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L'angiogenesi patologica indotta da TNF-? e parzialmente inibita da un simil flavonoide sintetico

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Farmacia

Corso di Laurea magistrale in

Scienze della nutrizione umana

Tesi di Laurea

L’angiogenesi patologica indotta dalla citochina TNF-α è parzialmente inibita da

un simil-flavonoide sintetico attraverso l’inibizione di IL-6, MCP-1 e

angiopoietina-2

Relatori:

Dott.ssa Giuseppina Basta

Dott.ssa Concettina La Motta

Candidato:

Cugi Roberto

Anno Accademico 2017/2018

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SOMMARIO

RIASSUNTO INTRODUZIONE 1.1 IL TESSUTO ENDOTELIALE 1.2 ANGIOGENESI

1.3 STIMOLATORI ENDOGENI DELL’ANGIOGENESI 1.4 FATTORE DI NECROSI TUMORALE (TNF)

1.5 INTERLEUCHINA-6

1.6 IL FATTORE CHEMIOTATTICO MCP-1 1.7 INTERLEUCHINA-8

1.8 ANGIOPOIETINA 1.9 VEFG

NUOVA CLASSE DI COMPOSTI SIMIL-FLAVONOIDI 2.1 I POLIFENOLI

2.2 I FLAVONOIDI

2.3 NUOVA CLASSE DI COMPOSTI SIMIL FLAVONOIDI 2.4 SCOPO DELLA TESI

MATERIALI E METODI

3.1 ESTRAZIONE E COLTURA DI CELLULE ENDOTELIALI 3.2 STIMOLAZIONE DI CELLULE ENDOTELIALE

3.3 SAGGIO ELISA PER IL-6 E PER LA CHEMOCHINA MCP-1 3.4 LUMINEX xMAP TECHNOLOGY

3.5 MILLIPLEX MAP KITS PER IL-6, IL-8, VEGF-A ED ANGIOPOIETINA 2 RISULTATI

DISCUSSIONE CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA

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RIASSUNTO

L'angiogenesi patologica è un segno distintivo di molte malattie, tra cui il cancro, le malattie infiammatorie, le metastasi tumorali, la malattia coronarica, l’artrite reumatoide e la retinopatia diabetica (1,2). Degradazione della membrana basale, proliferazione/ migrazione delle cellule endoteliali, formazione di capillari e la sopravvivenza dei neovasi sono i complessi passi sequenziali nel completamento dell'angiogenesi. Questi eventi sequenziali sono strettamente regolati da un equilibrio intricato tra molecole pro- e anti-angiogeniche (20). I fattori angiogenici includono il fattore di crescita endoteliale vascolare (vascular endothelial growth factor, VEGF), fattore di crescita di fibroblasti di base (acidic fibroblast growth factor, bFGF), angiogenina, angiopoietina, fattore di crescita epidermico (epidermal growth factor EGF)/ il fattore di crescita trasformante alfa (transforming growth factor-α, TGF-α) e l’attivatore del plasminogeno. Tra gli inibitori angiogenici sono inclusi gli alfa e beta interferoni, l’interleuchina-12 (IL-12), il TGF-beta, gli inibitori tissutali delle metalloproteinasi, il fattore piastrinico 4, ed altri (12,41,55). Tra queste molecole, il fattore di necrosi tumorale-α (tumor necrosis factor, TNF-α), un fattore angiogenico solubile prodotto da molti tumori e cellule normali, svolge un ruolo chiave nella regolazione dell’angiogenesi normale e patologica (19).

Su stimolazione con il TNF-α, le cellule endoteliali esprimono le molecole adesive che sono cruciali nell'angiogenesi: le molecole di adesione intracellulare-1 (ICAM-1), le molecole di adesione delle cellule vascolari-1 (VCAM-1) e la E-selectina (21). Il TNF-α aumenta la produzione di IL-8, VEGF e bFGF, che sono tutti potenti fattori angiogenici (30). Tuttavia il TNF-α può funzionare come fattore angiogenico in un sistema e come fattore anti-angiogenico in un altro sistema e questa differenza può essere dovuta alle concentrazioni del TNF-α utilizzato. Una bassa dose di TNF-α induce l'angiogenesi, ma una dose elevata la inibisce. Inoltre, lunghe esposizioni delle cellule endoteliali al TNF-α inibiscono la morfogenesi tubulare “in vitro” conferendo un aspetto cellulare

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simile ai fibroblasti (32). Al contrario, esposizioni più brevi al TNF-α ne inducono la morfogenesi tubulare (57). Il TNF-α induce l'espressione di molti geni immunologicamente rilevanti (68), possibilmente attraverso due differenti recettori del TNF-α: TNF-α-R1 e TNF-α-R2.

Diversi studi hanno dimostrato l’abilità dei polifenoli nel modulare l’angiogenesi sia in modelli animali che “in vitro”. I polifenoli sono composti che si trovano in molti alimenti come tè, caffè, frutta, verdura, olio di oliva e vino rosso e manifestano diverse proprietà farmacologiche, ricevendo recentemente una grande attenzione come possibile supporto dietetico terapeutico in diversi stati di malattia. Nonostante siano dotati di attività interessanti sulla disfunzione ed attivazione endoteliale e come antitumorali, i loro effetti sono stati valutati a concentrazioni alte e non fisiologiche, raramente raggiungibili in circolo. Inoltre, la loro bassa solubilità e stabilità, accoppiati con proprietà farmacocinetiche sfavorevoli, e la capacità di agire su diversi bersagli molecolari e fra loro indipendenti, limitano sensibilmente il loro sfruttamento come integratori alimentari o come potenziali farmaci (1).Tuttavia, essi rappresentano una logica ed eccellente fonte di ispirazione per la chimica farmaceutica, in quanto partendo dalla loro struttura chimica si possono progettare analoghi sintetici che siano più specifici e più efficaci a basse concentrazioni.

Scopo. Mossi da queste considerazioni e dal voler approfondire gli studi da noi recentemente pubblicati sui bioisosteri dei flavonoidi (2-4) abbiamo voluto verificare l’ipotesi che, analogamente al composto naturale apigenina, questa classe di bioisosteri, in particolare quello che si è precedentemente rivelato più efficace, il 2-(3,4-dimetossifenil)-3-fenil-4H-pirido[1,2-a]pirimidin-4-one (chiamato DB103), possa modulare l’azi2-(3,4-dimetossifenil)-3-fenil-4H-pirido[1,2-a]pirimidin-4-one del TNF-α sull’angiogenesi “in vitro”. A questo scopo, abbiamo valutato gli effetti dell’apigenina e di DB103 sui livelli indotti dal TNF-α di una serie di chemochine/citochine coinvolte nell’angiogenesi: le interleuchine (IL-6, IL-8), il fattore di crescita VEGF-A l’angiopoietina-2 (Ang2) e la proteina chemioattrattante dei monociti (monocyte chemoattractant protein-1, MCP-1).

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Metodi e Risultati. Il DB103 è stato sintetizzato presso il Dipartimento di Farmacia (brevetto: MI20120514). Il mio lavoro di tesi si è svolto presso l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR e si è inserito nell’ambito del progetto di ricerca “MICROsystems for VAscular diagnosticS and inTervention” (MICRO-VAST), finanziato dalla Fondazione Pisa e a cui hanno collaborato diversi partners − fra cui il gruppo del Dipartimento di Farmacia che si è occupato della sintesi di nuovi agenti terapeutici vascolari − ed il gruppo di biologi dell’Istituto di Fisiologia Clinica che ne ha valutato l’efficacia.

Per eseguire tutti gli esperimenti di questo studio sono state utilizzate cellule endoteliali umane ottenute da vene di cordone ombelicale. Poiché il composto DB103 è strutturalmente correlato ai flavonoidi, abbiamo valutato la sua efficacia mettendolo a confronto con il flavone apigenina. E’stato utilizzato il TNF-α come stimolo infiammatorio a 10 ng/mL, in co-stimolazione con DB103 oppure con l’apigenina, utilizzate fino a 10µmol/L o a volte 50 µmol/L. L’espressione della IL-6 e MCP-1 è stata valutata mediante saggi immunoenzimatici eseguiti sul surnatante cellulare. L’espressione di IL-8, VEGF-A e di Ang2 è stata valutata per mezzo di una nuova tecnologia, Luminex xMAP, che si basa sull’uso di microsfere che permettono dosaggi sia in singolo che multipli per la determinazione quantitativa di proteine ed acidi nucleici. Il DB103 inibiva in maniera concentrazione dipendente l’espressione della citochina infiammatoria IL-6, indotta per 24 ore di stimolazione con il TNF-α e rilasciata nel surnatante delle colture endoteliali. Tale inibizione era comparabile a quella dell’apigenina. Similmente, esso inibiva l’espressione indotta dal TNF-α della chemochina MCP-1, contrariamente all’apigenina che risultava totalmente inefficace. L’espressione dell’Ang2 veniva inibita e quella dell’IL-8 risultava non influenzata dal DB103, contrariamente all’apigenina che agiva inversamente. Siccome sono stati adoperati gli stessi surnatanti raccolti dopo 24 ore di stimolazione, i valori di A non discostavano da quelli di controllo suggerendo che per il rilascio del VEGF-A è necessario un periodo di stimolazione maggiore.

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Conclusioni. Nel presente studio abbiamo dimostrato che il DB103 inibisce l'espressione endoteliale di IL-6, MCP-1 e Ang2 indotte dal TNF-α, ma non dell’IL-8. Tuttavia questi risultati non sono sovrapponibili a quelli dell’analogo apigenina, che invece agiva significativamente sull’IL-8 suggerendo che i target molecolari dei due composti sono differenti. Nuovi studi sono necessari per la caratterizzazione funzionale di questo composto al fine di chiarirne i meccanismi molecolare ed essere in grado di proporre questo composto come integratore alimentare.

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INTRODUZIONE

1.1 IL TESSUTO ENDOTELIALE

L’endotelio vascolare è il tessuto che riveste la superficie interna del sistema cardiovascolare che rappresenta il contenitore naturale del sangue.

E’ costituito da cellule poligonali, piatte e allungate nella direzione dell’asse dei vasi.

Fig.1: Endotelio vascolare

Fintanto che il sangue si trova al suo interno, esso rimane fluido e può svolgere le sue funzioni essenziali di trasporto e comunicazione. L’endotelio vasale infatti non è soltanto un insieme di cellule che fungono da barriera tra il sangue ed i tessuti circostanti ma rappresenta un vero e proprio organo(14), con la funzione di modulare il tono vasale e l’entità del flusso ematico in risposta a stimoli umorali, nervosi e meccanici. In condizioni fisiologiche l’endotelio svolge un ruolo attivo nell’interscambio cellulare, essendo capace di adattarsi funzionalmente e strutturalmente alle variazioni del microambiente.

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L’endotelio contribuisce alla mitogenesi, all’angiogenesi, alla permeabilità vasale, al bilancio della fluidità ematica, alla regolazione dell’infiammazione e dell’attivazione piastrinica. La regolazione omeostatica è svolta grazie alla produzione di sostanze ad azione vasodilatatoria come il monossido di azoto, la prostaciclina, alcuni fattori iperpolarizzanti endoteliali, il peptide natriuretico tipo C, e dalla produzione di vasocostrittori endoteliali che comprendono l’endotelina-1, l’angiotensina II, il trombossano A2 e le specie reattive dell’ossigeno.

A queste si aggiungono le molecole d’adesione dell’endotelio, quali ICAM-1, VCAM-1 ed E-selectina, considerati anche modulatori dell’infiammazione, ed alcuni modulatori della coagulazione e della fibrinolisi (19). In condizioni normali le cellule endoteliali dispongono di meccanismi anticoagulanti e fibrinolitici che assicurano la fluidità del sangue impedendo la formazione e la deposizione di fibrina. La normale funzione endoteliale dipende strettamente sia dalla continuità anatomica del monostrato cellulare sia dalla sua integrità funzionale.

Il semplice contatto del sangue con una superficie diversa dall’endotelio, costituisce uno stimolo sufficiente ad attivare le piastrine e il sistema della coagulazione. Se non controllata, questa normale risposta di adattamento può portare a conseguenze patologiche quali trombosi, occlusione vascolare e danno tissutale da ischemia.

L’endotelio risulta quindi un regolatore dei processi di emostasi e trombosi e contribuisce allo sviluppo di questi due processi liberando sostanze chemiotattiche in grado di attirare e attivare i leucociti nella zona di infiammazione ed esprimendo molecole adesive sulla membrana, che permettono il riconoscimento del sito di infiammazione e l’adesione dei monociti. La possibilità che l’endotelio vascolare vada incontro a modificazioni reversibili del fenotipo dirette all’acquisizione di uno stato funzionalmente alterato è stata denominata “disfunzione endoteliale”. Questo status può comportare la perdita delle normali funzioni non trombogeniche di superficie con conseguente evento trombotico acuto localizzato o ad una cronica tendenza sistemica alla trombosi (15,16,18). Oppure ad una vera e propria malattia infiammatoria della parete vascolare come l’aterosclerosi.

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1.2 ANGIOGENESI

L’Angiogenesi, la formazione di nuovi vasi sanguigni a partire da strutture preesistenti, è di fondamentale importanza in alcuni processi fisiologici quali lo sviluppo embrionale, la cicatrizzazione delle ferite e il ciclo mestruale. Tuttavia, se compromessa, può rappresentare l’evento chiave di vari stati patologici: dalle infiammazioni croniche alle malattie ischemiche, dalla crescita tumorale allo sviluppo di metastasi. L’Angiogenesi è di fatto un processo altamente complesso che richiede il coinvolgimento attivo delle cellule endoteliali, di numerosi fattori solubili e dei componenti della matrice extracellulare. Nell’organismo, in condizioni fisiologiche, l’accensione e lo spegnimento degli eventi che concorrono alla formazione di nuovi vasi, sono strettamente legati ad un fine bilanciamento di fattori pro- ed anti-angiogenici (20).

1.3 STIMOLATORI ENDOGENI DELL’ANGIOGENESI

La formazione di un vaso passa attraverso diversi stadi ben definiti, caratterizzati da modificazioni dell'endotelio e della matrice extracellulare (57).

Possiamo considerare varie tappe nel processo angiogenico:

-Destabilizzazione dei vasi preesistenti in seguito ad un aumento della permeabilità vasale e ad una

perdita delle connessioni tra le cellule endoteliali. In questa fase si assiste anche al distacco dei periciti, stimolato dall'angiopoietina-2.

-Migrazione e proliferazione delle cellule endoteliali in una zona del tessuto dove si necessita la formazione di nuovi vasi. In questa fase occorre la liberazione di enzimi proteolitici che modificano la matrice extracellulare, facilitando la migrazione delle cellule endoteliali. Le cellule endoteliali migrano seguendo un gradiente di VEGF. Esistono poi diversi fattori, che indirettamente regolano ed inducono l’angiogenesi, attraverso il rilascio di molecole come citochine e fattori di crescita da parte di macrofagi e cellule endoteliali.

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- Differenziazione delle cellule endoteliali caratterizzata da un arresto della proliferazione cellulare e dalla formazione di capillari primitivi. In questa fase avviene l'apertura del lume del futuro capillare. Questo processo si basa sull'accumulo e la fusione di vescicole pinocitotiche nelle cellule endoteliali, che porta alla formazione di cavità all'interno delle cellule stesse, che vanno a fondersi con quelle delle cellule vicine. A questo punto, le cellule endoteliali hanno definito una nuova polarità: il dominio apicale (luminale) è quello che si affaccia su questa cavità. Questo dominio della membrana plasmatica viene poi ricoperto esternamente da glicoproteine cariche negativamente: la spinta repulsiva che ne consegue porta all'apertura del lume del nuovo capillare.

- Richiamo di cellule subendoteliali di supporto quali i periciti e le cellule della muscolatura liscia. Le cellule murali sono reclutate grazie al PDGF-B (Platelet-derived Growth Factor B) secreto dall'endotelio, che va a legarsi al recettore PDGFR-β espresso sulla loro superficie;

Fig.2: Varie fasi del processo di sviluppo dell’angiogenesi

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11 1.4 IL FATTORE DI NECROSI TUMORALE (TNF- α)

Uno dei fattori angiogenici indiretti che sembra rivestire un ruolo centrale in tale processo è il TNF-α, un polipeptide derivato in gran parte da macrofagi/monociti che modula l'espressione di diversi geni nelle cellule endoteliali vascolari ed induce l'angiogenesi. Il TNF deve il suo nome all'attività necrotizzante esplicata nei confronti di alcuni tumori sperimentali. Si tratta però di un termine fuorviante, nel senso che l'effetto antitumorale non costituisce la principale o importante attività biologica del TNF che, similmente a IL-1, è una citochina primaria fondamentale nelle risposte infiammatorie. Esiste in due isoforme, il TNF-α e il TNF-β o linfotossina. Quest'ultima è prodotta principalmente da cellule linfoidi. Il TNF-α è un mediatore centrale delle risposte infiammatorie che condivide buona parte dei suoi effetti biologici con l’IL-1. Il TNF-α è sintetizzato come un precursore di 26 kDa ed è una proteina transmembrana di tipo II, con l'N-terminale, cioè, all'interno della membrana plasmatica. La forma di membrana di TNF viene processata da una metalloproteasi detta TNF-α-converting enzyme (TACE) che dà luogo alla forma matura presente nei liquidi biologici di 17 kDa. Sia la forma di membrana del TNF-α che la forma solubile sono capaci di interagire con il recettore, quindi di attivare risposte biologiche. Le sorgenti principali di TNF-α sono i fagociti mononucleati, anche se altri tipi cellulari sono in grado di produrre questa citochina. Il meccanismo con il quale il TNF-α media l'angiogenesi non è stato ancora completamente chiarito. Sebbene alcuni studi hanno dimostrato che l’angiogenesi venga direttamente indotta dal TNF-α, in quanto stimola in maniera diretta la migrazione e la proliferazione delle cellule endoteliali, la maggior parte di essi ne ha evidenziato un ruolo indiretto, andando ad agire sulla stimolazione di vari fattori pro-angiogenici.

In uno studio recente è stato dimostrato che dopo trattamento con il TNF-α le cellule endoteliali mostrano un aumento dei livelli di mRNA cellulare dell'interleuchina-8 (IL-8), del VEGF e del bFGF, la qual cosa indica chiaramente che queste tre citochine giocano un ruolo essenziale come mediatori secondari dell’angiogenesi indotta dal TNF-α attraverso un controllo paracrino e / o

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autocrino. Tuttavia, la somministrazione di anticorpi anti-IL-8, anti-VEGF e anti-bFGF in presenza della citochina ha comunque evidenziato una morfogenesi tubulare, sebbene incompleta, suggerendo che anche altri fattori sono coinvolti nel processo di neo-vascolarizzazione indotta dal TNF-α (30). Il TNF-α sulle cellule endoteliali è in grado di indurre l’espressione della citochina IL-6, del fattore MCP-1 e dell’Ang2, fattori che, attraverso vie di trasduzione del segnale intracellulari diverse, portano ad un aumento del VEGF.

Fig.3: Ruolo del TNF-α nello sviluppo angiogenetico e tumorale

Il fattore di trascrizione NF-B che viene attivato dal TNF-α e controlla l’espressione di una vasta gamma di geni, tramite una cascata di fosforilazioni, porta all’attivazione e traslocazione della subunità p65 nel nucleo, inducendo la trascrizione di prodotti mediatori di risposte immunitarie e

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infiammatorie, che includono citochine, come ad esempio IL-1, lo stesso TNF-α, IL-8, IL-6, MCP-1, enzimi, metalloproteasi, molecole di adesione, eccetera.

In diversi studi è stato dimostrato che il TNF-α può funzionare in maniera controversa. Infatti, in base alle concentrazioni di TNF-α ed al tempo di esposizione utilizzate, esso può comportarsi come fattore angiogenico in un sistema sperimentale o come fattore anti-angiogenico in un altro sistema (31). Una bassa dose di TNF-α induce l'angiogenesi, ma una dose elevata la inibisce. Inoltre, lunghe esposizioni delle cellule endoteliali al TNF-α inibiscono la morfogenesi tubulare “in vitro” conferendo un aspetto cellulare simile ai fibroblasti (15, 32).

TNF-α interagisce con due tipi di recettori, detti di 'tipo I', o 'p55', e recettore di 'tipo II', o 'p75'. TNF-α è un omotrimero e interagendo con il recettore causa la multimerizzazione delle catene recettoriali. La formazione di omotrimeri recettoriali attiva la via di trasduzione del segnale. In maniera un po' schematica si può affermare che il recettore di tipo I è un recettore di morte, che attiva cioè un programma di morte apoptotica centrato sull'attivazione di una cascata di enzimi proteolitici detti 'caspasi'. Il recettore di tipo II è invece un recettore che attiva funzionalmente la cellula e anzi alcuni dei geni indotti dal recettore di tipo II hanno la funzione di inibire la morte cellulare attivata dal recettore p55. La cascata di trasduzione del segnale attivata da p75 e in qualche misura da p55 porta all'attivazione di NF-B e quindi all'induzione di un programma genetico proinfiammatorio (60).

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Fig.4: Meccanismo d’azione intracellulare del TNF-α

1.5 L’ INTERLEUCHINA-6

Tra le citochine rilasciate nel surnatante cellulare in seguito a stimoli di tipo pro-infiammatorio, come lo stesso TNF-α, si ritrova l’IL-6 che insieme al fattore chemiotattico MCP-1 viene ritenuta un marcatore dell’attività infiammatoria, ed entrambe sono presenti ad alte concentrazioni nel siero di pazienti affetti da malattie cardiovascolari.

La generazione di specie reattive dell’ossigeno nelle cellule endoteliali gioca un ruolo importante nella trasduzione del segnale per l’espressione genica di queste citochine.

Dal momento che il TNF-α esercita un’azione pleiotropica su più funzioni cellulari attraverso la generazione di stress ossidativo, è possibile che molecole che ne inibiscano la produzione, blocchino l’espressione di IL-6 indotta dal TNF-α (8).

Questa è una citochina pleiotropica che oltre ad agire sui linfociti T e B, regola la produzione di proteine della fase acuta (PCR) a livello epatico. Perciò la produzione di IL-6 in grandi quantità

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integra l’endotelio vascolare nei circuiti di regolazione delle risposte immuni e della risposta di fase acuta (28). Alcuni studi sperimentali hanno evidenziato l’attività di IL-6 come promotore tumorale anche se il suo potenziale come agente angiogenico non è stato completamente chiarito.

La sua azione sembra legata alla capacità di induzione del fattore di crescita vascolare VEGF attraverso la via di trasduzione JAK/STAT 3 (33) e il fattore-1 inducibile dell'ipossia (HIF-1) (34), anche se altre vie di traduzione del segnale come le vie ERK/MAPK sembrano implicate, pur rivestendo un ruolo più marginale (35). Attraverso le vie JAK/STAT3 e PI3K-kinase/AKT, l’IL-6 promuove l’aumento di bFGF, potente fattore angiogenico (36).

In un recente studio è stata dimostrata anche una capacità diretta dell’IL-6 di indurre angiogenesi anche se non del tutto paragonabile, come potenza, a quella di VEGF (37). Su cellule peritoneali di cancro ovarico il meccanismo di azione con la quale IL-6 ha prodotto un processo angiogenico ha coinvolto la stimolazione del ligando Notch Jagged1 e dell'Ang2. La regolazione di Ang2 da parte dell’IL6 è un'altra scoperta interessante poiché l'espressione di Ang2 è correlata alla metastasi dei linfonodi nei vari tumori (38,39).

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16 1.6. IL FATTORE CHEMIOTATTICO MCP-1

L’MCP-1 è una proteina chemiotattica circolante sottoforma di monomero, principalmente importante per la sua attività sui monociti. Viene espressa da diversi tipi cellulari come i monociti e le cellule endoteliali in risposta a differenti stimoli, incluso il TNF-α (14,17,18).

Differenti studi su modelli di animali “in vivo” hanno messo in evidenza l’importanza dell’ MCP-1 nei processi infiammatori.In particolare, sono stati ritrovati elevati livelli di MCP-1 nel siero di pazienti a rischio cardiovascolare ed in alcuni tipi di cancro (15,19,21).

Inoltre è stato dimostrato che MCP-1 può stimolare il processo angiogenico direttamente, ed indirettamente attraverso il reclutamento dei monociti (40). Il reclutamento di monociti/macrofagi può produrre un numero cospicuo di stimolatori come citochine, enzimi proteolitici capaci di promuovere la formazione di nuovi vasi, tra queste un ruolo centrale è rivestito dal TNF-α.

In studi recenti è stata riconosciuta la capacità di indurre angiogenesi in cellule endoteliali da parte di MCP-1 attraverso l’aumentata espressione del gene della proteina inducibile dell’ipossia (HIF-1) (41), attivando vie che conducono alla sovra-espressione di VEFG (42).

1.7. L’ INTERLEUCHINA-8

L’IL-8 o CXCL8 è una citochina, prodotta dall’endotelio vascolare, appartenente alla famiglia CXC o α-chemochine, ed in particolare alla sottofamiglia ELR.

Ci sono sufficienti evidenze scientifiche in letteratura a supporto del coinvolgimento di IL-8 nella creazione e conservazione del microambiente infiammatorio inducenti disfunzione vascolare (43). L’IL-8 è il principale responsabile del reclutamento di monociti e neutrofili, le principali cellule che sostengono l’infiammazione acuta, attraverso lo sviluppo di un gradiente chemiotattico che induce le cellule infiammatorie a muoversi verso la zona di aumentata concentrazione di IL-8 (44).

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IL-8 è resistente alla temperatura e alla proteolisi ed è relativamente resistente agli ambienti acidi. Queste caratteristiche biochimiche lo rendono una molecola candidata ideale per i siti di infiammazione acuta, dove deve resistere a condizioni dure e ostili.

Un'altra caratteristica funzionale unica dell'IL-8 è la sua relativa longevità nei siti di infiammazione acuta: viene prodotta all'inizio della risposta infiammatoria, ma rimane attiva per un lungo periodo di tempo, anche giorni e settimane. Ciò è in contrasto con la maggior parte delle altre citochine infiammatorie, che vengono tipicamente eliminate “in vivo” dopo un paio di ore. Un terzo aspetto interessante della IL-8 comporta la regolazione dell'ossidazione dell'espressione genica. L’IL-8 è altamente sensibile agli ossidanti, e gli antiossidanti riducono sostanzialmente l'espressione. Il ruolo degli ossidanti nella regolazione dell'IL-8 e di altre chemochine ha rilevanza nel campo delle malattie cardiovascolari e tumorali, dove un aumento dello stress ossidativo è alla base dello sviluppo di queste patologie.

Studi recenti hanno dimostrato che tra i vari membri della famiglia delle citochine, l’IL-8 e i suoi recettori CXCR1 e CXCR2, giocano un ruolo rilevante nel fenomeno angiogenico e nello sviluppo tumorale (45,46). Sia le glicoproteine di superfice che il loro ligando sono ampiamente espressi in vari tipi cellulari, fibroblasti, neutrofili, cellule endoteliali e linee tumorali (54). Il meccanismo secondo cui l’IL-8 svolgerebbe un’attività regolatoria “in vivo” sull’angiogenesi, prevede da un lato l’alterazione dell’espressione di alcuni geni anti apoptotici (cellule HUVEC incubate con IL-8 presentano alti livelli delle proteine anti apoptotiche BCL-2 e BCL-x) con ricadute positive sulla sopravvivenza e sulla proliferazione delle cellule endoteliali (49) e dall’altro lato il coinvolgimento di proteasi della matrice. I “signaling” autocrino e paracrino, attivati dall’IL-8, indurrebbe infatti la degradazione della matrice extracellulare a favore della migrazione delle cellule endoteliali e l’invasione delle cellule tumorali durante metastatizzazione, grazie all’attività della MMP-2 e della MMP-9 (52).

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Alcuni studi hanno dimostrato come la regolazione del ciclo cellulare, a favore dei fattori anti- apoptotici che favoriscono la sopravvivenza cellulare, è associato all’induzione di VEGF (50,51). Il ruolo dell’IL-8 sulla neo-vascolarizzazione risulta ancor più critico ed evidente in diversi stati patologici, in particolare nella progressione di tumori maligni ed è per questo che la ricerca si è focalizzata maggiormente sullo sviluppo di strategie atte a limitare più che a favorire gli effetti di questa citochina (55).

1.8. L’ ANGIOPOIETINA 2

Agli inizi degli anni ’90, esperimenti condotti su topi knock-out hanno portato alla scoperta di 2 recettori di superficie specifici per le cellule endoteliali, Tie1 e Tie2 (tyrosine kinase with immunoglobulin and EGF like domain), mettendone in evidenza al contempo, il coinvolgimento nella maturazione dei vasi sanguigni. Più recente è l’identificazione dei ligandi di questi recettori, l’Ang1 e l’Ang2. In generale, il sistema Tie/angiopoietine risulta essenziale per la comunicazione delle cellule endoteliali con quelle mesenchimali circostanti, allo scopo di instaurare interazioni cellulari e biochimiche stabili, finalizzate alla formazione e al mantenimento dei vasi neoformati. Ang1 legandosi a Tie2, agisce sulle cellule perivascolari mesenchimali stabilizzando i nuovi vasi primitivi (53). L’Ang2, invece, competendo per il legame al recettore, si comporta da antagonista dell’Ang1. Dati sperimentali hanno mostrato che la sovra-espressione dell'Ang2 conduce a destabilizzazione dei vasi sanguigni e comporta un rimodellamento vasale, tuttavia significative concentrazioni di questo fattore, sono state rintracciate anche nelle zone in attiva neovascularizzazione, dove si presume che in presenza di VEGF ne favorisca l'azione, assumendo pertanto la funzione di fattore pro angiogenico (54). Il TNF-α modula l’espressione di Ang1 e Ang2 attraverso il controllo del fattore di trascrizione NF-B(55,56). Queste osservazioni dimostrano ancora una volta come il processo angiogenico sia enormemente complesso e dipenda strettamente dal preciso equilibrio tra stimoli negativi e positivi.

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Fig.6: Alcuni mediatori angiogenici stimolati dal TNF-α

1.9. Il fattore di crescita VEGF-A

VEGF indica una specifica sottofamiglia di fattori di crescita coinvolti sia nella vasculogenesi (intesa come genesi ex novo di un sistema circolatorio in età embrionale), sia nell'angiogenesi (la formazione di vasi da strutture già esistenti). La proteina più importante di questa categoria è il VEGF-A, in origine chiamato VEGF prima della scoperta delle altre proteine della stessa famiglia. Ne fanno parte anche la P1GF (proteina placentare coinvolta nello sviluppo prenatale), VEGF-B, VEGF-C e VEGF-D. Come evidenziato in molti studi il VEGF esercita una potente attività angiogenica sia “in vitro”, in cui stimola la degradazione della ECM, la proliferazione, la migrazione e la mitogenesi delle cellule endoteliali e induce nelle stesse l’espressione di MMP e fattori del sistema del plasminogeno; sia “in vivo”, dove promuove la crescita di nuovi capillari e

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agisce da vasodilatatore incrementando la permeabilità microvascolare, essenziale per la fase iniziale dell’angiogenesi (57).

Diversi meccanismi sono coinvolti nella regolazione genica dell’VEGF. Un ruolo rilevante è giocato dalla ipossia, come dimostrato dall’aumento reversibile dei livelli di mRNA per VEGF sia “in vivo” che “in vitro”. È stato osservato inoltre, che l’mRNA è regolato a livello trascrizionale e post-trascrizionale da deficit di glucosio, suggerendo come l’induzione del gene sia legata a stimoli di stress (58). In aggiunta a questo numerose citochine si sono dimostrate capaci di operare indirettamente un’aumentata espressione del fattore di crescita, con conseguente sintesi proteica e secrezione nell’ambiente extracellulare. Tutti i membri della famiglia del VEGF esercitano i molteplici effetti biologici mediante il legame a 2 classi di recettori tirosin chinasici posti sulla superficie cellulare: VEGFR 1 (o fms like tyrosine kinase 1,) e VEGFR 2 (o kinase domain region/fetal liver kinase 1). L’interazione con entrambi i recettori è essenziale per indurre lo spettro completo di risposte biologiche, sono poi il diverso grado di affinità e la differente espressione tessutale delle due strutture recettoriali a determinare il tipo di effetto evocato (59).

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NUOVA CLASSE DI COMPOSTI SIMIL-FLAVONOIDE

2.1 I POLIFENOLI

I polifenoli sono una famiglia di circa 5000 molecole organiche largamente presenti nel regno vegetale, spesso prodotti dal metabolismo secondario delle piante.

Come si evince dal nome sono formati strutturalmente dall’associazione di molteplici gruppi fenolici e sono definiti “antiossidanti naturali”, “radical scavengers” perché funzionano da inibitori di radicali liberi.Si ritrovano nella frutta, nella verdura, (nel cacao) nel tè e nei vini.

Costituiscono un gruppo molto ampio ed eterogeneo e possono essere suddivisi in sottoclassi quali acidi idrossicinnamici, acidi idrossibenzoici, stilbeni, lignani e flavonoidi.

Diversi studi epidemiologici hanno dimostrato che la regolare assunzione di polifenoli può ridurre il rischio di sviluppare malattie croniche, quali malattie del sistema cardiovascolare, alcune forme di cancro e disordini neurodegenerativi. (5)

Dal momento che queste patologie sono accomunate da un incremento dello stress ossidativo, si suppone che gli effetti benefici dei polifenoli siano dovuti proprio alla loro capacità di contrastarlo (8).

Lo stress ossidativo è una condizione che si instaura quando la concentrazione cellulare dei ROS (specie reattive dell’ossigeno) supera le capacità antiossidanti della cellula, che va in apoptosi. Le reazioni che specificamente generano ROS sono catalizzate da:

• NADPH oxidase: produce superossido (O2).

• Dismutazione spontanea del superossido: formazione diH2O2.

• La catena di trasporto elettronico mitocondriale lungo la quale alcuni elettroni sfuggono e reagiscono direttamente con l’ossigeno, alterando l’equilibrio redox cellulare (8). Il potenziale dei polifenoli è strettamente collegato al numero di anelli fenolici e alla loro sostituzione, soprattutto per

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quanto riguarda il numero di ossidrili, che condizionano biodisponibilità, assorbimento e distribuzione nei vari tratti dell’organismo.

I polifenoli possono inoltre agire da agenti anti-apoptotici o pro-apoptotici in modo tessuto specifico e dose dipendente, attraverso l’interazione con alcune delle vie di segnale coinvolte nella sopravvivenza e nella morte cellulare.

2.2 I FLAVONOIDI

I flavonoidi rappresentano un vasto gruppo di polifenoli, derivanti dal fenil-benzo-γ-pirone, aventi un nucleo strutturale caratteristico composto da 15 atomi di carbonio, due anelli aromatici (A e B) collegati da un etere ciclico ( C ), diversamente sostituiti nei vari composti. (fig.4)

Fig. 8: Struttura generale dei Flavonoidi

Si possono ritrovare sotto forma di agliconi, di β-glucosidi o esterificati in strutture più complesse, caratteristica che condiziona il loro metabolismo nell’organismo.

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Fig.9: struttura di un flavonoide glucoside (a) e di un flavonoide aglicone (b).

Attraverso l’uso di modelli di assorbimento “in vitro”, è stato osservato che gli agliconi penetrano molto più facilmente la membrana intestinale, rispetto ai glicosidi (9).

I flavonoidi glicosilati, per essere assorbiti dall’intestino tenue possono o passare la membrana grazie al co-trasportatore glucosio/Na+ dipendente o idrolizzare il legame glicosidico e trasformare il flavonoide glicosilato in aglicone.

In molti studi si riscontra infatti la presenza di β-glicosidasi nell’epitelio dell’intestino tenue, che idrolizzano appunto questo legame. (10,11)

La principale proprietà riconosciuta ai flavonoidi è l’attività antiossidante, ovvero la riduzione di concentrazione di radicali liberi, garantita dalla sostituzione, dalla quantità di doppi legami e dal numero totale di ossidrili presenti sulla molecola.

E’ stato dimostrato che la loro regolare assunzione con la dieta contribuisce alla protezione dell’organismo da un gran numero di patologie, più di quanto possano fare le comuni vitamine (12). Inoltre sono capaci di interagire con vie di trasmissione di segnali cellulari, coinvolte anche nella proliferazione, in quanto strutturalmente simili a inibitori delle cascate del segnale.

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Nonostante le numerose potenzialità terapeutiche, riscontrate soprattutto negli ultimi anni, come antiinfiammatori, antitumorali, attività sulla disfunzione endoteliale e aggregazione piastrinica, essi possiedono uno svantaggio notevole: i loro effetti si ritrovano a concentrazioni alte e difficilmente raggiungibili in circolo.

Questo fattore rappresenta un limite significativo, che si è cercato di migliorare con la sintesi di nuove molecole strutturalmente simili (1).

Essi a loro volta possono essere suddivisi in sottoclassi come flavoni, flavonoli, flavanoni, isoflavoni, flavanoli e antocianine.

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Le molecole facenti parte di queste classi differiscono per il grado di ossidazione ed i sostituenti sull’anello C.

Tra i flavonoli e flavoni si ritrovano due noti composti di interesse terapeutico; la quercetina e l’apigenina.

La quercetina è un polifenolo pentaidrossilato, per definizione aglicone della rutina, primo polifenolo ad essere stato isolato dalle arance nel 1930, dopo il quale sono stati scoperte, ad oggi, più di 4000 sostanze con struttura chimica simile.

E’ stato dimostrato che la quercetina possiede effetti antiossidante, antiinfiammatorio, antiipertensivo ed inibitorio dell’aggregazione piastrinica e formazione di trombi, ed inibisce inoltre la proliferazione delle cellule endoteliali in maniera concentrazione dipendente (13).

Fig11: Struttura chimica della quercetina

L’apigenina è invece un polifenolo triidrossilato presente in varie specie di frutta e verdura, come il pompelmo, la cipolla, il prezzemolo, il sedano e nelle foglie di camomilla.

Ha proprietà antiossidanti, antiinfiammatorie, antiallergiche, antiangiogeniche e così come la quercetina riveste un ruolo importante nella prevenzione di malattie cardiovascolari e tumorali. In molti studi ha mostrato la capacità di inbire l’espressione di TNF- α (6) e del fattore VEFG(5).

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Fig12: Struttura chimica dell’apigenina

2.3 COMPOSTI A STRUTTURA SIMIL FLAVONOIDE

Nel corso di studi precedenti (2,3), mossi dalle considerazioni fatte a proposito degli effetti benefici e dei limiti dei flavonoidi, sono state sintetizzate nuove molecole aventi struttura chimica simile ad essi, allo scopo di trovare dei composti sintetici più specifici e più efficaci degli analoghi naturali. I flavonoidi infatti, hanno spesso una blanda attività terapeutica, sia per le concentrazioni troppo elevate, non fisiologiche, a cui sono visibili i loro effetti, sia per le generali proprietà farmacocinetiche.

La classe di composti da cui proviene la molecola in esame in questo lavoro di tesi, ha come nucleo il 2-fenilpirido[1,2-a]pirimidin-4-one, un bioisoestere dell’anello 2-fenilcromen-4-onico caratteristico dei flavonoidi (4).

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Figura13: Struttura chimica dei 2-fenilpirido[1,2-a]pirimidin-4-one

Il nostro composto contiene anch’esso due anelli aromatici fusi insieme, un gruppo carbonilico in posizione 4 e sostituenti nelle posizioni 2 e 3. Inoltre, al nucleo del 2-fenilpirido[1,2-a]pirimidin-4-one è stato aggiunto un anello aromatico in posizi2-fenilpirido[1,2-a]pirimidin-4-one 3 ottenendo la nuova classe dei 2,3 difenilpirido [1,2-a]pirimidin-4-one.

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Durante precedenti esperimenti sono stati analizzati sei diversi composti appartenenti a questa nuova classe di farmaci e tra questi, il 2-(3,4-dimetossifenil)-3-fenil-4H-pirido[1,2-a]pirimidin-4-one (denominato DB103) è quello che si era rivelato più efficace e maggiormente tollerato dalle cellule. Il composto, come si evince dalla figura, presenta due gruppi metossilici (–OCH3), più lipofili, in posizione 3 e 4 sull’anello aromatico attaccato in posizione 2, a sostituzione dei gruppi ossidrilici presenti nei flavonoidi, allo scopo di ottimizzare la farmacocinetica della molecola anche a basse concentrazioni.

Fig. 15 Struttura chimica del 2-(3,4-dimetossifenil)-3-fenil-4H-pirido[1,2a]pirimidin-4-one (DB103)

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30 2.4 SCOPO DELLA TESI

Studi recenti hanno focalizzato la loro attenzione sui bioisosteri dei flavonoidi, per valutarne l’attività e incrementarne le capacità al fine di poterli utilizzare come integratori alimentari o potenziali farmaci.

Lo scopo di questa tesi è stato quello di verificare l’ipotesi che il 2-(3,4-dimetossifenil) - 3 - fenil-4H-pirido [1,2- a] pirimidin-4-one (DB103), che si è precedentemente rivelato il più efficace come antiinfiammatorio e antitrombotico, possa influenzare l’espressione endoteliale di fattori angiogenetici/proinfiammatori tali come IL-6, MCP-1, IL-8, Ang2 e VEGF indotta dal TNF-α. Poiché strutturalmente correlato ai flavonoidi, è stato utilizzato per confronto l’analogo naturale apigenina.

Il DB103, è stato sintetizzato presso il Dipartimento di Farmacia (brevetto:MI20120514).

Il mio lavoro di tesi si è svolto presso l’Istituto di Fisiologia Clinica e si è inserito nell’ambito del progetto di ricerca “MICROsystems for VAsculardiagnosticS and inTervention” (Micro-Vast), finanziato dalla Fondazione Pisa e a cui hanno collaborato diversi partners, fra cui il gruppo del Dipartimento di Farmacia che si è occupato della sintesi di nuovi agenti terapeutici vascolari ed il gruppo di biologi dell’Istituto di Fisiologia Clinica, che ne ha valutato l’efficacia.

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MATERIALI E METODI

3.ESTRAZIONE E COLTURA DI CELLULE ENDOTELIALI

Le cellule endoteliali (HUVECs, human umbilical vein endothelial cells), utilizzate per testare il composto, sono cellule prelevate dalla vena di cordoni ombelicali umani, mantenuti a 4°C fino all’utilizzo.

Brevemente, ciascun cordone è stato incannulato e lavato internamente con soluzione fisiologica per eliminare residui di sangue ed eventuali coaguli. Nella vena è stata poi fatta passare una soluzione di collagenasi di tipo II allo 0.1%, precedentemente preparata e filtrata, insieme ad albumina bovina 0.5% in PBS (Phosphate Buffered Saline) tampone fosfato con Ca+2 e Mg+2.

Di norma, affinché la collagenasi possa effettuare la sua azione di digestione enzimatica, la soluzione viene lasciata per circa 10 minuti all’interno del cordone e clampato alle estremità.

Dopo aver effettuato lavaggi con mezzo di coltura DMEM (Dulbecco’s Modified Eagle Medium) al 10% (contenente siero fetale bovino e antibiotici), in modo da bloccare l’attività della collagenasi mediante il siero contenuto all’interno, le cellule sono state raccolte e centrifugate per 10 minuti a 1000 g e, una volta gettato il surnatante, il pellet è stato risospeso in un terreno di coltura completo M199, contenente fattore di crescita endoteliale (endothelial cell growth factor, ECGF 20 ng/mL), eparina (50 U/mL), L-glutamina (2mM), PSF, gentamicina (Gentalyn, 1 μg/mL) e siero FBS (Fetal Bovine Serum, FBS) al 10%.

Le cellule sono state quindi seminate in fiasche da 25 cm2, su cui è stato precedentemente effettuato un rivestimento di gelatina all’1% in PBS.

Le colture così definite primarie, vengono lasciate in incubatore al 5% di CO2 a 37°C.Il giorno seguente le fiasche vengono lavate per cambiare il mezzo di coltura al fine di rimuovere eventuali cellule ematiche.

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Una volta raggiunta la confluenza (formazione di un monostrato di cellule poligonali completo) le cellule sono state sottocoltivate in fiasche di II generazione [in rapporto 1:3].

SOTTOCOLTURA CELLULARE

Il passaggio nelle fiasche di seconda generazione avviene utilizzando la soluzione salina HBSS (Hank’s Buffered Saline Solution) senza calcio e magnesio, per un lavaggio iniziale, e successivamente tripsina allo 0.25% contenente EDTA in HBSS.

La tripsina permette lo staccarsi delle cellule in circa 5 minuti. Dopo aver controllato al microscopio elettronico l’effettivo distacco cellulare, viene inserito del DMEM al 10% di siero, per interrompere l’azione della tripsina. Le cellule in sospensione che si sono così ottenute vengono raccolte, centrifugate e risospese in un opportuno volume di mezzo completo e in seguito riseminate in una fiasca preparata in precedenza con gelatina. A questo passaggio segue l’incubazione a 37°C per raggiungere la confluenza per eventuali ulteriori sottocolture.

3.2 STIMOLAZIONE DELLE CELLULE ENDOTELIALI

Le cellule giunte a confluenza dopo il terzo passaggio di tripsinizzazione, sono state sottocoltivate ed utilizzate per gli esperimenti. Il mezzo di coltura completo è stato sostituito con mezzo Medium serum free (MSF) per la determinazione di IL-6 ed MCP-1 nel surnatante cellulare. La stimolazione con TNF-α in copresenza del DB103, a diverse concentrazioni e dei flavonoidi di riferimento, è avvenuta dopo opportune pre-diluizioni. Dopo incubazione a 37°C per 30 minuti si è effettuata una lettura allo spettrofotometro a 540 nm (lunghezza d’onda permessa dallo strumento più vicina a 562nm).

I dati sono stati in seguito rielaborati in modo da ottenere una curva, moltiplicando i valori per il corrispondente valore di diluizione, dalla quale si ricava la concentrazione.

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SAGGIO ELISA PER L’ IL-6 E PER IL FATTORE MCP-1

I test per rilevare la presenza di IL-6 e MCP-1 è stata effettuata sui surnatanti e con diversi tempi di stimolazione, come riportato in letteratura (24). Le cellule sono state coltivate in piastre da 24 pozzetti, co-stimolate con TNF-α (1-10ng/mL) e DB103 (10 e 50 µmol/L), e apigenina (10 µmol/L) per 24 ore. Le concentrazioni impiegate sono state stabilite basandosi su studi precedenti ( 2,3) che dimostravano che il composto è ben tollerato dalle cellule anche alla concentrazione di 50µmol/L, mentre apigenina a concentrazioni superiori a 10µmol/L risultano tossiche per le cellule anche dopo 24 ore. Finito il tempo di stimolazione, il surnatante è stato prelevato dai pozzetti, centrifugato a 3000rpm per 15 minuti, e congelato a -20°C fino all’analisi con quantikine ELISA (Quantikine® ELISA, R&D Systems, Inc. Minneapolis, MN USA ).

Brevemente, questo saggio immunoenzimatico è un doppio sandwich ELISA che utilizza un anticorpo monoclonale specifico (per IL-6 o MCP-1) legato al fondo dei pozzetti di una piastra da 96 a cui si legano gli antigeni (IL-6 o MCP-1) contenuti nello standard o nei campioni. Dopo un primo lavaggio per allontanare le sostanze non legate, viene aggiunto un anticorpo policlonale legato ad un enzima perossidasico, specifico per il bersaglio. Dopo aver ripetuto la fase di lavaggio per rimuovere gli anticorpi non legati, si aggiunge una soluzione di substrato per la perossidasi e si svilupperà una colorazione proporzionale alla quantità di bersaglio che si è legato durante lo step iniziale. Una volta bloccata la reazione di colorazione si può misurare l’intensità del colore allo spettrofotometro. I risultati ottenuti vengono confrontati con una curva standard e riportati come pg/mL.

Dopo aver preparato tutti i reagenti e la curva di riferimento secondo le istruzioni dei kits, si procede come segue. Aggiunta del campione in ciascun pozzetto di una piastra da 96 pozzetti precotata con l’anticorpo monoclonale specifico. Incubazione per due ore a temperatura ambiente, lavaggio per 3 volte ed incubazione per un’ora con il l’anticorpo policlonale coniugato con la perossidasi. Successivo lavaggio ed incubazione per 30 minuti con il substrato della perossidasi. Formazione del

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colore e blocco con acido solforico. Infine, lettura allo spettrofotometro a 450 nm (con correzione della lunghezza d’onda per una lettura più accurata a 540 o 570 nm).

3.4 MULTIPLEX IMMUNOASSAY

Il saggio di immuno-adsorbimento enzimatico ELISA (Enzyme-Linked Immunosorbent Assay) è stato per lungo tempo il principale strumento per il rilevamento di analiti di interesse in campioni biologici sia per la ricerca che per la diagnostica clinica. Tuttavia tale tecnologia ha alcune limitazioni: richiede una quantità relativamente grande di campione ed è soggetta a fenomeni di aspecificità e background elevato. Inoltre, la maggior parte dei saggi ELISA si basano su amplificazione enzimatica del segnale al fine di ottenere una sensibilità più elevata. Tale amplificazione non è sempre lineare e può quindi alterare i risultati. Negli ultimi anni è emersa una nuova tecnologia che offre i vantaggi dell’ELISA, ma consente una maggiore produttività e flessibilità, utilizzo di un volume ridotto di campione e costi relativamente più bassi. La tecnologia Luminex xMAP si basa sull’uso di microsfere che permettono dosaggi sia in singolo che in multiplo per la determinazione qualitativa e quantitativa di proteine ed acidi nucleici.

Questa tecnica coinvolge circa 100 microsfere colorate (biglie di polistirene) create con l'uso di due coloranti fluorescenti a rapporti distinti. Queste microsfere possono essere ulteriormente coniugate con un reagente specifico per una determinata analisi biologica. I reagenti possono includere antigeni, anticorpi, oligonucleotidi, substrati enzimatici o recettori (ogni microsfera ha un colore fluorescente distinto per un determinato anticorpo e questo colore identifica una regione in uno spettro di fluorescenza).

Una volta che gli anticorpi di “cattura” sono stati legati alle microsfere si passa all’esecuzione del saggio che prevede l’incubazione delle microsfere con il campione in esame. Durante questa prima incubazione si forma un complesso microsfera-anticorpo primario -target. Per la quantificazione del target è necessario utilizzare un anticorpo secondario che porta una seconda marcatura fluorescente.

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Gli anticorpi secondari utilizzati sono stati biotinilati e attraverso un’incubazione con streptavidina-ficoeritrina è stata ottenuta la marcatura secondario

Lo strumento di lettura (Luminex X100, Bio-rad) sfrutta lo stesso principio del citofluorimetro per rilevare reazioni che avvengono sulla superficie delle microsfere fluorescenti e determinare la concentrazione dell'analita misurando la fluorescenza del colorante.

Fig.16: gli anticorpi di “cattura” legati alle microsfere

3.5 MILLIPLEX MAP KIT: ANGIOPOIETINA-2, IL-8, VEGF

Le cellule sono state coltivate in piastre da 24 pozzetti, co-stimolate con TNF-α (1-10ng/mL) e DB103 (10 e 50 µmol/L) ed apigenina (10 µmol/L) per 24 ore. Le concentrazioni impiegate sono state stabilite basandosi su studi precedenti (2,3) che dimostravano che il composto è ben tollerato dalle cellule anche alla concentrazione di 50µmol/L, mentre le concentrazioni di apigenina superiori a 10µmol/L risultavano tossiche alle cellule anche dopo 24 ore. Finito il tempo di stimolazione, il

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surnatante è stato prelevato dai pozzetti, centrifugato a 3000rpm per 15 minuti per eliminare i detriti, e congelato a -20°C fino all’analisi con milliplex map kit.

Come controllo e come diluente degli standards è stato utilizzato il medium serum free (MSF).

Figura17: preparazione degli standard

Dopo aver preparato tutti i reagenti e la curva di riferimento secondo le istruzioni dei kit, abbiamo aggiunto quantità appropriate di Standard o Controllo in una piastra da 96-wells, con quantità equivalenti di campione e microsfere in ciascun pozzetto.

Dopo overnight (16-20 ore) di incubazione a 2-8 °C su un agitatore per piastre, la piastra, posizionata su uno specifico supporto magnetico che tiene ancorate le sfere magnetiche in ciascun pozzetto, è stata lavata e sono stati aggiunti gli anticorpi secondari in ciascun pozzetto. Dopo 1 ora di incubazione in agitazione è stata aggiunta streptavidina-ficoeritrina in ciascun pozzetto. Dopo

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un’ulteriore incubazione di 30 minuti a temperatura ambiente, il contenuto è stato gentilmente rimosso (tenendo la piastra sul supporto magnetico) e per ogni pozzetto sono stati aggiunti 100 µl di Drive Fluid (fluido di azionamento) in cui le sfere sono state risospese.

Infine, la piastra è stata letta su un Luminex 200 ™, o MAGPIX e con il software xPONENT17, le concentrazioni di angiopoietina -2, IL-8 e VEGF sono state calcolate sui rispettivi standards di riferimento.

ANALISI STATISTICHE

I risultati sono stati espressi come media ± DS (deviazione standard). Il confronto tra due gruppi è stato effettuato con il test t di Student. Confronti multipli sono stati eseguiti tramite ANOVA seguito

da un test di confronto multiplo (post hoc test di Bonferroni).

I valori di p < 0,05 sono stati considerati statisticamente significativi. I dati sono stati analizzati con l'uso del software statistico SPSS 13.0 (SPSS Inc., Chicago, Ill, USA).53).

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RISULTATI

EFFETTO DEL DB103 SULL’ESPRESSIONE DI MCP-1 E IL-6 INDOTTA DAL TNF-α SULLE CELLULE ENDOTELIALI

Stimolando le cellule per 24 ore con TNF-α (10 ng/mL), come riportato in letteratura, viene indotta la produzione della citochina infiammatoria IL-6 e del fattore chemiotattico MCP-1, che vengono rilasciati nel surnatante delle colture endoteliali.

Poiché il DB103 è strutturalmente correlato ai flavonoidi, abbiamo valutato la sua efficacia confrontandola con l’azione del flavonoide apigenina.

In presenza del DB103, alla concentrazione di 10µmol/L, l’espressione delle citochine risulta significativamente diminuita.

L’inibizione di IL-6 risulta comparabile a quella dell’apigenina utilizzate alle medesime concentrazioni.

Per quanto riguarda la produzione di MCP-1, l’azione del composto in esame è significativa rispetto all’apigenina che risulta totalmente inefficace. I surnatanti cellulari sono stati prelevati e analizzati con il kit quantikine ELISA

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EFFETTO DEL DB103 SULL’ESPRESSIONE DI ANG2, IL-8 E VEFG INDOTTA DAL TNF-α SULLE CELLULE ENDOTELIALI

Stimolando le cellule per 24 ore con TNF-α (10 ng/mL), viene indotta la produzione della citochina infiammatoria IL-8 e dell’angiopoietina, che vengono rilasciati nel surnatante delle colture endoteliali.

L’espressione dei tre fattori angiogenetici è stata valulata mediante la tecnologia milliplex map immunoassay.

L’inibizione dell’angiopoietina indotta dal TNF- α è risultata più significativa di quella dell’apigenina sulla stessa citochina infiammatoria.

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Per quanto riguarda il VEFG come possiamo notare dal grafico seguente la sua espressione non avviene dopo 24 h di stimolazione con il TNF-α. La stimolazione con TNF-α non è sufficiente ad indurne l’espressione. In precedenti studi è stato infatti riportato un tempo di stimolazione di almeno 48 ore per rivelarne la sua presenza nel surnatante cellulare (30).

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DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

In questo studio abbiamo dimostrato che il composto di neosintesi DB103 è in grado di modulare l’espressione di una serie di fattori indotti dal TNF-α, coinvolti nel processo angiogenico.

Alcuni di questi fattori indotti, insieme al TNF-α, generano una condizione di infiammazione cronica, che è un elemento chiave del processo tumorale nelle varie fasi: dallo sviluppo alla progressione tumorale.

IL nostro composto DB103 si è dimostrato capace di ridurre la progressione tumorale rallentando l'angiogenesi attivata dall'infiammazione cronica dell'ambiente tumorale, caratterizzata dalla presenza di citochine come TNF-α ed altre chemochine coinvolto nello sviluppo angiogenico.

I risultati ottenuti dimostrano che il composto derivato del 2,3-difenilpirido [1,2-α] pirimidin-4-one riduce i livelli di IL-6 prodotta dalle cellule endoteliali a seguito della stimolazione ad opera del TNF-α, in maniera più significativa dell’apigenina.

Al contrario dell’apigenina il DB103 inibisce anche l’espressione del fattore chemiotattico MCP-1 indotta dal TNF-α. Queste modulazioni avvengono a concentrazioni non tossiche e compatibile con un suo eventuale utilizzo in vivo.

Il trattamento con DB103 riduce anche il rilascio di angiopoietina 2, una citochina che in sinergia con il VEGF promuove il processo di neovascolarizzazione.

Per quanto riguarda l’IL-8, il composto DB103 non ne influenza l’espressione, mentre l’apigenina si è dimostrata in grado di diminuirne significativamente i livelli.

In risultati precedenti il composto aveva dimostrato capacità di inibire la fosforilazione della proteina p65, considerata essenziale per l’espressione genica di IL-8. La mancata inibizione di IL-8 da parte del nostro composto potrebbe essere dovuta all’effetto su altre vie coinvolte nella trascrizione dell’IL-8 o addirittura sui processi post-trascrizionali, influenzandone la produzione ed il rilascio.

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In conclusione i risultati ottenuti dimostrano che il composto derivato del 2,3-difenilpirido [1,2-α] pirimidin-4-one regola alcuni aspetti coinvolti nell’angiogenesi patologica, condizione indotta da un sub-clinico overload di TNF-α.

Questi risultati insieme a quelli già pubblicati su questo composto, ci suggeriscono di implementare lo studio dell’intera classe di 2,3-difenilpirido [1,2-a] pirimidin-4-oni, sui meccanismi con i quali modulano la disfunzione endoteliale e l’angiogenesi indotta dal TNF-α, al fine di poterli un giorno utilizzare come integratori alimentari per aumentare o coadiuvare l'efficacia dei flavonoidi naturali nella prevenzione e cura dello sviluppo di malattie associate all’infiammazione cronica.

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