• Non ci sono risultati.

Genetica e Filosofia. Gli interventi di ingegneria genetica "negativa" e "positiva" sull'essere umano

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Genetica e Filosofia. Gli interventi di ingegneria genetica "negativa" e "positiva" sull'essere umano"

Copied!
187
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

Facoltà di Lettere e Filosofia

Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere Corso di laurea in Filosofia e Forme del Sapere

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

GENETICA E FILOSOFIA

GLI INTERVENTI DI INGEGNERIA GENETICA “NEGATIVA” E “POSITIVA” SULL’ESSERE UMANO

RELATORE

Prof. Francesco Giunta

CANDIDATO Lorenzo Palleschi

(2)

Is life just a game where we make up the rules While we're searching for something to say Or are we just simply spiralling coils Of self-replicating DNA?

(3)

Indice

Introduzione ...1

Parte Prima: Introduzione alla genetica: storia, biologia ed etica ...4

Capitolo I: La genetica molecolare ...5

1. L’ingegneria genetica ...6

2. Reazioni e sviluppi ...9

3. Il futuro della genetica...11

Capitolo II: L’eugenetica novecentesca ...12

1. La nascita dell’eugenetica ...12

2. Il fine eugenetico ...13

3. La dottrina eugenetica e le basi scientifiche ...16

4. I mezzi: eugenetica positiva e negativa ...18

5. L’eugenetica nazista ...21

6. Verso un’eugenetica liberale ...23

Capitolo III: Determinismo genetico e i rischi dell’approccio riduzionistico ...26

1. Il giglio nero ...26

2. Il Doppio Y ...28

3. Il gene del guerriero ...30

4. Clonazione ...33

5. Determinismo: il problema della libertà ...36

6. Genetica e comunicazione ...39

Parte Seconda: L’ingegneria genetica “negativa” e “positiva” ...40

(4)

Sezione I: Ingegneria genetica “negativa” ...43

Capitolo IV: Gli screening genetici ...44

1. DTC genetic testing ...44

2. Medical genetic screening ...46

3. Rischi e benefici: la figura del consulente genetico ...46

4. Tutela della privacy genetica ...48

5. Database genetici e il problema della discriminazione ...50

Capitolo V: Screening genetico prenatale ...54

1. Rischi e benefici ...55

2. La problematica questione dell’aborto ...56

3. Preimplantation Genetic Diagnosis: Una forma di selezione eugenetica? ...58

4. Questioni morali e giuridiche ...60

4.1 Wrongful Abortion e Wrongful Birth ...60

4.2 Wrongful Life ...61

4.3 La critica dell’incoerenza ...63

4.4 La china scivolosa ...64

4.5 Definire una vita degna di essere vissuta ...65

Capitolo VI: Terapia genica ...68

1. CRISPR ...69

2. Linea Somatica e Linea Germinale: Differenze morali? ...70

2.1 L’autonomia ...72

2.2 Il vantaggio evolutivo ...73

2.3 La natura umana e l’imperfezione genetica ...75

(5)

4. Il dibattito internazionale ...77

Capitolo VII: Diritti dei disabili e il pericolo della nuova (eu)genetica ...80

1. Il concetto di disabilità ...82

2. Change society, not individuals ...84

3. Il valore della vita umana ...86

4. La comunità Sorda contro la genetica: un genocidio culturale? ...92

5. Il problema della non-identità ...97

Sezione II: Ingegneria genetica “positiva” ...101

1. Nobel Babies ...101

Capitolo VIII: Sex selection ...104

1. Ragioni mediche ...106

2. Preferenze, Discriminazione, Sex Ratio ...107

Capitolo IX: Altre questioni di genetica riproduttiva ...114

1. Nascere in una provetta ...114

2. Crescere in una “tank” ...114

3. Dolly e il futuro della clonazione umana ...115

Capitolo X: Designer Children: Barare alla lotteria genetica ...119

1. Stabilire dei limiti ...120

2. Superare i limiti ...123

3. Una fondamentale obiezione di principio ...125

4. Utopia e Distopia ...130

5. Genitori e Figli (geneticamente modificati) ...137

(6)

Sezione III: Genetica “negativa” e “positiva”: considerazioni etiche ...146

Capitolo XI: Il diritto a un futuro aperto ...148

1. Il diritto a un futuro aperto ...148

2. Ingegneria genetica negativa ...149

3. Ingegneria genetica positiva ...150

Capitolo XII: Il mito della perfezione ...155

1. Il concetto di perfezione ...155

2. I superuomini di domani ...160

Considerazioni Finali ...163

1. Transumanesimo e Cyberpunk ...163

2. Genetica Positiva e Negativa: Possibile fine di una dicotomia ...165

3. Responsabilità ...166

4. Ristabilire (provvisoriamente) dei limiti ...170

5. Conclusioni ...171

Bibliografia ...174

Filmografia ...180

(7)

1

Introduzione

Questo lavoro ha l’obiettivo di analizzare il problema che l’ingegneria genetica moderna pone alla filosofia e alla bioetica. L’argomento di questa tesi sarà limitato alla sola ingegneria genetica applicata all’uomo, in quanto si ritiene che questo sia uno degli

ambiti più interessanti per comprendere la portata rivoluzionaria che le nuove biotecnologie potrebbero avere non solo sull’organismo-biologico umano ma anche sulla società e, soprattutto, sul concetto filosofico di umanità stessa.

Di fronte al potere di creare la vita e di ingegnerizzarla a livello genetico, la filosofia non può rimanere indifferente. Ha il dovere di indagare e valutare la qualità dei rischi e i benefici della nuova genetica e allo stesso tempo identificare (o prevedere) i nuovi problemi che potrebbero nascere dall’applicazione pratica di queste tecnologie.

In questa tesi, dopo alcuni capitoli di necessaria introduzione, verrà presa in considerazione la distinzione tra ingegneria genetica “negativa” e ingegneria genetica “positiva”. Contemporaneamente, verranno analizzati i problemi morali legali all’eugenetica, al fine di verificare se sia corretto criticare e porre dei limiti agli interventi di ingegneria genetica moderna paragonandola al suo scomodo antenato.

Nel primo capitolo verranno analizzate le tappe fondamentali della rivoluzione genetica, partendo dalla nota pubblicazione di James D. Watson e Francis Crick, attraverso la quale veniva rivelata al mondo la struttura a doppia elica del DNA. Il secondo capitolo tratterà la storia e i caratteri generali (cioè i fini, i mezzi e l’ideologia) dell’eugenetica di primo Novecento, con lo scopo di metterli a confronto con i programmi genetici

(8)

2 moderni e mostrare quanto sia effettivamente realistico il timore di una nuova deriva eugenetica. Il terzo capitolo sarà invece dedicato al tema del determinismo genetico e rappresenta la premessa alla questione del rapporto geni-comportamento. Facendo riferimento a celebri casi giudiziari, verrà criticata la facile semplificazione riduzionistica, secondo la quale l’identità genetica corrisponde all’identità personale.

La seconda parte rappresenta invece il vero focus della ricerca.

Per descrivere i rischi inerenti alla genetica è stata spesso adottato l’argomento del pendio scivoloso. La genetica “negativa”, con finalità terapeutiche, è generalmente posta in cima di questo pendio, quella “positiva” è invece all’estremità opposta. Sfruttando la distinzione ormai classica tra interventi negativi e positivi, verranno ripercorse le argomentazioni di questo pendio per cercare di capire se le problematiche sollevate da queste argomentazioni siano veramente fondate.

Nel quarto capitolo verrà approfondito il tema degli screening genetici, e in particolare quello dei rischi che derivano dalla gestione di queste informazioni e del ruolo che la figura del consulente genetico. Il capitolo quinto è dedicato agli screening prenatali la cui discussione comporta la necessità di introdurre il problema dell’aborto. Infine verrà analizzata la sfida che i casi giudiziari di wrongful life pongono alla moderna filosofia. Nel sesto capitolo verrà presentata la questione della terapia genica, una forma di terapia medica che sembra essere, grazie alle nuove tecnologie, prossima ad una effettiva realizzazione. Nel corso della trattazione verranno analizzate alcune posizioni a favore e contro la terapia genica e, in particolare, si guarderà alla differenza morale tra quegli interventi che potranno produrre modifiche in un solo individuo e quelli che invece renderanno ereditabili queste stesse modifiche. Il settimo capitolo è stato dedicato alla

(9)

3 questione dell’eugenetica e alla reazione, fortemente ostile, che alcuni movimenti per i diritti dei disabili hanno opposto all’ingegneria genetica terapeutica, la quale veniva accusata di volere eliminare la diversità e di essere quindi una pratica discriminatoria. Nei capitoli seguenti verrà analizzato, alla luce delle nuove teorie dell’eugenetica liberale e delle critiche dei bio-conservatori, il problema dell’ingegneria genetica positiva. Il capitolo ottavo riporterà alcune considerazioni sulla sex selection, cioè sulla possibilità di scegliere, grazie alla combinazione di screening prenatali e fertilizzazione in vitro, il sesso di un nascituro. Nel capitolo nono verranno riassunte le questioni della clonazione e dell’ectogenesi. Il capitolo decimo affronterà invece il grande problema dei designer children e più in generale del potenziamento genetico umano.

Nell’ultima sezione, dopo aver analizzato alcune questione etiche legate all’ingegneria genetica “negativa” e “positiva”, si discuteranno i possibili rischi (ma anche le opportunità) di un’umanità geneticamente potenziata. Il capitolo dodicesimo offrirà alcuni spunti sul concetto di perfezione genetica.

Nel capitolo conclusivo verrà messa in evidenza la necessità di risvegliare una nuova riflessione filosofica che si occupi delle problematiche poste dai nuovi interventi di ingegneria genetica e che mostri la liceità morale di alcuni interventi di natura positiva sull’uomo e sui viventi in senso lato.

(10)

4

PARTE PRIMA

(11)

5

Capitolo I La genetica molecolare

Il 28 febbraio 1953, Francis Crick1, facendo il suo ingresso al The Eagle, pub frequentato dallo staff dell’Università di Cambridge, esclamò: “We had found the secret

of life!”2. Per Crick, il segreto della vita era la struttura a doppia elica del DNA, l’acido desossiribonucleico, da lui descritta ed analizzata insieme a James D. Watson3 a partire dalle immagini a raggi X di Rosalind Franklin4. La scoperta venne pubblicata su Nature il 25 aprile 19535.

La scoperta di Crick e Watson, per la quale ottennero il Nobel nel 1962, era il punto di arrivo di più di mezzo secolo di ricerche sui principi chimici e biologici dell’ereditarietà dei caratteri. Nonostante la relativa giovinezza della genetica, i fattori che hanno portato alla sua nascita hanno radici antichissime e hanno interessato il dibattito filosofico-scientifico per secoli. Tuttavia fu la riscoperta degli scritti di Gregor Mendel6 agli inizi del Novecento a ridare linfa alla ricerca7 e a contribuire al passaggio tra la genetica

1

Francis Crick è stato un biologo molecolare americano. Dopo aver ottenuto un posto da ricercatore all’università di Cambridge nel 1947, Crick si dedicò agli studi di genetica insieme a James D. Watson. Negli anni successivi alla scoperta della struttura a doppia elica del DNA, Crick si impegnò a decifrare la struttura del codice genetico.

2 J.D. WATSON, The Double Helix. A Personal Account of the Discovery of the Structure of DNA, Simon & Schuster, New York, 1998, p. 197.

3 James D. Watson è un biologo statunitense. Fin da giovane si interessò agli studi di genetica e fu un membro del cosiddetto “gruppo del fago”, un gruppo di scienziati appassionati di genetica batterica. Dopo aver pubblicato gli esiti delle sue ricerche sulla struttura del DNA, Watson continuò ad occuparsi di genetica e, nel 1989, venne nominato direttore del Progetto Genoma Umano.

4J.D. WATSON, F.H.C. CRICK, Molecular Structure of Nucleic Acids. A Structure for Deoxyribose

Nucleic Acid in «Nature» 171 (1953).

5 L’articolo, pur nella sua brevità, ebbe una fortissima risonanza nella comunità scientifica, tanto da essere considerato il punto di partenza degli studi della genetica molecolare.

6

Per aver dimostrato sperimentalmente le tre leggi dell’ereditarietà, Mendel è considerato il padre della genetica classica.

7 Il termine genetica venne coniato da William Bateson nel 1906 mentre il sostantivo gene venne usato per la prima volta da Wilhelm Johannsen, nel 1909, per indicare le unità materiali di trasmissione dei

(12)

6 classica e la genetica molecolare. L’esistenza degli acidi nucleici (DNA e RNA) era nota ben prima della scoperta della struttura a doppia elica8, così come era già stata ipotizzata la loro importanza nell’ambito dell’ereditarietà9

. Tuttavia non era stata ancora descritta la loro struttura e non era ancora chiaro come potessero essere alla base del “segreto della vita”, ossia come una sola molecola potesse determinare tutti i caratteri

somatici (fenotipi) di un individuo.

La doppia elica spiega proprio questo mistero e nel 1953 era ormai chiaro che il “segreto della vita” era dunque racchiuso in questa sola molecola, il DNA. Il DNA (l’acido desossiribonucleico) si trova, negli organismi eucarioti, nel nucleo di tutte le cellule organiche, racchiuso in strutture chiamate cromosomi che a loro volta contengono i geni, ossia quelle sequenze molecolari che rendono possibile la produzione delle proteine, da cui dipende la determinazione dei caratteri di un individuo. Il corredo completo dell’informazione genetica contenuta in tutti i cromosomi viene chiamato genoma.

Dagli anni ’50 sono stati fatti enormi progressi nell’ambito della genetica; oggi i ricercatori possono intervenire direttamente sul codice genetico animale e umano, modificarlo se non addirittura ricrearlo interamente in laboratorio. Sono queste le possibilità aperte dall’ingegneria genetica moderna.

1. L’ingegneria genetica

L’uomo, ben prima di mettere in pratica gli interventi di ingegneria genetica sui viventi, è stato capace di intervenire sulla propria natura e su quella degli organismi viventi. caratteri. È interessante notare che il termine gene venne scelto da Johannsen, non in riferimento alla genetica di Bateson, ma come tributo alla pangenesi darwiniana.

8 Friedrich Miescher li scoprì nel 1896.

(13)

7 L’esempio principale è quello della selezione artificiale, applicata sia agli animali sia alle piante. Nel corso della sua storia di allevatore, ad esempio, l’uomo selezionava gli animali che presentavano un fenotipo ritenuto vantaggioso. Se storicamente la selezione artificiale è stata messa in atto quasi inconsciamente (si ignoravano i principi fondamentali della selezione, i quali sono stati indicati per la prima volta da Darwin10) oggi è pratica comune sia nell’ambito dell’allevamento, finalizzato a scopi commerciali, sia per il breeding di animali da compagnia. In estrema sintesi, grazie alla propria influenza sull’ambiente circostante, nel corso della sua storia, l’uomo ha contribuito a creare nuove specie e a potenziare specie già esistenti.

La selezione artificiale, per quanto contribuisca a modificare il genotipo di una specie, non è considerata un esempio di ingegneria genetica vera e propria e le specie che derivano da questo processo non sono organismi geneticamente modificati (definizione che può essere applicata unicamente ad organismi dotati di DNA ricombinante). È indiscutibile che la selezione artificiale abbia portato enormi vantaggi per l’uomo (sia nella storia antica che più recentemente, si pensi ai progressi in agricoltura prodotti attraverso la selezione di specie resistenti a condizioni ambientali avverse o parassiti) e gli eventuali problemi etici da essa sollevati sono stati ignorati a favore di questi benefici. Inoltre la selezione artificiale è un processo lento e laborioso, mentre l’ingegneria genetica promette di raggiungere e superare i medesimi risultati in tempi più brevi.

Cosa è l’ingegneria genetica?

10 Charles Darwin, nell’Origine delle Specie, scrive della selezione artificiale e dell’addomesticamento di animali da parte dell’uomo, un concetto utile per introdurre quello di selezione naturale e della mutevolezza delle specie.

(14)

8 L’ingegneria genetica è una branca della biologia applicata, nata nei primi anni ’70 del ventesimo secolo. L’ingegneria genetica o, più correttamente, la tecnologia del DNA ricombinante usata nell’ingegneria genetica, offre la possibilità di modificare il codice genetico degli organismi viventi. È stato scoperto che la struttura del DNA è condivisa da tutte le creature organiche, dai batteri all’uomo; in linea teorica è quindi possibile

creare in laboratorio un organismo che condivida il DNA di due diverse fonti, il proprio e quello di un elemento esterno, anche non appartenente alla medesima specie. A tal proposito si devono ricordare gli esperimenti di Paul Berg, a cui seguirono quelli di Cohen e Boyer. Questi ultimi, nel 1973, riuscirono a realizzare la prima versione di DNA modificato, trasferendo con successo una sezione di DNA dal plasmide di un batterio E. coli nel DNA di un altro batterio. Il batterio ricevente la sezione di DNA estraneo in teoria avrebbe potuto adottarne i geni e produrre le specifiche proteine. Il DNA modificato può nascere dall’unione di materiale genetico proveniente da organismi della stessa specie oppure essere il prodotto di un’ibridazione. Un organismo vivente, il cui codice genetico sia stato modificato con frammenti di DNA appartenenti a un organismo di specie diversa, viene detto transgenico. Le possibilità aperte dagli esperimenti di Cohen e Boyer non si limitano al solo campo dei batteri. Infatti, nel 1974 Rudolf Jaenisch creò il primo topo modificato geneticamente in laboratorio: si tratta del primo mammifero transgenico della storia.

L’avvento dell’ingegneria genetica è stato visto come una vera e propria rivoluzione in quanto ha permesso all’uomo di disporre di un sapere che fino a quel momento era considerato inaccessibile: il segreto della vita. Non si è trattato comunque di una

(15)

9 rivoluzione accolta con serenità da parte delle comunità scientifiche e morali, le quali si sono interrogate sui problemi che tali pratiche potevano comportare.

2. Reazioni e sviluppi

Una delle prime reazioni della comunità scientifica al problema dell’utilizzo nei

laboratori della tecnologia del DNA ricombinante ha avuto luogo in occasione della conferenza di Asilomar, organizzata proprio da Paul Berg nel 197511. Il tema della conferenza era la regolamentazione della tecnologia basata sul DNA ricombinante, in vista dei possibili rischi delle sue applicazioni. Questa regolamentazione era stata sollecitata dallo stesso Berg tramite una lettera aperta a Science (co-firmata da altri nomi eminenti nel campo della biologia molecolare)12. Lo scopo della conferenza di Asimolar era quindi quello di stabilire, per prima cosa, la sicurezza di queste tecnologie per poi elaborare alcuni principi per renderne più sicuro l’utilizzo. Non siamo ancora nell’ambito propriamente etico-morale, ma in quello della regolarizzazione preventiva, che riguardava i laboratori e gli esperimenti sui batteri.

Successivamente si è assistito allo sviluppo degli interventi tecnologici sul DNA ricombinante finalizzati a incrementare il business economico. In particolare l’ingegneria genetica ha trovato terreno fertile nell’ambito della farmacologia: gli sviluppi della tecnica nei decenni successivi hanno portato alla produzione di nuovi vaccini (contro l’epatite B, ad esempio) e alla sintesi dell’insulina per il trattamento del

11

A.R. JONSEN, The birth of bioethics, Oxford University Press, Oxford, 2003, pp. 183-184. 12 P. BERG, D. BALTIMORE, H.W. BOYER, S.N. COHEN, R.W. DAVIS, D.S. HOGNESS, D. NATHANS, R. ROBLIN, J.D. WATSON, S. WEISSMAN, N.D. ZINDER, Potential Biohazards of

(16)

10 diabete mellito13 o ancora dell’ormone della crescita e dell’interferone. Ma anche il settore agro-alimentare ne ha beneficiato (è il campo dei così detti OGM, organismi geneticamente modificati) così come il vasto campo della medicina.

I successi pratici derivati dall’uso della tecnologia del DNA ricombinante tuttavia non hanno messo a tacere le domande e le critiche. Dagli anni ’70 fino ancora ad oggi il dibattito riguardo la pericolosità, se non la liceità stessa di queste pratiche, è rimasto acceso e vivace, un dibattito che ha interessato tanto l’ambiente specializzato quanto l’opinione pubblica. L’ingegneria genetica non è stata solo oggetto di discussioni filosofiche e di interesse nei dibattiti pubblici, ben presto è entrata nella cultura popolare, ad esempio, tramite il cinema e la letteratura fantascientifica14.

Un testo di carattere divulgativo molto influente è stato La bomba biologica di Gordon Rattray Taylor15. Si tratta di un testo che, per quanto datato dal punto di vista scientifico, è utile per capire le prime reazioni alle scoperte e alle promesse della genetica moderna. Al di là dei suoi specifici contenuti, il testo di Taylor rivendica la necessità di un coinvolgimento del pubblico, e quindi più nello specifico del filosofo, nel dibattito riguardo le nuove biotecnologie. Egli credeva che i genetisti (paragonati al Dr. Frankenstein e all’Apprendista Stregone) non fossero in grado di prevedere i risultati potenzialmente esplosivi delle loro ricerche, metaforicamente rappresentate dalla bomba del titolo, pronta ad esplodere. È chiaro quindi che già negli anni immediatamente successivi la rivoluzione della genetica molecolare, le problematicità

13 Una porzione di DNA umano contenete i geni adatti a sintetizzare l’insulina viene impiantato in un batterio E. coli, il batterio così modificato è in grado di produrre l’insulina umana.

14

Molti film e romanzi, come ad esempio quelli di Huxley (Brave New World fu pubblicato addirittura nel 1932) e di Levin (The Boys from Brazil del 1976) trattano, in maniera spesso critica, i temi della manipolazione eugenetica e della clonazione.

(17)

11 di questa tecnologia non siano sfuggite agli occhi dei critici. La detonazione della bomba biologica avrebbe reso possibile la clonazione, forme di selezione eugenetica degli embrioni, la nascita di individui geneticamente progettati fin nel minimo dettaglio, l’invenzione di terapie anti-invecchiamento, l’imporsi di una casta di superuomini geneticamente migliori opposta ad una di geneticamente deboli. A Taylor, come ad altri autori come, ad esempio, June Goodfield16, le promesse di questo futuro sono sembrate delle vere e proprie minacce alla sicurezza e alla stabilità della società umana contemporanea, minacce con le quali è necessario fare i conti prima che sia troppo tardi.

3. Il futuro della genetica

La genetica è una disciplina relativamente giovane. Nel giro di poco tempo, gli studi della genetica si sono interessati dapprima agli esperimenti sui batteri e successivamente alla possibilità di intervento diretto sul DNA umano. Gli esperimenti di Craig Venter, che hanno portato alla creazione in laboratorio di un batterio dotato di un genoma sintetico capace di auto-replicarsi, rappresentano un primo passo in questa direzione17. La rapidità del progresso tecnologico rischia di lasciare indietro il dibattito etico-morale. Compito della bioetica sarà quello di stimolare la riflessione etico-filosofica attraverso un’adeguata informazione sulle tecnologie, gli scopi e gli obiettivi della sperimentazione genetica attualmente in atto. In questo modo sarà possibile riflettere sui rischi e i benefici che deriveranno dalla possibile applicazione di queste tecnologie.

16

J. GOODFIELD, Giocare alla divinità. Ingegneria genetica e manipolazione della vita, Feltrinelli, 1981.

17D.G. GIBSON, J.I. GLASS, C. LARTIGUE, V.N. NOSKOV, R. CHUANG, M.A. ALGIRE, G.A. BENDERS, M.G. MONTAGUE, L. MA, M.M. MOODIE, C. MERRYMAN, S. VASHEE, R. KRISHNAKUMAR, N. ASSAD-GARCIA, C. ANDREWS-PFANNKOCH, E.A. DENISOVA, L. YOUNG, Z. QI, T.H. SEGALL-SHAPIRO, C.H. CALVEY, P.P. PARMAR, C.A. HUTCHISON III, H.O. SMITH, J.C. VENTER, Creation of a Bacterial Cell Controlled by a Chemically Synthesized

(18)

12

Capitolo II

L’Eugenetica Novecentesca

Il termine eugenetica18 ha perso ogni traccia del carattere etimologico positivo, a causa dei crimini commessi nella prima metà del Novecento. Le domande che è necessario porsi per elaborare una teoria morale nei riguardi dell’ingegneria genetica moderna sono le seguenti: è corretto demonizzare e proibire l’ingegneria genetica facendo riferimento al suo scomodo antenato? C’è continuità tra le premesse e i fini dell’eugenetica e quelli della moderna ingegneria genetica? L’eugenetica dovrà essere rifiutata a priori o ci può essere spazio per una discussione filosofica sui principi su cui si basa?

1. La nascita dell’eugenetica

Sebbene alcune idee eugenetiche si possano ritrovare in autori antichi19, il termine eugenetica e l’elaborazione della sua ideologia si devono a Francis Galton, antropologo e sociologo britannico. Egli, nel libro Hereditary Genius, pubblicato nel 1869, sostiene, sulla base delle teorie evoluzionistiche di Darwin, l’idea dell’ereditabilità della personalità. La selezione naturale, secondo Galton, opera non solo sulle proprietà fisiche, ma anche su quelle psichiche e morali. Il carattere e le abilità di un individuo dipendono unicamente dalla predisposizione naturale (oggi diremo genetica20). Il contesto sociale e/o ambientale hanno su loro, secondo Galton, un’influenza quasi insignificante. Un esempio ricorrente nell’immaginario eugenetico è quello dell’uomo

18 Dal greco eugenes, composto di genos, “specie, famiglia” preceduto dal prefisso eu- “buono”, letteralmente significa “buona nascita”.

19 Platone, ad esempio, nella Repubblica scrive che, per realizzare lo stato ideale, gli uomini “migliori” dovranno accoppiarsi con le donne “migliori”, mentre l’unione dei “peggiori” dovrà essere scongiurata. 20 Galton ignorava i principi di base dell’ereditarietà dei caratteri esposti da Mendel nei suoi scritti (che passarono per lo più inosservati fino alla fine del secolo), ed elaborò, per risolvere il problema, delle teorie proprie sulla base di statistiche gaussiane.

(19)

13 geniale, di umili origini che, nonostante le condizioni di partenza svantaggiose, riesce comunque ad affermarsi; ciò è possibile in quanto il suo destino è scritto nei suoi geni. Galton ritiene che, tramite la selezione artificiale dei caratteri morali, l’uomo può produrre una generazione migliore di quelle precedenti. Egli teorizza alcune pratiche d’incentivazione che lo stato inglese avrebbe potuto mettere in atto per favorire la nascita dei “migliori”21

.

Le idee di Galton, rielaborate anche in forme diverse, presero piede tanto in Inghilterra (uno dei principali sostenitori del programma eugenetico, nonché erede di Galton, fu Karl Pearson) quanto negli Stati Uniti d’America, diventando un vero e proprio fenomeno di costume22. Nei primi anni del Novecento le idee eugenetiche (e quelle conseguenti di igiene razziale) si diffusero in gran parte del mondo come in Svezia, Norvegia, Germania e America Latina, dando origine a pericolosi precedenti “legali” e a terribili crimini.

2. Il fine eugenetico

In one of my last conversations with Darwin he expressed himself very gloomily on the future of humanity, on the ground that in our modern civilization natural selection had no play, and the fittest did not survive. Those who succeed in the race for wealth are by no means the best or the most intelligent, and it is notorious that our population is more largely renewed in each generation from the lower than from the middle and upper classes.23

21

Gli inadeguati, ad esempio, si sarebbero dovuti adattare ad una comoda segregazione in conventi e monasteri per non propagare i propri geni. Galton abbandonò presto l’idea di un intervento statale forte nella politica matrimoniale, ma continuò a pensare all’eugenetica come a una possibile religione laica del futuro finalizzata al perfezionamento della razza umana.

22

Pearson riferirà a Galton dell’enorme popolarità che il termine eugenetica aveva riscosso, si discuteva di eugenetica sia in ambienti professionali sia nei salotti, si organizzavano fiere in cui le famiglie col pedigree migliore venivano premiate alla stregua di animali da mostra; in America centinaia di persone compilarono e spedirono i Record of Family Traits agli uffici predisposti all’analisi statistica mentre nel 1913 nacque Eugenette Bolce, la prima bambina, così riportava la stampa dell’epoca, ad essere nata in seguito ad una attenta progettazione matrimoniale.

23 D.J. KEVLES, In the Name of Eugenics. Genetics and the Uses of Human Heredity, University of California Press, Berkeley and Los Angeles, 1985, p. 70.

(20)

14 C’era uno strano senso d’urgenza nelle pressioni eugenetiche di Galton e dei suoi discepoli. Come emerge dalle parole di Darwin (riportate dall’amico Alfred Russell Wallace), l’umanità sembrava trovarsi sull’orlo di un baratro: le politiche di assistenza sociale e il progresso in campo medico avevano vinto la selezione naturale, permettendo a molti “inadeguati” di sopravvivere e trasmettere la loro inadeguatezza alle nuove

generazioni. Era questa paura della degenerazione in atto a spaventare i sostenitori dell’eugenetica che, come Pearson, invocavano una soluzione rapida atta a salvaguardare l’integrità della specie umana. Ad alimentare queste paure contribuirono un’ampia serie di fattori: per prima cosa il nuovo contesto urbano, sempre più metropolitano e multietnico a causa delle frequenti e massicce migrazioni; la graduale perdita di fiducia nei confronti dell’ideale del progresso e la preoccupazione verso le politiche di assistenza sociale. Le statistiche dell’epoca rivelavano un mondo complesso di criminalità, alcolismo, follia, alto tasso di analfabetismo dilagante, prostituzione e depravazione24; uno scenario terrificante agli occhi dei membri delle classi intellettuali. Allo stesso tempo si avvertiva la minaccia che minava la purezza e l’integrità della “razza”, insidiata dai matrimoni interraziali. L’eugenetica era quindi vista come l’unica soluzione per curare l’umanità in quanto specie e, allo stesso tempo, risolvere il problema sociale della criminalità.

Nonostante l’urgenza dalla quale l’eugenetica prese avvio, i suoi stessi sostenitori

ritenevano che il processo di selezione guidata avrebbe dovuto impiegare almeno un paio di generazioni prima di poter dare i propri frutti. Era necessario quindi fare

24 In realtà il numero di crimini era probabilmente inferiore (sia in Inghilterra sia negli USA). Inoltre questi dati venivano letti ed interpretati per avvalorare la tesi di partenza. Oltretutto è difficile interpretare questi dati senza termini di paragone sull’andamento delle attività criminali negli anni precedenti.

(21)

15 proselitismo e propaganda per quella che, come aveva ipotizzato Galton, si stava ridefinendo come una vera e propria religione laica. Il testo del catechismo eugenetico dell’American Society, pubblicato nel 1926, oltre a chiarire il rapporto non conflittuale tra il programma eugenetico e la dottrina cristiana25, rassicura i propri lettori riguardo al fatto che l’obiettivo del programma non era creare un superuomo o trattare gli uomini

alla stregua di animali da riproduzione, ma altresì favorire matrimoni felici e duraturi da cui sarebbero nati figli geniali26. La cosa più sacra per l’uomo, il bene da tutelare sopra ogni altra cosa, è considerata l’integrità del proprio patrimonio genetico. L’eugenetica, secondo questa interpretazione, non discrimina ma aiuta a capire il perché delle condizioni di minorità e delle origini del crimine. Dietro la grossolana propaganda si nascondeva il desiderio profondo, da parte di individui come Galton, di riformare l’uomo non solo attraverso la religione o la filosofia morale, ma anche tramite la messa in pratica delle conoscenze scientifiche. L’eugenetica prometteva di eliminare il peccato originale semplicemente cancellandone le tracce genetiche, quindi di fatto di eliminare la sofferenza che deriva dal peccato tramite l’eliminazione dei peccatori stessi27

.

L’obiettivo da raggiungere quindi, condiviso pressoché da tutte le correnti, era il miglioramento della qualità del pool genetico che avrebbe portato all’avvento di una generazione più intelligente, più sana e meno predisposta a comportamenti criminali.

25

Alcuni religiosi dell’epoca si spinsero fino al punto di reinterpretare in chiave eugenetica la Bibbia, arrivando a sostenere che Gesù stesso fosse nato in una famiglia che rappresentava il punto d’arrivo di “un lungo processo di selezione morale e religiosa”. È da notare invece che la Chiesta Cattolica si oppose fin da subito alle idee eugenetiche.

26

D.J. KEVLES, In the Name of Eugenics. Genetics and the Uses of Human Heredity, University of California Press, Berkeley and Los Angeles, 1985, pp. 60-61.

27 D.J. KEVLES, In the Name of Eugenics. Genetics and the Uses of Human Heredity, University of California Press, Berkeley and Los Angeles, 1985, p. 86.

(22)

16

3. La dottrina eugenetica e le basi scientifiche

Quando Galton teorizzò i principi basilari dell’eugenetica, prese spunto dalle intuizioni di Darwin relative alla selezione artificiale. Infatti, fu lo stesso autore dell’Origine delle Specie ad abbracciare l’idea dell’ereditarietà dei comportamenti e dei caratteri morali. Oltre questa idea, tuttavia, non ci fu mai accordo totale sui meccanismi che dovevano regolare questo processo di trasmissione. Inizialmente si faceva riferimento a idee di tipo lamarckiano, secondo le quali i bambini erano condizionati al momento della gestazione/nascita dalle esperienze che la madre aveva fatto nella propria vita. Successivamente, la riscoperta di Mendel restituì in parte autorità scientifica alla disciplina, anche se gli stessi principi mendeliani mettevano in dubbio l’attuabilità del progetto eugenetico. L’eugenetica aveva come obiettivo l’eliminazione dei caratteri indesiderati, fisici e psicologici, i quali, secondo le leggi mendeliane, sono manifestazioni di geni dominanti. La rimozione dal pool genetico di questi caratteri non avrebbe comunque portato alla totale eliminazione dei difetti genetici; era impossibile infatti, date le tecniche dell’epoca, individuare i portatori di geni difettosi recessivi, i quali si sarebbero manifestati solamente nelle generazioni successive28.

Secondo la teoria eugenetica, tutti i caratteri psicologici (dall’intelligenza ai gusti personali) sono determinati da geni specifici e quindi ereditabili. Oltre ai caratteri fisici esteriori, si possono trasmettere da una generazione all’altra, le malattie mentali29, le abitudini “degeneri”, lo stesso quoziente intellettivo. Il problema sociale che minacciava l’integrità della razza e la sicurezza dei cittadini aveva radici biologiche, più che sociali, ed era la stessa biologia a proporre un rimedio: tagliare di netto queste radici

28 Una problematica comunque presa in considerazione, ad esempio da Henry H. Goddard nel suo The

Kallikak Family.

(23)

17 (eliminando i portatori dei geni difettosi) avrebbe potuto guarire per sempre la società. Si tratta di un argomento circolare. Il comportamento criminale veniva usato come prova di inferiorità genetica, che a sua volta era ritenuta la causa del comportamento criminale. Oltretutto gli standard di moralità erano quelli imposti dalla classe dominate che si riconosceva negli ideali eugenetici.

Furono quindi le istanze non scientifiche ad influenzare maggiormente il pensiero eugenetico, che risentì degli influssi del darwinismo sociale, del razzismo e del nazionalismo. Erano molto diffusi agli inizi del secolo gli studi di psichiatri incentrati sull’analisi di intere famiglie per dimostrare la natura genetica della loro sfortuna

sociale e fisica. La più celebre di queste pubblicazioni fu probabilmente il libro di Henry H. Goddard, The Kallikak Family, sottotitolato “Uno studio sull’ereditarietà della

Feeble-Mindedness”30. Il termine Kallikak è lo pseudonimo con il quale Goddard

chiamò la famiglia presa in esame. Si tratta della fusione di due termini greci, kallos (bello) e kakos (cattivo); il nome indica le due direzioni diverse che prese l’albero genealogico della famiglia Kallikak. Da una parte stavano i discendenti legittimi di Martin Kallikak, virtuosi, buoni e intelligenti, dall’altra i discendenti che Martin ebbe con un’ignota ragazza “feeble-minded”, tutti affetti da malattie mentali e atteggiamenti criminali. L’ultima esponente di questa discendenza fu Deborah Kallikak, il caso clinico studiato da Goddard, nel quale trovò l’ispirazione per il proprio lavoro. Il caso Kallikak era presentato da Goddard stesso come la prova dell’ereditarietà dei caratteri (sia positivi che negativi), e doveva servire al progetto eugenetico come monito delle conseguenze di un accoppiamento sbagliato; una sola notte trascorsa con l’anonima

30 H.H. GODDARD, The Kallikak Family. A study in the heredity of feeble-mindedness, The Macmillan Company, Toronto, 1913.

(24)

18 ragazza aveva condannato generazioni di Kallikak alla sofferenza (e di conseguenza alla sofferenza di coloro che li avevano intorno) 31. Se quindi pubblicamente i sostenitori dell’eugenetica si presentavano come i salvatori dei deboli, interessati a porre fine alle loro sofferenze (con ogni mezzo possibile), di fatto, verso di loro provavano solamente odio viscerale e disgusto. Un atteggiamento che lascia intravedere un’altra

contraddizione della visione eugenica, compromessa dai pregiudizi di classe. Se in teoria la “razza” migliore non era legata all’appartenenza sociale ma, appunto, dalla presenza di certi caratteri genetici, di fatto la discriminazione e l’identificazione del “minorato” veniva sempre fatta nelle classi più povere; erano i poveri che andavano a riempire gli istituti di cura in America e sempre loro venivano guardati con sospetto e paura dall’élite che appoggiava le tesi dell’eugenetica. È comunque improbabile che una degenerazione tale come quella descritta dai sostenitori dell’eugenetica sia avvenuta nel giro di una sola generazione o poco più; è invece vero che fattori esterni come le condizioni di estrema povertà in cui versavano le classi più povere, spesso impossibilitate ad accedere all’istruzione elementare, contribuivano a questo sentore di “degenerazione”. Erano quindi in gioco fattori socio-politici prima ancora che genetici.

4. I mezzi: eugenetica positiva e negativa

Il fine dell’eugenetica è, abbiamo detto, eliminare i peggiori e favorire la nascita e la cura dei migliori. I mezzi, con i quali viene messa in atto, si possono dividere in due categorie: da una parte vi sono gli interventi di eugenetica positiva, dall’altra quelli di eugenetica negativa. I sostenitori della variante positiva ritenevano che si dovesse

31 Il termine kallikak, insieme a jukes (sostantivo usato da Richard L. Dugdale nel suo studio relativo alla famiglia Jukes) e altri simili, divenne un nomignolo dispregiativo per indicare tutta la massa di poveri di cui era composta la classe rurale americana.

(25)

19 incentivare attivamente la riproduzione tra i “meritevoli”, mentre l’approccio negativo consisteva soprattutto nell’incoraggiare gli svantaggiati a non riprodursi.32

Il movimento eugenetico, tuttavia, non si sviluppò in modo univoco in tutto il mondo, anzi, si divise fin da subito in numerose correnti a carattere nazionale. Non c’era un’idea condivisa sui meccanismi che regolano l’ereditarietà dei caratteri morali e sui mezzi coinvolti nel programma di miglioramento. Ad esempio, sui matrimoni interraziali non c’era accordo unanime: c’era chi sosteneva andassero incentivati, affinché i caratteri bianchi-positivi si potessero trasferire alla razza nera al fine di migliorarla e chi, invece, riteneva fosse rischioso per la purezza del sangue bianco la commistione di materiale genetico così diverso.

Il dissidio andava anche ben oltre le differenze teoriche di approccio al problema. Non c’era accordo neanche sul modo pratico con cui queste disposizioni dovevano essere messe in atto. Il dibattito tra il volontarismo e la coercizione fu molto sentito negli ambienti eugenetici. Inizialmente il programma eugenetico fu incentrato sull’applicazione di politiche sociali, basate in gran parte sulla volontaria partecipazione al grande progetto. Tuttavia questo atteggiamento non durò a lungo. Seguendo una linea aperta già da alcune proposte di Galton (che comunque rimase un sostenitore del volontarismo), si ritagliarono alcuni ambiti in cui l’intervento coercitivo del potere statale potesse intervenire.

Divenne pratica comune la valutazione dell’intelligenza tramite appositi test, vennero stabilite restrizioni ai matrimoni interraziali e politiche volte ad imporre la segregazione

32

Il controllo delle nascite, ad esempio tramite pratiche di contraccezione, per quanto coerente con gli scopi dell’eugenetica (avrebbe limitato le nascite tra le classi inferiori) era soprattutto diffuso tra le classi più alte; accusata di favorire la promiscuità, sottraendo il fine riproduttivo all’atto sessuale, la contraccezione non venne considerata efficace dai sostenitori dell’eugenetica.

(26)

20 sessuale, le sterilizzazioni33 e restrizioni all’immigrazione34. In America in particolare, e poi in Germania, vennero messe in atto politiche di questo genere su vasta scala35. Esemplare, per quanto riguarda gli Stati Uniti, è il caso del programma di sterilizzazione obbligatoria, adottato dallo stato della Virginia nel 1924 con lo Sterilization Act, atto legislativo che prescriveva la sterilizzazione obbligatoria per una ampia categoria di malati mentali per finalità eugenetiche. Un esempio emblematico è il caso di Carrie Buck, una ragazza di diciotto anni, ricoverata in un istituto di cura della Virginia a causa di una diagnosi di “feeble-mindness”. La sterilizzazione di Carrie venne giudicata necessaria alla luce del suo passato personale36 e per la cattiva reputazione della madre, anch’essa con una storia di immoralità e prostituzione alle spalle; per queste ragioni

Carrie Buck venne considerata una vera e propria minaccia genetica alla società. Nonostante la discussione del caso in tribunale, il verdetto sostenne la necessità della sterilizzazione, giudicando che in casi simili è il pubblico interesse a vincere sui diritti e l’integrità corporea individuale. Il caso Buck vs. Bell servì da precedente per altri casi simili, contribuendo a diffondere le leggi per la sterilizzazione in tutti gli Stati Uniti d’America.

Lungi dall’essere vista come una gravissima violazione dei diritti civili e del principio di autonomia personale, la sterilizzazione obbligatoria era considerata una pratica

33 “Such individuals have no rights. They have no right in the first instance to be born, but having been

born, they have no right to propagate their kind” disse il dr. William J. Robinson, un urologo

newyorkese. Tra il 1907 e il 1917 quindici stati americani avevano approvato leggi pro-sterilizzazione di criminali e malati di mente (D.J. KEVLES, In the Name of Eugenics. Genetics and the Uses of Human

Heredity, University of California Press, Berkeley and Los Angeles, 1985, p. 94).

34

Nonostante fosse stato proposto da Davenport di selezionare individualmente gli immigrati a seconda dei caratteri che avrebbero potuto introdurre nella nazione ospite, gli unici elementi discriminanti furono l’etnia e il paese di provenienza.

35 In Inghilterra, al contrario, non incontrarono il favore dei cittadini, per i quali l’eugenetica rimase in gran parte una dottrina teorica da perseguire privatamente.

36 Le era stata attribuita un’intelligenza pari a quella di una bambina ed era stata accusata di immoralità quando aveva dato alla luce un bambino fuori dal matrimonio. Oggi sappiamo che la gravidanza fu la conseguenza di una violenza sessuale e il ricovero di Carrie era strumentale per insabbiare lo scandalo.

(27)

21 totalmente sicura ed efficace nella risoluzione del problema37, nell’interesse della società e del paziente stesso. Fu solamente dopo la Seconda Guerra Mondiale che il programma di sterilizzazione perse il sostegno e l’appoggio del pubblico, soprattutto alla luce della connessione tra queste pratiche e le barbarie del nazismo.

5. L’eugenetica nazista

In un articolo del 2006, il biologo e saggista britannico Richard Dawkins si chiede se, a sessant’anni dalla morte di Adolf Hitler, si possa tornare a parlare di eugenetica a mente aperta38. In particolare, argomenta Dawkins, la comunità scientifica (ma anche il cittadino comune) si rifiuta di discutere o anche solo di ammettere la possibilità di una “selezione artificiale dei caratteri” nell’uomo per paura delle politiche eugenetiche messe in atto dal nazismo negli anni ’40. Secondo Dawkins sarebbe opportuno guardare il problema nel merito, concentrandosi sulla sua realizzabilità e chiedendosi, indipendentemente dal passato nazista, se in linea di principio si possono trovare argomenti, convincenti o meno, a suo favore o contro di esso. Oggi la parola eugenetica viene spesso identificata con i crimini nazisti, e perciò vista con sospetto e evitata.

Agli inizi del secolo, anche in Germania, l’eugenetica galtoniana venne accolta con entusiasmo, ma fu solo con l’avvento del nazismo che vennero messe in atto vere e proprie politiche eugenetiche su vasta scala. Infatti, nel 1933 vennero promulgate le leggi di sterilizzazione a fine eugenetico. Ne erano soggetti tutti coloro che possedevano caratteri non desiderati (disabilità ereditarie, epilessie, handicap fisici, dipendenze da droghe e alcol). Possedere tali caratteristiche significava, agli occhi nazisti, vivere una

37 Si ricorreva alle sterilizzazioni per tre principali motivi che spesso procedevano insieme; a scopo punitivo, a scopo terapeutico e per finalità eugenetiche.

(28)

22 “vita senza nessun valore”, indipendentemente che si trattasse di cittadini liberi o istituzionalizzati in case di cura. Sostenuta da Hitler nel Mein Kampf, l’eugenetica era strettamente legata ad altri concetti propri del movimento nazionalsocialista come il nazionalismo, la purezza del sangue-nordico germanico e il mito della razza. In Germania, l’urgenza dettata dalla degenerazione della razza, contaminata da sangue estraneo, favorì la rapida approvazione di leggi volte ad incoraggiare la “produzione” di bambini ariani. Ben presto le posizioni eugenetiche risentirono degli influssi dell’antisemitismo; vennero promulgate le leggi eugenetiche sul matrimonio, e alla sterilizzazione obbligatoria si affiancò la pratica ben più brutale dell’eutanasia clinica e dell’eliminazione fisica. Il progetto eugenetico degenerò quindi nel piano dell’eliminazione (fisica) totale degli elementi indesiderati.

Le barbarie del nazismo, insieme ad una diffusa perdita di fiducia sull’efficacia dell’eugenetica39

, favorirono la fine del programma di miglioramento della razza. Ancora prima della scoperta dei crimini eugenetici nazisti, infatti, la sfiducia nei confronti delle pratiche eugenetiche era incrementata notevolmente; le nuove conoscenze biologiche che avevano arricchito la teoria evoluzionistica e lo svilupparsi di movimenti per i diritti civili-femministi avevano contribuito a screditare, almeno in parte, l’eugenetica. Oltretutto, erano gli stessi esponenti della nuova genetica a essere interessati a slegarsi dalla fama dei padri storici. C’è da chiedersi se questa presa di distanza sia dipesa da un superamento delle idee eugenetiche o dal desiderio di slegarsi da un mondo di carnefici.

39 Le maggiori critiche provenivano, ad esempio, dalla Chiesa Cattolica, che riteneva le politiche eugenetiche incompatibili con l’idea del matrimonio religioso.

(29)

23 Autori come Allen Buchanan (filosofo e docente di etica applicata) si domandano se sia corretto condannare ogni idea eugenetica sulla base della sua tragica storia e quanto siano utili nell’economia di un dibattito teorico-morale le accuse di chi insinua che l’ingegneria genetica non sia altro che la vecchia eugenetica sotto mentite spoglie40

. Secondo questi autori, un’altra eugenetica, liberata dai pregiudizi di quella novecentesca e supportata dalle nuove conoscenze scientifiche, non solo è possibile ma anche moralmente perseguibile.

6. Verso un’eugenetica liberale

Oggi l’eugenetica, oltre ad essere considerata una sorta di tabù nelle discussioni ufficiali sul tema dell’ingegneria genetica, proprio perché riporta immediatamente alla mente i crimini del nazismo o le sterilizzazioni americane, è considerata illegale. La carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ratificata nel 2000, proibisce esplicitamente le pratiche eugenetiche finalizzate alla selezione delle persone così come la clonazione, giudicandole gravi violazioni della dignità umana41. La Commissione Internazionale di Bioetica dell’UNESCO del 2015, ha invece specificato che, sebbene l’eugenetica moderna minacci il concetto stesso di dignità umana, le sue motivazioni non devono essere confuse con quelle dell’intero movimento eugenetico del ventesimo secolo42.

Le nuove tecnologie messe a disposizione dall’ingegneria genetica hanno riproposto il problema dell’eugenetica e del suo ruolo in un futuro programma di salute pubblica. Le nuove scoperte nel campo della genetica hanno comportato la necessità di ridefinire

40 A. BUCHANAN, D.W. BROCK, N. DANIELS, D. WIKLER, From Chance to Choice. Genetics &

Justice, Cambridge University Press, New York, 2000, pp. 28-30.

41 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, G.U. 2000/C 364/01 (2000).

42 Report of the International Bioethics Committee on Updating Its Reflection on the Human Genome and

(30)

24 l'eugenetica in base ai principi dello stato liberale; la così detta eugenetica liberale43, la quale condivide alcuni fini dell’eugenetica classica (come l’incentivazione al miglioramento del genoma umano), fini che intende perseguire nel rispetto dei valori fondanti dello stato liberale, come il pluralismo, l’egualitarismo e il rispetto dell’autonomia personale. L’eugenetica liberale crede che alle spalle dell’eugenetica,

nonostante i crimini del passato compiuti in suo nome, ci sia un intento nobile che una società liberale dovrebbe perseguire con decisione44.

Il filosofo politico John Rawls, nella sua opera Una teoria della giustizia, sostiene che sia normale per un genitore, desiderare che i propri figli abbiano le capacità di eccellere nel proprio percorso di vita e non vede alcuna infrazione alla libertà nelle modifiche genetiche dei talenti naturali (sempre che non si tratti di modifiche volte a danneggiare e/o limitare proprio quella capacità di autodeterminarsi)45. I sostenitori dell’eugenetica liberale considerano quindi legittimo che lo stato metta a disposizione dei cittadini, senza interferire direttamente, gli strumenti dell’ingegneria genetica; queste tecnologie saranno al servizio dei futuri genitori affinché siano loro d’aiuto nella programmazione familiare46.

Oggi, effettivamente, alcune pratiche eugenetiche sono tutelate da leggi costituzionali47 nonostante, come abbiamo visto, l’eugenetica in sé sia ritenuta illegale se non, ancor prima, immorale. Questo tipo di eugenetica non è tuttavia esente da critiche; alcune notevoli obiezioni sono state sollevate, ad esempio, dai filosofi Habermas e Sandel.

43 Non c’è accordo totale sul termine, c’è chi preferirebbe rinominarla eugenetica libertaria. 44 Regulating Eugenics, in «Harward Law Review» 121 (2008), p. 1582.

45

J. RAWLS, Una teoria della giustizia, Feltrinelli, Milano, 1997, p. 116.

46 Secondo queste teorie la cura e/o il potenziamento di alcune caratteristiche genetiche dei propri figli rientrerebbe in una concezione estesa dei diritti riproduttivi.

(31)

25 L’impatto dell’eugenetica novecentesca sulla specie umana è stato meno significativo di quanto i suoi sostenitori avrebbero voluto. Nessuna delle strategie messe in atto ebbe, o avrebbe potuto portare, quel tanto agognato miglioramento dell’umanità, anzi, l’applicazione delle teorie eugenetiche paradossalmente ebbe come unico risultato quello di procurare indicibili sofferenze a innumerevoli persone. Oggi, con le tecniche a nostra disposizione, un programma eugenetico potrebbe essere molto più efficace ed il sogno di un’umanità purificata e migliorata/potenziata geneticamente non è stato certo abbandonato.

La nuova genetica, secondo la visione della sua variante liberale, si prefigge di riuscire là dove l’eugenetica novecentesca ha fallito, ossia nel migliorare il livello di salute

globale, favorendo il libero accesso ai miglioramenti genetici, cercando di tutelare il principio di giustizia e i diritti individuali dei singoli cittadini. Si possono quindi usare i crimini dell’eugenetica come esempio della direzione da non intraprendere (tenendo presente che il rischio sussiste). Capire là dove l’eugenetica novecentesca ha sbagliato permetterà di individuare i principi che è necessario tutelare, come le libertà riproduttive, il rispetto verso gli altri, la tutela della privacy dei dati ottenuti dagli screening genetici. Siamo lontani dagli scenari apocalittici descritti dalla letteratura più critica o dalla fantascienza speculativa48, anche se lo sviluppo tecnologico non è mai stato rapido come adesso. La genetica promette di raggiungere i suoi scopi facilmente, velocemente e di fissarli per l’eternità. La morale e la normativa non possono permettersi di rimanere indietro rispetto all’avanzamento del progresso.

(32)

26

Capitolo III

Il determinismo genetico e i rischi dell’approccio riduzionistico

1. Il giglio nero

Può essere interessante, per introdurre il concetto di determinismo genetico, fare riferimento ad una opera cinematografica, Il Giglio Nero49.

In questo film entra in gioco l’idea del determinismo genetico, l’idea secondo cui “chi siamo” e “chi potremmo essere” è interamente racchiuso all’interno dei nostri geni; secondo questa visione del mondo, ogni carattere dell’individuo è predeterminato da un corrispondente gene che ne è la causa, la stessa natura individuale è racchiusa e già scritta nei geni. In un certo senso ogni persona sarebbe prigioniera della propria biologia50. Gli studi nel campo della genomica stanno cercando di fare luce sul rapporto tra geni e caratteri fisici e soprattutto psicologici; si tratta di un’idea che è alla base della cosiddetta svolta “biologica” delle scienze del comportamento. La nuova genetica, di pari passo con i recenti studi sul cervello e le neuroscienze, ha favorito la nascita di nuove discipline scientifiche come la biocriminologia o la genetica comportamentale.

49 Rhoda Penmark, la protagonista di questo film, è una bambina di una tranquilla famiglia borghese che, dietro i suoi atteggiamenti da figlia viziata e perfezionista, nasconde l’anima di un’assassina. Le cause di questa sua malvagità, una malvagità innata e inspiegabile, vengono individuate nel suo patrimonio genetico: nel corso del film scopriamo infatti che la nonna di Rhoda era una famosa criminale e che i geni corrotti, il seme nero del titolo inglese, saltando la generazione materna, sono stati trasmessi alla nipote. Il seme nero diventa così simbolo di questa corrotta eredità genetica, ma anche spettro post-moderno del peccato originale.

50 Si tratta di un’idea forse semplicistica, ma pur sempre con una sua attrattiva, come le numerose adesioni al movimento eugenetico novecentesco hanno dimostrato. Naturalmente non si deve pensare che un film abbia una pretesa scientifica. Il tema della malvagità innata infantile è un luogo comune del cinema di genere horror. Ho tuttavia pensato fosse utile citare questo caso cinematografico perché è un esempio semplificato di come viene percepito dall’opinione pubblica un dibattito di grande importanza filosofica, quello relativo al conflitto tra la natura e la cultura (nature vs. nurture).

(33)

27 Sebbene da secoli l’uomo si sia domandato quale dei due aspetti tra natura e cultura determinasse l’identità personale, oggi è lecito chiedersi se sia addirittura corretto porre la questione presentando una netta divisione dicotomica tra i due termini. Un importante contributo al dibattito è arrivato dai risultati dello Human Genome Project. Il progetto, uno dei più ambiziosi della storia della scienza moderna, prevedeva il sequenziamento del genoma umano. Il completamento dello Human Genome Project ha smentito quello che era ritenuto essere il “dogma centrale” della genetica classica, ossia che vi fosse un rapporto unilaterale “un gene, una proteina”; questi nuovi dati rendono quindi più difficile spiegare comportamenti psicologici complessi sulla base dell’azione di un unico gene51.

La nuova teoria sostiene che vi sia una correlazione e una relazione di interscambio tra il patrimonio genetico di un individuo e l’ambiente ecologico e culturale in cui vive. L’educazione alimentare52

e/o effetti ambientali esterni, soprattutto nei primi anni di vita, contribuiscono enormemente all’alterazione di caratteri fenotipici. Se quindi l’elemento genetico è fondamentale per definire, almeno in partenza, l’identità (nel modellare le strutture anatomiche, ad esempio) allo stesso modo l’ambiente può retroagire sul genetico, contribuendo anch’esso alla costruzione del carattere individuale.

Nonostante la ricerca scientifica sembri prediligere questo nuovo tipo di approccio al problema, il rischio di una interpretazione in senso deterministico dei dati della genetica è ancora presente.

51 G. TAMINO, Riduzionismo biologico e determinismo genetico, in «Micron» 5 (2006), pp. 23-24. 52 La sindrome fenilchetonurica ad esempio può essere tratta, se individuata in tempo, da una dieta specifica povera di fenilalanina.

(34)

28

2. Il Doppio Y

L’essere umano possiede un corredo genetico di 46 cromosomi, divisi in 23 coppie; l’ultima coppia è costituita dai cromosomi che determinano le caratteristiche sessuali, XY per il maschio, XX per la donna. È possibile tuttavia che si verifichino anomalie a livello cromosomico, e che nascano individui con un numero di cromosomi superiore a 46. Una di queste anomalie interessa quegli individui di sesso maschile nati con un cromosoma Y soprannumerario che determina la così detta sindrome XYY.

La sintomatologia legata a questa sindrome è molto varia (alcuni individui non manifestano alcun sintomo per tutta la vita, altri possono soffrire di infertilità e/o lievi disturbi dell’apprendimento53

), che pertanto non risulta eccessivamente invalidante, nonostante non sia curabile (sono comunque disponibili terapie basate sull’assistenza psicologica e farmacologica).

Fin dagli anni ’60, quando la genetica muoveva i suoi primi passi, la sindrome XYY è stata oggetto di studio. All’epoca si credeva che esistesse una relazione di causa-effetto tra il cromosoma soprannumerario e il comportamento criminale. Uno studio compiuto tra la popolazione carceraria54 aveva infatti dimostrato che molti condannati per crimini violenti presentava l’anomalia genetica del doppio Y. Sulla sola base di questo e altri studi simili, si impose l’idea che quel particolare cromosoma condizionasse il comportamento degli individui, predisponendoli al crimine. Si trattò, com’è evidente, di un errore di analisi statistica perché lo studio di partenza si limitò ad analizzare la ricorrenza del doppio Y in un campione di persone detenute, ignorandone la diffusione nel resto della popolazione. Le statistiche odierne, aggiornate secondo i nuovi corretti

53 https://www.pazienti.it/malattie/sindrome-xyy

54 M.C. BROWN, Males with an XYY sex chromosome complement in «Journal of Medical Genetics» 5 (1968).

(35)

29 parametri, dimostrano che la sindrome è piuttosto diffusa e che chi ne soffre non ha una predisposizione alla delinquenza maggiore rispetto alla media.

Gli studi sul doppio Y furono tra i primi a porre in relazione diretta il comportamento umano con una ben identificata radice genetica. L’impatto di questa teoria fu notevole soprattutto nel campo della giurisprudenza e delle scienze dell’educazione.

Se da una parte è facile ridurre il crimine alle sole cause genetiche mettendo così in secondo piano le responsabilità sociali (ignorando se poi sia possibile definire in termini univoci il concetto di crimine senza doverlo scomporre in altre sue componenti come aggressività, rabbia, mancanza di empatia etc.), dall’altra è anche estremamente facile difendersi sfruttando gli stessi argomenti, invocando cioè una sorta di infermità mentale su base genetica. Un celebre caso di difesa legale basata su argomenti genetici è quella di Richard Specks, assassino americano, per il quale il proprio avvocato invocò l’infermità mentale sulla base della presunta presenza del doppio cromosoma Y. Le analisi compiute su Specks smentirono l’ipotesi della difesa; questi si dimostrò perfettamente normale, almeno dal punto di vista genetico55. Non si trattò comunque di un caso isolato, la presenza dell’anomalia venne usata come attenuante in altri casi di crimini violenti in tutto il mondo56.

Oltre al suo problematico uso nel campo legale e della criminologia, un’interpretazione scorretta degli effetti del doppio Y porta con sé altri rischi: il più rilevante è quello della discriminazione contro i portatori di questa anomalia.

55

E. ENGEL, The making of an XYY, in «American journal of mental deficiency» 77 (1972).

56 Anche nella fiction, soprattutto nel sottogenere del “crime”, la sindrome XYY ha avuto molta influenza. Il topos del doppio y criminale è stato utilizzato, ad esempio, in serie tv come Law & Order e

(36)

30 Quando la teoria del doppio Y criminale era ritenuta valida, era suggerito persino l’aborto preventivo per evitare di portare al mondo futuri cittadini inadeguati (non trattandosi di una condizione ereditabile, l’aborto sembrava essere effettivamente l’unico mezzo efficace per eliminare la sindrome), un suggerimento che oggi porterebbe, se provenisse da una fonte autorevole come quella di un consulente genetico, ad una causa legale per wrongful abortion. Oggi effettivamente la sindrome del doppio Y è riconosciuta in quanto malattia genetica ed esistono terapie per il trattamento dei suoi sintomi corporei più debilitanti (impotenza e livelli bassi di testosterone), mentre la predisposizione “criminale” è stata definitivamente eliminata dalla diagnosi.

Insistere sulla correlazione netta tra anti-socialità e geni può portare, come abbiamo già accennato, ad atteggiamenti discriminatori nei confronti di individui assolutamente non colpevoli di alcunché. Tali individui nel corso della loro vita dovranno convivere con l’idea che, in potenza, nei loro geni si nasconde un criminale. Di conseguenza la loro stessa identità ne risulterebbe alterata e verrebbe compromesso il loro diritto alla libera autodeterminazione57.

3. Il gene del guerriero

Se oggi la correlazione tra malvagità e il doppio Y è stata ampiamente smentita dalla comunità scientifica, la ricerca continua a studiare il modo in cui il corredo genetico individuale influenza e determina i caratteri psicologici. Sulla scia di un certo sensazionalismo mediatico, la ricerca genetica ha recentemente portato all’attenzione

57 Un esempio estremo, ancora una volta derivato dalla fiction cinematografica, è quello del protagonista del Gatto a nove code, film di Dario Argento, che, scopertosi portatore dell’anomalia genetica, precipita nella follia e si sente costretto (ma anche legittimato) ad uccidere.

(37)

31 del pubblico una nuova scoperta, quella del così detto “Warrior Gene”, il “gene del guerriero”.

Nell’organismo di un individuo perfettamente sano, opera un gene predisposto alla produzione di due enzimi, MAO-A e MAO-B, il cui scopo è regolare le normali funzioni cerebrali che sono alla base del comportamento58. Errori nel funzionamento di questo processo possono contribuire all’insorgere di gravi malattie quali la schizofrenia o la depressione mentre, negli animali, la presenza del gene mutato (o la sua assenza) determina risposte aggressive a stimoli stressanti e comportamenti al limite dell’autismo. “Gene del guerriero” è il nome con cui è stata identificata una delle possibili mutazioni di questo gene. Uno studio condotto in Nuova Zelanda59, compiuto su un vasto campione di popolazione analizzato nel corso di anni, ha stabilito che coloro che possedevano la variante “guerriera” del gene, se avevano subito abusi nell’infanzia, erano più predisposti a sviluppare disturbi della condotta, attraverso la manifestazione di atteggiamenti antisociali e aggressivi.

Rispetto alle prime diagnosi della sindrome XYY, si può notare come in questo caso la componente ambientale sia considerata un elemento rivelante ai fini statistici; il warrior gene quindi determinerebbe solamente una predisposizione verso un carattere di un certo tipo e non segnerebbe un destino ineluttabile e predefinito. Allo stesso modo, a differenza del doppio Y, non sembra esserci un’eccessiva valutazione morale di questo gene, almeno in teoria. Le ricerche parlano sì di una predisposizione all’aggressività e ai

58 R. MCDERMOTT, D. TINGLEY, J. COWDEN, G. FRAZZETTO, D.D.P. JOHNSON, Monoamine

oxidase A gene (MAOA) predicts behavioral aggression following provocation in «PNAS» 106 (2008).

59 R. POULTON, T.E. MOFFITT, P.A. SILVA, The Dunedin Multidisciplinary Health and Development

Study: overview of the first 40 years, with an eye to the future in «Social Psychiatry and Psychiatric

Riferimenti

Documenti correlati

b) Rappresenta con una tabella a doppia entrata (quadrato di Punnet) i casi che si possono presentare in seguito all’accoppiamento tra un maschio malato e una

- Il colore marrone degli occhi può essere ereditato solo se almeno uno dei due genitori li ha (genitori con entrambi gli occhi azzurri avranno prole con occhi azzurri). - Il

In questo batterio, infatti, viene incorporato solo DNA di Haemophilus; e solo molecole che portano una particolare sequenza di poche paia di basi, ripetuta numerose volte nel

XX femmina sana XX° femmina portatrice sana X°X° femmina emofilica XY maschio sano X°Y maschio emofilico. padre sano madre sana padre emofilico madre

Il microcitemico ha nel nucleo della cellula, per quanto riguarda questo carattere ereditario (il tipo di globuli rossi) due indicazioni diverse: una la indicheremo

Per questo motivo nelle zone malariche sono sopravvissute in maggior numero le persone con anemia mediterranea rispetto agli altri individui sani; a causa di ciò la percentuale

Per capire che cos'è il daltonismo, si può osservare la figura che segue: la maggior parte delle persone riesce a distinguere, dal fondo, un numero di colore diverso, perché

"Saggio sul principio di popolazione" (1798) e delle ipotesi attualiste sostenute dal geologo inglese Charles Lyell che, nei suoi " Principi di geologia",