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"ESPANSORE RAPIDO DEL PALATO: CORREZIONE DEL DEFICIT TRASVERSALE DEL MASCELLARE SUPERIORE"

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria

Presidente: Prof. Mario Gabriele

“Espansore rapido del palato: correzione del deficit trasversale del

mascellare superiore”

CANDIDATO

RELATORE

Luigi Cuscianna

Chiar.ma Prof.ssa Maria Rita Giuca

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2

A mia figlia Adele

A mia moglie Elena

Ai miei genitori Sandro e Giovanna

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3

Indice

1. Introduzione ………5

2. Cenni di embriologia e sviluppo scheletro cranio facciale ………....…….8

2.1. Sviluppo della faccia ……….………..8

2.2. L’apparato branchiale ……….…….9

2.3. Sviluppo delle cavità nasali e del palato ……….………....………...10

3. Cenni di anatomia ……….………12

3.1. Osso mascellare ……….…………12

3.2. Regione palatina ……….………...16

3.3. Palato duro ……….…………17

4. Crescita craniofacciale postnatale ……….………20

4.1. Meccanismi di crescita ossea ……….………22

4.2. Influenza della crescita della base cranica sul complesso nasomascellare.…23 4.3. Complesso nasomascellare ………25

5. Le suture: luoghi di crescita ……….………….31

5.1. Sedi di crescita del palato duro ……….……….31

5.2. Ossificazione variabile e differente ……….………..35

6. Normocclusione e malocclusione ……….…………37

6.1. Normocclusione ……….………37

6.2. Malocclusioni ………...……….……38

6.2.1 Anomalie del senso verticale ……….……..39

6.2.2 Anomalie del senso sagittale ……….……..40

6.2.3 Anomalie del senso trasversale ……….………..41

6.3 Classificazione ………..……...……43

7 Discrepanze trasversali ………..…...….51

7.1 Le discrepanze trasversali ……….…51

7.2 Eziologia della contrazione del mascellare superiore ……….…..59

7.3 Diagnosi e tipologie delle discrepanze trasversali ……...……..……...…66

7.4 Problematiche del cross bite ……….68

8 Valutazione del momento auxologico ……….………...71

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4

8.2 Valutazione del momento auxologico ideale per il trattamento

ortopedico-funzionale ………..72

8.3 Metodiche per la valutazione della maturazione ossea ……….76

9 Espansione rapida del palato ………..85

9.1 Espansione rapida del mascellare superiore ……….86

9.2 Tipologie di espansori rapidi del palato ………90

9.3 Modificazioni anatomico-funzionali conseguenti all’espansione rapida del palato ………93

10 Caso clinico ……….101

11 Conclusioni ………..105

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Capitolo 1

Introduzione

Il tema fondamentale del presente elaborato è la correzione del deficit trasversale scheletrico del mascellare superiore.

Per quanto riguarda l’ortodonzia due sono i concetti fondamentali: effettuare una corretta diagnosi e stabilire il momento più opportuno in cui eseguire la terapia.

Fondamentali in questo senso la valutazione clinica e l’esame radiografico. L’esame radiografico ha lo scopo sia di stabilire una corretta e attendibile diagnosi sia di valutare in quale fase di maturazione ossea si trovi il soggetto da trattare.

Nei capitoli successivi andremo a descrivere le anomalie trasversali in difetto del mascellare superiore, con particolare riferimento al paziente in crescita. Queste alterazioni si manifestano frequentemente con un’anomala relazione sul piano trasversale (cross-bite mono o bilaterale) che si rende evidente quando gli elementi dentali delle due arcate sono in occlusione e riconosce nella sua eziopatogenesi diversi fattori in grado di indurla. Alterazioni congenite, distrofie, disturbi del metabolismo, infezioni o traumi causano ipoplasia e arresto della crescita dei mascellari; più comunemente alterazioni funzionali come respirazione orale, suzione del dito o del ciuccio e deglutizione atipica influiscono sullo sviluppo delle basi ossee modificando l’equilibrio tra le forze esercitate dalla muscolatura interna (lingua) e quelle sviluppate

dalla muscolatura esterna (labbra e guance). Da un punto di vista clinico la

malocclusione che ne consegue può coinvolgere o meno la struttura basale e presentarsi quindi in forma dento-alveolare, scheletrica o più spesso mista.

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Successivamente verrà descritta una delle terapie più utilizzate per la correzione di tali malformazioni definita ESPANSIONE RAPIDA DEL PALATO. Il dispositivo

ortopedico utilizzato è chiamato ESPANSORE RAPIDO DEL PALATO (ERP). Verranno descritte le modalità del suo uso, le modificazioni anatomiche e funzionali, i limiti al suo utilizzo e i possibili effetti indesiderati.

Ovviamente per avere un corretto inquadramento diagnostico andremo a descrivere la normocclusione e le malocclusioni; in particolare tre sono le classi scheletriche di riferimento:

Classe I: corretti rapporti scheletrici

Classe II: maggior sviluppo del mascellare superiore rispetto all’inferiore.

Classe III: maggior sviluppo della mandibola rispetto al mascellare superiore.

È opportuno ricordare che i citati squilibri possono dipendere da relativi eccessi o difetti di crescita delle due ossa mascellari.

Le alterazioni dei mascellari possono interessare i tre piani dello spazio sagittale, verticale e trasverso e sono frequentemente associate fra loro.

Le anomalie del senso trasversale possono presentarsi in eccesso o in difetto, possono inoltre interessare parti quali: cranio, mascellare, mandibola. Dal punto di vista clinico si presentano come: eccesso trasversale del mascellare o morso a forbice (raro), deficit trasversale del mascellare o morso incrociato (relativamente frequente).

Prima della maturità scheletrica (17-19 anni di età circa) si possono impiegare adeguate terapie ortodontiche per intervenire sulla crescita ossea, stimolando la zona ossea

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carente o inibendo quella in eccesso; dopo tale età la terapia delle malformazioni mascellari sarà quasi esclusivamente chirurgica.

Le terapie impiegate attualmente in ortodonzia sono indirizzate da principi di ortopedia dento-facciale e applicano raramente trattamenti estrattivi: vengono utilizzati dispositivi di espansione che aumentano la larghezza dell’arcata; è dimostrato che la correzione del cross-bite posteriore determina incrementi significativi e stabili nella base mascellare e nelle cavità nasali.

Tra i vari e differenti dispositivi usati per l’espansione mascellare, l’ERP ottiene effetti dentali minimi associati al massimo effetto scheletrico.

Le apparecchiature di espansione rapida del palato producono cambiamenti che si manifestano con rapidità nelle strutture in fase di formazione, e la pluriennale casistica accumulata permette di assicurare una buona percentuale di successi.

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Capitolo 2

Cenni di embriologia e sviluppo scheletro cranio facciale

Le strutture cranio-facciali iniziano la loro formazione a partire dalla terza settimana di vita intrauterina, in particolare lo sviluppo facciale avviene in massima parte tra la quarta e l’ottava settimana. Alla decima settimana il volto è già ben conformato.

2.1 Sviluppo della faccia

L’intero scheletro facciale deriva dalle cellule della cresta neurale; questaè una struttura che appare nella linea mediana sulla faccia dorsale dell’embrione.

A partire dalla terza settimana di gestazione l’ectoderma, sotto l’azione del mesoblasto sottostante, prolifera e si ispessisce tramite un processo detto di “delaminazione” che dà inizio allo sviluppo delle cellule della cresta neurale. Una parte di queste cellule, dopo una serie di trasformazioni, darà origine al tubo neurale, precursore del sistema nervoso centrale del cervello, del tronco cerebrale e del midollo spinale. Un’altra parte di cellule, migrando nella parte ventrale del prosencefalo, mesencefalo e romboencefalo

dell’embrione, darà origine agli archi branchiali con le pieghe neurali all’interno e i solchi all’esterno. Si formerà l’apparato branchiale faringeo primitivo: da questo sistema prenderà forma l’intero complesso muscolo-scheletrico e vasculo-nervoso del massiccio facciale ivi compreso la lingua e il collo. Allo stesso tempo la parte caudale si suddivide in parte spinale e intestino faringeo. La membrana faringea separa

internamente parte craniale e parte caudale, ognuna di queste parti è composta a sua volta dai tre foglietti embrionali primitivi: ectoderma, mesoderma, entoderma.

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creando in tal modo una depressione denominata stomodeo o cavità orale primitiva. Tappezzato da epitelio ectodermico, il pavimento dello stomodeo inizia a lacerarsi verso la fine della terza settimana scomparendo verso la quarta. In questo modo si sviluppa la connessione tra lo stomodeo e l’estremità craniale dell’intestino anteriore ossia la faringe.

2.2 L’apparato branchiale

Con apparato branchiale s’intende l’insieme degli archi branchiali o faringei derivati dalle cellule della cresta neurale che compaiono dalla quarta settimana di sviluppo dell’embrione. Formato da un insieme di organi della testa e del collo che si sviluppano dall’intestino branchiale o faringeo dell’embrione. Si tratta di sei coppie di ispessimenti formati dalla lamina laterale del mesoderma racchiuso tra ectoderma ed endoderma. Partendo dalla parete laterale della faringe, essi si espandono centralmente, si

frappongono tra lo stomodeo e il cuore in sviluppo e si incontrano sulla linea mediana.

Ciascun arco branchiale contiene una componente cartilaginea e muscolare, un nervo ed un’arteria. La componente cartilaginea deriva dal mesenchima della cresta neurale, mentre la parte mesodermica degli archi genera le cellule muscolari striate. Per quanto riguarda i nervi cranici, essi passano direttamente all’interno degli archi dell’adiacente

romboencefalo e le due componenti, motrice e sensitiva, vanno a innervare rispettivamente la muscolatura dell’arco e l’epitelio superficiale.

Il trigemino innerva il primo arco, il facciale il secondo arco, il glossofaringeo il terzo e infine il nervo vago si dirama verso gli altri tre archi rimanenti.

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Intorno alla sesta settimana di sviluppo embrionale, continua lo sviluppo delle due fosse nasali che diventano sempre più profonde dando così origine alle cavità nasali primitive. L’epitelio di queste due cavità entra in contatto con l’epitelio del tetto dello stomodeo, la membrana bucconasale, degenerando in due aperture: le coane primitive.

Quest’ultime costituiscono la via di comunicazione tra cavità nasali primitive e stomodeo.

Il palato primitivo è rappresentato dal tessuto orizzontale di fronte alle coane, situato tra le cavità nasali primitive e lo stomodeo. Di forma triangolare, è formato da regioni premascellari e da una piccola porzione dei processi mascellari congiunti.

Il setto nasale primitivo è quella sezione profonda del processo frontonasale che separa le cavità nasali. Il setto nasale definitivo viene determinato dalla proliferazione

dell’ectomesenchima tra il proencefalo in sviluppo e lo stomodeo. Il margine inferiore del setto nasale è libero e in contatto con la lingua in formazione.

Contemporaneamente a ciò si sviluppa il processo palatino, a partire dalla superficie di ciascun processo mascellare. Inizialmente i processi palatini si trovano in basso e in contatto con i fianchi della lingua. È durante la settima settimana che la lingua discende con conseguente spostamento dei processi palatini verso la linea mediana in alto. Il forame incisivo segna il confine tra palato primitivo e definitivo. Successivamente la posizione definitiva dei processi palatini si otterrà tramite la congiunzione del piano mediano con il margine inferiore libero e lo spostamento dorsale delle coane. Le estremità dorsali dei processi palatini formano il palato molle e l’uvula. La fusione dei processi palatini si verifica tra l’ottava e la dodicesima settimana. La formazione del setto nasale e del palato comportano la suddivisione dello stomodeo in cavità nasali definitive e cavità orale definitiva.

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Capitolo 3

Cenni di anatomia

3.1 Osso mascellare

L’osso mascellare è un voluminoso osso appiattito trasversalmente nel quale s’individuano la faccia laterale e mediale e i quattro margini: anteriore, posteriore, superiore e inferiore.

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La faccia laterale si presenta convessa e rivolta di lato e in avanti; superiormente, nella sua parte di mezzo si stacca il processo zigomatico, sporgenza ossea a forma piramidale con base triangolare il cui apice tronco, rivolto lateralmente, si articola con l’osso zigomatico. La faccia superiore del processo zigomatico corrisponde alla parete inferiore dell’orbita, percorsa in senso longitudinale dal solco infraorbitale, che prosegue con il canale infraorbitale ed è percorso dal nervo e dai vasi infraorbitari. La faccia posteriore ha forma di doccia verticale. La faccia anteriore presenta il foro infraorbitale corrispondente all’apertura del canale infraorbitale.

Sul processo frontale, che si solleva verso l’alto dalla parte supero-mediale della faccia laterale dell’osso mascellare, è segnata la cresta lacrimale anteriore, diretta

verticalmente, che si articola col processo mascellare dell’osso frontale.

La faccia mediale presenta un processo di notevole volume a forma di lamina orizzontale che portandosi medialmente prende il nome di processo palatino; questo processo con il suo versante inferiore prende parte alla costituzione dello scheletro del palato duro e con il suo versante superiore alla formazione del pavimento della fossa nasale. Il processo palatino ha forma di lamina quadrangolare: il margine laterale è impiantato sull’osso mascellare; il margine mediale è rugoso e si articola col processo palatino dell’osso mascellare eterolaterale; il margine anteriore s’innesta con il margine anteriore dell’osso mascellare e partecipa a costruire il contorno inferiore dell’apertura piriforme della cavità nasale; il margine posteriore è tagliente e si articola con il margine anteriore della lamina orizzontale dell’osso palatino. Subito dietro al dente I

incisivo, il processo palatino è percorso dal canale incisivo, che collega il pavimento della fossa nasale con il palato duro.

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La faccia mediale dell’osso mascellare, al di sopra dell’impianto del processo palatino, presenta l’orifizio del seno mascellare (detto anche antro di Higmoro), cavità di notevoli dimensioni scavata entro l’osso mascellare e comunicante con la fossa nasale. Tale orifizio è ampio nell’osso mascellare isolato mentre nel cranio viene sensibilmente ristretto da varie ossa che si applicano intorno: superiormente il labirinto-etmoidale, in basso la conca nasale inferiore, in avanti l’osso lacrimale, posteriormente la lamina perpendicolare dell’osso palatino.

Il solco lacrimale, che contiene il condotto naso-lacrimale, è costituito da una profonda escavazione longitudinale posta davanti all’orifizio del seno mascellare.

Il margine anteriore dell’osso mascellare è tagliente. Esso presenta dall’alto verso il basso: il margine anteriore del processo frontale, che si articola con l’osso nasale; l’incisura nasale, concava medialmente, che si articola con quella eterolaterale e circoscrive l’apertura piriforme che immette alla cavità alveo-nasale; la semispina nasale anteriore, situata al punto di mezzo del contorno inferiore dell’apertura piriforme; il margine anteriore del processo palatino.

Il margine posteriore dell’osso mascellare è arrotondato e chiamato tuberosità

mascellare. Si presenta libero e liscio nella sua metà superiore; nella sua metà inferiore è rugoso e si articola con l’osso palatino; assieme circoscrivono il canale palatino maggiore dove passa il nervo palatino anteriore.

Il margine superiore dell’osso mascellare è tagliente e corrispondente con il contorno mediale della parete inferiore dell’orbita; esso si articola dall’avanti all’indietro con: l’osso lacrimale, la lamina papiracea dell’etmoide e il processo orbitale dell’osso palatino.

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Il margine inferiore dell’osso mascellare è rappresentato dal processo alveolare ove s’impiantano i denti della semiarcata dentale superiore. Presenta otto alveoli dentali che verso l’avanti sono cavità semplici e indietro sono scomposti in cavità secondarie, in accordo con il numero di radici del dente ospitato.

L’osso partecipa alla costituzione delle cavità orbitarie, nasale e buccale. Esso si trova al disotto del frontale, del lacrimale e del labirinto etmoidale, anteriormente al processo pterigoideo dello sfenoide, lateralmente all’osso palatino e al cornetto inferiore,

medialmente all’osso zigomatico.

Gli alveoli dentali sono separati tra loro da sepimenti ossei chiamati setti interalveolari. Gli alveoli dentali determinano infine, sulla faccia esterna del processo alveolare, una serie di rilievi denominati gioghi alveolari.

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3.2 Regione Palatina

La regione palatina rappresenta la parete superiore e posteriore della cavità orale. È formata dalla volta palatina nei due terzi anteriori e dal velo del palato nel suo terzo posteriore; queste formazioni in anatomia descrittiva si studiano separatamente ma dal punto di vista anatomico-topografico si considerano assieme.

La regione palatina è situata sotto le fosse nasali e davanti alla faringe; continua in avanti e sui lati con la regione gengivo-dentaria superiore e con la regione tonsillare, posteriormente termina con il margine libero del velopendulo dove, assieme alla base della lingua, delimita l’istmo delle fauci.

Così intesa, la regione palatina si può considerare come una specie di setto osteo-membranoso che separa le fosse nasali e la loro retrocavità dalla cavità della bocca; per la faccia superiore essa appartiene alle fosse nasali, delle quali costituisce il pavimento; per la faccia inferiore fa parte della bocca di cui costituisce la volta.

La regione palatina ha la forma di una volta, da cui deriva il nome di volta palatina conferito al suo segmento anteriore; essa è concava sia nel senso trasversale, sia nel senso sagittale; la sua lunghezza media è di 8-9 cm, dei quali 4-5 cm appartengono al velopendulo e 4 cm alla volta palatina; la larghezza è di 4 cm nel suo segmento anteriore, di 5 cm nel segmento posteriore. Le numerose variazioni in altezza e in larghezza presentate dalla volta palatina sono in stretta relazione con le malformazioni nasali. Di conseguenza nei soggetti affetti da ostruzione nasale di antica data (es. vegetazioni adenoidee), il naso tende ad appiattirsi trasversalmente allo stesso modo in cui la volta palatina si restringe e si eleva; in una veduta in sezione frontale, invece di avere la forma di un arco regolare, assume la forma di un’ogiva più o meno profonda.

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Dal punto di vista strutturale la regione palatina si differenzia a seconda che si consideri o la volta del palato molle o la volta del palato duro.

3.3 Palato duro

Il palato duro fa seguito indietro e medialmente all’arcata dento-gengivale superiore e si continua posteriormente con il palato molle. È concavo sia sagittalmente sia

trasversalmente; è percorso, lungo la linea mediana, dal rafe che è sollevato

anteriormente a forma di cresta ed invece depresso posteriormente in un solco. Dai lati del tratto anteriore di detto rafe si irradiano trasversalmente le pieghe palatine.

Il palato duro è costituito da uno scheletro osseo rivestito dalla tonaca mucosa della cavità orale; detto scheletro osseo è formato in avanti dai processi palatini dei mascellari e, in addietro, dalle lamine orizzontali delle due ossa palatine.

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La tonaca mucosa in avanti è strettamente aderente al periostio dello scheletro osseo, in addietro ne è invece separata dall’interposizione delle ghiandole palatine tubulo-acinose composte a secrezione mucosa; tale tonaca è costituita da un epitelio di rivestimento pavimentoso pluristratificato e da una lamina propria di connettivo.

La volta del palato duro si compone di quattro strati che, procedendo dalla bocca verso le fosse nasali, sono: un primo strato mucoso (strato mucoso inferiore), uno strato ghiandolare, uno strato osseo, un secondo strato mucoso (strato mucoso superiore).

- Strato mucoso inferiore: la mucosa palatina presenta una colorazione bianco-rosea; essa è notevole per lo spessore (maggiore più nelle parti laterali che non sulla linea mediana), per la resistenza e per l’aderenza al periostio con il quale è fusa. La tonaca mucosa è costituita da un epitelio di rivestimento pavimentoso pluristratificato e da una lamina propria di connettivo; in avanti è strettamente aderente al periostio dello scheletro osseo, in corrispondenza del processo alveolare dei mascellari si continua con la gengiva, in addietro è invece separata dal periostio dall’interposizione delle ghiandole palatine.

- Strato ghiandolare: formato da due ammassi di piccole ghiandole tubulo-acinose composte a secrezione mucosa (ghiandole salivari palatine), che si trovano situate a ciascun lato della linea mediana nello spessore della mucosa stessa e presentano il massimo sviluppo nella parte posteriore della regione, dove formano uno strato continuo e spesso.

- Strato osseo: la volta ossea del palato, rugosa dal lato buccale, liscia dal lato nasale, è costituita dai processi palatini dei mascellari e dalle lamine orizzontali

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dei palatini; il seno mascellare presenta talora dei diverticoli che si approfondano in misura maggiore o minore nel suo spessore.

- Strato mucoso superiore: rappresentato da mucosa nasale respiratoria.

La regione palatina possiede numerosi vasi e nervi. Le arterie provengono dall’arteria sfenopalatina, dall’arteria palatina discendente (rami dell’arteria mascellare) e

dall’arteria palatina ascendente.

Di tutte queste arterie quella che presenta maggiore interesse è l’arteria palatina discendente; essa discende dal canale pterigopalatino e, giunta alla volta palatina per il forame palatino maggiore, si inflette in avanti coprendo la regione con un gran numero di rami più o meno grandi. L’arteria decorre parallelamente al processo alveolare ed è situata nello strato fibroso profondo della mucosa in contatto con lo scheletro.

Per quanto riguarda le vene, queste fanno capo al plesso pterigoideo e alle vene della mucosa nasale, della lingua e delle tonsille.

I linfatici vanno ai linfonodi profondi del collo e, in particolare, a quelli che sono posti sui lati della membrana tiroidea. I nervi sono sensitivi e motori.

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Capitolo 4

Crescita cranio facciale postnatale

La faccia di un bambino non può essere semplicemente descritta come la faccia di un adulto in miniatura; infatti durante la crescita si verificano differenziazioni che determinano modificazioni delle proporzioni facciali, e ciò avviene nell’arco di molti anni. Tra il cranio del neonato e quello dell’adulto si evidenziano differenze regionali in altezza, in lunghezza e in ampiezza. Si instaurano alterazioni delle proporzioni regionali e del rapporto tra le varie parti con un processo di maturazione graduale che coinvolge parallelamente le strutture neuromuscolari e gli aspetti funzionali portando alla piena maturazione strutturale e funzionale del giovane adulto.

I processi di ricerca della crescita stomatognatica sono un campo di intensa ricerca.

La crescita è fortemente influenzata da fattori genetici ma anche da condizioni

ambientali, cioè dallo stato nutrizionale, dal grado di attività fisica, dalle malattie e dallo stato di salute. Dato che buona parte degli interventi ortodontici sono richiesti per una crescita sproporzionata delle ossa mascellari e scoordinata dei denti è necessario conoscere i fattori che influenzano e controllano la crescita sia scheletrica che dentale per capire i processi eziologici delle malocclusioni e delle deformità dentofacciali.

Le teorie più importanti che hanno cercato di spiegare i meccanismi di crescita cranio-facciale sono state formulate da Sicher, Scott e Moss.

- Secondo Sicher la crescita cranio-facciale è in gran parte controllata dal codice genetico. Periostio, suture e cartilagine sono centri di crescita. I fattori

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- La teoria di Scott considera la cartilagine e il periostio centri di crescita, le suture sarebbero invece luoghi di crescita.

- Secondo la teoria di Moss (teoria delle matrici funzionali) non c’è alcuna influenza genetica diretta sulla forma e sulla grandezza o sulla posizione dei tessuti scheletrici, ma solo sull’inizio dell’ossificazione.

Attualmente si ritiene più probabile una sintesi della seconda e della terza teoria mentre la prima è stata largamente abbandonata.

La seconda teoria riconosce la cartilagine come determinante della crescita

craniofacciale. Questa teoria sembra essere valida per alcune cartilagini ma non per tutte. Per esempio la cartilagine epifisaria delle ossa lunghe, le sincondrosi della base cranica e, in certa misura anche la cartilagine settale agiscono come centri di crescita indipendenti. Ciò non sembra però valere per la cartilagine presente a livello del condilo mandibolare.

Secondo questo autore, lo sviluppo del terzo medio della faccia sarebbe strettamente correlato alla crescita della cartilagine nasale. Evidenze cliniche dimostrano che se la cartilagine settale è danneggiata nei primi anni di vita si hanno alterazioni nella crescita dell’osso mascellare ed effetti sulle strutture vicine.

Secondo la terza teoria, la crescita della matrice funzionale, composta di nervi, ghiandole e soprattutto muscoli, condiziona la crescita ossea e cartilaginea a livello craniofacciale.

Secondo questa teoria, formulata da Moss nel 1969, la crescita cranica è dovuta alla crescita encefalica; la crescita della base cranica sarebbe influenzata dalla crescita del

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cervello. Allo stesso modo secondo questa teoria la crescita dell’osso mascellare e della mandibola sarebbero influenzate dai tessuti molli circostanti e dalle necessità funzionali.

Sia l’osso sia la cartilagine crescono reagendo alla crescita dei tessuti molli. A loro volta l’osso e la cartilagine “informano” la matrice funzionale riguardo l’equilibrio

biomeccanico e funzionale e, tramite un meccanismo di feedback, lanciano segnali di rallentare, accelerare o terminare i processi di crescita.

4.1 Meccanismi di crescita ossea

L’osso è rivestito di periostio, una membrana vascolare di rivestimento che permette la crescita per apposizione. Essendo vascolarizzato è sensibile alla pressione; il grado di flusso vascolare è influenzato dal tipo e dalla quantità di forza meccanica che agisce sul periostio e da ciò dipende l’inizio della osteogenesi e della condrogenesi. Pressioni

elevate causano livelli più alti di ipossia che stimolano la formazione di condroblasti piuttosto che di osteoblasti da cellule di tessuto connettivo non differenziate. Per queste ragioni esistono due tipi fondamentali di crescita ossea: il primo si adatta a livelli limitati di pressione (o almeno a livelli di pressioni minori di quella capillare, che è di 25-30 mm di Hg), il secondo si adatta a forze compressive maggiori (superiori alla pressione capillare e per questo occludono i vasi). Nelle zone osteogeniche, dove c’è tensione di membrana o dove è minimo il livello di pressione, si ha una crescita ossea di tipo intramembranoso. Il periostio e le suture sono siti dove non c’è severa

compressione; invece nelle zone sottoposte a pressioni elevate avviene osteogenesi di tipo endocondrale in cui dalle cellule capostipiti si sviluppano condroblasti piuttosto che osteoblasti.

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I processi fondamentali che avvengono nella crescita e sviluppo delle diverse ossa del cranio e della faccia sono: aumento delle dimensioni e rimodellamento superficiale che si verificano grazie a fenomeni di apposizione e riassorbimento osseo. L’osso per apposizione e riassorbimento aumenta di dimensioni, si rimodella e si riposiziona. Il riposizionamento è il movimento dell’intero osso che si allontana dal contatto con le altre ossa. Il riposizionamento si distingue in primario e secondario. Il riposizionamento primario è connesso direttamente all’accrescimento dell’osso ed equivale alla quantità di nuovo osso depositato, mentre il riposizionamento secondario è indotto dalla crescita di altre strutture che possono essere ossa o tessuti molli adiacenti.

4.2 Influenza della crescita della base cranica sul complesso nasomascellare

La crescita cranica influenza in modo diretto la crescita della parte media della faccia, poiché il complesso nasomascellare è unito direttamente al pavimento della fossa cranica anteriore mediante suture e i limiti anteriore e posteriore di questa fossa stabiliscono gli stessi limiti del complesso nasomascellare.

Il movimento di ogni osso della base cranica è trasmesso all’osso mascellare dal

vomere. La rotazione dello sfenoide ha un effetto diretto sul vomere perché il rostro sfenoidale comunica con l’ala del vomere e il bordo inferiore del vomere a sua volta è connesso con il processo maxillopalatino e con la cresta nasale della lamina orizzontale dell’osso palatino. Il movimento, la crescita e la rotazione della base cranica influiscono sulla direzione di crescita e spostamento del complesso nasomacellare.

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Quando la rotazione dell’osso sfenoide è in estensione, si ha anterotazione o rotazione oraria del processo sfenopterigoideo e del vomere, movimenti che come conseguenza provocano una spinta dell’osso mascellare più in avanti che in basso.

Quando la rotazione dell’osso sfenoide è in flessione, si ha postrotazione o rotazione antioraria del processo sfenopterigoideo e del vomere, e l’osso mascellare, di

conseguenza, è spinto in basso, mentre la crescita in avanti ha solo un minimo incremento.

La rotazione posteroinferiore del vomere, connessa o meno con la flessione della base cranica, induce sempre movimento verso il basso dell’osso mascellare e non in avanti, ma la crescita alla tuberosità è secondaria allo spostamento in avanti dell’osso

mascellare per cui in questo caso l’osso mascellare è spostato in basso e non in avanti.

La lunghezza posteriore dell’osso mascellare alla tuberosità non aumenta e i denti posteriori superiori non trovano spazio sufficiente.

Lo spostamento in avanti e in basso dell’osso mascellare permette una lieve estensione dell’osso sfenoide che attiva neoformazione ossea al bordo posteriore della tuberosità mascellare, con aumento delle dimensioni anteroposteriori dell’osso mascellare.

La forma della base cranica influenza il rapporto tra osso mascellare e mandibola. Una maggiore o minore apertura dell’angolo della base cranica si riflette sui rapporti spaziali e posizionali tra osso mascellare e mandibola.

L’angolo della base cranica rimane in genere costante nella vita postnatale, ma può aumentare o diminuire per rimodellamento di superficie e per crescita differenziale della sincondrosi sfeno occipitale.

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I processi pterigoidei dello sfenoide sono importanti per l’attacco dei muscoli. Sull’ala laterale si inseriscono i muscoli pterigoidei, su quella mediale la faringe. Altra

inserzione della faringe è all’osso occipitale.

L’attività di questi muscoli in relazione alla posizione mandibolare e alle funzioni, potrebbe influire sulla disposizione spaziale di queste strutture.

4.3 Complesso naso mascellare

Il complesso naso mascellare nel soggetto eumorfico cresce con una direzionalità vettoriale verso il basso e in avanti e con un movimento di anterotazione.

Secondo Enlow l’osso mascellare è assimilabile a una piattaforma (formata da mattoni) su ruote tirata in avanti mentre la sua superficie (rappresentata dal muro) viene distrutta nella parte anteriore e costruita posteriormente. La crescita della base cranica comporta, infatti, uno spostamento secondario a livello del complesso naso mascellare. L’osso mascellare si porta in avanti e in basso e lo spazio che si crea a livello suturale posteriormente è riempito da deposizione di tessuto osseo. Mentre l’osso mascellare cresce in basso e in avanti, la sua superficie anteriore va incontro a riassorbimento osseo.

La crescita del complesso naso mascellare avviene principalmente per spostamento passivo, ossia riposizionamento secondario per la crescita della base cranica, per la crescita suturale e per il rimodellamento superficiale.

Queste modalità di crescita incidono come entità in maniera diversa dalla nascita all’età adulta. Nel periodo fetale l’osso mascellare si sviluppa soprattutto in conseguenza della crescita cranica e solo in piccola parte per lo stimolo funzionale derivante dai primi atti di deglutizione del liquido amniotico, che iniziano già al terzo mese della vita

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embrionale. Dopo la nascita continua a crescere rapidamente, nei primi sei mesi ancora a ritmo fetale, come conseguenza della crescita cerebrale che è intensa nello stesso periodo. Lo spostamento passivo dell’osso mascellare per la crescita della base cranica è un elemento importante della crescita anche durante il periodo della dentatura decidua ma, quando lo sviluppo encefalico si completa e la crescita alla sincondrosi sfeno-occipitale rallenta, intorno ai sette anni di età, questo meccanismo diviene meno importante per lo spostamento in avanti dell’osso mascellare.

Dopo i sette - otto anni, la zona di maggiore crescita dell’osso mascellare è la regione della tuberosità. A questo livello l’osso mascellare cresce posteriormente con

apposizione ossea sulla superficie posteriore e riassorbimento di quella anteriore. Questa costituisce la parete posteriore del seno mascellare che così aumenta di

dimensioni mentre l’osso mascellare cresce indietro, con contemporaneo allungamento dell’arcata dentale creando lo spazio per l’eruzione dei molari permanenti.

La tuberosità cresce anche lateralmente per apposizione ossea sulla superficie vestibolare, allargando la parte posteriore dell’arcata, e cresce anche in basso per deposizione ossea lungo le creste alveolari.

La regione della tuberosità cresce con una direzionalità vettoriale verso l’avanti e verso il basso, favorita dalla crescita verticale del palato e dei processi alveolari. Mentre cresce e si allunga indietro, l’intero osso mascellare subisce un processo di

riposizionamento primario in avanti.

Durante la crescita i tessuti molli facciali si espandono e spostano in avanti e in basso il complesso mascellare, ma non si crea mai uno spazio dietro la tuberosità perché l’osso mascellare cresce indietro di tanto quanto è spostato in avanti. La fessura

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mascellare, il cui margine anteriore è un punto di repere per la tuberosità, si sposta in basso ma non in avanti nel corso della crescita.

La tuberosità è un importante luogo di crescita dell’osso mascellare, ma non provvede alla crescita dell’intera mascella: è coinvolta solo nella crescita della parte posteriore dell’arcata.

Vi sono altri siti di crescita importanti a livello dell’osso mascellare. Questo si articola mediante suture superiori e posteriori con numerose ossa del massiccio facciale e lo spostamento del complesso osseo mascellare induce anche separazione delle ossa a livello delle suture con trazione delle fibre suturali.

La tensione delle fibre induce neoapposizione ossea su entrambi i lati delle suture, mantenendo così l’articolazione tra le diverse ossa a livello suturale, mentre l’osso mascellare cresce e si sposta in avanti e in basso grazie a un riposizionamento primario. La deposizione ossea avviene a livello delle suture fronto-mascellare, zigomatico-temporale, zigomatico-sfenoidale, etmoido-mascellare, nasofrontale, fronto-lacrimale, palatina e vomerale. Nel periodo tra i sette e i quindici anni, un terzo del movimento totale dell’osso mascellare è dovuto allo spostamento passivo; il resto è dovuto in gran

parte a crescita attiva delle suture mascellari.

Anche la parte ossea del setto nasale costituita dal vomere e dalla lamina perpendicolare dell’etmoide aumenta in lunghezza a livello delle suture, mentre la crescita ossea

endocondrale avviene nella parte cartilaginea a contatto con la lamina perpendicolare dell’etmoide. A livello della volta delle cavità nasali, la superficie nasale della lamina cribrosa dell’etmoide è sede di apposizione, mentre la superficie craniale è sede di riassorbimento. In questo modo le fosse olfattive si allargano e si abbassano mentre

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contemporaneamente avviene uno spostamento corticale in basso del pavimento della fossa cranica anteriore. Le pareti laterali e il pavimento delle cavità nasali sono invece zone di riassorbimento per cui le cavità si espandono lateralmente e in avanti, mentre il palato si rimodella in basso.

Nel neonato il palato si trova poco al disotto delle cavità orbitarie ma con la crescita si abbassa notevolmente. Circa la metà del processo di abbassamento del palato è dovuto al riposizionamento verso il basso dell’intero osso mascellare in seguito alla crescita suturale, mentre il palato e l’arcata mascellare crescono direttamente verso il basso per ricollocazione mediante rimodellamento.

Il palato è formato da due lamine corticali tra le quali si trova uno spazio midollare occupato da osso spugnoso. Sul lato nasale la superficie periostale è di riassorbimento mentre sul lato orale è di deposizione. Così il palato cresce verso il basso con

ampliamento delle cavità nasali.

A livello del palato, traslazione e rimodellamento avvengono nella stessa direzione con effetto additivo. Infatti quest’area si sposta in basso e in avanti con il resto dell’osso mascellare, ma si rimodella direttamente nella stessa direzione, per cui il movimento totale in basso della volta palatale è maggiore dell’entità dello spostamento.

Un cenno particolare merita la sutura palatale mediana. Essa permane allo stato di sincondrosi fibrosa fino all’età di quattordici - sedici anni. In seguito comincia a ossificarsi fino a diventare sinostosi verso il venticinquesimo anno di età. La chiusura della sutura inizia in sede posteriore, con progressione più rapida a livello orale che non a livello nasale.

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Si ritiene che nella parte posteriore avvenga una crescita verticale maggiore che nella parte anteriore anche per una maggiore crescita suturale verticale, con una rotazione di crescita per rimodellamento corticale diretto e conseguente inclinazione verso il basso del piano occlusale. Nelle parti anteriori e posteriori dell’osso mascellare, l’equilibrio tra maggiore e minore spostamento e rimodellamento di crescita dipende in parte dalla rotazione in senso orario o antiorario causata dalla crescita in basso e in avanti della fossa cranica media. Il complesso naso mascellare subisce una rotazione per

rimodellamento di compensazione per mantenere la corretta posizione mascellare.

Il rimodellamento in basso del palato e dell’arcata mascellare può variare tra le parti anteriori e posteriori permettendo una serie di adattamenti di posizione delle arcate per compensare variazioni di crescita e rotazioni di riposizionamento.

Sul piano trasverso si ha un allargamento progressivo del palato e dell’arcata alveolare per la crescita lungo la sutura palatina mediana che può variare anch’essa tra le zone anteriori e posteriori. Il pavimento del naso e quello dell’orbita sono spostati nella stessa direzione con il riposizionamento secondario dell’osso mascellare, ma subiscono un rimodellamento in direzione opposta. Infatti, mentre il pavimento del naso, ossia il palato, presenta una migrazione corticale addizionale verso il basso, il pavimento dell’orbita cresce verso l’alto con apposizione sul lato infraorbitale del pavimento e riassorbimento sul lato del seno mascellare che così ingrandisce.

Contemporaneamente in tutte le superfici interne ed esterne dell’osso mascellare vi sono aree di riassorbimento e deposizione che determinano un progressivo rimodellamento e accrescimento dell’intera regione. Il complesso naso mascellare cresce in basso e in

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avanti con movimento di anterotazione ma le superfici anteriori del volto umano sono di riassorbimento.

L’osso viene riassorbito dalla superficie anteriore della mascella anche se questa cresce in avanti. La superficie vestibolare di tutta la parte anteriore dell’arcata mascellare è di riassorbimento ma la sostanza ossea è aggiunta all’interno dell’arcata che così aumenta in larghezza e il palato diventa più largo.

Traslazione e rimodellamento avvengono con direzioni opposte per cui il movimento in avanti della superficie anteriore è minore dello spostamento effettivo durante la crescita. La distanza che il corpo dell’osso mascellare e i denti superiori percorrono in basso e in avanti è di circa il 25% maggiore dello spostamento anteriore dell’osso mascellare stesso che si rimodella indietro. Il rimodellamento superficiale maschera lo spostamento dell’osso mascellare e della mandibola e ciò è evidente nei movimenti rotazionali.

Mentre l’osso mascellare si sviluppa, la crescita verticale avviene anche per crescita alveolare e per migrazione verticale dei denti e dei rispettivi alveoli in aggiunta all’eruzione. Il movimento in basso della dentizione avviene sia per migrazione

verticale di ciascun dente nella sua cavità alveolare, mentre la cavità stessa si rimodella in basso per deposito e riassorbimento, sia per il trasporto gnatico passivo dell’arcata dentale mascellare, mentre l’osso mascellare in toto si sposta in basso.

Per lo sviluppo dell’osso mascellare e dei seni paranasali sono fondamentali gli stimoli derivati da una funzionalità fisiologica, concernete la respirazione e la deglutizione.

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Capitolo 5

Le suture: luoghi di crescita

5.1 Sedi di crescita del palato duro

Terminato e completato lo sviluppo delle singole unità componenti il palato, la crescita avviene solo sulle loro superfici (periostio) o sulle loro linee di giunzione (suture). Possiamo poi dire che le sedi di crescita ossea prima e dopo la nascita sono quattro: nelle suture, nel periostio, nell’endostio e, solo per i denti, nel periodonto.

Tutte le suture del palato presentano una struttura molto vicina a quella del periostio e anche del periodonto (periostio di coniugazione di Lebourg).

In stato di crescita attiva le suture sono composte da uno strato osteogenico e da uno strato fibroso capsulare, situati ai due lati di una zona mediana di connettivo lasso.

All’interno e all’esterno la sutura è bordata da uno strato di giunzione.

A crescita terminata questa struttura si trasforma in tessuto fibroso (sinfibrosi) prima di essere invasa da tessuto osseo (sinostosi).

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La crescita di una sutura aperta è una conseguenza delle proprietà osteogeniche dello strato di connettivo fibroso. Il connettivo lasso mesenchimale che tiene separati i due connettivi fibrosi, in alcune zone è molto largo e in altre è sottilissimo.

Per l’attività proliferativa dello strato osteoblastico le ossa tendono a distanziarsi e ad allontanarsi.

Mentre la crescita suturale può continuare finché le suture rimangono aperte, una sutura aperta di per sé non è una prova che la crescita è veramente in atto. Studi con

colorazioni vitali (alizarina rossa) in animali, hanno potuto dimostrare che la quantità di crescita sui due lati di una sutura non è sempre uguale; si ha quindi una “crescita

suturale differenziata”.

Interessantissimo il fatto, dimostrato da Petrovic, che ha messo in evidenza che le strutture membranose non possiedono un potenziale di crescita indipendente; contrariamente invece si comporta la cartilagine del setto che posta in coltura organotipica cresce in modo notevole, così come avviene per le sincondrosi e le cartilagini di coniugazione delle ossa lunghe.

Le suture, dunque, devono essere sollecitate per crescere. Esse sono luoghi di crescita secondaria di adattamento. È chiaramente dimostrato così che le strutture del cranio sono luoghi e non centri di crescita e non diversamente si comportano le suture palatine.

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Dopo l’età di quindici anni nelle femmine e di diciassette nei maschi le suture palatine sono costituite da un semplice foglio di tessuto connettivale con osteoblasti inattivi.

La morfologia della sutura trasversa subisce modificazioni rilevanti durante la crescita post-natale. Alla nascita la sutura è larga e poco sinuosa; all’età di dieci anni si

trasforma in una tipica struttura squamosa, in cui l’osso palatino copre l’osso mascellare.

Nella parte inferiore della sutura, che è più larga, iniziano a vedersi incipienti

digitazioni. Dopo l’età di 13-14 anni la sutura trasversa diventa più corta e lievemente ondulata, e il tessuto connettivo si riduce a un foglio tra le due parti del palato.

La sutura palatina mediana subisce grosse modificazioni morfologiche durante la crescita.

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Durante il primo stadio, periodo infantile, la sutura è molto larga e forma una Y con l’osso del vomere collocato nel solco tra i due mascellari.

Durante il secondo stadio, o periodo giovanile, la sutura diventa più ondulata.

Nel terzo stadio, o periodo dell’adolescenza, la sutura è caratterizzata da un andamento più tortuoso e dall’aumento delle interdigitazioni. Anche all’età in cui la sutura è

caratterizzata da strette interdigitazioni si può vedere un notevole strato di tessuto connettivo tra i tre strati.

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Nella parte inferiore della sutura, le fibre periostee si estendono all’interno della sutura parallelamente alle superfici ossee.

Nella sutura inattiva delle persone anziane si possono seguire le fibre di Sharpey ininterrottamente attraverso la sutura.

5.2 Ossificazione variabile e differente

Avrebbe grande importanza clinica conoscere l’età in cui la sutura comincia a obliterarsi e l’età in cui ciò si completa, infine il grado con cui procede con l’età.

Studi eseguiti su preparati autoptici hanno evidenziato la grande varietà presente da individuo a individuo sia nell’inizio sia nel procedere della chiusura della sutura mediana del palato.

Esistono anzi grosse differenze anche nelle differenti parti della sutura stessa; essa inizia ad obliterarsi prima nella parte posteriore e successivamente nella parte anteriore e procede più rapidamente nella parte orale che nella parte nasale.

Non esiste alcuna relazione statisticamente valida tra sesso e obliterazione della sutura.

Clinicamente bisogna sempre aspettarci grandi differenze tra individuo e individuo; ad evidenziare ciò esiste il caso riportato da Hansuon di inizio e chiusura della sutura in pazienti di sei anni, e il caso riferito da Kokich che ha evidenziato suture fronto-zigomatiche che non presentavano sinostosi all’età di ottanta anni.

Per ciò che riguarda l’apertura della sutura palatina mediana con l’espansione rapida è dimostrato che la resistenza maggiore alla separazione è dovuta alle strutture

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cui si può supporre che queste forze debbano essere vinte da forze altrettanto pesanti che determinano piccole aree di frattura del palato dove già si è avuta una sinostosi.

Viene indicato come limite per l’espansione del palato la sinostosi del 5% della sutura mediana.

Questo limite sembra non essere stato raggiunto nella maggior parte degli individui prima dei venticinque anni.

In rari casi si è trovata la sutura aperta anche in età avanzata o viceversa chiusa in età più giovane e ciò conferma la notevole variabilità della saldatura della sutura stessa.

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Capitolo 6

Normocclusione e malocclusione

6.1 Normocclusione

Con il termine occlusione dentale s’intende l’insieme dei rapporti che assumono tra loro le superfici masticatorie dei denti nell'atto di chiudere le arcate dentarie.

Sebbene con il termine normocclusione si definisca la relazione ideale di contatto fra i denti, si preferirà utilizzare in questa trattazione il concetto di relazione funzionale. Funzionale sarà infatti la condizione armonica tra le arcate dentali correlate fra loro in modo da sviluppare rapporti sia statici sia dinamici privi di stimoli patogeni per le strutture articolari e per il sistema neuromuscolare in un contesto estetico gradevole.

Un’occlusione per essere definita funzionale deve rispondere a dei requisiti: dentali, muscolari, articolari, estetici.

- Dentali: al momento della chiusura delle arcate, i contatti dentali devono essere

contemporanei e senza deviazioni mandibolari; deve essere presente una guida incisiva e una canina; i rapporti devono essere di prima classe in tutta la sua estensione; l’arcata superiore deve sempre sovraoccludere rispetto all’inferiore presentando un corretto overjet incisivo ed un maggior diametro trasverso dell’arcata superiore rispetto all’inferiore, da determinare quello che potrebbe essere definito come “overjet laterale” a livello molare e premolare.

- Muscolari: i muscoli masticatori e quelli che partecipano ai movimenti

mandibolari, devono lavorare ognuno nel proprio ambito fisiologico durante l’adempimento delle varie funzioni.

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- Articolari: i movimenti dei condili devono essere simmetrici nella fase di

massima intercuspidazione e devono trovarsi nella medesima posizione per quanto riguarda la fossa glenoidea. Durante il movimento deve esserci una buona coordinazione condilo-meniscale.

- Estetici: una occlusione funzionale risulta anche piacevole alla vista.

6.2 Malocclusioni

Si parla di malocclusione dentale quando le due arcate non sono perfettamente allineate fra loro. Si parla anche di rapporto anomalo fra i denti della mascella e quelli della mandibola.

L'imperfetta occlusione delle arcate dentarie può esser causa di disarmonia funzionale o morfologica (strutturale), tale da ripercuotersi negativamente anche su altre sedi

anatomiche.

La causa della malocclusione è spesso ereditaria, ciò significa che spesso l’anomalia viene tramandata geneticamente. Tuttavia, in alcuni soggetti, la malocclusione deriva da atteggiamenti comportamentali scorretti o da alcune patologie: abitudini infantili

(succhiarsi il pollice), bruxismo, interventi dentali non correttamente eseguiti, perdita di uno o più denti permanenti, denti scheggiati, frattura mandibolare in età infantile, artrite reumatoide (rara).

La complessità delle alterazioni dento-facciali rende difficile il lavoro di diagnosi morfologica così come di interpretazione eziologica e patologica.

Al fine di poter eseguire una corretta classificazione occorre considerare diverse anomalie tra le quali forma, posizione, dimensione e proporzione fra le strutture.

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Occorre inoltre fare una distinzione fra classe e tipo, che indicano rispettivamente problemi dentali e caratteristiche facciali o scheletriche.

Il tipo facciale normale o di classe I ha buon equilibrio muscolare e funzionale.

Le alterazioni facciali possono presentarsi nelle tre direzioni dello spazio: verticale, sagittale, trasversale.

6.2.1Anomalie del senso verticale

Due tipi scheletrici rappresentano le anomalie del senso verticale: deep bite e open bite.

- Tipo scheletrico deep bite: forte muscolatura anteriore, crescita orizzontale

preponderante, diminuzione dell’altezza facciale, base cranica posteriore più lunga, brachi-mandibolia, angolo goniaco chiuso. Solitamente morso dentale coperto.

- Tipo scheletrico open bite: debole muscolatura con inserzione posteriore,

respirazione orale frequente, crescita verticale preponderante, aumento

dell’altezza facciale, base cranica posteriore corta, dolico-mandibolia con angolo goniaco aperto. Solitamente morso dentale aperto.

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6.2.2Anomalie del senso sagittale

Sono le tre sindromi che caratterizzano il senso sagittale: classe I, II, III.

- Sindrome di classe I: non vi sono modificazioni dal punto di vista del rapporto

scheletrico antero-posteriore. Il senso verticale può però essere normale, può esserci tendenza al deep bite scheletrico o tendenza all’ open bite scheletrico.

- Sindrome di classe II: disarmonia antero-posteriore causata da mandibola

normale e mascellare protruso; mascellare protruso e mandibola retrusa; mascellare normale e mandibola retrusa. Il senso verticale può però essere normale, può esserci tendenza al deep bite scheletrico o all’ open bite

scheletrico. Vi possono inoltre essere anomalie dei rapporti trasversali, problemi dentali e disordini occlusali di vario genere quali diastemi, affollamenti,

rotazioni etc.

- Sindrome di classe III: disarmonia antero-posteriore causata da mandibola

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mascellare normale e mandibola protrusa. Il senso verticale può però essere: normale, tendenza a deep bite scheletrico, tendenza a open bite scheletrico. Vi possono inoltre essere anomalie dei rapporti trasversali, problemi dentali e disordini occlusali di vario genere quali diastemi, affollamenti, rotazioni etc.

-

6.2.3Anomalie del senso trasversale

Le anomalie del senso trasversale possono presentarsi in eccesso o in difetto, possono inoltre interessare parti quali: cranio, mascellare, mandibola. Dal punto di vista clinico si presentano come: eccesso trasversale del mascellare o morso a forbice (raro), deficit trasversale del mascellare o morso incrociato (relativamente frequente).

Attraverso la diagnosi di deficit trasversale del mascellare, si va ad individuare un difetto scheletrico, spesso si associa a morso incrociato in forma mono o bilaterale ma

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non è sufficiente per consentirne la diagnosi. Per poter adottare le misure terapeutiche più idonee al difetto individuato, occorre comprendere e confrontare le caratteristiche non omogenee tra loro.

Dopo aver individuato la sede anatomica dell’anomalia, si può procedere con la classificazione anatomica del morso incrociato:

- Basali o scheletriche, insufficiente sviluppo trasversale del terzo medio del

volto.

-

- Alveolari mascellari, base ossea normalmente sviluppata ma complesso

alveolare scarsamente espanso.

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- Dentali mascellari, inclinazione in senso linguale di uno o più denti dell’arcata

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- Miste, si associano tra di loro le condizioni sopraelencate.

6.3 Classificazione

- Classificazione di Angle

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Classificazione di Angle

La classificazione di Angle si basa sui rapporti che intercorrono fra le arcate osservate in proiezione laterale (di profilo) nel momento in cui i denti si trovano in contatto occlusale. Angle individuò i tre principali modelli di occlusione basandosi sulle posizioni relative dei primi molari permanenti superiori ed inferiori. La classe molare I può essere considerata normale, mentre le altre due (II, III) descrivono in visione laterale i rapporti non corretti fra mascellare superiore e mandibola.

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I classe

Si definisce rapporto di classe I quando la cuspide mesiale vestibolare (verso la parte anteriore della bocca) del primo molare superiore si articola con il solco vestibolare del primo molare inferiore. Questo significa che il primo molare superiore si trova più indietro di circa metà dente rispetto al primo molare inferiore.

Un rapporto di prima classe non si identifica necessariamente con un’occlusione ideale poiché altri fattori (anomalie dentarie, contrazioni trasversali ecc..)

possono far sì che si presenti una malocclusione anche in presenza di un rapporto molare ideale.

Senza dubbio le malocclusioni di prima classe possono essere gestite con più semplicità rispetto a quelle di seconda e terza classe, dal momento che non prevedono spostamenti in senso mesio-distale dei molari superiori né estrazioni di premolari o altri denti. In alcuni casi si può ricorrere alla riduzione delle dimensioni medio-distalidi elementi particolarmente grandi mediante riduzione interprossimale (stripping) o espandere il diametro delle arcate al fine di

risolvere l’affollamento.

II classe

Le malocclusioni di seconda classe possono a loro volta essere distinte in due suddivisioni a seconda della presenza o meno dell’overjet. Da questo ne deriva:

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- II classe II divisione, assenza di overjet

La caratteristica comune è rappresentata dalla presenza di mandibola

retrognatica, ossia posizionata più indietro rispetto al mascellare superiore. Nella gran parte dei casi questo è dovuto a un’insufficiente crescita mandibolare, sebbene possa coesistere un ipersviluppo del mascellare superiore. Sia nel primo che nel secondo caso, se osservate di profilo, le due arcate risultano non

combacianti. A livello dentale questa disarmonia può risultare più o meno evidente a seconda della presenza o meno di overjet fra gli incisivi.

III classe

La terza classe è caratterizzata dalla posizione della mandibola più in avanti rispetto al mascellare superiore. Generalmente si osserva un contatto “testa a testa” degli incisivi e nei casi più gravi una palese inversione del morso. Alla base di una malocclusione di classe III vi è spesso una mandibola

eccessivamente sviluppata in senso antero-posteriore. Inoltre a peggiorare la situazione può esserci la contemporanea presenza di un mascellare superiore iposviluppato. Nell’età dello sviluppo si può cercare di rallentare la crescita di

una mandibola esagerata attraverso l’utilizzo di apparecchiature mobili. Allo stesso tempo si può cercare di favorire la crescita di un mascellare iposviluppato impiegando apparecchi in trazione che mirano a stimolarne la crescita

(Maschera di Delaire). In età adulta invece una grave malocclusione di III classe, che incide sulla capacità masticatoria ed estetica, può essere risolta solo tramite intervento chirurgico maxillo-facciale.

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Classificazione di Andrews

La classificazione di Andrews si basa su sei principi fondamentali conosciuti come le sei chiavi di Andrews. Lo studio del caso deve dunque basarsi sui seguenti parametri: 1) rapporto intermolare, 2) angolazione delle corone, 3) inclinazione delle corone, 4) rotazione, 5) punti di contatto, 6) piano occlusale (curva di Spee e di Wilson).

1. Rapporto intermolare. La classificazione di Andrews prevede un rapporto intermolare diverso da quello previsto da Angle. Per avere un buon ingranamento e una stabilità dentale in occlusione, la cuspide distovestibolare del primo molare superiore deve sfiorare la cuspide mesio-vestibolare del secondo molare inferiore. Il primo molare

superiore deve essere leggermente inclinato posteriormente così da avere la cuspide distale leggermente più bassa di quella mesiale in relazione al piano occlusale. Questa occlusione permette di mantenere il corpo mandibolare in occlusione stabile, impedendone il movimento distale.

2. Angolazione delle corone. Ogni dente deve avere la sua specifica angolazione mesio-distale dell’asse longitudinale rispetto al piano occlusale. Questa posizione angolare permette il realizzarsi di:

• una buona estetica;

• una buona autodetersione;

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• un ottimo trasferimento dei carichi occlusali tramite il tessuto radicolare ai tessuti di sostegno (osso alveolare);

• una buona occlusione.

3. Inclinazione delle corone. Ogni dente deve presentare una particolare inclinazione rispetto alla base ossea. L’inclinazione corretta degli incisivi superiori ad esempio porta la corona in una posizione più vestibolare rispetto alla radice. Talvolta questa caratteristica viene indicata con il termine “torque”. La traduzione esatta in lingua italiana non esiste, alcune volte questo termine viene tradotto come torsione, ma in realtà torcere significa girare sul proprio asse. Il torque ideale determina un’ottima estetica e una buona funzione in masticazione, specialmente

per quanto riguarda incidere e tagliare gli alimenti.

4. Rotazione. Ogni dente deve essere esente da rotazioni indesiderate. Gli elementi dentali ruotati occupano, ad esempio, uno spazio maggiore o minore (un incisivo ruotato occupa un minore spazio rispetto ad un incisivo ben posizionato, mentre per i denti posteriori la rotazione porta ad occupare uno spazio maggiore). Le rotazioni determinano inoltre precontatti occlusali, spostando le cuspidi di centrica in zone diverse dalle fosse.

5. Punti di contatto. I punti di contatto devono essere ben definiti e stretti. Nel caso di elementi con notevole discrepanza (minus) delle dimensioni delle corone, l’ortognatodontista dovrà ipotizzare il mantenimento dei diastemi oppure la chiusura degli spazi per mezzo di ricostruzioni

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estetiche e/o protesi. La dimensione dentale ideale è determinata

direttamente dallo spazio basale (dimensione delle creste alveolari), dalla dimensione e funzione linguale, dalla forma delle arcate dentali.

6. Piano occlusale. Il piano occlusale naturale così come quello che si determina al termine della terapia, dopo la fase di assestamento che segue alla rimozione delle apparecchiature, deve assumere una curvatura fisiologia sul piano sagittale e sul piano frontale, dette rispettivamente di Spee e di Wilson. Nella terapia, Andrews consiglia di terminare con la curva di Spee quasi piatta, poiché questa tende normalmente ad

approfondirsi, sia per lo sviluppo in ipodivergenza (crescita in alto – anterotazione del corpo della mandibola) che per autoassestamento dentale funzionale.

Solo raggiungendo le 6 chiavi di occlusione dentale si avrà la possibilità di:

• far scaricare, durante la normale funzione (masticazione, deglutizione), i carichi masticatori sull’asse del dente, e da questo trasferire le forze alle strutture di supporto, senza creare traumi occlusali;

• permettere una perfetta autodetersione salivare;

• avere una buona estetica;

• determinare un’occlusione stabile;

• preservare il tessuto molle (mucosa), specialmente per la parte relativa al colletto dentale, dalle abrasioni e dai traumi che possono avvenire durante la masticazione e/o la deglutizione.

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Se si ottengono le sei chiavi di occlusione nel rispetto delle regole dell’occlusione neuromuscolare, potrà dirsi concluso il caso ortognatodontico con il massimo dei risultati possibili.

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Capitolo 7

Discrepanze trasversali

7.1 Le discrepanze trasversali

Per comprendere il problema della discordanza trasversale dell’osso mascellare, è necessario definire il concetto di concordanza trasversale.

Si parla di concordanza trasversale quando la distanza tra le fosse centrali dei primi molari superiori e la distanza fra le cuspidi disto-vestibolari dei primi molari inferiori sono uguali. Nei denti decidui si prende come riferimento la distanza fra le fosse

centrali dei primi molaretti decidui superiori e la distanza fra le cuspidi disto-vestibolari dei primi molaretti decidui inferiori.

In una dentizione corretta i denti superiori si posizionano in senso vestibolare di mezza cuspide in rapporto ai denti corrispondenti dell’arcata inferiore; se questo rapporto non

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1- Morso a forbice (cross over o scissor bite): le cuspidi palatine superiori presentano un rapporto più vestibolare della norma rispetto ai denti inferiori corrispondenti.

Morso a forbice

2- Morso incrociato (cross-bite o morso inverso): le cuspidi vestibolari dei denti inferiori si sovrappongono alle cuspidi vestibolari dei denti superiori.

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3- Morso testa-testa: le cuspidi vestibolari superiori e inferiori si trovano allo stesso livello; è una relazione instabile che di solito esita in altre posizioni come il

cross-bite.

Questi tipi di anomalie possono essere tutte mono o bilaterali.

Cross-bite posteriore monolaterale destro

Si parla di discrepanza trasversale positiva quando l’arcata superiore è più larga del dovuto rispetto all’arcata inferiore. Questa condizione può portare al morso a forbice che, a seconda dell’entità della discrepanza, può portare ad una condizione in cui i versanti interni delle cuspidi palatali dei denti superiori risultano più esterne delle cuspidi vestibolari inferiori. È raro che quest’anomalia interessi tutta l’arcata (ciò si ha solo nella sindrome di Brodie); più frequentemente è limitata a un dente o a un settore.

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Si parla invece di discrepanza trasversale negativa quando l’arcata superiore è stretta in relazione all’arcata inferiore: questa condizione può portare al cross-bite o morso incrociato.

Discrepanza trasversale negativa

Il morso incrociato posteriore rappresenta un riscontro clinico particolarmente frequente.

L’osservazione di un cross-bite mono o bilaterale nei settori laterali delle arcate rappresenta il comune segno clinico causato da anomalie che possono risiedere in strutture anatomiche molto differenti: la base ossea mascellare, il complesso dento-alveolare superiore, il complesso dento-dento-alveolare inferiore, la base ossea mandibolare.

Spesso si verificano fenomeni di compenso dento-alveolare, rappresentati

dall’inclinazione vestibolare dei denti dell’arcata superiore e dall’inclinazione linguale dei denti dell’arcata inferiore, che tendono a dissimulare l’entità della disarmonia trasversale. Quando si osserva un morso incrociato monolaterale in massima

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intercuspidazione è indispensabile procedere alla valutazione del percorso di elevazione della mandibola. Spesso il deficit trasversale dell’arcata superiore porta al contatto “testa a testa” delle cuspidi antagoniste; l’instabilità occlusale che ne consegue induce la latero-deviazione della mandibola nel tratto terminale del tragitto di chiusura alla ricerca di una occlusione di comodo.

Oltre allo stress potenzialmente patogeno a cui sono sottoposte le strutture articolari, per i soggetti in crescita si può temere che lo stimolo posturale provochi un progressivo adattamento morfologico della mandibola in crescita, trasformando l’asimmetria funzionale in asimmetria anatomica. Nelle forme basali, alveolari o miste di morso incrociato posteriore, conseguenti ad insufficienza trasversale del mascellare, l’espansione ortopedica del mascellare stesso trova la sua principale indicazione

terapeutica. Negli altri casi l’espansione palatina può rappresentare un compromesso terapeutico da valutare attentamente ma talvolta costituisce un vero e proprio errore terapeutico. Nelle forme alveolari le misure terapeutiche da adottarsi saranno

preferibilmente di tipo ortodontico come, ad esempio, espansore lento, quad helix, archi ortodontici espansi. Nelle forme mandibolari basali molto accentuate si dovrà invece prendere in considerazione l’ipotesi della correzione chirurgica.

L’insufficienza del diametro trasversale mascellare può essere classificata in: insufficienza vera; insufficienza relativa; insufficienza compensata.

L’insufficienza vera consiste in un reale deficit del diametro mascellare, in condizioni di corretto rapporto sagittale e di normali dimensioni mandibolari, insieme a una

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Clinicamente tale situazione si estrinseca nel cosiddetto morso crociato, che può essere mono o bilaterale. Nel morso crociato bilaterale la diagnosi è immediata, mentre è richiesta maggiore attenzione ed esperienza nei cross-bite monolaterali, in quanto occorre porre diagnosi differenziale tra una reale asimmetria monolaterale scheletrica e/o dentale ed il morso crociato monolaterale dovuto a dislocazione mandibolare funzionale. Nel primo caso le linee mediane dentali possono coincidere (se non vi sono migrazioni di alcuni denti) ed il trattamento specifico deve essere di tipo asimmetrico, mirando all’espansione unilaterale. Nel morso crociato monolaterale funzionale, le linee mediane dentali e soprattutto i frenuli non coincidono in massima intercuspidazione (sempre che non vi siano state migrazioni dentali) mentre diventano coincidenti a vari gradi di apertura della bocca (dalla semplice posizione di riposo alla massima

escursione) a seconda dell’epoca più o meno recente d’insorgenza della causa deflettente patologica.

Fermando la mandibola nel tragitto di chiusura al primo contatto dentale, si potrà evidenziare come la causa morfologica a monte sia spesso una contrazione totale bilaterale del diametro mascellare da trattare, quindi, in modo simmetrico.

L’insufficienza trasversale può essere relativa quando il diametro mandibolare è aumentato in assoluto ed inoltre nelle situazioni di rapporto sagittale alterato (II o III classe).

Nelle classi II, pur in assenza di alcuna alterazione trasversale clinicamente evidente, il diametro intermascellare è spesso ridotto; infatti il mascellare stretto può condizionare una retro-posizione mandibolare bloccando l’avanzamento della stessa in un rapporto sagittale di classe II. Questa situazione clinica può anche essere dovuta a un mascellare

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