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Sintesi, caratterizzazione ed analisi degli effetti biologici delle nanoparticelle di TiO<sub>2</sub>, SiO<sub>2</sub> e ZrO<sub>2</sub> su cellule endoteliali umane

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(1)

A.D. MDLXII

Università degli Studi Di Sassari

Dottorato di Ricerca in Scienze Biomolecolari e Biotecnologiche

Indirizzo Biochimica e Biologia Molecolare

XXIII Ciclo

Coordinatore: Prof. Bruno Masala

Sintesi, caratterizzazione ed analisi degli effetti

biologici delle nanoparticelle di TiO

2

, SiO

2

e ZrO

2

su cellule endoteliali umane

Tutor

Prof. Gianfranco Pintus

Tesi di Dottorato di

Dott.ssa Stefania G.L. Punzoni

(2)

Dott.ssa Stefania Punzoni

Sintesi, caratterizzazione ed analisi degli effetti biologici delle nanoparticelle di TiO2, SiO2 e ZrO2 su cellule endoteliali umane

Tesi di dottorato in Scienze Biomolecolari e Biotecnologiche - Università Degli Studi di Sassari

2

Desidero innanzitutto ringraziare il Professor

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Gianfranco Pintus

Gianfranco Pintus

Gianfranco Pintus

Gianfranco Pintus per la fiducia fin da subito

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dimostratami

dimostratami

dimostratami

dimostratami in questi tre anni di lavoro

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in questi tre anni di lavoro

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tutto l’aiuto fornito durante

tutto l’aiuto fornito durante

tutto l’aiuto fornito durante

tutto l’aiuto fornito durante la stesura

la stesura

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della tesi

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Inoltre, ringrazio sentitamente Anna Maria e

Inoltre, ringrazio sentitamente Anna Maria e

Inoltre, ringrazio sentitamente Anna Maria e

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Anna

Anna

Anna

Annalisa

lisa

lisa

lisa per la continua disponibilità e prontezza

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nei ch

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nei chiiiiarimenti e suggerimenti e tutti i miei

arimenti e suggerimenti e tutti i miei

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compagni di laboratorio per le numerose ore

compagni di laboratorio per le numerose ore

compagni di laboratorio per le numerose ore

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passate insieme.

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passate insieme.

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Infine, ho desiderio di ringraziare con affetto i

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miei genitori e Gianlu per il sostegno ed il grand

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miei genitori e Gianlu per il sostegno ed il grande

e

e

e

aiuto che mi hanno dato ed in particolare per

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aiuto che mi hanno dato ed in particolare per

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essermi stati vicini ogni momento durante questi

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anni.

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(3)

Dott.ssa Stefania Punzoni

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3

1. Introduzione 6

1.1 Nanotecnologie 7

1.2 Nanomateriali 9

1.3 Applicazioni delle nanotecnologie 12

1.3.1 Applicazioni biomediche 12

1.4 Nanoparticelle 15

1.4.1 Nanoparticelle presenti nell’inquinamento ambientale 16

1.4.2 Biocinetica delle nano particelle 18

1.5 Nanotossicologia 25

2. Scopo del lavoro 30

3. Materiali e metodi 32

3.1 Scelta delle nano particelle 33

3.2 Sintesi delle nano particelle 35

3.3 Caratterizzazione delle nano particelle 37

3.4 Preparazione delle diverse concentrazioni di nano particelle

funzionalizzate e non con fluoresceina di isotiocianato (FITC) 38

3.5 Quantificazione della fluorescenza legata alle nanoparticelle

funzionalizzate con fluoresceina di isotiocianato (FITC) 39

3.6 Colture cellulari 40

3.7 Saggi di citotossicità 41

3.7.1 Test con Sali di MTT per la vitalità cellulare 41

3.7.2 Analisi della vitalità cellulare con Trypan blue 42

3.7.3 Saggio con BrdU per valutare la neosintesi di DNA 43

3.7.4 Analisi della proliferazione cellulare mediante test Cyquant 44

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4 3.9 Valutazione del coinvolgimento del Citocromo C nel danno

cellulare indotto dalle nanoparticelle 47

3.10 Valutazione della fluorescenza associata alle cellule dopo

trattamento 49

3.10.1 Analisi fluorimetrica 49

3.10.2 Analisi al microscopio a fluorescenza 50

3.11 Analisi al TEM per valutare il potenziale up-take cellulare delle

nano particelle 50

3.12 Analisi del danno mitocondriale 52

3.12.1 Analisi fluorimetrica 53

3.12.2 Analisi al microscopio a fluorescenza 53

3.13 Quantificazione delle specie ossigeno reattive (ROS) 54

3.14 Preparazione cellule ECV-304-MTX-roGFP e ECV-304- roGFP 55 3.14.1 Clonaggio della roGFP all’interno dei vettori di espressione

eucariotici pcDNA3 e pCMV/myc/mito 56

3.14.2 Trasfezione stabile 60

3.15 Determinazione dello stato redox delle ECV-304-roGFP e ECV-304-

MTXroGFP dopo trattamento con le nanoparticelle 61

3.16 Analisi statistica 63

4. Risultati 64

4.1 Caratterizzazione morfologica delle nanoparticelle al SEM e al

TEM 65

4.2 Valutazione della fluorescenza legata alle nanoparticelle 68

4.3 Analisi della vitalità cellulare mediante Test MTT 71

4.4 Analisi della vitalità cellulare mediante Trypan blue 72

4.5 Analisi della proliferazione mediante BrdU 74

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5

4.7 Analisi della risposta apoptotica 789

4.8 Valutazione del coinvolgimento del Citocromo C nel danno

cellulare indotto dalle nanoparticelle 80

4.9 Valutazione della fluorescenza associata alle cellule dopo

trattamento 83

4.10 Analisi del danno mitocondriale 92

4.11 Quantificazione delle specie ossigeno reattive (ROS) mediante

sonda H2DCF-DA 95

4.12 Selezione cloni stabili ECV-304-roGFP e ECV-304-MTX roGFP 97 4.13 Determinazione dello stato redox delle roGFP e

ECV-304-MTXroGFP dopo trattamento con le nanoparticelle 100

5. Conclusioni 103

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1. INTRODUZIONE

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Introduzione

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7

1.1 Nanotecnologie

Con il termine “nanotecnologie” si intende l’insieme dei metodi e delle tecniche che consentono la manipolazione della materia su scala atomica e molecolare, il cui obiettivo è quello di costruire materiali e prodotti con caratteristiche chimico-fisiche-meccaniche del tutto peculiari (17-45).

Il prefisso nano deriva dal greco ναννοσ, “di piccola statura” e corrisponde nel sistema metrico internazionale al fattore di 10-9. 1 nm, dunque, equivale, nella scala del metro, a 1x10-9 m, ovvero ad un miliardesimo di metro.

Le nanotecnologie rappresentano un campo di ricerca interdisciplinare, cui fa capo un elenco molto ampio e diversificato di discipline quali la scienza dei materiali, la biologia, la chimica e la fisica (32).

La nascita del concetto di nanotecnologia è fatta comunemente risalire all’intuizione del fisico americano Richard Feynman, che in una ormai celebre conferenza tenuta nel dicembre del 1959 al California Institute of Technology, dal titolo “there’s plenty of room at the bottom” (c’è un sacco di posto giù in fondo) ipotizzò che nel futuro si sarebbero potuti costruire dispositivi di varia natura agendo direttamente sulla disposizione degli atomi nella materia (20).

Famoso è il suo riferimento sulla possibilità di immagazzinare l'intero contenuto dell’enciclopedia britannica sulla punta di uno spillo e sulla possibilità fisica di farlo (20).

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Introduzione

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8 Il termine moderno di “nanotecnologia” fu, tuttavia, coniato nel 1974 da Norio Taniguchi, ricercatore dell’ Università di Tokio, per descrivere la manipolazione precisa di atomi e molecole per la produzione di nuovi materiali, e ripreso in seguito nel 1986 da Eric Drexler, nel suo libro intitolato “Engines of creation: the coming era of nanotechnology” il quale definisce la nanotecnologia come “[….] una tecnologia a livello molecolare che ci potrà permettere di porre ogni atomo dove vogliamo che esso stia (71).

A partire dagli anni sessanta sono state fatte numerose scoperte e invenzioni, rivelatesi importanti nel campo delle nanotecnologie. In particolare, è stato inventato, da Gerard Binning e Heinrich Rohrer nel 1981, il microscopio a scansione ad effetto tunnel (STM). Questo particolare microscopio consente la ricostruzione morfologica della superficie di un campione conduttore, con altissima precisione, sfruttando la corrente dovuta al cosiddetto effetto tunnel (fenomeno della meccanica quantistica) e anche di manipolare e spostare singoli atomi in un materiale (68). Più tardi, furono introdotti il microscopio a forza atomica (AFM), quello a forza magnetica (MFM) e quello a forza elettrica (EFM), diventati ormai strumenti essenziali per le nanotecnologie.

Una tappa fondamentale nella storia delle nanotecnologie è stata la scoperta nel 1985, da parte di Robert F. Curl, Harold Kroto, e Richard E. Smalley, del fullerene (68).

Il fullerene, insieme alla grafite e al diamante, rappresenta l’unica molecola stabile composta unicamente da atomi di carbonio. Esso viene

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9 di carbonio. Il fullerene ha la forma di un icosaedro al quale sono stati troncati i 12 vertici. L’aspetto della molecola è del tutto simile a quello di un pallone da calcio (68,73).

Nel 1991 Sumio Iijima, ricercatore della NEC Corporation, scoprì che il carbonio poteva organizzarsi, oltre che in sfere, anche in tubi dal diametro variabile di pochi nanometri. Tali strutture sono chiamate nanotubi e rappresentano i nanomateriali in assoluto più conosciuti (2).

1.2 Nanomateriali

I nanomateriali (NMTs) sono comunemente definiti quei materiali aventi almeno una dimensione inferiore ai 100 nm. I NMTs esibiscono peculiari proprietà chimiche, fisiche e ottiche dipendenti dalle loro dimensioni e differenti da quelle presenti nei materiali di dimensioni convenzionali (cosiddetti bulk materials) (56).

I NMTs possono avere origine naturale, quali ad esempio quelli prodotti da processi di combustione naturali (vulcani, incendi spontanei) oppure avere origine antropogenica (65). In questo caso, si distinguono quelli prodotti involontariamente (originano dal traffico veicolare in particolare dai motori diesel, inceneritori, industrie e riscaldamento domestico) e quelli prodotti volontariamente. A quest’ultima categoria appartengono i NMTs artificiali, o ingegnerizzati, ossia appositamente prodotti dalle nanotecnologie per svolgere scopi tecnologici a vari livelli e in vari campi scientifici e industriali (Tab.1) (5).

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10 I NMTs ingegnerizzati possono essere creati attraverso due approcci fondamentali: bottom up (dal basso verso l’alto) e top down (dall’alto verso il basso). Quello bottom up si riferisce alla capacità di assemblare il materiale nanostrutturato a partire dalle nanoparticelle che lo costituiranno. In biologia, chimica e fisica, si utilizza per lo più questo tipo di approccio. Il metodo top down consiste, invece, nella costruzione di micro e nanostrutture a partire dal blocco massivo di materiale (bulk) con tecniche di tipo litografico che riducono con metodi fisici le

dimensioni delle strutture iniziali, portandole a livello

micro/nanometrico (66). Questo metodo trova i principali impieghi nelle applicazioni elettroniche e metallurgiche (Fig.1).

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11 Figura 1: Metodi di sintesi dei NMTs

Nel campo dei NMTs secondo le dimensioni spaziali d’ordine nanometrico si distinguono: film, lamelle (una dimensione nanometrica), nanotubi, nanofili (due dimensioni nanometriche), nanoparticelle (tre dimensioni nanometriche). I materiali nanocristallini essendo composti da grani cristallini di ordine nanometrico entrano a far parte di questa ultima categoria.

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12

1.3 Applicazioni delle nanotecnologie

Le nanotecnologie sono un settore in rapida evoluzione che prevede nuove possibilità applicative nel campo dei materiali (fra cui il tessile), dell’elettronica, della litografia, della purificazione dell’acqua, dei sistemi energetici, della medicina e della farmacologia, delle produzioni alimentari e della nutrizione, dell’informatica e delle telecomunicazioni (12). Numerosi nanoprodotti sono già presenti sul mercato e il loro numero è in continua espansione. Oggi si contano circa 800 prodotti nanotecnologici (62). I prodotti commercializzati sono i più disparati e riguardano quasi tutti i settori commerciali. Essi comprendono prodotti per la cura della persona, articoli sportivi ed elettronici, ma anche vernici, superfici autopulenti e sistemi per la diagnostica medica. Nel 2006, il corrispondente giro d’affari è stato stimato essere di 60 miliardi di dollari, ma le attese di crescita sono elevatissime, con previsioni di incrementi annuali tali da dare luogo, secondo la statunitense National Science Foundation (NSF), ad un mercato di più di 1000 miliardi di dollari dopo il 2015 (79).

1.3.1 Applicazioni biomediche

La nanotecnologia si sta proiettando rapidamente anche sul mercato del settore medico, con nuove applicazioni nel campo dell’imaging (quantum dots per il MRI), della somministrazione dei farmaci e trattamento dei tumori (stent rivestiti con farmaci, dendrimeri) e con la

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13 realizzazione di protesi maggiormente resistenti e biocompatibili (10, 63,68).

La nanomedicina viene generalmente definita, come l’applicazione delle nanotecnologie alla medicina e ha l'obiettivo di rendere significativamente più efficace la diagnosi medica e la terapia (54). In campo terapeutico, le nanoparticelle possono essere usate per realizzare sistemi alternativi di indirizzamento dei farmaci nell'organismo (44).

Questi nuovi sistemi permetterebbero l'erogazione delle sostanze terapeutiche direttamente nelle cellule, proteggendole dagli anticorpi e controllando i tempi di rilascio dei farmaci/metaboliti. La capacità di indirizzarsi verso cellule specifiche potrebbe migliorare l’efficacia della terapia riducendo la tossicità (13). La terapia selettiva basata sulle nanoparticelle rappresenterebbe un notevole miglioramento rispetto alla terapia farmacologica standard, nella quale il farmaco può essere internalizzato praticamente da qualsiasi cellula con il rischio di danneggiare i tessuti normali (3).

Particolarmente promettenti sono le possibilità offerte dai sistemi terapeutici in nanoscala per la cura dei tumori (16). Tali sistemi dovrebbero essere capaci di attaccare selettivamente le cellule tumorali, grazie alla modificazione della superficie con ligandi specifici per il tumore, risparmiando al tessuto sano gli effetti tossici del farmaco che invece si osservano con le terapie convenzionali (ad es. soppressione midollare, cardiomiopatia e neurotossicità) (3).

I nano dispositivi oltre a garantire la somministrazione mirata del farmaco nella zona d’interesse puntano anche al mantenimento del

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14 farmaco intatto in vivo, fattore importante per l’efficacia del trattamento. I carrier basati su nanoparticelle, poiché forniscono un meccanismo per proteggere il farmaco dalla degradazione e quindi dall’inattivazione precoce, possono rivelarsi vantaggiosi anche sotto questo aspetto (6,44). Come è noto, il trattamento dei tumori, in generale, ha maggiori probabilità di riuscita nelle fasi precoci. Tuttavia, le attuali tecniche di imaging in vivo non sempre sono in grado di rivelare i tumori nelle fasi iniziali a causa delle loro limitate dimensioni. Attualmente, è in fase di studio l’impiego delle nanoparticelle nelle tecniche di imaging come metodo capace di generare agenti di contrasto multifunzionali che potrebbero permettere l’identificazione dei tumori piccoli e allo stadio precoce (19). Sono già disponibili alcuni agenti di contrasto basati su particelle paramagnetiche per l’imaging in risonanza magnetica (MRI) (6).

Le nanotecnologie promettono di rivelarsi efficaci anche nella terapia genica. Attualmente vengono impiegati come vettori dei geni i virus, ed in particolare gli adenovirus, i retrovirus, i virus adeno-associati (AAV), i lentivirus e il virus dell’herpes simplex (30). Il loro utilizzo è tuttavia associato a molteplici effetti indesiderati, come l’integrazione nel genoma dell’ospite, l’auto-replicazione, il rischio di ricombinazione e il potenziale immunogenico (30). Un'altra possibilità è quella di veicolare i frammenti di DNA mediante nanodispositivi. Il gene sano viene inserito nelle nanoparticelle, le quali lo trasportano fino al nucleo, dove sarà capace di funzionare al posto di quello malato.

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15 Sono stati sviluppati dei nanovettori polimerici a lunga circolazione rivestiti con polimeri idrofilici come il PEG (glicole polietilenico), che operano come vettori sicuri e privi di tossicità potenziale (30).

In futuro le nanotecnologie potrebbero rendere possibile la realizzazione di impianti e organi artificiali altamente resistenti e più simili a quelli originali, oppure di rivestimenti biosintetici e biocomaptibili in grado di impedire il rigetto. Questi sviluppi potrebbero riguardare interventi sostitutivi di pelle, tessuti o ossa danneggiate o la realizzazione di impianti retinali e cocleari (4,27).

Nonostante i numerosi vantaggi potenziali offerti dalle nanotecnologie in campo medico, un’importante sfida delle industrie della nanomedicina consisterà nel garantire che i nanodispositivi e nanomateriali utilizzati siano sicuri per il corpo umano e per l’ambiente (3).

1.4 Nanoparticelle

Secondo la definizione comunemente accettata, una nanoparticella (NPs) è un oggetto il cui diametro medio è inferiore a 100 nm: il parametro di riferimento è quindi la sola dimensione e non la natura o l’organizzazione del materiale che la compone.

Le NPs possono essere presenti naturalmente nell’atmosfera (7) o prodotte in maniera volontaria o involontaria dall’attività dell’uomo. Le NPs possono essere formate da vari materiali e assumere forme regolari

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16 (tubulari, sferiche o filamentose) o irregolari. Esse possono esistere allo stato disperso o in forma fusa, aggregata o agglomerata (44).

Caratteristica comune delle NPs è di possedere proprietà e caratteristiche differenti da quelle della specie chimica parentale (5,56).

Tali proprietà sono attribuibili all'aumentato rapporto tra l'area di superficie e il numero per unità di massa delle NPs che implica una maggiore reattività chimica, una maggiore resistenza e conducibilità elettrica e, potenzialmente, una più accentuata attività biologica (40). NPs artificiali o ingegnerizzate trovano attualmente impiego nella fabbricazione di prodotti di largo consumo. Ad esempio NPs di diossido di titanio sono impiegate nelle vernici (39), mentre NPs di ossido di zinco sono impiegate nella produzione di creme protettive solari (49). Tante altre applicazioni sono ancora in fase di sviluppo.

1.4.1

Nanoparticelle

presenti

nell’inquinamento

ambientale

L’uomo è sempre stato esposto alle NPs in qualunque momento storico, dato che molte di esse sono di produzione naturale. Tuttavia, l’esposizione alle NPs è cresciuta notevolmente nell’ultimo secolo a causa dello sviluppo industriale. Oggigiorno, le NPs costituiscono una parte importante del particolato atmosferico urbano.

Il particolato ambientale (PM) è diviso in tre categorie a seconda delle sue dimensioni: ultrafino (inferiore a 0.1 micron), fino (inferiore a 2.5 micron) e grosso (tra 2.5 e 10 micron); quello convenzionalmente definito come PM10 include particelle con un diametro compreso tra 15

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17 e 10 micron. La maggior parte degli studi epidemiologici e tossicologici pubblicati negli ultimi anni si riferisce all’impiego di particolato PM10 (5).

La principale via di esposizione delle NPs presenti nell'aria è l’inalazione. Le particelle, una volta penetrate nell'organismo per via inalatoria, sono in grado di passare nella circolazione sanguigna (47), e raggiungere gli organi interni ed esercitare la loro potenziale azione tossica (33,65).

E’ stato dimostrato che le particelle di dimensioni nanometriche sono molto più tossiche di quelle di dimensioni micrometriche (69). Le NPs sono in grado di attraversare la membrana cellulare per semplice diffusione o attraverso meccanismi di trasporto specifici (67). La penetrazione delle NPs è influenzata dalla loro composizione chimica, densità e carica di superficie (18). All’interno delle cellule, i NMTs possono interagire con le diverse componenti citoplasmatiche causando alterazione delle funzioni cellulari. Alcune NPs sono in grado di localizzarsi a livello del nucleo e dei mitocondri, inducendo danno al DNA, arresto del ciclo cellulare, mutagenesi, apoptosi e formazione di specie ossigeno reattive (43).

Sebbene ancora in fase di discussione, i NMTs potrebbero essere coinvolti nella up-regulation della NADPH ossidasi e della xantina ossidasi, fonti di radicali liberi nei macrofagi e neutrofili (43).

Numerosi studi epidemiologici mostrano che NPs derivate dai diversi tipi di combustione, come riscaldamento, veicoli a motore, sono associate ad un aumento di morbilità cardiovascolare e morte per ischemia miocardica, aritmia e infarto (15,21,43).

I meccanismi responsabili degli effetti cardiovascolari non sono stati ancora ben chiariti. Attualmente, una delle principali ipotesi accettate è

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18 che le particelle producono infiammazione polmonare con il rilascio sistemico di citochine che potrebbero influenzare l’attività cardiovascolare. Secondo un’ipotesi alternativa, le NPs in grado di traslocare dai polmoni alla circolazione sistemica, raggiungerebbero il cuore, influenzando direttamente le funzioni cardiache (47).

1.4.2 Biocinetica delle nanoparticelle

L’esposizione ai NMTs può avvenire attraverso atmosfera, cibo, acqua, prodotti per la cosmesi e dentifrici, contatto con i tessuti di abbigliamento e la somministrazione di farmaci.

Le particelle nanometriche, attraverso la via inalatoria, digestiva e cutanea, possono giungere nella circolazione sistemica e migrare in seguito nei diversi organi e tessuti, interagendo con ì sistemi biologici ed esercitando la loro potenziale tossicità (51).

Quando la via di penetrazione è quella inalatoria, l'apparato respiratorio rappresenta il primo organo bersaglio. Le NPs, una volta respirate vengono inalate attraverso le prime vie aeree e, dopo essersi depositate sulle mucose, traslocano nelle vie respiratorie più profonde. La traslocazione delle NPs è facilitata dalle dimensioni delle stesse (78), infatti, particelle più voluminose si depositano prevalentemente nel tratto naso-faringeo e tracheo-bronchiale e successivamente vengono espulse mediante meccanismi di clearance muco-ciliare, quelle più piccole sedimentano nella regione alveolare.

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19 Come dimostrato in uno studio condotto da Ferin (18) le NPs, grazie alle loro dimensioni nanometrìche, sono in grado di attraversare le membrane biologiche e interstizializzare. L’incrementato accesso interstiziale delle particelle ultrafini induce un'intensa attivazione macrofagica, che si accompagna ad una severa risposta di flogosi polmonare (18).

Nel 2002 Nemmar e collaboratori (47), studiando particelle di carbone

marcate con tecnezio (9SmTc) hanno dimostrato la capacità delle NPs di

trasferirsi dall'interstizio polmonare alla circolazione sistemica (47). Le maggiori vie di traslocazione delle NPs dal polmone alla circolazione sistemica e agli organi extrapolmonari sono rappresentate dalla fagocitosi da parte dei macrofagi alveolari e dall’endocitosi da parte delle cellule epiteliali e endoteliali (24).

Dalla circolazione sistemica le particelle nanometrìche possono raggiungere altri organi e apparati; il fegato rappresenta il maggior sito di distribuzione, seguito dalla milza e da altri organi del sistema reticoloendoteliale (51).

E’ stata segnalata anche la diffusione delle NPs a livello del cuore, dei reni e del midollo osseo. In alcuni studi sui topi, diversi tipi di NPs, di dimensioni comprese tra 10 e 240 nm, sono state ritrovate nel midollo osseo in quantità significative dopo iniezione endovenosa (51).

Dalla letteratura emerge anche la capacità neurotossica delle particelle nanometrìche (76). Esistono due differenti ipotesi sulla capacità delle NPs di raggiungere il sistema nervoso centrale. Secondo la prima ipotesi, le NPs presenti nelle vie aeree superiori raggiungono gli assoni neurali attraverso il nervo olfattorio (76).

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20 La traslocazione attraverso il nervo olfattivo è giustificata dalla notevole vicinanza tra la mucosa nasale olfattiva e il bulbo olfattivo, condizione che favorisce un rapido trasporto neuronale.

La seconda ipotesi, presente in letteratura, afferma che le NPs sono in grado di attraversare la barriera emato-encefalica mediante processi di diffusione passiva o dì trasporto endocitotico carriers mediato, raggiungendo così il sistema nervoso centrale (37).

In uno studio condotto da Calderon-Garciduenas (8) sono stati osservati effetti neurotossici indotti dalle NPs in animali da esperimento. Le NPs avevano causato negli animali processi flogistici, alterazioni neuro-degenerative della mucosa e del bulbo olfattivo, dei neuroni corticali e subcorticali nonchè apoptosi delle cellule gliali della sostanza bianca. Si ritiene che queste alterazioni siano conseguenza dello stress ossidativo generato dalle NPs, caratterizzato da aumento delle specie ossigeno reattive (8).

Un'altra potenziale via di penetrazione delle NPs potrebbe essere la pelle (59). Tuttavia, gli studi finora condotti, per valutare la possibilità di trasporto delle particelle nanometriche attraverso la cute, hanno dato risultati piuttosto controversi come riportato nella tabella seguente (Tab 2) (11).

La caratterizzazione delle NPs dovrebbe essere essenziale per i futuri studi sulla penetrazione cutanea. Forma, dimensione, carica di superficie, formazione di aggregati o agglomerati potrebbero influenzare la penetrazione delle NPs attraverso la cute. Per indagare l’interazione tra le NPs e la pelle, i ricercatori devono prendere in considerazione diverse variabili: siti di esposizione anatomica, estensione della zona di

(21)

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21 esposizione, tempo di esposizione e presenza di malattie della pelle o uso di prodotti che facilitano la penetrazione (11).

(22)

Study (year) Compound (dimensions) Study type Outcome

Alvarez-Roman. Et al. (2004)

Polystyrene NPs (20 and 200 nm)

In vitro: vertical diffusion cells with full-thickness porcine ear skin

NPs accumulation in follicular openings

Baroli et al. (2007) Two different types of iron-based NPs (<10 nm)

In vitro: vertical diffusion cells with full-thickness human skin

NPs was detected into deepest layers of the epidermis, stratum granulosum, and into the hair follicles

Bennat and Muller- Goymann (2000)

Titanium Dioxide In vivo: human volunteers—tape stripping In vitro: penetration cells with human skin and cultivated skin

Differences in penetration between different formulations. Microfine titanium dioxide penetrated probably via hair follicles and hair

Cross et al. (2007) Zinc Oxide (15–40 nm) In vitro: Franz diffusion cells with human epidermis No NPs could be detected in the lower stratum corneum or viable epidermis

Gamer et al.(2006) Titanium Dioxide (80 nm) In vitro: Franz diffusion cells with porcine skin Neither microfine zinc oxide nor microfine titanium dioxide was able to penetrate through porcine skin, and that most of the applied material was recovered in the first five tape strips

Kertesz et al. (2005) Titanium Dioxide In vivo: penetration via human foreskin grafts transplanted to immunodeficient mice NPs were observed having penetrated into the corneocyte layers of stratum corneum

Kiss et al. (2008) Titanium Dioxide In vivo: penetration via human skin transplanted to immunodeficient mice

No evidence of penetration through the intact epidermal barrier

Lademann et al. (1999) Titanium Dioxide In vivo: human volunteers—tape stripping No penetration of microparticles into viable skin tissue. Little amount was found into the hair follicles

Larese et al. (2009) Silver (25 nm) In vitro: Franz diffusion cells with full-thickness human skin

(23)

Study (year) Compound (dimensions) Study type Outcome

NANODERM (2007)

Many different formulations of Titanium Dioxide

In vivo: pig skin biopsies, human healthy and psoriasic skin biopsies, human skin transplanted to

immunodeficient mice

The final report concluded that no health effects are expected for topical application of sunscreens containing titanium dioxide NPs (especially when coated) on healthy skin. The situation with psoriatic, sunburned or atopic skin is less clear

Rouse et al. (2007)

Fullerenes (0.7 nm before functionalization)

In vitro: dermatomed porcine skin fixed to a flexing device

Skin flexion increased NPs dermal penetration

Ryman-Rasmussen et al. (2006)

Spherical Quantum Dots (4.6 nm) and ellipsoid Quantum Dots(12 X 6 nm)

In vitro: Porcine skin in flow-through diffusion cells QDs of different sizes, shapes, and surface coatings could penetrate intact skin in an occupationally relevant dose

Sonavane et al. (2008)

Gold (15 nm, 102 nm and 198 nm)

In vitro: Franz diffusion cells with rat skin Gold NPs showed size dependent permeation As the size of the NPs increased, permeability coefficient and diffusion coefficient was found to be decreased

Schulz et al. (2002)

Three different type of titanium dioxide formulations (10/15, 20,100 nm)

In vivo: Human volunteers—skin biopsies Micronized titanium dioxide was solely deposited on the outermost surface of the stratum corneum but not in deeper stratum corneum layers, in the human epidermis and dermis

Tan et al. (1996) Titanium dioxide In vivo: Human volunteers—Tape stripping and skin biopsies

After excision, skin analysis showed that the concentration of titanium in the subjects exposed were higher than in the controls

Trop et al. (2006)

Silver (15 nm) Case report: one patient treated with silver-coated wound dressing

After 1 week of local treatment in a young, previously healthy, man with 30% mixed depth burns, hepatotoxicity, argyrialike symptoms, and grayish discoloration of the patient’s face appeared. Silver levels in plasma and urine were elevated

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24 Le particelle nanometriche possono entrare nell'organismo anche per via

digestiva. Nanoparticelle e microparticelle (0,1-3 m) vengono

quotidianamente ingerite in quantità molto elevate (1012 e 1014 particelle

al giorno per persona) dall’organismo (5,38). Principalmente si tratta di nanoparticelle di silicati e di biossido di titanio incluse negli alimenti e in altri prodotti come dentifrici e cosmetici, oppure nelle vernici. Una volta ingerite, le nanoparticelle possono traslocare dal tratto gastro-intestinale (GI) al circolo sanguigno, come è stato osservato in studi condotti sia sul ratto che sull’uomo. In particolare in questi studi, si è osservata la capacità di nanoparticelle di Titanio (150-500 nm) di traslocare dal tratto GI al circolo sistemico e successivamente di accumulasi nel fegato e nella milza (28).

Le evidenze non sono però univoche. In altri studi, infatti, condotti su nanoparticelle metalliche ultrafini, non è stata evidenziata una traslocazione significativa al circolo sistemico e agli altri organi. In particolare, in uno studio, si è osservato come una sospensione di particelle di 192IR, di diametro di 18 nm, somministrata per via intra-esofagea nei ratti veniva completamente eliminata per via fecale nell’arco di 2-3 giorni, senza osservare accumulo di nanoparticelle o di radioattività negli organi degli animali sperimentali (5).

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25

1.5 Nanotossicologia

Le nanoscienze sono altamente interdisciplinari perché hanno implicazioni in tutti i campi della scienza e della tecnologia e il loro impiego rappresenterà la rivoluzione industriale del 21° secolo. Attualmente, c’è una grave carenza di informazioni sull’impatto che i nanomateriali prodotti industrialmente possono avere sull’ambiente e sulla salute umana, allo stesso tempo le quantità prodotte aumentano vertiginosamente di anno in anno.

Esiste la preoccupazione che le stesse proprietà che vengono sfruttate dalla ricerca e dall’industria, cioè l’elevata area superficiale, la reattività e la capacità di attraversare le membrane cellulari possano determinare effetti negativi sull’ambiente e sull’uomo (1).

I tossicologi ritengono che, poiché i NMTs presentano proprietà chimico-fisiche piuttosto diverse dagli stessi materiali di dimensioni atomiche o super-micrometriche, devono essere testati e regolamentati in modo specifico. Nonostante ciò, non esistono ancora protocolli standard per la valutazione tossicologica dei NMTs.

Recentemente, è nata una nuova branca delle scienze, la nanotossicologia che si occupa dello studio delle interazioni e degli effetti dei NMTs sui sistemi biologici.

La nanotossicologia ha suddiviso i NMTs in due gruppi: quelli prodotti in modo naturale o involontario e quelli prodotti volontariamente dall’uomo per sfruttare le loro peculiari proprietà. Il primo gruppo è costituito da un insieme chimicamente complesso di materiali di natura

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26 polidispersa. I NMTs prodotti industrialmente, invece, possono essere sintetizzati in forme omogenee, con dimensioni e forme definite come, ad esempio, sfere, fibre o tubi.

Come ho già accennato prima, gli studi attualmente presenti sulle nanoparticelle ingegnerizzate sono molto pochi (25). Dalla letteratura, sono emerse una serie di problematiche legate all’analisi delle NPs (31,46,60). Tra le diverse difficoltà incontrate, si può citare l’ottenimento di una stabile dispersione in soluzione delle NPs. E’ stato dimostrato che, l’uso di una dispersione instabile di NPs in esperimenti in vivo e in vitro, potrebbe portare ad una valutazione inaccurata della loro tossicità e quindi a conclusioni fuorvianti (60). Una caratteristica delle NPs, conseguente alla loro elevata area superficiale, è la loro forte tendenza a formare aggregati o agglomerati in soluzione (44).

L’aggregato è definito come un composto secondario di particelle primarie (le quali sono unite tra loro per mezzo di legami chimici forti), che si comporta come una singola unità. L’agglomerato (cluster) è definito, invece, come un composto secondario formato da aggregati (i quali sono uniti tra loro da legami chimici deboli) che, in seguito a manipolazione, si possono disgregare. Lo stato di dispersione di un sistema particolato descrive il numero relativo di particelle primarie (aggregate) presenti in un mezzo di sospensione rispetto al numero di agglomerati.

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Figura 2. Rappresentazione degli stati di aggregazione e di agglomerazione delle NPs.

Si ritiene che il grado e il tipo di agglomerati formati possa influenzare la tossicità delle NPs (60). Pertanto gli agglomerati di NPs rappresentano un grave problema negli studi tossicologici. E’ necessario, dunque, lo sviluppo di un adeguato mezzo di dispersione delle NPs. Esistono diversi metodi per la dispersione delle NPs in soluzione. Per esempio, in alcuni studi in vitro sono stati utilizzati medium per culture cellulari mentre in studi in vivo sono stati utilizzati soluzioni saline tamponate con fosfato e 1% di tween 80. In alcuni studi, invece, si è usato il fluido di lavaggio bronco-alveolare (BAL) come medium per la dispersione delle NPs in esperimenti sia in vivo che in vitro. Altri studi, hanno dimostrato che l’aggiunta di proteine e tensioattivi possono facilitare la dispersione delle NPs. L’albumina sierica, in virtù delle sue proprietà anfotere, si lega alle NPs, stabilizzandole. Mentre i tensioattivi diminuiscono lo stato di agglomerazione delle NPs. Pertanto, la presenza

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28 di proteine e tensioattivi polmonari nel fluido di lavaggio bronco-alveolare (BAL) ne spiega l’effetto che si ottiene sulle NPs (57).

Un altro problema, emerso dagli studi di nanotossicologia, è che alcune caratteristiche delle NPs come l’alta capacità di assorbimento, l’idrofobicità, carica superficiale, proprietà ottiche e magnetiche o attività catalitiche possono interferire con i test usati in tossicologia, portando così a risultati fuorvianti (Tab.3). Per esempio, si è osservato che NPs a base di carbonio possono interferire con le classiche analisi citotossiche come l’MTT, usato per valutare la vitalità cellulare. Tale test si basa sulla riduzione da parte dell’enzima mitocondriale succinato deidrogenasi del sale di tetrazolio (MTT), sostanza di color giallo, in cristalli di formazano, insolubili in soluzione acquosa. I cristalli vengono disciolti in isopropanolo acidificato e la soluzione viola che si forma può essere dosata spettrofotometricamente. Un aumento o diminuzione nel numero di cellule vitali può essere valutato come corrispondente incremento o decremento dell’assorbanza ottica dovuta ai sali di forrmazano. NPs a base di carbonio sono in grado di interagire con il substrato, riducendo la quantità di MTT libero e causando risultati falsi negativi (31).

Pertanto sono necessarie nuove e numerose strategie di screening di tossicità per accertare il potenziale rischio legato alle NPs. Ogni tipo di NP dovrà essere classificata, caratterizzata e studiata singolarmente.

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29 Tabella 3 : Le NPs interferiscono con i test di citotossicità (31).

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2. SCOPO DELLA TESI

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Scopo della tesi

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31 Le nanotecnologie hanno subito un forte sviluppo in questi ultimi decenni, promettendo progressi in diversi settori di attività, dall’agroalimentare all’energia e ambiente, dai mezzi di trasporto alla farmaceutica e biomedicale, dalla meccanica ed elettromeccanica al tessile e abbigliamento, dalla chimica e petrolchimica all’elettronica e alle tecnologie dell’informazione

.

Nonostante oggi ci siano circa 800 prodotti nanotecnologici sul mercato (di cui il 60% cosmetici e 10% alimentari), resta ancora da definire se e quali NMTs ingegnerizzati siano dannosi per la salute dell’uomo e per l’ambiente.

Alcuni meccanismi e principi di tossicità sono stati ipotizzati utilizzando NPs e nanofibre, ma è ancora impossibile predire il loro comportamento a contatto con diversi sistemi biologici. Come emerso dalla letteratura, a causa del gran numero di variabili che influenzano la potenziale tossicità delle NPs (dimensioni, composizione chimica, forma, struttura superficiale, carica superficiale) non è possibile generalizzare sui rischi per la salute associati all’esposizione ai NMTs (65). Ogni nuovo NMT deve essere valutato singolarmente, tenendo in considerazione tutte le sue proprietà.

Lo scopo di questo lavoro è stato quello di fornire una caratterizzazione delle NPs, studiando la morfologia ossia forma e dimensioni delle singole NPs in esame. L’altro obiettivo è stato quello di valutare la potenziale tossicità delle NPs in esame attraverso uno studio approfondito dei loro effetti su diversi parametri cellulari come proliferazione, produzione di specie ossigeno reattive, apoptosi e danno mitocondriale in una linea di cellule endoteliali umane (EC), scelte come modello cellulare.

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Materiali e metodi

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3.1 Scelta delle nanoparticelle

In questo studio si sono testate le NPs di Titania (TiO2), Silice (SiO2) e

Zirconia (ZrO2), funzionalizzate e non con fluoresceina di isotiocianato

(FITC), gentilmente fornite dalla Dott.ssa Vanna Delogu, presso Porto Conte Ricerche.

La funzionalizzazione con una sonda fluorescente come la FITC ha lo scopo di permettere sia la quantificazione sia la localizzazione intracellulare delle NPs oggetto di studio. La FITC ha un massimo di assorbimento a 490-495 nm ed emette una luce giallo-verde a 517 nm, rilevabile al microscopio a fluorescenza o mediante analisi fluorimetrica.

Sulle NPs di TiO2 e SiO2 esistono diversi studi atti a valutare una loro

potenziale tossicità, mentre scarseggiano quelli relativi alle NPs di ZrO2.

NPs di TiO2 sono ampiamente usate come pigmenti bianchi nella

produzione di vernici, carta e plastica o in prodotti alimentari (56).

L’impiego delle NPs di TiO2 ha coinvolto anche altri settori industriali

come quello cosmetico e farmaceutico (21). Particelle nanometriche di TiO2, grazie alle loro proprietà di filtri UV, sono presenti in alcune

creme di bellezza e in creme solari per protegge la pelle dai raggi UV-A

(61). Tuttavia, da alcuni studi le NPs di TiO2 sono risultate dannose per

la salute umana. Infatti, le NPs di TiO2 possono depositarsi nei tessuti

polmonari e causare infiammazione polmonare, danno polmonare simile all’enfisma, fibrosi e danno al DNA in animali da esperimento (48,72).

NPs di TiO2 sono state ritrovate anche nel fegato, nei reni e nella milza,

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34 assorbimento da parte del tratto gastrointestinale e respiratorio (28). E’ stata anche rivelata la capacità delle NPs di attraversare la barriera ematoencefalica (72).

La produzione commerciale di NPs di SiO2 è iniziata negli anni ’30 dello

scorso secolo e ha acquisito un’importanza sempre maggiore. Le NPs di

SiO2 trovano un largo impiego industriale per svariate applicazioni che

vanno dalla chiarificazione delle bevande, all’utilizzo come additivi per polimeri, vernici, rivestimenti e detergenti per la loro capacità di migliorare le proprietà di resistenza, brillantezza e adesione delle superfici fino al recente impiego in prodotti cosmetici. Per quanto

riguarda altre possibili applicazioni, le NPs di SiO2 contenenti molecole

fluorescenti organiche stanno attraendo molta attenzione in campo

biomedico come traccianti per applicazioni diagnostiche,

somministrazione mirata dei farmaci e cura dei tumori (75).

Nonostante il largo impiego delle NPs di SiO2, esistono in letteratura

studi che evidenziano alcuni loro effetti tossici. Si sono osservate alterazioni cardiovascolari e polmonari in ratti anziani dopo inalazione

di NPs di SiO2. L’esposizione a NPs di SiO2 è associata anche a danno

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Materiali e metodi

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3.2 Sintesi delle nanoparticelle

I reagenti chimici impiegati per la sintesi delle NPs sono stati acquistati dalla Sigma-Aldrich ed utilizzati senza ulteriori modifiche.

Le NPs di SiO2, TiO2 e ZrO2 sono state sintetizzate con un nuovo

metodo di preparazione basato sulla tecnica sol-gel (Fig. 3) che prevede l’idrolisi (a) e la successiva condensazione (b) di precursori alcossidici catalizzata da basi, a temperatura ambiente. I precursori (1 g), tetraetilortosilicato (TEOS), titanio butossido (Ti(OBu)4) e zirconio

isopropossido (Zr(OPr)4), rispettivamente, sono stati solubilizzati in

etanolo (7,3 ml) e addizionati di una soluzione di ammoniaca concentrata (13,4 ml). Le NPs, ottenute come precipitati bianchi, sono state successivamente purificate mediante centrifugazione e lavaggio con etanolo ed acqua per allontanare dalla superficie l’eventuale materiale non reagito. Il prodotto solido così isolato è stato essiccato a 60°C per 12 ore.

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Materiali e metodi

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36 Le stesse NPs funzionalizzate sulla superficie con Fluoresceina isotiocianato (FITC) sono state sintetizzate, mediante una reazione

one-pot, utilizzando la tecnica descritta (Fig. 4). La FITC (5 mg) è stata

prima coniugata covalentemente con amminopropiltrietossisilano (APTES) (10 l) attraverso una reazione di addizione, in soluzione etanolica, dell’ammina dell’APTES con il gruppo isotiocianato della FITC, come mostrato nello schema. Il coniugato addizionato al mezzo di reazione contenente i precursori porta alla formazione di un coating mediante legame covalente con i gruppi idrossilici esposti sulla superficie delle NPs.

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Materiali e metodi

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37

3.3 Caratterizzazione delle nanoparticelle

La morfologia (forma e superficie) delle NPs è stata studiata mediante microscopia elettronica a scansione (SEM) (modello ESEM-FEI Quanta 200, FEI Company, Hillsboro, OR, USA) e in trasmissione (TEM) (Zeiss M109 turbo, Zeiss, Germania).

Per l’analisi al SEM, i campioni di NPs sono stati fissati su supporti di alluminio e rivestiti con una lamina d’oro dello spessore di 25 nm (gold sputtering), allo scopo di riprodurre esattamente la forma delle particelle solide; il campione inserito nel probe dello strumento è, quindi, investito da un fascio di elettroni primari dotati di un potenziale di accelerazione di 20kV; a seguito della collisione di questi con la lamina d’oro, vengono emessi elettroni secondari a minore energia che sono raccolti ed utilizzati per variare l’intensità dello spot su uno schermo televisivo che si muove in sincronia con il fascio di elettroni. Le immagini così ottenute sono state fotografate a diversi ingrandimenti.

I campioni per l’analisi al TEM sono stati depositati su una griglia di rame (400 mesh) rivestita con un film Formvar. Dopo diluizione delle

particelle in H2O, una goccia di campione è stata depositata sulla griglia

ed il solvente è stato lasciato evaporare a temperatura ambiente. Anche in questo caso, le immagini sono state fotografate a diversi ingrandimenti.

Le dimensione delle NPs sono state calcolate dalle foto con il programma Imagine Tool Version 3.0. I valori di diametro medio e rispettive deviazioni standard sono relativi a n=100 particelle.

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Materiali e metodi

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38

3.4

Preparazione

delle

diverse

concentrazioni

di

nanoparticelle funzionalizzate e non con fluoresceina di

isotiocianato

Per i diversi esperimenti, i campioni di NPs sono stati risospesi in una soluzione di M199 e FCS al 50%. Le soluzioni di NPs sono state sonicate a bagno per 1 h e vortexate per 1 h, per favorire la dispersione delle NPs nella soluzione. Dopo un’ora di agitazione, sono state preparate le diverse concentrazioni di NPs (100-50-10 e 1 g/ml) in M199 e FCS 10% e immediatamente utilizzate negli esperimenti (Fig. 5). M199 + 50% FCS + 0,5 mg/ml nanoparticella 1 h 1 h M199 + 10% fcs + 100 g/ml nanoparticella M199 + 10% fcs + 50 g/ml nanoparticella M199 + 10% fcs + 10 g/ml nanoparticella M199 + 10% fcs + 1 g/ml nanoparticella

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39

3.5 Quantificazione della fluorescenza legata alle

nanoparticelle

funzionalizzate

con

fluoresceina

di

isotiocianato (FITC)

La quantificazione della fluorescenza è stata investigata tramite analisi allo spettrofotometro. Sono state preparate una serie di soluzioni a concentrazione nota e variabile di FITC in PBS Plus. Partendo da una soluzione di FITC 1 mg/ml in PBS Plus, sono stati preparati campioni a concentrazioni scalari di isotiocianato di fluoresceina. Tali campioni sono stati caricati in piastra nera da 96 pozzetti. La fluorescenza è stata misurata con un lettore di piastre per fluorescenza GENios plus (Tecan). Le lunghezze d’onda usate per quantificare la fluorescenza sono state di 485 nm per l’eccitazione e 535 nm per l’emissione. E’ stata quindi calcolata la curva di calibrazione ponendo in ascissa le diverse concentrazioni della FITC e in ordinata le corrispondenti fluorescenze lette. Si è ottenuta la retta con R2 = 0,9988.

Le soluzioni di differenti concentrazioni di NPs funzionalizzate con la FITC sono state preparate con il metodo descritto precedentemente e lette allo spettrofotometro. Utilizzando la curva di taratura della FITC è stato possibile per interpolazione calcolare la quantità di FITC legata alle NPs.

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40

3.6 Colture cellulari

Le cellule utilizzate per gli esperimenti derivano da una linea cellulare spontaneamente trasformata di cellule endoteliali estratte dalla vena ombelicale umana, denominate ECV-304. Sono state acquistate dalla European Collection of Animal Cell Cultures (ECACC, Salisbury, United Kingdom).

Questa linea cellulare è stata proposta come un modello adatto a fornire nuove risposte sui meccanismi che regolano la biologia endoteliale sia in condizioni fisiologiche che in condizioni patologiche (14,35,77).

Le cellule sono state fatte crescere in fiasche T25 (Falcon) in 20 ml di terreno così composto: Medium M199 (M199) (Invitrogen) contenente il 10% v/v di siero fetale bovino (FCS, Invitrogen, Carlsbad, CA); 100 g/ml di penicillina (Sigma) e 100 g/ml di streptomicina (Invitrogen). Sono state fatte crescere in un incubatore per colture standard con aria

umidificata contenente il 5% di CO2,il 70% di umidità alla temperatura

di 37°C.

In tutti gli esperimenti, le cellule sono state trattate con le NPs, alle concentrazioni riportate nelle legende delle figure, solubilizzate in M199 contenente 10% di FCS.

Prima di ogni esperimento, le ECV-304 sono state contate al microscopio con la camera di Naugette, misurando la loro vitalità per mezzo del test di esclusione alla nigrosina (Sigma); se la mortalità percentuale risultava maggiore del 5% le cellule non venivano utilizzate.

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3.7 Saggi di citotossicità

3.7.1 Test con Sali di MTT per la vitalità cellulare

Il saggio con MTT (bromuro di dimetil-tiazolil-difenil-tetrazolio) (MTT Cell Proliferation Assay Kit, Invitrogen) è un test colorimetrico quantitativo. Il saggio si basa sulla capacità degli enzimi succinato deidrogenasi mitocondriale, presenti nelle cellule vitali, di trasformare il

sale MTT tetrazolium

3-(4,5-dimethylthiazolo-2-yl)-2,5-diphenytetrasolium bromide, di color giallo, in cristalli di formazano, mediante rottura dell’anello tetrazolico. I cristalli hanno una colorazione porpora e sono insolubili in soluzioni acquose. I cristalli ridisciolti in isopropanolo acidificato formano una soluzione purpurea misurata spettrofotometricamente a 595 nm. I valori di assorbanza sono proporzionali alla quantità di formazano prodotta e, quindi all’attività metabolica e alla vitalità cellulare.

Questo test fornisce un’indicazione relativa della popolazione vitale e permette di valutare la tossicità di una sostanza, attraverso il confronto tra gli indici di vitalità cellulare ottenuti dalle cellule trattate rispetto ai controlli.

Le cellule ECV-304 sono state seminate in piastre da 96 pozzetti ad una densità di 16000 cellule/pozzetto. Dopo 24 ore di incubazione a 37°C, le cellule sono state trattate con le diverse concentrazioni di NPs in M199 e FCS 10% per 24 e 48 ore. Il sale MTT è stato sciolto in PBS 1X alla

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Tesi di dottorato in Scienze Biomolecolari e Biotecnologiche - Università Degli Studi di Sassari

42 concentrazione finale di 5 mg/ml. Due ore prima della scadenza del tempo sperimentale, in ciascun pozzetto sono stati aggiunti 20 l/ml della soluzione contenete MTT. La piastra è stata incubata a 37°C e 5%

di CO2. Dopo le due ore di incubazione, il terreno con MTT in eccesso è

stato allontanato e le cellule sono state lisate con isopropanolo acido per 15 minuti. il monostrato cellulare è stato lavato 2 volte con PBS 1X e quindi incubato in 400 l di buffer di lisi contenente SDS 20% in 50% di dimetilformamide (Carlo Erba) pH 4,7, acido acetico 2% ed HCl 2,5% (Sigma-Aldrich). Infine l’assorbanza è stata misurata con uno spettrofotometro per piastre (Microplate Reader Versamax, Molecular Devices) alla lunghezza d’onda di 570 nm. I risultati sono stati espressi come rapporto dell’assorbanza fra il campione trattato e il controllo non trattato.

3.7.2 Analisi della vitalità cellulare con Trypan blue

La stima della vitalità cellulare è stata effettuata mediante colorazione con Trypan Blue (TB) (Invitrogen). Questo marker, aggiunto ad una sospensione cellulare, è in grado di attraversare esclusivamente membrane la cui integrità è stata modificata in maniera significativa. Il TB penetra soltanto in cellule danneggiate, la cui vitalità è compromessa, dando loro un colore blu al microscopio a luce visibile. Le cellule vitali, che non sono permeabili al marker, rimangono trasparenti.

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Materiali e metodi

Dott.ssa Stefania Punzoni

Sintesi, caratterizzazione ed analisi degli effetti biologici delle nanoparticelle di TiO2, SiO2 e ZrO2 su cellule endoteliali umane

Tesi di dottorato in Scienze Biomolecolari e Biotecnologiche - Università Degli Studi di Sassari

43 Le cellule ECV-304 sono state piastrate in piastre da 12 pozzetti (Falcon), in terreno completo, alla concentrazione di 240.000 cellule/pozzetto.

Il giorno seguente, le cellule sono state trattate con concentrazioni differenti delle NPs non funzionalizzate con la FITC (tre pozzetti per concentrazione), come controlli sono state utilizzate cellule non trattate. Alla fine del trattamento, della durata di 24 e 48 ore, le cellule sono state lavate per tre volte con PBS per eliminare le NPs in eccesso, e quindi tripsinizzate. Le cellule completamente staccate sono state trasferite in falcon. Dieci microlitri di sospensione cellulare sono stati mescolati con dieci microlitri di TB. Le cellule sono state contate utilizzando l’apparecchio Countess® Cell Counter (Invitrogen). I risultati sono stati espressi come % del controllo.

3.7.3 Saggio con BrdU per valutare la neosintesi di DNA

Per studiare le modificazioni dell’attività proliferativa cellulare in seguito al trattamento con le NPs in esame, è stato utilizzato un saggio colorimetrico quantitativo (BrdU Kit ELISA, Roche) che si basa sulla capacità della bromodeossiuridina (BrdU) di incorporarsi nel DNA, durante la fase replicativa.

Cellule ECV-304 sono state seminate in terreno basale ad una densità di 8000 cellule/pozzetto in piastre nere da 96 pozzetti. Dopo 24 ore di incubazione a 37°C, le cellule sono state trattate per 24 e 48 ore con le diverse concentrazioni di NPs non funzionalizzate. Dieci ore prima del

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