UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA
Dipartimento di Economia e Management Corso di Laurea Magistrale in
MARKETING E RICERCHE DI MERCATO
TESI DI LAUREA MAGISTRALE
Obsolescenza programmata e utilizzo dello smartphone: Analisi empirica sulle differenze tra obsolescenza funzionale e obsolescenza
psicologica RELATORE:
Prof. Matteo Corciolani
A.A. 2018/2019
CANDIDATA:
2 Dedico questa Tesi a miei genitori per la loro incessante, forse insistente, presenza ma anzitutto per l’aiuto che mi hanno dato e che
3 INDICE 1 INTRODUZIONE 5 2 FRAMEWORK TEORICO 8 2.1 Obsolescenza programmata 8 2.1.1 Storia 8 2.1.2 Definizione 11
2.1.2.a Obsolescenza funzionale 11
2.1.2.b Obsolescenza tecnologica 12
2.1.2.c Obsolescenza posticipata – ritardata 14
2.1.2.d Obsolescenza non programmata 16
2.1.2.e Obsolescenza psicologica 17
2.1.2.e.1 Obsolescenza estetica 17
2.1.2.e.2 Obsolescenza socioeconomica 18
2.2 Obsolescenza programmata e Construal Level Theory (CLT) 18
2.3 Construal Level Theory 19
2.3.1 Storia 19
2.3.2 Definizione 19
2.3.2.a Distanza temporale 25
2.3.2.b Distanza spaziale 26 2.3.2.c Distanza sociale 29 2.3.2.d Distanza ipotetica 30 3 METODOLOGIA 33 3.1 Esperimento 33 3.2 Obiettivi esperimento 37
3.3 Raccolta dati e campionamento 40
4 ANALISI DEI DATI ED ELABORAZIONE DEI RISULTATI 44
4.1 T-test 46
4.2 Modello generale lineare 52
4
4.2.b Modello generale lineare-BRAND 60
4.3 Analisi covariate 71
4.3.a Effetto di attaccamento al brand ed atteggiamento verso il business sul WOM in base alla manipolazione mediante CLT 4.3.b Effetto di attaccamento al brand ed atteggiamento verso il business sull’intenzione d’acquisto in base alla manipolazione mediante CLT 5 CONCLUSIONI 78
5.1 Implicazioni teoriche 78
5.2 Implicazioni manageriali 79
5.3 Limiti e sviluppi futuri 82
6 BIBLIOGRAFIA/ SITOGRAFIA 85 75 72
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1 INTRODUZIONE
Gli aggiornamenti del Mobility Report di Ericsson rappresentano la versione tecnologica dei rapporti Istat: puntano a conoscere quanto siamo connessi alla rete e formulano anche previsioni per il futuro. In particolare, nel corso del Mobile world Congress (Barcellona, 2017), è emerso che, al mondo, esistono più schede Sim che persone, con un tasso globale di penetrazione della telefonia mobile del 101% (2016). Sono attive 7,5 miliardi di sottoscrizioni alla telefonia mobile, con una crescita annua del 4%.
L’aumento esponenziale di tali numeri è legato al fatto che alcuni clienti posseggono più di una scheda Sim attiva e, soprattutto, come si evince dal rapporto Digital Global Overview (2017), sembra essere in relazione all’aumento del numero degli abbonamenti alla banda larga mobile e al continuo incremento di acquisizione di pacchetti dati sempre più corposi, resi necessari dall’effetto trainante dei social media e delle nuove piattaforme ed esigenze professionali.
L’agenzia creativa We Are Social, in collaborazione con Hootsuite, piattaforma per il social media management, nel 2018, afferma che più di quattro miliardi di persone accedono regolarmente a Internet (più della metà della popolazione mondiale).
In Italia l’accesso alla rete è effettuato, ogni giorno, da 34 milioni di persone e, secondo la fonte Globalwebindex (2018), il tempo medio di permanenza on line, è di 6 ore e 8 minuti al giorno, per ogni tipo di dispositivo e di 2 ore e 20 minuti per le apparecchiature mobili. Nel 2016 sono stati venduti circa 440 milioni di smartphone, che hanno rappresentato circa l’85% del totale dei cellulari venduti. Nonostante questi numeri e questa tendenza alla continua e vertiginosa crescita delle connessioni alla rete, nel corso del 2017, nel mondo, ma,
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soprattutto in Europa, si è registrata una riduzione delle vendite di smartphone, il cui mercato ha registrato una flessione, solo in piccola parte compensata dalla immissione in commercio di modelli più nuovi, attraenti e performanti. Il mercato viene considerato sostanzialmente saturo1.
Sono sorti, quindi, per le aziende, il problema e la esigenza di sostenere e rilanciare tale mercato, con strategie e campagne pubblicitarie aggressive, differenziate e mirate, con un ricorso sempre più massiccio alla obsolescenza programmata, in tutte le sue espressioni: da quella tecnologica, a quella psicologica, ritardata e funzionale2.
A supporto del marketing, sono sempre più presenti ed utilizzate analisi e valutazioni psicologiche, supportate da diversi modelli e strumenti di applicazione, sempre volti a valutare, analizzare, prevedere e, ove possibile, condizionare e guidare le reazioni comportamentali e le scelte del consumatore3.
Tuttavia, ad oggi, da una analisi della letteratura nazionale ed internazionale, non si evincono dati a supporto, o a critica, circa l’impiego e la applicazione di tali modelli al mercato degli smartphone. In questa tesi si è voluto, attraverso uno studio sperimentale, empirico valutare le differenze e l’impatto della obsolescenza programmata psicologica e funzionale sugli utilizzatori di smartphone e testare la applicabilità e la validità dell’utilizzo della Construal Level Theory (CLT) temporale, alla obsolescenza programmata.
L’elaborato inizia con una breve storia della obsolescenza programmata, seguita da una sua descrizione, in tutte le sue forme, quali quella tecnologica, quella psicologica, quella ritardata e quella funzionale, compresa quella non programmata, legata all’usura
1 www.wired.it/mobile/smartphone/2017/03/01/sim-ericsson-report/?refresh_ce= www.wired.it/internet/web/2018/01/30/digital-2018-dati/ 2 www.tecnologia.libero.it/cosa-e-lobsolescenza-programmata-e-perche-lo-devi-sapere-14395 3 https://www.pmi.it/professioni/283297/psicologia-applicata-al-marketing.html https://www.pmi.it/professioni/psicologia-e-risorse-umane/185758/marketing-e-psicologia.html
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naturale del prodotto.
Viene poi preso in esame il modello temporale della CLT, la sua funzione e la sua potenzialità applicativa.
Nella fase successiva si prende in considerazione l’esperimento, nella sua essenza e significato, nonché la metodologia di lavoro. Viene progettato e redatto un questionario, pubblicato on-line, che permette, empiricamente, l’analisi delle differenze tra obsolescenza funzionale e psicologica e la possibile ed eventuale sua interazione con la CLT.
Conclusa la fase preliminare dell’esperimento, si è proceduto alla descrizione del campione e alla raccolta dei dati che sono stati, nella fase successiva, analizzati e valutati, ricavandone i risultati.
Infine, nelle conclusioni, vengono esposte le implicazioni teoriche e manageriali dell’elaborato con i suoi limiti ed i possibili sviluppi futuri.
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2 FRAMEWORK TEORICO
2.1 OBSOLESCENZA PROGRAMMATA 2.1.1 STORIA
La OP viene descritta per la prima volta, nel 1932, da parte di B. London. L’autore, nella sua pubblicazione “Ending the Depression Through Planned Obsolescence”, la definisce una sorta di rimedio per aiutare a risolvere i problemi economico-industriali legati alla grande depressione iniziata, negli Stati Uniti, negli anni precedenti.
In realtà i primi accenni, seppur ancora embrionali del concetto di obsolescenza programmata, applicato al settore dell’abbigliamento, risalgono all’ultimo decennio del XVI secolo, quando Nicolas Barbon, un economista e speculatore finanziario inglese, considerato uno dei primi sostenitori e teorico del libero mercato, affermava che "La moda,
o l’usura dell'abito è un grande promotore del commercio, perché incrementa le spese per gli abiti: induce una maggiore circolazione e si rivolge a tutti i tipi di merci: mantiene in movimento il grande corpo degli scambi "(Maycroft 2009).
È attribuita, però, a Clifford Brooks Stevens, designer statunitense che si occupava di design nel campo dell’arredamento, dei trasporti e dei motori, automobili in particolare, la paternità, nel suo significato più moderno ed attuale del concetto di obsolescenza programmata che, ventidue anni dopo la prima enunciazione di London, la ridefinì come la pratica di "Instillare nel compratore il desiderio di possedere
qualcosa un po' più nuovo, un po' meglio, un po' prima del necessario”4.
Nei primi decenni del XX secolo, in particolare, obsolescenza era sinonimo di obsoleto, scaduto in termini di pregio, validità ed efficienza.
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Un prodotto veniva, cioè, sostituito soltanto quando non era più riparabile ed utilizzabile.
Negli anni successivi, al contrario, il significato di obsoleto cambiò progressivamente, perché, quale volano di studi, ricerche e sperimentazioni, i prodotti venivano significativamente migliorati nei materiali, nella tecnologia, nella produzione, nella ergonomia, con una conseguente spinta, nei confronti del consumatore, alla sostituzione di un vecchio prodotto con uno nuovo, sicuramente più efficiente, ergonomico e sicuro.
Esempi tipici della evoluzione in tale senso del mercato, sono quelli della Casa automobilistica statunitense General Motors (GM) che sostituì l’avviamento a manovella dell’auto, pericoloso, complesso e difficoltoso, con lo starter elettrico.
Sempre alla General Motors venne riconosciuta, negli anni successivi, l’intuizione di modificare questo concetto di obsolescenza, con uno più moderno, cioè la sostituzione di un prodotto con un altro più nuovo, non dettata, però, da motivi di necessità, ma solo per semplice desiderio di rimpiazzare il vecchio con il nuovo. Quindi, nessuna necessità pratica alla sostituzione del prodotto.
Ancora, GM, nel 1923, sviluppò una strategia di marketing aggressiva e pionieristica che avrebbe stravolto il mercato e cioè quella di non attendere lo sviluppo di nuove auto che prevedessero sostanziali novità tecnologiche, ma continuare e incrementare le vendite progettando automobili che venissero concepite in modo tale da "rendere le auto
nuove più desiderabili e attirando potenziali acquirenti nello showroom", cioè identiche nella sostanza, ma con piccole e
insignificanti migliorie prettamente estetiche (Slade 2006).
Questa strategia funzionò alla perfezione: infatti GM incrementò notevolmente il volume di affari vendendo auto a clienti che acquistavano nuove auto spinti da motivazioni meramente estetiche, e non tecnologiche.
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Si trattò di un cambiamento epocale nell'atteggiamento dei consumatori, che per la prima volta acquistavano per piacere e non per necessità.
Questo passaggio motivazionale è stato facilitato e reso possibile anche dai cambiamenti del momento storico e, soprattutto, dal netto miglioramento della condizione socioeconomica statunitense.
Un altro esempio storico di obsolescenza programmata riguarda la creazione, nel 1924, a Ginevra, del sindacato Phoebus5, da parte delle più importanti aziende mondiali nel settore della illuminazione (Philips, Osram, General Electric), con lo scopo dichiarato di controllare e monopolizzare la produzione di lampadine elettriche, progettate per non durare più di 1000 ore, a fronte della durata media, per allora, di 2500 ore.
Il fenomeno, per molti anni, è passato inosservato, misconosciuto, sicuramente sottovalutato, fino a quando in un recentissimo passato (2017) si è riproposto prepotentemente alla ribalta e all’attenzione del consumatore, dei mercati, dei media e della giurisprudenza nazionale ed internazionale che, per la prima volta, si è trovata di fronte al vibrante problema di legiferare, giudicare e sanzionare in merito. Si tratta del paradigmatico caso del processo ai brand Apple e Samsung6, relativamente alle linee iPhone 6 e Note 4, accusate e sanzionate, con multe di 10 e 5 milioni di euro rispettivamente, a causa di molteplici violazioni del codice del consumo e di obsolescenza programmata.
Le aziende in questione hanno creato prodotti con batterie non rimovibili dal cliente e dalla durata ridotta. Ciò significava che si sarebbe dovuto inviare il prodotto in assistenza, con la conseguenza di trovarsi di fronte spese eccessive, non commisurate e sproporzionate rispetto al valore del pezzo da sostituire. In buona sostanza, il
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https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/20/obsolescenza-programmata-cose-e-perche-e-ora-di-una-legge-anche-in-italia/3323650/
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consumatore veniva costretto anzitempo a sostituire il vecchio prodotto con uno nuovo.
2.1.2 DEFINIZIONE
L’obsolescenza programmata è un fenomeno diffuso nelle aziende che producono beni durevoli; consiste nella riduzione deliberata, consapevole e pianificata, della durata del funzionamento di un prodotto, per aumentarne il tasso di sostituzione7. Le aziende, quindi, pianificano e introducono deliberatamente obsolescenza ai loro prodotti. È per questo motivo che si parla di obsolescenza pianificata, o programmata (London 1932, Bullow 1986, Stevens 1960, Stanford University8).
Il ciclo di vita del prodotto si riduce, diminuendo, quindi, l’intervallo di tempo necessario al cliente per acquistare un nuovo prodotto. Se il marketing è ben progettato, il consumatore continuerà a rimanere fedele al brand ed i benefici aziendali derivanti dalla riduzione del ciclo di vita saranno molto consistenti9.
L'obsolescenza si è diversificata nel corso degli anni, per molteplici cause, fra cui pianificazioni e programmazioni aziendali, progressi tecnologici, strategie di ordine psicologico e fattori ambientali. Si possono, pertanto, distinguere differenti e molteplici forme di obsolescenza, sempre e comunque a vantaggio delle aziende produttrici, quali: funzionale, tecnologica, psicologica e posticipata, ed infine si può individuare anche l’obsolescenza non programmata (Keeble 2013, Sindi S. e Roe M. 2017, Guiltinan 2009, Kotler 2017, Spacey 201710, Williams 201411). 7 https://obsolescenzaprogrammata.it/ 8 https://www.gsb.stanford.edu/faculty-research/working-papers/economic-theory-planned-obsolescence 9 https://www.smallbusinessitalia.it/obsolescenza-programmata/ 10 https://simplicable.com/new/planned-obsolescence 11 https://earthbound.report/2014/05/26/three-forms-of-obsolescence/
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Naturalmente questa distinzione della obsolescenza in varie forme nasce da esigenze di analisi e descrizione del fenomeno, molto complesso, articolato e abitualmente frutto della coesistenza delle sue differenti forme che verranno adesso esaminate nel dettaglio.
2.1.2.a OBSOLESCENZA FUNZIONALE
L'obsolescenza funzionale può essere suddivisa in due categorie: “naturale” e “forzata” (pianificata). È importante sottolineare che quella “naturale”, può essere indipendente dalla pianificazione e dalle strategie aziendali, ma legata a fattori casuali, o a difetti e usura di parti del prodotto12 (Keeble 2013, Sindi S. e Roe M. 2017, Guiltinan 2009, Kotler 2017, Spacey 2017, Williams 2014).
Per esempio, è il caso di un oggetto, ormai fuori produzione, che subisce un guasto, a suo tempo riparabile, ma che allo stato attuale non è più riparabile perché i pezzi di ricambio non sono più disponibili, oppure perché i loro costi sarebbero insostenibili se paragonati al valore del prodotto.
È la situazione che si verifica, per esempio, nel caso di guasti ad automobili da tempo fuori produzione per le quali la riparazione e la sostituzione dei pezzi danneggiati potrebbe far lievitare i costi, anche maggiori del valore di mercato della automobile stessa.
D’altro canto, il confine fra naturale e forzato può essere, però, anche molto sfumato: basti pensare che una azienda, deliberatamente, potrebbe cessare la fornitura di parti e servizi, influenzando e forzando, così, il decadimento naturale del prodotto.
È molto più facile e probabile trovarsi di fronte ad esempi di obsolescenza forzata che, a differenza della naturale, è consapevolmente progettata e pianificata, per esempio utilizzando per
12 https://obsolescenzaprogrammata.it/
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la fabbricazione di un prodotto, o di alcune sue parti, materiali scadenti, o poco resistenti alla usura.
2.1.2.b OBSOLESCENZA TECNOLOGICA
L'obsolescenza tecnologica è, probabilmente, la più diffusa oggi ed è anche, forse, entro certi termini, la più necessaria, considerando l’esigenza di un continuo, costante e progressivo miglioramento tecnologico.
Consiste nell’apportare periodici rinnovamenti ad un prodotto,
indipendentemente da un miglioramento sostanziale del
funzionamento del prodotto stesso, ma consistenti in piccole migliorie, accattivanti che catturano l’attenzione ed il desiderio del consumatore, ma che non cambiano in modo tangibile e significativo la efficienza del prodotto13.
In sostanza, per parecchi anni si sfrutta un progetto apportando, nel breve periodo, piccole modifiche (Keeble 2013, Sindi S. e Roe M. 2017, Guiltinan 2009, Kotler 2017, Spacey 2017, Williams 2014, Ford 201014, Barreca 200015).
Solo dopo aver ampiamente sfruttato il progetto le aziende, abitualmente in accordo con grandi clienti, o distributori, immettono sul mercato nuovi prodotti, realmente migliori e più innovativi dei precedenti.
Un tipico esempio è rappresentato dalle compagnie di telefonia mobile che tendono ad immettere sul mercato un modello aggiornato, o un nuovo modello ogni anno. Tale pratica coincide, di solito, con il rinnovo di un contratto di telefonia mobile, consentendo al consumatore di poter sempre utilizzare telefoni di ultima generazione.
13 https://obsolescenzaprogrammata.it/
14https://www.researchgate.net/publication/303933504_Technological_obsolescence_Insights_from_the
_PC_industry
14
Cellulari e tablet sono i prodotti che, in assoluto e più di frequente, subiscono aggiornamenti e presentano un turnover più rapido.
Altri prodotti dall’elevato contenuto tecnologico come PC e televisori, nonostante le evidenti affinità con cellulari e tablet, sembrano, invece, meno soggetti a frequenti aggiornamenti.
Ciò è essenzialmente dovuto ad almeno due cause, entrambe legate al consumatore.
Da un lato, l’aspettativa di una più prolungata vita media del prodotto renderebbe improduttiva la commercializzazione di un nuovo prodotto, per esempio, ogni 6 mesi, quando il consumatore è orientato alla sua sostituzione entro tempi più lunghi.
Dall’altro lato, proprio in tema di televisori e PC, il consumatore tende a non avere una percezione immediata e chiara delle eventuali potenzialità del nuovo prodotto. In buona sostanza, potrebbe non avere senso commercializzare un nuovo prodotto in anticipo sui tempi, quando, cioè, i tempi non sono ancora maturi, perché le sue caratteristiche non verrebbero percepite e comprese per una cultura tecnica non ancora all’altezza.
Paradigmatico e chiarificatore è l’esempio di Microsoft, che nel 2001 era pronta a commercializzare il primo tablet, ma l’approccio al mercato, per quanto il prodotto fosse eccellente ed altamente performante, si è rivelato un fallimento, perché introdotto alla vendita troppo in anticipo sui tempi (almeno 10 anni) e troppo innovativo. Il consumatore non era in grado di percepire, credere ed apprezzare la novità.
Ecco, quindi, che un ulteriore parametro si affaccia nell’universo marketing: il momento storico.
Tali considerazioni hanno fortemente influenzato il pensiero, tanto da introdurre un nuovo orizzonte di obsolescenza, e cioè quella psicologica.
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2.1.2.c OBSOLESCENZA POSTICIPATA - RITARDATA
L'obsolescenza posticipata si manifesta quando una azienda possiede la tecnologia più innovativa, avanzata e di ultima generazione che potrebbe essere fornita a tutte le linee di prodotti, ma, per decisione strategica di mercato e di politica aziendale, decide di dotarla solo ai propri prodotti di punta (Keeble 2013, Sindi S. e Roe M. 2017).
Il consumatore ha a disposizione una scelta più ampia, potendo optare, a proprio piacimento, fra i prodotti a più alto contenuto tecnologico e più costosi, oppure rivolgere la propria attenzione a quelli meno performanti, ma più economici.
Le aziende che hanno creato una tecnologia in anticipo sui tempi hanno a disposizione due scelte: rischiare e immettere la tecnologia sul mercato, incorporandola in un nuovo modello, con il possibile rischio di fallimento commerciale del prodotto, ma anche, tuttavia, a un possibile suo grande successo; oppure mantenere la tecnologia, brevettarla e riservarla finché i tempi non saranno maturi.
Anche questo approccio di pazienza e prudenza potrebbe comportare il rischio che i concorrenti potrebbero dotarsi di una tecnologia molto simile e approfittarne.
Ricerca, progettazione, sperimentazione e costi di realizzazione della nuova tecnologia tenuta in stand-by, non utilizzata per scelta commerciale, avrebbero, pertanto un elevatissimo rischio di essere vanificati e perdere tutto il loro valore.
Tale scelta delle aziende di diversificare il contenuto tecnologico fra prodotti di fascia differente è eticamente comprensibile, accettabile e rispettosa anche secondo il consumatore.
L’esempio è fornito dalla industria elettronica che fornisce schermi ad alta definizione solo ai propri cellulari e tablet di alta gamma, oppure dalla industria automobilistica che mette a disposizione il meglio delle innovazioni tecnologiche solo ai modelli di fascia più alta.
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Naturalmente, essendo la ricerca ed il progresso tecnologico in continuo divenire e miglioramento, le dotazioni tecnologiche, oggi appannaggio solamente dei prodotti più esclusivi, non appena disponibili nuove soluzioni, saranno messe anche a disposizione dei modelli più economici.
Nel campo automobilistico, per esempio, i sensori che percepiscono uno stato di sonnolenza del pilota, o i sistemi di frenata, o parcheggio automatico che fino a un recentissimo passato erano accessori riservati solo alle ammiraglie, oggi sono disponibili anche su molte utilitarie.
2.1.2.d OBSOLESCENZA NON PIANIFICATA
L’obsolescenza non pianificata, a differenza delle precedenti, non può essere programmabile16. Infatti, è sicuramente una delle forme di obsolescenza più temibili e pericolose per le aziende.
Essa è imputabile a circostanze impreviste, al di fuori del controllo progettuale, sperimentale e realizzativo aziendale e del marketing dedicato.
Potrebbe rappresentare il risultato di cambiamenti legislativi, o di nuove scoperte rivoluzionarie, o legate alla evidenza che uno o più materiali utilizzati per la fabbricazione di un prodotto risultino dannosi o tossici.
Intere linee di prodotto, in questi casi, possono risultare inutilizzate e inutilizzabile con tutte le conseguenze del caso (Keeble 2013, Sindi S. e Roe M. 2017, Guiltinan 2008, Kotler 2017, Spacey 2017, Williams 2014).
L’obsolescenza non pianificata, dunque, si verifica inconsapevolmente e può essere paralizzante e devastante sia sotto il profilo produttivo che quello legale ed economico.
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Un'azienda senza una buona conoscenza del mercato ed una pre-programmata campagna di marketing, può realizzare un prodotto, ma successivamente scoprire che un'altra azienda ha realizzato un prodotto che rende obsoleti i propri.
Sotto alcuni aspetti si potrebbe parlare di obsolescenza tecnologica, ma che, nel caso specifico, è anche non pianificata.
Il consumatore è poco influenzato da questo tipo di obsolescenza; il suo coinvolgimento è limitato alla impossibilità, indipendente dalla propria volontà, di acquistare quel prodotto.
2.1.2.e OBSOLESCENZA PSICOLOGICA
Negli ultimi anni, la psicologia ha fatto prepotentemente ingresso nel mondo dell’industria, al fine di focalizzare e stimolare le esigenze, i gusti, le aspettative del consumatore, indirizzando le sue scelte.
Attraverso l’obsolescenza psicologica, basata su strategie di marketing e pubblicità, si crea nell’intimo del consumatore un continuo desiderio di comprare e consumare prodotti presentati come nuovi e allettanti17. La psicologia è andata ad assumere e giocare un ruolo sempre più preponderante in ambito di obsolescenza. Consiste nell’influenzare e modificare, senza che il consumatore ne abbia coscienza, il suo comportamento, i suoi gusti, le sue pulsioni, tanto da generare il desiderio di acquistare nuovi prodotti per soddisfare un sogno, una propria e soggettiva esigenza e non per una necessità reale, oggettiva18.
La psicologia può influenzare il concetto di obsolescenza di un prodotto da parte del consumatore e convincerlo alla sostituzione del prodotto, in diversi modi, sfruttando, soprattutto, i suoi punti di maggiore
17 https://obsolescenzaprogrammata.it/
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fragilità e debolezza, quali: il senso estetico (il desiderio di apparire) oppure di emancipazione socioeconomica19.
2.1.2.e.1 OBSOLESCENZA ESTETICA
Si verifica quando in seguito alla continua proposta di prodotti sempre diversi, di apparenza, morfologia, stile diversi, creando così una moda che rende, agli occhi del consumatore, il vecchio prodotto meno desiderabile da un punto di vista meramente estetico e non funzionale, con conseguente esigenza della sua sostituzione e rinnovamento. Si tratta del tipico caso della industria tessile e dell’abbigliamento (Keeble 2013, Sindi S. e Roe M. 2017, Guiltinan 2008, Kotler 2017, Spacey 2017, Williams 2014).
2.1.2.e.2 OBSOLESCENZA SOCIOECONOMICA
Si manifesta quando la spinta alla sostituzione di un prodotto, ancora perfettamente funzionante, è dettata da un desiderio di emancipazione, di promozione sociale ed economica (Corciolani M, 2015). Il possedere quel determinato prodotto rappresenta agli occhi della società un punto di arrivo, uno status symbol che contribuisce, nell’immaginario, a sancire e confermare il ruolo di prestigio raggiunto dal possessore del prodotto.
Il campo di estensione di questo tipo di obsolescenza spazia dall’industria di prodotti automobilistici, elettronici e similari20.
2.2 CONSTRUAL LEVEL THEORY E OBSOLESCENZA PROGRAMMATA Dimostrata la importante influenza della psicologia sul fenomeno della obsolescenza programmata, pur in una sostanziale quasi totale assenza di riscontri nella letteratura nazionale ed internazionale,
19 https://matthewckw.wordpress.com/2012/06/10/what-i-want-to/
19
sembra ragionevole affermare che si possa stabilire una relazione fra obsolescenza psicologica e Construal level theory (CLT), branca della psicologia sociale che descrive la relazione tra la distanza psicologica e la misura della percezione, astratta, o concreta, relativamente a un oggetto o un evento, nella mente delle persone21.
Infatti, nel tentativo di comprendere il comportamento dei consumatori nel loro processo di acquisto e di spiegare come la distanza psicologica possa influenzare i pensieri e il comportamento delle persone nella valutazione di un prodotto o di un servizio, S.Shyam Prasad ha preso spunto dalla psicologia sociale adottando la teoria del livello di Construal (CLT) (S.Shyam Prasad 201622).
Proprio in considerazione della scarsità di riferimenti bibliografici reperibili in letteratura, in questo elaborato si è voluto sperimentare la possibile e verosimile attendibilità della applicazione della CLT alla obsolescenza programmata per facilitare e ottimizzare la progettazione di strategie commerciali e di marketing aziendale, al fine di influenzare i consumatori nelle loro scelte di acquisto.
Tale teoria si propone in particolare lo studio e l’analisi di come la “distanza psicologica” rispetto ad un oggetto possa influenzare il consumatore nei suoi confronti. Di seguito viene approfondito questo tema.
2.3 CONSTRUAL LEVEL THEORY 2.3.1 STORIA
La Construal Level Theory (CLT) è una teoria sviluppata, per la prima volta, da Trope e Liberman, nell’ambito della psicologia sociale, alla fine degli anni novanta, con l'obiettivo di studiare come la distanza
21 https://www.alleydog.com/glossary/definition.php?term=Construal+Level+Theory+%28CLT%29 22 http://www.marketexpress.in/2016/12/understanding-consumer-psychology-construal-level-theory.html https://www.psicologianeurolinguistica.net/2018/05/distanza-psicologica-la-construal-level-theory-clt.html
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psicologica influenzi la risposta delle persone nei confronti di oggetti, eventi o comportamenti (Trope e Liberman, 1998, 2003, 2010).
Fino ad oggi, sebbene in un recente passato vi siano stati alcuni autori che si sono dedicati allo studio della distanza psicologica (Lewin, 1951; Duncan e Fantino, 1972), non è ancora stato messo a punto un paradigma strutturato di ricerca in tema di CLT.
2.3.2 DEFINIZIONE
La CLT è una teoria recentemente sviluppatasi nell’ambito della psicologia sociale cognitiva, con l’obiettivo di studiare gli effetti della distanza psicologica sul modo in cui le persone elaborano le informazioni, sui loro giudizi e comportamenti (M. Giacomantonio et al., 2010, Trope e Liberman, 2003, 2010).
Il principio generale si fonda sul fatto che quanto più un oggetto/evento è distante dall'individuo, tanto più sarà avvertito in modo astratto, mentre, più sarà vicino, tanto più verrà percepito in modo concreto. Quindi, tanto più un oggetto/evento è distante dalla nostra esperienza diretta, tanto più è psicologicamente distante da noi, mentre tanto più è vicino, tanto più è psicologicamente presente. Liberman et al. (2007) sottolineano anche che le stime di queste distanze sono soggettive e variabili.
Secondo la CLT tutto questo è possibile grazie al formarsi di costrutti mentali astratti ogniqualvolta le persone pensano a qualcosa di psicologicamente distante dalla loro esperienza diretta, costrutti che consentono di trascendere il qui ed ora e di fare previsioni sul futuro, ricordare il passato e immaginare le reazioni altrui (Trope, Liberman e Wakslak, 2007). Dunque, la distanza psicologica è egocentrica: il suo punto di riferimento è il sé, qui ed ora, ed i diversi modi in cui un oggetto può essere rimosso da quel punto di riferimento attraverso il tempo, lo spazio, la distanza sociale e l'ipoteticalità, costituiscono diverse dimensioni della distanza stessa (Trope e Liberman, 2010).
21
Poiché le distanze hanno tutte il medesimo punto di riferimento egocentrico, sono correlate cognitivamente le une alle altre ed influenzano e sono influenzate dal livello di construal: con l’aumentare della distanza psicologica, il livello di construal diventa più astratto, viceversa, quando il livello di astrazione diminuisce, diminuisce anche la distanza psicologica (Wakslak et al., 2008).
Supportando questa analisi, la ricerca mostra che (I) le varie distanze sono cognitivamente correlate l'una all'altra, (II) in modo simile influenzano e sono influenzate dal livello della costrizione mentale, ed infine, (III) influenzano in modo simile la previsione, la preferenza e l'azione.
Nell’intimo della CLT vi è l’ipotesi che ognuna di queste dimensioni di distanza psicologica abbia un effetto determinante sul livello di construal adottato, cioè sul modo in cui le persone interpretano, percepiscono e comprendono la realtà.
Più nello specifico, quando un oggetto è collocato ad un’elevata distanza psicologica (ad esempio, in un altro continente geografico), esso non può essere oggetto di esperienza diretta e la conseguente mancanza di informazioni dettagliate e concrete porterà ad adottare un alto livello di construal dell’oggetto, cioè a creare rappresentazioni astratte, decontestualizzate, psicologicamente meno coinvolgenti. Il risultato di questo processo mentale è simile ad uno schema, poiché organizza attivamente la conoscenza integrando diverse caratteristiche dell’oggetto/evento intorno ad elementi semplici e generali (Smith e Trope, 2006; Schul, 1983; Smith, 1998).
Proprio in funzione della semplicità e della schematicità, gli elementi che tipicamente possono essere inclusi in questo tipo di rappresentazioni sono quelli primari, centrali, prototipici e sovraordinati di una situazione come, ad esempio, gli scopi che determinano un’azione (Fiske e Taylor,1991).
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Secondo la CLT, la distanza di un individuo dagli oggetti e dagli eventi è associata a quanto astrattamente l’individuo stesso li rappresenterà o li interpreterà.
Costruire oggetti ed eventi in diversi livelli di astrazione riflette le differenze concettuali (quali informazioni vengono riportate alla mente) e le differenze percettive (come vengono elaborate le informazioni) (Förster et al., 2009).
La CLT divide, quindi, i costrutti mentali in due livelli: il livello alto e il livello basso.
Tanto più l’evento/oggetto è ritenuto distante psicologicamente ed astratto dal soggetto, tanto più la loro distanza sarà maggiore e, quindi, il livello sarà alto.
Percettivamente, i costrutti di livello superiore coinvolgono l'elaborazione ampia e globale di informazioni su oggetti ed eventi, mentre quelli di livello inferiore riguardano l'elaborazione di tali informazioni (Fujit et al., 2006; Forster et al., 2009)
I construals di alto livello consistono in rappresentazioni schematiche, decontestualizzate ed includono poche caratteristiche sovraordinate o centrale di un evento.
Tanto più, invece, l’evento/oggetto è ritenuto dal soggetto vicino psicologicamente e concreto, tanto più la loro distanza sarà bassa e quindi il livello sarà basso.
Construals di basso livello consistono in rappresentazioni prive di una struttura, contestualizzate, ed includono caratteristiche subordinate ed incidentali di un evento.
Sulla base delle teorie della categorizzazione, della formazione concettuale e dell'identificazione dell'azione (Vallacher & Wegner, 1987), consideriamo le costruzioni di alto livello come rappresentazioni mentali relativamente astratte, coerenti e sovraordinate, rispetto alle costruzioni di basso livello.
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Passare da una rappresentazione concreta di un oggetto a una rappresentazione più astratta comporta il mantenimento di caratteristiche centrali e l'omissione di caratteristiche che per l'atto stesso dell'astrazione sono considerate accidentali. Per esempio, passando dalla rappresentazione di un oggetto come "telefono cellulare" alla sua rappresentazione come "dispositivo di comunicazione", omettiamo le informazioni sulla dimensione.
Passando dalla rappresentazione di un'attività come "giocare a palla" alla sua rappresentazione come "divertirsi", omettiamo la palla. Le rappresentazioni concrete si prestano tipicamente a molteplici astrazioni. Per esempio, un telefono cellulare potrebbe essere interpretato anche come un "piccolo oggetto", e "giocare a palla" potrebbe essere interpretato come "esercitarsi". Una rappresentazione astratta viene selezionata in base alla sua rilevanza per i propri obiettivi (Trope, Liberman e Wakslak, 2007).
Quindi, se il proprio obiettivo è quello di contattare un amico, allora "un dispositivo di comunicazione" è rilevante, ma le dimensioni non lo sono. Dal punto di vista di tale obiettivo, il telefono cellulare potrebbe essere sostituito (cioè, sarebbe concettualmente vicino) da un computer desktop con una connessione a Internet.
Se, tuttavia, il proprio obiettivo è quello di borseggiare un oggetto di valore, allora la dimensione è un attributo rilevante, e la funzione è meno rilevante. Dato questo obiettivo, il telefono cellulare potrebbe essere sostituito (cioè, sarebbe concettualmente vicino) da un portafoglio.
Come i dettagli irrilevanti, i dettagli che non sono coerenti con la rappresentazione astratta scelta sono omessi dalla rappresentazione o ad essa assimilati. Per esempio, il dettaglio che il gioco della palla è lento verrebbe omesso o modificato una volta che l'attività è rappresentata come "esercizio". Poiché le rappresentazioni astratte impongono necessariamente una delle tante interpretazioni
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alternative, e poiché dettagli irrilevanti o incoerenti vengono omessi o assimilati ad esse, queste rappresentazioni tendono ad essere più semplici, meno ambigue, più coerenti, più schematiche e più prototipiche delle rappresentazioni concrete (Fiske & Taylor, 1991; Smith, 1998). È importante notare, tuttavia, che le costruzioni di livello superiore non sono semplicemente più impoverite, o vaghe di quelle di livello inferiore. Spesso trasmettono informazioni supplementari sul valore dello stimolo e sulle sue relazioni con altri stimoli. Per esempio, "divertirsi" comporta molte caratteristiche che non sono una parte ovvia del "giocare la palla fuori" (ad esempio, la valenza) e colloca l'attività in un contesto più ampio specificando le sue relazioni con altri concetti (ad esempio, una parte). Pertanto, il processo di astrazione comporta non solo la perdita di informazioni specifiche, idiosincratiche e accidentali, ma anche l'attribuzione di un nuovo significato dedotto dalle conoscenze memorizzate e organizzato in rappresentazioni strutturate.
Ad esempio, si potrebbe pensare ai “bambini che giocano a palla” a livello alto o basso. Se si pensasse all'attività dei bambini ad alto livello, si potrebbe descrivere questa attività come "bambini che si divertono". Considerando che, se si pensa all'attività dei bambini a un livello basso, ci si concentrerà su dettagli più specifici e immediati, come il colore della palla o l'età dei bambini. Al livello più basso, viene posta maggiore enfasi su come la situazione è diversa dalle altre.
Il CLT sostiene che le persone usano livelli sempre più alti di costruzione per rappresentare un oggetto all'aumentare della distanza psicologica dall'oggetto. Questo perché è più probabile che i construals di alto livello, rispetto ai construals di basso livello, rimangano invariati man mano che ci si avvicina a un oggetto o si allontana da esso. Per esempio, l'obiettivo di livello superiore per contattare un amico è più stabile nel tempo rispetto all'obiettivo più concreto di inviargli un'e-mail, perché una connessione Internet potrebbe non essere disponibile
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quando si sta effettivamente cercando di contattare l'amico. Da una prospettiva temporalmente distante, è quindi più utile interpretare questa azione in termini di obiettivo di alto livello piuttosto che di obiettivo di basso livello. Lo stesso vale per le altre distanze. Così, le categorie astratte tendono a cambiare meno a seconda della distanza sociale. Per esempio, più persone usano dispositivi di comunicazione che telefoni cellulari, e quindi la prima costruzione è più utile per relazionarsi con individui socialmente distanti. Anche il mantenimento della costanza percettiva sulla distanza spaziale richiede astrazione. Identificare un oggetto in luoghi vicini e lontani come se fosse lo stesso richiede la formazione di un concetto astratto (ad esempio, una sedia) che omette caratteristiche accessorie (ad esempio, aspetti prospettici specifici e variazioni contestuali, come il modo in cui l'ombra di una sedia cade sul pavimento e la sua dimensione retinica) e mantiene caratteristiche essenziali e relativamente invarianti (ad esempio, la sua forma complessiva e le sue proporzioni). L'uso di costruzioni astratte di alto livello per rappresentare oggetti psicologicamente distali è quindi indispensabile per un funzionamento efficace in molti campi: per sviluppare la costanza dell'oggetto, per orientarsi nello spazio, per pianificare il futuro, per imparare dal passato, per relazionarsi e comprendere le altre persone, e per considerare risultati e linee d'azione alternative.
La distanza psicologica si compone di quattro sottodimensioni: la distanza temporale, la distanza spaziale, la distanza sociale e la distanza ipotetica.
2.3.2.a DISTANZA TEMPORALE
La distanza temporale è stata la prima dimensione ad essere studiata ed approfondita in modo esaustivo, in tema di CLT. Numerosi lavori hanno analizzato il modo in cui le persone rappresentano eventi temporalmente vicini (presenti) o distanti (passato o futuro) (Trope,
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Liberman 2007, 2010, 2011, Shyam Prasad 2016). In presenza di scadenze più brevi gli individui sono maggiormente produttivi, meno stressati ed i risultati sono migliori23.
La strategia psicologica per gestire correttamente la distanza temporale consiste nel visualizzare il futuro: ad esempio, in presenza di uno stato d’ansia per la realizzazione di un progetto, bisogna immaginare di averlo già portato a termine. Concentrarsi sui risultati immediati aiuta il rilassamento e l’efficienza.
L'elevata distanza temporale, rispetto alla breve distanza, comporta rappresentazioni più astratte e schematiche.
A tal riguardo, Liberman, Sagristano e Trope (2002) sostengono che gli individui preferiscono inquadrare un insieme di oggetti, se immaginati in un futuro lontano, in poche e ampie categorie.
Al contrario, quando gli stessi oggetti vengono immaginati in un futuro prossimo, vengono raggruppati in un numero maggiore di categorie di minore ampiezza.
Basandosi sulla CLT è, quindi, possibile ipotizzare che tali eventi saranno rappresentati in modo più astratto rispetto a quelli collocati nel passato prossimo o nel presente.
Questo discorso vale anche per un lontano passato, poiché, spesso, molte informazioni sono inaccessibili per l’uno e per l’altro caso. Kyung, Menon e Trope (2009) dimostrano che, non solo al variare della distanza temporale varia il tipo di rappresentazione utilizzata, ma anche che rappresentazioni di tipo astratto inducono gli individui a collocare gli oggetti e gli eventi in un tempo più lontano rispetto alle rappresentazioni più concrete, che venivano visualizzate in un tempo più prossimo, in ottemperanza al modello di McClelland e coll. (1995), secondo cui coesistono due sistemi mnemonici separati, uno lento ed uno veloce.
23 www.psicologianeurolinguistica.net
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Il sistema ad apprendimento veloce assimila le informazioni di tipo concreto, mentre il sistema ad apprendimento è deputato al recepimento delle informazioni astratte.
Il sistema di apprendimento veloce ha capacità ridotte, quindi, nel tempo, le informazioni, per non andare perdute, devono essere trasferite al sistema di apprendimento lento. Secondo questo modello i ricordi (Semin e Smith, 1999) di un passato distante essendo comunicati in modo astratto sono più facilmente accessibili (Kyung e coll., 2009) utilizzando un construal di alto livello.
2.3.2.b DISTANZA SPAZIALE
Esiste una relazione bidirezionale tra rappresentazione mentale e distanza spaziale.
La distanza spaziale o geografica esistente durante le quotidiane relazioni di comunicazione è aumentata in modo significativo nell'ultimo decennio: infatti, i siti di telecomunicazione mobile e di social networking appaiono in incremento continuo e vanno diffondendosi in modo sempre più capillare (Henderson M. D. et al., Horrigan, 2008; Stone, 2007; Wortham, 2009).
Una elevata distanza spaziale è, oggi, un aspetto comune di molti dei contesti in cui gli individui formano giudizi e prendono decisioni. Ad esempio, i dipendenti ora interagiscono di continuo con i loro superiori, clienti e colleghi su grandi distanze tramite e-mail o sistemi di messaggistica istantanea (Derfler, 2000), e molte interazioni non professionali (ad esempio, relazioni romantiche) si verificano con grandi quantità di distanza spaziale tra persone (Stafford, 2005). Gli umani sembrano dotati unicamente della loro capacità di coordinare la loro vita intorno a informazioni che non sono immediatamente presenti (Atance & O'Neill, 2001; Roberts, 2002), anche se sostengono che la capacità di navigare oltre l’ora ha svolto un ruolo chiave nel facilitare il successo degli esseri umani come specie (Suddendorf e Corballis, 2007).
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La maggiore distanza spaziale riduce l’impatto, la percezione della rilevanza di oggetti o di eventi (Latané, 1981).
Latané, Liu, Nowak e Bonevento (1995), Williams e Bargh (2008) hanno dimostrato una minor capacità di convincimento e coinvolgimento di gruppi di persone su altri con l’aumentare della loro distanza fisica, geografica; allo stesso modo elevate distanze spaziali rendono gli individui psicologicamente più distanti tra loro.
Secondo la CLT gli eventi lontani sono sostanzialmente irrilevanti, quindi, di minor impatto. Essi sono anche rappresentati mentalmente in modo radicalmente differente rispetto agli eventi spazialmente più prossimi.
Oltre a questa valutazione di distanza spaziale in senso orizzontale, con il loro studio Meyers-Levy e Zhu (2007) hanno esaminato gli effetti, sempre in termini di distanza spaziale, ma anche in senso verticale. Infatti, il campione, in presenza di spazi verticali (per esempio le altezze) più ampi mostra un più elevato grado di integrazione e astrattezza ideative. I soffitti più alti hanno portato i partecipanti a utilizzare categorie più ampie e un linguaggio più astratto per classificare gli oggetti.
Questi risultati suggeriscono che sia le distanze spaziali orizzontali che verticali possono avere effetti similari sulle costruzioni mentali delle persone. La ricerca futura, tuttavia, dovrà stabilire se questi risultati sono unicamente determinati dalla distanza verticale del soffitto dal partecipante o dalla percezione di un aumento più generale della dimensione globale della stanza.
La distanza spaziale è una delle più facili da manipolare. Essendo, infatti, dimostrato che quando allontani da te un oggetto diminuisce l’interesse per questo, ma se ti avvicini, il tuo interesse aumenta può essere, questa distanza, utilizzata, ad esempio, anche come “trucco” in attività di marketing ma anche attività personali come nella dieta.
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Per ottenere una rappresentazione mentale di eventi distanti è necessario affidarsi a livelli più elevati di costrutti, come per esempio schemi e prototipi, in considerazione della loro maggiore stabilità e affidabilità (Liberman et al., 2007; Trope e Liberman, 2003, 2010). In particolare, la CLT prevede che al crescere della distanza spaziale aumenti la probabilità di effettuare una rappresentazione astratta dell’oggetto o evento considerato.
Infatti, nel corso del tempo le persone sviluppano un'associazione bidirezionale tra distanza e rappresentazione mentale (Bar-Anan, Liberman e Trope, 2006); gli eventi più distanti evocano le strutture di livello superiore e le strutture di livello superiore conferiscono un senso di maggiore distanza e quindi astrazione. Questa associazione deve essere generalizzata e consentire una elaborazione anche in situazioni in cui si è in possesso di informazioni affidabili sulle caratteristiche concrete e di basso livello di oggetti ed eventi distanti.
2.3.2.c DISTANZA SOCIALE
La terza dimensione psicologica, ovvero la distanza sociale, si riferisce alla misura in cui un individuo concepisce sé stesso influenzato da un oggetto o un evento.
La distanza sociale è il grado in cui due o più gruppi o individui sociali sono collegati tra loro. Consiste nel modo di interazione fra un individuo, indipendentemente dal suo sesso, con gli altri membri del gruppo. Tanto più i gruppi sono più simili e tanto minore sarà la loro distanza. Viceversa, tanto maggiori saranno le difficoltà di relazione con i membri del gruppo e tanto maggiore sarà la loro distanza sociale24 (Trope, Liberman 2007, 2010, 2011, Shyam Prasad 2016, Fujita et al. 2006, Kim et al. 2008, Stephan et al. 2010).
24 www.psicologianeurolinguistica.net
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La ridotta distanza sociale permette di acquisire informazioni specifiche e dettagliate rispetto ai sentimenti ed i pensieri delle altre persone, dando così la possibilità di comprendere la complessità dell’altro. Questo darà vita a rappresentazioni degli altri basate su elementi concreti che tengono in considerazione anche gli elementi contestuali e, più in generale, tutte le informazioni più specifiche e di dettaglio. Al contrario, rispetto a coloro che sono socialmente distanti, è più probabile che le persone creino rappresentazioni più astratte e basate su categorie ampie e schematiche.
La somiglianza interpersonale è un'altra forma di distanza sociale. Questa è stata esaminata da Liviatan, Trope e Liberman (2008). Secondo i loro studi tanto più una persona è simile ad un’altra, tanto più queste saranno vicine socialmente, invece, quanto più un'azione di una persona è dissimile da quella di un’altra, tanto più sarà interpretata in termini più astratti. Quindi, la somiglianza funziona come una forma di distanza psicologica.
L’ipotesi prevede che persone simili (ad esempio persone che hanno frequentato gli stessi corsi universitari, oppure che hanno gli stessi hobby), sono percepite meno distanti psicologicamente.
Jones e Nisbett, nel 1972, hanno dimostrato, mediante la ricerca sugli effetti attore-osservatore, le differenze notevoli nel livello di construal adottato tra il “sé e gli altri”.
Secondo la loro ricerca le persone tendono a fornire spiegazioni situazionali del proprio comportamento basate su informazioni concrete e contestuali (ad esempio, "ho calpestato il piede del mio vicino perché l'autobus era affollato"). Al contrario, nel fare inferenze relative ad altri, le persone enfatizzano il ruolo causale delle disposizioni stabili e centrali (ad esempio, "ha calpestato il piede del vicino perché è maldestro").
Le persone quindi tendono ad adottare un livello di construal basso, e quindi più concreto, per interpretare le proprie azioni e alto, quindi più
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astratto, per interpretare le azioni degli altri, proprio in funzione della distanza sociale.
Tuttavia, le persone tendono a rappresentare anche sé stesse utilizzando un alto livello di construal quando viene richiesto loro di assumere la prospettiva di una terza persona.
Analogamente, Libby e Eibach (2002), hanno constatato che immaginare l’esecuzione di una attività (ad esempio, arrampicarsi su una roccia, suonare la batteria) da una prospettiva in terza persona produce relazioni meno vivide e ricche di particolari rispetto all’immaginare la stessa attività da una prospettiva in prima persona. La distanza sociale, dunque, si accorcia quando siamo in grado di sostituirci all’altro ed essere empatici. Al contrario, si allunga quando ricorriamo ad un linguaggio più astratto e spersonalizzato, o quando non ci mostriamo ricettivi al suo discorso e non convalidiamo le sue emozioni.
2.3.2.d DISTANZA IPOTETICA
Questa dimensione dipende dalla probabilità che un evento si verifichi. Secondo la CLT, eventi altamente probabili verranno elaborati ad un livello basso e gli eventi altamente improbabili verranno elaborati a un livello elevato. Quindi le rappresentazioni di eventi più probabili saranno considerate come più concrete rispetto alle rappresentazioni di eventi meno probabili, le quali saranno considerate più astratte (Trope, Liberman 2007, 2003, 2010, Shyam Prasad 2016, Fujita et al. 2006, Kim et al. 2008, Stephan et al. 2010).
Uno schema astratto, esprimendo gli aspetti essenziali di un evento a prescindere da una sua manifestazione concreta, meglio rappresenta, infatti, un evento improbabile.
Vengono tenuti in conto gli aspetti non mutevoli, in assenza del sopraggiungere di ulteriori nuove informazioni concrete.
Un esempio relativo a questo tipo di distanza è rappresentato dal caso di uno studente che ricerca un coinquilino per un alloggio studentesco.
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Se le probabilità di trovare un compagno di stanza sono basse, lo studente visualizzerà l’evento, semplicemente come molteplici possibilità astratte, ad esempio trovare un nuovo coinquilino, instaurare un nuovo legame sociale, oppure una forma di risparmio sul canone di locazione.
Nel caso in cui le probabilità di trovare un compagno di stanza siano elevate, verrà più spontaneo ed immediato pensare alla data del trasloco, alla logistica, o alla suddivisione delle attività domestiche, mentre, dettagli, questi raramente affrontati nel contesto di una bassa probabilità.
Questa ipotesi è stata confermata dallo studio di Wakslak, Trope, Liberman e Roten Alony (2006) che prevedeva di richiedere ai partecipanti, suddivisi in due bracci, di comporre frasi di senso compiuto utilizzando alcune parole a loro disposizione. Nel primo braccio le frasi erano legate ad eventi improbabili (ad esempio, il suo arrivo non è atteso) mentre nel secondo braccio di studio le frasi da comporre erano legate ad eventi probabili (ad esempio, il suo arrivo è atteso).
I rappresentanti del primo braccio di studio, e cioè quelli con priming di eventi improbabili, hanno riferito descrizioni di alto livello cosa che non è accaduta, invece, ai partecipanti del secondo braccio di studio e cioè quelli con priming di eventi probabili.
Al pari delle altre dimensioni di distanza psicologica, l’associazione tra ipoteticità e astrazione della rappresentazione è di natura bidirezionale e cioè ad una rappresentazione concreta conseguirà la percezione che l’evento probabilmente accadrà.
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3 METODOLOGIA
3.1 ESPERIMENTO
Il concetto di causa è uno dei più controversi e difficili da interpretare in termini operativi (Corbetta 1999).
Lo strumento principe di valutazione empirica di una relazione causale è l’esperimento. Esso, a differenza dell’ambito puramente scientifico può essere utilizzato, nelle scienze sociali, soltanto in alcuni casi. Per esserci un nesso di causa, infatti, un fenomeno deve essere sempre connesso ad un altro e da esso generato.
In pratica, si realizza una legge causale25 tra due fenomeni X (variabile indipendente) e Y (variabile dipendente) quando si osserva empiricamente che una variazione di X è regolarmente seguita da una variazione di Y, mantenendo costanti tutte le altre possibili cause di Y. In questo caso si è di fronte a un consistente elemento empirico di rafforzamento (corroborazione) dell’ipotesi che X sia causa di Y, anche in assenza di una prova assoluta, sul piano empirico, di una legge causale26 fra i due fenomeni (Corbetta 1999).
Per corroborare un’ipotesi di relazione causale tra due variabili, è quindi necessario disporre di elementi empirici su tre aspetti:
1. COVARIZIONE di variabile indipendente e dipendente→ si verifica quando al variare della variabile indipendente, simultaneamente varia la variabile dipendente. Per esempio, per confermare l’ipotesi teorica che l’individualismo sociale è causa di una elevata percentuale di suicidi è necessario avere a disposizione campioni caratterizzati da differenti gradi di individualismo. Infatti, non si potrebbero effettuare osservazioni empiriche circa percentuale di suicidi e coesione sociale, se il tasso di individualismo fosse uguale in tutti i gruppi di studio. Quindi, alla luce della
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http://www.unife.it/medicina/lm.odontoiatria/insegnamenti/igiene/materiale/lezioni-statistica-medica-1b0-anno/lezione-7-misurare-la-causalita.pdf
26http://www.coris.uniroma1.it/sites/default/files/Lezione%20%20%2011%20e%2020%20novembre%2
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covariazione delle variabili, per riscontrare un nesso causale fra individualismo sociale e tasso di suicidio, bisogna osservare che nei gruppi ad elevato grado di individualismo si manifesta anche una elevata percentuale di suicidi;
2. DIREZIONE CAUSALE→ al variare della variabile indipendente consegue una variazione di quella dipendente, ma non viceversa. Quindi, una variazione a senso unico, non bidirezionale. Per esempio, per individuare il nesso causale tra variabile titolo di studio e variabile retribuzione professionale è necessario osservare che il titolo di studio influenzi la posizione retributiva-lavorativa.
Essa può essere stabilita empiricamente in due modi:
I. Manipolazione della variabile indipendente, come succede nell’esperimento;
II. Criterio della successione temporale in cui si osserva che la variazione della variabile indipendente precede cronologicamente la variazione della variabile dipendente; 3. CONTROLLO DELLE VARIABILI ESTRANEE→ è la necessità di escludere che la variazione della variabile dipendente sia imputabile ad altre cause (che potrebbero essere loro stesse le all’origine della variazione della variabile dipendente). Per esempio, se il tasso di suicidi aumenta passando da regioni a prevalenza cattolica a quelle a prevalenza protestante, ma se tutte le regioni cattoliche sono per esempio italiane e quelle protestanti inglesi, non siamo in grado di affermare se il differente tasso di suicidi risiede nella religione o nella nazionalità (Corbetta 1999).
Due sono le metodiche per il controllo empirico del concetto di causalità: una, che ha uno sviluppo naturale, non manipolato e che corrisponde all’analisi della covariazione, mentre, la seconda, l’esperimento, rappresenta una situazione artificiale creata in
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laboratorio e dove la variazione di una variabile è prodotta dal ricercatore.
In questo elaborato verranno sfruttate le potenzialità dell’esperimento. Possiamo definire l’esperimento come una forma di esperienza su fatti
naturali che si realizza a seguito di un deliberato intervento modificativo da parte dell’uomo, e quindi come tale si contrappone alla forma di esperienza che deriva dall’osservazione dei fatti nel loro svolgersi naturale (Corbetta 1999).
Consiste, in pratica, nell’analisi della covariazione in una situazione artificiale nella quale il ricercatore manipola la variabile indipendente. Mentre l’analisi della covariazione è una mera e semplice osservazione dello svolgersi di un fenomeno che si realizza naturalmente, l’esperimento consiste dunque nella produzione artificiale del fenomeno stesso.
Alla base dell’esperimento, consideriamo che se un fenomeno X causa un fenomeno Y, determinando una variazione di X e tenendo costanti tutte le altre variabili, si deve sempre osservare una variazione di Y. Quindi l’esperimento è caratterizzato dalla manipolazione di X e dal controllo delle altre variabili27 (Corbetta 1999).
L’esperimento prevede l’esistenza di un braccio di sperimentazione ed uno di controllo, bracci che devono essere costituiti secondo le leggi del caso (per esempio mediante sorteggio) al fine di rendere i gruppi mediamente uguali, “equivalenti”, per quanto riguarda le caratteristiche delle diverse componenti. È questo il concetto di randomizzazione. In questo modo è possibile controllare anche tutte le possibili variabili di disturbo.
I due gruppi si differenziano per la variabile indipendente X che viene introdotta dal ricercatore solo nel gruppo sperimentale, quindi, la
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http://www.unife.it/medicina/lm.odontoiatria/insegnamenti/igiene/materiale/lezioni-statistica-medica-1b0-anno/lezione-7-misurare-la-causalita.pdf
http://www.coris.uniroma1.it/sites/default/files/Lezione%20%20%2011%20e%2020%20novembre%20 2014%20-%20Analisi%20causale%20ed%20esperimento_0.pdf
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manifestazione dell’effetto Y, sarà conseguenza della variazione di X e non di altre variabili.
Nell’esperimento, data l’ipotesi che X sia causa di Y, provocando una variazione di X su un certo numero di soggetti e mantenendo costanti tutte le altre possibili cause di variazione della Y, dobbiamo osservare negli stessi soggetti una variazione di Y.
Quindi, manipolazione della variabile indipendente e controllo delle variabili di disturbo sono gli elementi caratterizzanti dell’esperimento. Nell’esperimento il ricercatore produce una variazione di X (variabile indipendente) in una situazione controllata e misura quanto varia Y. “Produce” in quanto il ricercatore manipola dall’esterno la variabile indipendente e cioè la fa variare. “Situazione controllata” in quanto mediante la randomizzazione dei gruppi mantiene sotto controllo tutte le altre variabili e garantisce che essi si differenzino esclusivamente per la variazione della variabile indipendente28 (Corbetta 1999).
L’esperimento rappresenta l’elemento migliore e più affidabile nell’ambito della rilevazione empirica delle relazioni causali. Tuttavia, in ambito sociale, la gran parte delle variabili non è manipolabile, salvo qualche eccezione, soprattutto in ambito psicologico.
Oltre al vantaggio di essere ripetibile e di rappresentare il metodo di ricerca più idoneo nello studio della relazione causale, l’esperimento permette di isolare dei fenomeni specifici altrimenti non altrettanto ben studiabili in condizioni naturali, per la presenza di fattori di disturbo, “di fondo”, presenti nella vita reale.
I limiti del metodo sperimentale sono, però, rappresentati dall’artificialità e non rappresentatività.
Artificialità in termini di artificialità ambientale, reattività dei soggetti sperimentali, sperimentatore compreso, con il cosiddetto “effetto dello
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http://www.unife.it/medicina/lm.odontoiatria/insegnamenti/igiene/materiale/lezioni-statistica-medica-1b0-anno/lezione-7-misurare-la-causalita.pdf
http://www.coris.uniroma1.it/sites/default/files/Lezione%20%20%2011%20e%2020%20novembre%20 2014%20-%20Analisi%20causale%20ed%20esperimento_0.pdf
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sperimentatore” e cioè il trasferimento involontario delle aspettative dal ricercatore ai soggetti sperimentali, influenzandone il comportamento.
Non rappresentatività nel senso che i risultati dell’esperimento potrebbero non essere riferiti all’intera popolazione o, in ogni caso, a gruppi di popolazione differenti da quello studiato, essenzialmente per due motivi: ampiezza del campione e criteri di selezione dei soggetti sperimentali.
L’esperimento risulta, in ultima analisi, ideale per lo studio di problemi specifici e circoscritti quali dinamiche di interazione tra individui, analisi dei gruppi e di quei fenomeni che possono essere collocati in segmenti limitati di tempo, di spazio e di numero di persone coinvolte.
Un esempio di esperimento è quello proposto da Corbetta 1999 circa l’interrogativo teorico della influenza sul voto politico della propaganda elettorale televisiva. Suddividendo il campione, per esempio, di 200 individui, randomizzato (per esempio a sorteggio) in modo da eliminare tutte le variabili di disturbo in due gruppi omogenei, con la differenza che ad un gruppo viene richiesto di seguire i programmi di campagna elettorale televisiva e all’altro, invece, di non seguire assolutamente questo tipo di programma29 (Corbetta 1999).
Se, per esempio, la maggior parte dei voti (variabile dipendente) fosse appannaggio del gruppo esposto alla visione dei programmi televisivi di propaganda politica si potrebbe certamente affermare che la visione dei programmi elettorali (variabile indipendente) abbia influenzato il risultato del voto.
29 http://www.unife.it/medicina/lm.odontoiatria/insegnamenti/igiene/materiale/lezioni-statistica-medica-1b0-anno/lezione-7-misurare-la-causalita.pdf
http://www.coris.uniroma1.it/sites/default/files/Lezione%20%20%2011%20e%2020%20novembre%20 2014%20-%20Analisi%20causale%20ed%20esperimento_0.pdf
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3.1.1 OBIETTIVI ESPERIMENTO
La CLT dimostra, come abbiamo già visto, la grande importanza che la distanza psicologica assume nelle valutazioni e decisioni individuali. Non si evincono in letteratura nazionale e internazionale informazioni circa l’applicazione dei principi della CLT alla obsolescenza programmata.
Alla luce dell’assenza in letteratura di tali informazioni, nell’elaborato si è voluto sperimentare se i principi della CLT, in particolare distanza temporale, possono essere messi in relazione e applicati alla obsolescenza programmata di tipo estetico/socioeconomico e funzionale.
Per la realizzazione dell’esperimento si è scelto di utilizzare la situazione della necessità di acquisto di un nuovo smartphone e studiare le reazioni dell’intervistato.
Esso si articola in 3 tempi.
Il primo tempo, randomizzato, consiste nella manipolazione dell’intervistato, applicando la CLT e, nello specifico, la distanza temporale per verificare se l’obsolescenza sulle variabili dipendenti analizzate (“emozioni”, “intenzione d’acquisto” e “passaparola positivo”) viene in qualche modo modulata dalla CLT.
Esso prevede due scenari differenti equamente distribuiti e randomizzati nei due bracci dello studio.
Nel primo si richiede di immaginare di acquistare il nuovo smartphone immediatamente, mentre, nel secondo, l’acquisto è procrastinato a un tempo più lontano (qualche mese) (figura 1 e figura 2).
Figura 2 Scenario Vicino
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Nella seconda fase si prospettano altri due scenari che riguardano, l’uno l’obsolescenza estetica/socioeconomica (psicologica) e, l’altro, la
obsolescenza funzionale. Nel primo scenario, infatti, si mostra che l’azienda realizza obsolescenza estetica/socioeconomica attraverso campagne pubblicitarie aggressive tramite una comunicazione ad hoc, stimolando il desiderio di acquistare il modello previsto per l’anno successivo, nettamente prima che quello precedente sia totalmente obsoleto. In altre parole, il consumatore avvertirà l’esigenza di possedere il nuovo modello soprattutto per soddisfare la propria esigenza di riconoscimento sociale. In questo caso l’azienda enfatizza la qualità estetica come elemento determinante la durata del prodotto (figura 3).
Il secondo scenario, invece, mostra che l’azienda realizza obsolescenza funzionale attraverso la manipolazione e la alterazione, deliberate, del prodotto che comportano un suo precoce invecchiamento, con conseguente peggioramento delle sue prestazioni e del suo funzionamento in generale. Con modifiche ad hoc l’azienda si pone lo scopo di rendere necessario l’acquisto del nuovo modello di smartphone anche se quello presente sul mercato è ancora performante ed attuale. In questo caso l’azienda, per realizzare obsolescenza punta all’utilizzo di materiale di scarsa qualità quale fattore determinante la durata del prodotto.
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A differenza della situazione precedente dove l’esigenza di sostituire il dispositivo era soggettiva, psicologica, in questo secondo caso il mal funzionamento dell’apparecchio rende obbligatorio il nuovo acquisto a prescindere dallo stato d’animo del rispondete (figura 4).
Vengono, in questa seconda fase, valutate e quantificate le reazioni degli intervistati.
Nella terza ed ultima fase, si raccolgono, in forma anonima, i dati personali dei rispondenti (età, sesso, titolo di studio e posizione lavorativa).
In ultima analisi l’obiettivo dell’esperimento è valutare l’impatto e la possibilità di utilizzo della manipolazione della mente del rispondente, attraverso la CLT (distanza temporale), sulla obsolescenza estetica/socioeconomica e su quella funzionale.
3.2 RACCOLTA DATI E CAMPIONAMENTO
Il metodo di ricerca utilizzato per la raccolta dei dati, al fine della realizzazione dell’esperimento, oggetto di questa tesi di laurea, è di tipo quantitativo, ossia utilizza dati numerici, o, comunque, dati che possono successivamente essere facilmente valutati statisticamente. Misura il comportamento, le opinioni e le attitudini di un campione di “respondent” molto ampio. Quindi, va a quantificare, misurare e