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Asdomar, analisi economico-finanziaria e strategica

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management Corso di laurea specialistica in Strategia Management e Controllo

TESI DI LAUREA

Analisi economico-finanziaria e strategica

Il caso As Do Mar

RELATORE

Prof.ssa Lucia Talarico

CONTRORELATORE Prof. Riccardo Giannetti

Candidato Giovanni Carai

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Indice

Introduzione ... 7

Capitolo Primo ... 10

L’industria del tonno in scatola ... 10

1. L'analisi del settore... 10

1.1. Per una pesca sostenibile ... 15

1.1.1 Le certificazioni internazionali ... 15

1.1.2 L’indagine di Greenpeace ... 18

1.2. Business del tonno: confronto tra Stati Uniti, Europa e Italia ... 21

1.3. Il mercato italiano ... 23

1.3.1 Lo scenario ... 23

1.3.2 Il profilo del consumatore di tonno ... 24

1.3.3 Il lato della domanda ... 25

1.3.4 La segmentazione: il lato dell’offerta... 25

1.3.5 Premium price ... 27

1.3.6 Valore aggiunto ... 29

1.4. Analisi dei principali competitors ... 30

1.4.1 I principali player ... 31

1.4.1.1 Rio Mare ... 31

1.4.1.2 Nostromo ... 33

Capitolo secondo ... 34

2.1 Generale conserve – As Do Mar - Breve storia ... 34

2.2 Vito Gulli Manager-Imprenditore ... 38

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2.4 Analisi dei principali indici ... 48

2.4.1 Analisi Patrimoniale. ... 49

2.4.2 Analisi della redditività ... 50

2.4.3 Indici di finanziamento immobilizzazioni... 53

2.4.4 Indici della struttura finanziaria ... 54

2.4.5 Analisi della Liquidità ... 55

2.4.6 Analisi del circolante... 56

CAPITOLO TERZO ... 58

3.1 Analisi strategica ... 58

3.2 Formula Imprenditoriale ... 60

3.2.1. Formula competitiva e formula aziendale ... 62

3.2.2. La formula competitiva (f.c.) ... 63

3.2.3. La formula aziendale (f.a.) ... 64

3.3 Valutazione della strategia competitiva di Generale Conserve – As Do Mar a partire dalla valutazione dei risultati competitivi ... 65

3.3.1 Risultati dimensione competitiva ... 66

3.3.2 Risultati dimensione reddituale ... 67

3.4 Valutazione della strategia aziendale di Generale Conserve – As Do Mar a partire dalla valutazione dei risultati aziendali ... 70

3.4.1 Risultati dimensione patrimoniale-finanziaria ... 70

3.4.2 Risultati dimensione sociale ... 74

Conclusioni ... 86

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Introduzione

Con questo elaborato ci prefiggiamo l’obiettivo di analizzare dal punto di vista economico, finanziario e strategico l’azienda Generale Conserve s.p.a., che opera nel settore delle conserve ittiche attraverso il marchio As Do Mar.

Lo strumento che verrà utilizzato è quello della Formula Imprenditoriale (F.I.) proposto da Coda e Invernizzi, due Professori di Strategia e politica aziendale all’università Bocconi di Milano, in quanto se la strategia è il disegno che definisce il sistema delle attività aziendali, tale disegno è rappresentabile e valutabile mediante il modella della F.I., che ci premette di apprezzare e analizzare il grado di successo o insuccesso di un’impresa. L’approccio analitico-valutativo proposto in questo elaborato utilizza una piccola parte della ricca strumentazione analitica offerta dalla letteratura in tema di analisi, valutazione e formulazione della strategia e si caratterizza, rispetto ad altre impostazioni, perché si fonda su una rete concettuale piuttosto scarna e propone un ridotto numero di ipotesi guida come strumento di indirizzo delle indagini volte ad individuare i problemi cruciali che la direzione deve affrontare.

Per quanto questo modello possa essere limitato nei suoi strumenti, ci aiuta a capire i percorsi che permettono all’impresa di raggiungere il successo o l’insuccesso aziendale attraverso l’analisi delle dimensioni in cui l’impresa opera: dimensione economica, competitiva e sociale. Per la Generale Conserve la dimensione sociale rappresenta un elemento importante. Tutte le azioni intraprese per svolgere l’attività d’impresa sono influenzate dalla responsabilità sociale, colonna portante del disegno strategico portato avanti dal primo azionista, amministratore e presidente della Generale Conserve, Vito Gulli. La Mission è quella di rendere la responsabilità sociale economicamente sostenibile o conveniente.

Qualità e Rispetto riferiti al lavoro in Italia, e alla sostenibilità nei metodi di pesca del tonno. La sostenibilità è uno dei principi base dell’Azienda che ha fatto dell’etica un elemento strategico, come testimonia la scelta di utilizzare le certificazioni – tra cui Friend of The Sea per la sostenibilità della pesca e SA-8000 per la Responsabilità Sociale – come punto di partenza della propria condotta e non come traguardo.

Per raggiungere lo scopo ho suddiviso l’elaborato in tre capitoli.

Con il primo capitolo si analizza il settore in cui l’azienda opera, facendo un quadro della situazione dell’industria del tonno a livello mondiale, individuando i maggiori produttori,

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e a livello nazionale i principali competitors con cui l’azienda si scontra. Ciò ci permette di capire come l’impresa si posiziona e differenzia rispetto alle altre imprese.

Nel secondo capitolo si analizza l’impresa, la sua storia e i suoi risultati economico finanziari attraverso lo studio del bilancio. L’analisi del bilancio ci aiuta a capire non soltanto i motivi che hanno determinato il risultato economico in esso indicato, ma anche a formulare pareri attendibili sull’evoluzione della gestione futura.

Nel terzo e ultimo capitolo lo scopo è quello di valutare la strategia aziendale utilizzando lo strumento della Formula Imprenditoriale, analizzando le dimensioni e i risultati che l’impresa riesce a raggiungere nelle stesse.

Questa analisi ci permetterà di avere un quadro, per quanto sintetico, del percorso che l’impresa sta affrontando per portare a compimento la sua visione, che è quella di produrre conserve di tonno di qualità e nel rispetto dell’ambiente che la circonda. Però come vedremo il percorso che guida l’impresa nel raggiungimento dell’equilibrio tra le dimensioni, spesso può essere rallentato a causa di fattori esterni e interni che ne determinano una situazione di momentanea instabilità.

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Capitolo Primo

L’industria del tonno in scatola

1. L'analisi del settore

La moderna industria di trasformazione del tonno si è sviluppata a metà degli anni Cinquanta in concomitanza con l'inizio della pesca industriale nei mari tropicali.

Il forte aumento della domanda di conserve di tonno tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta ha portato a un significativo aumento delle navi con pesca a circuizione e, di conseguenza, a uno sviluppo dell'industria conserviera necessaria a processare le grandi quantità di materia prima improvvisamente disponibile.

Attualmente il quantitativo di tonno catturato destinato all'industria conserviera è di circa tre milioni di tonnellate all'anno pescate con due metodi: le reti a circuizione impiegate principalmente nella cattura dello Skipjack e del Yellowfin e i pescherecci con palamiti utilizzati specificamente per la pesca dell'Albacore. Allo stato attuale ci sono 580 navi a scala industriale con reti a circuizione che stanno pescando il tonno nei vari oceani del mondo, di cui circa 480 nell'Oceano Pacifico, 55 nell'Oceano Indiano e 40 nell'Oceano Atlantico.

Si stima che le catture annuali di queste flotte siano di 2.800.000 tonnellate, pari a circa il 70% del tonno globalmente pescato (4,2 milioni di tonnellate nel 2009). L'Oceano Pacifico, come intuibile dal numero di pescherecci presenti nei suoi mari, fornisce la maggior parte della materia prima per la produzione delle conserve di tonno.

Contestualmente la classifica dei principali produttori di tonno in scatola è cambiata notevolmente nel corso degli ultimi 20-30 anni.

Se gli Stati Uniti, l’Unione Europea (Spagna e Italia in testa) e il Giappone sono stati i produttori dominanti fino alla fine degli anni Settanta, dal 1980 la Tailandia è

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diventata il motore dell'industria della lavorazione del tonno, e al momento trasforma circa un quarto della produzione mondiale (736.000 tonnellate all'anno).

Il secondo maggiore produttore è l'Ecuador con il 12% del totale globale annuo (362.400 tonnellate). Gli Stati Uniti che storicamente sono stati i produttori più importanti fino a trent’anni fa, ora sono scesi al sesto posto a causa della chiusura di molte sedi e della delocalizzazione industriale in località come Porto Rico e le Isole Samoa Americane.

Tra le variabili che influenzano la competitività dell'industria di lavorazione del tonno c'è, tra tutte, l'accesso a manodopera a basso costo; questo è stato un elemento importante per la contrazione della produzione europea e americana, ma che, per esempio, in Tailandia ed Ecuador non ha influito allo stesso modo, nonostante il costo della lavorazione per tonnellata sia maggiore in questi paesi rispetto ad altri paesi emergenti come Cina e Vietnam.

Altri fattori come le economie di scala e un accesso privilegiato ai mercati europei e americani, mantengono per ora, questi due stati ai vertici della produzione globale.

Tra il 2000 e il 2009 la Tailandia ha quasi raddoppiato la sua esportazione agli stati dell'Unione Europea e le Filippine l'hanno aumentata del 23% nello stesso periodo1.

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Top ten dei paesi produttori di tonno nel Mondo nel 2013

Fonte: ISMEA

Nel 1979 le importazioni mondiali totali di tonno in scatola sono state di 111.000 tonnellate per un valore di 300 milioni di dollari americani, ma nel 2007 erano aumentate di ben dieci volte, sia per volume che per valore, fino a 1,13 milioni di tonnellate di tonno in scatola equivalenti a 3,86 miliardi di dollari americani. Nel 2008 il consumo globale complessivo è stato stimato in 256 milioni di scatole per un valore di 7,5 miliardi di dollari.

I principali mercati per il tonno in scatola sono attualmente l'Unione Europea, gli Stati Uniti e il Giappone, ma questi equilibri stanno mutando. Infatti, qui i consumi sono stabili e addirittura, per ciò che concerne il Giappone, in leggero declino. I potenziali nuovi consumatori di tonno in scatola saranno probabilmente l'America Latina, il Medio Oriente, l'Est Europa e il Sud Africa. In Cina, invece, è improbabile l'instaurazione di un significativo mercato del tonno in scatola in quanto il consumatore cinese ha una forte predilezione per il consumo del pesce fresco e le conserve di pesce non sono né molto conosciute, né apprezzate.

Luogo di produzione Produzione annua (t)* % Globale della produzione annua 1 Tailandia 736.000 24.1 2 Equador 362.400 11.9 3 Filippine 225.000 7.4 4 Spagna 220.000 7.2 5 Messico 186.000 6.1

6 Samoa Americane (US) 132.000 4.3

7 Corea 110.000 3.6

8 Italia 108.000 3.5

9 Maurithius 90.000 2.9

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Consumo totale di tonno in scatola mondiale per regione geografica nel 2008

Regione/Paese Volume dei consumi - n° scatole (milioni)

Volume dei consumi - pesce intero (t) 1 Europa 76 950.000 2 Stati Uniti 48 600.000 3 Asia 38 475.000 4 America Latina 35 437.000 5 Medio Oriente 16 200.000 6 Australia Nuova Zelanda 8 100.000 7 Africa 7 87.500 8 Europa dell’Est 4 50.000 9 Altri 19 237.000 Fonte: ISMEA

Una distinzione tra i mercati del tonno conservato può essere fatta in base al rapporto qualità/prezzo preferito dai consumatori: i mercati di Stati Uniti, Medio Oriente, Germania e Regno Unito prediligono prezzi bassi e bassa qualità, mentre Spagna, Italia, Francia, Giappone e Australia chiedono prodotti di maggiore qualità e sono disposti a pagare prezzi più alti.

Nel mercato del tonno ci sono anche molti altri fattori che possono influenzare la domanda, come ad esempio: la disponibilità di fonti proteiche alternative, problemi di sicurezza alimentare, le preoccupazioni per la sostenibilità, e in particolare quella ambientale, o per la salute/dieta (ricerca di prodotti a basso contenuto di grassi o ad alto contenuto proteico), barriere commerciali (cioè regimi tariffari), i tassi di cambio e la condizione economica nazionale e globale.

Quando cominciò la pesca industriale, nel 1950, la quantità di tonno totale pescato era di circa 500.000 tonnellate annue; è significativo notare che tra il 2006 ed il 2009 - anni in cui la pesca raggiunse livelli massimi - si sono toccate quantità superiori a 4.500.000 tonnellate, per poi tornare a livelli di poco più di 4.000.000 di tonnellate nel 2013.

Come è facile notare la pressione sulla popolazione dei tonni è aumentata in maniera incredibile soprattutto nell’ultimo decennio. Le catture sono state costantemente in ascesa fino ai primi anni duemila per poi stabilizzarsi. Questa stabilità è da attribuire

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al costante aumento delle catture della specie Skipjack, che hanno compensato la diminuzione degli stock di Yellowfin e Bigeye.

I metodi di pesca utilizzati per queste catture sono stati i seguenti: il 62% con reti a circuizione, 13% con palamite, 11% con pesca a canna, 5% con reti da posta e 9% di attrezzature varie.

Il costante sviluppo delle tecnologie legate alla pesca, abbinato allo sfruttamento selvaggio, hanno portato ad incredibili livelli di catture.

L’assestamento di quest’ultime intorno ai 4.000.000 di tonnellate annue negli ultimi quattro anni non è ascrivibile al rispetto delle normative per la sostenibilità e la pesca responsabile, e risulta in un'innegabile diminuzione del tonno disponibile.

Questo destino è condiviso anche da altre specie ittiche, a conferma del fatto che lo stato di sovra sfruttamento dei mari è ormai cronico. Un celebre caso di modifica irreversibile della fauna ittica, che però sembra non funzionare da deterrente, è quello dei merluzzi di Newfoundland. In quest'area, fin dal 1800, sono state sfruttate a pieno le risorse ittiche, fino a giungere alle incredibili quantità di merluzzo pescate nel 1968, ossia a 810.000 tonnellate catturate con reti a strascico. I governi canadese e americano furono sordi agli appelli delle autorità scientifiche, le quali attestata la progressiva diminuzione delle catture sul lungo periodo, misero in guardia le autorità competenti rispetto alla possibilità di una totale estinzione di quella particolare popolazione ittica.

A una successiva presa di coscienza da parte degli organi preposti, e rispetto ai tardivi tentativi dei governi di imporre limiti alla pesca, si opposero fortemente le comunità di pescatori che traevano il loro sostentamento da quella pratica non sostenibile. Il risultato fu l’estinzione del merluzzo in quelle aree, che a dispetto della comune convinzione secondo cui il mare sia sempre in grado di rigenerarsi, non tornò mai più. Nel caso dei tonni, si registra già un precedente simile: la sparizione del Bluefin dal Mar Nero, antico luogo di riproduzione di questa specie, citato già in tempi antichi anche da Aristotele.

Qui, per mano di moderni pescherecci e dell’inquinamento, si è vista la fine di millenni di tradizione: dal 1985, infatti, non ci sono più tonni rossi in queste acque.

In generale, possiamo affermare che tra il 1954 e il 2006 le popolazioni di tonno sono diminuite in media del 60%.

La mortalità dovuta alla pesca è aumentata costantemente; ora ogni anno si cattura circa il 12,5% dei tonni presenti in tutti gli oceani. L’eccessiva capacità di pesca ne sta mettendo a repentaglio la sostenibilità a lungo termine.

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In passato gli uomini hanno sempre sfruttato marginalmente gli ecosistemi pelagici, ma il progresso tecnologico degli ultimi cinquant’anni ha permesso alla pesca di espandersi anche in mare aperto, permettendo la caccia di popolazioni ittiche che fino a allora erano rimaste relativamente intatte. Questi grandi predatori pelagici foraggiano e sostengono alcuni dei più grandi e preziosi mercati nel mondo. Inoltre, sostengono sia l’industria che i sistemi artigianali, le quali in totale coprono circa il 5% del pescato mondiale. Data l’importanza sociale, economica ed ecologica del tonno ci si potrebbe aspettare che lo stato di salute degli stock sia ben monitorato e compreso, ma non è così. Infatti, la produttività del tonno è in declino e nelle attuali stime le popolazioni sono inferiori rispetto al passato a causa, in parte, della grande cattura di esemplari non maturi e della sempre maggiore capacità di pesca delle reti a circuizione che hanno diminuito sempre più il potenziale di rendimento dell’attività. Molti di questi problemi si potrebbero alleviare se si desse più ascolto alle organizzazioni di gestione della pesca, piuttosto che affidarsi a una normativa inefficace troppo assoggettata alle leggi del commercio che presuppongono il sovra-sfruttamento dell'ecosistema.

1.1. Per una pesca sostenibile

1.1.1 Le certificazioni internazionali

L’impiego persistente di pratiche di pesca e acquacoltura non sostenibili causa impatti ambientali devastanti. Ciò è ormai noto all’opinione pubblica e oggi chi acquista pesce si preoccupa della ripercussione del proprio gesto sull’ambiente.

Inoltre, cresce l’attenzione del consumatore per la qualità e la sostenibilità dei prodotti, in particolare vengono ricercate le informazioni sulla filiera.

Questa crescente consapevolezza offre nuove opportunità alle aziende. Rispettare criteri per una pesca sostenibile è diventato fondamentale e comunicarlo ai clienti è ugualmente importante. La certificazione è lo strumento idoneo, perché consente di farlo in modo oggettivo e verificabile.

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Le due certificazioni più importanti che riguardano una pesca al tonno sostenibile sono nate grazie alla Earth Island Institute, un’organizzazione non governativa no profit internazionale con sede negli Stati Uniti.

Questa organizzazione ha promosso negli ultimi anni due importanti progetti. - Dolphin-Safe: programma che, fin dagli anni ’90, monitorizza le aziende del tonno in tutto il mondo e assicura che venga pescato con metodi che non danneggino i delfini. Questo programma è rispettato da più del 90% delle aziende e dal 2005 la Commissione dell’Unione Europea ha riconosciuto il marchio come standard internazionale e in paesi come Germania e Svizzera è diventato addirittura obbligatorio.

- Friend of the Sea: nasce nel 2006 dal successo ottenuto dal Dolphin-Safe e si propone come obiettivo la conservazione e la tutela dell’habitat marino. Ora Friend of the Sea è uno schema di certificazione internazionale per prodotti provenienti sia da attività di pesca che da acquacoltura. I prodotti certificati provengono da ogni parte del mondo, e includono le specie più commercializzate, mangimi e prodotti Omega 3 a base di olio di pesce. Tutti i prodotti e la loro origine sono controllati da agenzie di certificazione internazionali indipendenti, secondo i rigidi criteri di sostenibilità stabiliti da Friend of the Sea. Friend of the Sea applica i criteri stabiliti dalla FAO nelle Linee Guida per i prodotti ittici. In particolare, possono essere certificati solo pesci provenienti da stock che non sono sovra-sfruttati (Art. 30 FAO).

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- Un’altra importante fondazione che lavora sulla sostenibilità degli stock di tonno è la già nominata ISSF (International Seafood Sostainability Foundation), l’organizzazione globale no profit fondata nel 2009 che riunisce al suo interno i più autorevoli esponenti della comunità scientifica internazionale, le aziende leader dell’industria del tonno e il WWF. La missione è quella di intraprendere iniziative basate sulla scienza per la conservazione a lungo termine e lo sfruttamento sostenibile degli stock di tonno riducendo le catture accidentali e mantenendo la salute dell’ecosistema.

Alcune grandi aziende produttrici di tonno sembrano aver intrapreso questo percorso. La Thai Union Frozen, attraverso MV Brands (Mare Aperto) sta investendo in una nuova linea di produzione appoggiata da Greenpeace e Legambiente che si basa sulla pesca a canna e quindi, diretta alla produzione di tonno ecosostenibile. In questo momento, infatti, il mercato mondiale del tonno in scatola è dominato dalla pesca a circuizione su FAD e solo un 4% proviene dalla pesca a canna. Anche Bolton (Rio Mare), la Generale Conserve (As do Mar) e la Cofaco Açores (Bom Petisco), che fanno parte di Friend of the Sea, hanno dichiarato l’intenzione di promuovere questi intenti di eco-sostenibilità. Purtroppo, in Italia, pur avendone la volontà, non si potrebbe acquistare questo tonno: infatti, la grande distribuzione italiana ne ha rifiutato la commercializzazione, sostenendo che questo prodotto, oltre a costare un 20-30% in più degli altri, non incontrerebbe il gusto degli italiani - la pesca a canna sostenibile è quasi totalmente rivolta allo Skipjack, che ha colore, consistenza e gusto differenti dallo Yellowfin a cui siamo abituati. Si tratta comunque di un percorso appena iniziato e molta strada dev’essere ancora fatta. Sicuramente un elemento importante per accelerare questo processo è il consumatore finale che, con le sue scelte davanti allo scaffale del supermercato, può orientare i mercati nell’una o nell’altra direzione.

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1.1.2 L’indagine di Greenpeace

Greenpeace ha svolto un’indagine sulle più importanti aziende del settore del tonno in scatola in Italia, prendendo in considerazione 14 marchi, che insieme coprono più dell’80% del nostro mercato.

Le informazioni sono state raccolte attraverso:

- un rilevamento effettuato dai nostri volontari italiani nei principali supermercati; - un questionario a punti preparato da Greenpeace e inviato alle aziende;

- consultando le informazioni disponibili sui siti internet delle compagnie.

Tra settembre e ottobre 2011 i volontari di Greenpeace hanno visitato 173 punti vendita in 70 diverse città su tutto il territorio nazionale, raccogliendo le informazioni presenti su più di 2.000 scatolette. A novembre 2011 è stato inviato alle aziende il questionario per l’aggiornamento della classifica. Ricevute le risposte, Greenpeace le ha analizzate e ha rinviato alle aziende una richiesta di chiarimenti. Nei mesi successivi Greenpeace ha tenuto una corrispondenza con le aziende e registrato eventuali cambiamenti e passi avanti. Il questionario di Greenpeace è stato preparato in modo da valutare l’impegno delle aziende verso la sostenibilità in base a precisi criteri2.

Le sezioni del questionario riguardano:

- La tracciabilità: l’azienda fornisce precise informazioni riguardo ai propri prodotti (come per esempio l’area dove il tonno è stato pescato, l’attrezzo di pesca utilizzato, il nome del peschereccio, il porto di sbarco, etc.) e garantisce che la materia prima non provenga dalla pesca illegale;

- La presenza di una politica scritta per l’approvvigionamento sostenibile (SSPP): l’azienda ha adottato una politica d’acquisto con precisi criteri di sostenibilità ambientale e sociale, che garantiscano ai consumatori l’acquisto di tonno catturato senza causare danni all’ecosistema marino e ai Paesi costieri (si è, inoltre, considerato se tale politica è disponibile al pubblico e se vi sono precisi processi decisionali per l’acquisto); - Criteri di sostenibilità ambientale per escludere il ‘peggio’: esistono precise scelte da parte dell’azienda per evitare che il tonno provenga da stock sovra-sfruttati o che sia stato pescato usando metodi di pesca non selettivi, che causano un alto numero di catture accessorie e impatti negativi su popolazioni di animali marini (metodo di pesca e

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stock). Si è, inoltre, valutato l’impegno contro la pesca illegale, eliminando pratiche che favoriscono la pesca pirata;

- Criteri di sostenibilità sociale nella commercializzazione del tonno: l’azienda utilizza in parte della propria produzione tonno pescato da flotte locali, o da flotte straniere che operano in maniera responsabile, o in parte lavorato nei paesi costieri delle aree di pesca;

- La promozione di una pesca al tonno sostenibile e equa: l’azienda lavora con i fornitori e contribuisce a processi politici per migliorare la gestione della pesca e promuovere la creazione di riserve marine;

- L’etichettatura: sulle etichette l’azienda fornisce ai propri consumatori precise informazioni sull’origine del prodotto (quali nome della specie, provenienza, metodo di pesca, ecc.);

- Il monitoraggio della propria politica: l’azienda ha adottato procedure interne per assicurarsi che la sua politica sia pienamente implementata e sensibilizza i consumatori sul problema della sostenibilità della pesca.

In base al punteggio ottenuto nel questionario è stato calcolato un Indice di performance aziendale (con una scala da 0 a 10), utilizzato per realizzare la classifica “Rompiscatole”.

I punteggi sono stati divisi come segue:

- tra 0 e 3.9, corrispondente al colore rosso, la nota “non ci siamo”; - tra 4 e 6.9, corrispondente al colore arancio, la nota “non è abbastanza”; - tra 7 e 10, corrispondente al colore verde, un convinto “bene!”.

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1.2. Business del tonno: confronto tra Stati Uniti, Europa e Italia

Negli Stati Uniti del business del tonno si parla parecchio da almeno vent’anni anche se ne viene consumato molto meno che in Italia. Un lungo articolo del Washington Post ha raccontato la storia del lento declino del mercato del tonno negli Stati Uniti.

Nel 2010 gli americani hanno mangiato in media 900 grammi di tonno in scatola: la stessa quota che ne consumavano quarant’anni fa. Dopo essere cresciuto ininterrottamente per più di sessant’anni, all’inizio degli anni Novanta il consumo di tonno in scatola ha cominciato a declinare. Dal record del 1989, quando gli americani ne mangiavano in media 1,7 chili all’anno, il consumo si è praticamente dimezzato. Il declino del tonno in scatola negli Stati Uniti è coinciso con alcune delle campagne ambientaliste più efficaci della storia recente, come vedremo più nel dettaglio più avanti, che raggiunsero lo scopo di infliggere un pesante attacco all’industria del tonno e avere come conseguenza immediata l’aumento dei prezzi della materia prima.

Tanto negli Stati Uniti, quanto in Italia (come vedremo tra poco), le riserve di tonno nei mari a portata di mano si sono fatte negli anni sempre più ridotte ed è diventato necessario importarlo da mari sempre più lontani (e a un prezzo sempre più alto). Intanto la crescita economica nei paesi dell’Asia orientale ha fatto aumentare la domanda e visto che l’offerta è persino diminuita, i prezzi sono continuamente aumentati: oggi il tonno costa più del salmone sul mercato delle materie prime. Il risultato è che in vent’anni il consumo di tonno negli Stati Uniti si è quasi dimezzato e i produttori non hanno molte speranze di invertire il trend. Secondo le previsioni, le vendite totali di tonno caleranno ancora del 3% entro il 2018.

In Italia e nel resto d’Europa le cose stanno diversamente. Non solo negli ultimi anni il consumo di tonno è rimasto stabile, ma in alcuni casi è persino aumentato. Se nel 1999-2001 in Italia si consumavano circa 2 chili di tonno l’anno a testa, dieci anni dopo il consumo pro capite è salito a 2,2.

L’Unione Europea è il più grande mercato di tonno in scatola e assorbe da sola più del cinquanta per cento della produzione mondiale. Se poi guardiamo ai singoli mercati europei, il mercato più grande è quello italiano con circa 120 mila tonnellate di tonno acquistate ogni anno (anche se nel corso del 2013 c’è stata una lieve flessione). Quindi, mentre negli Stati Uniti crescevano le critiche contro il consumo di tonno (dovute

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agli alti livelli di mercurio scoperti nelle scatolette) e mentre i prezzi della materia prima continuavano ad aumentare, in Italia il consumo è persino aumentato.

Come possiamo spiegare questo trend?

I motivi principali riguardano le abitudini e la cultura; infatti, negli Stati Uniti circa due terzi del tonno in scatola vengono utilizzati per preparare sandwich in cui il tonno è mescolato con salse dal sapore molto marcato. Per questo tipo di consumo, gli inscatolatori americani pensarono che non fosse necessario un tonno di alta qualità e questo permise loro di tenere i prezzi estremamente bassi. Fino a pochi anni fa una scatoletta da ottanta grammi di tonno costava mezzo dollaro, circa 30 centesimi di euro. Aprendo una di questa scatolette, chiamate light o white meat tuna in water, un consumatore abituato al tonno italiano rimarrebbe molto stupito. Non c’è traccia della struttura muscolare del tonno che si può trovare nei prodotti di gamma medio-alta in Italia (quelle fessure che secondo una famosa pubblicità ‘si tagliano con un grissino’). Nelle scatolette americane, invece, sono presenti diversi tipi di tonno suddivisi in pezzi piuttosto piccoli che galleggiano in acqua o olio di soia.

Il tonno statunitense ha un basso “valore aggiunto”: non è un prodotto ricercato né lavorato con particolare cura. Gran parte del costo del prodotto, quindi, deriva dal prezzo della materia prima. Questo permette di tenere i prezzi bassi, ma rende il tonno in scatola americano molto suscettibile alle fluttuazioni del prezzo del tonno pescato.

In Italia, dove la materia prima incide per circa il 40 per cento nei prodotti normali e per il 15-20 per cento nei prodotti premium, l’aumento dei prezzi del tonno non incide così tanto sul prezzo che paga il consumatore finale. Negli Stati Uniti il tonno costa troppo poco ed è di qualità molto bassa: quando il costo della materia prima aumenta, anche il prezzo del tonno cresce e a quel punto non è più conveniente acquistarlo. Questa situazione si riflette anche nel tipo di tonno che viene inscatolato: negli Stati Uniti e nell’Europa del nord si usa soprattutto il tonno striato, più economico e di minore qualità, mentre in Italia e nel resto dell’Europa meridionale si utilizza più spesso il pinna gialla, più costoso e di qualità superiore. Questa differenza deriva anche dall’uso che si fa del tonno. In Italia spesso si usa come unico condimento di una pasta, oppure come pezzo forte in un’insalata mangiata in pausa pranzo, due alimenti in cui si nota facilmente se il tonno non è di buona qualità.

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Un altro motivo all’origine della differenziazione del trend di mercato è da ricercarsi, probabilmente nel fatto che in Italia le campagne aggressive contro il tonno non hanno avuto il successo che hanno avuto negli Stati Uniti. Il declino del tonno in scatola negli Stati Uniti è coinciso, come si è già accennato sopra, con alcune delle campagne ambientaliste più efficaci della storia recente.

Nel 1970 un professore di chimica dell’università di New York scoprì che in alcune scatolette di tonno c’erano livelli di mercurio pericolosi. Quello stesso anno, la Food and Drug Administration (l’agenzia del governo americano che si occupa della sicurezza alimentare e dei farmaci) ritirò dal commercio un milione di scatolette. Negli anni successivi il governo americano perse interesse nella questione e la soglia accettabile di mercurio venne innalzata. Ma la campagna iniziata dalla FDA venne proseguita da numerose associazioni ambientaliste che presero di mira specifiche aziende con campagne aggressive di boicottaggio. Presto, dopo gli allarmi sul mercurio, gli ambientalisti cominciarono ad accusare gli inscatolatori di comprare tonno da fornitori che durante la pesca uccidevano anche delfini (un problema che, negli ultimi quindici anni, è praticamente scomparso). Questi due attacchi al tonno si dispiegarono contemporaneamente a un aumento dei prezzi della materia prima.

1.3. Il mercato italiano

1.3.1 Lo scenario

La crisi economica se da un lato favorisce il consumo di un alimento tutto sommato economico, come dimostra il trend positivo delle vendite, dall’altro può frenare lo sviluppo di segmenti meno tradizionali come i ricettati.

L’Italia è uno dei più importanti mercati europei per il tonno in scatola e il secondo più grande produttore in Europa.

Un'indagine Doxa commissionata dall'Ancit - Associazione nazionale conservieri ittici - ha fotografato il vissuto e la conoscenza degli italiani rispetto a un prodotto presente nel 94% delle nostre case: circa un italiano su due lo mangia ogni settimana, soprattutto in estate quando si registra il picco dei consumi.

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In realtà il 2013 è stato un anno in chiaroscuro per uno dei comparti più strategici per l'alimentare italiano: secondo le elaborazioni dell'Ancit su dati Istat, il valore del settore del tonno in scatola è stato di 1,1 miliardi di euro, in sostanziale stabilità rispetto all'anno precedente. La produzione si è attestata a 69mila tonnellate, in crescita del 3,7% rispetto al 2012, mentre i consumi da parte degli italiani hanno toccato le 137.400 tonnellate (-2,5% rispetto al 2012) pari a circa 2,2 kg pro capite. Nello stesso arco di tempo le esportazioni hanno raggiunto quota 18.162 tonnellate (+1,2%), confermando un crescente interesse per il nostro prodotto all'estero, mentre le importazioni si sono attestate a 83.479 tonnellate (-2,1%).

Questi dati confermano l'Italia come uno dei più importanti mercati al mondo per il consumo di questo alimento e che valgono la posizione di secondo produttore europeo, appena dietro la Spagna.

Il tonno in scatola rappresenta il segmento più importante delle conserve ittiche, con circa l’88% in volume e l’81% in valore del business sviluppato da questo comparto nella distribuzione moderna.

1.3.2 Il profilo del consumatore di tonno

Il prezzo di acquisto è il driver principale nella scelta allo scaffale

Le modalità d’acquisto del tonno sono tipiche di un prodotto che ha una buona frequenza di utilizzo e per il quale il prezzo rappresenta un criterio fondamentale per molti consumatori. La maggior parte degli acquirenti segna nella lista della spesa non tanto la marca quanto il nome della categoria e sceglie in base al prezzo e alle promozioni in corso, essendo il tonno vissuto come prodotto banalizzato e indifferenziato. È difficile fare innovazioni se non cercando di differenziarsi sul piano qualitativo. La fedeltà alla marca è bassa, le promozioni e in particolare i tagli prezzo che arrivano anche al 30-40% rendono le marche interscambiabili, anche se alla fine il fatto che tutti i brand significativi a rotazione siano in promozione (sugli scaffali è sempre presente almeno una marca in promozione) rende i rapporti di forza piuttosto stabili.

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1.3.3 Il lato della domanda

Secondo un’analisi condotta da Rio Mare, i consumatori di tonno si possono dividere in quattro grandi categorie3:

a) Consumatori attenti alla qualità del prodotto, ovvero coloro che utilizzano il tonno come piatto unico o per ricette basiche, per le quali il gusto del prodotto deve fare la differenza. Per questo motivo si rivolgono alla marca leader o ai prodotti premium, ricercando il gusto.

b) Consumatori salutisti: attenti ai principi nutrizionali e alla linea, che quindi rivolgono la loro attenzione al tonno naturale.

c) Consumatori che vedono il tonno come un ingrediente per ricette elaborate; per questi consumatori il gusto del tonno non emerge, e quindi sono molto sensibili al prezzo e si rivolgono principalmente alle private label e ai primi prezzi, così come alle promozioni.

d) Consumatori attenti alla componente di servizio che utilizzano prodotti ‘convenience’ per risparmiare tempo in cucina da destinare ad altre attività.

Tale distinzione diventa fondamentale per aziende che da sempre hanno impostato le proprie politiche di comunicazione secondo un approccio consumer oriented, rivolgendosi a diverse tipologie di consumatori con un’adeguata differenziazione dell’offerta di prodotti.

1.3.4 La segmentazione: il lato dell’offerta

Considerando il settore nella sua completezza si possono rilevare due mercati distinti, all’interno dei quali le firme si muovono applicando politiche di premium price o promozionali.

a) Uno detto ‘routinario’, che fa affidamento su un acquisto quasi quotidiano dove i consumatori ricercano un prodotto a basso costo, nutriente e facile da abbinare, il quale è suddiviso in vari segmenti:

3 La forza del brand Rio Mare - My LIUC - Corso di Pricing & Costing 2012/2013 - Prof.

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- tonno all’olio d’oliva (78%) - tonno al naturale (12%) - filetti (4%)

- composto (6%)

b) L'altro segmento di mercato è invece relativo ai prodotti di alta gamma, con una valenza che si avvicina all'area delle specialità gastronomiche e degli alimenti così detti top class.

Infine, un’ulteriore segmentazione riguarda l’imballo. Il confezionamento del tonno in scatola non prevede delle quantità standard; infatti, sugli scaffali dei supermercati si trovano scatolette di grammature variabili dagli 80 grammi (monoporzione) a salire, raccolte in confezioni da due, tre, fino a sei scatole. Inoltre, alcuni marchi che operano nel settore premium confezionano i prodotti in vasetti di vetro, offrendo pezzi e tagli di maggior pregio, come filetti e ventresca, a prezzi maggiori.

Negli ultimi anni il vetro è stato al centro delle politiche di assortimento della distribuzione moderna che ha ampliato l’offerta a scaffale, con uno spostamento verso la fascia medio-alta del mercato. È difficile e lo sarà anche in futuro operare innovazioni radicali. Il tonno in busta per esempio (che comprende prodotti ad alto contenuto di servizio con funzione di snack o di ingrediente) è rimasto una nicchia marginale in forte decremento

La categoria tonno, infatti, rientra in quelle caratterizzate dalla ‘caccia all’affare’, modalità sostenuta dall’elevata pressione promozionale, generalizzata a tutti i maggiori player e che nel caso del tonno sott’olio arriva per alcuni attori anche al 40-50% delle vendite in valore. Aumenta la volatilità dei prezzi della materia prima, da un lato, e dall'altro le promozioni si fanno sempre più battenti, tanto che il livello di pressione promozionale ha quasi raggiunto il 50 per cento. Il risultato? Una pericolosa mancanza di margine per i produttori. "I problemi principali del settore - commenta Angela Neglia, direttore commerciale della Giacinto Callipo Conserve Alimentari - riguardano la reperibilità della materia prima, in particolare la carenza di pescato che causa l'instabilità dei prezzi, a cui si deve unire una pezzatura del pesce sempre più piccola4.

Dal lato della distribuzione, invece, c'è una maggiore attenzione al marchio commerciale e una concentrazione delle promozioni solo su prodotti alto-vendenti a

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discapito dei prodotti di nicchia e di quelli a media rotazione. La maggior parte delle vendite è realizzata nel corso delle attività promozionali". "Siamo ormai di fronte a una vera e propria guerra sui prezzi - assicura Gianluca Cevenini, direttore commerciale di Nostromo - in un contesto in cui è sempre più forte la competizione orizzontale fra le varie catene della distribuzione. Le uniche opportunità che intravediamo per il futuro sono legate alla diversificazione, puntando su altre categorie con maggior valore aggiunto e a una maggiore qualità delle attività promozionali". Se le conserve ittiche sono attualmente considerate dal trade una categoria importante ma 'da traffico', dunque, nei prossimi anni il loro posizionamento dovrà necessariamente essere più incentrato sul valore aggiunto e sul contenuto di servizio offerto dai prodotti, piuttosto che sul prezzo, per provare a togliersi di dosso la casacca di commodity.

1.3.5 Premium price

Da questa logica di acquisto esce il segmento premium a cui si rivolge chi ha un potere d’acquisto medio-alto, che sostiene il valore di un mercato che nella sua componente più banalizzata (il tradizionale tonno in scatola) è soggetto alla ricerca del prezzo più conveniente. Lo stesso costante sviluppo delle private label, che nei format moderni continuano ad avere una crescita sopra il 10% e fanno ormai quasi un quarto dei volumi è un fattore di ulteriore esasperazione della competizione. È significativo che nel retail circa un terzo dei volumi spetti all’insieme di marche commerciali e discount. Un accenno infine alle conserve di pesce diverse dal tonno. I prodotti che soffrono maggiormente sono gli sgombri in tranci con un calo del 21% in volume e le sardine (-7% in volume) mentre cresce il salmone in filetti (+5% in volume nell’ultimo anno).

In un quadro di forte competizione di prezzo e aggressività degli store-brand sul segmento base - il classico tonno in latta ormai divenuto una commodity - la strategia adottata dai player di marca è quella della diversificazione verso la fascia premium o i segmenti più innovativi (ricettati).

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In passato il mercato, sostanzialmente stabile, registrava fisiologiche variazioni di pochi punti percentuali, con crescite sensibilmente più elevate solo in momenti stagionali particolarmente favorevoli come la primavera-estate del 2003.

La trasformazione da mercato “statico” a “dinamico”, è avvenuta negli ultimi dieci anni, soprattutto attraverso lo sviluppo del segmento premium con prodotti di alta qualità che hanno mantenuto una crescita costante a due cifre anche in anni in cui il mercato globale del tonno ha registrato una flessione. All’interno del segmento premium sono stati e continuano a essere in particolare i filetti di tonno in vaso di vetro la vera ‘star’ della crescita.

Significativo a questo proposito è il fatto che il marchio leader del tonno premium As do Mar sia risultato nel 2009 in Italia il primo marchio del Food&Beverage per crescita a volume e abbia proseguito anche nella prima parte del 2010 su incrementi a due cifre. D’altro canto anche altri marchi del tonno di alta qualità hanno un trend positivo: è il caso di Consorcio, Tonnotto (L’Isola d’Oro di Zarotti) e Callipo che ha introdotto nell’ambito della linea vetro i filetti di tonno in olio extravergine da agricoltura biologica, oltre a una referenza innovativa come i tranci di tonno Yellowfin all’olio di oliva con stagionatura di 12 mesi. Il pack in vetro, che ha un peso significativo sul tonno premium, ha avuto anche l’anno scorso il trend più dinamico e pesa sul tonno all’olio e naturale (esclusi i ricettati) circa il 5% in volume ma quasi il 10% in valore.

Tra i player fortemente orientati alla qualità, Icat Food (che commercializza 14 marchi coprendo comunque tutte le fasce di prezzo, con una quota sul totale conserve ittiche del 5%) presidia i segmenti alti con il super-premium Consorcio e i premium Angelo Parodi e Moro. Quest’ultimo marchio è stato oggetto di un importante restilyng. Negli ultimi anni i consumatori hanno conosciuto una nuova immagine dell’intera gamma (tonno, in trancio e a filetti, al naturale e all’olio, polpa di granchio e filetti di sgombri). L’obiettivo è in particolare quello di presidiare con tonno Moro, soprattutto con la referenza di punta, “cotto al cartoccio”, l’area del benessere a 360°. Cotto una volta sola, il tonno mantiene inalterate le sue proprietà organolettiche, il valore nutrizionale e il sapore. Collegate a questo rinnovamento sono in progetto azioni di marketing legate alla sfera del benessere quali la storica partnership con RiminiWellness e un concorso consumer legato al mondo delle palestre.

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1.3.6 Valore aggiunto

Per il tonno ricettato o con contorno, segmento dominato da Bolton Alimentari con la linea Rio Mare per una share complessivo dell’85% in volume, che fa del contenuto di servizio il plus principale, il trend è negativo, trattandosi di prodotti probabilmente penalizzati dalla minor propensione alla spesa del consumatore, oltre che dal fatto di collocarsi in un’area come quella dei piatti pronti con molti competitor. D’altra parte la diversificazione rappresenta un must del mercato. Per esempio Nostromo, nell’ultimo biennio ha attuato una politica di diversificazione con novità nell’area dei piatti pronti freschi a base di pesce, prima con le Tonnarelle e le Salmoncelle (hamburger di tonno e salmone) e in seguito con i sughi freschi di mare (con quattro diverse ricette). Si tratta di nicchie di mercato che offrono una marginalità più alta rispetto alle tradizionali scatolette di tonno. Nel settore delle conserve ittiche, Nostromo ha invece puntato su una referenza unica nel suo genere, il tonno Basso in Sale, incrementando l’attenzione verso prodotti che aiutano la corretta alimentazione e il benessere, temi sempre più di attualità. Nostromo, che nel 2010 ha evidenziato un incremento del fatturato del 5,1% realizzato quasi esclusivamente nella GDO, ha ottenuto un riscontro positivo in particolare nel segmento delle sardine con un aumento del 3,6% in volume5.

5http://www.mark-up.it/wp-

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1.4. Analisi dei principali competitors

Di séguito, una rappresentazione delle quote di mercato dei principali player dell’industria6:

Complessivamente, la distribuzione delle quote di mercato a livello italiano, secondo un indagine Agcom, vede la Bolton (con Rio Mare) come leader, con il 39% di market share, e As Do Mar all’8%, a seguire Calvo e Nostromo al 9% mentre le altre

6 http://my.liuc.it/MatSup/2013/A83015/018_Analisi%20di%20pricing_TONNO_IN_SCATOLA.pdf 39% 9% 8% 22% 22%

quote di mercato

Riomare Nostromo Asdomar Privat Label Altre

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firme come Consorcio, Mareblu, Star ecc e le Private Label, valgono per un rispettivo 22% sul totale. Players Bolton Alimentari Generale Conserve Giacinto

Calippo Mareblu Nostromo Fatturato

2013 Circa 500 mln Oltre 181 mln 42 mln 73 mln 116 mln Volumi nd nd 5,500 t 8000 t 9000 t

Marchi RioMare Asdomar, Manzotin Callipo, Mister ton Mareblu Nostromo , Oggi Mare Canali di vendita Gdo Gdo 90%, altri canali 10% Gdo 57% Catering 20% Export 11 % Gdo Italia 99% Estero 1% Prodotto più venduto Fonte:icat-food.it 1.4.1 I principali player 1.4.1.1 Rio Mare

In Europa e in tutto il mondo, Rio Mare è un marchio italiano di alta qualità che unisce il gusto e benessere con l'affidabilità, la sicurezza e l'innovazione, l'ideale per chi guarda a ciò che mangia.

Rio Mare copre più del 30% del mercato.

La missione di Rio Mare è sempre stata la ricerca dell'eccellenza a tutti i livelli: nella selezione delle materie prime, nei controlli rigorosi in tutta la catena di fornitura,

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nella sua comunicazione con i consumatori che offrono informazioni chiare, trasparenti ed efficaci, e nella sua continua innovazione per soddisfare le esigenze del mercato con una gamma sempre crescente di prodotti easy-to-use.

Da sempre attenta ai temi della sostenibilità, Rio Mare (membro del programma Dolphin Safe dal 1992) è uno dei fondatori di ISSF, la Fondazione International Seafood Sustainability

Ben consapevole della sua responsabilità per le persone e per l'ambiente, Bolton Alimentari è diventata estremamente sensibile alle tematiche di sostenibilità. Per questo motivo, nel 2011 Rio Mare ha deciso di lanciare la sua responsabilità sociale delle imprese progetto 'Qualità Responsabile' e ha pubblicato il suo primo bilancio di sostenibilità. L'obiettivo del progetto è quello di trasferire il concetto di qualità a tutto tondo perseguito in modo responsabile durante l'intero processo di produzione per tutte le parti interessate della società, ponendo la massima attenzione a questioni sociali e ambientali, dalla provenienza delle materie prime fino al momento in cui il prodotto è servito. Una scelta che ha confermato e rafforzato l'impegno della società per le questioni sociali e ambientali nel corso degli anni e che indica il percorso lungo il quale si continuerà a sviluppare. Le 7 aree di "Qualità Responsabile", in cui l'azienda ha concentrato i suoi sforzi sono:

-La pesca del tonno e tutela dell'ecosistema; - Rispetto per l'ambiente;

- Rispetto per le persone; - La tracciabilità dei prodotti;

- La scelta e la gestione delle materie prime; - Analisi e controlli;

- Nutrizione e benessere.

Rio Mare è stato in grado di costruire nella mente del consumatore delle associazioni di brand molto forti; in particolare esso evoca nella mente del consumatore la parola ‘grissino’, che richiama al famoso slogan Così tenero che si taglia con un grissino.

Andando ad analizzare più nel dettaglio le politiche di comunicazione possiamo notare come la Bolton effettui per Rio Mare ingenti investimenti sia nei canali tradizionali, televisione, radio e stampa, che attraverso i canali più tecnologici. Rio Mare è presente infatti nei social network, come Facebook e YouTube, e ha un sito internet molto coinvolgente e interattivo.

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1.4.1.2 Nostromo

Fondata nel 1951 a Grado (GO), Nostromo è una marca storica del mercato alimentare italiano7. Da sempre ogni giorno pesca, seleziona e prepara solo il miglior tonno, compatto, tenero e saporito.

La missione di Nostromo è quella di incrementare la cultura sul consumo del pesce attraverso l’offerta di un’ampia gamma di prodotti: dal tonno all'olio d'oliva ai filetti di alici, dalle insalate di tonno alle sardine, dal tonno al naturale ai filetti di sgombro, dalla ventresca di tonno alla linea Basso in Sale.

Forte della sua lunga esperienza nella selezione e trasformazione di materie prime di altissima qualità, nel 2009 Nostromo è entrata anche nel segmento dei piatti pronti freschi Nel 1993 è entrata a far parte del Gruppo Calvo, multinazionale spagnola con stabilimenti in tutto il mondo. È l’unica azienda conserviera in Italia ad avere una flotta di proprietà costituita da 10 imbarcazioni di cui 6 pescherecci per la pesca del tonno in tutti gli oceani del mondo. Il gruppo conta più di 3000 dipendenti, possiede 5 stabilimenti (2 in Spagna, 1 in Salvador, 1 in Brasile e 1 in Marocco) e può contare su una filiera produttiva a ciclo completo, che va dalla pesca all’ inscatolamento dei prodotti ittici, garantendo qualità e sicurezza dei prodotti.

La strategia commerciale focalizza la sua attenzione al mix di prodotto: per questo l’azienda è intervenuta su quei segmenti nei quali le performance non sono state soddisfacenti. In particolare, le insalate Pret a porter, con forchettina e confezione richiudibile, oltre alle Tonnarelle e Salmoncelle, specialità gastronomiche a forma di hamburger rispettivamente a base di tonno e salmone, che rispondono alle richieste di praticità e genuinità del consumatore moderno.

7

http://www.assorel.it/relazioni-pubbliche/comunicazione-nostromo-rinnova-partnership-pragmatika-0002713.html

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Capitolo secondo

2.1 Generale conserve – As Do Mar - Breve storia

Generale Conserve è una S.p.a. non quotata, proprietaria del marchio As Do Mar, leader in tutti i segmenti che compongono il mercato premium dello sgombro e del tonno. Generale Conserve è quindi la seconda azienda come produttore, la seconda come marca con As Do Mar, ma leader nella fascia alta del mercato (premium). Grazie a questa esperienza, nel 2008 l’azienda ha potuto estendere la propria gamma e lanciare anche una linea nella fascia di prezzo medio: è una linea cosiddetta mid-price che si scontra con tutti i grandi player del mercato, Rio Mare, Nostromo e Mare blu.

L’Azienda è nata sul finire degli anni ’80 come società di distribuzione e negli ultimi 10 anni o poco più, è passata dall’essere una piccola realtà che nel 2001 fatturava 20

milioni di euro, a impresa che nel 2013 ha chiuso con un fatturato di oltre 181 milioni di euro (quasi esclusivamente dal mercato italiano) ripartito per il 47% sulla marca As Do Mar e altri marchi propri e per il restante 53% sulle marche private. Questo livello di fatturato ha permesso all’Azienda di raggiungere una quota di mercato in valore pari al 14% del totale del mercato delle conserve di tonno.

Nel 2001 Vito Gulli, all’epoca manager di consolidata esperienza nel settore

dell’industria alimentare – ittico in particolare – prende in mano le redini dell’Azienda diventandone azionista di riferimento e avvia un trend di crescita; il passo successivo è quello della trasformazione dell’Azienda in una società di produzione, oltre che di commercializzazione, che oggi impiega un organico medio di circa 419 persone durante l’anno di cui 217 in Italia e 202 in Portogallo. Tali dati includono anche i contratti stagionali e altre forme di contratti a tempo determinato. A questi si aggiungono i contratti interinali che lavorano in occasione di commesse straordinarie durante l’anno, il cui numero medio nel 2013 è stato pari a circa 36, per un totale di circa 455

collaboratori. L’accennato passaggio da realtà distributrice a società produttrice ha inizio nel 2006 con l’acquisizione in esclusiva della gestione dello stabilimento portoghese di Vila Do Conde da un fornitore locale che già produceva per l’Azienda.

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Nel 2010 lo stabilimento è stato acquisito in via definitiva e oggi produce sgombro, salmone e altri prodotti ittici per il mercato italiano con volumi in continua crescita che determinano anche un aumento del numero dei dipendenti locali che ha raggiunto un organico medio pari a 202 persone nel 2013. In Italia, in questi anni di delocalizzazione estrema, As Do Mar è stata una delle pochissime realtà italiane che ha portato la

produzione nel Paese grazie all’acquisizione, nel 2008, di macchinari e impianti di uno stabilimento di lavorazione del tonno ad Olbia, che aveva cessato la produzione con conseguente liquidazione del personale dipendente. Con un investimento di oltre 25 milioni di euro, As Do Mar ha successivamente costruito, senza alcuna sovvenzione pubblica, un nuovo stabilimento a poche centinaia di metri, inaugurandolo nel febbraio del 2010. Nel 2013 il nuovo stabilimento di Olbia si è avvalso di un organico medio di 217 persone.

Secondo una vision che prevede la crescita tramite diversificazioni, nell’aprile 2013 Generale Conserve ha acquisito Manzotin, marchio storico italiano e secondo player nel mercato della carne in scatola. Con l’obiettivo strategico di ampliare e diversificare il business capitalizzando sulla tradizione dei marchi italiani per salvaguardarne il valore riconosciuto dai consumatori, a dicembre 2013 è stato siglato l’accordo per

l’acquisizione del marchio De Rica, altro marchio storico della tradizione

agroalimentare italiana, che è entrato definitivamente a far parte del Gruppo Generale Conserve nei primi mesi del 2014.

Artigianalità e la sostenibilità sono i pilastri dell’azienda e le azioni e fatti concreti portate avanti nei confronti di tutti gli stakeholder che gravitano intorno al “mondo impresa” si concretizzano nei concetti di qualità e rispetto che guidano la strategia di As Do Mar. Mantenere tutte le fasi della produzione del tonno in Italia, senza delocalizzare i processi artigianali, contribuisce a sostenere l’occupazione e favorisce un circolo virtuoso che accresce il potere di acquisto delle famiglie e alimenta i consumi.

Investendo nello stabilimento di Olbia per la produzione del tonno As Do Mar è stato avviato un percorso di qualità a 360°, che parte dai metodi di pesca improntati al

rispetto della sostenibilità, fino ad arrivare alla soddisfazione dei consumatori. La stessa filosofia muove le iniziative nello stabilimento produttivo portoghese, dove l’Azienda si è impegnata per la tutela e la salvaguardia della lavorazione tradizionale dello sgombro pescato proprio nelle acque della costa atlantica su cui si affaccia l’impianto, patrimonio

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manifatturiero di Vila do Conde. Nello stabilimento, nel 2012, è stata avviata anche la produzione di salmone proveniente da acquacoltura sostenibile del Cile. Tante sono inoltre le iniziative e sostanziosi sono gli investimenti sostenuti in materia di

sostenibilità. La sfida etica nel cercare di soddisfare la grande varietà di stakeholder; la ricerca costante della massima qualità del prodotto e del servizio; un approccio

sostenibile al business, che si deve tradurre in un impegno concreto nell’adeguata gestione della risorsa ittica per garantire il futuro della produzione; infine, un’attenzione particolare ai dipendenti, coloro che realmente fanno il successo di un’azienda. Una Vision complessiva che si traduce costantemente in azioni concrete intraprese per il miglioramento dei processi industriali e produttivi e per la tutela della risorsa ittica. Perché non c’è futuro, né profitto, se non con una maggior salvaguardia dell’ambiente e della materia prima. Le materie prime utilizzate, in tema di sostenibilità della pesca, sono garantite dalle ferree politiche aziendali di approvvigionamento garantite inoltre dall’acquisto di prodotti certificati Friend of the Sea (FoS): un programma di

certificazione internazionale che nasce dal successo e dai risultati tangibili ottenuti dal progetto Dolphin-Safe dell’Earth Island Institute, NGO no-profit internazionale. FoS rappresenta oggi l’unico schema di certificazione internazionale per prodotti provenienti sia da attività di pesca, sia da acquacoltura. Da tempo, inoltre, As Do Mar ha

consolidato una leadership nella fascia Premium del mercato e più recentemente, attraverso la nuova linea “Medium”, ha accelerato la crescita del marchio anche nella fascia di prezzo medio. La costante crescita e l’ottimo posizionamento dell’Azienda nel mercato sono il frutto della volontà e della capacità di dare al consumatore prodotti di altissima qualità, dalle materie prime utilizzate, alla lavorazione accurata, con

un’attenzione particolare all’aspetto e naturalmente al gusto.

“La Qualità e il Rispetto” non è per l’Azienda solo un claim, ma una vera e propria Mission aziendale. Per questo la strategia di sostenibilità di As Do Mar si fonda su tre pilastri: sostenibilità della pesca, cura della forza lavoro in Italia e in Portogallo,

diffusione della responsabilità sociale. Secondo il rapporto Our Common Future (1987) della World Commission on Environment and Development (Commissione

Brundtland), essere sostenibili equivale a “garantire i bisogni delle generazioni attuali, senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri”. Questa è una delle poche definizioni che rende a pieno la visione di As Do Mar e l’approccio strategico del Gruppo. La sostenibilità, infatti, deve essere considerata

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come un mezzo per la prosecuzione della vita stessa dell’Azienda, come il

mantenimento degli elementi che alimentano e sostengono il business, che equivale a dire con estrema semplificazione, la materia prima e il potere d’acquisto dei

consumatori. Per il Gruppo è imprescindibile che la sostenibilità sia applicata innanzitutto al core business. È per questa ragione che la strategia di sostenibilità aziendale è principalmente rivolta alla materia prima fondamentale, ovvero tonno, salmone e sgombro e a tutta la loro catena del valore. Proprio per questo è sempre stato scelto di utilizzare le certificazioni di prodotto come punto di partenza della condotta aziendale e non come un traguardo. In particolare, in tema di sostenibilità della pesca, il Gruppo si è auto-imposto limiti dettati dalle sue proprie scelte, prima fra tutte, la

selezione di soli tonni adulti per salvaguardare la riproduzione delle specie, senza dimenticare l’attenzione alla soglia di tolleranza del 2% della pesca accidentale durante la cattura dello sgombro. Inoltre, tutti i prodotti a marchio As Do Mar sono certificati Friend of the Sea (FoS) proprio per le caratteristiche di sostenibilità dei metodi di pesca adottati. FoS stabilisce una rigorosa lista di criteri, verificati da auditor internazionali indipendenti. Tra questi, la provenienza della materia prima da pescherecci autorizzati UE e da zone nelle quali le popolazioni di tonni e sgombri non risultano sovra sfruttate, la presenza di osservatori a bordo di ogni imbarcazione, l’utilizzo di metodi di pesca non invasivi per le specie protette e per i fondali marini.

Anche “il lavoro in Italia” riveste una centralità strategica per l’Azienda come conferma l’acquisizione, conclusa nel 2008, di macchinari e impianti dello stabilimento

produttivo di Olbia che aveva cessato la produzione da alcuni mesi e la conseguente inaugurazione nel 2010, di un nuovo stabilimento – a poche centinaia di metri – tra i più moderni e tecnologicamente avanzati del settore. Altrettanto importante è il sostegno alla forza lavoro portoghese, iniziato nel 2006 con il rilancio dello stabilimento

prossimo al fallimento di Vila do Conde. In questo stabilimento situato nel distretto di Porto, l’esperienza nella lavorazione tradizionale dello sgombro di 190 operaie rischiava di andare perduta; per questo As Do Mar ha puntato molto sul suo rilancio e

ampliamento, che vede oggi impiegate oltre 200 persone (per la maggior parte lavoratrici). Entrambe le operazioni hanno permesso di salvaguardare e sviluppare l’occupazione locale mantenendo viva l’esperienza e la competenza delle lavoratrici e dei lavoratori specializzati nella lavorazione manuale dello sgombro e del tonno da intero. Anche grazie alla politica aziendale il patrimonio manifatturiero italiano e

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portoghese continueranno ad esistere, distribuendo valore economico sul territorio. Generale Conserve S.p.A. ha inoltre scelto di certificare gli aspetti della propria gestione aziendale, attinenti alla responsabilità sociale d’impresa, secondo i principi dello standard internazionale SA8000. Tale norma, per sua natura, coinvolge tutta l’Azienda attraverso l’implementazione di un sistema verificabile da enti di

certificazione, con lo scopo di tutelare e migliorare le condizioni lavorative e assicurare il rispetto dei diritti umani e della sicurezza lungo l’intera catena di fornitura. L’impatto e la profondità alla quale si spinge richiedono attenzione e partecipazione da parte della direzione, del top management, dei dipendenti, dei fornitori, dei subfornitori e non ultimi, dei Clienti. Ma l’impegno di As Do Mar va anche oltre la pesca sostenibile e l’occupazione. Molti sforzi sono stati compiuti dal Gruppo per diminuire l’impatto ambientale degli stabilimenti dal punto di vista del consumo energetico e delle

emissioni, raggiungendo ad Olbia il 100% di energia elettrica verde, oltre al risparmio delle risorse idriche e al riciclo delle acque reflue. Il Gruppo inoltre è già

all’avanguardia per l’utilizzo dei sottoprodotti della lavorazione del pescato e da tempo ha attivato un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti che si propone di migliorare, nei prossimi anni, insieme ad una maggiore attenzione nella selezione dei materiali del packaging. As Do Mar lavora quindi in un’unica direzione dal punto di vista

economico, ambientale, sociale ed etico, facendo della sostenibilità un percorso di miglioramento continuo, essenziale per una crescita duratura.

2.2 Vito Gulli Manager-Imprenditore

Figura centrale che sta accompagnando la Società verso un percorso di crescita, almeno in termini di fatturato, è il presidente, amministratore delegato e primo azionista Vito Gulli. La storia di Gulli è quella di un manager divenuto imprenditore alla soglia della maturità. Da sempre nell'industria alimentare - è stato in aziende come Mars e come Star - ha finito per diventare uno specialista del tonno conservato come manager prima nella Nostromo e poi nella Palmera. Dal dicembre 2001 è presidente, amministratore e azionista di Generale Conserve. Durante la sua gestione, il marchio As Do Mar è divenuto leader nel segmento premium delle conserve ittiche. Nel2008, invece di delocalizzare, Gulli investe in macchinari e in un impianto dismesso a Olbia per la lavorazione del tonno per poi aprire sempre lì uno stabilimento nuovo di zecca nel 2010.

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In contro tendenza, mentre altri scappano. L'importanza che Gulli dà al lavoro è naturalmente connaturata al fatto che chi lavora, consuma.

Lo stile di Management di un’azienda si esprime di fatto attraverso le modalità con cui l’organizzazione nel suo insieme, e le persone nei loro ambiti, gestiscono le attività, prendono le decisioni di business, si organizzano operativamente e utilizzano le informazioni aziendali. La turbolenza e l’imprevedibilità dello scenario di business attuale e tendenziale rendono vincenti quelle aziende che riescono ad esprimere a riguardo capacità operative diffuse molto simili a quelle di un imprenditore, il quale riesce a gestire con ‘cognizione di causa’ le situazioni non previste, assumendosi i rischi necessari e mettendo in campo un’adeguata intraprendenza. E la figura di Gulli incarna quelle caratteristiche e capacità che dovrebbero essere oggi più presenti nelle aziende, Manager con caratteristiche ‘imprenditoriali’. Il Management Imprenditoriale sa esprimere contemporaneamente due attitudini complementari: il rigore e la creatività. Le caratteristiche imprenditoriali potrebbero essere individuate nelle seguenti aree: Creatività, Visione, Intuizione, Pensiero Strategico, Rischio, Priorità8.

Creatività: capacità dell’imprenditore di saper individuare e sfruttare nuove opportunità di business e operative, concependo soluzioni ad hoc, molto spesso non convenzionali. Meglio ancora, si tratta della capacità di sapere ‘reinventare’ o modificare

continuamente la propria strategia, la propria organizzazione, le tecnologie, i prodotti, i mercati (a seconda dell’ambito presidiato).

Visione: L’imprenditore ha sempre ben presente la direzione nella quale desidera andare nel medio-lungo termine. Tale ‘visione’ condizionerà sempre le sue scelte e le sue decisioni operative, per renderle il più possibile sinergiche con quanto sta perseguendo nel medio-lungo termine. Sa inoltre trasmettere molto bene, all’interno e all’esterno dell’azienda, tale ‘immagine’ con un adeguato impegno.

Intuizione: Si tratta di quella consapevolezza immediata nell’interpretare una situazione che non si avvale del ragionamento o della conoscenza sensibile. È anche la capacità di intravedere in anticipo trend, problemi potenziali, situazioni, senza dover attendere i

8 (“Surpetere, la competizione creativa, efficace e sostenibile”, G.Merli, E.Gelosa, M.Fregonese,

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lunghi tempi delle analisi ‘scientifiche’ (spesso basate su situazioni e dati del passato), per saper reagire tempestivamente ed efficacemente alle mutevoli situazioni operative e di mercato.

Pensiero strategico: Significa sapere individuare le opportunità strategiche che si presentano via via e saperle tradurre in obiettivi operativi coerenti che garantiscano la miglior combinazione di tali opportunità con la situazione attuale dell’azienda. Si tratta di saper decidere e attivare cambiamenti valutando contestualmente priorità strategiche, priorità competitive, business plan, problemi e urgenze. Il tutto by-passando la necessità di onerosi processi di pianificazione strategica per concentrarsi sui piani operativi e sui loro continui cambiamenti.

Rischio: È una delle prerogative peculiari dell’imprenditorialità quella di saper

assumere la giusta quantità di rischio, a volte grande e a volte piccola, in ogni obiettivo o piano o decisione, capace di garantire una potenziale sufficiente dose di vantaggio competitivo e/o un livello di miglioramento significativo superiore alle normali attese o previsioni.

Priorità: Si esprime nel saper individuare in ogni momento le cose più importanti da fare, in modo da garantire piani coerenti e di equilibrio tra costi e benefici relativamente al tempo speso e allo sforzo complessivo. Significa saper evitare la tentazione dei piani ‘ottimizzanti’, concepiti ‘scientificamente’, che partono purtroppo da un presupposto tutt’altro che imprenditoriale: quello di assumere che esistono numerosi obiettivi di pari dignità gerarchica e che quindi occorre garantire la loro ‘ottimizzazione’ fin dall’inizio.

Per gli imprenditori di successo le cose importanti sono davvero poche e comunque, in ogni momento, esiste ‘la più importante’. In tale logica è l’obiettivo più importante che deve condizionare l’intero piano. Gli altri obiettivi verranno contemplati in modo coerente, con ottimizzazioni in subordine.

Si può affermare che il valore di una azienda è influenzato in misura crescente dal valore personale che si dà all’imprenditore che la guida.

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