla concavit`a della superficie clavicolare e permette i movimenti clavicolari nel piano orizzontale; l’asse 2 corrisponde alla concavit`a della superficie sterno-costale e permette i movimenti clavicolari nel piano verticale [2].

Figura 1.5: Articolazione sterno-clavicolare: (1)Superficie clavicolare; (2)Superfi-cie sterno-costale.

L’articolazione acromion-clavicolare, `e un’articolazione sinoviale, situata fra l’estremit`a acromiale della clavicola, e il margine mediale dell’acromion della scapola. Rientra tra le articolazioni ad artrodia, ovvero articolazione in cui le due superfici sono pianeggianti e consentono solo movimenti di sci-volamento dei due capi articolari, impedendo movimenti angolari; anche se in realt`a queste due superfici (scapolare e clavicolare) possono essere una

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lievemente convessa, e l’altra concava. Entrambe le superfici sono rivesti-te di fibro-cartilagine; quella clavicolare `e un’area stretta e ovale che guida in basso e lateralmente, sovrapponendosi a una faccetta corrispondente sul margine mediale dell’acromion. Tra le superfici articolari un disco fibro car-tilagineo, non sempre presente, occupa la parte superiore dell’articolazione; pi`u raramente divide l’articolazione in due cavit`a separate. La linea di giunto `

e obliqua e leggermente ricurva; questa curvatura particolare permette all’a-cromion di scorrere in avanti e indietro sull’estremit`a distale della clavicola, facendo si che la cavit`a glenoidea, si interfacci continuamente con la testa omerale. L’articolazione gleno-omerale (o scapolo-omerale), rientra tra le ar-ticolazioni sinoviali. Si tratta di enartrosi pluri-assiale a tre assi e tre gradi di libert`a, caratterizzata da tre superfici articolari sferiche: testa omerale, ca-vit`a glenoidea e cercine glenoideo. La testa dell’omero `e caratterizzata da un raggio di curvatura che decresce leggermente dall’alto al basso, inoltre `e con-traddistinta da una serie di centri di curvatura che sono allineati secondo una spirale lossodromica. La glena `e concava sia verticalmente che trasversalmen-te ma tale concavit`a `e minore della convessit`a della testa omerale, pertanto le due superfici non sono conformi; questa caratteristica di non conformit`a la rende l’articolazione pi`u mobile del corpo umano. Il cercine glenoideo `e una fibrocartilagine anulare, che si trova sul bordo glenoideo; la sua posizione le consente di aumentare leggermente la superficie della glenoide, aumentando cos`ı la sua concavit`a e migliorando la coincidenza delle superfici articolari

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[2]. Nella maggior parte delle posizioni, tuttavia, le due superfici articolari non sono perfettamente congruenti, per cui l’articolazione risulta lassa; una piena congruenza si raggiunge nella posizione di abduzione a 90°, nel mo-mento in cui la parte superiore della testa si inserisce nella cavit`a glenoidea. Tale posizione detta di bloccaggio o close packed position `e il punto in cui la zona di appoggio raggiunge il massimo di estensione e l’articolazione il mas-simo della stabilit`a. Dal punto di vista scheletrico, `e un’articolazione debole che dipende pi`u dal sostegno offerto dai muscoli circostanti o dalla presen-za di legamenti robusti che dalla sua conformazione ossea, il che spiega la frequenza con cui si verificano lussazioni. L’articolazione scapolo-toracica `e

Figura 1.6: Articolazione gleno-omerale. (A) Articolazione aperta, vista laterale; (B)Sezione frontale

un’articolazione falsa e principale, non si tratta di una vera articolazione dal punto di vista anatomico, ma lo `e in senso meccanico, essendo formata da

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una superficie ossea che ha un piano di movimento muscolare. Da un’anali-si anatomica topografica, anteriormente alla faccia ventrale della scapola, un’anali-si evince la presenza di un muscolo piatto detto muscolo sottoscapolare. Tale muscolo origina dalla faccia anteriore della scapola per inserirsi nella piccola tuberosit`a dell’omero, passando sotto il processo coracoideo. Funzionalmente l’articolazione scapolo toracica, pu`o essere assimilata ad una artrodia, poten-do realizzare movimenti traslatori e di spin ma non movimenti angolari. Uno dei compiti fondamentali di questa articolazione `e la sospensione della sca-pola, possibile grazie all’azione del trapezio e dell’elevatore della scasca-pola, coadiuvati dalla clavicola che si comporta come una leva. L’articolazione sotto-deltoidea `e un’articolazione falsa ed associata, comprende due superfi-ci di ssuperfi-civolamento date dalla membrana sinoviale, interposta tra il muscolo deltoide in superficie e dai muscoli della cuffia dei rotatori in profondit`a. Il deltoide `e un grande e potente muscolo che origina dal terzo laterale del mar-gine anteriore della clavicola, dall’apice e dal marmar-gine posteriore della spina della scapola. Sezionando orizzontalmente tale muscolo `e possibile vedere la superficie profonda del piano di scorrimento anatomico sottodeltoideo, forma-to dall’estremit`a superiore dell’omero e dalla cuffia di muscoli periarticolari. Tra tale superficie e la faccia profonda del deltoide, il piano di scorrimento anatomico cellulo-adiposo, include una borsa sierosa, la borsa sottodeltoidea. La presenza di tale borsa sierosa mette in relazione l’interazione tra la testa omerale e il ponte coraco-acromiale, consentendo lo scambio di forze. Questa

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articolazione `e legata meccanicamente alla gleno-omerale: ogni movimento della gleno-omerale provoca un movimento nella sottodeltoidea.

1.1.3

Movimenti del cingolo scapolare

I movimenti della clavicola, a livello dell’articolazione sterno-clavicolare e di quella acromio clavicolare, sono sempre accompagnati da movimenti del cingolo scapolare. L’articolazione acromio-clavicolare consente all’acromio e pertanto a tutto il complesso articolare della scapola, di slittare in avanti e indietro, e di ruotare sulla clavicola; l’ampiezza del movimento del cingolo scapolare viene, per`o, aumentata notevolmente dai movimenti concomitanti dell’articolazione sterno-clavicolare. L’analisi risulta pi`u chiara se si consi-derano i movimenti della scapola scomposti nelle loro componenti primarie, che sono: innalzamento e abbassamento; movimenti in avanti e indietro sulla parete toracica; rotazione laterale (cavit`a glenoidea guarda in alto) e media-le (cavit`a glenoidea guarda in basso) [3]. Nell’innalzamento, si produce un lieve grado di movimento angolare o di oscillazione a livello dell’articolazione acromio-clavicolare, ma l’estremit`a sternale della clavicola, ruotando attorno a un asse antero-posteriore che attraversa l’osso sopra l’attacco dell’estremit`a mediale del legamento costo-clavicolare, slitta in basso sopra la superficie del disco articolare; questo movimento viene contrastato dalla tensione dei mu-scoli antagonisti, dal legamento costo-clavicolare. E’ effettuato dal trapezio

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e dall’elevatore della scapola e, poich´e questi muscoli tendono a far ruota-re la scapola in diruota-rezioni opposte, ne pu`o risultare un semplice movimento verso l’alto (Fig.1.7). Nel movimento inverso (abbassamento), si compie un

Figura 1.7: Visione anteriore dell’articolazione sterno-costo-clavicolare: mostra il legamento costo-clavicolare(1) e il muscolo sottoclaveare(2). L’asse X, orizzontale e leggermente obliquo in avanti ed in fuori, corrisponde ai movimenti della clavicola nel piano verticale; l’asse Y, situato nel piano verticale, obliquo in basso e leggermete in fuori, corrisponde ai movimenti della clavicola nel piano orizzontale.

piccolo movimento angolare a livello dell’articolazione acromio-clavicolare, ma in corrispondenza di quella sterno-clavicolare la clavicola slitta verso l’al-to sul disco, il che viene ostacolal’al-to dalla tensione dei muscoli antagonisti e dai legamenti inter-clavicolari e sterno-clavicolari, e dal disco-articolare. Il movimento in avanti della scapola (protrazione) sulla parete toracica, si produce nei movimenti di proiezione in avanti e di spinta ed `e generalmente accompagnato da un certo grado di rotazione laterale. I muscoli antagonisti e i legamenti sterno-clavicolare anteriore e costo costo-clavicolare ostacolano

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lo scivolamento all’indietro dell’estremit`a sternale della clavicola. Nel movi-mento all’indietro della scapola (retrazione), come si compie nello stringersi nelle spalle, si eseguono movimenti inversi che, a livello dell’articolazione sterno-clavicolare, vengono bloccati dai legamenti sterno-clavicolare poste-riore e costo-clavicolare. Il trapezio e i romboidi sono i muscoli che iniziano il movimento, ma anche la forza di gravit`a pu`o determinare movimenti del-la scapodel-la all’indietro, quando nello sporgersi in avanti il peso del tronco si scarica lungo le braccia. La rotazione laterale della scapola (in senso antiora-rio) serve ad aumentare l’ampiezza dell’innalzamento dell’omero, girando la cavit`a glenoidea in modo che guardi quasi direttamente verso l’alto. Questo movimento `e, dunque, sempre accompagnato da un certo grado di innalza-mento dell’omero e di protrazione della scapola (Fig. 1.8). La rotazione della scapola comporta dei movimenti a livello delle articolazioni sterno-clavicolare e acromio-clavicolare. L’articolazione sterno-clavicolare permette l’elevazio-ne dell’estremit`a laterale della clavicola; questo movimento `e quasi completo con l’abduzione del braccio di 90°. Il movimento in corrispondenza dell’arti-colazione acromio-clavicolare si produce nei primi 30° di abduzione; da questo momento l’abduzione `e accompagnata da rotazione della clavicola in corri-spondenza dell’articolazione sterno-clavicolare attorno all’asse longitudinale dell’osso, e dall’ulteriore abbassamento della sua estremit`a mediale mentre quella laterale continua a innalzarsi. La rotazione mediale (in senso orario) si effettua grazie all’allungamento graduale del trapezio e del dentato anteriore.

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Figura 1.8: Abduzione dell’arto superiore con movimetno di rotazione laterale della scapola

Quando si richiede forza, i muscoli che per primi determinano la rotazione della scapola in posizione di riposo sono l’elevatore della scapola, i romboi-di e il piccolo pettorale. L’articolazione gleno-omerale del cingolo scapolare `

e multi-assiale, del tipo sferoidale, capace di una serie infinita di combina-zioni di oscillazione e rotazione molto ampie, tutti i movimenti analizzabili come rotazioni attorno a tre assi ortogonali. Questa articolazione permette i movimenti di flessione-estensione, abduzione-adduzione, rotazione interna ed esterna. La lassit`a della capsula articolare e la non congruenza delle su-perfici articolari, a causa delle grandi dimensioni della testa dell’omero in confronto a quelle della superficiale cavit`a glenoidea, consentono al cingolo scapolare una variet`a di movimento pi`u ampia di qualsiasi altra articolazione. Ciononostante, quando l’arto `e pendente, anche se regge un peso moderato,

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il sovraspinato, coadiuvato dagli stabilizzatori passivi (capsula fibrosa, lega-mento gleno-omerale, cercine glenoideo) impedisce lo spostalega-mento in basso della testa dell’omero rispetto alla cavit`a glenoidea. La flessione porta il braccio in avanti e il movimento si effettua attorno ad un asse che attraver-sa la testa dell’omero ad angolo retto con il centro della cavit`a glenoidea. L’abduzione e l’adduzione si compiono in un piano verticale, ortogonale al piano di flessione-estensione e l’asse passa orizzontalmente attraverso la testa dell’omero, parallelamente al piano della cavit`a glenoidea. La semplice abdu-zione allontana il braccio dal tronco portandolo in avanti e lateralmente nel piano del corpo della scapola. Tuttavia, se si considerano i movimenti dell’o-mero in rapporto al tronco, la flessione e l’estensione si effettuano nel piano sagittale, l’abduzione e l’adduzione nel piano frontale. Nella rotazione, inter-na o esterinter-na, l’omero ruota di circa un quarto di cerchio attorno ad un asse verticale; l’ampiezza del movimento `e massima con il braccio pendente lun-go il fianco, minima quando `e alzato verticalmente. Per stabilire l’ampiezza rotatoria dell’omero a livello dell’articolazione gleno-omerale, l’avambraccio dovrebbe essere flesso ad angolo retto in corrispondenza dell’articolazione del gomito. Nella circonduzione, risultante dalla sequenza dei movimenti ora de-scritti, l’estremit`a inferiore dell’omero descrive la base di un cono il cui apice si trova a livello della testa dell’osso, tuttavia questo movimento pu`o essere ampliato dai movimenti del cingolo scapolare.

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1.2

Ritmo scapolo-omerale

Il cingolo scapolare come precedentemente affermato `e un complesso di articolazioni che si muove in sincrono e secondo una precisa fisiologia ar-ticolare, che prende il nome di ritmo scapolo-omerale. Ad esempio, se si considera il movimento di abduzione, prendendo in azione solo l’articolazio-ne scapolo-omerale, esso `e molto limitato, in quanto i tubercoli omerali si incastrano con il margine superiore della cavit`a glenoidea quando l’omero ar-riva ai 90° di abduzione rispetto alla scapola. Per poter comprendere meglio il significato di ritmo scapolo-omerale, i movimenti di abduzione (Fig. 1.8) e flessione (Fig. 1.9) possono essere suddivisi in tre tempi; anche se questa distinzione, come vedremo pi`u avanti `e approssimativa. Primo tempo del-l’abduzione (da 0° a 90°): i muscoli motori sono essenzialmente il deltoide e i muscoli della cuffia dei rotatori. Questo primo tempo termina intorno ai 90°, quando l’articolazione scapolo-omerale `e nella posizione closed pack position; tuttavia una rotazione esterna, spostando il trochide indietro, ritarda questo blocco meccanico. Secondo tempo dell’abduzione (da 90° a 150°): i muscoli motori sono essenzialmente il trapezio e il gran dentato. Dopo aver raggiun-to i 90°, il movimento prosegue grazie all’azione del cingolo scapolare che consente di ampliare il movimento di 60° (30° legati all’intervento dell’artico-lazione sterno-costo-clavicolare e 30° dovuti all’intervento dell’articolazione acromion-clavicolare). Terzo tempo dell’abduzione (da 150° a 180°): per

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poter raggiungere la posizione verticale `e necessario l’intervento del rachide [2].

Figura 1.9: Flessione sul piano sagittale dell’arto superiore

Per quanto riguarda la flessione i tre tempi sono cos`ı suddivisi: da 0° a 60° il movimento `e regolato dall’articolazione scapolo-omerale e i muscoli motori sono il deltoide, il coraco brachiale ed il gran pettorale; da 60° a 120° la flessione `e eseguita dal complesso scapolo-toracico, e i muscoli motori sono il grande dentato ed il trapezio. Si tratta di una rotazione assiale, in cui le articolazioni sterno-costo-clavicolare e acromion-clavicolare, partecipano ciascuna per 30°; infine da 120° a 180° poich´e il movimento `e bloccato dalla scapolo omerale e dalla scapolo-toracica, deve intervenire il rachide[2]. Come gi`a citato questa distinzione `e approssimativa, in quanto in realt`a, i muscoli coinvolti in questi movimenti sono concatenati e la scapola inizia a ruotare gi`a molto prima che l’omero raggiunga il suo blocco naturale. Durante il movimento di abduzione o di flessione nel piano sagittale, l’omero e la

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pola mantengono un certo rapporto di movimento, studiato e quantificato radio-graficamente e attraverso l’uso di tecniche tridimensionali. Sono stati sviluppati diversi studi per esaminare l’elevazione dell’articolazione gleno-omerale nel piano scapolare. Ad esempio in uno studio eseguito da Inman il ritmo scapolo-omerale `e stato descritto mediante un rapporto 2:1 (una flessione o abduzione di 90° viene eseguita approssimativamente, attraverso 60° di movimento gleno-omerale e 30° di movimento scapolo-toracico). Mc-Quade e Smidt hanno dimostrato che durante l’elevazione omerale, il ritmo scapolo-omerale cambia sia a seconda della fase di elevazione, che in base alla quantit`a di carico esterno sul braccio. Per un’elevazione senza carico, il rapporto varia da 7.9:1 a 2.9:1; per un’elevazione con carico leggero, da 3.1:1 a 4.3:1; mentre per un’elevazione con carico elevato, da 1.9:1 a 4.5:1 [4]. Nelle diverse ricerche eseguite, i risultati per il ritmo scapolo-omerale variano a seconda del tipo di tecnica di misura utilizzata. Tuttavia, la relazione tra movimento gleno-omerale e scapolo-toracica `e generalmente considerata 2:1. Il ritmo scapolo-omerale, rappresenta quindi, un movimento armonico in cui intervengono tutte le articolazioni e tutti i muscoli del complesso articolare della spalla.

(33)

Ricostruzione della cinematica

della spalla

2.1

Socket-ball

In molti modelli realizzati per la ricostruzione cinematica dell’arto su-periore, il cingolo scapolare viene modellato tramite un socket-ball, giunto sferico a 3 DOFs. Nel 2001, Prokopenko et al. [5] hanno valutato un modello dell’arto superiore a 7 DOFs dove la spalla `e implementata come socket-ball, mediante un sistema di analisi del movimento elettromagnetico; approcci e risultati simili sono stati ottenuti da Biryukova [6], Hingtgen [7] e Rab [8]. Il modello socket-ball semplifica il comportamento biomeccanico del cingolo scapolare alla sola cinematica dell’articolazione gleno-omerale, trascurando

(34)

i movimenti di traslazione (anteposizione, retro-posizione, elevazione ed ab-bassamento), ottenuti dal contributo scapolare. Il modello socket-ball viene rappresentato mediante polso sferico. Quest’ultimo `e composto da tre coppie rotoidali a un grado di libert`a ciascuna, che consentono di simulare i mo-vimenti di flesso-estensione, abduzione-adduzione, rotazione interna-esterna dell’arto superiore.

Figura 2.1: Polso sferico

Per poter determinare la posizione assunta dall’end-effector (nel caso in esa-me rappresentato dalla troclea), note le configurazioni dei giunti, `e necessario effettuare l’analisi cinematica di tale modello. Di seguito viene riportata la procedura di Denavit Hartenberg (DH), metodo generale e sistemico, che consente di ottenere la posizione e orientamento della terna utensile (solidale alla troclea) rispetto alla terna base (solidale al cingolo scapolare). Solita-mente i giunti vengono numerati da 0 a n, partendo dal giunto solidale al primo segmento corporeo ed arrivando all’end-effector. Poich´e il polso sferi-co, viene solitamente connesso all’estremit`a di una struttura portante, di un

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manipolatore a 6 DOFs, le variabili di giunto sono indicate con numerazione progressiva a partire da 4, come tipicamente presente in letteratura. Inoltre il polso pu`o essere definito sferico solo se gli assi delle tre coppie rotoidali si intersecano nello stesso punto W, definito centro del polso [9]. Il primo passo, secondo la convenzione di DH, consiste nel fissare dei sistemi di rife-rimento (SDR) solidali ad ogni link (segmento corporeo), seguendo precise regole. Per definire la terna i, assumendo che l’asse i sia l’asse del giunto che connette il link i-1 al link i, si procede nel seguente modo:

• Si sceglie l’asse zi giacente lungo l’asse del giunto i+1 ;

• Si individua Oinel punto d’intersezione tra l’asse zie la normale comune

agli assi zi-1 e zi;

• Si indica, con Oi’ l’intersezione della normale comune con l’asse zi-1;

• Si assume l’asse xi diretto lungo la normale, comune agli assi zi e zi+1

con verso positivo dal giunto i al giunto i+1 ;

• Si sceglie l’asse yi in modo da completare la terna levogira.

Il secondo passo per la convenzione DH, necessario per individuare posizione e orientamento della terna i, rispetto alla terna i-1, `e definire i seguenti parametri:

• ai, distanza tra zi-1 e zi lungo l’asse xi;

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• di, distanza tra xi-1 e xi misurata lungo la direzione zi-1;

• αi, angolo intorno all’asse xi, tra l’asse zi-1 e l’asse zi valutato positivo

in senso antiorario;

• θi, angolo intorno all’asse zi tra l’asse xi-1 e l’asse xi valutato positivo

in senso antiorario.

Figura 2.2: Parametri cinematici di Denavit-Hartenberg

Le operazioni sopra citate sono illustrate in Fig.2.2 I parametri ai e αi

so-no sempre costanti e dipendoso-no soltanto dalla geometria di connessione dei giunti consecutivi; per quanto riguarda θi e di, solamente uno `e variabile e

dipende del tipo di giunto utilizzato per connettere il link i-1 al link i. Nel seguente caso essendo tutti i giunti rotoidali il parametro che varia `e θi con

i =4,5,6. Con riferimento alle terne indicate in Figura 2.1, i parametri della convenzione DH, relativi al polso sferico, sono specificati in tabella 2.1. A questo punto `e possibile calcolare le matrici di trasformazione, in coordi-nate omogenee, tra i vari sistemi di riferimento:

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Tabella 2.1: Tabella DH per polso sferico Braccio ai αi di θi 4 0 -π/2 0 θ4 5 0 π/2 0 θ5 6 0 0 d6 θ6 A43 =            c4 0 −s4 0 s4 0 c4 0 0 −1 0 0 0 0 0 1            A54 =            c5 0 s5 0 s5 0 −c5 0 0 1 0 0 0 0 0 1            A65 =            c6 −s6 0 0 s6 c6 0 0 0 0 1 d6 0 0 0 1           

Dove con c viene indicato il coseno, mentre con s il seno dei vari angoli θi.

Moltiplicando le singole trasformazioni omogenee `e possibile ottenere la ma-trice di trasformazione che fornisce posizione e orientamento della terna 6 (troclea) rispetto alla terna 3 (cingolo scapolare):

T63 = A43A54A65 =            c4c5c6− s4s6 −c4c5s6− s4c6 c4s5 c4s5d6 s4c5c6+ c4s6 −s4c5s6+ c4c6 s4s5 s4s5d6 −s5c6 s5s6 c5 c5d6 0 0 0 1            30

(38)

2.2

Modello bi-articolare

Come gi`a descritto nel paragrafo precedente, il modello socket-ball non tiene conto del contributo scapolare, che risulta invece essenziale per un mo-nitoraggio pi`u accurato del movimento dell’arto superiore. Da qui la neces-sit`a di realizzare modelli bi-articolare, in grado di replicare sia i movimenti scapolo-toracici che gleno-omerali. Un esempio rilevante `e il lavoro di Cutti et al. [10] che ha sviluppato un modello bi-articolare utilizzando tre inertial measurement units (IMUs), posizionati su braccio, sterno e scapola. Succes-sivamente, De Rossi e Veltink, per migliorare l’analisi del movimento umano, hanno proposto un approccio, basato sulla fusione di dati derivanti da sensori inerziali e di strain [10]. In questo lavoro di tesi, viene analizzato un modello bi-articolare, proposto da Lorussi et al [1], in grado di stimare la cinematica del cingolo scapolare, includendo l’interazione tra le due articolazioni (gleno-omerale e scapolo-toracica) attraverso un vincolo, che rappresenta il ritmo scapolo-omerale.

2.2.1

Strumentazione: dispositivi wearable

Il modello `e progettato per fondere i dati acquisiti da dispositivi weara-ble, integrando le informazioni ottenute dai sensori IMU, con le informazioni acquisite dai sensori KPF (Knitted Piezoresistive Fabrics). Questi dispositi-vi sono stati integrati in una maglia sensorizzata, appositamente prodotta e

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testata in precedenti applicazioni cliniche [11, 12].

IMU (Inertial Measurement Units)

I sensori inerziali hanno assunto un ruolo importante nell’ambito del-l’analisi del movimento, essendo strumenti di misura economici, pratici, di dimensioni e peso ridotti. Il grande vantaggio di questi sensori `e quello di poter essere utilizzati anche in ambiente non strutturato, per un periodo di tempo prolungato, senza la necessit`a di dover effettuare le misure all’inter-no di un laboratorio. Gli IMU soall’inter-no costituiti da giroscopi e accelerometri triassiali MEM (Microelectronic Mechanical Systems). Spesso si aggiunge alla piattaforma IMU anche un magnetometro triassiale MEM, per fornire un orientamento assoluto del sensore; tale configurazione prende il nome di: MIMUs (Magnetic and Inertial Measurement Units). Gli accelerometri sono sensori che si basano sulla seconda legge di Newton F=Ma, in cui nota la massa mobile M `e possibile calcolare l’accelerazione attraverso la misura elet-trica della forza inerziale che causa lo spostamento della massa. I giroscopi sono sensori in grado di misurare la velocit`a angolare con cui si muove una massa libera di vibrare. La velocit`a angolare `e calcolata a partire dalla misu-ra della deformazione dovuta alla vibmisu-razione secondaria indotta dalla forza di Coriolis. Infine il magnetometro triassiale `e in grado di misurare la direzione del campo magnetico che lo circonda, fornendo il vettore di riferimento che punta verso il nord magnetico. Al fine di valutare i relativi dati biomeccanici,

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i vari MIMUs vengono posizionati sui diversi segmenti corporei d’interesse. Le informazioni di ogni sensore, di cui il MIMU `e costituito, vengono elabo-rate dal software di gestione del dispositivo, mediante un algoritmo basato sul filtro di Kalman implementato dal software stesso (vedi Fig 2.3).

Figura 2.3: Principio di funzionamento di ogni unit`a IMU.

KPF (Knitted Piezoresistive Fabrics)

E’ un sensore tessile realizzato con un sottile strato di materiale piezoresi-stivo, il cui spessore `e trascurabile rispetto alla sua lunghezza e larghezza. Le sue caratteristiche sono la flessibilit`a e la capacit`a di mantenere le propriet`a meccaniche del tessuto sul quale `e applicato. Tali sensori vengono applicati su un substrato aderente al corpo, e in seguito a movimenti articolari su-biscono una deformazione che `e correlata ad una variazione della resistenza elettrica [13]. Il funzionamento del sensore si basa sulle seguenti assunzioni:

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2. la resistivit`a del materiale (ρ), `e costante [14].

Figura 2.4: KPF a singolo strato

Sotto queste ipotesi, si dimostra che la resistenza elettrica RSL, del campione

di lunghezza l, `e funzione della curvatura totale attraverso la relazione:

RSL= l ρ dh − ρ d∆α + O(sups∈(0,l)k(s 2)) = l2 ρ V0 − ρ d∆α + O(sups∈(0,l)k(s 2)) (2.1) in cui V0 `e il volume del campione, d il suo spessore, ∆ α `e l’angolo

com-preso tra i piani tangenti alle estremit`a del sensore, h0 `e lo spessore iniziale

del campione, s `e la lunghezza d’arco del lato del sensore parametrizzato e O(supk(s)2) `e la funzione di secondo ordine infinitesimale che tende a zero

se la curvatura k(s)→0. Per verificare la linearit`a della caratteristica elet-tromeccanica del sensore di strain, sono state condotte prove ripetute di allungamento/accorciamento, dalle quali `e emerso un comportamento quasi lineare. [14].

(42)

2.2.2

Realizzazione del modello

La scapola e l’omero si muovono contemporaneamente in un preciso rap-porto: il ritmo scapolo-omerale (vedi paragrafo 1.2). In forma matematica questo rapporto pu`o essere rappresentato mediante le seguenti equazioni:

         Γa= 112Γarm 0o≤ Γarm ≤ 110o Γa= Γarm− 90 110o ≤ Γarm ≤ 150o (2.2) Φa= 1 2Φarm (2.3) Θa= 1 2Θarm (2.4)

Dove Γarm, Φarm e Θarm rappresentano, rispettivamente, gli angoli di

abdu-zione, flessione sul piano sagittale e flessione sul piano orizzontale dell’arto superiore; mentre Γa, Φa e Θa descrivono i rispettivi angoli di movimento

del-la scapodel-la. La meccanica deldel-la spaldel-la `e influenzata dalla struttura del corpo di un determinato soggetto, pertanto queste relazioni sono solo un’approssi-mazione che pu`o portare a errori significativi. Tuttavia, in questo modello, vengono usate come punto di partenza per migliorare la stima della cinema-tica della spalla nel singolo individuo. I dati vengono acquisiti da due IMU (MTw prodotti da XSens [15]), posizionati su sterno e troclea, e un sensore

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di strain KPF posizionato sulla scapola e disposto trasversalmente partendo dal rachide, come mostrato in Fig.2.5. Dai due IMU si ottengono informa-zioni sull’orientamento della troclea rispetto allo sterno; mentre dal sensore di strain KPF si acquisiscono informazioni sul movimento della scapola, in quanto la deformazione del tessuto causata da tale movimento `e responsabi-le di una variazione della resistenza eresponsabi-lettrica del sensore. Quest’ultima per piccoli allungamenti, pu`o essere approssimata come funzione lineare della lunghezza del sensore (l) e della curvatura (∆α):

R = k1l − k2∆α (2.5)

Dove k1, k2 sono costanti positive che dipendono dalle propriet`a del tessuto.

Data la configurazione del sensore KPF mostrata in Fig.2.5, in questo lavoro pu`o essere trascurato il contributo della curvatura ∆α.

2.2.3

Parametri del modello

Grazie a questo modello si ottiene una funzione che descrive la traiettoria tridimensionale della troclea, sfruttando le uscite dei sensori di IMUs e del

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Figura 2.5: Disposizione dei sensori di strain e IMUs. Il sistema `e completato con i marker del sistema di acquisizione ottica, considerato come gold stan-dard, essendo il sistema di misura pi`u accurato nell’ambito dell’analisi del movimento

sensore di strain, espressa come:

F =        θarm ψarm R        7−→        XT r YT r ZT r        (2.6)

Dove Θarm e Ψarm sono rilevati attraverso i 2 IMUs e descrivono

rispetti-vamente l’angolo di flessione sul piano orizzontale e l’angolo di movimen-to dell’armovimen-to superiore. A seconda del valore di Θarm cambia il piano di

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• piano frontale (movimento di abduzione) se Θarm=90o, in tal caso Ψarm

corrisponde a Γarm nell’Eq. 2.2;

• piano sagittale (movimento di flessione) se Θarm=0o, in tal caso Ψarm

corrisponde a Φarm nell’Eq. 2.3.

Infine R indica l’uscita del sensore di strain; e XTr, YTr, ZTr sono le

coordina-te della troclea, valutacoordina-te rispetto al siscoordina-tema di coordinacoordina-te posizionato sullo sterno, preso come sistema di riferimento (vedi Fig.2.6). Supponendo che la traiettoria dell’acromion descriva un arco ellittico, le sue coordinate possono essere espresse mediante l’equazione di una traiettoria ellittica in coordinate sferiche:        XAcr YAcr ZAcr        =        A10+ A11 cos(ψa) sin(θa) A20+ A21 sin(ψa) sin(θa) A30+ A31 cos(θa)        (2.7)

Dove A10, A20, A30 sono le coordinate del centro dell’ellissoide,

contenen-ti le traiettorie dell’acromion, rispetto al sistema di riferimento posizionato sullo sterno, mentre A11, A21, A31 sono i semiassi di tale ellissoide. θa e Ψa

sono le due variabili che descrivono l’orientamento della scapola rispetto allo sterno e sono in relazione con θarm e Ψarm attraverso il meccanismo del ritmo

scapolo-omerale. La traiettoria della troclea viene rappresentata come una cicloide generalizzata, con raggio costante pari alla lunghezza dell’omero e

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Figura 2.6: SDR fissati rispetto allo sterno

con centro che si muove sull’ellisse percorsa dalla testa omerale. Supponendo che il centro di rotazione della testa omerale sia in posizione fissa rispetto all’acromion e considerando che la posizione reciproca tra troclea e il centro di rotazione dell’omero rimanga invariata, le coordinate della troclea, riferi-te rispetto al sisriferi-tema di riferimento posizionato sullo sriferi-terno, possono essere espresse come:        XT r YT r ZT r        =       

B1+ XAcr+ Dht cos ψarm sin(θarm)

B2+ YAcr+ Dht sin ψarm sin(θarm)

B3+ ZAcr+ Dht cos(θarm)

       (2.8)

(47)

testa omerale rispetto al sistema di riferimento sull’acromion e Dht

rappre-senta la distanza tra il centro della testa omerale e la troclea. Supponendo che B1, B2, B3 siano trascurabili rispetto ad A10, A20, A30 (confrontabili con

la dimensione della scapola), combinando le Eq. 2.7 e 2.8 si ottiene:

       XT r YT r ZT r        =       

A10+ A11 cos(ψa) sin(θa) + Dht cos ψarm sin(θarm)

A20+ A21 sin(ψa) sin(θa) + Dht sin ψarm sin(θarm)

A30+ A31 cos(θa) + Dht cos(θarm)

       (2.9)

Per tener conto della relazione tra movimento scapolare (θa, Ψa) e

gleno-omerale (θarm, Ψarm), il modello meccanico proposto nell’equazione Eq.2.9

pu`o essere combinato con le equazioni 2.2, 2.3 e 2.4. Inoltre, `e possibile introdurre le informazioni della resistenza R, derivate dal sensore di strain posto sulla scapola: supponendo che il comportamento del sensore sia lineare, il suo valore pu`o essere correlato alla posizione dell’acromio rispetto al sistema di riferimento dello sterno:

                   Rx = c01+ c11XAcr Ry = c02+ c12YAcr Rz = c03+ c13ZAcr (2.10)

Dove c01, c11, c02, cc12, cc03 e cc13 sono parametri anatomici, che dipendono

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dalla struttura del corpo della persona che indossa la maglia sensorizzata. Quest’ultima equazione aumenta il costo computazionale del sistema per il calcolo di F, tuttavia rafforza la relazione tra il movimento del cingolo scapolare e movimento della scapola.

2.2.4

Funzione costo

I parametri Aij,cij(con i = 1, 2, 3 e J = 0, 1) e Dht, essendo dati anatomici,

sono incogniti per il modello e vengono identificati mediante la minimizza-zione della seguente funminimizza-zione costo, che esprime l’errore quadratico medio calcolato separatamente sulle tre coordinate della troclea:

G = Z I  XT r− ˜XT r 2 +YT r− ˜YT r 2 +ZT r− ˜ZT r 2 dI (2.11)

Con dominio di integrazione:

I = {θarm= 0, Ψarm ∈ [0, 120◦]} ∪ {θarm = 90◦, Ψarm ∈ [0, 150◦]} (2.12)

Dove ˜XTr, ˜YTr e ˜ZTr sono le coordinate reali della troclea ottenute

median-te l’utilizzo di un sismedian-tema ottico, essendo quest’ultimo il sismedian-tema di misura pi`u accurato nell’ambito dell’analisi del movimento. La minimizzazione del-la seguente funzione viene eseguita tramite il metodo dei moltiplicatori di Lagrange, sotto i vincoli forniti dalle equazioni 2.2, 2.3, 2.4 e 2.10.

(49)

Ottenu-ti i parametri otOttenu-timi, `e possibile determinare definitivamente la funzione F che descrive un modello bi-articolare paziente specifico. La creazione di tale funzione, attraverso l’identificazione dei vari parametri, deve quindi essere eseguita sui diversi soggetti che indossano la maglia sensorizzata, utilizzando la configurazione di misura descritta.

(50)

Capitolo 3

Strumentazione

In questo lavoro di tesi, i dati necessari all’implementazione del modello bi-articolare, sono ottenuti, grazie all’utilizzo di due sensori IMU, apparte-nenti alla tecnologia xSens MTw. Mentre per validare l’analisi del movimen-to, `e stato utilizzato, il sistema ottico Smart-DX prodotto da BTS Bioen-gineering. Di fatto i protocolli dell’analisi del movimento, basati su sensori inerziali, devono essere validati utilizzando un sistema ottico, in modo da po-ter fornire informazioni clinicamente significative. Questi sistemi ottici sono i sistemi di misura pi`u accurati nell’ambito dell’analisi del movimento e per tale motivo vengono considerati come gold standard.

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3.1

Tecnologia Xsens

L’xSens MTw `e un sensore di precisione per la misurazione dell’orienta-mento dei segmenti del corpo umano, grazie alla presenza di accelerometri 3D, giroscopi 3D, e magnetometri 3D [16]. Fornisce in tempo reale tutte le informazioni registrate dai sensori con una risposta estremamente dinamica che rimane stabile nel tempo. Il processore incorporato gestisce il campiona-mento, il buffering, la calibrazione e l’integrazione dei dati inerziali nonch´e il protocollo della rete wireless per la trasmissione dei dati. Il filtro Kalman Xsens presente nei dispositivi MTw fornisce il loro orientamento in tempo reale e i dati calibrati dell’accelerazione lineare 3D, della velocit`a angolare, del campo magnetico e della pressione atmosferica. Una delle caratteristiche

(a) Motion Tracker (b) Stazione Awinda

Figura 3.1: Tecnologia Xsens

uniche del sensore MTw `e il protocollo Awinda, che garantisce la sincroniz-zazione temporale dei dispositivi attraverso rete wireless. Con Awinda, i

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dati sono inizialmente campionati a 1800 Hz, successivamente vengono sotto campionati a 600 Hz e mediante l’utilizzo di Strap Down Integration (SDI), vengono trasmessi alla stazione di Awinda. Per applicazioni in tempo reale, ci`o significa che l’accuratezza viene preservata anche se i pacchetti di dati vengono persi. Per l’elaborazione e l’analisi, significa che non ci sono dati mancanti. I dati bufferizzati del MTw vengono messi a disposizione dell’host (PC) in uno schema di trasmissione configurabile, che permette lo scorri-mento di tali dati all’host quando la larghezza di banda `e tale da permettere la trasmissione [16]. La stazione Awinda controlla la ricezione dei dati pro-venienti da tutti i sensori MTw collegati in modalit`a wireless; pu`o ricevere dati da 32 Mtw e caricare contemporaneamente dati provenienti da 6 MTw [16]; per attivarsi, deve essere collegata alla porta USB del PC (Fig 3.2). Sul retro della stazione sono presenti diverse connessioni hardware utili per la sincronizzazione I/O con altri dispositivi esterni. Grazie ad un’interfaccia software (MT Manager) `e possibile settare le impostazioni di sincronizzazio-ne, ad esempio la scelta del segnale trigger come fronte in salita o in discesa. MT Manager `e il software che gestisce la connessione tra la stazione di Awin-da e gli MTxs, utilizzato per la visualizzazione, registrazione ed estrazione dei dati inerziali. Inoltre mette a disposizione dei codici, che gli permettono di interfacciarsi con altri software, come ad esempio Matlab.

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Figura 3.2: Hardware del MTw Development kit

3.1.1

Sistema di coordinate del sensore MTw

Tutti i dati calibrati provenienti dal sensore (accelerazione, velocit`a di ro-tazione, campo magnetico terrestre), vengono letti in relazione ad un sistema di riferimento cartesiano, costituito da una terna levogira, posizionata come in Figura 3.3. Questo sistema di coordinate `e fissato al corpo del dispositivo ed `e definito come il sistema di riferimento S del sensore. Per favorire un riscontro immediato e consentire una maggiore usabilit`a, il sistema di coor-dinate `e allineato al sistema di coordinate del case esterno con una precisione <3°. Dunque, per ogni movimento del sensore nello spazio 3D, si avr`a un uguale movimento e orientamento della terna S. Anche gli assi del sistema di riferimento non sono perfettamente perpendicolari tra loro, avendo circa una precisione <0.1°. Questo limite di accuratezza, implica che le letture dei dati di accelerazione lineare, tasso di rotazione dei giroscopi e campo magnetico, saranno tutte letture ortogonali XYZ con una precisione <0.1°. Il sensore MTw calcola l’orientamento tra il sistema di coordinate fissato sul sensore

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Figura 3.3: Sistema di riferimento S del sensore MTw.

(S) e il sistema di coordinate globale (G). Di default il sistema globale `e definito come una terna levogira nel sistema cartesiano con:

• X positivo che punta verso il nord magnetico locale;

• Y in accordo con la regola della mano destra (punta verso ovest); • Z positiva che punta verso l’alto.

L’orientamento 3D ottenuto in uscita `e definito come l’orientamento tra il sistema fisso di coordinate legate al sensore S e il sistema di coordinate globale G (figura 3.4). Come accennato in precedenza, l’orientamento del sensore MTw viene calcolato tenendo conto del nord magnetico locale. Lo scarto tra il nord magnetico locale e il nord vero, conosciuto come declinazione magnetica, varia a seconda delle posizione geografica sulla terra e pu`o essere approssimativamente ottenuto da vari modelli del campo magnetico terrestre, in funzione della latitudine e longitudine.

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Figura 3.4: Sensore MTw e sistema di riferimento Globale

3.1.2

Output del sensore MTw

Il sensore MTw pu`o fornire in uscita il suo orientamento sotto forma di: quaternioni, angoli di Eulero (roll, pitch, yaw) e matrici di rotazione. Tutta-via nell’implementazione del modello bi-articolare, eseguita in questo studio, la rappresentazione dei dati forniti dal sensore in termini di matrici di ro-tazione rappresenta la scelta pi`u comoda; per tanto ad ogni lettura dei dati forniti dal sensore, verr`a considerata solo tale matrice. La matrice di rotazio-ne costituisce una rappresentaziorotazio-ne ridondante e completa, che consente di esprimere l’orientamento delle terna fissata sul sensore S, rispetto al sistema

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di riferimento G. RGS =       

cos \XGXS cos \XGYS cos \XGZS

cos \YGXS cos [YGYS cos \YGZS

cos \ZGXS cos \ZGYS cos \ZGZS

       (3.1)

3.2

Sistemi ottici: BTS SMART

SMART `e il sistema di analisi del movimento progettato da BTS, si com-pone da una serie di telecamere digitali di nuova concezione, che utilizzano sensori a elevata sensibilit`a e illuminatori dal design innovativo e funzionale. L’elevata potenza di irraggiamento di tali illuminatori, combinata all’alta ri-soluzione della telecamera, aumenta il volume di lavoro e consente la cattura di movimenti rapidi e impercettibili. Il sistema optoelettronico BTS SMART DX, si completa con una ’station’ per l’integrazione, la sincronizzazione e la gestione di tutte le informazioni cinematiche, elettromiografiche e video pro-venienti da dispositivi collegati (pedane di forza, elettromiografi, telecamere 2D). Per ottenere i dati cinematici, il sistema optoelettronico `e supportato da appositi software forniti da BTS stesso. I programmi sono essenzialmente tre: Smart Capture, Smart Tracker e Smart Analyzer.

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Markers

Per riconoscere e quindi analizzare la posizione nel tempo dei segmenti corporei in movimento, si utilizzano comunemente dei markers. Questi sono dispositivi che devono essere posizionati il pi`u aderente possibile alla super-ficie corporea, in particolari punti di repere, in modo da essere facilmente riconosciuti dal sistema ottico. Esistono diverse tipologie di marcatori fisici in base alle specifiche applicazioni; per lo pi`u si distinguono in:

• marcatori attivi: costituiti da LED (light-emitted diodes) e che quindi generano un segnale luminoso, senza la necessit`a di avere un illumina-tore esterno; sono immediatamente riconoscibili, ma richiedono un’a-limentazione locale via cavo che spesso ne riduce l’impiego in molte applicazioni;

• marcatori passivi: sono costituiti da un supporto in materiale plastico e da una sfera ricoperta di materiale catarifrangente; la sfericit`a rappre-senta la geometria migliore per la riflessione dei raggi infrarossi, emessi dagli illuminatori presenti nelle telecamere (Fig.3.5).

Figura 3.5: Esempi di marcatori passivi

(58)

Telecamere e sensori

I sistemi optoelettronici lavorano nel campo dell’infrarosso catturando i riflessi generati dai markers. Le fonti di illuminazione sono generalmente po-ste attorno agli obbiettivi di ciascuna telecamera e i riflessi vengono catturati dalle telecamere stesse attraverso dei sensori a fotodiodi, che trasducono il segnale luminoso in segnale elettrico. Le due tipologie principali di sensori sono:

• CCD (Charge Coupled Device): consiste in un circuito integrato for-mato da una griglia di elementi semiconduttori in grado di accumulare una carica elettrica proporzionale all’intensit`a della radiazione elettro-magnetica che li colpisce. Questi elementi sono accoppiati in modo che ognuno di essi, sollecitato da un impulso elettrico, possa trasferire la propria carica ad un altro elemento adiacente. Inviando al dispositivo una sequenza temporizzata d’impulsi, si ottiene in uscita un segna-le esegna-lettrico grazie al quasegna-le `e possibile ricostruire la matrice dei pixel che compongono l’immagine proiettata sulla superficie del CCD stes-so. Il segnale arriva all’esterno del chip attraverso un nodo di uscita analogico. Tale sistema permette di dedicare tutta l’area del senso-re alla cattura della luce, aumentando la qualit`a dell’immagine risul-tante, ma ha bisogno, a monte della videocamera di un convertitore analogico-digitale.

(59)

• CMOS (Complementary Metal Oxide) questi dispositivi, invece sono caratterizzati dal fatto che ogni pixel della matrice `e dotato del proprio sistema di conversione da carica a tensione. Il circuito di digitaliz-zazione `e solitamente integrato e ci`o permette di realizzare sensori di minore dimensione. Tuttavia, queste funzionalit`a riducono l’area sen-sibile totale per la cattura della luce a discapito di una minor qualit`a risultante. Ormai da una decina d’anni i sensori CMOS sono diventati commercialmente convenienti e con prestazioni paragonabili ai CCD.

Grazie all’utilizzo combinato di illuminatori e markers riflettenti, il sistema `

e in grado di generare immagini ad alto contrasto, dove `e facile identificare i markers. Durante l’acquisizione, per non perdere informazione sulla posi-zione dei marcatori, ciascuno di essi deve essere inquadrato da almeno due telecamere.

Figura 3.6: Telecamere BTS

(60)

3.2.1

Smart Capture

E’ la parte software che permette l’acquisizione delle immagini, che poi dovranno essere analizzate. Una volta avviato il programma, effettua una verifica delle telecamere collegate al calcolatore e permette di vedere il campo di acquisizione di ognuna. E’ quindi possibile migliorare la loro disposizione a seconda dell’acquisizione che si deve svolgere, per poi passare alla calibrazione del sistema. In particolare il software Smart-DX prevede una procedura di calibrazione compiuta in due passi:

1. Si acquisisce la posizione di una terna levogira costituita da tre barre perpendicolari: x, y e z; ognuna delle quali contiene dei markers posti a distanza nota, in questo modo il laboratorio di analisi viene dotato di un sistema di riferimento globale assoluto.

2. Una bacchetta sulla quale sono posti markers a distanza nota viene mossa all’interno del volume di interesse in modo che il sistema indi-vidui i confini del volume di lavoro. Quest’ultimo `e definito come lo spazio fisico in cui verranno compiuti i movimenti.

Solo avendo a disposizione questi parametri geometrici `e possibile effettuare la ricostruzione tridimensionale dei punti di interesse. I parametri di cali-brazione stabiliscono una trasformazione di coordinate, dal sistema assoluto al sistema di riferimento della telecamera localizzato nel suo centro di pro-spettiva. Una volta ricostruita la posizione 3-D di ciascun marker ad ogni

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istante di tempo, si procede con il calcolo della sua traiettoria durante il mo-vimento analizzato. Infatti oltre alla struttura di acquisizione, un sistema di analisi del movimento deve essere supportato da dei software di elaborazione per la rilevazione dei marcatori e la ricostruzione della loro posizione (Smart Tracker).

3.2.2

Smart Tracker

Permette la ricostruzione della posizione tridimensionale di ogni marker, a partire dalle immagini bidimensionali di ogni telecamera. Attraverso un editor interno si pu`o creare il proprio modello di interesse che poi andr`a as-sociato ad ogni acquisizione. Definito il modello, `e possibile assegnare ad ogni acquisizione, sia statica che dinamica, il nome di ogni marker rilevato: fase di labelling. A questa fase segue quella di tracking, operazione che pu`o essere fatta automaticamente dal software. Viene ricostruita la traiettoria del marker, collegando la sua posizione in due frame successivi; tale processo si basa su algoritmi che utilizzano stimatori ricorsivi dello stato dei sistemi dinamici. Il tracking automatico tuttavia pu`o portare a diversi errori: fusio-ne di markers in frame succesivi; alcuni markers possono non essere rilevati; perdita delle informazioni dei markers e labelling con dei markers fittizi. Que-sti problemi, che possono causare una deformazione del modello, si risolvono effettuando un tracking manuale, in cui si possono settare diversi parametri,

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procedendo a varie operazioni ’taglia-cuci’.

3.3

Disposizione dei sensori

I dati in ingresso al modello bi-articolare, sono stati acquisiti da due sen-sori inerziali e da un sensore di strain (Cap. 2.2). Tuttavia allo scopo di verificare la configurazione migliore del sensore di strain, per una costruzione accurata del movimento del cingolo scapolare, nell’ambito di questo lavoro di tesi, il KPF `e stato simulato attraverso due marker. La scelta sulla posizione di tali markers, `e stata effettuata sapendo che i dati forniti dal sensore di strain, utilizzati nel modello bi-articolare, sono utili per misurare i movimen-ti traslatori della scapola. Per tale momovimen-tivo, un marker `e stato posizionato sull’acromion in modo da poter seguire tali movimenti; l’altro `e stato posi-zionato sul rachide, che corrisponde ad un punto fisso rispetto alla scapola. Da questa configurazione siamo in grado di riprodurre le variazioni della lunghezza del sensore, che si verificano durante il movimento. Come si pu`o vedere dalla Fig. 3.7 sul rachide sono stati disposti tre markers, posizionati approssimativamente a livello delle vertebre C6 (Rachide1), T3 (Rachide2), T6 (Rachide3), per poter simulare tre sensori di strain. In tal modo `e pos-sibile studiare il comportamento del modello bi-articolare con tre sensori di strain differenti e vedere qual `e la configurazione che permette di ottenere un errore inferiore, in termini di traiettoria dell’end-effector. Per quanto

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