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Attenti al movimento!

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Academic year: 2021

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TESI DI BACHELOR DI

SERENA CINUS

BACHELOR OF ARTS IN PRIMARY EDUCATION

ANNO ACCADEMICO 2017/2018

ATTENTI AL MOVIMENTO!

COME DELLE PAUSE ATTIVE POSSONO INFLUENZARE L’ATTENZIONE

DEGLI ALLIEVI IN CLASSE

RELATORE

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UN GRANDE GRAZIE…

Alla mia grande famiglia, che mi ha sempre appoggiata e accompagnata nel mio percorso scolastico, motivandomi e sostenendomi.

A Simone Storni, per il grande aiuto e il sostegno datomi in questi mesi. I consigli e la conoscenza messa a disposizione sono stati molto preziosi per la realizzazione del percorso.

Ai bambini della Scuola Elementare di Biasca per la grande disponibilità, l’entusiasmo, la gioia e l’affetto dimostratomi durante l’intero anno scolastico.

Ai colleghi di Istituto e ai miei compagni, per la loro disponibilità, il sostegno e la gentilezza dimostratemi. La buona collaborazione ha reso l’anno scolastico molto piacevole e costruttivo.

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Serena Cinus

Bachelor of Arts in Primary Education

Attenti al movimento! Relatore: Simone Storni

Ognuno di noi avrà sicuramente già sentito il bisogno di liberare la mente, quindi per sfogarci corriamo, passeggiamo e ci prendiamo una pausa. I bambini, in particolare, vivono più intensamente questa necessità, che li accompagna anche durante le giornate scolastiche, influenzando la loro attenzione e i loro apprendimenti.

Questo lavoro di Bachelor ha l’obiettivo di indagare, come le condotte motorie, tramite delle pause svolte all’interno di una lezione, possono influire sull’attenzione e la concentrazione degli allievi in classe. In particolare, si dà importanza al concetto di pausa sia in movimento che statica, per osservarne l’influenza sui bambini. Durante la sperimentazione, sono stati realizzati dei momenti all’interno di una lezione scolastica di 45 minuti, durante i quali i bambini avevano la possibilità di svolgere una pausa in movimento, caratterizzata da giochi psicomotori e sociomotori, oppure una pausa statica, durante la quale i bambini svolgevano delle attività seduti al loro banco. I dati sono stati raccolti grazie ad una griglia di osservazione, che aveva lo scopo di evidenziare i comportamenti disattenti che gli allievi avevano in seguito allo svolgimento della pausa.

L’analisi dei dati ha dimostrato che lo svolgimento di una pausa è fondamentale per migliorare l’attenzione e la concentrazione degli allievi durante la lezione successiva. I dati non hanno però evidenziato quale tipologia di pausa è maggiormente benefica per i bambini osservati.

Parole chiave

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Sommario

1 Introduzione ... 1

1.1 Motivazione della scelta ... 1

1.2 Contesto di riferimento ... 2

2 Quadro teorico... 3

2.1 Il movimento fisico ... 3

2.1.1 Bisogni di un essere umano ... 3

2.1.2 Importanza del movimento fisico ... 4

2.1.3 L’importanza del movimento fisico a scuola ... 5

2.1.4 I benefici del movimento fisico ... 5

2.1.5 Le conseguenze dell’attività fisica sul nostro corpo ... 7

2.2 Il movimento a scuola ... 7 2.2.1 I giochi motori ... 8 2.2.2 Lezioni in movimento ... 8 2.2.3 Pause in movimento ... 9 2.3 Attenzione ... 10 2.3.1 L’attenzione a scuola ... 10

3 Interrogativo e ipotesi di ricerca ... 13

3.1 Domanda di ricerca ... 13

3.2 Ipotesi di ricerca ... 13

4 Quadro metodologico ... 14

4.1 Tipo di ricerca ... 14

4.2 Campione di riferimento ... 14

4.3 Modalità di intervento e tecnica di raccolta dati ... 15

4.3.1 Le fasi della ricerca ... 15

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4.3.4 Programmazione del periodo di sperimentazione ... 17

4.3.5 Questionario ... 19

4.3.6 Tipologie di attività ... 19

5 Analisi dei dati ... 21

5.1 Modalità di analisi ... 21

5.2 Discussione dei dati ... 24

5.2.1 Analisi svolte su Mattia... 26

5.2.2 Analisi svolte su Alessandra e Christine ... 27

6 Conclusioni generali ... 28

6.1 Dagli interrogativi alle conclusioni ... 28

6.2 Limiti della ricerca ... 29

6.3 Possibili sviluppi ... 29 6.4 Considerazioni personali ... 30 7 Bibliografia ... 31 7.1 Volumi ... 31 7.2 Articoli in riviste ... 31 7.3 Pubblicazioni online ... 32 7.4 Moduli o corsi ... 33 8 Allegati ... 34

8.1 Allegato 1: Diario raccolta degli indicatori ... 34

8.2 Allegato 2: Spiegazione dei giochi e delle attività proposte ... 35

8.2.1 Allegato 2.1: Crucipuzzle ... 37

8.2.2 Allegato 2.2: Acrostico ... 38

8.2.3 Allegato 2.3: Scheda utilizzata per la ricerca dei paesi ... 39

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8.5 Allegato 5: Riassunto dei dati raccolti nella fase di sperimentazione ... 42

8.6 Allegato 6: Riassunto dati raccolti durante due lezioni svolte dalla collega ... 43

8.7 Allegato 7: Questionario ... 44

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1 Introduzione

Quando si esercita il mestiere dell’insegnante, fin dai primi mesi di scuola ci si accorge che gli argomenti che si vogliono e in parte si devono trattare, sono diversi e non sempre gli allievi ci seguono come vorremmo. Il rischio è quello di entrare in un circolo vizioso, dove l’unico obiettivo è di portare a termine il programma mentre le reali necessità degli alunni cadono in secondo piano. Capita spesso che per terminare il dettato o l’esercizio, si chiede ai bambini di rimanere seduti, fermi e attenti a lungo.

Quanto possiamo pretendere dai nostri allievi? Quanto sforzo saranno in grado di fare? Quali sono le loro necessità e i loro bisogni?

1.1 Motivazione della scelta

Ho deciso di affrontare questa tematica per molteplici ragioni. Innanzitutto, è un argomento che mi interessa molto e al DFA non ho avuto l’opportunità di approfondire questo aspetto. La mia curiosità, quindi, mi ha spinta a voler esplorare meglio questo fenomeno. Grazie alle mie ricerche e alle mie esperienze concrete, ho potuto osservare in prima persona gli effetti del movimento fisico in classe.

La seconda motivazione è legata al contesto di pratica, in quanto all’inizio del mese di settembre mi sono ritrovata in una classe di scuola elementare nella quale, dopo alcuni mesi di osservazione, ho potuto constatare che c’erano degli alunni che mostravano la necessità e il bisogno di movimento. Ad esempio, appena ne avevano la possibilità si alzavano e andavano a prendere dell’acqua al rubinetto, oppure andavano in bagno. Ho quindi deciso di affrontare questo argomento, auspicando di acquisire le competenze necessarie per aiutarli, e soprattutto che questo tipo di lavoro portasse loro dei benefici.

La terza ragione è molto semplice e puramente personale, infatti io stessa sono la prima che, quando si trova in un periodo particolarmente stressante e con molta tensione accumulata, ha bisogno di sfogarsi, di staccare la spina e prendersi anche solo cinque minuti per ritrovare la calma e la concentrazione adeguata. Lo sport in questo senso mi aiuta molto e mi accorgo dei suoi vantaggi fin da subito. Ho dunque fatto il seguente ragionamento: se dopo un’attività in movimento io mi sento meglio, probabilmente anche i miei allievi, se guidati ed aiutati, avranno un atteggiamento più propenso e adeguato per continuare la lezione.

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1.2 Contesto di riferimento

Come riporta il rapporto annuale di “Scuola in movimento” dell’Ufficio federale dello sport (UFSPO) del 2015/2016, in Ticino le classi che adottano la didattica della “Scuola in movimento”, per la quale si integra il movimento fisico all’interno delle mura dell’aula nella quotidiana vita scolastica, sono molto poche rispetto agli altri cantoni svizzeri.

Figura 1.1: Classi svizzere partecipanti al progetto "Scuola in movimento" nell'anno 2015/2016 (UFSPO, 2016) Questi dati ci fanno riflettere su quanto il nostro Cantone può ancora migliorare per andare incontro alle necessità dei nostri allievi e portare delle innovazioni al nostro metodo di insegnamento.

Ho quindi affrontato questo argomento, portando avanti personalmente il percorso all’interno di una classe di scuola elementare ticinese. Il campione di riferimento è molto ridotto, si deve perciò parlare di ricerca esplorativa, in quanto i dati raccolti non sono sufficienti per avere una valenza scientifica. È giusto però considerarla come un primo tassello, una prima esplorazione per osservare le conseguenze del movimento fisico a scuola.

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2 Quadro teorico

2.1 Il movimento fisico

2.1.1 Bisogni di un essere umano

Ogni essere vivente, per crescere e in generale per vivere, deve soddisfare dei bisogni indispensabili. L’essere umano, proprio come elemento di questa categoria ha determinate necessità. Se chiedessimo a qualsiasi persona di cosa ha bisogno per vivere, le risposte più comuni sarebbero: cibo, acqua, sonno, sicurezza, ecc.

Maslow, nel suo libro Motivazione e personalità (1973), ha affrontato la teoria dei bisogni fondamentali, classificandoli in cinque categorie differenti. Egli sostiene che i nostri principali bisogni sono quelli fisiologici (fame, sete, sonno, movimento, ecc.), i quali sono fondamentali per ogni essere umano. Infatti, egli a pagina 85 del suo libro sostiene:

[...] Questo specificamente significa che nell’essere umano che nella vita manca di tutto in maniera estrema, è più probabile che la motivazione prevalente sia costituita dai bisogni fisiologici che da altri bisogni. Una persona che manca di nutrimenti, di sicurezza, di amore e di stima, probabilmente sentirà la fame più che ogni altro bisogno. (Maslow, 1973, p. 85). Questo significa che il nostro organismo è dominato dai bisogni fisiologici: fino a quando non avremo soddisfatto queste necessità, le altre saranno accantonate o addirittura annullate.

In seguito, soddisfatti questi bisogni – come si può osservare nella figura 2.1 – l’essere umano ne sviluppa degli altri (quelli di sicurezza), i quali possono essere definiti come necessità di sicurezza, di protezione, di libertà dalla paura, dal caos e dall’ansia, ecc. Proseguendo lungo la piramide, troviamo i bisogni sociali, in quanto tutti gli esseri umani hanno la necessità di avere degli amici, un amore, in generale di avere degli affetti e di appartenere ad un gruppo. In seguito, ci sono i bisogni di stima: tutti noi abbiamo l’esigenza di valutarci e di essere valutati. Infine, sulla cima della piramide troviamo i bisogni di autorealizzazione:

[…] Anche se queste esigenze vengono soddisfatte, possiamo spesso (se non sempre) aspettarci che presto si svilupperà un nuovo stato di scontentezza e di irrequietezza, se l’individuo non sarà occupato a fare ciò che egli, individualmente, è adatto a fare”. (Maslow, 1973, pp. 98-99).

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Figura 2.1: Piramide di Maslow (Iametti, A.A. 2017/2018)

2.1.2 Importanza del movimento fisico

Tra i bisogni fisiologici, oltre alle necessità citate nel capitolo precedente, possiamo includere anche il bisogno di movimento fisico. Tutti gli esseri umani, per mantenersi in salute, devono muoversi e svolgere delle attività fisiche. I giovani dovrebbero muoversi per almeno un’ora al giorno, i più piccoli ancora più a lungo. (UFSPO, 2011).

Per tutti i bambini, è fondamentale muoversi, in quanto permette loro di svilupparsi dal punto di vista muscolare e coordinativo ma soprattutto, perché hanno un naturale bisogno di scaricare le energie. L’attività fisica è quindi necessaria per soddisfare i nostri bisogni fondamentali. (Mazzoni & De Rossi & Albanese, 2010).

Nel corso degli anni, i ricercatori hanno scoperto diverse teorie e leggi che spiegano l’importanza del movimento fisico e sportivo; ad esempio perché è indispensabile, quali conseguenze comporta, perché, come e quando praticare del movimento, ecc., che sarebbe egoistico non tenerle presenti quando si lavora con bambini o ragazzi. (Bertagna, 2004).

Tutti gli esseri umani hanno bisogno di muoversi continuamente e di farlo in modo variato. (CFS, 2004). L’intera vita umana è perennemente in movimento, si pensi al movimento intenzionale e a quello riflesso, al gioco o alla danza; sono delle attività che l’uomo ha bisogno di svolgere per scaricare le energie in eccesso, per lo sviluppo della personalità, per far riposare l’organismo, ecc. (Bertagna, 2004).

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In generale le attività fisiche e lo sport aiutano a mantenersi in salute e anche a ridurre i costi per quest’ultima: ad esempio circa il 30% dei giovani è afflitto da problemi e dolori alla schiena; il movimento fisico aiuta a ridurre notevolmente queste problematiche. (CFS, 2004).

2.1.3 L’importanza del movimento fisico a scuola

La scuola ha il compito di fornire ai suoi alunni tutte le nozioni e il materiale necessari per il suo sviluppo e per il suo futuro, contribuendo così ad educare i futuri cittadini che avranno il compito di vivere nella società. (Ostinelli, 2015). Quando si parla di educazione, è quindi impossibile pensare di impartirla senza integrare anche la dimensione motoria. (Bertagna, 2004).

Nel suo volume del 2004, Bertagna spiega come l’educazione comprende il sapere (le conoscenze teoriche) e il sapere fare, quindi la capacità e l’abilità di mettere in pratica quanto appreso a livello teorico. Anche le scienze motorie, possono dare un importante contributo per trasmettere queste conoscenze ed abilità, ma per farlo è indispensabile che esse siano riconosciute e valorizzate.

Le attività fisiche, inoltre, offrono la possibilità di imparare a gestire i conflitti in modo pacifico, in quanto sviluppano ed incoraggiano lo spirito di squadra e la sportività. Di natura, quindi, facilitano l’armonia e l’integrazione anche di persone con culture diverse. (CDPE, 2005).

Concludendo, ritengo che la scuola sia in grado di dare un grande contributo alla promozione della salute e lo sviluppo della personalità dei suoi allievi. È quindi necessario che la scuola si impegni a rispettare questo suo compito formativo, per il bene dei suoi alunni. (CDEP, 2010). Se non si considera questa reale necessità dei ragazzi costringendoli a lunghe ore seduti senza potersi muovere a sufficienza, si limita in modo innaturale il bambino, proprio nell’età in cui il movimento ha un ruolo fondamentale per uno sano sviluppo. (CFS, 2004).

2.1.4 I benefici del movimento fisico

Viviamo nel ventunesimo secolo e grazie alla globalizzazione e ad una maggiore disponibilità economica, in Svizzera come in tanti altri Paesi sono approdati i fast food, i ristoranti all you can

eat, si è ampliata la rete dei mezzi pubblici, ecc. In un’epoca in cui non c’è più l’obbligo di

spostarsi a piedi per raggiungere il posto di lavoro o per fare la spesa, il movimento fisico rimane un tema importante.

È ormai risaputo che svolgere una regolare attività fisica porta svariati vantaggi, si pensi solo all’obesità o ad altri problemi di salute. Tra questi benefici ci sono anche le performances

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scolastiche. (U.S HHS CDC, 2010). Diversi studi, infatti, dimostrano che c’è una relazione positiva tra l’attività fisica e il successo scolastico degli allievi, sia durante che dopo il periodo di stimolazione. (Santinelli & Andreazzi, 2011).

Qualche anno fa, le ergoterapiste Santinelli e Andreazzi, hanno svolto un progetto pilota in una classe elementare di Monte Carasso, il quale aveva come obiettivo valutare gli effetti di un allenamento motorio sulle funzioni motorie ed esecutive degli alunni. Dopo il periodo di sperimentazione, durato circa sei mesi, hanno evidenziato queste conclusioni:

[…] L’evoluzione della classe stimolata differisce in modo statisticamente significativo dall’evoluzione della classe di controllo nelle prestazioni motorie (equilibrio), nella pianificazione e risoluzione dei problemi e in alcune funzioni esecutive valutate dagli insegnanti: iniziativa, attenzione, pianificazione, organizzazione, così come una tendenza significativa nel controllo emotivo e nella flessibilità. (Santinelli & Andreazzi, 2011, abstract).

Risulta quindi evidente, come lo svolgimento di attività motorie possa aiutare lo sviluppo delle funzioni cognitive ed esecutive nei bambini di quinta elementare. Di conseguenza è possibile, se non necessario, realizzare dei programmi di stimolazione che prevedano dei momenti in movimento.

Il progetto, mira a evidenziare i benefici che un’attività fisica regolare può portare alle funzioni cognitive degli allievi. Come citato sopra, il movimento aiuta gli studenti ad avere maggior controllo emotivo e a una maggiore flessibilità. Altri docenti che hanno sperimentato questo nuovo metodo di insegnamento, spiegano che gli allievi, oltre ad essere più attenti durante le lezioni, appaiono più calmi e hanno meno problemi di disciplina. (Laberge, 2007).

Si può quindi constatare che il movimento fisico, influenza molte dimensioni della nostra personalità. Finora ho parlato dei benefici nella dimensione cognitiva e percettiva degli allievi e nella dimensione affettiva, ma possiamo concordare tutti che l’attività fisica ha un’influenza positiva anche sul nostro sistema muscolare, osseo e cardiovascolare (dimensione biologica). Quando si pratica uno sport o anche solo un’azione motoria, spesso lo si fa in gruppo, quindi per fare in modo che questo momento sia piacevole, è necessario controllare anche il comportamento, che è in stretta relazione con quello di altre persone. Anche la dimensione relazione e sociale, dunque, è un aspetto che viene influenzato. Alcuni sport come la ginnastica ritmica, il pattinaggio artistico, ecc., richiedono l’uso delle arti, condizionando la dimensione espressiva ed estetica. (Agosti et al., 2006).

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A seguito di queste conferme rispetto ai benefici dell’attività fisica, reputo che ogni insegnante debba essere consapevole che tramite un intervento mirato sulle condotte motorie, è possibile influenzare i comportamenti, la motivazione, le emozioni, gli atteggiamenti, la creatività e i ragionamenti dei propri allievi. È quindi opportuno agire di conseguenza.

2.1.5 Le conseguenze dell’attività fisica sul nostro corpo

Dopo una giornata lunga e stressante solitamente si è molto stanchi, ci sembra di non avere più energie e che il nostro cervello non connetta più, ma è sufficiente una breve corsa, un giro in bicicletta o qualsiasi attività fisica, per recuperare subito le forze ed essere più attivi di prima. Come è possibile che svolgere un’attività che richiede sforzo, ricarichiamo le batterie? Per rispondere al quesito bisogna focalizzare l’attenzione sulla biologia del nostro corpo.

Senza scendere troppo nei particolari e osservando il fenomeno in modo piuttosto superficiale, si può dire che svolgendo un’attività fisica, il nostro corpo necessita di più ossigeno e più energia, quindi aumentano i battiti del cuore. Una pulsazione cardiaca più intensa, permette al sangue, che trasporta ossigeno, di raggiungere i nostri organi più velocemente. Tra questi organi c’è anche il cervello, il quale è irrorato maggiormente, ha più energie e di conseguenza le cellule nervose sono meglio connesse tra di loro e la nostra capacità di prestazione aumenta. (UFSPO, 2011).

Oltre ad avere una migliore attività cognitiva, durante il movimento fisico, ma soprattutto al termine della corsa, notiamo subito che il nostro umore è migliorato e siamo meno stressati e tesi. Questo beneficio è dovuto al fatto che quando svolgiamo un’attività fisica, il nostro corpo produce l’endorfina. Questa sostanza ha la funzione di antidolorifico naturale, infatti ci aiuta a ridurre il dolore e ad aumentare il senso di leggerezza e sollievo. (Razzetti). Il nostro corpo quindi, mediante il movimento fisico, è in grado di influenzare il nostro umore e le nostre funzionalità cognitive. (Bertini, 2012 & U.S HHS CDC, 2010).

2.2 Il movimento a scuola

Solitamente con l’espressione “movimento a scuola”, si intende la materia di educazione fisica obbligatoria, ma ne sono comprese anche tutte le attività fisiche che si praticano nel contesto scolastico, quali la ricreazione, il movimento praticato durante le lezioni e anche lo sport scolastico facoltativo. (CDEP, 2010).

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2.2.1 I giochi motori

Se si pensa ad un qualsiasi gioco, ci accorgiamo che in tutti quanti il movimento è sempre presente, anche se in minima parte. Nel gioco degli scacchi, ad esempio, c’è del movimento, ma l’esito della partita non dipende da esso, perché anche se il giocatore è scoordinato o maldestro non può influenzare la giocata. In questo caso si parla di gioco non motorio.

Al contrario, esistono dei giochi motori, nei quali la situazione motoria è la protagonista e può influenzare l’esito della partita. Questi si possono suddividere in giochi sportivi istituzionalizzati, quali il gioco del calcio, il basket e i giochi sportivi non istituzionalizzati, come “palla bruciata” o “palla quattro cantoni”. (Ferretti, 2008).

I giochi motori, si possono classificare in due categorie. Come spiega Ferretti nel suo libro del 2008, esistono i giochi psicomotori, nei quali il soggetto svolge l’attività fisica in modo individuale, senza entrare in relazione diretta con i suoi compagni favorendo l’automatismo motorio. Fanno parte di questa tipologia la corsa, lo sci, il nuoto, oppure semplicemente giocare da soli con la palla, con la corda o con il cerchio. La seconda categoria è quella dei giochi sociomotori. Al contrario dei primi, in questi giochi è necessaria la relazione con gli altri soggetti, di conseguenza il nostro comportamento è influenzato da quello degli altri. Il gioco del calcio, il tennis, la palla due campi, ecc. fanno parte di questa tipologia.

2.2.2 Lezioni in movimento

Esistono diversi metodi di insegnamento; c’è quello più tradizionale, chiamato anche “agire assiomatico”, nel quale il docente trasmette il suo sapere esponendo le nozioni agli alunni che hanno il compito di ascoltare e apprendere. (Bocchi, 2017-2018). Negli ultimi decenni sono stati compiuti molti passi avanti e la didattica dell’insegnamento è cambiata, si pensi solo alla corrente costruttivista di Piaget e a quella socio-culturale di Vygotskij. Entrambi i metodi appena citati, mettono il bambino al centro del suo apprendimento, egli quindi è responsabile di costruire le sue conoscenze, attraverso la guida e l’aiuto dell’insegnante, il quale cerca di capire ciò che gli allievi già conoscono e in seguito corregge o precisa eventuali concezioni errate. (Bocchi, 2015-2016 & Bocchi, 2017-2018).

In seguito alla didattica di Piaget e di Vygotskij, si è poi scoperta la relazione positiva tra il movimento fisico e l’apprendimento. Per queste ragioni, più di 8'000 classi a livello federale hanno aderito al progetto scuola in movimento, che si pone l’obiettivo di integrare il movimento fisico

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lezioni di educazione fisica e praticano dell’ulteriore movimento per almeno venti minuti al giorno. (UFSPO, 2011).

Esistono diversi modi per integrare l’attività fisica nella quotidiana vita scolastica: innanzitutto è possibile organizzare degli eventi scolastici che favoriscono il movimento, si può sfruttare il tragitto casa-scuola, oppure ancora, è possibile svolgere delle lezioni in movimento. In quest’ultimo caso, il docente insegna le discipline come matematica, italiano o francese, includendo il movimento. Ad esempio è possibile far memorizzare le caselline, chiedendo ai bambini di camminare in equilibrio su una panchina, oppure far leggere loro brani di un racconto che si trovano sparsi per l’aula.

Ora, probabilmente i docenti ancora legati alla didattica tradizionale si chiederanno come è possibile che i bambini apprendano tutte le nozioni se per molto tempo svolgono delle attività fisiche. Diversi studi dimostrano al contrario che gli studenti che svolgono più momenti di attività fisica durante la giornata, ottengono risultati scolastici simili o addirittura migliori, rispetto agli allievi che trascorrono una “normale” giornata di scuola, questo sebbene abbiano meno tempo per le lezioni regolari e tradizionali. (Trost, 2007 & U.S HHS CDC, 2010).

2.2.3 Pause in movimento

Come già esplicitato in precedenza, esistono diversi modi per integrare l’attività fisica all’interno di una giornata di scuola. Seguire le lezioni in movimento non è l’unica possibilità. La maggior parte dei docenti che sostengono il progetto scuola in movimento, infatti, utilizzano le attività proposte da questo programma come delle pause in movimento. (UFSPO, 2016). Sostanzialmente, gli insegnanti svolgono delle “normali” lezioni disciplinari, durante la giornata inseriscono più momenti di pausa, nei quali i bambini sono chiamati ad attivarsi fisicamente.

In questo caso, gli alunni approfittano delle pause per soddisfare la propria necessità di movimento e al momento di riprendere la lezione sono più energici. (Stettler in UFSPO, 2015). Dopo una pausa in movimento anche l’attenzione degli allievi è migliore. (U.S HHS CDC, 2010).

A questo punto alcuni docenti potrebbero essere ancora scettici riguardo al miglioramento dell’attenzione dopo un’attività in movimento. Spesso si crede che i bambini, dopo aver fatto del movimento fisico, rimangano più agitati e ci vuole più tempo per ripotarli alla calma e ricominciare la lezione. Alcuni studi, al contrario, hanno dimostrato che la tipologia di pausa che svolgiamo non colpisce l’attenzione in classe nella susseguente attività. (U.S HHS CDC, 2010). Anche dopo una breve corsa, l’attenzione degli allievi nell’attività che segue non è disturbata.

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2.3 Attenzione

Capita spesso che, in compagnia di un docente, si sentano frasi come “oggi i bambini non erano attenti” oppure “ragazzi fate attenzione, perché è importante”. Quando utilizziamo il termine

attenzione, a cosa ci riferiamo effettivamente?

Secondo il dizionario Treccani, il sostantivo attenzione, indica:

[…] L’atto di rivolgere e applicare la mente a un oggetto; processo che permette di concentrare o d’indirizzare l’attività psichica su un determinato oggetto, sia di ordine sensoriale, sia di ordine rappresentativo.

Quando siamo noi a dover porre l’attenzione su un oggetto, ci accorgiamo di farlo in modo completamente diverso a seconda della situazione in cui ci troviamo. Ad esempio quando leggiamo un testo, applichiamo la nostra attenzione in modo differente rispetto a quando ci mettiamo alla guida di un veicolo. La ragione è molto semplice: esistono diverse tipologie di attenzione e il nostro cervello è in grado di adottare la più opportuna a seconda del contesto. (Marzocchi & Molin & Polli, 2000).

Ogni istante, in qualsiasi luogo, il nostro cervello è sottoposto a milioni di stimoli di tipo visivo, uditivo e cinestetico. È fondamentale fare una scelta: alcune informazioni verranno captate e influenzeranno il nostro comportamento, altre al contrario saranno irrilevanti. Questo processo di scelta si chiama attenzione selettiva. Dopo aver scelto un oggetto, la mente deve focalizzarsi, quindi si applica l’attenzione in modo specifico e mirato su un solo bersaglio o compito. In questo caso di parla di attenzione focale. Bisogna però specificare, che quando siamo concentrati su un determinato oggetto, non significa per forza che tutta la nostra attenzione è riposta in quell’azione; infatti per la maggior parte del tempo la nostra attenzione è continuamente impegnata su più fronti, elaborando vari gruppi di informazioni. Questo fenomeno è definito attenzione divisa. (Marzocchi & Molin & Polli, 2000).

2.3.1 L’attenzione a scuola

Esiste anche un tipo di attenzione, che è quella che più interessa la mia ricerca: l’attenzione

mantenuta. Si parla di attenzione mantenuta, quando stiamo risolvendo un compito che richiede uno

sforzo cognitivo prolungato. Se pensiamo ad una normale giornata di scuola, gli studenti sono chiamati ad ascoltare le spiegazioni degli insegnanti e ad esercitare i loro apprendimenti. È chiaro, quindi, che bisogna essere concentrati per diverso tempo, applicando in tal modo l’attenzione

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efficacia dipendono dall’età – quindi un adulto avrà dei momenti più prolungati rispetto ad un bambino – e dal tipo di informazioni presentate. (Marzocchi & Molin & Polli, 2000).

Le prestazioni attentive sono influenzate da tre parametri: la salienza, quando un compito è predisposto ad attirare l’attenzione degli allievi. Il tipo di compito: se il bambino si diverte e prova piacere a svolgere l’incarico, allora tenderà ad avere un’attenzione più duratura e infine la situazione interattiva, ovvero quando l’allievo lavora con qualcuno, ha una migliore attenzione, poiché l’altra persona lo motiva e lo aiuta a regolare i suoi momenti di distrazione. (Marzocchi & Molin & Polli, 2000).

Come già dimostrato da Marzocchi, Molin e Polli nel loro volume, è opportuno che il docente tenga in considerazione questi aspetti e modifichi i suoi interventi e le sue tipologie di compito, al fine di motivare maggiormente gli studenti. È quindi possibile far divertire gli allievi, portare delle novità e stimolarli in modo che il compito da svolgere sia piacevole e meno “pesante”, soprattutto se in classe ci sono dei bambini che hanno difficoltà di attenzione. Per aiutare tutti gli alunni, è utile ridurre le unità didattiche, proponendo delle brevi e frequenti pause che permettano di liberare la mente e avere una maggiore attenzione al momento della ripresa.

Per queste ragioni, l’UFSPO consiglia di strutturare le lezioni in modo che i bambini abbiano la possibilità di alzarsi ogni venti minuti. La soglia di venti minuti è basata sullo studio dei livelli di attenzione: se si osserva la curva di attenzione nella figura 2.2, si può notare come l’attenzione raggiunga il suo apice attorno ai quindici/venti minuti dopo l’inizio dell’attività attentiva e in seguito inizia a calare, per poi riprendersi attorno ai quaranta minuti, senza però tornare ai livelli iniziali. (La Rana, 2012 & Glessmer, 2014).

Un aspetto importante che può influenzare la curva dell’attenzione, è proprio l’età. Un gruppo di bambini difficilmente sarà in grado di rimanere per lungo tempo fermo e attento, quindi la loro curva di livello tenderà a diminuire più velocemente rispetto ad un adulto o qualcuno che è abituato a mantenersi attento e concentrato per periodi di tempo più prolungati. (Moroni, 2005).

Il volume di Marzocchi, Molin e Polli, il quale a pagina 20 sostiene:

[…] l’attenzione riveste quindi un ruolo fondamentale nell’apprendimento scolastico, in quanto chi non presta attenzione non riesce ad acquisire le abilità e le conoscenze necessarie. Quando bisogna risolvere un esercizio o affrontare un compito, è importante impegnarsi e focalizzare l’attenzione su quel determinato oggetto, altrimenti non si riesce a portare a termine l’incarico. Sui banchi di scuola, funziona allo stesso modo: se non si presta attenzione a quanto ci chiede il docente, non si capisce la consegna, di conseguenza non si apprende in modo ottimale.

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Figura 2.2: Curva dell'attenzione (Glessmer, 2014)

Nella prima fase del mio lavoro, ho raccolto più informazioni utili che potessero sostenere la mia ipotesi iniziale. Al termine di questa breve ricerca, posso concludere sostenendo che grazie ai vari articoli, pubblicazioni e libri di testo, ho potuto focalizzare meglio la mia domanda di ricerca e in seguito avere un’idea più chiara di come sviluppare il mio progetto di ricerca.

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3 Interrogativo e ipotesi di ricerca

All’inizio dell’anno scolastico, mi sono ritrovata in una classe di scuola elementare e dopo un primo momento di esplorazione, ho osservato che il gruppo classe in generale, ma soprattutto alcuni componenti, manifestava in modo importante il bisogno di muoversi. Questo particolare interesse, mi ha motivata a cercare dei testi scientifici, che mi permettessero di porre le basi teoriche per la mia ricerca. In seguito, mi sono interrogata su diversi aspetti: il bambino ha bisogno di più movimento fisico? L’attività motoria influenza il modo di apprendere e il comportamento degli allievi? Quali conseguenze comporta il movimento fisico in classe? Le pause all’interno di una lezione sono utili per i bambini? Quale tipologia di pausa, in movimento o statica, è migliore?

3.1 Domanda di ricerca

Partendo dai molteplici interrogativi che sono sorti durante l’osservazione degli alunni e la lettura dei testi teorici, ho cercato di focalizzarmi e di basare la mia ricerca su uno di questi.

Nello specifico cercherò di rispondere alla seguente domanda: proporre delle regolari pause in movimento oppure statiche all’interno di una lezione, migliora l’attenzione dei bambini durante l’attività successiva?

3.2 Ipotesi di ricerca

Durante questa fase di lettura e analisi di testi e articoli teorici, ho concretizzato la domanda di ricerca, provando anche a dare una mia risposta, che cercherò di verificare in seguito tramite la raccolta e l’analisi dei dati.

Sulla base di quanto appreso finora, credo che il movimento fisico sia una necessità di tutti gli esseri umani, in particolar modo i bambini sentono molto questa esigenza. La scuola, presa coscienza di questa necessità, deve reagire di conseguenza e cercare di proporre diversi momenti nei quali i bambini siano liberi di esprimersi, di muoversi e attivare il proprio corpo. Così facendo, gli allievi possono sfogarsi, liberarsi di emozioni e tensioni e nel contempo anche divertirsi. Di conseguenza quando si chiederà loro di ritornare al proprio posto e ricominciare la lezione stando seduti al posto, saranno più freschi, più attivi, più partecipi e più attenti.

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4 Quadro metodologico

Come già accennato in precedenza, il fine della mia ricerca è quello di osservare e analizzare se lo svolgimento regolare di attività fisiche, intese come pause in movimento, può favorire l’attenzione in classe degli allievi e di conseguenza migliorare l’apprendimento dei nostri alunni.

Per verificare questo interrogativo, integrerò nel mio programma giornaliero alcune pause statiche e altre nelle quali i bambini saranno in movimento, quindi cercherò di osservare il comportamento degli allievi nell’attività seguente. Utilizzerò una griglia di osservazione nella quale sono esplicitati dei comportamenti osservabili riconducibili ad una possibile disattenzione. (Vedi allegato 4:

Tabella osservativa).

4.1 Tipo di ricerca

Siccome il tempo a disposizione per svolgere la mia ricerca pedagogica è molto limitato e il campione di riferimento è ridotto, la si può definire una ricerca esplorativa, che mi permette di osservare un determinato fenomeno e analizzarne le conseguenze in rapporto ad un determinato campione di riferimento.

4.2 Campione di riferimento

La mia ricerca si è basata su un campione di riferimento, composto da una classe di quarta elementare di Biasca, formata da 19 allievi, di età compresa tra i nove e i dieci anni. Grazie alle osservazioni raccolte durante l’intero arco dell’anno e ai regolari scambi con la docente co-titolare, posso concludere che la classe lavora molto bene: sono abituati a collaborare tra loro, in generale impartite le consegne, sono in grado di lavorare in modo autonomo. Il clima della classe è in stretta relazione al comportamento di alcuni allievi; in generale il gruppo è abbastanza tranquillo e sereno, ma si lascia influenzare molto dagli atteggiamenti di un paio di alunni che spesso disturbano i compagni e interrompono le lezioni per farsi richiamare.

Tenuto conto che la mia ricerca si basa sull’osservazione degli allievi, è praticamente impossibile osservare e annotare i comportamenti di 19 bambini contemporaneamente, così ne ho scelti tre, che sono stati presi in considerazione rispetto alle loro capacità attentive e al loro bisogno di movimento. Uno di questi allievi è Mattia, il quale è stato scelto dopo uno scambio con la collega e i docenti specialisti, in quanto è un bambino molto vivace e movimentato, sia quando è seduto che

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durante gli spostamenti in aula. Poi c’è Christine, che contrariamente al compagno è molto pacata e tranquilla, durante le lezioni si distrae raramente ed è sempre molto interessata a quanto proposto. Alessandra, la terza allieva scelta, ha dei momenti di quiete che si alternano a momenti di agitazione, spesso manifestata con le chiacchiere.

In generale, posso affermare che il campione di riferimento è un campione ridotto, in quanto è fortemente limitato nel numero e anche nel tempo, siccome il periodo a disposizione per la sperimentazione è molto breve. Ciò nonostante, credo che la mia ricerca possa comunque essere molto arricchente, sia dal punto di vista culturale per verificare o meno il bisogno di movimento degli allievi, sia dal punto di vista didattico rivolto ad un docente, il quale può utilizzare le informazioni scaturite da questa ricerca, per eventualmente apportare modifiche al suo metodo di insegnamento e poter differenziare la tipologia di pausa in funzione dei bisogni e delle caratteristiche dell’allievo.

4.3 Modalità di intervento e tecnica di raccolta dati

4.3.1 Le fasi della ricerca

Essenzialmente le fasi di intervento del mio lavoro sono quattro. Nei primi mesi dell’anno scolastico, ho cominciato con un periodo di osservazione dei miei allievi ciò, come già anticipato in precedenza, mi ha permesso di accorgermi e di riflettere su determinate dinamiche presenti in classe e quindi di prendere in esame la necessità di movimento dei bambini. In seguito, tra gennaio e febbraio, ho svolto una seconda fase, basata sulla raccolta degli indicatori di comportamento di possibili allievi disattenti. In questa fase consegnavo ai bambini degli esercizi da svolgere in modo autonomo, in modo che io avessi il tempo di osservarli e di annotarmi tutti gli indicatori che manifestassero una possibile distrazione. La raccolta di questi indicatori mi ha permesso di creare una tabella di osservazione. (Vedi allegato 4: Tabella osservativa). Successivamente, ho sviluppato la fase principale, il fulcro della mia ricerca: la sperimentazione in classe e la raccolta dei dati. Durante il mese di marzo, ho previsto più momenti durante la settimana, nei quali i bambini effettuavano delle pause all’interno delle lezioni. Infine, la quarta ed ultima fase della mia ricerca, è stata l’analisi dei dati raccolti e la discussione degli stessi, che mi ha permesso di verificare la mia domanda di ricerca.

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4.3.2 Raccolta degli indicatori

Come già anticipato nel capitolo precedente, nei primi mesi del secondo semestre mi sono concentrata sulla raccolta degli indicatori. Per farlo, prevedevo diversi momenti all’interno della giornata scolastica, durante i quali consegnavo ai bambini un esercizio o un lavoro che potessero svolgere in modo autonomo, senza la mia costante presenza. Nel frattempo io mi spostavo tra i banchi e li osservavo. Ogni qualvolta che notavo un comportamento che potesse indicarmi una possibile distrazione, ad esempio “si dondola sulla sedia” oppure “parla con il compagno”, me lo annotavo sul mio taccuino. (Vedi allegato1: Diario raccolta degli indicatori).

Era importante per me, raccogliere più indicatori possibili, in modo da essere più precisa e dettagliata durante la fase di sperimentazione successiva. Per queste ragioni, ho deciso di osservare e raccogliere gli indicatori dell’intera classe e non solo dei tre allievi scelti per la sperimentazione. I momenti previsti per questo genere di lavoro erano distribuiti in diversi momenti della giornata, ad esempio inizio mattinata, prima di pranzo, tardo pomeriggio, ecc.

Raccolti una buona quantità di indicatori, ho cercato di suddividerli in categorie a seconda della natura di questi comportamenti, creando così quattro categorie distinte: i comportamenti che avvenivano in relazione ad uno o più compagni, i comportamenti individuali che il bambino svolgeva in completa autonomia, quelli che prevedevano un determinato spostamento in aula ed infine i comportamenti che potevano verificarsi durante una lezione gestita dal docente. La scelta di suddivisione, è avvenuta principalmente per permettermi di orientarmi meglio nella tabella durante la fase di osservazione e quindi impiegare meno tempo per le annotazioni e potermi concentrare maggiormente sull’osservazione degli allievi.

4.3.3 Lo strumento di osservazione

Siccome la mia ricerca si concentra sull’attenzione, pertanto vuole analizzare se una pausa, soprattutto in movimento, svolta all’interno delle regolari lezioni scolastiche, possa influenzare la qualità dell’attenzione apportando o meno dei miglioramenti, era importante creare uno strumento che mi permettesse di osservare e annotare quanto i bambini si distraggono e quanto invece sono attenti. Ho deciso così di creare una tabella di osservazione, (Vedi allegato 4: Tabella osservativa), la quale riportasse tutti gli indicatori evidenziati nella fase precedente, suddivisi per categoria e per i tre bambini scelti per la sperimentazione. In questo modo, ogni volta che prevedevo un momento di osservazione, avevo il materiale necessario per le annotazioni limitandomi all’utilizzo di un foglio A4.

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Sicuramente il fatto di aver creato e organizzato io stessa la tabella di osservazione, mi ha permesso di orientarmi meglio e di utilizzarla in modo ottimale; infatti, non appena osservavo un comportamento di possibile disattenzione, molto velocemente riuscivo ad annotarmelo nello spazio apposito. Non avrei avuto la stessa facilità se avessi utilizzato una tabella pre-creata o trovata su alcuni libri.

Per prendere nota dei comportamenti degli allievi e utilizzare la tabella di osservazione, ho deciso di osservare i bambini e ogni volta che notavo un comportamento disattento lo segnalavo con una piccola linea all’interno della cella apposita, ad esempio nell’incrocio tra “Mattia” e “Guarda cosa sta facendo un compagno”. Se l’azione, ad esempio “Gioca con il materiale” era svolta per un periodo prolungato, marcavo solo una linea, se invece nel frattempo l’allievo ha dondolato sulla sedia, allora anche il primo indicatore era annotato con due linee.

Un grande limite di questo modus operandi, possono essere gli indicatori scelti, siccome per alcuni allievi possono essere sintomo di una disattenzione, mentre per altri no, in quanto possono manifestare quel determinato comportamento, ma essere ugualmente attenti e concentrati sul compito richiesto. Ad esempio, per Mattia il fatto di giocare con i propri capelli può indicare una forma di distrazione, mentre Alessandra fa lo stesso gesto rimanendo ugualmente attenta. Questa problematica può essere riscontrata anche sullo stesso allievo a dipendenza del momento e della giornata, infatti Christine può giocare con il materiale ed essere concentrata mentre un attimo dopo, sempre manifestando lo stesso comportamento, essere disattenta.

4.3.4 Programmazione del periodo di sperimentazione

Tenuto conto che la mia ricerca è basata sulla continua osservazione degli allievi, è fondamentale raccogliere più dati e annotazioni possibili. Ho fissato quindi un periodo di sperimentazione, dalla fine di febbraio alla fine di marzo, durante il quale ho organizzato le attività in un determinato modo. Questo periodo è stato scelto sulla base degli impegni e alla mole di lavoro miei e degli allievi stessi. (Vedi allegato 3: Organizzazione fase sperimentale).

La pianificazione delle giornate era la seguente: ogni volta che prevedevo un momento di osservazione, spiegavo ai bambini che avremmo svolto venti minuti di lezione, solitamente gestita da me, in seguito ci sarebbero stati cinque minuti di pausa e successivamente ancora venti minuti di esercitazione autonoma, durante la quale io avevo la possibilità di osservare gli allievi. L’osservazione avveniva sempre durante i momenti di esercitazione, in quanto avevo più tempo e libertà per osservare gli allievi. Osservarli e annotare i loro comportamenti mentre si sta

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proponendo una lezione a tutta la classe era praticamente impossibile, in quanto c’erano troppe distrazioni, troppi elementi da tenere sotto controllo e non era sempre possibile annotarsi immediatamente gli indicatori o ricordarseli tutti.

Durante il mese di sperimentazione, ho deciso di inserire un momento di osservazione tutti i giorni nei quali ero presente in classe con i bambini, quindi tutti i lunedì, tutti i giovedì e quindicinalmente al mercoledì. Al lunedì durante la prima ora del pomeriggio ho previsto delle pause statiche all’interno della lezione, contrariamente al giovedì nella terza ora del mattino dove veniva svolta una pausa in movimento. I mercoledì, invece, le tipologie di pause venivano alternate. Questa scelta, è dovuta al fatto che al lunedì i bambini avevano già due unità didattiche di educazione fisica, mentre al giovedì solamente una, quindi volevo evitare che al lunedì i bambini facessero molta più attività fisica rispetto al giovedì. Contrariamente a quanto appena spiegato, durante l’ultima osservazione, questa modalità di intervento è stata cambiata, in quanto ho proposto una pausa motoria al lunedì mattina. Ho fatto questa scelta, perché in seguito alla pausa in movimento e ai successivi venti minuti di lezione, ho proposto un questionario ai bambini, nel quale mi sono concentrata sui bisogni e le emozioni degli allievi in merito alla pausa motoria.

L’osservazione avveniva in momenti diversi della giornata. Questa scelta era programmata in funzione dell’orario settimanale della classe, infatti ho fatto in modo di combaciare i momenti di sperimentazione alle lezioni speciali e a quelle nelle quali Mattia veniva seguito dalla docente di sostegno. Purtroppo non sono riuscita a svolgere tutti i momenti di osservazione che avevo previsto a causa dei molti cambiamenti di orario. Ad esempio in occasione della giornata sulla neve, la visita alla Casa Anziani oppure il cambio delle ore di sostegno pedagogico.

Oltre a questi momenti di osservazione e grazie alla collaborazione della collega, ho svolto due raccolte dati, una all’inizio della fase di sperimentazione e una alla fine, nelle le quali ho osservato i bambini durante una lezione a grande gruppo svolta dalla collega. Il fine di questi momenti era poter rilevare le distrazioni dei bambini durante una lezione senza pausa. L’impostazione delle due lezioni era simile a quelle pianificate nella sperimentazione, infatti dopo una prima parte di lezione frontale gestita dalla collega, gli allievi svolgevano dei compiti individuali alla lavagna, durante la prima lezione osservata, e al banco durante la seconda lezione.

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4.3.5 Questionario

Al rientro dalle vacanze Pasquali, ho previsto l’ultimo intervento di raccolta dati e per avere un riferimento più soggettivo per poter analizzare il vissuto di questa sperimentazione da parte dei bambini, ho proposto un questionario (Vedi allegato 7: Questionario).

La modalità di intervento è stata la seguente: come d’abitudine in seguito ai primi venti minuti di lezione, i bambini hanno svolto una pausa motoria durante la quale si sono dilettati in un gioco psicomotorio, per poi continuare a lavorare per altri venti minuti. Successivamente, ho consegnato loro un questionario, che dovevano compilare individualmente.

L’impostazione del questionario era molto semplice, innanzitutto ho chiesto ai bambini se durante i primi venti minuti di lezione erano sempre stati attenti, specificando oralmente che, se si erano distratti anche solo per un attimo, dovevano rispondere negativamente poi annotare il motivo nelle osservazioni sottostanti. In seguito ho chiesto loro se sentivano il bisogno di una pausa motivandola e infine nell’ultima domanda i bambini dovevano descrivere il loro stato d’animo in seguito alla pausa in movimento.

I dati raccolti dal questionario individuale (Vedi allegato 8: Risultati questionario) mi hanno permesso di riflettere sui benefici delle pause in movimento percepiti dai bambini a livello emotivo e sulla loro consapevolezza di concetti quali “attenzione”, “concentrazione” e “bisogno”.

4.3.6 Tipologie di attività

Le tipologie di attività proposte agli allievi sono suddivise in due grandi categorie: le pause statiche, durante le quali i bambini svolgono un esercizio di lettura, di calcolo, ecc., restando seduti al loro banco. Contrariamente, le pause in movimento vengono svolte con l’intero gruppo classe e possono essere dei giochi psicomotori, dove ogni allievo lavora in modo individuale senza relazionarsi con i compagni, oppure un’attività sociomotoria, nella quale la relazione e in alcuni casi, la collaborazione con i compagni, sono fondamentali.

Nella tabella sottostante, si può osservare che le attività statiche proposte ai bambini sono il crucipuzzle, il geopiano, gli acrostici e un gioco con l’utilizzo della cartina topografica del Canton Ticino. I giochi psicomotori proposti sono: il gioco dei saltelli e “mi muovo come...”, quelli sociomotori invece: “cerco il mio compagno animale”, che è stato proposto in due momenti, poiché i bambini lo richiedevano spesso, e “Stella, stellina”. Il gioco “Il mago dice...” è stato sia sociomotorio che psicomotorio a seconda delle richieste del docente.

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5 Analisi dei dati

5.1 Modalità di analisi

Successivamente alla fase di sperimentazione, raccolti tutti i dati relativi alle tabelle osservative, utilizzando il supporto informatico Excel, li ho inseriti in una tabella. (Vedi allegato 5: Riassunto

dei dati raccolti nella fase di sperimentazione).

La creazione di questa tabella riassuntiva, ha permesso di migliorare l’osservazione e la lettura dei dati, in quanto erano sintetizzati in un’unica pagina in modo chiaro e ordinato. Grazie a questa modalità e al software Excel, ho potuto analizzare i dati numerici tramite la creazione di alcuni grafici, esplicitati nel capitolo 5.2. Raccogliere i dati ed analizzarli elaborando dei grafici, mi ha permesso di confrontare i risultati di più settimane e di più allievi, individuando dei valori significativi e raggruppandoli in un unico grafico.

Tutti i grafici sono stati elaborati sulla base della ripetizione corrispondente alle volte in cui un determinato comportamento di disattenzione si manifestava e sono stati poi messi in relazione alla tipologia di pausa svolta in quell’intervento.

Inizialmente mi sono concentrata sull’evoluzione generale dei tre allievi osservati e il grafico ottenuto mostra il numero di comportamenti disattenti di ogni allievo per ciascun intervento proposto (figura 5.1). In seguito, mi sono chiesa quali potessero essere i comportamenti di disattenzione più frequenti e ripetuti durante il periodo di sperimentazione. Ho quindi elaborato un secondo grafico (figura 5.2) relativo a questo interrogativo. Infine, mi sono soffermata in modo più mirato e dettagliato sui singoli allievo – elaborando dei grafici (figure 5.3, 5.4 e 5.5), che mostrano i comportamenti disattenti di un allievo in funzione della tipologia di pausa, avendo sempre la possibilità di osservare l’evoluzione temporale del bambino.

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Tabella 5.1: Riassunto dei dati raccolti nella fase di sperimentazione

Durante il periodo di sperimentazione, oltre ai momenti di raccolta dati che ho previsto e svolto io stessa con gli allievi, ho avuto la possibilità di osservare due lezioni svolte dalla mia collega. Durante due unità didattiche, ho raccolto i dati tramite le tabelle osservative abituali. Siccome i bambini non hanno svolto nessun tipo di pausa, ho differenziato i colori: rosso per i primi venti minuti di lezione e azzurro per i restanti venticinque minuti, in modo da osservare meglio i comportamenti disattenti che sono avvenuti nella prima metà della lezione e quelli che si sono verificati verso la fine. (Vedi allegato 6: Riassunto dati raccolti durante due lezioni svolte dalla

collega). P a rl a c on un c om pa gno S i la sc ia di st ra rr e da un c om pa gno G ua rda c os a s ta f a c e ndo un c om pa gno S i a lz a pe r a nda re da un c om pa gno D is tur ba un c om pa gno G ua rda f uor i da ll a f ine st ra H a l o sgua rdo fi ss o su qua lc os a S i gua rda i n gi ro S i dondol a s ul la s e di a G ioc a c on de l m a te ri a le S c a ra boc c hi a M e tt e l a t e st a s ul ba nc o S fogl ia un li br o C ont rol la l 'or ol ogi o G ioc a c on il s uo c or po C a nt ic c hi a S i a lz a pe r a nda re a be re V a i n ba gno S i a lz a e c a m m ina pe r l'a ul a B a ll a pe r l'a ul a N on m i gua rda s e s pi e go qua lc os a N on gua rda l a l a va gna s e s pi e go qua lc os a N on sa r is ponde re a ll e dom a nde 1 2 1 1 1 3 9 2 3 1 6 0 1 1 2 3 1 1 1 10 Alessandra 1 1 1 1 4 1 1 4 1 2 1 1 1 10 3 3 6 2 2 2 1 1 1 2 1 8 2 1 1 4 1 1 2 8 2 1 2 1 1 4 2 1 2 24 1 2 1 4 3 2 5 6 3 1 4 1 1 1 17 1 1 2 0 3 1 2 1 1 3 11 1 1 2 0 3 1 1 2 1 1 2 11 1 1 2 1 1 1 3 4 2 2 1 1 2 12 1 1 0 6 2 1 5 14 2 1 1 4 3 4 7 56 26 21 7 9 2 2 9 3 9 0 2 0 3 4 14 3 0 4 2 3 2 0 Mattia P au sa st at ic a - L u . 26. 03 Mattia Alessandra Christine P au sa st at ic a - M e . 21. 03 Mattia Alessandra Christine P au sa m ot or ia - G io. 08. 03 Mattia Alessandra Christine P au sa m ot or ia - G io. 15. 03 Mattia Alessandra Christine P au sa st at ic a - L u . 05. 03 Mattia Alessandra Christine P au sa st at ic a - L u . 26. 02 Mattia Alessandra Christine P au sa m ot or ia - G io. 01. 03 Mattia Alessandra Christine

Individualmente Spostamento In relazione

all'insegnamento S O M M A P au sa m ot or ia - G io. 22. 02 Mattia Christine In relazione a un compagno P au sa m ot or ia - M e . 21. 02 Mattia Alessandra Christine Alessandra Christine SOMMA P au sa m ot or ia - L u . 09. 04

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Tabella 5.2: Riassunto dati raccolti durante l'osservazione di due lezioni svolte dalla collega

Per quanto riguarda i risultati dei questionari, siccome i bambini hanno risposto anche tramite delle frasi, ho preferito limitarmi ad una tabella, nella quale è possibile osservare le risposte di ciascun allievo.

Tabella 5.3: Risultati del questionario

P a rl a c on un c om pa gno S i la sc ia di st ra rr e da un c om pa gno G ua rda c os a s ta f a c e ndo un c om pa gno S i a lz a pe r a nda re da un c om pa gno D is tur ba un c om pa gno G ua rda f uor i da ll a f ine st ra H a l o sgua rdo fi ss o su qua lc os a S i gua rda i n gi ro S i dondol a s ul la s e di a G ioc a c on de l m a te ri a le S c a ra boc c hi a M e tt e l a t e st a s ul ba nc o S fogl ia un li br o C ont rol la l 'or ol ogi o G ioc a c on il s uo c or po C a nt ic c hi a S i a lz a pe r a nda re a be re V a i n ba gno S i a lz a e c a m m ina pe r l'a ul a B a ll a pe r l'a ul a N on m i gua rda s e s pi e go qua lc os a N on gua rda l a l a va gna s e s pi e go qua lc os a N on sa r is ponde re a ll e dom a nde 4 4 1 3 1 1 4 1 2 2 3 8 8 2 4 2 2 2 8 2 2 2 2 1 1 1 3 3 6 1 3 1 4 1 2 2 1 2 1 1 3 3 2 1 2 1 1 27 10 46 35 73 45 25 10 27 24 52 34 2 0 17 8 19 8 0 0 2 2 2 2

Somma dei comportamenti disattenti di Christine durante tutta la lezione

M ar te d ì 27 mar z o Lu n e d ì 23 ap r il e

Somma dei comportamenti disattenti di Alessandra nei successivi venticinque minuti di lezione Somma dei comportamenti disattenti generali durante tutta la lezione

Somma dei comportamenti disattenti di Christine nei primi venti minuti di lezione Somma dei comportamenti disattenti di Christine nei successivi venticinque minuti di lezione Somma dei comportamenti disattenti di Mattia durante tutta la lezione

Somma dei comportamenti disattenti di Alessandra durante tutta la lezione

Christine

Somma dei comportamenti disattenti generali nei successivi venticinque minuti di lezione

Somma dei comportamenti disattenti di Mattia nei primi venti minuti di lezione Somma dei comportamenti disattenti di Mattia nei successivi venticinque minuti di lezione

Somma dei comportamenti disattenti di Alessandra nei primi venti minuti di lezione Somma comportamenti disattenti generali nei primi venti minuti di lezione

L u . 23. 04 Mattia Alessandra Christine

In relazione a un compagno Individualmente Spostamento In relazione all'insegnamento M a. 27. 03 Alessandra Mattia

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5.2 Discussione dei dati

Inserire i dati in una tabella, mi ha permesso di creare il sottostante grafico (figura 5.1), nel quale si può notare che l’allievo Mattia, durante ogni raccolta dati, ha avuto più comportamenti disattenti rispetto alle due compagne osservate. È rilevante il numero di comportamenti disattenti durante la giornata di lunedì 9 aprile, i quali sono stati più alti rispetto agli altri interventi. La mia ipotesi è che i bambini, al rientro dalle vacanze di Pasqua, erano più agitati, quindi anche la loro attenzione era minore.

Figura 5.1: Grafico dei comportamenti disattenti di ogni allievo per intervento

Se si confrontano i dati della figura 5.1, con quelli della tabella 5.2, si nota facilmente che il numero di disattenzioni totali è nettamente inferiore se durante la lezione si svolge una pausa. È possibile evidenziare questa conclusione con l’esempio di Mattia, il quale ha avuto un totale di 52 disattenzioni durante la prima lezione della collega osservata, mentre durante i miei interventi il numero di disattenzioni è risultato meno della metà.

Se si focalizza l’attenzione sulla tipologia di disattenzioni, è evidente che i bambini si distraggono maggiormente quando entrano in relazione con uno o più compagni, infatti come si può notare nella figura 5.2, durante i miei interventi, i bambini si sono maggiormente distratti parlando o lasciandosi distrarre da un compagno. 9 10 10 8 24 17 11 11 12 14 6 4 6 4 4 2 2 2 1 4 0 1 2 2 5 0 0 3 0 7 0 5 10 15 20 25 30 Pausa motoria -Me. 21.02 Pausa motoria -Gio. 22.02 Pausa cognitiva - Lu. 26.02 Pausa motoria -Gio. 01.03 Pausa cognitiva - Lu. 05.03 Pausa motoria -Gio. 08.03 Pausa motoria -Gio. 15.03 Pausa cognitiva - Me. 21.03 Pausa cognitiva - Lu. 26.03 Pausa motoria -Lu. 09.04 N u mer o d i co mp or ta men ti d is at ten ti

Data e tipologia di intervento

Comportamenti disattenti di ogni allievo per intervento Mattia Alessandra Christine

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Figura 5.2: Grafico dei comportamenti disattenti in funzione della tipologia di indicatore

Per quanto concerne i dati derivati dal questionario, che sono stati riassunti nella tabella 5.3, si osserva che tutti gli allievi, al termine della pausa in movimento, hanno evidenziato delle emozioni positive. Ad esempio Christine ha specificato che “aveva bisogno di sciogliersi”, mentre Alessandra “si sentiva più concentrata”. Possiamo dunque confermare che anche dal punto di vista degli allievi le pause in movimento hanno una conseguenza positiva, almeno per quanto riguarda le emozioni. Alla domanda “sentivi il bisogno di fare una pausa?”, tutti gli allievi hanno riposto negativamente, nonostante come appena esplicitato, tutti hanno espresso un’emozione positiva. Probabilmente continuando a proporre delle pause, è possibile che i bambini si abituino ed acquisiscano maggiore consapevolezza dei propri bisogni.

56 26 21 7 9 2 2 9 3 9 0 2 0 3 4 14 3 0 4 2 3 2 0 0 10 20 30 40 50 60 N u mero d i comp or ta ment i d isa tt ent i

Indicatori di comportamenti disattenti

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5.2.1 Analisi svolte su Mattia

Figura 5.3: Comportamenti disattenti di Mattia in funzione delle differenti tipologie di intervento

Mattia, durante i miei interventi, ha sempre ottenuto un numero relativamente alto di distrazioni, che nel corso delle settimane è andato ad aumentare leggermente. Credo che questo cambiamento, sia dovuto ad una modifica dell’organizzazione spaziale e sociale della classe, infatti con l’inizio del mese di marzo, la disposizione dei banchi è cambiata e Mattia si è ritrovato vicino ad un compagno con il quale si trovava particolarmente bene.

Per quanto concerne la differenza tra la pausa motoria e la pausa statica, al momento non sono in grado di stabilire se per Mattia è più efficace una tipologia piuttosto che l’altra, in quanto il numero di disattenzioni è molto simile. Ricollegandomi, però, alla tabella 5.2, posso confermare che Mattia ha bisogno di una pausa all’interno della lezione, altrimenti il numero di disattenzioni aumenta esponenzialmente. 9 10 10 8 24 17 11 11 12 14 0 5 10 15 20 25 30 Pausa motoria -Me. 21.02 Pausa motoria -Gio. 22.02 Pausa statica -Lu. 26.02 Pausa motoria -Gio. 01.03 Pausa statica -Lu. 05.03 Pausa motoria -Gio. 08.03 Pausa motoria -Gio. 15.03 Pausa statica -Me. 21.03 Pausa statica -Lu. 26.03 Pausa motoria -Lu. 09.04 N u mero d i comp or ta ment i d isa tt ent i

Tipologia e data degli interventi

Comportamenti disattenti di Mattia in funzione delle differenti tipologie di intervento

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5.2.2 Analisi svolte su Alessandra e Christine

Figura 5.4: Comportamenti disattenti di Alessandra in funzione delle differenti tipologie di intervento

Figura 5.5: Comportamenti disattenti di Christine in funzione delle differenti tipologie di intervento

Per quanto riguarda le allieve Alessandra e Christine, si può notare che la prima generalmente ha un numero di distrazioni maggiori durante una lezione. Come già accennato in precedenza, entrambe durante l’intervento di lunedì 9 aprile hanno avuto un numero di distrazioni più alto rispetto alle altre osservazioni, dovuto al fatto che al rientro dalle vacanze, tutti gli allievi in generale erano molto agitati e faticavano a rimanere attenti e concentrati.

Se si osserva soprattutto il grafico di Alessandra, si nota che, al contrario di Mattia, il numero di distrazioni per ogni intervento è leggermente calato nel corso delle settimane. Questo miglioramento, può essere dovuto dalla continuità dei miei interventi. Alessandra, quindi, svolgendo regolarmente una pausa è riuscita a regolarsi e a trarne beneficio.

Anche nei casi di Alessandra e di Christine, come in quello di Mattia, al momento non sono in grado di confermare quale tipologia di pausa è migliore, in quanto il numero di distrazioni è molto simile sia nelle pause motorie che in quelle statiche.

6 4 6 4 4 2 2 2 1 4 0 2 4 6 8 Pausa motoria -Me. 21.02 Pausa motoria -Gio. 22.02 Pausa statica -Lu. 26.02 Pausa motoria -Gio. 01.03 Pausa statica -Lu. 05.03 Pausa motoria -Gio. 08.03 Pausa motoria -Gio. 15.03 Pausa statica -Me. 21.03 Pausa statica -Lu. 26.03 Pausa motoria -Lu. 09.04 N u mero d i comp or ta ment i d isa tt ent i

Tipologia e data degli interventi

Comportamenti disattenti di Alessandra in funzione delle differenti tipologie di intervento 0 1 2 2 5 0 0 3 0 7 0 2 4 6 8 Pausa motoria -Me. 21.02 Pausa motoria -Gio. 22.02 Pausa statica -Lu. 26.02 Pausa motoria -Gio. 01.03 Pausa statica -Lu. 05.03 Pausa motoria -Gio. 08.03 Pausa motoria -Gio. 15.03 Pausa statica -Me. 21.03 Pausa statica -Lu. 26.03 Pausa motoria -Lu. 09.04 N u mero d i comp or ta ment i d isa tt ent i

Tipologia e data degli interventi

Comportamenti disattenti di Christine in funzione delle differenti tipologie di intervento

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6 Conclusioni generali

6.1 Dagli interrogativi alle conclusioni

All’inizio di questo percorso mi sono posta il seguente interrogativo: proporre delle regolari pause in movimento oppure statiche all’interno della lezione, migliora l’attenzione dei bambini durante l’attività successiva? (vedi interrogativo e ipotesi di ricerca, domanda di ricerca, p. 13). Il mio intento, dunque, era di osservare come le condotte motorie, tramite delle regolari pause in movimento e statiche tra le lezioni, possono influenzare la qualità dell’attenzione. La mia ipotesi iniziale, basata su alcune ricerche inserite nel quadro teorico, era che lo svolgimento di attività fisica può migliorare l’attenzione e la concentrazione dei bambini durante la lezione successiva. Al termine di questo percorso, dopo ad aver raccolto e analizzato i dati, posso concludere che come diceva Glessmer nel suo articolo (Glessmer, 2014), il picco dell’attenzione solitamente si aggira attorno ai 15-20 minuti, successivamente c’è un momento di calo, nel quale è opportuno dare la possibilità agli allievi di fare una pausa (UFSPO, 2011). Così facendo i bambini hanno meno comportamenti disattenti e di conseguenza sono maggiormente attenti e concentrati sul compito. Permettere agli allievi di svolgere una pausa, significa permetter loro di sfogarsi e liberare la mente evitando che la loro attenzione cali. Inoltre, la pausa offre la possibilità di spezzare la lezione in blocchi di venti minuti, di conseguenza al momento di riprendere la lezione, la mente dei bambini è fresca e la loro concentrazione e attenzione riparte da capo.

La pausa è dunque un elemento fondamentale e influenzante per l’attenzione degli allievi. Purtroppo al momento, in base ai dati oggettivi raccolti dalle tabelle, non posso ancora confermare se siano ottimali le pause in movimento o quelle statiche. Tuttavia, dai dati soggettivi raccolti tramite il questionario, si può notare come la pausa in movimento procuri delle sensazioni positive. Sulla base di tali risultati, ritengo opportuno che tutti i docenti, essendo maggiormente coscienti e consapevoli del bisogno di movimento dei bambini, dei benefici derivati da una pausa durante la lezione e dei sentimenti positivi provati dagli allievi dopo ad una pausa motoria, debbano adattare il loro insegnamento di conseguenza. È possibile dunque inserire delle pause durante le lezioni, in modo da favorire il bambino e i suoi bisogni, permettendogli di vivere più serenamente la giornata scolastica, essendo anche più consapevole riguardo l’importanza di una pausa e del movimento fisico.

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