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La percezione della qualità alimentare e la relativa willingness to pay dei consumatori cinesi

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale in

BIOSICUREZZA e QUALITÀ degli ALIMENTI

TESI DI LAUREA

LA PERCEZIONE DELLA QUALITÀ ALIMENTARE

E LA RELATIVA WILLINGNESS TO PAY

DEI CONSUMATORI CINESI

Relatore

Prof.ssa Alessandra Guidi

Correlatore

Prof. Marcello Mele

Candidato

Tommaso Massai

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RIASSUNTO

In seguito agli scandali alimentari che hanno coinvolto la Cina negli ultimi 20 anni, culminati con il celebre caso della melammina nel 2008, la popolazione cinese ha perso la fiducia nella sicurezza alimentare garantita dal proprio Governo. Le Autorità nazionali hanno risposto a questo stato di malcontento generale con numerose riforme legislative, introducendo la Food Safety Law (FSL) nel 2009 e la Legge sulla Sicurezza Alimentare del 2015, con lo scopo di rendere più efficienti i controlli di sicurezza alimentare e riconquistare la fiducia dei cittadini cinesi. Lo scopo di questa tesi è stato quello di valutare l’evoluzione delle abitudini alimentari dei consumatori cinesi e comprendere in che modo essi oggi percepiscano il concetto di qualità alimentare. Il lavoro è stato svolto tramite la distribuzione di un questionario composto da 36 domande ad un campione di consumatori cinesi, principalmente residenti ad Hangzhou o in città limitrofe della regione dello Zhejiang. Dall’analisi è emerso come le abitudini alimentari in Cina siano fortemente cambiate negli ultimi decenni, soprattutto a causa della globalizzazione e dell’aumento del reddito pro-capite. La qualità alimentare e la sua percezione sono risultati concetti di difficile definizione per i consumatori cinesi, ancora fortemente influenzati dallo stato di incertezza a livello di food safety nazionale. Sono emersi molteplici elementi in grado di influenzare la percezione qualitativa dei consumatori e la loro willingness to pay in fase di acquisto, tra questi, il brand, il prezzo, le metodologie di produzione eco-sostenibili e la provenienza del prodotto, soprattutto se importato dall’estero.

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INDICE

1. LA QUALITÀ ALIMENTARE A LIVELLO GLOBALE..……….... 4

1.1 – Il settore agroalimentare internazionale…....……….. 4

1.2 – Sicurezza e qualità alimentare internazionale…….……… 7

1.1.2 – Fattori che contribuiscono alla sicurezza alimentare…..……….. 9

1.3 – Il concetto di qualità totale e qualità alimentare…..………....10

1.3.1 – Definizione di qualità……… 10

1.3.2 – Il concetto di qualità totale……… 12

1.3.3 – Qualità dei prodotti alimentari……….. 14

1.4 – La percezione della qualità……….………... 16

1.4.1 – Il concetto di qualità percepita……….. 16

1.4.2 – Qualità percepita e willingness to pay………...17

1.5 – Le certificazioni di qualità………... 18

1.5.1 – Le certificazioni di prodotto……….. 19

1.5.2 – Le certificazioni di processo (o di sistema)………...19

1.5.3 – Le certificazioni cogenti……….... 20

1.5.4 – Le certificazioni volontarie………... 20

2. IL SETTORE AGROALIMENTARE IN CINA………... 22

2.1 – Il rapido sviluppo……….... 22

2-2 – Il settore agricolo……….... 24

2.3 – Allevamento e produzioni animali………...25

2.4 – Il mercato agroalimentare………. 28

2.5 – Le abitudini di consumo di prodotti alimentari……….. 32

3. LA LEGISLAZIONE CINESE SULLA SICUREZZA ALIMENTARE…………... 38

3.1 – Food safety: l’evoluzione in Cina e nel mondo……….... 38

3.2 – L’evoluzione del quadro normativo cinese sulla sicurezza alimentare…………. 41

3.3 – La legge sulla sicurezza alimentare del 2009 (FSL) ………... 43

3.2 – La valutazione del rischio per la sicurezza alimentare in Cina………. 45 3.5 – FSL a livello internazionale: importazioni, esportazioni e standardizzazione…. 48

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3.6 – Gli standard alimentari all’interno della FSL……….… 50

3.7 – La legge sulla sicurezza alimentare del 2015……….... 51

3.8 – I marchi di qualità in Cina……….... 53

3.8.1 – Green Food.……….. 54

3.8.2 – Organic Food……… 55

3.8.3 – Safe Food……….. 56

3.9 – Il marchio QS……….. 57

4. SCOPO DELLA TESI………... 58

5. MATERIALI E METODI………... 59

5.1 – Metodologia di ricerca………....59

5.2 – Sviluppo del questionario………...59

5.3 – Il questionario (versione inglese)………... 61

5.4 – Il questionario (versione cinese)……….... 72

6. RISULTATI E DISCUSSIONE………...77 6.1 – Informazioni di base….……….. 79 6.2 – Abitudini alimentari………... 84 6.3 – Sicurezza alimentare………...91 6.4 – Qualità alimentare……….. 107 7. CONCLUSIONI………...124 8. BIBLIOGRAFIA………. 126

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1. LA QUALITÀ ALIMENTARE A LIVELLO GLOBALE

1.1 Il settore agroalimentare internazionale

Il sistema agro-alimentare comprende tutti i settori che contribuiscono direttamente alla produzione, trasformazione ed elaborazione dei prodotti alimentari, al suo interno troviamo agricoltura, pesca, industria alimentare e ristorazione. Il sistema agroalimentare mondiale ha da sempre dimostrato un'ottima capacità di sviluppo, creando ricchezza e opportunità lavorative. Tuttavia, in un'epoca di grandi cambiamenti, la politica e la conseguente messa in pratica di un sistema agroalimentare efficiente sta andando incontro a notevoli difficoltà nello strutturarsi come sistema sostenibile e capace di raggiungere gli obbiettivi che vengono ogni volta prefissati, come ad esempio trovare soluzioni adeguate ai problemi della malnutrizione e della fame in alcune zone del mondo, ma anche contrastare i cambiamenti ambientali avversi, limitare la devastazione delle terre arabili nel mondo e riuscire a preservare la biodiversità (Berkes et al., 2003). Negli ultimi 20 anni gli enti responsabili della gestione del sistema agroalimentare globale hanno concentrato il proprio lavoro sul concetto di sostenibilità, con l'obbiettivo di creare un sistema capace di assorbire le perturbazioni mantenendo costante ed efficiente il proprio funzionamento. Un sistema forte e robusto è capace di creare nuove opportunità nel tempo, mentre un sistema debole e vulnerabile accusa l'effetto anche delle piccole perturbazioni amplificando le conseguenze a livello sociale, soprattutto su chi è in difficoltà come i paesi in via di sviluppo (Conway, 2007; Adger, 2006). All'interno delle scienze agricole ed alimentari ha preso piede l'idea di un ambiente elastico e resiliente, capace di essere controllato ed in cui la natura tende a ritornare ad uno stato di equilibrio nel momento in cui l'uomo smette di esercitare un'azione su di essa. Questa visione errata della natura ha portato allo sviluppo di programmi sbilanciati per il progresso nel settore agroalimentare, che hanno portato a conseguenze negative a livello globale sotto molti aspetti, come il cambiamento climatico, perdita di terre arabili e crisi economiche e politiche nei paesi in via di sviluppo, aumentandone così il livello di povertà. L'obbiettivo di oggi è quello dunque di modificare il settore agroalimentare globale creando un sistema sostenibile capace di sopperire alle carenze che i programmi della passato hanno creato (Smit and Wandel, 2006; Berkes et al., 2003). Sono molti fattori hanno contribuito allo sviluppo e all'evoluzione del settore agroalimentare a livello internazionale, consentendo di creare una rete globale in grado di connettere qualsiasi nazione del mondo. I fattori principali di questo sviluppo sono

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stati la globalizzazione e la liberalizzazione dei mercati, introdotti agli inizi degli anni '90 con gli accordi multilaterali stipulati dalla WTO (World Trade Organization). Questi accordi hanno portato all'abbattimento delle barriere e dei dazi che ostacolavano il mercato di prodotti agroalimentare a livello internazionale, causando un'imponente crescita del mercato globale. Le esportazioni di prodotti agricoli ed agroalimentari nel 1999 riguardavano un movimento di denaro di circa 280 bilioni di dollari americani, mentre nel 2009 la quota era di 920 bilioni di dollari americani. A dimostrazioni di questo enorme cambiamento è sufficiente entrare in un qualsiasi supermercato, dove oggi è possibile trovare le stesse categorie di prodotti provenienti da parti opposti del mondo. La creazione di un mercato globale di prodotti alimentare ha seguito di pari passo lo sviluppo tecnologico mondiale. La crescita ha influenzato fortemente il settore agroalimentare aumentando la consapevolezza di ciascun consumatore riguardo i prodotti che acquista e che consuma. Oggi la popolazione pretende di più dai prodotti alimentari, un concetto che va al di là della semplice nutrizione: i prodotti agroalimentari moderni possono apportare benefici alla salute, garantendo il benessere umano e animale, rispettando i principi etici e garantendo un uso ponderato delle risorse globali e il rispetto dell'ambiente. La risposta dell'industria agroalimentare all'evoluzione delle domande dei consumatori è rappresentata dalla grande differenziazione dell'offerta, proponendo sul mercato una più ampia quantità e varietà di prodotti alimentare in modo da rispettare qualsiasi tipo di richiesta da parte della popolazione (De Magistris, 2004). Per capire le dimensioni del sistema agroalimentare globale è necessario consultare alcuni dati di settore riguardo le produzioni, gli utilizzi, il commercio ed i consumi. Nella tabella 1.1 sono riportati i dati di settore stimati dalla FAO (Food and Agriculture Organization) riguardo produzione, commercio e consumo di cereali, grano, cereali a grano grosso e riso. Viene inoltre riportata la stima del consumo pro-capite annuo a livello globale (FAO, 2017).

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Categoria Alimentare PRODUZIONE (milioni di tonnellate) UTILIZZO (milioni di tonnellate) COMMERCIO (milioni di tonnellate) CONSUMO PRO-CAPITE (Kg/anno) CEREALI 2593.7 2584.2 391.0 148.3 GRANO 743.2 728.3 171.0 66.7 CEREALI A GRANO GROSSO 1347.9 1350.0 175.8 27.6 RISO 502.6 505.7 44.2 54.1

Tabella 1.1 : Produzione, utilizzo, commercio e consumo pro-capite di cereali, grano, cereali a grano grosso e

riso stimato per il 2017 (FAO, 2017).

Nella tabella 1.2 sono riportati i dati stimati dalla FAO relativi alla produzione e al commercio nel 2017 delle diverse tipologie di carne. La FAO ha stimato inoltre un consumo pro-capite annuo di carne di 42.7 Kg/anno, inferiore dello 0.9% rispetto al consumo del 2016 (FAO, 2017).

Tipologia di Carne PRODUZIONE

(milioni di tonnellate) COMMERCIO (milioni di tonnellate) CARNE BOVINA 69.6 9.0 POLLAME 117.7 13.2 CARNE SUINA 114.7 8.6 CARNE OVINA 14.5 0.9

Tabella 1.2 : Produzione e commercio delle diverse tipologie di carne stimato per il 2017 (FAO, 2017).

La Tabella 1.3 riporta le stime di produzione, commercio e consumo pro-capite annuo di latte nel 2017 (FAO, 2017). PRODUZIONE (milioni di tonnellate) COMMERCIO (milioni di tonnellate) CONSUMO PRO-CAPITE (Kg/anno) LATTE 830.5 71.8 111.4

Tabella 1.3 : Produzione, commercio e consumo pro-capite annuo di latte stimato per i 2017 (FAO, 2017).

Nella Tabella 1.4 sono riportati i dati riportati dalla FAO per quanto riguarda il settore dei prodotti ittici. I dati riguardano i volumi di produzione e consumo pro-capite annuo sia per i prodotti derivanti dall'acquacoltura, sia per i prodotti ittici pescati. Viene inoltre riportato il volume commerciale dei prodotti ittici in generale. Per la categoria dei prodotti ittici la FAO

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stima un utilizzo nel 2017 di 172.2 milioni di tonnellate, di cui 152.5 destinati all'alimentazione umana, 14.7 all'alimentazione animale ed i restanti 5.0 per altri usi (FAO, 2017).

Prodotti ittici PRODUZIONE

(milioni di tonnellate) CONSUMO PRO-CAPITE (Kg/anno) COMMERCIO (milioni di tonnellate) ACQUACOLTURA 91.2 11.0 60.2 PESCATI 82.5 9.6

Tabella 1.4 :Produzione, commercio e consumo pro-capite annuo di prodotti ittici stimato per i 2017 (FAO,

2017).

1.2 Sicurezza e qualità alimentare internazionale

Con il progressivo sviluppo del sistema agroalimentare globale e l’aumento degli scambi internazionali, il concetti di sicurezza alimentare e qualità alimentare hanno acquisito un’importanza notevole nel corso degli anni. È necessario specificare come il concetto di sicurezza alimentare possa essere inteso in due modi differenti, fra loro legato: food safety e food security. Per food security si intende la più completa e costante disponibilità di acqua e cibo igienicamente idoneo per soddisfare il fabbisogno alimentare vitale. Ovvero la presenza di alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti secondo le preferenze alimentari. La food safety rappresenta invece la qualità igienica degli alimenti ed è il prerequisito fondamentale che autorizza l’impiego e la commercializzazione di acqua o di qualsiasi prodotto di origine vegetale o animale. Il concetto di food safety non rientra nell'ambito politico ma in quello scientifico (World Food Summit,1996). Negli ultimi anni, l’aumento dei casi di malattie a trasmissione alimentare ed i numerosi scandali legati a frodi nel campo del cibo hanno indotto i consumatori mondiali ad aumentare il proprio scetticismo nei confronti dei governi e delle pubbliche istituzioni responsabili dell’industria alimentare. Di fatto i problemi di sicurezza e qualità alimentare non causano effetti negativi esclusivamente alla salute dei consumatori, ma portano anche ad una drastica riduzione degli scambi internazionali e, di conseguenza, a problemi di tipo economico. Recentemente si sono verificati diversi casi di scandali ed incidenti legati alla food safety:

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• dal 1993 fino al 2010 ci sono stati più di 184'500 casi di incidenti legati alla BSE Bovine Spongiform Encephalopathy) nel Regno Unito (Centers for Disease Control and Prevention, 2010);

• nel 2008 in Cina ci fu il famoso caso di Melammina, che colpì circa 300'000 bambini, di cui 51'900 furono ricoverati e 6 di questi morirono, proprio a causa del consumo di Melammina all’interno di latte in polvere (Xiu & Klein, 2010);

• nel 2012, un outbreak di Salmonella in alimenti a base di salmone portò alla malattia 950 persone in Olanda e 100 negli Stati Uniti (Foodborne Illness Outbreak Database, 2013);

• nel 2013, a Gennaio, furono trovati degli hamburger di manzo contaminati con carne di cavallo in Gran Bretagna ed Irlanda. In questo caso si trattava di una frode di tipo commerciale, visto il costo inferiore della carne di cavallo rispetto a quella di manzo, che tuttavia avrebbe potuto causare ripercussioni sanitarie se gli hamburger fossero stati consumati da individui con allergie o intolleranze verso la carne di cavallo (O’Mahony, 2013);

• nell'agosto 2013 in Arizona (USA), 79 individui si ammalarono e 23 vennero ricoverati a causa del batterio Escherichia coli O157:H7, in quello che fu l’outbreak di E.coli più grave di sempre negli Stati Uniti d’America (Foodborne Illness Outbreak Database, 2013);

• nel 2014 a Taiwan ci fu un altro noto scandalo alimentare, in cui fu venduto ed utilizzato dell'olio alimentare prodotto mischiando fra di loro dell'olio di scarto riciclato e dell'olio destinato all'alimentazione animale. Il governo di Taiwan ha cercato di insabbiare i dati relativi all'incidente, ma una stima riporta che l'olio adulterato sarebbe stato utilizzato da circa 52 scuole e 363 aziende del settore alimentare (Chung and Phila, 2014);

• nel 2016 la nota azienda produttrice di snack a base di cioccolato Mars fu costretta a ritirare i propri prodotti dagli scaffali di ben 55 paesi, dopo che all'interno di una delle barrette al cioccolato in vendita fu trovata la presenza di pezzi di plastica (Quinn, 2016).

Tutto ciò rende evidente il fatto che il concetto di sicurezza alimentare a livello globale sia ancora da approfondire e da migliorare per garantire ai cittadini di tutto il mondo degli alimenti sani e sicuri.

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1.2.1 Fattori che contribuiscono alla sicurezza alimentare

Esistono numerosi fattori che riguardano i problemi di sicurezza alimentare a livello globale: come ad esempio i cambiamenti nelle pratiche agricole ed in allevamento, l’evoluzione della struttura della catena alimentare globale, le nuove tecnologie sfruttate nelle produzioni agricole ed altre ancora; tutti questi fattori contribuiscono ai problemi di sicurezza alimentare. L’approvvigionamento alimentare a livello globale si sta muovendo in una direzione ben precisa, un aumento sostanziale del volume e della complessità del cibo. Tuttavia i sistemi di controllo di sicurezza alimentare non seguono un analogo sviluppo (DeWaal & Robert, 2005). Inoltre l’incremento degli scambi internazionali comporta un importante gap di tempo che intercorre fra la produzione dell’alimento ed il suo consumo, rendendo il prodotto maggiormente esposto ad una possibile contaminazione o adulterazione. L’agricoltura e l’allevamento moderno spingono verso la massimizzazione dei profitti tramite la riduzione dei costi: questa politica ha portato ad un abuso di pesticidi, fertilizzanti, antibiotici e regolatori della crescita. Le nuove tecnologie di produzione alimentare, manipolazione dei prodotti e successiva distribuzione, permettono ai consumatori di tutto il mondo di disporre di un’ampia varietà di alimenti con prezzi convenienti: molti di questi prodotti sono alimenti a lunga conservazione o alimenti pronti all’uso, particolarmente esposti ad un’eventuale contaminazione microbiologica in caso di manipolazione errata (DeWaal & Robert, 2005). È inoltre necessario considerare che i problemi di sicurezza alimentare sono correlati anche ai cambiamenti a livello mondiale nella struttura delle popolazioni, nei nuovi lifestyle, nell’evoluzione delle richieste dei consumatori. Lo sviluppo dei trattamenti medici ha portato ad un incremento dell’età media della popolazione mondiale (Sanderson, 2004), questo ha influito sull'approccio alimentare degli individui più anziani, orientandoli verso esigenze salutistiche e diete specifiche. Questa tipologia di consumatore tende sempre di più a scegliere quei prodotti considerati idonei per il proprio tipo di alimentazione, che siano più consoni alle proprie caratteristiche fisiche e che consentano di mantenere uno stile di vita sano. Tutto ciò si traduce con la presenza sugli scaffali dei supermercati di una più ampia varietà di prodotti specifici per diete particolari, come i prodotti light, i prodotti terapeutici, gli integratori o gli alimenti funzionali, tutti prodotti con una composizione specifica che necessita di un controllo e di un monitoraggio accurato (Fulponi, 2004).

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1.3 Il concetto di qualità totale e qualità alimentare

1.3.1 Definizione di qualità

La qualità comprende svariati aspetti e spesso non è facile definirla: è un termine caratterizzato da vari attributi e caratteri all’interno di uno stesso prodotto o servizio. In questi ultimi anni abbiamo sentito parlare di qualità nei più svariati contesti che vanno dal mondo industriale al nostro ambiente domestico: qualità dei prodotti, qualità degli alimenti, qualità delle materie prime, qualità di vita, qualità dei servizi di cui usufruiamo nella nostra vita quotidiana, ecc.

Di seguito sono riportate alcune definizioni di qualità:

• “Qualità: è l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche che conferiscono ad un prodotto, ad un processo di lavorazione o ad un servizio, la capacità di soddisfare esigenze espresse o implicite (ISO 8402:1995)”.

• “Qualità: è il grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfa i requisiti. Il termine qualità non esprime un livello di merito in senso comparativo. La qualità assume due aspetti fondamentali: quello della conformità alle norme e quello della gestione della qualità, intesa come filosofia complessiva di gestione strategica dell’azienda (UNI EN ISO 9000:2000)”.

• “Qualità della vita: concetto che caratterizza la misura e il grado secondo cui i contesti sociali (a livello locale, nazionale, internazionale) offrono effettive opportunità di combinazioni congrue tra gli ambienti fisico, naturale e sociale in vista di una progressiva armonizzazione tra bisogni dell’uomo e risorse ambientali (Agenda 21)”.

L’International Standard Organization (ISO) ha definito la qualità come:

“The extent to which a group of intrinsic features (physical, sensorial, behavioural, temporal, ergonomic, functional, etc.) satisfies the requirements, where requirement means need or expectation which may be explicit, generally implicit or binding. (ISO 2000)”.

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“La misura in cui un gruppo di caratteri intrinseci (fisici, sensoriali, comportamentali, temporali, ergonomici, funzionali, ecc.) soddisfano i requisiti, dove per “requisiti” si intende i bisogni o le aspettative, che possono essere espliciti, impliciti o vincolanti. (ISO 2000)”. La vecchia definizione ISO (ISO 8402:1995) individuava la qualità come la totalità degli aspetti e delle caratteristiche di un prodotto o di un servizio che lo rendono capace di soddisfare bisogni espliciti e/o impliciti. In questo contesto, il concetto di qualità deriva dunque dalla capacità di un bene o servizio di soddisfare determinati bisogni; il grado o livello della qualità è proporzionale a questa capacità. Nella nuova definizione ISO (ISO 2000) il concetto del soddisfacimento delle aspettative viene ampliato: vengono prese in considerazione le aspettative, intese come insieme di attributi conferiti dal soggetto prima dell’atto di consumo del bene che, nel caso in cui siano soddisfatti, porteranno ad una crescita proporzionale della qualità del prodotto consumato.

Altre definizioni di qualità sono state date nel tempo da specialisti dell’argomento: · Conformance to requirements (Crosby, 1979)

“Conformità ai requisiti” · Fitness to use (Juran, 1951)

“Idoneità all’uso”

· The efficient production of the quality that the market expects (Deming, 1982) “La produzione efficiente della qualità attesa dal mercato”

· Anything that can be improved (Imai, 1986) “Tutto ciò che può essere migliorato”

· Does not impart loss to society (Taguchi, 1987) “Non comporta perdite alla società”

· Degree of excellence (Webster’s, 1984) “Grado di eccellenza”

Nonostante la definizione ISO (ISO 2000) possa essere interpretata come un insieme delle più importanti definizioni riportate, è necessario considerare le singole interpretazioni di questi autori, che fanno riferimento a diverse idee di qualità. Analizzando le definizioni risulta evidente l’importanza del grado si soggettività od oggettività delle caratteristiche qualitative che vengono prese in considerazione. Juran nel 1951 scrisse “Non hai qualità se non puoi misurarla”: basandosi dunque sul metodo scientifico l’industria moderna fa affidamento ad

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una qualità oggettiva, basata su caratteristiche misurabili. Esistono dunque due modi opposti di concepire la qualità: il primo è soggettivo ed è legato a qualità sensoriali; il secondo è oggettivo e scientifico dove tutto è relativo ad una caratterizzazione e quantificazione di qualità misurabili. Il concetto di qualità è sempre stato un elemento importante negli scambi commerciali poiché rappresenta la base essenziale per poter definire un prezzo di vendita. In passato la qualità commerciale era rappresentata dalla qualità del prodotto, mentre oggi si utilizza il termine di “qualità totale” che incorpora il concetto di qualità del prodotto insieme al servizio reso dallo stesso prodotto (J.M. Juran et al., 1988).

1.3.2 Il concetto di qualità totale

Fra i fattori strategici per il successo di un’azienda, assume un’importanza rilevante la qualità dei prodotti o servizi offerti al consumatore. L’alta competitività crea una forte instabilità dell’ambiente economico: le imprese devono dunque essere in grado di reagire in modo efficiente aggiornando continuamente le proprie strategie aziendali per poter rispondere alle richieste del mercato in modo preciso. L’obbiettivo ultimo di una qualsiasi impresa deve essere il raggiungimento della qualità totale. Citando Juran, uno dei fondatori di questa visione aziendale, “la qualità totale costituirà uno degli elementi più importanti per l’esistenza stessa dell’azienda”(J.M. Juran et al., 1988). La definizione del concetto di qualità introdotta da Juran ha riscosso forti consensi soprattutto negli Stati Uniti e in Giappone: “qualità è la conformità all’uso di un prodotto secondo le caratteristiche presentate”. La qualità coincide dunque con “l’adeguatezza all’uso” determinata dalle caratteristiche del prodotto che il consumatore può ritenere vantaggiose per se stesso. La novità introdotta da Juran porta ad una nuova visione del concetto di qualità: si passa infatti da una visione esclusivamente tecnica o metodologica del prodotto, ad una visione focalizzata sull’uomo che utilizzerà il prodotto in questione. Il concetto di qualità come adeguatezza all’uso proposta da Juran, è stata oggi superata, in quanto un prodotto o servizio non deve semplicemente soddisfare le esigenze dell’utilizzatore ma deve anche attenersi ad altri fattori, quali il rispetto dell’ambiente, la sicurezza del consumatore, i costi di produzione, tutti elementi integranti del sistema qualità, essenziali per definire un concetto di qualità più attuale che quindi non sarà più solo l’adeguatezza all’uso, bensì adeguatezza alle necessità dell’utilizzatore (A. Ricci, 1990). Dal punto di vista del produttore la qualità totale permette di offrire prodotti e servizi

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in grado di soddisfare bisogni e necessità del consumatore. È tuttavia necessario distinguere vari tipi di qualità (Laboucheix V, 1991):

• Qualità attesa : consiste nelle aspettative del consumatore derivanti dalle precedenti esperienze di consumo di una determinata categoria di prodotto.

• Qualità promessa : le attese del consumatore indotte da una particolare marca o marchio, basate su una precedente esperienza di consumo. Con lo stesso prodotto ciò che differenzia la qualità promessa da un produttore ad un altro sono gli elementi legati alla comunicazione quali il design, il marchio, il prezzo, il punto vendita, la pubblicità, ecc.

• Qualità effettiva : è la qualità intrinseca ed oggettiva del prodotto, ossia la qualità misurabile. Se la qualità promessa è legata alla forma del prodotto, la qualità effettiva riguarda la sua sostanza. La qualità effettiva è costituita da due componenti. Il primo componente, soggettivo, si riferisce all’eccellenza delle caratteristiche del prodotto e del servizio, richiamando la definizione di Juran, ciò che “è fungibile all’uso”. Esempi di caratteristiche del prodotto relative alla qualità soggettiva sono la robustezza, l’affidabilità di funzionamento, la flessibilità, la precisione, la performance, la bellezza, il rispetto per l’ambiente ecc. Il secondo componente, oggettivo, si riferisce, in accordo con la definizione di Crosby (“Conformance to requirements” (1979)) a come il prodotto rispetti le specifiche ad esso richieste nel rispetto delle caratteristiche stabilite e all’assenza di difetti.

• Qualità percepita : è rappresentata dalla sommatoria delle qualità promesse e delle qualità effettive, alla quale si aggiungono il prodotto e la comunicazione relativa. La qualità percepita può risultare espressa in termini di gradimento, con giudizi come “inaccettabile” o “ampiamente soddisfatto”. Questa è la qualità più importante; il rapporto tra la qualità percepita e la qualità attesa determina la soddisfazione del cliente.

SODDISFAZIONE = QUALITA’ PERCEPITA / QUALITA’ ATTESA

• Qualità latente : è la capacità di un prodotto o servizio di soddisfare il cliente oltre le sue aspettative fornendogli qualcosa di inatteso.

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Il consumatore valuta singolarmente tutte queste qualità; quando egli decide di avvicinarsi ad un prodotto, si crea una mappa corrispondente alla qualità attesa per la categoria di prodotto che intende acquistare. La mappa viene creata in base alle informazioni in suo possesso ed è fondamentale nel determinare la scelta di un prodotto piuttosto che di un altro. Quando il consumatore deve decidere tra una marca o un’altra, sceglierà quella che avrà la qualità percepita più vicina ai suoi bisogni. Alla fine, una volta che il prodotto è stato scelto ed acquistato, ne percepirà la qualità effettiva e potrà ritenersi soddisfatto o meno. Quando il consumatore decide di provare un prodotto, ha in mente un certo livello di qualità attesa; egli sceglierà la marca basandosi sulla qualità percepita; quindi infine, valuterà l’effettiva qualità in relazione alla sensazioni suscitate dal consumo del prodotto, che influenzerà le successive decisioni di acquisto. Le interazioni psicologiche tra questi aspetti della qualità possono distorcere la valutazione finale del consumatore. Un prodotto con un’elevata qualità suscitata potrebbe non essere subito riconosciuto come un prodotto con una bassa qualità effettiva, anche quando in realtà esso è un prodotto con una qualità bassissima (Padova and Collard R., 1991; Galgano A., 1990).

1.3.3 Qualità dei prodotti alimentari

L’alimentazione è il primo posto all’interno della scala dei bisogni di ogni essere umano. Il cibo viene consumato quotidianamente per due motivi principali: prima di tutto per il nutrimento del corpo ed in secondo luogo per la ricerca del piacere nel mangiare o nel bere determinati alimenti o bevande. Con il termine “qualità alimentare”, da un punto di vista nutrizionale, si indica principalmente il valore nutritivo dell’alimento in termini di apporto di carboidrati, grassi, proteine, minerali e vitamine essenziali per la salute. In questo contesto è sottintesa l’assenza di elementi chimici o microbiologici contaminanti e nocivi alla salute. Le qualità dei prodotti alimentari, nel rispetto dei vincoli normativi, rappresentano gli elementi fondamentali nelle scelte di acquisto. Inoltre, per gli alimenti che costituiscono le materie prime per la preparazione di prodotti complessi, un aspetto da considerare della qualità è la facilità d’uso e di preparazione. In quest'ultimo caso, possono essere più importanti la facilità d’uso che le caratteristiche sensoriali o nutrizionali; per il prodotto finito però, le proprietà sensoriali sono in assoluto più importanti di altre, per cui caratteristiche del prodotto come il colore, l’aroma e l’aspetto giocano un ruolo determinante nel processo di scelta da parte del consumatore. Altre caratteristiche come la facilità d’uso e di preparazione, il packaging e la

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conservabilità possono tuttavia influenzare la qualità percepita, qualche volta a discapito delle qualità sensoriali e nutritive del prodotto. Nel caso in cui il consumatore, non possieda adeguate informazioni sui prodotti alimentari, utilizza il prezzo di vendita come punto di riferimento per quantificarne la qualità. Infatti, nel settore alimentare il rapporto qualità/prezzo è più importante che altrove, e la qualità del prodotto è spesso fortemente vincolata al prezzo (Gios G., 1989; Multon J.L., 1987; Pilati L. and Ricci G., 1991).

La qualità nutrizionale si differenzia dalla qualità alimentare, dipende infatti dal valore nutrizionale contenuto nel prodotto e dalla sua sicurezza per la salute del consumatore. Il valore nutrizionale è costituito dai seguenti due aspetti:

· Quantitativo : calorie fornite per unità di peso;

· Qualitativo : composizione di macro-elementi, ovvero percentuali di carboidrati, proteine, lipidi, vitamine, minerali, fibre, ecc.

Le calorie riportate in etichetta possono però confondere il consumatore: uno snack può essere infatti poco energetico e poco calorico ma nutrizionalmente scadente. Più frequente è il caso di alimenti dell’industria con basso valore nutrizionale ed alto tenore di calorie. Gli alimenti che nutrono ottimamente l’organismo sono quelli naturalmente ricchi di sostanze protettive per l’organismo. Le tecnologie di produzione alimentare ci pongono di fronte a diversi paradossi: le farine vengono raffinate, impoverendole di sali minerali, vitamine e fibre per poi successivamente aggiungere artificialmente gli stessi elementi al prodotto finale; i grassi vengono raffinati con il rischio di abbattere la quota di antiossidanti; lo zucchero viene raffinato fino a sbiancarlo togliendogli così qualsiasi traccia di minerali. Un ulteriore aspetto da non sottovalutare nello stabilire la qualità nutrizionale di un alimento è la sua salubrità, o qualità igienica. La qualità igienica corrisponde alla totale assenza di elementi tossici. Trascurando il caso di cibo privo di tossicità che lo diviene per manipolazione o uso improprio da parte del consumatore, si può affermare che i prodotti alimentari divengono tossici solamente a causa di contaminazione. La contaminazione di un alimento può essere chimica, fisica o batteriologica e può prodursi per effetto di fattori endogeni od esogeni in ogni momento durante il ciclo di vita del prodotto. L’esempio più frequente è l’interruzione della catena del freddo dei prodotti freschi, cioè quelli che necessitano di un ambiente refrigerato (+ 4°C), che causa una rapida degradazione del prodotto. Generalmente la qualità alimentare di ciascun prodotto ha una soglia minima, relativa alla categoria del prodotto stesso, a cui deve corrispondere per poter essere commercializzato: ciò significa che deve avere un contenuto nutrizionale idoneo alla categoria alimentare a cui appartiene ed essere

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assolutamente privo di tossicità. Considerando la scarsa capacità di valutazione da parte del consumatore del contenuto nutrizionale di un prodotto, le soglie minime vengono stabilite per legge a seconda della categoria di appartenenza (Multon J.L., 1987).

1.4 La percezione della qualità

La valutazione della qualità di un prodotto alimentare da parte di un consumatore è complessa.

La difficoltà deriva dalla multi-dimensionalità del concetto di qualità, conseguenza dei molteplici attributi e delle diverse caratteristiche che compongono un prodotto alimentare. Tutto ciò significa che diversi gruppi di consumatori, appartenenti a differenti contesti sociali, in situazioni di consumo diverse, possano avere opinioni opposte sul livello di qualità di uno stesso prodotto. E’ importante quindi stabilire dei metodi di indagine appropriati per valutare la percezione della qualità di un prodotto, sia dal punto di vista imprenditoriale, per ridurre il rischio di fallimento nel lancio di nuovi prodotti sul mercato, sia dal punto di vista del policymaker, per individuare tutti i possibili collegamenti tra qualità, sicurezza e salubrità degli alimenti (Esposti, 2005).

1.4.1 Il concetto di qualità percepita

Nella letteratura economica (Lancaster, 1971) il concetto di “qualità” viene trattato con una netta suddivisione fra le dimensioni qualitative oggettive, relative a caratteristiche fisiche, chimiche e tutte le altre categorie di caratteristiche misurabili, e quelle soggettive, che riguardano esclusivamente ciò che viene percepito dal consumatore in questione. Steenkamp (1989) ha formulato il concetto di “qualità percepita” come un tentativo di mediazione tra le dimensioni qualitative oggettive e soggettive, ovvero il punto di incontro tra le caratteristiche del prodotto e le preferenze del consumatore. Steenkamp evidenzia il fatto che la qualità percepita possa anche differire da quella effettiva, dato che la valutazione della qualità di un qualsiasi prodotto è un processo esclusivamente personale, che può essere influenzato dall’ambiente e dalla situazione in cui si trova il consumatore. Individuare e definire le categorie relative alla qualità oggettiva e quelle relative alla qualità soggettiva, oltre alla scoperta delle interrelazioni e dei legami esistenti tra di loro, è fondamentale per la

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produzione di alimenti e per il lancio di nuovi prodotti sul mercato. Infatti, citando Grunert, “solo quando i produttori possono tradurre i desideri dei consumatori in caratteristiche fisiche del prodotto e solo quando i consumatori possono inferire la qualità desiderata dal modo in cui il prodotto è stato realizzato, allora la qualità diventa un parametro della competizione per i produttori” (Grunert, 2005). La percezione della qualità da parte del consumatore risulta quindi essere l’elemento di mediazione tra domanda ed offerta. Sono dunque importanti gli approcci derivanti dalla psicologia, utilizzati per indagare la natura multidimensionale della qualità percepita: in particolare l’utilizzo dei cosiddetti modelli attitudinali multi-attributo, in cui la valutazione complessiva della qualità di un prodotto è definita in termini di caratteristiche percepite e delle relative valutazioni soggettive per ognuna di queste caratteristiche (Grunert, 2005).

1.4.2 Qualità percepita e willingness to pay

La qualità percepita porta all’acquisto di un prodotto esclusivamente nel caso in cui il livello di qualità sia abbastanza elevato per indurre il consumatore a pagare il prezzo necessario (willingness to pay). La relazione fra la percezione della qualità ed il prezzo del prodotto viene riassunta con il termine “valore in denaro” (Zeithaml, 1988). La valutazione della willingness to pay (WTP) è da sempre ritenuta essenziale nel settore alimentare. Esistono diversi approcci per analizzare il WTP nei casi in cui i dati di mercato siano disponibili, ma ancora più importanti risultano le tecniche di analisi nei casi in cui non ci siano dati disponibili o la ricerca venga eseguita su prodotti nuovi da lanciare sul mercato, per cui le aziende sono interessate nell’ottica di migliorarne i valori di qualità e sicurezza percepita dal consumatore (Boccaletti and Nardella, 2000; Gil et al., 2000; Maruyama and kikuchi, 2004). Le stime della WTP sono utilizzabili sia dal punto di vista dei produttori alimentari, sia dal punto di vista dei responsabili del settore alimentare pubblico. La presenza di diversi approcci di analisi ha portato alla pubblicazione di dati discordati riguardo il WTP per le stesse categorie di prodotti. Dal punto di vista dei produttori, i metodi di analisi del WTP non basati su dati concreti di mercato non hanno rilevanza; questo concetto nel tempo ha portato a credere che il prezzo di un alimento sia il parametro più importante nel determinare la scelta di cibo da parte di un consumatore, mettendo in secondo piano i miglioramenti in qualità e sicurezza del prodotto (Shogren et al., 1999).

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1.5 Le certificazioni di qualità

All'interno del settore agroalimentare internazionale moderno, sono state introdotte nel tempo numerose certificazioni, alcune anche molto simili tra loro, ciascuna con dei propri requisiti legislativi da rispettare per ottenere il riconoscimento. L'elevata varietà di marchi e certificati di qualità relativi ai prodotti alimentari può arrecare confusione al consumatore, portandolo all'insicurezza e minando la sua fiducia nei confronti di questi tipi di indicazioni riportate in etichetta. Analizzando la situazione a livello numerico riportata in Figura 1.1, la Commissione Europea nel 2012 ha stilato una lista delle certificazioni riconosciute a livello europeo ed internazionale: solo in Europa esistono 424 certificazioni, con la Germania leader della classifica a quota 107 e l'Italia al secondo posto con 52 (Commissione Europea, 2012).

Figura 1.1 : Numero di certificazioni per prodotti agroalimentari suddivisi per stato di origine (Commissione

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Le diverse certificazioni possono essere suddivise in vari modi (ACU-Associazione Consumatori Utenti):

• in base all'oggetto certificato: di processo / di prodotto • in base alla facoltà di decisione: cogente /volontaria

• in base ai metodi di applicazione: regolamentata / non regolamentata

• in base allo scopo: valorizzare qualità igienico-sanitarie / organolettiche / ambientali / nutrizionali / tecnologiche

1.5.1. Le certificazioni di prodotto

La certificazione di prodotto è uno strumento atto a garantire la conformità di un prodotto alimentare a quanto viene dichiarato dal produttore, assicurando il rispetto di determinati requisiti e caratteristiche qualitative. Le caratteristiche certificate possono essere diverse, come la provenienza, la tipicità, qualità chimico-fisiche o microbiologiche, elementi nutrizionali, qualità sensoriali, ma anche protezione dell'ambiente e della salute come nel caso dell'assenza di mezzi chimici o OGM (Melillo V., 2008). Per ottenere la certificazione di prodotto è necessario rispettare un documento normativo di riferimento, e in molti casi questo permette all'azienda di apporre sull'etichetta o sulla confezione del prodotto il marchio di conformità, per informare il cliente delle caratteristiche significative che differenziano il prodotto in questione dagli altri della stessa categoria. Infatti per questo tipo di certificazione si parla di un approccio di tipo “diretto”, poiché vengono verificati dei requisiti capaci di soddisfare direttamente i fabbisogni e le necessità di un consumatore, rispondendo alle esigenze di marketing di valorizzazione e differenziazione di un alimento per farlo emergere sul mercato (Thione L., 2005).

1.5.2 Le certificazioni di processo (o di sistema)

Per le certificazioni di processo o di sistema di parla di un approccio di tipo “indiretto”, poiché non ci sono riferimenti specifici a caratteristiche o requisiti del prodotto finale, ma intende assicurare la capacità di un processo produttivo di organizzare le proprie risorse per soddisfare i bisogni dei consumatori. Questa certificazione valuta e conferma la capacità di una filiera di fornire prodotti conformi ai requisiti previsti dalla normativa di riferimento ed il

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rispetto di determinate specifiche tecniche che garantiscano un determinato livello di qualità, come ad esempio la qualità igienico-sanitaria ottenuta attraverso il rispetto dei sistemi di tracciabilità e le metodologie HACCP (Thione L., 2005).

1.5.3 Le certificazioni cogenti

Le certificazioni cogenti sono dei riconoscimenti che un'azienda del settore agroalimentare è obbligata ad ottenere per poter operare e produrre. Un esempio di certificazione cogente sono gli attestati che riguardano l'utilizzo di un piano di autocontrollo efficiente e l'attuazione del piano HACCP con l'obbiettivo di ridurre i rischi di pericoli e contaminazioni sugli alimenti tramite una corretta prevenzione. Questi protocolli sono regolati da direttive comunitarie, l'azienda che rispetta tali direttive può apporre il marchio CE sul proprio prodotto, garantendo al consumatore il rispetto dei requisiti minimi di sicurezza prestabiliti. Questa categoria di certificazioni è sempre regolata e controllata da enti pubblici (Thione L., 2005).

1.5.4 Le certificazioni volontarie

Le certificazioni di qualità volontarie sono attestati volontari a cui l'azienda del settore agroalimentare sceglie di sottoporsi in modo spontaneo. Appartengono a questa categoria i disciplinari tecnici di prodotto e le certificazioni regolamentate. Le aziende che scelgono di attenersi ai requisiti necessari possono ottenere la certificazione con conseguente apporto del marchio in questione sulla confezione del prodotto da parte dell'Ente certificatore. In questo caso è responsabilità dell'Ente Certificatore verificare il rispetto dei requisiti e della caratteristiche stabilite per l'ottenimento della certificazione. Una certificazione volontaria di un prodotto viene richiesta allo scopo di valorizzare tale alimento dichiarando le caratteristiche particolari di tale prodotto in un documento tecnico, base fondamentale della certificazione. I requisiti caratterizzanti la certificazione devono essere valutabili secondo parametri oggettivi e devono costituire un valore aggiunto per il prodotto (TUV Italia). Le certificazioni volontarie di prodotto si dividono in due gruppi:

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1. Certificazioni volontarie regolamentate

Sono marchi a cui un produttore può accedere in modo volontario, ma solo se rispetta i criteri di riferimento verificati con procedure di valutazione definite da regolamenti nazionali o comunitari. Tali certificazioni vengono rilasciate da enti autorizzati dall'Autorità Competente. Le più famose certificazioni appartenenti a questa categoria sono le denominazioni di origine (DOP, IGP, STG), e le certificazioni rivolte ad un target di consumatori con necessità particolari da rispettare per evitare rischi per la propria salute (ad esempio i prodotti per celiaci). Altri esempi di certificazioni volontarie regolamentate sono le diciture “non OGM” e “BIO”(Thione L., 2005). 2. Certificazioni volontarie non regolamentate

Si tratta di certificazioni facoltative non regolate da disciplinari emessi da enti pubblici. Un'azienda agroalimentare può scegliere di adottare queste certificazioni per comunicare ai consumatori un'eventuale superiorità qualitativa del proprio prodotto rispetto ai prodotti della stessa categoria commercializzati dalla concorrenza. Il fine ultimo di questi marchi è quindi un vantaggio sul mercato ed un profitto maggiore (Thione L., 2005).

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2. IL SETTORE AGROALIMENTARE IN CINA

2.1 Il rapido sviluppo della Cina

La Cina rappresenta da qualche anno la seconda più grande potenza economica mondiale ed il suo ruolo all’interno dell’economia mondiale è in continua crescita, divenendo sempre più importante ed influente. Il cambiamento della propria strategia economica ha portato la Cina ad un rapido e forte sviluppo economico, accompagnato da significativi cambiamenti anche sotto l’aspetto della struttura sociale della popolazione cinese.

Figura 2.1 : Reddito pro capite (GDP per capita) e crescita annuale (China Statistical Yearbook data, 2014).

Come evidenziano i dati (Figura 2.1), a seguito di un periodo di crescita costante, negli ultimi anni la Cina sta attraversando una nuova fase, non più caratterizzata da un aumento regolare del reddito pro capite. Il reddito pro capite ha tuttavia quintuplicato il proprio valore dal 2000 al 2013, con una crescita annuale media superiore al 10%. I cambiamenti economici sono stati inoltre accompagnati da cambiamenti dal punto di vista socio-demografico: la popolazione cinese è in continua crescita, passando da 500 milioni di abitanti nel 1959 a 1 miliardo e 370 milioni nel 2014 (il 19.48% della popolazione mondiale)(China Statistical Yearbook Data, 2014); tuttavia il tasso di crescita è in diminuzione dal 1970, con una media di figli per famiglia che è passata da 6 a 1.4 ed il tasso di natalità che si è ridotto dalle 44 nascite ogni 1000 abitanti alle 12 nascite ogni 1000 abitanti, tutto ciò a seguito della “one-child policy”,

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l’iniziativa del governo cinese che incoraggiava le famiglie ad avere non più di un figlio, pena il pagamento di tasse supplementari. L’introduzione della “one child policy” ha portato a diverse conseguenze: il progressivo aumento dell’età media della popolazione, l’aumento della percentuale di figli maschi a discapito delle femmine (all’incirca 3-4 % superiore) ed infine la volontà delle famiglie di nascondere alle autorità eventuali nascite di secondi o terzi figli che non venivano riportate, per questi bambini vi erano ovvie difficoltà nell’inserimento del sistema di educazione ed assunzione. Nel 2015 il governo cinese ha deciso di abolire la “one child policy” (China Statistical Yearbook Data, 2014). Un ulteriore cambiamento dal punto di vista sociale avvenuto negli ultimi 50 anni in Cina, è stata la progressiva urbanizzazione, ovvero lo spostamento delle famiglie dalle aree rurali a quelle urbane, come evidenziato dal grafico in Figura 2.2, in cui la crescita della popolazione totale è affiancata dall'aumento dei residenti in aree urbane e la diminuzione della popolazione proveniente da aree rurali (China Statistical Yearbook Data, 2014).

Figura 2.2 : Popolazione con residenza in aree rurali o urbane in relazione alla popolazione cinese totale dal

1949 al 2013 (China Statistical Yearbook Data, 2014).

Nel 2014 il governo cinese introdusse il “National New-type Urbanization Plan”, un piano della durata di 12 anni che prevede lo spostamento di 250 milioni di residenti in aree rurali, verso città e zone urbane anche di nuova costruzione, per promuovere un’ulteriore crescita economica e favorire le generazioni del futuro. Nonostante la rapida crescita economica, la Cina rimane un paese in via di sviluppo, con un reddito pro capite che rimane nettamente inferiore rispetto a quello presente in paesi più sviluppati, e risulta inoltre altamente sbilanciato nella sua distribuzione all’interno della popolazione. Nel corso degli anni il livello

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di povertà è in calo, ma aumenta il livello di disparità sociale: nel 2010 il 47% del reddito nazionale era in possesso della parte più ricca della popolazione (DuPont, 2013).

2.2 Il settore agricolo in Cina

La Cina è il 3° paese mondiale per area geografica occupata (9,4 milioni di km2) dietro alla

Russia e al Canada. Tuttavia solo il 10% del terreno agricolo mondiale appartiene alla Cina ed una delle ragioni principali per questa scarsità è da attribuirsi al grave inquinamento, che riguarda soprattutto l’area a nord della nazione (Ni H., 2013). Analizzare i dati relativi ai terreni coltivabili in Cina è complicato per due motivi: la precisione dei dati forniti e la discrepanza presente fra i risultati dichiarati dalle diverse fonti. Analizzando i dati forniti dalla FAO, che risultano inferiori rispetto a quelli dichiarati dal governo cinese, è possibile valutare lo sviluppo nel tempo dei terreni coltivabili in Cina. Analizzando il grafico in Figura 2.3, risulta evidente come dal 1990 al 2010 l’area dei terreni coltivabili in Cina (Arable land) sia in continua diminuzione, mentre rimane costante l’area destinata ad attività agricole (Agricultural land), composta dai terreni coltivabili, le colture permanenti e le aree destinate al pascolo e all’allevamento. L’area coltivabile rappresenta il 10% dell’area totale della nazione, ovvero meno di 0.1 ettari pro capite, meno del 40% della media mondiale (Ni H., 2013).

Figura 2.3 : Aree di terreni coltivabili e terreni destinati all'agricoltura in Cina dal 1980 al 2013 (FAOSTAT,

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Secondo la costituzione cinese, la terrà è di proprietà collettiva degli agricoltori, ma dal punto di vista contrattuale appartiene alle singole famiglie, questo rende il settore agricolo Cinese altamente frammentato. Secondo il censimento agricolo del 1997, in Cina c’erano circa 200 milioni di aziende agricole (FAO, 2013), la maggior parte delle quali, circa il 93%, occupava un’area inferiore ad 1 ettaro, il 5% occupava un’area compresa fra 1 e 2 ettari, il 2% un’area fra i 5 ed i 10 ettari e solo lo 0.4% delle aziende agricole occupava aree superiori ai 10 ettari (Chen Xiwen, 2006). Nonostante la scarsità di risorse naturali utilizzabili, l’agricoltura ha giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo economico della Cina iniziato con le riforme del 1978. Nel primo periodo a seguito delle riforme (1978-1984), il PIL (prodotto interno lordo) agricolo nazionale è aumentato rapidamente, e anche la resa e la produttività relative al lavoro agricolo sono cresciute del 5-10% ogni anno. La Cina è diventata quindi una delle nazioni mondiali con produzione maggiore; ad esempio, nonostante la riduzione delle aree disponibili, la produzione totale dei cereali è in continuo aumento, soprattutto quella di mais. Inoltre la Cina è autosufficiente in varie colture di base e fonti di cibo, garantendo così alla popolazione food security e stabilità sociale (Park, 2009). A seguito dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione, l’importanza dell’agricoltura è andata in declino nel corso degli anni, passando dal 70% dell’occupazione e 30% della produzione del 1980, al poco più del 30% dell’occupazione e meno del 10% della produzione nel 2014. Tutto ciò ha portato all’aumento delle importazioni di materie prime e prodotti, promosse anche dalle numerose critiche relative alla qualità e sicurezza delle produzioni cinesi, nonostante negli ultimi anni ci sia stato comunque un notevole miglioramento di entrambi gli aspetti. Le produzioni agricole in Cina sono principalmente fornite direttamente dalle aziende agricole: spesso i prodotti sono venduti immediatamente dopo la raccolta lungo le strade da centinaia di migliaia di privati, che attraversano i villaggi e le zone rurali con piccoli furgoni per vendere i propri prodotti (Ni H., 2013).

2.3 Allevamento e produzioni animali in Cina

Il settore delle produzioni animali in Cina è cresciuto drasticamente negli ultimi 30 anni. Nel 2005 la Cina è diventata il primo produttore di carne e uova nel mondo e terza per produzione di latte. Il settore del bestiame è stato di grande aiuto per il rapido sviluppo economico del paese: nel 2011 questo settore produceva un valore di circa 4 trilioni di Dollari US, equivalente a circa il 31.7% del valore totale del settore primario cinese. Il lato negativo di

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questo drastico sviluppo è rappresentato dall’applicazione di metodi intensivi di allevamento e di produzione che hanno avuto un forte impatto sull’ambiente, rendendo più complicata la salvaguardia della biodiversità e lo sviluppo di un settore primario interamente sostenibile. Nella Tabella 2.1 vengono riportati gli incrementi percentuali delle produzioni di carni, uova, latte avvenuti in Cina nel periodo compreso fra il 2005 ed il 2010 e quantità totale prodotta nel 2012 (Wang Ming, 2013).

INCREMENTO PERCENTUALE DELLA PRODUZIONE (2005 - 2010) QUANTITÀ TOTALE PRODOTTA NEL 2012 (milioni di tonnellate) CARNE + 14% 82 UOVA + 28 % 28 LATTE + 38 % 37

Tabella 2.1 : Incrementi percentuali delle produzioni di carni, uova, latte avvenuti in Cina nel periodo compreso

fra il 2005 ed il 2010 e quantità totale prodotta nel 2012 (Wang Ming, 2013).

La forte intensificazione del settore dell’allevamento e delle produzioni animali è basata sulla selezione delle specie e sull’importazione di bestiame straniero con cui sono stati eseguiti degli incroci con le specie locali. Dal 2007 al 2011 la Cina ha importato circa 8.3 milioni di polli, 250’000 bovini, 45’000 tacchini, 38’000 suini e campioni di sperma bovino per un valore di circa 38 milioni di Dollari US, trattandosi in tutti i casi di capi appartenenti a specie di alto valore per la produzione animale. Questo ampio sviluppo ha portato a grandi cambiamenti in tutto il settore (Yang H., 2013):

• L’indice di produzione è aumentato del 15%

• Aumento del numero e delle dimensioni delle aziende impegnate nelle produzioni animali

• Aumento del numero di animali per allevamento (+32% di maiali, +82% di galline ovaiole, +28% di bovini da latte)

Lo sviluppo del settore delle produzioni animali in Cina è stato fortemente incentivato dal governo centrale e dalle istituzioni locali, con più di 5 bilioni di Yuan investiti per la

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costruzione e sviluppo di nuove aziende, in modo da creare un sistema stabile di produzione e controllo qualità per questo genere di prodotti; dal 2000 al 2012 il numero di aziende impegnate nell’allevamento e nella produzione di alimenti di origine animale è raddoppiata (Yang H., 2013). Tuttavia questa crescita sta andando incontro anche a delle difficoltà: le risorse alimentari da destinare al bestiame sono in netto calo, vista la scarsa quantità di terreni arabili disponibili; questo costringe la maggior parte delle aziende ad importare mangimi dall’estero, con costi superiori. Inoltre le infrastrutture necessarie allo sviluppo sono molto costose e molti proprietari di aziende per la produzione animale non possono permettersi tali investimenti. In parallelo aumentano ogni anno i costi dei materiali e del lavoro: il costo del grano è aumentato del 45% dal 2009 al 2013, nello stesso periodo il costo di acquisto di capi di bestiame, come maiali, ovaiole o bovini, è aumentato del 30%. Con lo sviluppo economico, i consumatori cinesi hanno notevolmente modificato il livello di consumo delle diverse categorie di alimenti; all’interno di questo cambiamento, il settore che ha riportato l’incremento di consumo maggiore è sicuramente quello dei prodotti di origine animale (Yang H., 2013). Nel 2011 il consumo pro-capite annuo di carne in Cina ha raggiunto i 60.7 Kg, superiore alla media mondiale; il consumo pro-capite annuo di uova era di 21.1 Kg, alla pari con i paesi maggiormente sviluppati nel mondo e decisamente superiore alla media mondiale; al contrario il consumo pro-capite annuo di latte era di 27.7 Kg, equivalente ad un quarto della media mondiale (He et al., 2016). L’incremento nel consumo di carne è relativo anche ad alcuni cambiamenti nelle abitudini di vita dei cittadini cinesi; in generale i consumatori in Cina tendono a consumare carne nei pasti serali, soprattutto se mangiano fuori dalla propria casa. Inoltre anche la provincia di residenza incide con queste abitudini di consumo, i residenti nello Zhejiang, Guangdong o a Pechino e Shanghai, tendono a consumare carne 1.36 volte in più quando consumano un pasto fuori dalla propria abitazione piuttosto che quando cucinano e mangiano a casa. Anche il reddito rappresenta un fattore fortemente influenzante sulle abitudini di consumo dei prodotti di origine animale: con il grande sviluppo economico sia i cittadini di aree urbane sia i cittadini di aree rurali hanno aumentato il proprio reddito, mostrando un aumento nei consumi di carne, uova e latte. Il maggior consumo da parte della popolazione più ricca di questa categoria di prodotti è relativo al costo di acquisto, che spesso risulta troppo elevato per la popolazione di media e bassa fascia (He et al., 2016). Nella tabella 2.2 viene riportata la percentuale di consumo delle diverse categorie di carne in Cina nel 1980, 1997 e 2006 (Yang H., 2013).

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1980 1997 2006 SUINI 80 % 68 % 65,5 % BOVINI 20 % 8 % 8 % OVINI 4 % 5 % POLLAME 20 % 21,5 %

Tabella 2.2 : Percentuale di consumo delle diverse categorie di carne (suini, bovini, ovini, pollame) nel 1980, nel

1997 e nel 2006 (Yang H., 2013).

Come dimostrano i dati in Tabella 2.2, la carne suina rappresenta un prodotto tradizionale cinese e nel corso degli anni è sempre rimasta la categoria di carne maggiormente consumata. Gli esperti prevedono che in futuro il consumo di carne di suini e pollame continuerà a dominare le abitudini della popolazione cinese sia nelle aree urbane che rurali, ma in modo parallelo le percentuali di consumo di bovini ed ovini è destinata ad aumentare. Secondo le previsioni anche il consumo di pesce continuerà a crescere negli anni, soprattutto grazie allo sviluppo del settore dell’acquacoltura (Yang H., 2013).

2.4 Il mercato agroalimentare in Cina

Secondo uno studio condotto da The Economist, la Cina rappresenta il secondo mercato in Asia da un punto di vista dello sviluppo annuale del settore alimentare, con un tasso di crescita del 30% dal 2009 al 2014, ed il primo mercato di alimenti e bevande a livello mondiale, superiore agli Stati Uniti dal 2011, come riportato in Tabella 2.3 (Euromonitor International, 2014).

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VENDITE AL DETTAGLIO (Bilioni di Dollari US)

Cina 510,8

Stati Uniti d’America 492,5

Giappone 214,7 Brasile 141,3 Italia 100,2 India 96,1 Spagna 96,0 Regno Unito 86,9

Corea del Sud 67,3

Francia 62,7

Tabella 2.3 : Classifica dei 10 principali paesi al mondo per vendita al dettaglio di prodotti alimentari e bevande

(Euromonitor International, 2014).

I prodotti alimentari maggiormente consumati in Cina sono cereali e vegetali, con un consumo familiare di circa 80 Kg di cereali e più di 100 Kg di vegetali freschi annuale. Nonostante rimangano le categorie alimentari più consumate, sia per i cereali che per i vegetali, si è assistito ad un calo dei consumi a partire dal 1990, dovuto al cambiamento delle abitudini alimentari nei consumatori cinesi. Al contrario, come evidenziato dal grafico in Figura 2.4, è aumentato il consumo di carni e pollame (Pork, Beef and Mutton, Poultry), prodotti ittici (Aquatic Products) e latte (Milk) nel periodo compreso tra il 1990 ed il 2012 (China Statistical Yearbook, 2014).

Figura 2.4 : Consumo pro-capite delle diverse categorie di prodotti alimentari dal 1990 al 2012 (China

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Lo sviluppo dell’industria alimentare cinese non è risultato totalmente uniforme, presentando importanti differenze fra zone costiere e regioni interne al paese. Una parte importante delle produzioni alimentare viene fornita e consumata nelle zone costiere; questo fatto è una conseguenza dell’urbanizzazione e del più alto potere di acquisto dei consumatori in queste regioni, dove la densità di popolazione è maggiore rispetto alle zone interne della nazione. Inoltre la maggior parte dei prodotti alimentari viene prodotta a Nord della Cina, al di sopra di Shanghai, ma viene consumata nella zona a Sud del paese. L’industria alimentare cinese ha dunque un aspetto dualistico: un’enorme numero di piccole imprese sono affiancate da colossi del settore che basano il proprio mercato principalmente sulla domanda interna al paese. Di seguito sono elencate le 10 principali aziende cinesi che si occupano di cibo o bevande (EUSME Centre, 2015):

· COFCO Group

È il più grande fornitore di un’ampia varietà di prodotti e servizi nel settore agricolo ed alimentare cinese. L’azienda sfrutta risorse naturali e rinnovabili per fornire prodotti salutari, dall’alto valore nutritivo, che possano promuovere uno stile di vita di altà qualità.

· Inner Mongolia Yili Industrial Group Co Ltd

Industria del settore lattiero-caseario, produce qualsiasi tipo di prodotto derivato dal latte. Il quartier generale dell’azienda si trova ad Hohhot. L’azienda è stata sponsor ufficiale delle olimpiadi di Pechino del 2008.

· Shuanghui Group

Azienda che si occupa di carne processata, a partire dall’allevamento dei suini fino al prodotto finale. Il quartier generale dell’azienda si trova a Luohe. È la più grande azienda cinese che si occupa di produzioni a base di carne.

· China Mengniu Dairy Co Ltd

Azienda che produce e distribuisce alimenti del settore lattiero-caseario e gelati in Cina. La sede della compagnia è in mongolia.

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· Bright Food (Group) Corp Ltd

Compagnia multinazionale di alimenti e bevande che ha sede a Shanghai. La società controlla e gestisce altre 4 aziende del settore: Bright Dairy & Food Co Ltd, Shanghai First Provisions Store Co Ltd, Shanghai Maling Aquarius Co Ltd e Shanghai Haibo Co Ltd.

· Hangzhou Wahaha Group Co Ltd

La più grande azienda cinese nel settore delle bevande non alcoliche. La sede della società è ad Hangzhou. Il gruppo controlla circa altre 150 aziende e oltre 60 sedi di produzione distribuite in tutto il paese, vantando oltre 60'000 impiegati.

· Wuliangye Yibin Co Ltd

Azienda che produce bevande alcoliche, specializzata nella produzione di baijiu e soprattutto wuliangye, una bevanda ottenuta da 5 diversi cereali biologici. La sede della società è a Yibin. Le produzioni vengono distribuite in tutta la nazione ma vengono anche esportate all’estero.

· Tsingtao Breweries Co Ltd

L’azienda più importante nella produzione di birra in Cina. Fondata nel 1903 da un tedesco, ora occupa più del 15% del mercato domestico. La sede di produzione si trova a Quingdao.

· Kweichow Moutai Co Ltd

Azienda di proprietà dello stato, specializzata nella produzione e nella vendita del liquore Maotai, affiancata dalla produzione e vendita di altre bevande e alimenti. · Yurun Group Ltd

La seconda azienda nazionale nella produzione di alimenti a base di carne. La sede dell’azienda si trova a Nanchino. Principalmente opera in 2 settori: carne refrigerata o congelata e prodotti processati a base di carne.

La globalizzazione della Cina ha portato forti cambiamenti a livello del mercato di importazioni ed esportazioni di prodotti alimentari. Come evidenziano i dati in Figura 2.5, dal 2005 il trend del commercio di prodotti alimentari in Cina è cambiato: in passato il volume

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delle esportazioni (exports) era costantemente superiore a quello delle importazioni (imports), mentre dal 2005 in poi la situazione si è invertita e le importazioni hanno nettamente superato le esportazioni. Nel 2014 la quantità di denaro coinvolta nelle importazioni era quasi il doppio di quella coinvolta nelle esportazioni. Nonostante l’inversione del trend, è da considerare che i soldi impiegati in importazioni ed esportazioni sono stati in continuo aumento dal 1980 al 2014, ovviamente con tassi di crescita differenti. In particolare le esportazioni di prodotti agroalimentari sono aumentate dal 2001, quando la Cina si è unita alla World Trade Organization (WTO, 2015).

Figura 2.5 : Importazioni ed Esportazioni di alimenti in Cina dal 1980 al 2014 (WTO, 2015).

Nel 2014 la Cina importava prodotti alimentari da 192 nazioni diverse. Le 10 principali fonti di importazione erano: Unione Europea, ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico), Nuova Zelanda, Stati Uniti d’America, Australia, Brasile, Canada, Russia, Argentina, Corea del Sud; queste aree rappresentavano l’82% delle importazioni di prodotti alimentare della Cina. Le 5 principali nazioni coinvolte dell’Unione Europea nel 2014 erano Francia, Olanda, Germania, Irlanda e Italia (WTO, 2015).

2.5 Le abitudini di consumo di prodotti alimentari in Cina

Fino al 1980 la maggior parte delle famiglie cinesi spendeva oltre il 50% del proprio reddito nell’acquisto di prodotti alimentari, confermando l’importanza del cibo nella cultura cinese e la storica debolezza della cultura cinese nella paura per il cibo non sicuro. La spesa per l’acquisto di cibo accomuna i cittadini delle zone urbane e quelli delle zone rurali, con piccole

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differenze nelle percentuali di reddito dedicate all’acquisto di cibo. Tuttavia nel corso degli anni per entrambe le fasce di popolazione si è assistito ad un calo nel denaro dedicato all’acquisto di prodotti alimentari, come riportato nel grafico in Figura 2.6 (China Statistical Yearbook. 2014).

Figura 2.6 : Percentuale di reddito dei cittadini residenti in aree rurali o urbane dedicato all'acquisto di prodotti

alimentari (China Statistical Yearbook. 2014).

Le abitudini di consumo dei cittadini cinesi hanno subito molti cambiamenti nel corso degli anni: nelle aree urbane, la spesa per l’abbigliamento, che si trovava al secondo posto nel 1990, con una percentuale del 13% del reddito annuo impiegata per acquistare vestiti, è stata sorpassata recentemente dalle spese in trasporti e comunicazioni, che ha raggiunto il 15.3% del reddito annuo nel 2013, e dalle spese in cultura e divertimento, al 12.7% nel 2013. Nelle aree rurali invece al secondo posto ci sono le spese per l’abitazione, con percentuali comprese fra il 15% ed il 19%, seguite dalle spese per trasporti e comunicazioni, al 12%, e da quelle per la salute personale, al 7%. I cambiamenti nelle abitudini di consumo sono da attribuirsi anche all’aumento dei redditi a disposizione dei consumatori: il reddito pro capite nelle aree urbane è aumentato dai 1500 Yuan del 1990, ai 30'000 Yuan del 2013, mentre nelle aree rurali i cittadini sono passati da 700 Yuan nel 1990 a 9000 Yuan nel 2013. È importante considerare che la distanza fra i redditi delle aree urbane e quelli nelle aree rurali è aumentata nel corso degli anni: nel 1990 il reddito pro capite di un cittadino cinese che viveva in un area rurale era circa la metà di quello di un cittadino di un area urbana, mentre nel 2013 equivaleva circa ad un terzo. Questo spiega anche come siano cambiate le abitudini di spesa delle due diverse categorie di consumatori: la popolazione delle aree urbane negli anni ha aumentato la percentuale del proprio reddito dedicata agli acquisti, dal 54.6% nel 1990 al 68.7% nel 2013,

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mentre nelle aree rurali lo stesso dato è andato in diminuzione, dal 84.3% nel 1990 al 61% nel 2013 (China Statistical Yearbook. 2014). Sono diversi i fattori che hanno portato ai cambiamenti nelle abitudini di consumo dei prodotti alimentari dei cittadini cinesi: l’urbanizzazione, la crescita di popolarità di determinati marchi, le preoccupazioni sulla sicurezza alimentare, la crescente attenzione alla salute personale, la richiesta di prodotti convenienti, i cambiamenti nelle infrastrutture e l’evoluzione dell’industria di distribuzione e vendita dei prodotti alimentari. In particolare le abitudini di consumo di sono evolute con l’aumento della qualità di vita dei consumatori in Cina. Ogni singolo cittadino oggi ha la possibilità di scegliere fra una vasta varietà di prodotti, sia locali, sia di altra provenienza nazionale o internazionale. Tutto ciò ha progressivamente portato i consumatori ad orientare le proprie richieste verso altri aspetti legati ai prodotti alimentari: la sicurezza del prodotto, la composizione in ingredienti, l’alta qualità, il valore nutrizionale, un packaging moderno, la freschezza e la convenienza del prodotto .

Figura 2.6 : Spesa pro capite mensile in prodotti alimentari: percentuale del reddito mensile (“Rate”) e valore

speso mensilmente (“Yuan”) (China Statistical Yearbook, 2014).

Analizzando il grafico in Figura 2.6 riguardo la spesa dedicata all’acquisto di alimenti, sono identificabili 3 periodi: il primo, dal 1990 al 2000, in cui il livello di Yuan spesi era in crescita, mentre la percentuale di reddito impiegata era in calo; il secondo, dal 2000 al 2010, con un importante aumento della spesa in Yuan e un ulteriore calo della percentuale di reddito spesa in alimenti; il terzo ed ultimo periodo, dal 2010 al 2013, con la percentuale di reddito che rimane costante, mentre continua ad aumentare la cifra totale in Yuan spesa per prodotti del settore alimentare, anche se la crescita risulta inferiore rispetto a quella vista per il secondo periodo (China Statistical Yearbook. 2014). È da considerare che le abitudini alimentari della

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