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STRATEGIE NUTRIZIONALI PER MASSIMIZZARE IL GLICOGENO MUSCOLARE NELLO SPORTIVO

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Nutrizione Umana

TESI DI LAUREA

STRATEGIE NUTRIZIONALI PER MASSIMIZZARE IL GLICOGENO MUSCOLARE NELLO SPORTIVO

Relatore Candidata Dott. Demontis Gian Carlo Giorgia Piras

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Indice

1) Introduzione …...pag 3

1.1 Il glicogeno...pag 8

1.2 Destino e funzione dei glucidi...pag 11

1.3 Glicogenosintesi...pag 12

2) Strategie nutrizionali …...pag 14

2.1

Carboidrati...pag 15

2.1.1

Timing Assunzione Carboidrati …...pag 21

2.2

Co-ingestione carboidrati e proteine...pag 23

2.2.1 Timing co-assunzione carboidrati e proteine …...pag 27

2.2.2 Carboidrati e Creatina …...pag 34

2.3

Co-ingestione carboidrati-grassi...pag 36

3)

Conclusioni...pag40

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1) Introduzione

La maggioranza degli sportivi è molto attenta alla nutrizione e concentrata su ciò che riguarda l’energia, il sostegno plastico e l’idratazione, e presta particolare attenzione a questi aspetti prima, durante e dopo un allenamento o una gara.

Durante l'esercizio intenso intermittente o per tutta la durata dell'attività fsica prolungata, le particelle di glicogeno muscolare vengono scomposte, liberando le molecole di glucosio che vengono ossidate dalle cellule muscolari attraverso processi anaerobici e aerobici per produrre le molecole di adenosina trifosfato (ATP)

necessarie per supportare la contrazione muscolare.

La velocità con cui il glicogeno muscolare viene degradato dipende principalmente dall'intensità dell'attività fsica: maggiore è l'intensità dell'esercizio, maggiore è la velocità con cui il glicogeno muscolare viene degradato.

Di conseguenza, un'attività ad alta intensità, come lo sprint ripetuto, può rapidamente abbassare le riserve di glicogeno nelle cellule muscolari attive, anche se il tempo totale effettivo di attività potrebbe essere relativamente breve (ad esempio, 10sprint di 30 secondi (10x30), con brevi intervalli di recupero).

A confronto, un atleta di endurance che si allena per ore e ore al giorno sperimenterà un marcato declino del glicogeno muscolare, ma ad un ritmo più lento di degradazione rispetto al velocista.

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Dopo il completamento di periodi di esercizio che possono esaurire i substrati

energetici immagazzinati e possono causare danni signifcativi al tessuto muscolare, sono indispensabili delle strategie di temporizzazione dei nutrienti post-esercizio. L’importanza del recupero è un fattore che risulta determinante per il miglioramento in qualsiasi sport, non solo quelli aerobici come ciclismo o corsa, ma anche per attività di forza tipicamente anaerobiche, come l'utilizzo dei pesi in palestra.

Un ulteriore aspetto da mettere in evidenza è che gli atleti coinvolti in numerose tipologie di attività sportive si trovano spesso a partecipare, durante la stagione agonistica, a una serie di eventi classifcati come vigorosi, intervallati da sessioni di

allenamento intense e frequenti, con un tempo minimo di recupero e con un costo metabolico che supera le riserve di carboidrati endogeni.

Queste situazioni si possono inquadrare nel fenomeno più generale della risposta allo stress dell’organismo, dove con stress si intende la risposta dell’organismo a un cambiamento che richiede una risposta di aggiustamento di tipo fsico, o mentale o anche emotivo.

Gli studi di Hans Selye sullo stress, indicano che in seguito a un evento “stressante” segue una fase di adattamento con lo sviluppo della capacità di resistenza allo stress. In questo caso si tratta di quella che viene defnita come sindrome generale di

adattamento (GAS) (Selye, H. (1946). The general adaptation syndrome and the diseases of adaptation(Journal of Clinical Endocrinology).

Nel caso del GAS si parla di eustress, ma se il livello di stress supera un livello critico si parla di “distress” che porta a una risposta maladattativa (vedi

https://2012books.lardbucket.org/books/an-introduction-to-organizational-behavior-v1.1/s11-02-what-is-stress.html).

La fase inziale dello stress, o di allarme, corrisponde a quella che è anche nota come reazione “fght or fight”, che

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innesca delle risposte, endocrine e mentali, utili a mobilizzare le risorse, anche metaboliche, necessarie a permettere lo sviluppo di una fase di resistenza

caratterizzata da una aumentata capacità di risposta allo stress. Se però lo stimolo stressante persiste, la capacità di risposta si esaurisce e si entra in quella che viene chiamata la fase di esaurimento.

Questi concetti generali valgono per stimoli stressanti (stressors) sia di tipo

psicologico che fsico, e la deplezione delle risorse metaboliche rappresenta quindi un elemento chiave negli eventi che portano da una fase di risposta adattativa allo stress a una fase di esaurimento.

Il grafco successivo, illustra gli eventi chiave che determinano la capacità di prestazione dopo un allenamento o una gara (che rappresentano lo stressor): la durata delle fasi di recupero e supercompensazione, evidenzia chiaramente come,

dopo uno sforzo in cui si è “stressato” l’organismo, occorra attivare la fase di recupero.

Questa fase porta alla

supercompensazione, quindi al raggiungimento di livelli prestativi

maggiori che mettono l'atleta in condizioni di affrontare con maggiore effcacia

l’allenamento che segue o raggiungere risultati degni di nota durante una gara.

Immagine tratta da https://www.keforma.com/wp-content/uploads/2017/03/recupero_nello_sport-180x180@2x.jpg

L'ottimizzazione della ripresa a breve termine è un aspetto importante sia per gli atleti che si allenano che per quelli che competono, ma con un tempo limitato per recuperare e anche per gli atleti occasionali, che trarrebbero benefcio dall'evitare la

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fatica residua che potrebbe infuenzare negativamente la loro partecipazione all'attività fsica.

Durante un periodo di allenamento prolungato l'esaurimento del glicogeno muscolare è uno dei principali fattori che contribuisce all'insorgere della fatica; pertanto la ricostituzione delle riserve di glicogeno è importante per il recupero della capacità funzionale.

Infatti, dati recenti supportano l'idea che la disponibilità di glicogeno muscolare sia determinante per la successiva capacità di compiere uno sforzo prolungato a seguito di un recupero limitato dalla precedente sessione (Allen DG Lamb GD, 2008).

Negli ultimi anni l’idea dell'importanza della nutrizione sia per le performance che per il recupero post allenamento, non solo è divenuta parte integrante delle pratiche relative all’allenamento stesso, ma si è estesa dal ristretto ambito degli degli atleti a quello degli individui attivi.

È importante sottolineare che, con il declino dei livelli di glicogeno, diminuisce non solo la capacità di un atleta di mantenere l'intensità di esercizio e la produttività lavorativa, ma aumentano anche i tassi di rottura del tessuto, lesioni che non solo pregiudicano la capacità di sostenere gli allenamenti frequenti e intensi negli atleti professionisti, ma vanno anche a pregiudicare la capacità di svolgere un’attività fsica più contenuta come durata/intensità nei non atleti, e che in ultima istanza ne rischia di cambiare il livello di attività fsica (LAF) da attivo a sedentario, con un impatto avverso sul livello di benessere e/o di salute.

Per inquadrare da un punto di vista quantitativo il problema, è utile ricordare che le riserve di glicogeno sono limitate, e funzionano come una fonte predominante di carburante per un massimo di alcune ore durante l'esercizio aerobico da moderato ad intenso, termini con i quali si intende l’esercizio di intensità comprese tra il 65 e l’85% della VO max, ovvero del volume massimo di O in ml consumato per kg di peso per

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minuto (ml/kg/min) durante un esercizio di endurance condotto alla massima intensità.

Mediamente, il VO2max in un maschio non allenato è di circa 45 ml/kg/min, mentre in un atleta di livello olimpico è compreso tra i 75 e gli 85 ml/kg/min.

Nei settimanali/mensili rivolti a ciclisti amatoriali si possono trovare dei valori di riferimento dei più alti VO2max misurati, presi dalla letteratura scientifica, per esempio, il più alto valore di VO2max mai registrato appartiene ad Oskar Svendsen, un ciclista norvegese con 97.5 ml/kg/min.

Mentre il VO2max è un parametro scarsamente modulabile dall’esercizio, altri parametri, quali la soglia del lattato, soglia aerobica ed economia, sono invece più modulabili con l’esercizio e finiscono con il determinare l’effettiva capacità di svolgere lavoro di tipo endurance, ma in ultima analisi dipendono dai valori di VO2max.

Una strategia nutrizionale è quindi utile per migliorare la risposta adattativa all'esercizio acuto e / o cronico e, se funziona, può portare a dei miglioramenti nelle prestazioni atletiche che di per se possono sembrare minimi, ma possono far la differenza durante una competizione.

Per rendere meglio l’idea di quanto possano essere marginali le differenze tra il vincitore di una grande corsa a tappe di ciclismo, quale il Tour de France (La Grand Boucle), e gli altri concorrenti, è possibile confrontare i tempi del vincitore dell’edizione 2017 (Chris Froome, 86 h, 20’ e 55”) con il ritardo dell’ultimo arrivato (N° 167, 4h, 35’ e 52”), ovvero una differenza del 5,32%. Nel caso dei primi 10 classifcati, le differenze sono contenute in un 0.2%.

Queste piccole differenze in termini di % ci permettono quindi di comprendere come a livelli della massima serie professionistica le differenze di prestazione siano relativamente contenute e che pertanto anche una differenza dello 0.5%, contribuita dalla strategie alimentari, possa fare la differenza nell’ambito di un contesto

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estremamente competitivo.

1

FROOME

CHRISTOPHER

86H 20' 55'

URAN RIGOBERTO

86H 21' 49'' +

00' 54''

3 BARDET ROMAIN 86H 23' 15'' + 02' 20''

LANDA MIKEL 86H 23' 16'' + 02' 21''

ARU FABIO 86H 24' 00'' + 03' 05''

MARTIN DANIEL 86H 25' 37'' + 04' 42''

YATES SIMON 86H 27' 09'' + 06' 14''

167°

ROWE LUKE 90H 56' 47'' + 04H 35' 52''

Tabella Riadattata da Classifca Tour de France 2017

In questo lavoro di tesi vengono prese in considerazione alcune delle strategie utili per accelerare il ripristino del glicogeno e di conseguenza il recupero del muscolo.

1.1 Glicogeno

I carboidrati dovrebbero contribuire fno al 60-65 % circa delle calorie introdotte quotidianamente dalla dieta (LARN 2014), essendo facilmente assimilabili e utilizzabili a scopi energetici, ma potendo anche essere accumulati sotto forma di glicogeno.

Infatti già dagli anni '20 divenne evidente che i carboidrati erano una fonte importante di carburante per l'esercizio (Krogh A,Lindhar J), che la concentrazione di glucosio nel sangue sembrava essere legata alla stanchezza durante la maratona e che l'assunzione di carboidrati prima di una maratona evitava la debolezza e l'affaticamento.

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α-D-glucosio con varie ramifcazioni.

Le unità strutturali sono legate tra loro con legami α(1→ 4) glicosidici, mentre nei punti di ramifcazione si formano legami α(1→ 6) glicosidici. Viene depositato sotto forma di granuli nel fegato (circa 1/3 del totale ) e nei muscoli (circa 2/3) del totale.

Immagine tratta da http://ssaltarelli.altervista.org/

Nel fegato raggiunge il peso di 120 gr circa, mentre nel muscolo sono presenti 250 350gr circa.

Il glicogeno epatico costituisce una riserva di glucosio che può essere messa a disposizione dei tessuti extraepatici nel momento di digiuno, mentre quello muscolare è deputato a soddisfare le richieste del metabolismo aerobico e anaerobico esclusivamente nel muscolo.

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https://image.slidesharecdn.com/med2017041016glicogenobulbarelli-171004153338/95/med-lez-7-glicogeno-dr-bulbarelli-3-638.jpg?cb=1507131251

Il legame tra il contenuto di carboidrati della dieta, glicogeno muscolare, e la capacità di esercizio è stato confermato nel 1960 quando i ricercatori scandinavi introdussero la tecnica della biopsia muscolare, che permise di mettere in luce il forte impatto della quantità di glicogeno muscolare sulle prestazioni di endurance (Bergstrom J,Hultma E)

Anche gran parte della nostra comprensione di come le riserve di glicogeno muscolare diminuiscano durante l'attività fsica, e vengano ripristinate durante il riposo

successivo, proviene da studi che hanno utilizzato la tecnica di biopsia muscolare. Una biopsia muscolare richiede una piccola incisione attraverso la pelle e il tessuto sottostante in modo che un ago da biopsia possa essere inserito in un muscolo per estrarre un piccolo frammento di tessuto.

Il muscolo vasto laterale del gruppo del quadricipite sulla parte anteriore della coscia è un sito comune per le biopsie muscolari, perché è un muscolo è attivo durante la corsa e il ciclismo.

Una biopsia eseguita prima dell'esercizio fsico stabilisce la concentrazione di glicogeno muscolare di base e le successive biopsie effettuate durante e dopo

l'esercizio fsico sono utilizzate per tracciare le variazioni dei livelli di glicogeno nel tempo.

Le riserve di glicogeno epatico nell'uomo possono essere stimate anche

indirettamente, mediante spettroscopia magnetica nucleare o altre tecniche non invasive.

La concentrazione di glicogeno muscolare è spesso espressa come millimoli di glicogeno per chilogrammo di tessuto.

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1.2 Destino e funzioni biologiche dei glucidi

Nel periodo postprandiale, in risposta all’aumento del glucosio ematico, il nostro organismo incrementa le attività di alcune vie metaboliche e ne attiva altre per ripristinare i livelli normali di glicemia e prevenire nel lungo termine l'insorgenza di patologie.

Il glucosio assorbito può essere immagazzinato come glicogeno, ossidato per ottenere energia, coniugato con altre macromolecole per formare glicolipidi o glicoproteine o trasformato in lipidi di riserva.

Il fegato ha un ruolo fondamentale nel mantenimento dell'omeostasi glucidica, in quanto può sia immagazzinare glucosio sotto forma di glicogeno dopo il pasto, che scinderlo durante il digiuno per rifornire gli organi extraepatici attraverso il torrente circolatorio.

In seguito ad un pasto la concentrazione di glucosio ematico raggiunge il valore di circa 130 mg/100 mL, per poi ridiscendere entro 1-2 ore circa a 70-100mg/100mL. In questo periodo il glucosio circolante viene convertito in glucosio 6-fosfato attraverso l'esochinasi I e IV, quindi in glicogeno e triacilgliceroli.

Nell'intervallo fra i due pasti, in cui viene a mancare l'apporto di glucosio esogeno, per mantenere costante il valore della glicemia il fegato inizialmente mobilizza le riserve di glicogeno e, quando anche queste cominciano a scarseggiare, lo stesso organo sintetizza glucosio a partire da materiale non glucidico attraverso le gliconeogenesi. Il glucosio 6-fosfato prodotto a livello del fegato dalla demolizione del glicogeno viene defosforilato dalla glucosio 6-fosfatasi per formare il glucosio libero che viene immesso nel circolo ematico.

Il glicogeno muscolare, sebbene sia in quantità maggiore rispetto a quello epatico, non può essere utilizzato a tale scopo in quanto nel muscolo è assente l'enzima glucosio 6 fosfatasi.

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1.3 Glicogenosintesi

La sintesi del glicogeno ha inizio dal glucosio 6-fosfato, prodotto principalmente dalla glucochinasi (nel fegato) e dall'esochinasi (nel muscolo), che viene convertito in glucosio 1-fosfato dall'enzima fosfoglucomutasi.

L'UDP-glucosio-pirosforilasi catalizza il trasferimento del glucosio 1-fosfato su nucleotide uridina trisfofato (UTP), formando UDP-glucosio, che infne, ad opera della glicogeno sintasi, lo trasferisce su una molecola di glicogeno preformata in una reazione endoergonica che sfrutta l'energia derivante dal processo di attivazione del glucosio in seguito a trasferimento sul nucleotide uridinico.

Nel caso in cui non sia presente una molecola di glicogeno preformata, la glicogenina (una proteina) funge da primer e catalizza il trasferimento di una molecola dl glucosio dall'UDP-glucosio al gruppo ossidrilico della tirosina 194 della proteina stessa, dando origine ad una nuova catena.

Questa attività glucosio-trasferasica della glicogenina continua fno al raggiungimento di una catena formata da circa 7 residui di glucosio, permettendo alla glicogeno sintasi di intervenire e continuare l'allungamento della catena.

La glicogenina rimane covalentemente legata alla molecola del glicogeno e ne costituisce la parte piu interna delle particelle β.

Dato che la glicogeno sintasi è in grado di formare solo legami α(1->4)glicosidici, l'organismo necessita dell'attività dell'enzima ramifcante per inserire le ramifcazioni alla neoformata catena di glicogeno.

L'enzima ramifcante o amilo transglicosidasi catalizza il trasferimento di 6-7 residui di glucosio dall'estremità non riducente della catena di glicogeno al gruppo ossidrilico in c6 di un residuo di glucosio della stessa catena creando una ramifcazione. Le ramifcazioni vengono poi allungate nuovamente dalla glicogeno sintasi.

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2 Strategie Nutrizionali

La strategia più semplice e nota da maggior tempo per massimizzare le riserve di glicogeno endogeno di un'atleta ad alte prestazioni, è quella basata sull’assunzione di di carboidrati in quantità adeguate rispetto alla intensità e al volume di allenamento. Tuttavia, studi più recenti hanno esplorato anche l’impatto su la capacità di esercizio/prestazioni e di recupero dall'esercizio della manipolazione di diverse variabili nutrizionali, quali ad esempio, la co-ingestione dei nutrienti, la quantità e i tempi di ingestione di nutrienti.

Ad esempio, nei giorni in cui è richiesta solo un'attività fsica leggera di durata relativamente breve, è necessario un apporto di carboidrati notevolmente inferiore per ripristinare il glicogeno muscolare e del fegato piuttosto che nei giorni di

allenamento più pesanti, così come è indispensabile un apporto proteico ottimale al fne di preservare la massa muscolare.

Nessun alimento di per sé è in grado di fornire tutti i nutrienti nelle giuste proporzioni, pertanto uno dei primi consigli che vengono dati riguarda il concetto di "equilibrio", la capacità, cioè, di assumere tutti i nutrienti nelle giuste proporzioni e di seguire una dieta varia.

Verranno prese di seguito in considerazione in dettaglio le varie strategie nutrizionali, con particolare riguardo non solo alla effcienza del recupero, ma anche alla sua cinetica.

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2.1 Carboidrati

Gli atleti spesso non consumano abbastanza carboidrati per soddisfare le attuali raccomandazioni, che variano in base al carico di allenamento giornaliero e

considerate necessarie per riempire completamente le riserve di glicogeno muscolare (Thomas TD,Erdman KA).

L'assunzione giornaliera di carboidrati non ottimale è probabilmente il risultato di programmi di allenamento impegnativi, vita frenetica, confusione sui benefci dei carboidrati della dieta e una comprensione inadeguata dei concetti base di nutrizione sportiva, nonostante ormai da decenni sia stato riconosciuto che la disponibilità di carboidrati è fondamentale per la capacità di esercizio.

Studi sull'uomo dimostrano chiaramente che la fatica durante un esercizio fsico prolungato coincide con un basso contenuto di glicogeno muscolare (Bergstrom J et.al) e l'ingestione di carboidrati è correlata al mantenimento delle prestazioni attraverso l'attenuazione della glicogenolisi, il mantenimento della glicemia e/o dell'ossidazione dei carboidrati (Tsintzas K.).

Pertanto, gli interventi nutrizionali che aumentano le riserve di glicogeno pre-esercizio intramuscolare correlano positivamente con la capacità di pre-esercizio, poiché la percezione della fatica è strettamente correlata all'esaurimento del glicogeno muscolare, e pertanto massimizzare il contenuto di glicogeno muscolare prima dell'esercizio e/o risparmiarne l'utilizzo durante l'esercizio fsico può infuenzare la capacità di compiere un esercizio prolungato (endurance) ad alta intensità.

Sebbene sia ben noto che la fatica durante l'esercizio prolungato ad alta intensità dipenda in gran parte dalle concentrazioni di glicogeno muscolare, è importante ricordare che altri meccanismi fsiologici, come l’affaticamento centrale, la deplezione del glicogeno epatico, disidratazione e ipertermia possono contribuire all'insorgere della fatica durante esercizio di tipo endurance.

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perché la quantità di glucosio ingerita sia un fattore determinante del tasso di risintesi del glicogeno.

È stato costantemente dimostrato che l'assunzione di carboidrati aumenta l’accumulo di glicogeno rispetto a quanto ottenibile ingerendo solamente dell'acqua.

Nel contesto del recupero dall'esercizio completo, è noto che l'assunzione di 6-12 g di carboidrati /kg è suffciente per ripristinare le riserve di glicogeno endogeno quando il tempo di recupero è ≥24 h (Burke LM e altri).

Pertanto, quando il tempo disponibile per il recupero è limitato (<8 h), né il glicogeno muscolare né la capacità per il successivo esercizio possono essere completamente ripristinati utilizzando un apporto di questa entità.

In assenza di ingestione di carboidrati durante il periodo di recupero post-esercizio, la risintesi del glicogeno si verifca a un ritmo di ≈2 mmol · kg dm-1· h (Ivy J.L et.al)

Sebbene le conoscenze disponibili dimostrino che ogni carboidrato ingerito in quantità signifcative aumenta notevolmente la risintesi del glicogeno muscolare rispetto alla mancata ingestione e confermano l'idea che l’apporto di carboidrati sia fondamentale per il ripristino del glicogeno muscolare, è però importante considerare che vi sono effetti differenti a seconda della quantità di carboidrati ingeriti.

Infatti, un primo studio intrapreso per esplorare gli effetti di diverse quantità di carboidrati sulla risintesi del glicogeno muscolare durante il recupero a breve termine ha mostrato che l'aumento dell'ingestione di carboidrati da 0,18 grammi per chilogrammo di massa corporea all'ora (g · kg di BM-1 h1) a 0,35 g · kg BM1· h-1 aumenta la velocità di sintesi del glicogeno da 9 a 25 mmol · kg dm1h-1 (Blom P.C., Hostmark A.T 1987), con un effetto che è quindi sopralineare.

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(riadattato da Blom P.C., Hostmark A.T 1987)

Successivamente è stato dimostrato che l'ingestione di carboidrati ad una velocità di 1,2 g · kg di BM· h-1 durante il recupero post-esercizio ha prodotto una risposta sintetica del glicogeno del 260% maggiore (da 17 a 45 mmoli · kg dm-1 h-1) rispetto ad una dose inferiore di 0,8 g · kg di BM· h-1 (Van Loon L.J,2000). Poiché l'ingestione di 1,6 g · kg di BM h-1 di carboidrati non sembra stimolare ulteriormente la risintesi del glicogeno muscolare, la dose di 1,2 g · kg di BM h-1, può essere considerata come la quantità ottimale per massimizzare la rigenerazione del glicogeno muscolare (Howarth K.R, 2009).

(riadattato da Howarth K.R, 2009)

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massimizzare la rigenerazione del glicogeno sia diffcile da accertare, perché può dipendere da un numero di variabili aggiuntive, tra cui il tipo e la tempistica del carboidrato ingerito, lo stato di formazione dei partecipanti e la durata del periodo di recupero post-esercizio, esiste un largo accordo riguardo il fatto che ingerire ≈1,2 g di carboidrati · kg di BM h-1 sia in grado di massimizzare la risintesi del glicogeno muscolare e che i carboidrati aggiuntivi non aumenteranno ulteriormente questa risposta glicogenica.

Oltre l’apporto di carboidrati, due importanti fattori che determinano il tasso di risintesi del glicogeno muscolare sono la captazione del glucosio insulino-mediata da parte delle cellule muscolari e il tipo di carboidrati forniti.

Come tale, l'elevata risposta insulinemica di carboidrati ad alto indice glicemico rispetto ad un basso indice glicemico è implicata nell'accelerare il ripristino del glicogeno muscolare, almeno nella fase acuta (<6 h) di recupero, senza alcun vantaggio distinto in periodi di recupero più lunghi (Kiens B., Raben A.B)

Al contrario, è stato proposto che le differenze nell’accumulo del glicogeno muscolare sono favorite da carboidrati ad elevato indice glicemico e persistono fno a 24 ore (Burke L.M., Collier G.R).

Gli autori di quest'ultimo lavoro hanno postulato che queste differenze possono essere attribuibili al malassorbimento di carboidrati negli alimenti a basso indice glicemico, il che rafforza l'opinione che il tipo di assunzione di carboidrati sia una variabile importante in relazione alla risintesi del glicogeno muscolare.

Da notare, in uno studio Wee et al. hanno dimostrato che un pasto ad alto indice glicemico ingerito 3 ore prima dell'esercizio aumenta il contenuto di glicogeno muscolare in misura maggiore rispetto quando veniva ingerito un pasto isoenergetico a basso indice glicemico.

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e al saccarosio, e viene principalmente riutilizzato per la risintesi del glicogeno epatico e di conseguenza, l'ingestione di fruttosio non stimola la risintesi del glicogeno muscolare nella stessa entità ottenibile con l’ingestione di glucosio o saccarosio, che invece sembra stimolino la risintesi del glicogeno muscolare con una effcienza simile.

Più recentemente, è stato dimostrato che quando ≥1,2 g di carboidrati · kg di BM vengono ingeriti durante il recupero,il glucosio oppure il glucosio + fruttosio, o l'ingestione di glucosio + saccarosio provocano tassi di risintesi del glicogeno muscolare simili.

È interessante notare che queste risposte sono comunemente osservate in presenza di insulinemia variabile, mettendo in discussione l'importanza delle sottili differenze nell'insulinemia quando grandi quantità di carboidrati vengono ingerite come fruttosio più glucosio, rispetto al solo glucosio.

Sarebbe quindi prudente ingerire una miscela di glucosio e fruttosio per fornire una dose ottimale di carboidrati per il ripristino effcace delle riserve di glicogeno sia muscolare che epatico, e ridurre lo stress gastrointestinale in caso di ingestione di grandi quantità di un solo tipo di carboidrati.

Il saccarosio contiene quantità equimolari di glucosio e fruttosio, rendendo questo disaccaride favorevole all'ottimizzazione delle riserve complessive di carboidrati endogeni (glicogeno epatico e muscolare), entrambi i quali si sono dimostrati associati alla capacità di esercizio.

L'ingestione di saccarosio (1,5 g · kg di BM· h-1 ) ha mostrato di accelerare il contenuto di glicogeno nel fegato per 5 ore dopo l'esercizio senza alcun disturbo gastro-intestinale rispetto a una soluzione di glucosio isocalorico.

Inoltre, dati recenti dimostrano che l'ingestione di glucosio + fruttosio ripristina la capacità di compiere esercizio di durata dopo un breve periodo di recupero in modo più effcace rispetto a quando veniva ingerita la stessa quantità di glucosio (Maunder

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E., Podlogar T 2017).

Per ciò che riguarda la forma (solida o liquida) dell'ingestione di carboidrati, non sembra infuenzare il tasso di risintesi del glicogeno muscolare durante il recupero.

Queste osservazioni concordano sul fatto che è improbabile che la risintesi del glicogeno muscolare sia limitata dallo svuotamento gastrico, ma piuttosto da una combinazione di altri fattori, come la quantità di carboidrati, l'assorbimento intestinale e l’immissione in circolo, l'estrazione di glucosio da parte di altri tessuti e la capacità di trasporto del glucosio nel muscolo.

In relazione a questa tesi, è interessante notare che l'assorbimento intestinale del fruttosio si verifca attraverso un trasportatore diverso (proteina trasportatore di glucosio sodio-indipendente 5, GLUT-5) rispetto al glucosio (trasportatore di glucosio sodio-dipendente 1: SGLT1) e quindi il l'ingestione combinata di glucosio + fruttosio o glucosio + saccarosio accelera la consegna complessiva di carboidrati, che può essere una considerazione importante durante il recupero post-esercizio acuto, i n particolare quando vengono ingerite grandi quantità (≥60 g · h-1) di glucosio e quindi saturando SGLT1 (Wallis G.A., Wittekind A).

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2.1.1 Timing Assunzione Carboidrati

E' noto che in seguito a un esercizio aumentano sia il fusso ematico a livello del muscolo scheletrico, sia la sensibilità alla fornitura dei nutrienti, e ciò enfatizza l'importanza dei tempi in cui viene somministrata la fornitura dei carboidrati.

Da un punto di vista storico, i tempi di assunzione dei nutrienti sono stati inizialmente concettualizzati negli anni '70 e '80 con un lavoro che ha esaminato gli effetti causati dall'aumentata assunzione di carboidrati sullo stato del glicogeno e sull'esercizio fsico (Sherman WM, Costill DI)

Ivy e colleghi sono stati uno dei primi gruppi ad illustrare che il timing dei carboidrati può infuenzare i tassi di post-esercizio della risintesi del glicogeno.

In effetti, il tasso di risintesi del glicogeno muscolare è risultato essere ≈25 mmol · kg dm h-1 in 4 ore di recupero, quando i carboidrati sono stati forniti immediatamente dopo l'esercizio, mentre quando la fornitura di carboidrati è stata ritardata di sole 2 ore, è stata segnalata una riduzione considerevole a 14 mmol · kg dm· h-1 nel tasso di risintesi del glicogeno muscolare.

Nel caso in cui si abbia il ritardo di tre ore nell'ingestione di una bevanda con macronutrienti misti, l'assorbimento di glucosio si riduce del 65% rispetto all'ingestione immediata (Levenhagen D.K., Gresham J.D.)

Pertanto, non sarebbe irragionevole postulare che l'effetto del tempo di assunzione dei carboidrati sulla risintesi del glicogeno muscolare sia amplifcato quando il tempo di recupero è più breve, indipendentemente dalla progressiva insulino-resistenza che si verifca più tardi nel recupero. Sarebbe quindi logico consumare carboidrati al termine dell’esercizio, non appena inizia la risintesi del glicogeno muscolare.

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Analogamente agli effetti dell'indice glicemico degli alimenti, durante periodi di recupero più lunghi (24 ore), la frequenza di assunzione di carboidrati non sembra infuenzare la risintesi generale del glicogeno muscolare.

Tuttavia, quando il tempo di recupero è limitato, la frequenza con cui i carboidrati vengono ingeriti può avere un'infuenza: si è visto infatti che quando l’apporto di carboidrati avviene entro intervalli di 15-30 minuti, il tasso di risintesi del glicogeno muscolare è risultato essere circa il 40% più alto rispetto all'integrazione effettuata ogni 2 ore.

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2.2 Co-ingestione carboidrati & proteine

Mentre le strategie relative ai carboidrati sono state le prime a essere esplorate, negli ultimi anni un crescente numero di ricerche hanno esaminato l'effetto di proteine e amminoacidi, con e senza carboidrati, come strategia di temporizzazione dei nutrienti (Cermak NM, Res PT)

Mentre è noto il glucosio è lo stimolo principale per la secrezione di insulina pancreatica, ma altri studi affermano (Floyd J.C., Jr., Fajans) che il rilascio di insulina viene stimolato anche quando individui sani assumono proteine o ricevono una miscela di aminoacidi per via endovenosa.

Gli aminoacidi agiscono in sinergia quando co-assorbiti con carboidrati per potenziare la secrezione di insulina, e l'ingestione orale di una miscela di amminoacidi, in particolare con quantità suffcienti di leucina e di fenilalanina, produce un forte effetto insulinotropo rispetto alle soluzioni a base di carboidrati.

Gli effetti insulinotropici dell'ingestione di proteine sono dovuti non solo allo stimolo diretto delle beta-cellule pancreatiche da parte delle concentrazioni di aminoacidi, ma anche alla stimolazione della secrezione dell'ormone incretina da parte delle cellule enteroendocrine: l'incretina potenzia la secrezione di insulina in condizioni di iperglicemia, e quindi mostra un ruolo importante nella risintesi del glicogeno con la co-ingestione di carboidrati e proteine;

È stato inoltre dimostrato che una frazione proteica idrolizzata fornisce un netto vantaggio nello stimolare il rilascio di insulina rispetto alla sua forma intatta, un’azione principalmente correlata ad un tasso accelerato di digestione e assorbimento e alla conseguente iperaminoacidemia che causa.

Inoltre, la proteina della frazione del siero di latte (whey proteins) è un secretagogo insulinico più potente rispetto alla caseina, un effetto presumibilmente associato al maggiore contenuto di leucina, unito alla sua rapida disponibilità di amminoacidi

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plasmatici.

È stato precedentemente suggerito che l'aumento della quantità di proteine in una miscela di carboidrati e proteine da 0,2 a 0,4 g · kg di BM-1· h-1 può essere associato a una maggiore risposta insulinica, ma ciò è associato soprattutto al contenuto di leucina presente nella proteina in quanto essa è un noto modulatore della secrezione dell'insulina.

In uno studio che ha valutato la frazione proteica del grano (in natura non ricca di leucina), è stata aggiunta una dose di leucina e fenilalanina e dopo l'assunzione la concentrazione di insulina risultava aumentata rispetto all'effetto dato dalla bevanda a base di soli carboidrati (Van Loon L.J., Saris W.H)

In corrispondenza dell’effetto sulla produzione di insulina, l'aggiunta di proteine ai carboidrati durante il recupero accelera la velocità di risintesi del glicogeno muscolare rispetto a un supplemento di soli carboidrati che ne apporta quantità moderate (cioè, ≤0,8 g di carboidrati · kg di BM-1 h-1) (Hara D., Morrison P.J).

Van Loon et al. hanno confrontato una miscela di carboidrati-proteine (0,8 g di carboidrati · kg di BM· h-1 più 0,4 g di proteine/ kg di BM· h-1) contro l'assunzione di soli carboidrati di 0,8 g di carboidrati · kg di BM-· h-1 e 1,2 g di carboidrati · kg di BM· h-1, dimostrando che l'aggiunta di proteine effettivamente aumentava le concentrazioni di insulina e l’accumulo di glicogeno di due volte rispetto al supplemento di soli carboidrati.

Tuttavia, la sostituzione della frazione proteica con energia aggiuntiva sotto forma di carboidrati ha raggiunto risultati simili, senza differenze nella risintesi del glicogeno tra la miscela di carboidrati e proteine e il supplemento di carboidrati isoenergetico (QueVan Loon L.J., Saris W.H)

Questi ultimi risultati dimostrano chiaramente che l'assunzione di carboidrati deve essere maggiore di 0,8 g di carboidrati · kg di BM· h-1 per consentire i tassi massimi

(25)

di risintesi del glicogeno.

Gli studi citati in precedenza hanno esaminato se il tasso di risintesi del glicogeno muscolare ingerendo la dose "ottimale" proposta di carboidrati (1,2 g · kg di BM-1· h-1) possa essere superato con l'aggiunta di proteine / aminoacidi, e nessuno ha riportato un tasso accelerato di risintesi del glicogeno muscolare con co-ingestione di proteine (Van Hall G e altri.)

Diventa evidente che l'ingestione di ≈1,2 g di carboidrati · kg di BM-1· h-1 è in grado di massimizzare il tasso di risintesi del glicogeno muscolare e di stimolare ulteriormente l'insulina, e l'aggiunta di proteine non sembra infuenzare la ricostituzione del glicogeno, ma quando vengono ingerito ≤0,8 g di carboidrati · kg di BM-1· h-1, l'aggiunta di proteine con questa quantità relativamente moderata di carboidrati può aumentare i tassi di risintesi del glicogeno muscolare (Williams M.B., Raven P.B)

Ricapitolando, se l'ingestione di carboidrati è ≤0,8 g · kg BM ·h-1 sembra che dovrebbero essere co-ingestite 0,3-0,4 g · kg di BM · h- di proteine per massimizzare la risintesi del glicogeno muscolare durante il recupero a breve termine.

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Il destino del glucosio dopo l'ingestione di carboidrati e proteine deve essere preso in considerazione per valutare la rilevanza dell'iperinsulinemia durante il recupero post-esercizio sullo smaltimento del glucosio e la successiva incorporazione come carboidrato endogeno.

A questo proposito, è interessante notare che esiste una relazione inversa signifcativa (r= 0,99;p<0,001) tra la quantità di assunzione di proteine e la concentrazione di glucosio nel sangue (Spiller G.A., Jensen C.D.)

In concomitanza, la maggior parte delle indagini sulla co-ingestione di proteine post-esercizio hanno riportato concentrazioni più basse di glucosio nel sangue rispetto a una bevanda a base di soli carboidrati.

Tuttavia, non è ancora chiaro se questa attenuata risposta glicemica sia dovuta a un effetto ritardato del glucosio in circolo o ad un aumentato assorbimento di glucosio da parte del muscolo, ma sebbene sia allettante ipotizzare che i bassi livelli di glucosio con co-ingestione di proteine rifettano un aumentato assorbimento periferico di glucosio dovuto alla stimolazione insulinica, vi sono alcune prove per confutare questa ipotesi in relazione al muscolo e al glicogeno epatico (Wang B., Ding Z.).

Pertanto, mentre l'aggiunta di proteine ai carboidrati ha prodotto un'insulina più alta ≈100-190% e una risposta glucidica inferiore del ≈35-42%, l'andamento della diminuzione del glucosio in circolo calcolato tramite l'impiego di rilevatori continui di glucosio era identico fra la miscele di soli carboidrati e le miscele carbo-proteiche.

Gli autori, tuttavia, hanno notato una riduzione del 12% del glucosio, ipotizzando una minore risposta glucidica data dalle miscele carbo-proteiche, che potrebbero portare ad una immissione ritardata di glucosio nella circolazione sistemica.

Mentre l'effetto ipoglicemico di una miscela di aminoacidi è stato riportato negli esseri umani, rimane da chiarire se questo effetto sia correlato ad un aumento dell'assorbimento di glucosio.

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Un certo numero di possibili meccanismi può essere attribuito all'effetto del ritardato assorbimento del glucosio; mentre uno svuotamento gastrico più lento e / o l'assorbimento intestinale possono contribuire all'aumento glicemico ritardato, è improbabile che l’ingestione di miscele carbo-proteiche possa ridurre la risposta glucidica.

Una spiegazione alternativa sarebbe una soppressione indotta dall'insulina della produzione di glucosio epatico; è infatti noto quando l'insulina viene stimolata a circa 450 pmol / L è in grado di inibire la gluconeogenesi e la glicogenolisi dal 55 al 100%.

La concentrazione di insulina nello studio di Kaastra et al. ha raggiunto 480-700 pmol / L e pertanto si prevede che possa esercitare un effetto inibitorio sulla liberazione di glucosio epatico.

2.2.1 Timing co-assunzione carboidrati e proteine

Un piccolo numero di studi ha esaminato i tempi di ingestione di carboidrati + proteine sulle prestazioni di esercizi pre-endurance e i loro esiti metabolici.

Ivy e colleghi hanno reclutato un gruppo di ciclisti ben allenati che hanno ingerito un 7,75% di carboidrati o un 7,75% di carboidrati + 1,94% (w/v) di soluzione proteica. Quando le proteine sono state aggiunte ai carboidrati, la capacità di condurre un esercizio prolungato è signifcativamente migliorata e la combinazione di carboidrati e proteine ha prodotto prestazioni signifcativamente migliori oltre che una riduzione del danno muscolare.

L'aggiunta di proteine (ai carboidrati) ha dimostrato di aumentare la velocità di recupero del glicogeno quando è disponibile una fnestra di recupero breve, o se sono stati somministrati quantità sub-ottimali di carboidrati, e può anche aiutare a ridurre i sintomi del danno muscolare.

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prima di un allenamento può ostacolare le prestazioni dell'esercizio.

Allo stesso modo, Rustad e colleghi hanno riferito che l'aggiunta di proteine, (0,4 g / kg / ora) a carboidrati (0,8 g / kg / ora) entro 2 ore dal completamento di una fase iniziale dell'attività ciclistica ha portato a un signifcativo aumento delle prestazioni la mattina successiva rispetto all'ingestione dei soli carboidrati, suggerendo quindi un miglior recupero.

Ivy et al. hanno richiesto ai ciclisti di completare un ciclo di esercizio di 2,5 ore (65-75% VO2max) e di consumare una porzione di carboidrati + proteine (80 g di carboidrati + 28 g di proteine + 6 g di grassi) o due diverse dosi (Alto: 108 g di carboidrati + 6 g di grassi o Basso: 80 g di carboidrati + 6 g di grassi) immediatamente dopo e 2 ore dopo aver completato la sessione di allenamento.

Sebbene la tempistica non sia stata specifcatamente studiata, la combinazione di carboidrati e proteine ha portato a un maggiore recupero di glicogeno durante la fnestra temporale di quattro ore impiegata dal gruppo di ricerca.

Berardi et al. in seguito hanno pubblicato due studi simili, che hanno dimostrato che la somministrazione di una combinazione di carboidrati + proteine ha facilitato un maggiore recupero del glicogeno muscolare quando ingerito subito dopo il completamento di un allenamento e prima di un successivo allenamento di endurance.

Howarth e colleghi hanno raggiunto una conclusione simile riguardo all'aggiunta di proteine e hanno esteso questi risultati evidenziando che una dose maggiore di carboidrati (1,6 g / kg / h) non ha ulteriormente promosso la risintesi del glicogeno. Pertanto, sembra anche questi studi confermano che l'aggiunta di proteine aumenti il recupero del glicogeno quando l'ingestione di carboidrati è <1,2 g / kg / h.

Ma le proteine sono maggiormente conosciute nel campo della nutrizione sportiva per essere indispensabili alla costruzione e al recupero della massa muscolare; in merito a ciò, White e colleghi hanno condotto uno studio per esaminare in modo specifco se

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l'ingestione contemporanea di carboidrati e proteine infuenzassero la produzione di forza e i marcatori di danno muscolare.

Per questo studio, 27 partecipanti adulti hanno ingerito una combinazione di placebo non calorici o carboidrati (75 g) + proteine (23 g) 15 minuti prima o 15 minuti dopo un esercizio di forza e hanno rilevato che né le sostanze nutritive stesse, né il loro tempo di assunzione hanno portato a cambiamenti nella forza o nei livelli ematici di marcatori di danno muscolare.

I risultati suggeriscono che i tassi di sintesi delle proteine muscolari (MPS) possono essere acutamente aumentati se una combinazione di carboidrati + proteine viene consumata prima o dopo la sessione di allenamento, ma i cambiamenti nella produzione di forza o il danno muscolare non possono essere infuenzati dall'ingestione temporizzata di una combinazione di carboidrati + proteine.

Uno studio successivo di Bird et al. ha usato un approccio "trifasico" in cui hanno somministrato una combinazione di carboidrati + amminoacidi prima, durante e dopo un singolo esercizio di forza.

I partecipanti hanno anche ingerito un placebo che consisteva in acqua aromatizzata con un dolcifcante non calorico.

I risultati indicano che l’assunzione di nutrienti (rispetto a nessuno) ha fatto aumentare signifcativamente il volume dell'esercizio e ha ridotto concentrazioni di proteine sieriche indicative del danno muscolare.

I ricercatori hanno chiaramente dimostrato che in seguito all'ingestione di un pasto contenente proteine / amminoacidi, i livelli sierici di amminoacidi e le percentuali di sintesi proteica aumentano e rimangono elevati per 3-5 ore a seconda della dimensione del bolo.

Moore e colleghi hanno esaminato le differenze nel turnover e nei tassi di sintesi delle proteine: i partecipanti hanno ingerito con diversi pattern temporali, in un ordine

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randomizzato, una dose totale di 80 g di proteine su un tempo di 12 ore.

Uno dei modelli di alimentazione proteica richiedeva ai partecipanti di consumare, a circa 6 ore di distanza, due dosi da 40 g di proteine come isolati del siero del latte .

Un'altra condizione richiedeva il consumo ogni 3 ore di quattro dosi di 20 g di proteine del siero di latte isolate.

La condizione fnale richiedeva ai partecipanti di assumere otto dosi da 10 g di proteine del siero di latte ogni 90 minuti. I tassi di turnover, sintesi e degradazione, delle proteine muscolari sono stati confrontati e gli autori hanno concluso che il turnover e le velocità di sintesi delle proteine erano maggiori quando le dosi intermedie (20 g) di proteine isolate del siero di latte venivano consumate ogni 3 ore.

Uno studio di follow-up a un anno di distanza dallo stesso gruppo di ricerca ha determinato i tassi di sintesi delle proteine miofbrillari dopo aver randomizzato i partecipanti a tre diversi schemi di ingestione di proteine ed ha esaminato come modifcare il pattern di somministrazione delle proteine infuenzasse i tassi di sintesi dopo un esercizio di potenza;

Sono stati identifcati due risultati chiave: innanzitutto, le percentuali di sintesi delle proteine miofbrillari sono aumentate in tutti e tre i gruppi, in secondo luogo, quando sono state consumate quattro dosi da 20 g di proteine isolate del siero del latte ogni 3 ore per un periodo post-esercizio di 12 ore, si sono verifcati tassi signifcativamente più elevati (rispetto agli altri due modelli di ingestione di proteine) della sintesi delle proteine miofbrillari.

Combinando i risultati di entrambi gli studi, si può concludere che l'ingestione di dosi proteiche intermedie (20 g) consumate ogni 3 ore crea cambiamenti più favorevoli sia nella sintesi di tutto il corpo che nella sintesi delle miofbrille.

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Sebbene entrambi gli studi abbiano impiegato una metodologia a breve termine e altri modelli o dosi siano ancora da esaminare, i risultati fnora disponibili suggeriscono in maniera concorde che il timing o il modello in cui la proteina di alta qualità viene ingerita possa infuire positivamente sul bilancio proteico netto e sui tassi di sintesi proteica miofbrillare. In merito a ciò, un lavoro recente che utilizzava bevande proteiche, consumate 30 minuti prima del sonno e 2 ore dopo l'ultimo pasto (cena), ha identifcato il consumo di proteine pre-sonno come vantaggioso per MPS, recupero muscolare e metabolismo generale in studi sia acuti sia a lungo termine.

Ad esempio, i dati indicano che 30-40 g di proteine della frazione delle caseine ingerite 30 minuti prima del sonno aumentano MPS durante la notte sia in individui giovani che anziani.

Allo stesso modo, 30 g di proteine del siero di latte, 30 g di caseina e 33 g di carboidrati, 30 minuti pre-sonno hanno provocato un elevato tasso di riposo mattutino nei giovani in forma rispetto a un placebo non calorico,

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l'assunzione di nutrienti pre-sonno era simile sia per gli studi con la proteina placebo che per la caseina, mentre sia la proteina associata ai carboidrati che quella del siero di latte hanno prodotto un incremento del quoziente respiratorio rispetto al placebo.

Ciò ci porta a dedurre che le caseine consumate prima del sonno mantengono la lipolisi notturna e l'ossidazione dei grassi. Questa scoperta è stata poi verifcata quando Kinsey et al. hanno progettato uno studio utilizzando la tecnica di microdialisi per misurare le concentrazioni interstiziali di glicerolo durante la notte dal tessuto adiposo addominale sottocutaneo a seguito di 30 g di caseina o di un placebo non calorico aromatizzato in uomini obesi.

Si è concluso che la caseina pre-sonno non ha ridotto la lipolisi durante la notte o l'ossidazione dei grassi.

In accordo con Madzima et al., che hanno confrontato l'ingestione pre-sonno di caseina o carboidrati, anche Kinsey et al. hanno concluso che la caseina pre-sonno non ha causato un'elevazione dell’insulina il mattino successivo insieme a una diminuzione del tasso di fame in una popolazione in sovrappeso.

Degno di nota, l’esercizio fsico precedente il pasto notturno prima del sonno e la combinazione di proteine pre-sonno ed esercizio fsico hanno migliorato il livello dell'insulina dimostrando di ridurre la pressione arteriosa e la rigidità arteriosa nelle giovani donne obese con preipertensione e ipertensione.

Ad oggi, solo due studi che coinvolgono proteine notturne sono stati effettuati per più di quattro settimane.

Snijders et al. hanno assegnato a caso giovani uomini (22 ± 1 anni) all’assunzione di un integratore proteico (27,5 g di caseina proteica, 15 g di carboidrati e 0,1 g di grassi) o di un placebo non calorico ogni notte prima di dormire, completando anche un programma di allenamento aerobico di durata progressiva di 12 settimane (3 volte a settimana).

(33)

Il gruppo che aveva ricevuto l'integratore proteico ogni notte prima del sonno ha avuto maggiori miglioramenti nella massa e forza muscolare nel corso delle 12 settimane.

Pertanto, sembra che il consumo di proteine la sera prima del sonno rappresenti un'altra opportunità che possa infuenzare la composizione corporea o il recupero attraverso l'alimentazione notturna.

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2.2.2 Carboidrati & creatina

La creatina è stata proposta come sostanza in grado di esaltare la

supercompensazione di glicogeno muscolare grazie al suo effetto volumizzatore e idratante sulle cellule muscolari quando venga assunta assieme ai carboidrati (Green et al. 1996).

La creatina ha una dimostrata capacità di aumentare il peso corporeo, senza infuire sull'aumento della massa grassa e, nonostante questo aumento di peso sia stato spesso attribuito alla semplice ritenzione idrica, sembra essere dimostrabile che parte dell'aumento del volume della cellula muscolare sia favorito anche dalla sua azione favorevole sullo accumulo di glicogeno muscolare (Nelson et al.).

E’ tuttavia importante ricordare che l’aumento del glicogeno muscolare comporta di per sé un aumento dell’acqua intracellulare, in quanto un grammo di glicogeno ha la capacità di trattenere circa 3 grammi di acqua; pertanto, parte dell'effetto della creatina sull'aumento di peso sarebbe dovuto all'effetto potenziante sulla sintesi del glicogeno muscolare (Kutz MR, Gunter MJ).

A questo riguardo è stato visto che la creatina monoidrato, quando associata a carboidrati, migliora il ripristino delle riserve di glicogeno in seguito ad esercizi intensi in misura maggiore dei carboidrati assunti da soli (Greenhaff e colleghi).

I soggetti presi in esame da Paul Greenhaff e colleghi consumavano una dieta ad alto contenuto di carboidrati più 20 grammi di creatina, oppure placebo per 6 giorni, e veniva chiesto loro di pedalare su una cyclette al 70% dello sforzo massimale fno ad esaurimento.

La creatina ha portato ad un aumento dei livelli di glicogeno nel muscolo durante tutta la durata dell’esperimento.

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Tabella tratta da https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4974290/

Nello studio di Cribb e Hayes un gruppo di atleti maschi bene allenati hanno ingerito quantità identiche di carboidrati+proteine +creatina e sono stati valutati i cambiamenti di forza, ipertrofa e composizione corporea riscontrando aumenti signifcativi della massa magra, della forza 1RM (1 ripetizione massimale), dell'area trasversale delle fbre muscolari di tipo II e livelli più elevati di creatina e glicogeno muscolare quando gli integratori sono stati consumati immediatamente prima e dopo allenamenti piuttosto che al mattino e alla sera.

Nelson et al. (2001) stabilirono che un aumento delle scorte di creatina muscolare a seguito di una fase di carico di creatina di 20 g per 5 giorni favorisce un sensibile aumento della supercompensazione del glicogeno muscolare rispetto ai periodi precedenti la fase di carico.

Van Loon et al. (2004) hanno confermato la capacità della creatina di aumentare le scorte di glicogeno muscolare mediamente del 18% in più rispetto al placebo, tuttavia hanno notato che questo effetto potenziante durava solo nei primi 6 giorni di carico di creatina (in cui i dosaggi ammontavano a 20 gr/die), mentre durante la fase di mantenimento, con un'assunzione di 2 gr/die, le riserve di glicogeno non venivano mantenute agli stessi elevati livelli.

Gualano et al. (2008) hanno trovato che la supplementazione di creatina, in combinazione con l'esercizio aerobico, era in grado di migliorare la tolleranza al

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glucosio in uomini sedentari sani, senza infuenzare però la sensibilità insulinica;

Sebbene le ricerche sulla funzione favorevole della creatina nell'aumentare l’accumulo di glicogeno siano relativamente limitate, queste osservazioni possono avere importanti implicazioni per gli atleti intenti ad aumentare le riserve di glicogeno muscolare, aumentare l'idratazione e il volume cellulare e favorire la prestazione fsica, che sia essa aerobica o anaerobica.

2.3 Co-ingestione carboidrati & grassi

Agli atleti di endurance viene spesso raccomandato di ingerire un pasto ricco di carboidrati (HCM) il giorno della gara per migliorare la conservazione dei carboidrati. Tuttavia, uno studio di Saltin et al. indica che i livelli di accumulo del glicogeno possono raggiungere il picco dopo il carico di carboidrati, in modo tale che il glicogeno muscolare non possa aumentare ulteriormente nonostante continue somministrazioni di carboidrati, ma al contrario una volta riempite le scorte di glicogeno e raggiunto il massimo livello di stoccaggio, può verifcarsi un aumento della glicemia, con conseguente aumento dell'insulina che, a sua volta, inibisce la mobilizzazione degli acidi grassi liberi (FFA) e potrebbe portare al rapido esaurimento del glicogeno durante l'esercizio, infuenzando negativamente le prestazioni.

Viceversa, l'assunzione di un pasto ricco di grassi (HFM) prima dell'esercizio fsico aumenta i livelli di FFA nel sangue rispetto a quelli derivati dall'ingestione di HCM (Okano G., Sato →.)

L'aumento della concentrazione di FFA nel sangue contribuisce ad aumentare il metabolismo dei lipidi, determinando così come effetto vantaggioso che i livelli di glicogeno muscolare vengono conservati durante l'esercizio di endurance (Vukovich MD, Costill DL).

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conseguenza, a migliorare le prestazioni di endurance.

Ipotizzando che, una volta effettuato il carico di glicogeno, la quantità di glicogeno immagazzinata raggiunga il suo massimo, l'assunzione di un pasto ricco di grassi il giorno della gara, che includa anche carboidrati per sostituire il glicogeno epatico che è stato usato durante il sonno, potrebbe aiutare a migliorare le prestazioni rispetto all'assunzione di un HCM.

Queste ipotesi sono state confermate da uno studio approvato dal comitato etico dell'Università di Fukuoka : i soggetti sono stati alimentati in modo casuale o con un pasto HFM (1007 ± 21 kcal / pasto in calorie totali, 30% carboidrati, 55% di grassi e 15% di proteine) o con un pasto HCM (1007 ± 21 kcal / pasto in calorie totali, il 70% di carboidrati, il 21% di grassi e il 9% di proteine) 4 ore prima di iniziare l'allenamento.

Tre minuti prima del test, i soggetti del gruppo HFM hanno ingerito una gelatina a base di maltodestrina (M: 410 ± 8 kcal), che ha un più alto tasso di assorbimento rispetto al glucosio, o una gelatina placebo (P) da 0 kcal,mentre i soggetti nel gruppo HCM hanno ingerito solo la gelatina placebo (P).

L'assegnazione del soggetto ai gruppi M o P è stata svolta a doppio cieco; ogni soggetto si è allenato fno all'esaurimento a una velocità compresa tra LT (soglia lattato) e OBLA (Onset of Blood Lactate Accumulation, un indice della massima capacità di lavoro aerobico per tempi prolungati) (80,0 ± 1,6% VO2max) o 85% della frequenza respiratoria massima o 80-90% della frequenza cardiaca di riserva (Hearth Reserve Rate, HRR), o scala 6/7dell’esercizio percepito (RPE, Rate Perceived Exertion) come illustrato nella fgura sottostante .

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L a velocità impiegata è stata tale da indurre l'esaurimento del glicogeno, ma non l'accumulo di acido lattico. Durante l'esercizio sono stati prelevati campioni di sangue ogni 15 minuti dal lobo dell'orecchio di ciascun soggetto che sono stati utilizzati per misurare la concentrazione di acido lattico.

Il tempo medio fno all'esaurimento è stato signifcativamente esteso nei soggetti che hanno ingerito HFM + M rispetto a quelli che hanno ingerito HFM + P o HCM + P.

Il tempo fno all'esaurimento per i soggetti che hanno ingerito HFM + P non ha mostrato differenze signifcative rispetto ai soggetti che hanno ingerito HCM + P, ma il tempo di esecuzione di sette su otto soggetti è stato esteso.

Il presente studio indica che dopo 3 giorni di carico di glicogeno, un HFM e la successiva ingestione di una piccola porzione di carboidrati in gelatina prima dell'esercizio aumentano le prestazioni della corsa di endurance degli atleti, considerando questa dieta favorevole al condizionamento fsico degli atleti che si preparano e gareggiano in una maratona.

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Conclusioni

L’alimentazione

è la fonte di nutrimento e sostentamento compatibile con la vita ed uno stato di benessere ottimale per qualsiasi individuo, ma lo è ancora di più per lo

sportivo

.

Per vivere sani ed in forma ci alleniamo, e per allenarci e stare in salute dobbiamo alimentarci adeguatamente.

Alimentazione e allenamento sono un binomio fondamentale per accrescere la performance sportiva ma nonostante ciò si è altrettanto poco consapevoli di quello che può essere un piano alimentare correttamente bilanciato.

Il rischio di un’alimentazione che non supporti la pratica sportiva è quello di incorrere in carenze nutrizionali importanti e di esporsi a danni non indifferenti.

É richiesto un contesto appropriato per prescrivere un determinato approccio da seguire, perché fattori come età, genere, livello di preparazione, stato di

alimentazione precedente, stato dietetico, volume di allenamento, intensità

dell'allenamento, progettazione del programma e tempo prima del prossimo periodo di allenamento o competizione possono infuenzare sia le quantità di assunzione dei macronutrienti sia la tempistica.

Nonostante i numerosi studi, non esiste un approccio universale da applicare ad una tipologia di sport, ma la creazione di un piano personalizzato sull'atleta risulta la miglior strategia.

La priorità dell'atleta dovrebbe essere comunque quella di massimizzare o mantenere livelli ottimali di glicogeno muscolare e epatico cercando di mantenere un equilibrio favorevole con il sistema digestivo ed evitare il consumo di troppo cibo o liquidi prima della competizione che potrebbero infastidire l'atleta e compromettere la

(41)

La prospettiva è di consigliare ad un atleta di seguire qualsiasi strategia che offra la massima praticità o conformità, se non altro per fornire sostanze nutritive vitali indispensabili che possano portare anche solo ad un miglioramento minimo della performance che però può fare la differenza e infuenzare i risultati fnali di una competizione.

L'esercizio prolungato (> 60 - 90 min) di intensità da moderata ad alta (65-80% VO2max) dipende fortemente dalle riserve di carboidrati endogeni e le strategie di tempistica per massimizzare questi depositi (carico di carboidrati o strategie di supercompensazione del glicogeno) hanno dimostrato di facilitare recupero e compensare questi cambiamenti.

L'ingestione rapida di elevate quantità di carboidrati, preferibilmente ad alto indice glicemico (≥ 1,2) per 4-6 ore dopo uno sforzo estenuante è considerata la dose ideale per stimolare rapidamente il reintegro del glicogeno muscolare.

Non risulta necessario assumerne dosi maggiori (1,6 g / kg / h) gr in quanto i carboidrati aggiuntivi non aumenteranno ulteriormente questa risposta glicogenica, ma anzi potrebbero causare picchi glicemici con a seguito episodi di ipoglicemia che andrebbero a rallentare la performance dell'atleta.

L'aggiunta di proteine (0,2-0,5 g / kg / h) ai carboidrati aumenta il tasso di risintesi del glicogeno quando si ingeriscono <1,2 g / kg / h di carboidrati.

Inoltre, la proteina aggiuntiva può minimizzare il danno muscolare, promuovere un equilibrio ormonale favorevole e accelerare il recupero dall'intenso esercizio fsico.

Le strategie nutritive di temporizzazione che comportano il cambiamento della

distribuzione delle dosi proteiche di misura intermedia (20-g ogni 3-4 ore) migliorano i tassi di MPS nel corso della giornata e favoriscono favorevolmente la composizione corporea e le prestazioni fsiche risultati.

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metabolismo mattutino esercitando una minima infuenza sui tassi di lipolisi.

Se consumate entro 30 minuti prima del sonno, possono aumentare i tassi di MPS e migliorare l'ipertrofa muscolare e la forza.

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Bibliografia

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-Biochimica della nutrizione (Davide Barreca, Ersilia Bellocco e Ugo Leuzzi)

-L'alimentazione per lo sportivo (Giacinto A. D. Miggiano)

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