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Mastrelli, la toponomastica, la geografia

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Academic year: 2021

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MISCELLANEA 21

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CARLO ALBERTO MASTRELLI

GLOTTOLOGO

OPERE E INCONTRI

DI UNA LUNGA VITA

Atti del Convegno di studi organizzato dall’Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”

Firenze, 5 marzo 2019 a cura di

Maria Giovanna Arcamone

FONDAZIONE

CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOE VO

SPOLETO

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ISBN 978-88-6809-299-3

prima edizione: giugno 2020

© Copyright 2020 by Fondazione «Centro italiano di studi sull’alto medioevo», Spoleto

In coperta: Calice del così detto Tesoro di Galognano (Colle di Val d’Elsa, Museo di Arte Sacra)

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vii Saluto di Sandro Rogari

ix Introduzione di Maria Giovanna Arcamone

1 Alberto Nocentini, Carlo Alberto Mastrelli: una vita per l’Accademia

7 Maria Giovanna Arcamone, Mastrelli: l’Edda, i Goti, i Longobardi e

altro

19 Emanuele Banfi, La tua loquela ti fa manifesto… Ricordando un

incontro a Napoli con Mastrelli, complice Farinata

25 Laura Cassi, Mastrelli, la toponomastica, la geografia

31 Massimo Fanfani, Mastrelli e la lingua italiana

43 Antonino Liberatore, Carlo Alberto Mastrelli e lo sviluppo dell’USPUR

45 Maria Pia Marchese, Mastrelli e le lingue classiche

53 Enrico Menestò, Carlo Alberto Mastrelli e il Centro italiano di studi

sull’alto medioevo di Spoleto

61 Alessandro Parenti, Carlo Alberto Mastrelli e il Circolo Linguistico

Fiorentino

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Mastrelli, la toponomastica, la geografia

Desidero innanzitutto esprimere tutta la mia riconoscenza agli or-ganizzatori di questa manifestazione in onore e in ricordo del Prof. Carlo Alberto Mastrellli. Ho raccolto l’invito a partecipare con pro-fonda convinzione perché gli sono davvero grata e affezionata. Gli devo gratitudine perché le mie esperienze in campo toponomastico risalgono ai primi anni ’70 con la tesi di laurea, dedicata ai nomi di luogo e la vegetazione in Toscana. La disciplina di laurea era rigoro-samente geografica, relatore il prof. Aldo Sestini, ma richiedeva anche competenze linguistiche e botaniche. Per questo lavoro non ebbi cor-relatore Mastrelli ma la prof.ssa Gabriella Giacomelli. Di lì a qualche anno tuttavia cominciò la frequentazione col prof. Mastrelli, ed ecco il mio principale motivo di gratitudine: Mastrelli spronò a più riprese il prof. Paolo Marcaccini e me, con dolce ma tenace insistenza, affinché ci impegnassimo su un tema che gli interessava molto, quello degli indicatori geografici per la schedatura dei nomi di luogo.

Il nostro lavoro, pubblicato nel 1992 nella rivista «Geografia» (1992, pp. 87-99), era preceduto dall’articolo Geonimi e indicatori geografici, pp. 87-91, in cui, ripercorrendo la storia dell’interesse nei confronti della terminologia geografica, da Annibale Apollonio a Cesare Battisti a Olinto Marinelli, Mastrelli esprimeva l’esigenza di criteri scientifici per la schedatura toponomastica. Già nel 1882 l’Apollonio, avendo ri-scontrato che nell’area alpina una serie di termini locali indicanti vari oggetti e fenomeni geografici era priva di corrispondenza in lingua italiana, manifestò l’esigenza che si provvedesse in merito, stilando

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anche alcune definizioni e disegnando schizzi illustrativi. Nel 1894 poi, Olinto Marinelli chiarì il nesso fra referente geografico, termine scientifico e geonimo dialettale, redigendo più contributi in propo-sito e riferendone con precisione in alcune tavole del suo Atlante dei tipi geografici (1922). Ma fu Cesare Battisti che, in occasione del III Congresso Geografico Italiano svoltosi a Firenze nel 1898, lanciò la proposta di raccogliere i termini locali attinenti ai fenomeni fisici e antropogeografici della regione alpina veneto trentina (tema peraltro da lui affrontato direttamente con contributi decisamente significativi anche sul piano metodologico). Fu poi la volta di Angelico Prati, che distinse i nomi comuni dai nomi propri (su questo aspetto si veda anche O. Marinelli), e ancora Giovan Battista De Gasperi, Renato Biasutti, Pina Videsott, Lino Bertagnolli, Osvaldo Baldacci, per citare i più noti.

Al progetto degli indicatori Mastrelli «faceva riferimento da qualche anno», come scrive lui stesso, definendo come indicatori geografici «lemmi reali […] o costruiti ai quali far corrispondere ogni realtà geografica che si ritenga avere o dover avere una sua terminologia. A tali ‘indicatori geografici’ sarebbe così possibile col-legare i vari geonimi dialettali, ma anche la massa dei toponimi, badando, non tanto al loro etimo, quanto all’oggetto geografico cui essi si riferiscono», concludendo che «l’elaborazione degli ‘indica-tori geografici’ si pone dunque in linea con la naturale aspirazione alla chiarezza e alla univocità della terminologia scientifica, che do-vrebbe caratterizzare anche il linguaggio settoriale della geografia, oltre che con le moderne necessità di gestione elettronica di enormi masse di dati osservati e osservabili» (p. 91). Ebbene, su queste basi costruimmo la nostra proposta, pubblicata, come ho detto sopra, a seguire l’articolo di Mastrelli nella medesima rivista.

Mastrelli dunque ‘dette la linea’ per inquadrare correttamente il tema da cui nacque il nostro lavoro Gli “indicatori geografici” per la schedatura toponomastica: criteri per una definizione, in cui designammo come indicatori geografici «i termini di lingua e relative definizioni con i quali individuare in maniera inequivocabile gli oggetti geogra-fici cui si riferiscono i toponimi», ai quali riferire anche la termino-logia geografica dialettale. A tale scopo proponemmo come chiave

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mastrelli, la toponomastica, la geografia 27 di lettura generale uno schema dello spazio geografico e relative ripartizioni in cui collocare le varie serie di termini (Tav. 1).

Partendo dunque dalla considerazione dell’assenza in molte inda-gini e raccolte toponomastiche – comprese quelle scientificamente rigorose sotto il profilo linguistico – di una terminologia univoca, ine-quivoca e corretta per indicare i vari oggetti del paesaggio cui sono applicati nomi propri e altresì dalla considerazione della disomoge-neità e approssimazione riguardo alla descrizione del contesto in cui i toponimi sono situati (per non parlare della frequente confusione fra referente e contesto), facemmo un tentativo di razionalizzazione del linguaggio adoperato in tali ricerche.

Fu predisposto uno strumento particolare, individuabile come una sorta di glossario, volto a rispondere all’esigenza di padroneggiare la terminologia utile per la schedatura dei nomi di luogo e a consentire il rimando dei termini geografici tradizionali e antichi, di lingua o dia-lettali, alla terminologia attuale.

Ecco che, allo scopo di indicare correttamente gli oggetti geografici – registrando, per fare un esempio, l’iperonimo ‘corso d’acqua’ e non ‘torrente’ o ‘fiume’ o ‘fosso’ secondo scelte casuali oppure registrando ‘edificio isolato’, definito successivamente come ‘casa poderale’ o ‘villa’ – fu allestito un repertorio terminologico, organizzato secondo una connessione logica obbediente alle caratteristiche dello spazio geogra-fico in cui i toponimi sono inseriti, e volto a fornire elementi utili per un linguaggio corretto, omogeneo, univoco, tale da consentire di in-quadrare in una logica geografica coerente i termini geografici da cui deriva la massa dei toponimi.

Il repertorio, pubblicato nel 1998, forte di oltre 400 pagine e di oltre 1700 termini, è tuttavia suscettibile di ampliamento perché numerosi sono i termini che potrebbero entrarne a far parte. Esso comprende:

1)una proposta di classificazione delle varie tipologie di referenti ov-vero degli oggetti passibili di denominazione propria, quali le dimore rurali, i centri abitati, gli appezzamenti di terreno, i corsi d’acqua, i rilie-vi montuosi e così rilie-via, e relative definizioni;

2) una numerosa serie di voci pertinenti a caratteristiche, oggetti e fenomeni dello spazio geografico suscettibili di ‘entrare’ nel bagaglio toponomastico di un territorio quali matrici concettuali di nomi di luogo;

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3) una serie di lemmi utili per procedere alla descrizione del con-testo ambientale in cui i toponimi risultano inseriti.

Lo sforzo fu davvero grosso, occorsero ben sei anni di lavoro serio. Il controllo e la consultazione con Mastrelli furono continui.

Un ulteriore motivo di gratitudine è legato al supporto che il Professore offrì ancora a Paolo Marcaccini e a me in occasione della proposta che il Servizio cartografico della Regione Toscana ci aveva rivolto per effettuare un saggio di revisione della toponomastica nel-la cartografia in grande scanel-la ovvero nelnel-la Carta Tecnica Regionale al 5000. Lavoro impegnativo anche questo (pubblicato nella rivista «Geografia» nel 1991), non tanto sotto il profilo teorico (gli indicatori lo sono stati molto di più), ma perché era necessaria la collazione di una gran quantità di fonti, di documenti d’archivio e cartografici anti-chi e moderni, nonché di ripetuti, puntuali e spesso difficoltosi sopral-luoghi. Mastrelli si divertiva parecchio quando gli raccontavo di certi cagnacci che abbaiavano dietro a Marcaccini e a me quando giravamo per la campagna alle porte di Firenze, per boschi, boschetti, stradette vicinali a controllare la microtoponomastica, cagnacci che peraltro il mio burbero collega riusciva a zittire perché più ‘determinato’ di loro. Per ogni toponimo della CTR fu compilata una scheda nella qua-le fu riportato e specificato l’oggetto cui il nome ‘sembra/sembrava’ riferirsi (risultò infatti anche la presenza di toponimi male attribuiti o posizionati in modo da creare incertezze); la posizione del toponimo fu fissata mediante coordinate cartesiane calcolate in base al sistema di riferimento della CTR. [N.B.: all’inizio degli anni ’90 ancora non era attuata la georeferenziazione dei dati, pratica fondamentale questa non solo per ubicare esattamente oggetti e denominazioni nelle carte mo-derne ma anche e soprattutto per consentire precisi rilievi e confronti con i catasti storici e altre cartografie (Tav. 2)].

A questo punto forse vi state chiedendo se stiamo parlando di noi o di Mastrelli. Il fatto è che tutti conoscono lui e i suoi lavori in campo toponomastico, ma forse sfuggono alcune ricadute dei suoi in-segnamenti in settori disciplinari non linguistici, sia pure attinenti allo studio dei nomi di luogo: Mastrelli è stato uno dei non moltissimi lin-guisti/glottologi contemporanei a occuparsi di toponomastica e per noi geografi studiosi dei nomi di luogo è stato un riferimento basilare.

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mastrelli, la toponomastica, la geografia 29 varare la proposta degli indicatori geografici né il campione di revi-sione della toponomastica nella cartografia in grande scala, peraltro con una metodologia originale (in ambedue i casi) ancora oggi valida. Non a caso infatti la scheda proposta dalla Regione Toscana nel Data Base RETORE, reso recentemente disponibile in rete, mostra note-voli attinenze con la nostra proposta del 1991, solo che oggi la tecno-logia informatica permette di costruire e gestire DB assai articolati e ricchi di documenti, in particolare con dati georeferenziati: con pochi clic la cartografia catastale storica appare sullo schermo, così quella dell’Istituto Geografico Militare al 25.000, al 50.000, al 100.000, la Carta Tecnica Regionale e così via. Lo sforzo che facemmo noi, con il confronto fra le singole mappe ricercate all’Archivio di Stato, quelle del Catasto terreni, le carte IGM, il 10.000 e il 5000 regionale fu dav-vero faticoso, per non parlare dei sopralluoghi.

Senza Mastrelli e le sue ‘pungolature’ il lavoro sugli indicatori e sulla revisione non ci sarebbe stato, così come, credo, la provincia di Trento non avrebbe fatto quel grandioso lavoro, unico in Italia, di raccolta della microtoponomastica dei vari Comuni secondo criteri discussi ripetutamente con lo stesso Mastrelli, il qualeè stato appunto a lungo direttore responsabile dell’iniziativa.

Se la toponomastica è sempre stata un riferimento basilare nell’o-pera di Mastrelli, così non è stato per la geografia. Un tempo, a dire il vero, la toponomastica godeva di attenzioni e spazi dedicati nelle principali riviste geografiche, ad esempio nei primi decenni del ’900 le era destinata una specifica sezione nella «Rivista geografica italiana». Erano d’altra parte gli anni in cui la geografia umana era impegnata nella ricerca di sistemazione scientifica e pertanto necessitava di un proprio bagaglio terminologico. Ma col tempo l’interesse per la to-ponomastica si è affievolito (e forse non soltanto nella geografia…).

Oggi tuttavia la toponomastica gode di un risveglio di interesse perché, finalmente, ai beni culturali immateriali si riconosce un valore e un ruolo: un valore perché i beni culturali immateriali si sono affer-mati ottenendo forme di tutela e valorizzazione, e un ruolo perché si è finalmente compreso che nei processi di sviluppo locale autocentra-to improntati a criteri di sostenibilità, il ruolo della memoria sautocentra-torica è importante. La memoria storica del territorio infatti si pone alla base di tali processi di sviluppo e quale componente della memoria storica

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è più significativa dei nomi di luogo, prodotto della percezione che le generazioni hanno avuto nel tempo del loro ambiente di vita? I nomi leggono il paesaggio e il territorio, lo ritraggono, lo commentano. Ecco che le raccolte toponomastiche si moltiplicano, e molti esempi si vanno moltiplicando anche nella cartellonistica stradale. Occorre tuttavia procedere con tutte le attenzioni e cautele del caso: la topo-nomastica non è un giocattolo per ricercatori superficiali e questo ce l’ha insegnato Mastrelli. Noi abbiamo fatto poco per lui ma lui ha fatto molto per noi.

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