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Analisi dei vincoli allo sviluppo ed interpretazioni: il caso del Perù

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale

in Sviluppo Economico e dell’Impresa

Tesi di Laurea

Analisi dei vincoli allo sviluppo ed

interpretazioni: il caso del Perù

Relatore

Ch. Prof. Giancarlo Coro’

Laureanda

Elisa Bolzonello Matricola 832272

Anno Accademico

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INDICE

INTRODUZIONE 5

CAPITOLO 1: Analisi performance e struttura economica del Perù 8

1.1 Tendenza dei settori economici 14

1.1.1 Il settore minerario 14

1.1.2 Il settore agricolo 16

1.1.3 Il settore delle costruzioni 18

1.1.4 Il settore manufatturiero 18

1.1.5 Il settore dei servizi 20

1.2 Le risorse naturali 22

1.3 Performance commerciali 24

1.3.1 La struttura delle esportazioni e delle importazioni 24

1.4 L’Indice di complessità economica e lo spazio dei prodotti 28

1.5 I flussi in entrata 31

1.5.1 Gli investimenti diretti esteri 31

1.5.2 Il gettito fiscale 32

1.5.3 Gli aiuti ufficiali allo sviluppo 33

1.5.4 Le rimesse 36

1.6 L’economia informale 37

1.6.1 Il peso dell’economia informale 37

1.6.2 Le cause e gli effetti dell’informalità 39

CAPITOLO 2: Misurare lo sviluppo oltre il PIL 43

2.1 Human Development Index 43

2.2 Gender Development Index 46

2.3 PISA OCSE e salute 47

2.4 Inclusive Development Index 49

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2.6 Indice di Qualità delle Istituzioni e Indice di Percezione della Corruzione 56

CAPITOLO 3: Interpretazioni sulle cause del mancato sviluppo: il ruolo delle istituzioni 63

3.1 Il ruolo delle istituzioni politico giuridiche e della proprietà privata nella crescita, secondo Hernando de Soto 64

3.1.1 La società redistributiva peruviana: caratteristiche 68

3.1.2 Riforme strutturali degli anni ’90 e sconfitta del terrorismo: il ruolo positivo delle istituzioni 71

3.2 Istituzioni estrattive e inclusive secondo Acemoglu e Robinson 74

3.2.1 Il Perù come società estrattiva 77

3.3 Complessità e apprendimento per generare una crescita inclusiva: il contributo di César Hidalgo 82

CAPITOLO 4: Le possibili strategie per intraprendere uno sviluppo più inclusivo 92

4.1 Il ruolo delle istituzioni nello sviluppo inclusivo: due riforme necessarie al Paese 92

4.1.1 Una riforma da terminare: il processo di decentramento amministrativo e fiscale 93

4.1.2 La riforma del sistema educativo 96

4.2 Il ruolo del settore privato nello sviluppo sostenibile ed inclusivo 101

4.2.1 L’evoluzione dell’intervento del settore privato nella cooperazione internazionale 101

4.2.2 Il ruolo del settore privato nello sviluppo sostenibile in Perù 104

4.3 Il ruolo delle ONG nello sviluppo inclusivo 106

CONCLUSIONI 111

BIBLIOGRAFIA 114

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ABSTRACT

Although Peru has been experiencing positive economic growth rates for about fifteen years, it seems that the efforts and improvements that have been made by governments and society, are not sufficient to achieve the development and growth level of similar countries. As a matter of fact, the Peruvian economy, underperforms across several pillars of competitiveness, especially those regarding innovation and institutions. The aim of this thesis is to analyze the limits and the opportunities of the country’s economic and institutional structure by using the contributions of famous economists that have studied the causes of the underdevelopment phenomenon from innovative perspectives: Hernando de Soto, Daron Acemoglu with James A. Robinson and César Hidalgo. These theories will help us understand why Peru is still a developing country despite the results it has achieved in the last years.

Finally, some potential paths that the country could use to achieve more growth and inclusive development will be analyzed.

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INTRODUZIONE

Il Perù è un Paese interessante quanto ricco di contraddizioni. A seguito di una forte crisi economica e politica, negli ultimi vent’anni è stato capace di incentivare e creare una crescita economica tra le più importanti dell’America Latina. Tale aspetto lo ha portato a raddoppiare il livello del PIL pro capite, oltre che a ridurre di quasi due terzi il tasso di povertà del Paese. Nonostante i risultati ottenuti, continuano però a persistere enormi disuguaglianze interne, che l’attuale tipo di sviluppo e crescita non riesce a colmare. Inoltre, un rallentamento prolungato della crescita economica ha causato l’entrata del Paese nella middle income trap, provocando un dibattito sulle origini dello sviluppo peruviano e sui fattori che ne stanno limitando la crescita.

Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare la struttura economico-istituzionale del Paese, individuando gli elementi e le cause che ne hanno determinato lo sviluppo e la crescita, considerando che vent’anni non sono stati abbastanza per risolvere il problema dello sviluppo e colmare le disparità esistenti nel Paese. In particolare, si approfondirà il ruolo fondamentale che le istituzioni ricoprono nel processo di sviluppo e crescita di un Paese, nel caso specifico del Perù, oltre a proporre delle strategie che diversi attori dovrebbero intraprendere al fine di creare le condizioni per un percorso volto ad aumentare il benessere della popolazione a lungo termine, nonché la prosperità della nazione.

La metodologia di ricerca utilizzata ha richiesto lo studio di report pubblicati da organismi internazionali, principalmente Banca Mondiale, OECD e World Economic Forum, oltre che di documenti predisposti da Ministeri peruviani e dall’INEI, l’Istituto Nazionale di Statistica ed Informatica del Perù. Un valido contributo, al fine di comprendere il grado di complessità dell’economia peruviana, oltre che la performance commerciale del Paese, è stato dato dal software The Observatory of Economic

Complexity, elaborato dal MIT. Successivamente, l’analisi delle interpretazioni sul

mancato sviluppo del Paese si è basata sui libri degli autori: Hernando de Soto, Daron Acemoglu e James A. Robinson e César Hidalgo, le cui interpretazioni svolgono un ruolo

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determinante allo scopo di ricostruire il ruolo determinante che le istituzioni hanno avuto e hanno nella crescita del Paese.

Nel primo capitolo si è proceduto all’analisi della performance e della struttura economica peruviana, individuandone i punti di forza e di debolezza. Gli argomenti trattati all’interno del capitolo sono: dati macroeconomici, flussi finanziari in entrata, performance commerciale e analisi della struttura delle esportazioni ed importazioni, mediante l’utilizzo dello spazio dei prodotti, infine, si è voluto approfondire il tema dell’economia informale, in quanto possiede un ruolo influente sull’andamento dell’economia del Paese.

Nel secondo capitolo si è voluto analizzare il livello di sviluppo raggiunto dal Perù, attraverso l’uso di indici predisposti da organismi internazionali. La ragione di questa analisi si basa sulla convinzione che il PIL non costituisca un metodo esauriente per comprendere lo sviluppo di un Paese, in quanto esso presenta dei limiti intrinseci che lo rendono inadatto a tale scopo. Gli indici considerati, prendendo come riferimento il Perù, sono: lo Human Development Index e il Gender Development Index, attraverso i quali si comprenderà il grado di sviluppo umano della popolazione e le differenze che intercorrono tra uomini e donne; il PISA-OCSE per l’istruzione, Inclusive Development Index e Inclusive Wealth Index (IDI e IWI) per avere una visione più completa su quanto inclusivo sia stato e sia oggi lo sviluppo. Infine, verrà analizzato l’Indice di Qualità delle Istituzioni (IQI), e l’Indice di Percezione della Corruzione, attraverso i quali si otterrà una visione più completa con riguardo alle istituzioni, il cui ruolo sarà approfondito nel corso del terzo capitolo.

Il terzo capitolo, attraverso l’uso dei contributi di tre autori, fornisce tre differenti interpretazioni sul mancato sviluppo del Perù. La prima si basa sugli studi di Hernando de Soto, il quale attraverso le proprie ricerche confluite nei libri Povertà e terrorismo1 e

Il Mistero del Capitale2, è riuscito a spiegare perché il capitalismo, così come è applicato,

non ha funzionato e non funziona attualmente nei Paesi in via di sviluppo. La seconda interpretazione, invece, verte sul libro di Daron Acemoglu e James A. Robinson Why

1 Hernando de Soto, “Povertà e Terrorismo”, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2007. 2 Hernando de Soto, “Il Mistero del Capitale”, Garzanti, Milano, 2001.

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nations fail: the origins of power, prosperity, and poverty3, i quali sostengono che la

disparità nello sviluppo esistente tra paesi occidentali e PVS dipenda dal tipo di istituzioni esistenti nel paese. La terza e ultima interpretazione concerne il libro

L’evoluzione dell’Ordine: la crescita dell’informazione dagli atomi alle economie4 di César

Hidalgo, il quale spiega attraverso i concetti di complessità dell’economia e il processo di apprendimento degli individui e delle reti come si genera crescita e prosperità. Infine, attraverso il quarto capitolo si vogliono proporre alcune strategie che le Istituzioni, il settore privato e le ONG insieme alla società civile, dovrebbero implementare al fine di incentivare una nuova era caratterizzata da sviluppo inclusivo e crescita sostenibile a lungo termine che porti il Perù fuori dalla trappola del reddito medio.

3 Acemoglu Daron & Robinson James A., “Why nations fail: the origins of power, prosperity, and poverty”, Profile Books, Regno Unito, 2012.

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CAPITOLO 1: Analisi performance e struttura economica del Perù

Quando si pensa al Perù la prima cosa a cui lo si associa è Machu Picchu, la cultura Inca, le Ande e i paesaggi stupendi. Però, si ha veramente idea di chi sia e che cosa abbia ottenuto il Paese in questi anni? Oltre ad essere ricco di storia e cultura, dagli anni ’90 ad oggi, il Perù è stato, e continua ad essere, uno dei top performer in America Latina.5

Dal 2001 la crescita media annuale è stata pari al 5.3%, ben al di sopra della media regionale pari al 3.1% e seconda solo a Panama, cresciuta ad un tasso del 6.5% medio annuo.6

Fonte: World Economic Outlook 2018.

Secondo la mappa del Fondo Monetario Internazionale, le previsioni di crescita per il Paese per il 2019 si attestano tra il 3% e il 6%, più precisamente, il Ministero dell’Economia e delle Finanze peruviano prevede che il valore sia attorno al 4%7. Il Perù

torna a crescere dopo una performance non in linea con i risultati degli ultimi quindici

5 Fondo Monetario Internazionale, “Country Report No. 18/225. Peru 2018” Article IV Consultation—Press Release; Staff Report; and Statement by the Executive Director for Peru.

6 Banca Mondiale “Perú, Systematic Country Diagnostic”, 2017.

7 MEF: “En el 2019 Perú liderará crecimiento económico en la región”, ottobre 2018.

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anni. Tra il 2016 e il 2017, il Paese è infatti cresciuto solo del 2.9% a causa del calo dei prezzi delle materie prime, del fenomeno del cosiddetto Niño costero8, che ha

condizionato pesantemente mezzo milione di persone, e dello scandalo Odebrecht, multinazionale brasiliana che opera nel settore delle costruzioni, la quale è stata accusata di aver pagato 29 milioni di dollari in tangenti solamente in Perù.9

Fonte: FMI, McKinsey.

Come è riuscito il Paese a raggiungere questi risultati? L’ottima performance si deve ad un mix di elementi sia esogeni che endogeni. L’elemento esogeno più rilevante è l’andamento positivo dei prezzi delle materie prime, infatti il Perù risulta essere un paese ricco di risorse naturali ed occupa le prime posizioni al mondo come esportatore di rame, zinco, argento e oro.10

Come si può notare nella figura 2, dal 2000 al 2011 i prezzi delle commodities hanno subito un vero e proprio boom (+ 14%), salvo subire una diminuzione tra il 2011 e il 2016 (- 12%) e successivamente riprendere un trend positivo. La seconda condizione esterna

8 El “Niño costero”, (letteralmente il Bambino della Costa), anche chiamato “fenomeno del niño costero”, è un evento climatico che colpisce periodicamente le coste di Perù ed Ecuador. Consiste nel riscaldamento anomalo delle acque durante l’estate e si manifesta sotto forma di violente piogge e inondazioni. Fonte: Istituto del Mar del Perú.

9 Business Insider Italia, “Il caso di corruzione più grande della storia”, 2017

10 FDI Magazine, “Peru turns the page. Is there a chance for a renewed growth story?”, Dicembre 2017 –

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più importante è stata il facile accesso al finanziamento internazionale da parte del Perù, dovuta alla capacità del Paese di mantenere un debito basso, pari al 30% del PIL11.

Gli elementi endogeni, che hanno contribuito alla crescita del Paese, sono stati la relativa stabilità politica degli ultimi vent’anni e le riforme strutturali attuate durante gli anni ’90 e 2000 che hanno permesso al Perù di creare un ambiente macroeconomico stabile. Le principali riforme hanno riguardato la liberalizzazione del commercio attraverso la riduzione e l’eliminazione di tariffe e barriere agli investimenti; investimenti in infrastrutture e servizi pubblici e riforme strutturali volte a controllare il tasso d’inflazione e il debito pubblico.12

Grazie alle condizioni esterne favorevoli e all’intraprendenza dei governi, il Perù è riuscito ad uscire da una pesante crisi economico politica che raggiunse il suo apice tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90. Come si può dedurre dalla figura n.3, durante gli anni ’80 e ’90, il Paese ha subito un vero e proprio declino, passando dal 25% al 15% del valore del PIL degli Stati Uniti. Contemporaneamente, ha attraversato un periodo di terrore a causa di attacchi terroristici da parte di Sendero Luminoso13, un gruppo

terrorista di stampo comunista che iniziò una guerra violenta contro lo Stato e la classe dirigente.

11OECD, “Estudio multidimensional del Perú Volumen 1”. Evaluación inicial, OECD Development Pathways,

OECD Publishing Parigi, 2015.

12 Banca Mondiale, “Perú, Systematic Country Diagnostic”, 2017. 13 Traduzione italiana: Sentiero Luminoso.

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Fonte: Banca Mondiale, McKinsey.

La figura 4 evidenzia quanto abbiano contribuito alla crescita del PIL fattori come: capitale, lavoro, capitale umano e produttività.

Fonte: BBVA, Peru Economic Watch.

Secondo la figura n.4, capitale umano e produttività sono gli elementi che meno hanno contribuito alla crescita economica del Perù, di fatto tutti i settori dell’economia sono caratterizzati da una produttività bassa e stagnante. Negli ultimi vent’anni, la produttività ha contribuito in media solo all’11% della crescita economica del paese, una percentuale di gran lunga inferiore a quella di Paesi con caratteristiche simili come Malesia e Thailandia, rispettivamente 23% e 29%14. Inoltre, la Banca Mondiale nel

documento Perú, Systematic Country Diagnostic afferma che se il Perù riuscisse a chiudere il gap di produttività e portarlo ai livelli degli USA, sarebbe il Paese latino americano che avrebbe il maggior ritorno sulla crescita, superando il Cile.

Secondo il Global Competitiveness Report, il Perù occupa la 63° posizione a livello mondiale, avendo perso 3 posizioni dal 2017. Il report del World Economic Forum afferma che gli elementi di maggior ostacolo all’attività economica sono: corruzione,

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burocrazia inefficiente, legislazione fiscale, infrastrutture inadeguate, legislazione sul lavoro restrittiva e criminalità15.

Fonte: WEF – Global Competitiveness Report 2018.

Secondo la figura 5, che rappresenta la performance del Paese per ogni area analizzata dall’indice, le aree in cui il Perù presenta i punteggi più bassi sono: adozione delle tecnologie ICT; dinamismo imprenditoriale, che valuta come il quadro legislativo supporta la creative destruction16 e la cultura imprenditoriale del Paese; le istituzioni e

capacità d’innovazione17 Basandoci sulla figura n.5, le aree in cui il Perù ha una

performance migliore sono: stabilità macroeconomica, dimensione del mercato e salute.

Durante le ultime decadi, importanti progressi sono stati fatti anche in ambito sociale. La povertà è scesa dal 60% nel 2004 al 24% nel 201318. Secondo dati dell’INEI, istituto

15 World Economic Forum, “The Global Competitiveness Report 2018”. 16 Traduzione italiana: distruzione creativa.

17 Banca Mondiale, “Perú, Systematic Country Diagnostic”, 2017.

18 OECD, “Estudio multidimensional del Perú Volumen 1”. Evaluación inicial, OECD Development Pathways, OECD Publishing Parigi, 2015.

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nazionale di statistica peruviano, circa 5 milioni e mezzo di persone sono uscite dalla povertà dal 2007 al 201719.

Nel 2008, il Perù conseguì lo status di paese a reddito medio alto secondo l’OECD. Come si può evincere dalla figura 6, il PIL pro capite è più che raddoppiato in 10 anni, raggiungendo il valore di 6,397.83 dollari nel 2017.

Fonte: Dati CEIC

La classe media è giunta a rappresentare un terzo della popolazione e con essa sono aumentate le richiese per maggiori servizi pubblici e di qualità, iniziando da sanità ed istruzione. Inoltre, risulta necessario colmare il gap infrastrutturale, che si stima essere di 160 bilioni di dollari20, e che rappresenta una grande opportunità per imprese locali e

straniere.

Secondo il report predisposto dall’OECD Estudio Multidimensional del Perù21, pare che il

Perù presenti le caratteristiche di un paese che si trova nella cosiddetta middle income

trap, situazione che si produce quando un paese soffre una decelerazione della propria

crescita prolungata in quanto non può più dipendere da quelli che tradizionalmente

19 INEI, nota de prensa n.063- 24 abril 2018.

20 FDI Magazine, “Peru turns the page. Is there a chance for a renewed growth story?”, dicembre 2017 – gennaio 2018.

21 OECD, “Estudio multidimensional del Perú Volumen 1”. Evaluación inicial, OECD Development Pathways,

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sono stati i motori della crescita per continuare a progredire. Il Perù ha bisogno di trovare nuovi motori per sostenere la propria crescita futura. La trappola del reddito medio può rappresentare un ostacolo soprattutto per lo sviluppo sociale del Paese e per uscirne è necessario stimolare la produttività e diversificare l’economia.

Inoltre, per riuscire a raggiungere uno sviluppo più inclusivo è fondamentale ridurre l’informalità nel lavoro. Il livello di informalità in Perù è sopra la media latino-americana e coinvolge circa il 68% della popolazione economicamente attiva. Nel Paese è più facile conseguire un lavoro informale che formale e buona parte della popolazione vulnerabile è impiegata in lavori informali precari, i quali possono essere facilmente persi con la conseguenza di un ritorno ad una situazione di povertà.

1.1 Tendenza dei settori economici 1.1.1 Il settore minerario

Secondo il report Guía de Negocios e Inversión en el Perú, 2018-2019 predisposto da Ernst & Young, ProInversión e il Ministero degli Affari Esteri del Perù, il settore minerario è una delle principali attività responsabili dello sviluppo del Paese. Circa il 70% delle esportazioni totali è rappresentato dal settore minerario, il quale genera il 50% delle entrate del Perù.

Inoltre, la guida afferma che il Perù è uno dei paesi con più varietà di minerali al mondo, di fatto si trova tra i primi sei per ricchezza minerale a livello globale 22.

22 EY, Ministerio de Relaciones Exteriores, ProInversión: “Guía de Negocios e Inversión en el Perú,

(16)

Tabella 1: Posizione del Perù nella produzione mondiale di metalli, 2017

Fonte: Mineral Commodities Summary

La tabella 1 mostra le posizioni che il Perù occupa nella produzione di determinate materie prime a livello mondiale. Detiene il secondo posto per tre commodities, quali: argento, zinco e rame. Inoltre, è tra i primi sei produttori di stagno, mercurio, molibdeno, piombo e oro.

Secondo il giornale El Peruano, nel 2018 il settore minerario ha prodotto il 10% del PIL23

ed è una delle principali fonti di gettito fiscale del Perú. Similmente è importante per l’apporto nella creazione di posti di lavoro, si stima che a dicembre 2017 199.495 persone, pari al 5% della popolazione economicamente attiva, fossero impiegate direttamente in attività minerarie, mentre si calcola che siano vari milioni gli impiegati in attività indirette legate al settore.

Secondo alcune statistiche recenti, i livelli di produzione del Perù sarebbero minimi considerando il potenziale del Paese. Si stima che solo il 13.6% del territorio sia soggetto a concessioni minerarie e solo l’1.34% è sfruttato per l’esplorazione e lo sfruttamento formale, ad esempio iI Perù possiede 18 bacini di idrocarburi, ma solo in 4 sono state fatte delle trivellazioni esplorative24.

Risulta chiaro come il settore occupi un posto rilevante nell’economia peruviana, la cui importanza però non ci deve far sottovalutare le sfide che pone il suo sviluppo, sia in ambito sociale che ambientale. Come riportato in questo paragrafo, solo l’1.34% del

23 El Peruano, Lima, editoriale 19 aprile 2018.

24 EY, Ministerio de Relaciones Exteriores, ProInversión: “Guía de Negocios e Inversión en el Perú,

2018-Prodotto Posizione nel ranking

mondiale Argento 2 Zinco 2 Rame 2 Molibdeno 4 Mercurio 5 Piombo 4 Oro 6 Stagno 6

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territorio soggetto a concessioni minerarie risulta sfruttato in modo legale e il MINEM25

afferma che quasi tutta la produzione di oro nella regione di Madre de Dios sia illegale, oltre a ciò molti abitanti sono risultati positivi alla presenza di mercurio nel sangue. Il controllo debole da parte dello Stato e la mancanza di normative adeguate rende possibile il proliferare delle miniere illegali che può causare gravi problemi ambientali oltreché conflitti sociali con le comunità locali26.

1.1.2 Il settore agricolo

Secondo il Centro di Monitoraggio per la Conservazione della Natura27, il Perù è uno dei

17 Paesi megadiversi28 al mondo, possiede 28 di 32 climi e presenta 84 su 117 zone di

vita esistenti. Questa speciale condizione permette al Paese di poter sfruttare il proprio territorio al fine di ricavarne una gran varietà di prodotti richiesti dai mercati internazionali.

Il settore agricolo risulta essere in continua crescita e rappresenta il 7.3% del PIL29,

impiegando il 25% della popolazione attiva. Il Perù rappresenta un esportatore netto di prodotti alimentari, di fatto le esportazioni agricole costituiscono il 10% del totale, di cui il 19% rappresentato da esportazioni tradizionali.

Secondo il Ministero dell’Agricoltura peruviano, il settore è cresciuto del 7.5% nel 2018, grazie alla crescente domanda dei mercati nazionali ed internazionali. A livello interno invece, l’aumento della domanda di prodotti agricoli di qualità è diretta conseguenza della crescita della classe media peruviana.

La tabella 2 mostra la posizione, per gli anni 2003 e 2016, che il Perù ricopre nel ranking globale degli esportatori per un determinato gruppo di prodotti agricoli. Il Paese occupa il primo posto come esportatore di asparagi e banane biologiche, il secondo per avocado e carciofi e il terzo per manghi e mirtilli.

25 Ministero dell’Energia e Miniere.

26 Banca Mondiale, “Perú, Systematic Country Diagnostic”, 2017.

27 UN Environment World Conservation Monitoring Centre (UNEP-WCMC), per approfondimenti si rimanda al sito: www.unep-wcmc.org.

28Per approfondimenti si rimanda al sito www.biodiversitya-z.org.

29 Banca Mondiale, “Tomando impulso en la agricultura peruana: oportunidades para aumentar la

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Tabella 2: Posizione del Perù nel ranking mondiale degli esportatori di prodotti agricoli, anni 2003 e 2016 Coltivazione 2003 2016 Asparagi 1 1 Banane biologiche 68 1 Avocado 8 2 Carciofi - 2 Mango 6 3 Mirtilli - 3 Uva 16 5

Fonte: Comex Perù

Secondo il documento Guía de Negocios e Inversión, redatta da Ernst & Young, ProInversión e il Ministero degli Affari Esteri peruviano, il Paese è da quattro anni consecutivi il primo esportatore di quinoa al mondo, mentre rimane un importatore netto di cereali come soia e grano.

Per quanto riguarda la pesca, Il Perù è il primo produttore al mondo di farina di pesce con 850 mila tonnellate prodotte nel 2018. Oltretutto, si stima che il settore continui a crescere del 4% nel 201930.

È certo che il settore agricolo stia acquisendo sempre più importanza, contribuendo a diversificare l’economia e le esportazioni. Nonostante i progressi fatti, rimangono alcune sfide che il settore deve affrontare. La proprietà privata frammentata e l’attività agricola su piccola scala condizionano l’efficienza del settore, mentre il deficit infrastrutturale danneggia la competitività delle zone rurali aumentando i costi e rendendo difficile l’espansione delle attività31. Inoltre, le condizioni climatiche come il fenomeno del Niño

e i problemi di sostenibilità ambientale come la deforestazione, l’inquinamento e attività estrattive illegali minacciano lo sviluppo dell’agricoltura specialmente nelle zone rurali del Paese.

30 EY, Ministerio de Relaciones Exteriores, ProInversión: “Guía de Negocios e Inversión en el Perú,

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1.1.3 Il settore delle costruzioni

Un altro settore che presenta una crescita sostenuta è quello delle costruzioni, secondo CAPECO32, il settore è cresciuto del 2.3% nel 2017 e del 4% nel 2018, valore stimato

anche per il 2019. Come affermato nel documento Guía de Negocios e Inversión, redatta da Ernst & Young, ProInversión e il Ministero degli Affari Esteri peruviano, il settore rappresenta uno dei più dinamici dell’economia peruviana, stimolato dall’aumento delle entrate economiche della popolazione, dagli investimenti pubblici e privati e da una semplificazione delle procedure per l’accesso al credito per l’acquisto di abitazioni33.

ProInversión stima un investimento totale di 320 milioni di dollari per il biennio 2018-2020, comprendendo investimenti in aeroporti, terminal portuali e autostrade in tutto il Perù. Inoltre, in un’indagine condotta da CAPECO, risulta che il ramo del settore che presenta maggior dinamismo è la costruzione di abitazioni informali, seguita dalle opere pubbliche34.

1.1.4 Il settore manifatturiero

Nel 2018, il manifatturiero rappresentò il secondo settore per contribuzione alla crescita del PIL peruviano. Secondo l’SNI35, il settore ha perso circa 4 punti percentuali in dieci

anni, nel 2007 contribuiva per il 16.5% al PIL peruviano, mentre nel 2017 la cifra è scesa al 12.7%. Il 2018 si è concluso con una crescita positiva del 6.17% per la prima volta dopo quattro anni e per il 2019 si stima una crescita del 4%, stimolata dalla produzione di prodotti trasformati come: farine e olio di pesce.

32 Camára Peruana de Construcción, traduzione italiana: Camera peruviana di costruzioni edili.

33 EY, Ministerio de Relaciones Exteriores, ProInversión: “Guía de Negocios e Inversión en el Perú,

2018-2019”.

34Mía Ríos, “Construcción de vivienda informal impulsará dinamismo del sector, según Capeco”, Gestión, Lima, 14.11.2018.

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Fonte: INEI

La figura 7 mostra il peso che ogni sub settore presenta sul totale del settore manifatturiero. Al primo posto troviamo l’industria del tessile e pelletteria che insieme rappresentano il 30.6%. Il Perù è un Paese tradizionalmente produttore ed esportatore di fibre pregiate come: cotone qualità PYMA, fibra d’alpaca e di vigogna, di fatto l’80% della produzione mondiale di fibra d’alpaca è concentrata in Perù36.

Il secondo posto è occupato dall’industria alimentare e delle bevande con un 17.1%, mentre al terzo posto figura il sub settore dei prodotti metallici caratterizzato da un 16%. Secondo il report Perú: Estructura Empresarial 2017 elaborato dall’INEI, il 93.8% del settore manufatturiero è caratterizzato da microimprese, mentre il 5.2% da piccole imprese e solo l’1% del totale dalle medio grandi.

A causa del divario infrastrutturale che rende difficile l’espansione di un’attività economica al di fuori di Lima, il settore si presenta molto concentrato, di fatto più del 50% delle imprese si localizza nel Distretto di Lima e nella Provincia Costituzionale del Callao, dove si trovano anche le aziende più produttive37.

Secondo l’SNI, nel settore manifatturiero l’informalità sul lavoro raggiunge il 72.5%, il valore si presenta molto alto e dal 2008 risulta diminuito solamente di sette punti percentuali. L’informalità rappresenta un limite alla crescita, in quanto si preclude la

36 Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Info Mercati Esteri, “Perù, Outlook

economico”. 17,1% 30,6% 15,6% 11,6% 2,8% 16,0% 2,2% 0,6% 3,5%

Industria alimentare e bevande Industria tessile e pelletteria Industria del legno e mobili Industria cartiera

Industria chimica

Produzione di prodotti metallici

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possibilità delle imprese di investire e di entrare a far parte delle catene del valore globali.

1.1.5 Il settore dei servizi

Secondo l’Istituto dell’Economia e Sviluppo Imprenditoriale (IEDEP) della Camera di Commercio di Lima, il settore dei servizi è quello che più è cresciuto durante gli anni e che risulta predominante in tutte le regioni del Paese. Inoltre, è il settore che contribuisce maggiormente al Pil peruviano, rappresentando il 58% del totale nel 2017. Pur essendo il principale settore dell’economia peruviana, l’esportazione di servizi rappresenta solo il 9% del totale delle esportazioni del Paese, valore ben al di sotto della media mondiale stimata al 21% dall’Organizzazione Mondiale del Commercio 38.

Oltretutto, il settore dei servizi è il più importante per l’occupazione nel Paese, esso impiega circa il 60% della popolazione attiva, sebbene il 59% di questa sia costituito da lavori di tipo informale e di conseguenza con una produttività ridotta39. L’informalità è

sicuramente un ostacolo enorme alla crescita del settore, in quanto questa condizione non permette alle imprese di investire in tecnologia o di essere incluse nelle catene globali del valore e di espandersi.

38Cámara de Comercio de Lima, “Informe económico”, Lima 5 Novembre 2018.

39Cámara de Comercio de Lima, “Informe económico”, rivista La Cámara, “Empleo informal del sector

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Figura 8: Imprese di servizi per attività economica, 2017

Fonte: INEI

Le principali attività economiche che caratterizzano il settore, sono: servizi tecnico professionali con una quota del 24%, gli altri servizi rappresentano il 23.1% e le attività di ristorazione contribuiscono per il 18.8% sul totale.

Come nel settore manifatturiero, anche in quello dei servizi si può riscontrare la stessa tendenza ad essere composto a maggioranza da microimprese, esse sono il 94.7% del totale, le piccole il 4%, mentre solo lo 0.5% è caratterizzato dalle imprese medio grandi, il restante 0.8% è rappresentato dal settore pubblico.

Il turismo e il commercio presentano un grande potenziale di sviluppo di tipo inclusivo. Il turismo è in costante crescita, fonti INEI affermano che dal 2016 al 2017 sia cresciuto del 18%40, grazie sia a turisti locali che stranieri. Il settore conta più di 3 milioni di

presenze annuali e secondo il report Economic Impact 2018 del World Travel & Tourism Council per il Perù, nel 2017 il turismo ha contribuito in modo diretto creando il 3.8% del PIL totale, e prevede una crescita del 4.7% medio annuo durante il periodo 2018-2028. Si stima inoltre che tenendo in considerazione l’impatto diretto, indiretto e l’indotto abbia contribuito per il 9.8% al PIL.

0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% 30,0% Agenzie di viaggi e operatori turistici

Attività immobiliari Attività ricreative Attività ricettive Imprese sanitarie Imprese nel settore dell'insegnamento Imprese del settore benessere Informazione e comunicazione Trasporto e stoccaggio Servizi di ristorazione Altri servizi Servizi tecnico professionali

(23)

Per quanto riguarda il secondo, dati INEI affermano che ha subito una crescita dell’8% tra il 2016 e il 2017e il totale delle imprese del settore commercio è pari a più di un milione, un valore superiore ai 950.000 delle categorie incluse nel settore servizi nella figura n.841.

In aggiunta, il Perù negli ultimi anni si è dimostrato il mercato del retail che è cresciuto più velocemente in America Latina. L’espansione della classe media ha stimolato la crescita del settore, in particolare le categorie che più stanno crescendo sono: abbigliamento, accessori, alimentari ed elettrodomestici. Vari marchi internazionali hanno già aperto dei negozi nel Paese, specialmente a Lima, che si afferma il centro della crescita del commercio al dettaglio peruviano. Il potenziale di crescita del settore è molto alto, in quanto la penetrazione rimane limitata e il commercio online non è ancora diffuso42.

1.2 Risorse naturali

Secondo la legge peruviana si considerano risorse naturali “tutti i componenti naturali, potenzialmente sfruttabili dall’essere umano per la soddisfazione delle proprie necessità e che abbia un valore attuale o potenziale nel mercato”. Gli elementi considerati dalla legge sono: le acque sotterranee e superficiali; il suolo e il sottosuolo; la flora e la fauna; le risorse energetiche di origine idroelettrica, solare, eolica e geotermica; idrocarburi e minerali. Infine, si considera risorsa naturale a tutti gli effetti il paesaggio naturale, qualora oggetto di sfruttamento economico43.

Non c’è una delle categorie sopracitate di cui il Perù non ne possegga in abbondanza. Secondo una classifica del Global Water Partnership, il Paese risulta ottavo al mondo per riserve di acqua. Oltre ai 3000 km di coste, il Paese può contare su numerosi ghiacciai e lagune, laghi, bacini e fiumi come il Rio delle Amazzoni, la cui sorgente si trova in Perù e che rappresenta il fiume con la maggior portata idrica del mondo. Infine, si deve menzionare il lago Titicaca, che rappresenta il lago navigabile più alto al mondo. Questa

41INEI, Libro “Perú: Estructura Empresarial 2017”, Lima, novembre 2018. 42 Banca Mondiale, “Perú, Systematic Country Diagnostic”, 2017.

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abbondanza è sfruttata in maniera ottimale dal paese, la cui energia elettrica deriva per il 70% da fonti idroelettriche44.

Per quanto riguarda il territorio, circa il 57% del Paese è occupato da boschi e foreste e solo il 18% è utilizzato come terreni agricoli45. Le aree boschive sono minacciate da

attività illegali, quali: attività minerarie fortemente inquinanti e diboscazione illegale per far posto a coltivazioni e a terreno da pascolo46.

Secondo dati del Ministero dell’Agricoltura peruviano, possiede la più grande riserva di argento al mondo, del quale produce il 17% della quota mondiale. Inoltre, risulta ai primi posti per la produzione di zinco, rame, mercurio, stagno e oro.

Per quanto riguarda gli idrocarburi, il Perù vanta riserve di petrolio stimate in 435 milioni di barili dalla Sociedad Peruana de Hidrocarburos, la maggior parte delle quali ancora inesplorate. Il settore sta risentendo del calo degli investimenti, in particolar modo dovuto alla diminuzione dei prezzi sui mercati internazionali.

Secondo il report Guía de Negocios e Inversión en el Perú, 2018-2019, il gas naturale rappresenta la seconda fonte di energia del Paese e fornisce il 40% del fabbisogno energetico. Il Ministero dell’Energia e delle Miniere stima che solo con le attuali riserve comprovate il Perù possa coprire la domanda di gas per trent’anni; il Ministero prevede di aumentare gli investimenti nel settore per esplorare nuove riserve da destinare all’esportazione47.

Negli ultimi anni, il Perù si sta sempre più muovendo verso le energie rinnovabili, secondo il report Guía de Negocios e Inversión en el Perú, 2018-2019, l’energia eolica rappresenterebbe la fonte meno sfruttata con una potenza totale potenziale di 150 volte l’attuale e proprio nel 2018 è stato costruito il parco eolico più grande del Perù, la Wayra, da parte di Enel Green Power Perù, la quale nel 2016 ha iniziato la costruzione di un impianto fotovoltaico che produrrà 440 GWh per anno48.

44 Ministero dell’Agricoltura 45Banca Mondiale, base di dati.

46 Redazione, quotidiano Gestión, “Amazonía peruana pierde 23,000 hectáreas de bosques en el primer

semestre”, Lima 04.08.2018.

47 William Ríos Rosales, “Reservas de gas natural pueden cubrir demanda por 30 años”, El Peruano, Lima 24.05.2017.

(25)

2018-1.3 Performance commerciali

Secondo l’Osservatorio della Complessità Economica predisposto dal MIT, il Perù è la 52° economia esportatrice al mondo e la 54° economia importatrice. Le esportazioni hanno un valore pari a 44.8 miliardi di dollari mentre le importazioni di 38 miliardi, di conseguenza il Perù si presenta come un esportatore netto con la bilancia commerciale in positivo di 6.8 miliardi di dollari.

Il grafico sull’andamento della bilancia commerciale, messo a disposizione dall’Osservatorio della Complessità Economica, costituisce un ottimo mezzo per comprendere la crescita dell’importanza del Perù sui mercati internazionali. Nel 1997 il valore totale delle esportazioni era pari a 6.76 miliardi di dollari, mentre quello delle importazioni a 8.27 miliardi, negli ultimi vent’anni le prime sono cresciute di più di 6 volte, mentre le seconde di 4.5 volte, ribaltando il segno della bilancia commerciale, da negativo a positivo.

Questa crescita esponenziale è dovuta principalmente all’aumento della richiesta delle materie prime sui mercati internazionali e al boom dei prezzi di queste. In particolare, Il Paese che più ha spinto la crescita peruviana è la Cina, il cui recente rallentamento ha influenzato in negativo l’andamento dell’economia peruviana. Nel 2007, l’11% delle esportazioni del Perù erano destinate alla Cina, mentre nel 2017 il 26% del totale raggiungeva il Paese asiatico, un valore più che raddoppiato.

1.3.1 La struttura delle esportazioni e delle importazioni

Secondo i dati messi a disposizione dall’Osservatorio sulla Complessità economica, nel 2017 circa il 70% delle esportazioni era rappresentato da materie prime grezze o semi processate. Se si retrocede di qualche anno, si può notare come il peso delle materie prime sia sempre stato importante sulle esportazioni, addirittura crescendo di circa dieci punti dall’inizio degli anni 2000 al 2017.

Il restante 30% è rappresentato per la maggior parte da prodotti agricoli, alimentari, tessili e abbigliamento.

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Gli ultimi quattro settori citati, più quello rappresentato dalle materie prime, costituiscono il 90% del totale delle esportazioni peruviane dagli anni ’70 ad oggi49. Ciò

significa che negli ultimi ’50 anni, la struttura dei prodotti esportati dal Perù non è cambiata. Pertanto, la ricchezza e la crescita del Paese si è basata e continua a basarsi solo sullo sfruttamento di prodotti appartenenti a determinati settori, mentre non si è fatto molto per diversificare le fonti di ricchezza, allo scopo di ridurre la dipendenza dalle materie prime.

Analizzando i dati messi a disposizione dall’Osservatorio sulla Complessità Economica, ciò che notiamo sono il tipo di prodotti importati dal Perù, essi sono per il 25% composti da macchinari come: elettrodomestici, computer, accessori per le trasmissioni radiotelevisive; per l’11% da prodotti chimici, come: medicinali, fertilizzanti, cosmetici; un 11% da prodotti dell’industria automobilistica, come: auto, camion, e parti di automobili; e un altro 11% rappresentato da prodotti minerari, come petrolio raffinato e grezzo. Queste quattro categorie rappresentano circa il 60% delle importazioni peruviane, mentre la quota restante si compone di prodotti plastici, tessili, metallici e alimentari.

Figura 9: Esportazioni per destinazione, anni 1997 e 2017

Fonte: atlas.media.mit.edu

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La variazione principale che notiamo nella figura 9 è l’aumento della quota relativa al continente asiatico, dovuta principalmente alla crescita della domanda cinese di materie prime. La percentuale relativa alla Cina nel 1997 era pari a 6.8%, mentre oggi è pari al 26% del totale delle esportazioni peruviane. Al contrario le quote relative all’Unione Europea e al Nord e Centro America sono diminuite, in particolare quella dell’UE presenta il calo maggiore, passando dal 34% al 22% dove la diminuzione riguarda tutti i Paesi europei. Per quanto riguarda il Nord e Centro America, il Paese che ha subito il calo più importante sono stati gli Stati Uniti, i quali sono passati dal rappresentare il 22% al 15% attuale.

Le stesse considerazioni fatte per le esportazioni valgono anche per le importazioni. L’unica regione che ha subito una crescita è ancora l’Asia, stavolta più che raddoppiando la propria quota. Nel 1997 essa rappresentava il 15% delle importazioni peruviane, mentre nel 2017 ne costituiva il 37%. L’aumento è giustificato dalla Cina, la cui quota è cresciuta di dieci volte in vent’anni. Nel 1997 costituiva il 2.6%, mentre nel 2017 rappresentava il 26% del totale dell’export peruviano. La regione che ha subito il calo maggiore è quella Sudamericana, perdendo nove punti percentuali con un calo che ha riguardato tutti i Paesi, salvo il Brasile che rappresenta l’unico paese ad aver aumentato la propria quota di due punti percentuali, e l’Argentina che ha mantenuto lo stesso valore pari al 2.7%. Scompare il Venezuela, nel 2017 il Paese sudamericano rappresentava lo 0.05% dell’import peruviano, mentre nel 1997 era il 4.7%. Seguono Nord e Centro America con una diminuzione dell’8%, calo relativo agli Stati Uniti che sono passati dal 28% al 20%. Infine, l’Unione Europea è la regione che ha subito la riduzione minore, solo quattro punti percentuali dal 1997 al 2017.

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Figura 10: Importazioni per origine, 1997 e 2017

Fonte: atlas.media.mit.edu

Occorre sottolineare come la quota rappresentata dal commercio con altri paesi latinoamericani sia ristretta specialmente nel caso delle esportazioni. L’integrazione economica e politica tra Paesi latinoamericani è sempre stata molto ridotta, mentre Stati Uniti, Unione Europea e in epoca più recente la Cina rappresentano gli storici partner commerciali dell’America Latina.

Non è questa la sede per spiegare in modo dettagliato quali siano i limiti dell’integrazione latino americana, ma possiamo elencare alcune delle ragioni più rilevanti. In primo luogo, le strutture economiche sono comuni ai vari paesi, risulta complicato integrare economie la cui offerta di beni da esportare sono simili, nel caso specifico le materie prime. In secondo luogo, le dimensioni e l’eterogeneità del territorio sono condizionate in modo grave dalla mancanza di infrastrutture adeguate, come porti, aeroporti, strade e ferrovie. La carenza infrastrutturale influenza in modo negativo l’integrazione, poiché anche in caso di assenza di dazi i costi logistici condizionano in modo importante lo sviluppo e la crescita.

In terzo luogo, i governi latinoamericani non sono molto disposti a cedere sovranità quando si tratta di integrazione50. Infine, l’instabilità politica dei paesi durante il ‘900,

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non ha permesso il raggiungimento di accordi tra vari paesi, in quanto le intese dipendevano più dalla visione dei governi in quel momento specifico che da una strategia a lungo termine.

1.4 Indice di complessità economica e lo spazio dei prodotti

L’indice di complessità economica è uno strumento che permette di misurare l’intensità di conoscenza di un’economia utilizzando l’intensità di conoscenza contenuta nei prodotti che esporta.51 Nel 2017, il Perù presentava un indice di complessità economica

pari a -0.599, occupando l’81° posizione nella classifica mondiale52.

Lo spazio dei prodotti è una rappresentazione visiva, realizzata a partire dai dati sul commercio internazionale, la quale ci aiuta a visualizzare il processo di diversificazione economica di un Paese. Ogni prodotto è rappresentato da un nodo e le varie linee collegano i prodotti che hanno più probabilità di essere esportati dagli stessi paesi. I nodi più grandi rappresentano i mercati più importanti, mentre i colori sono utilizzati per raggruppare i prodotti in più categorie. Usando i colori, lo spazio dei prodotti ci permette di vedere non solo cosa esporta il Paese ma anche i beni che risultano essere collegati alle sue esportazioni, infatti i nodi colorati costituiscono i prodotti esportati dal Perù, mentre i nodi grigi rappresentano i beni non esportati.53.

Di seguito, si è proceduto ad inserire delle figure rappresentanti lo spazio dei prodotti del Perù per gli anni: 1987, 2007 e 201754. Ciò che accumuna tutte e tre le figure è la

scarsa diversità e complessità economica del Perù, la prima, dimostrata dalla limitata presenza di nodi collegati tra loro e la seconda dall’assenza di mercati, cioè nodi colorati, in ambiti complessi dell’economia, come ad esempio: elettronica o macchinari.

Confrontando le figure 9 e 10, che si riferiscono agli anni 1987 e 2007, si nota un piccolo cambiamento nella struttura delle esportazioni del Paese e un leggero aumento della complessità economica per i beni di colore giallo che rappresentano frutta e verdura.

51 Per approfondimenti sul tema si veda: https://atlas.media.mit.edu/en/rankings/country/eci/. 52 https://atlas.media.mit.edu.

53 César Hidalgo, “L’evoluzione dell’ordine, la crescita dell’informazione dagli atomi alle economie.”, Bollati Boringheri Editore, Edizione 2016.

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Una piccola variazione si rileva per i nodi azzurri in alto a destra, che riguardano l’industria della pesca. Oltre a questi settori, si distingue un leggero aumento della complessità per i nodi verdi a destra dell’immagine, che rappresentano l’industria tessile e per i nodi lilla in basso al centro rappresentanti i minerali e gli idrocarburi. Infine, rimangono invariati le altre attività economiche che vengono evidenziate nelle due figure, come materie prime, fibra e lana

Fonte: www.atlas.media.mit.edu

Fonte: www.atlas.media.mit.edu

Figura 11: Spazio dei prodotti per l'anno 1987

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Confrontando la seconda immagine riferita al 2007, con la terza che rappresenta il 2017, ciò che si osserva è che quasi non c’è stata variazione nonostante tra una e l’altra siano intercorsi dieci anni di crescita costante. Non sono presenti nuovi nodi in altre parti dello spazio dei prodotti e non sembrano essere aumentati nemmeno i nodi collegati a quelli preesistenti.

Fonte: www.atlas.media.mit.edu

Lo spazio dei prodotti e l’indice di complessità economica permettono di fare alcune considerazioni sull’andamento dell’economia di un Paese. Nel caso specifico per il Perù, si può affermare che da più di trent’anni l’economia non presenta cambiamenti sostanziali; i settori economici su cui si è basata e si basa l’attuale ricchezza del paese sono sempre gli stessi e per nulla caratterizzati da un alto tasso di complessità. Sfruttare le risorse naturali per l’esportazione permette a chi governa di generare reddito immediato senza dover fare grandi investimenti in conoscenza. È necessario evidenziare che tale sistema non si presenta sostenibile nel lungo periodo, in quanto risulta troppo dipendente da condizioni esterne (i prezzi sono definiti dal mercato) e si fonda sull’utilizzo di risorse finite e non rinnovabili. Infine, per aumentare la complessità e ridurre i rischi è indispensabile diversificare l’economia cercando nuove opportunità in settori collegati a quelli già sfruttati e aprire nuovi mercati in altri settori più complessi.

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1.5 Flussi in entrata

1.5.1 Gli Investimenti diretti esteri

Secondo il “World Investment Report 2018” elaborato dall’UNCDAT, nel 2017 il Perù è stato il destinatario di 6.8 miliardi di dollari di investimenti, rappresentando la quarta economia destinataria per valore di investimenti in Sud America, registrando un leggero calo pari all’1.4% rispetto al 2016. Gli IDE verso il Perù rappresentano poco più del 3% del PIL, in linea con la media della regione.

I principali Paesi che investono nel Perù sono: Spagna, Regno Unito, Cile, Stati Uniti e Paesi Bassi, che insieme concentrano circa il 65% del totale degli IDE verso il Paese. Secondo dati messi a disposizione da ProInversión, ed elaborati nella figura 14, i principali settori di destinazione degli investimenti sono: minerario, telecomunicazioni, finanza, energia e industria.

Fonte: ProInversión

La tendenza degli investimenti esteri diretti al Perù nel settore minerario si vede influenzata dall’andamento del prezzo delle materie prime. Durante gli anni del cosiddetto commodity price supercycle gli investimenti nel settore sono cresciuti in maniera esponenziale. Ora che i prezzi stanno affrontando un calo, questa tendenza si sta riflettendo anche sugli investimenti. Secondo la classifica del Fraser Institute, il Perù

22,0% 20,5% 18,1% 13,3% 12,4% 13,7% Minerario Comunicazione Finanza Energia Industria

Altri (servizi, agricoltura, etc. )

(33)

rappresenta il 14° paese più attrattivo per gli investimenti nel settore minerario e il secondo paese con la miglior giurisdizione per investire in America Latina55.

Le imprese cinesi continuano a rappresentare i primi investitori nel settore minerario del Paese, rappresentando il 22% degli investimenti diretti esteri totali del settore, seguite dal Canada con un 19%. In aggiunta, il settore delle comunicazioni ha assunto un ruolo centrale, in quanto imprese provenienti da Cile, Messico, Spagna e Regno Unito hanno annunciato investimenti per quasi un miliardo di dollari56. ProInversión, nella

rivista Peru turns the page stima che il gap infrastrutturale peruviano si attesti sui 160 miliardi di dollari e i principali settori che più richiedano investimenti siano: trasporti, energia e telecomunicazioni con rispettivamente 57.5, 30.8 miliardi e 27 miliardi di dollari previsti. I progetti infrastrutturali erano al cuore dello scandalo Odebrecht che ha colpito importanti membri delle élite politica ed economica del paese, incluso ex presidenti, causando ritardi e incertezze nel settore57.

A seguito degli scandali, il Governo sta facendo la sua parte per migliorare la reputazione del Perù come destinatario di investimenti esteri, attraverso regolamenti che garantiscano procedure più celeri e leggi anticorruzione più severe, in modo tale da rendere più trasparenti gli investimenti nel Paese.

1.5.2 Il gettito fiscale

La riscossione delle imposte in Perù ha sempre rappresentato un problema per i governi. Le varie riforme fiscali implementate negli anni per aumentare il gettito e ridurre l’evasione, spesso hanno sortito l’effetto contrario. L’ultima riforma fiscale attuata dall’ex presidente Kuczynski nel 2016 ha ottenuto che il valore del gettito fiscale in termini di PIL calasse del 3% in due anni: nel 2015 rappresentava il 18% del PIL, mentre nel 2017 scese al 15.3%. Ancora prima del calo, il valore si presentava sotto la media

55 Fraser Institute, “Survey of Mining Companies 2018”. Canada, 2018

56 Economic Commission for Latin America and the Caribbean (ECLAC), “Foreign Direct Investment in Latin

America and the Caribbean”, 2018, Santiago, 2018.

57 FDI Magazine “Peru turns the page. Is there a chance for a renewed growth story?”, Dicembre 2017 – Gennaio 2018.

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latino-americana pari a 22.8% e molto al di sotto della media OCSE pari al 34.2% del PIL58.

La ragione principale per la quale il Perù vive un così basso livello di gettito fiscale è l’informalità. L’INEI stima che l’85% delle imprese peruviane operino nell’illegalità e altre stime affermano che 58.000 milioni di nuevos soles non vengano annualmente riscossi, una cifra che equivale al doppio della spesa destinata al Ministero dell’Istruzione59.

Questi dati vengono avvallati da una indagine effettuata da Pulso Perù e pubblicata sul quotidiano Gestión il 13 marzo 2018. Da questa inchiesta risulta che il 40% delle persone intervistate non paga le imposte dovute allo Stato e tra quelli che le pagano il 24% afferma di cercare di pagarne meno del dovuto, questo perché l’86% degli intervistati pensa che il governo non utilizzi in modo adeguato le imposte che riscuote60, di

conseguenza le persone preferiscono evadere piuttosto che pagare un sistema che credono non funzioni. I risvolti di queste azioni sono chiari: in primo luogo, la spesa pubblica è ridotta e lo Stato non può investire in servizi pubblici quanto potrebbe; in secondo luogo, le poche imprese e le persone all’interno del sistema formale si accollano due terzi della riscossione totale.

1.5.3 Gli aiuti ufficiali allo sviluppo

Esistono tre tipi di aiuti finanziari: gli aiuti umanitari, i quali vengono concessi a seguito di catastrofi o disastri; gli aiuti ripartiti da organizzazioni non governative e i pagamenti concessi ai governi, sia attraverso trasferimenti da governo a governo (aiuti bilaterali), sia attraverso entità come la Banca Mondiale (aiuti multilaterali). I trasferimenti di aiuti da parte dei paesi ricchi verso quelli in via di sviluppo possono assumere due forme: prestiti agevolati, che rappresentano somme di denaro prestate a tassi d’interesse più bassi rispetto al mercato e concessi per un periodo maggiore di tempo rispetto i normali prestiti e sovvenzioni esenti da tassi d’interesse.

58 OECD

59 Marcial García, “El gran reto de la reforma tributaria”, El Comercio, 23.05.2018.

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Gli aiuti allo sviluppo destinati all’America Latina hanno vissuto un calo costante negli ultimi quindici anni, tanto che ad oggi rappresentano solo il 6.7% degli aiuti concessi a livello globale. La riduzione non ha risparmiato il Perù, di fatto il Paese ha perso il 26.8% dal 2011, principalmente a causa della classificazione ottenuta come paese a reddito medio alto dalla Banca Mondiale. Inoltre, il Perù ha iniziato il processo per diventare membro dell’OCSE e questo coinciderà con il ritiro della cooperazione internazionale nella sua forma attuale61.

Secondo l’APCI62, nel 2015 il Paese ha ricevuto 360 milioni di dollari attraverso la

cooperazione internazionale. Il 60% dei quali derivano dalla cooperazione ufficiale, mentre il 40% provengono dalla cooperazione privata.

Figura 15: Aiuti bilaterali per origine, 2017

Fonte: APCI

La figura 15 rappresenta i primi sette paesi donatori di aiuti bilaterali destinati al Perù. Gli Stati Uniti occupano il primo posto con 36.3 milioni, il secondo posto è occupato dalla Germania con 34.3 milioni di dollari, la Spagna assume il terzo posto con un ammontare di 31.2 milioni di dollari. Segue la Svizzera con 20.2 milioni, distaccando la Spagna per circa 11 milioni, il Canada con 14.3 milioni e il Giappone con 14.1 milioni, infine, l’Unione Europea occupa il settimo posto con 13.6 milioni di dollari trasferiti.

61 COOECI, “Desarrollo y Democracia en el Perú: Contribución de la cooperación internacional y rol de las

organizaciones de la sociedad civil”, prima edizione, Lima, agosto 2018.

62 Agencia Peruana de Cooperación Internacional, traduzione italiana: Agenzia Peruviana di Cooperazione Internazionale. 36,3 34,6 31,2 20,2 14,3 14,1 13,6 S T A T I U N I T I G E R M A N I A S P A G N A S V I Z Z E R A C A N A D A G I A P P O N E U E

(36)

Il tipo di cooperazione descritta fino ad ora è di genere Nord-Sud, cioè di tipo verticale da parte di paesi considerati sviluppati e classificati come Nord del mondo verso paesi in via di sviluppo, localizzati nel sud del mondo.

Negli ultimi dieci anni si è assistito allo sviluppo di un altro tipo di cooperazione, denominata Sud-Sud, sia bilaterale che triangolare, regionale e non. L’ Agenzia Peruviana di Cooperazione Internazionale definisce la Cooperazione Sud-Sud come uno strumento di politica estera, che consiste nello scambio di competenze e esperienze tra paesi in via di sviluppo sulla base di interessi e sfide comuni e ad uguali condizioni63.

Dal 2000 al 2010, il Perù ha partecipato a questo tipo di cooperazione esclusivamente come ricevente, dal 2016 la tendenza è cambiata e attualmente interviene anche come attore attivo. La maggior parte dei programmi sviluppati nell’ambito della CSS sono regionali e vedono il Perù impegnato in dodici progetti con il ruolo di offerente. Tra i temi trattati troviamo: agricoltura e produzione della lana, gastronomia, difesa del consumatore. I paesi riceventi sono: Paraguay, Honduras, El Salvador, e Repubblica Dominicana. Brasile, Messico e Argentina rappresentano i Paesi con più progetti di cooperazione Sud-Sud attivi in Perù su temi come: lotta alla tratta di persone, protezione dell’ambiente, sviluppo sociale inclusivo e protezione di minori64.

All’interno del quadro della cooperazione Sud-Sud, includiamo la Cina che rappresenta uno dei principali partner strategici del Perù. Secondo il report Situación y Tendencias pubblicato dall’APCI a novembre 2018, l’ammontare degli aiuti cinesi era pari a 10 milioni di dollari, rappresentando l’ottavo paese per trasferimenti al Perù. Attualmente i due paesi vedono attivi un accordo e un programma di formazione tecnica tra i più importanti del Paese, destinato a professionisti peruviani. Le tendenze peruviane e internazionali prevedono per i prossimi anni una riduzione dalla cooperazione tradizionale di tipo Nord Sud e una crescita della cooperazione Sud Sud, sia all’interno delle singole regioni, sia tra regioni in via di sviluppo.

(37)

1.5.4 Le rimesse

Secondo l’INEI, tra il 1990 e il 2017, il numero di peruviani che ha lasciato il paese per non farvi ritorno supera i tre milioni. Di questi circa il 66% è emigrato all’interno del continente, il 31% risiede negli Stati Uniti, il 14.3% è migrato in Argentina, mentre l’11.5% in Cile. Al di fuori del continente americano le percentuali più alte si riscontrano in Spagna e in Italia, rispettivamente con il 14.2% e il 10% di peruviani emigrati all’estero. Sempre secondo l’Istituto di Statistica Peruviano, il 40% degli emigrati inviano rimesse in modo più o meno regolare verso il paese d’origine e nel 2017, il valore totale delle rimesse ha superato i tremila milioni di dollari rappresentando l’1.4% del prodotto interno lordo65.

Fonte: Banca Mondiale

Attraverso la figura 16 possiamo osservare l’andamento crescente del valore delle rimesse a partire dagli anni 2000 al 2018.

Confrontando con il valore degli aiuti allo sviluppo, l’ammontare delle rimesse è pari a 7 volte il valore degli aiuti, il doppio della media mondiale pari a 3.4 volte66. Questo flusso

65 INEI, “Estadísticas de la Emigración Internacional de Peruanos e Inmigración de Extranjeros, 1990 –

2017.”, Lima, Settembre 2018.

66 COOECI, “Desarrollo y Democracia en el Perú: Contribución de la cooperación internacional y rol de las

organizaciones de la sociedad civil”, prima edizione, Lima, agosto 2018.

718 753 705 869 1 .1 3 0 1 .4 4 0 1 .8 3 7 2 .1 3 1 2 .4 4 4 .42 0 9 2 .5 3 4 2 .6 9 7 2 .7 8 8 2 .7 0 7 2 .6 3 7 2 .7 2 5 2 .8 8 4 3 .0 5 1 3 .0 5 7 0 500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500 4.000 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 Mi lio n i d i d o llar i

(38)

di denaro in entrata rappresenta una grande risorsa per le famiglie che hanno un parente all’estero, ma non è detto che si traduca in un impatto positivo per lo sviluppo, in quanto a giovarne saranno solo le famiglie che hanno accesso a questa entrata, con il rischio che si incrementino le disuguaglianze sociali.

1.6 L’economia informale

1.6.1 Il Peso dell’economia informale

Nei paragrafi precedenti si è solo accennato al fenomeno dell’informalità, tuttavia ha un peso rilevante sull’economia peruviana e sullo sviluppo del paese a medio lungo termine. Secondo l’OCSE, il Perù è uno dei Paesi con il più alto tasso di informalità in America Latina, di fatto il 18.6% del PIL peruviano proviene da attività svolte nel settore informale, contro una media regionale del 13.7%. Dal 2007 al 2016 il peso del PIL generato da attività informali sul totale è diminuito solamente dello 0.5%, continuando a rappresentare uno dei più alti della regione.

Pur producendo un quinto della ricchezza nazionale, è il settore informale che impiega la maggior parte della popolazione economicamente attiva, di fatto il 68% degli occupati totali lavora nell’economia informale, una quota ben più alta rispetto a paesi vicini come: Colombia, Ecuador, Brasile e Messico. Negli ultimi dieci anni è stato registrato un calo del lavoro illegale pari al 10%, ma secondo l’OCSE, la persistenza dell’informalità continua ad essere molto radicata, in quanto più della metà di chi entra nel mercato del lavoro informale ci rimane per più di due anni. Il tasso di transizione dei lavoratori dall’economia informale alla formale è di circa del 12% annuale, mentre l’8% sceglie di passare da una situazione formale ad una illegale, perciò il tasso di transizione netto è pari al 4%, un livello ancora troppo basso rispetto al vicino Brasile o Messico67.

Risulta chiaro come il settore informale sia caratterizzato da bassa produttività, pur occupando quasi 3/4 della forza lavoro, produce solamente 1/5 del PIL totale, viceversa il settore formale produce 4/5 del PIL impiegando 1/4 della popolazione economicamente attiva.

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Per quanto riguarda l’attività imprenditoriale, nel 2016 il numero totale di imprese ogni mille abitanti era pari a 207.4, di cui 139.9 informali, pari a più del doppio rispetto a quelle formali. Il più alto numero di imprese illegali si trova nei settori: agricolo, servizi e commercio ed è rappresentato nel 90% dei casi da società unipersonali68. Secondo il

report economico della rivista La Cámara, pubblicato nel novembre del 2017, questa tendenza è presente in tutte le regioni del Paese, dalla più povera alla più ricca.

L’identikit del lavoratore informale è donna con meno di 29 anni, possiede un’istruzione elementare e vive nella zona rurale. Secondo l’INEI, otto donne su dieci e sette uomini su dieci lavorano in condizioni di informalità. Inoltre, le persone che possiedono un’istruzione elementare nel 95% dei casi troveranno un impiego informale, mentre per chi possiede un’istruzione universitaria la probabilità rappresenta il 45%. Per di più, secondo l’indagine Economía informal en Perú: Situación actual y perspectivas, predisposta dal CEPLAN69 un lavoratore impiegato nel settore informale è pagato la

metà o addirittura 1/3 rispetto a chi lavora nel settore formale.

Nella maggioranza dei casi sono le fasce sociali più deboli ad essere colpite dall’informalità specialmente nelle zone rurali e più povere del paese, dove gli investimenti in istruzione sono limitati e non permettono l’accesso a lavori meglio retribuiti. Inoltre, le imprese informali che a loro volta impiegano personale informale non garantiscono benefici sociali, come l’assicurazione sanitaria o i contributi pensionistici, comportando un costo futuro per lo Stato che nel lungo termine si dovrà far carico di quella parte di popolazione.

Secondo l’INEI, i settori economici che presentano la maggior incidenza di impieghi informali sono: agricoltura (90,2%), ristoranti e attività ricettive (79%), trasporti e comunicazione (75%) e costruzioni (76%). I settori con il minor tasso di informalità sono: il settore finanziario (38.3%), il settore minerario (42%), i servizi (57%) e l’industria (60%).

68César Peñaranda Castañeda, “Informe económico”, rivista La Cámara, Lima, novembre 2017.

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1.6.2 Le cause e gli effetti dell’informalità

Secondo il documento Multi-dimensional Review of Peru predisposto dall’OECD, l’informalità è un fenomeno molto complesso in quanto i fattori che la influenzano sono sia causa che effetto della stessa, creando così un circolo vizioso da cui risulta difficile uscire.

Lo studio afferma che, in un primo momento, imprese e lavoratori eseguono un’analisi costi benefici e a seconda del risultato si aprono tre diversi scenari: il primo dove aziende e lavoratori evadono perché i costi della formalità sono maggiori dei guadagni, il secondo dove i benefici sono maggiori dei costi ma si decide lo stesso di evadere, infine, un terzo quello dell’informalità per esclusione, cioè il caso in cui i lavoratori o imprese non abbiano altra scelta se non quella di operare nell’informalità per sopravvivere. Le persone che evadono perché costrette sono stimate essere l’11% del totale secondo l’OECD. L’analisi costi benefici, effettuata da lavoratori e potenziali imprese, risente della miopia nel valutare i vantaggi a lungo termine e della diffusa opinione negativa sulle istituzioni e sull’uso che lo Stato farebbe delle imposte. Secondo l’inchiesta di Latinobarómetro, il Perù è il Paese con il più basso livello di fiducia nel Parlamento di tutta l’America Latina, dove solo l’8% degli intervistati ha risposto positivamente, contro una media regionale del 21%. Per quanto riguarda la fiducia riposta nel governo, il Perù si colloca al terzultimo posto, solo il 13% degli intervistati ha dato un responso positivo70.

In un’altra indagine condotta da Pulso Perù, risulta che l’86% dei cittadini non crede che lo Stato gestisca in modo ottimale le risorse e il 76% che il sistema fiscale sia troppo complicato71. Attraverso questi dati possiamo comprendere il difficile rapporto tra stato

e cittadini e come questi si sentano in qualche modo giustificati per non pagare le tasse o, più in generale, per non rispettare la legge. Il report Doing Business 2019 dipinge una realtà in linea con gli altri Paesi a reddito medio e spesso le performance peruviane sono al di sopra della media regionale, quindi è chiaro che non sono le barriere all’entrata del settore formale a rappresentare un problema, ma piuttosto le incombenze e le distorsioni esistenti per ottemperare agli obblighi formali. L’OECD afferma che il quadro

70 Corporación Latinobarómetro, “Informe 2018”, Santiago, Cile.

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