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Ruolo della connessina 36 (CX36) nel potenziamento a lungo termine (LTP) nell'area CA1 dell'ippocampo di topo

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INDICE

ABSTRACT...3

RIASSUNTO ...5

CAPITOLO 1

...8

INTRODUZIONE...8

1.1 Le sinapsi elettriche...8

1.2 La Connessina 36 (Cx36)...13

1.3 L’Ippocampo ...16

1.4 Memoria e Ippocampo ...18

1.5 Il potenziamento a lungo termine (LTP) ...21

1.6 Proprietà dell’LTP...24

1.7 Organizzazione funzionale dei campi sinaptici

dell’ippocampo ...26

1.8 Meccanismi molecolari coinvolti nell’LTP...28

Il ruolo del Ca

2+

...28

Le protein chinasi...31

I recettori metabotropici per il glutammato (mGluR)....33

Modificazioni morfologiche delle sinapsi ...34

1.9 Messaggeri retrogradi...37

1.10 Il Comportamento dei topi Cx36 Knock-Out...40

CAPITOLO 2

...43

Scopo della tesi ...43

CAPITOLO 3

...44

Materiali e metodi ...44

3.1 Animali...44

3.2 Preparazione delle slices d’ippocampo ...46

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4.1 I topi Cx36 KO presentano una maggiore eccitabilità

neuronale...52

4.2 I topi Cx36 KO non esprimono un LTP ...54

4.3 Cx36 ed epilessia...56

CAPITOLO 5

...58

Discussione ...58

Conclusioni ...61

Indice delle abbreviazioni ...62

(3)

ABSTRACT

Gap junction channels, made up of connexin (Cx) proteins, are setup in intercellular communication and metabolic exchange in the central nervous system. Connexin 36 (Cx36) is expressed in distinct subpopulations of neurons throughout the mammalian brain. Deletion of the Cx36 gene in the mouse affected power and frequency of gamma and sharp wave-ripple oscillations, putative correlates of memory engram inscription.

To investigate on the cellular mechanism underlying the cognitive deficts observed in Cx36 knock-out mice, we studied the plasticity of CA3-CA1 synapses of hippocampus in slices from Cx36 knock-out mice.

Extracellular excitatory postsynaptic potentials (fEPSPs) from stratum radiatum were evoked by stimuli applied to Schaffer collateral-commissural pathway. Input/output (I/O)curves, post-tetanic potentiation (PTP) and long-term potentiation (LTP) were analysed.

There were significative changes in I/O curves. After tetanus, fEPSP potentiation in control mice was stable for at least 60 min,

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These data suggest that neuronal gap junctions incorporating Cx36 play a role in activity dependent plasticity likely linked to learning and memory.

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RIASSUNTO

Le gap junctions sono contatti specializzati tra cellule eucariotiche, che provvedono alla diretta comunicazione intercellulare ed al passaggio di ioni e piccole molecole.

I canali delle gap junctions sono composti da una famiglia di proteine note con il nome di connessine; in particolare la connessina 36 (Cx36) è ampiamente espressa nel Sistema Nervoso Centrale (SNC).

Recenti studi hanno dimostrato che la mancanza di Cx36 comporta deficits nella sincronizzazione neuronale in alcune aree del cervello come la corteccia e l’ippocampo.

Studi condotti in topi Cx36 knockout (Cx36 KO) hanno dimostrato che nell’ ippocampo, la mancanza di questa proteina, determina una riduzione delle oscillazioni ad alta frequenza (200 Hz) e delle onde gamma (30-80 Hz) che sembrano essere coinvolte in forme di apprendimento.

Inoltre studi condotti in vivo su topi Cx36 KO hanno evidenziato una ridotta capacità di apprendimento a stimoli complessi.

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eventuali variazioni della trasmissione sinaptica a livello cerebrale.

L’indagine è stata condotta su slices (fettine) di ippocampo di topo ed in particolare è stato studiato il fenomeno del potenziamento a lungo termine (LTP) nei neuroni piramidali del campo CA1, in quanto l’LTP in tali neuroni è considerato un affidabile modello elettrofisiologico in vitro di apprendimento e memoria.

Sono stati usati topi Cx36 KO ottenuti dalla delezione della regione codificante Cx36 sull’esone 2 e topi wild type (WT).

Le slices trasversali (400µm) di ippocampo, ottenute dai due gruppi di topi sono state mantenute a 30°C in una cameretta del tipo ad interfaccia e perfuse, con flusso di circa 3 ml/min, con liquido cefalorachidiano artificiale. I potenziali sinaptici evocati (fEPSPs) in risposta a stimolazione elettrica di diversa intensità (onde quadre di 40 µsec, 0.1-1.0 mA a 0.1 Hz) delle fibre collaterali di Schaffer sono stati registrati extracellularmente nelle regioni apicali dendritiche delle cellule piramidali del CA1. Le curve “input/output” (I/O) ottenute misurando la slope (mV/ms) iniziale dei fEPSPs evocati alle diverse intensità sono state utilizzate sia per stimare l’eccitabilità neuronale sia per stabilire l’intensità dello stimolo che evoca un fEPSP con slope del 40-50 % del valore massimo.Tale intensità è stata usata sia per lo

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stimolo singolo che per la tetanizzazione (100 Hz/1 s) della via afferente.

I risultati ottenuti hanno evidenziato differenze significative nell’andamento delle curve I/O nei due gruppi di slices, suggerendo che l’eccitabilità neuronale è stata modificata dalla mancanza della connessina 36. Nelle slices ottenute dai topi WT dopo 60 min dalla stimolazione tetanica si ha ancora un significativo aumento del fEPSP, mentre nelle slices ottenute dai topi Cx36 KO, allo stesso tempo, la risposta aveva raggiunto i valori paragonabili a quelli pretetano.

I risultati di questi esperimenti suggeriscono che la mancanza della connessina 36, sebbene non modifichi il potenziamento a breve termine, altera invece lo sviluppo di un potenziamento sinaptico a lungo termine (LTP).

Ulteriori indagini di tipo farmacologico saranno necessarie per determinare i meccanismi coinvolti in queste alterazioni.

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CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

1.1 Le sinapsi elettriche

Le sinapsi sono strutture specializzate che mediano la comunicazione intercellulare tra due neuroni o tra un neurone ed un altro tipo di cellula. Il passaggio di informazioni tra due neuroni è stato motivo di dibattito tra i neuroscienzati dell’ultimo secolo, alcuni a favore di una trasmissione elettrica (il potenziale d’azione nel neurone presinaptico induce un flusso di corrente passiva nella cellula postsinaptica), altri a favore di una sostanza chimica, liberata dalla cellula presinaptica all’arrivo di un potenziale d’azione, che interagisce con recettori della cellula postsinaptica e permette la propagazione dell’impulso nervoso (Figura 1). Per diversi anni le inequivocabili evidenze per una trasmissione chimica nel cervello dei Vertebrati e nelle giunzioni neuromuscolari hanno portato alla generalizzazione che la trasmissione sinaptica fosse chimica. Una diretta dimostrazione di una trasmissione sinaptica elettrica è stata per la prima volta ottenuta nell’assone motore del gambero, dove è stato dimostrato

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che le risposte postsinaptiche insorgevano in una frazione di millisecondo dopo la stimolazione presinaptica (Furshpan and Potter, 1959); queste evidenze sono state riscontrate anche nel SNC dei Vertebrati (Bennett et al., 1959; Bennett, 1997; Bennett, 2000).

Le sinapsi elettriche sono caratterizzate da un’area di contatto tra le cellule, in cui sono presenti gap junctions, ovvero strutture composte da canali transcellulari. Le proteine strutturali che formano questi canali, le Connessine (Cx), sono una famiglia di proteine che si differenziano sulla base del loro peso molecolare espresso in kDa e per questo indicate come Cx30, Cx32, Cx36, Cx43, etc (Beyer et al., 1990).

La famiglia dei geni per le connessine comprende 21 membri nel genoma umano e 20 in quello del topo (Sohl and Willecke, 2003). I canali intercellulari si estendono attraverso le due membrane plasmatiche e risultano dall’associazione di due mezzi canali, chiamati connessoni. Ogni connessone, a sua volta è costituito da un assembramento esamerico di connessine, che possono avere la stessa composizione molecolare, e quindi essere omotipici, o differire tra loro, e quindi essere eterotipici (Figura 2).

Il codice di compatibilità delle connessine permette solamente selettive interazioni tra i connessoni, cosicché l’accoppiamento

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delle gap junctions hanno pori relativamente larghi (16-20 Å di diametro) che permettono agli ioni e a piccole molecole di dimensioni inferiori a 1 kDa di passare da una cellula all’altra (Nicholson et al., 2000). Questi canali intercellulari sono anche coinvolti nella trasmissione di segnali metabolici tra cellule, permettendo il passaggio di secondi messaggeri come l’inositolo trifosfato (IP3) e l’adenosin monofosfato ciclico (cAMP) (Bevans et al., 1998).

Le sinapsi elettriche funzionano come filtri a passo basso, “low

pass filters”, cioè essi preferibilmente trasmettono stimoli a bassa

frequenza che permettono il rapido trasferimento di un impulso presinaptico in un potenziale postsinaptico eccitatorio elettrico nella cellula post-giunzionale (Bennett, 2000). Se la corrente trasmessa alla cellula postsinaptica è sufficiente a depolarizzare la membrana al di sopra di una certa soglia, l’attivazione di canali ionici voltaggio-dipendenti porterà alla generazione di potenziali d’azione. Poiché il flusso di corrente ionica può avvenire liberamente tra le due cellule, la trasmissione elettrica attraverso i canali intercellulari può essere bidirezionale.

La comunicazione elettrica è stata considerata per molto tempo una proprietà delle strutture neurali degli Invertebrati dove una più veloce trasmissione è necessaria per compiere semplici, rapidi compiti. Nei Vertebrati, le sinapsi elettriche svolgono un ruolo di primaria importanza durante lo sviluppo del SNC quando le

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sinapsi chimiche sono immature e il loro numero è ancora molto basso; in questo caso, la comunicazione neuronale più utilizzata è quella dipendente dalle gap junctions. E’ stato osservato, infatti, che la presenza di sinapsi elettriche è correlata a specifici eventi che avvengono durante lo sviluppo, come la differenziazione cellulare e regionale, la migrazione e la formazione di circuiti neuronali (Fulton, 1995; Kandler and Katz, 1995). Studi sia in

vivo che in vitro hanno dimostrato che le cellule progenitrici, i

neuroblastomi e le cellule proliferanti localizzate in diverse aree di neurogenesi sono accoppiate elettricamente. Al contrario, questo accoppiamento tende a diminuire con il procedere della differenziazione, suggerendo quindi un ruolo di comunicazione intercellulare durante la proliferazione e la differenziazione delle cellule neuronali multipotenti (LoTurco and Kriegstein, 1991; Donahue et al., 1998; Rozental et al., 1998).

Diverse linee di evidenza hanno progressivamente contribuito ad approfondire il ruolo delle gap junctions nell’attività neuronale anche nell’adulto. Una recente evidenza è stata l’identificazione di una nuova connessina altamente espressa nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) dei Vertebrati e chiaramente presente nei neuroni (Rash et al., 1996; Rash et al., 1998). Inoltre, i vantaggi tecnologici come la microscopia ad infrarossi e le tecnologie

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Beierlein et al., 2000; Blatow et al., 2003). Simulazioni al computer e registrazioni elettrofisiologiche hanno portato ad evidenziare un ruolo chiave per le sinapsi elettriche nel sincronizzare vaste popolazioni neuronali a differenti bande di frequenza, che sono state proposte sottostare ad una varietà di processi cognitivi, come la percezione, memoria ed apprendimento (Buzsaki and Chrobak, 1995; Draguhn et al., 1999; Traub and Bibbig, 2000; Traub et al., 2003). La trasmissione elettrica potrebbe essere vista, perciò, come una forma complementare di comunicazione, non alternativa alla comunicazione chimica con la quale interagisce. Le gap junctions nel SNC non sono limitate ai neuroni; infatti, anche le cellule della macroglia (astrociti e oligodendrociti) sono accoppiate tra loro e con i neuroni tramite connessine (Massa and Mugnaini, 1982; Giaumer et al., 1991; Altevogt et al., 2002).

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1.2 La Connessina 36 (Cx36)

L’espressione della connessina 36 (Cx36) nel SNC è stata dimostrata utilizzando differenti tecniche da vari gruppi. Con studi immunoistochimici, è stato osservato che la Cx36 è espressa solamente nei neuroni (Belluardo et al., 2000; Condorelli et al., 2000).

In una serie di studi, Condorelli e collaboratori (1998; 1999) hanno presentato un’analisi dettagliata della distribuzione della Cx36 nel SNC e hanno dimostrato che questa connessina è espressa nel midollo spinale, nei nuclei della base, ipotalamo, strutture mesencefaliche e diencefaliche, neocorteccia, retina, bulbi olfattori e nell’ippocampo. La Cx36 raggiunge un picco di espressione nelle prime due settimane di vita postnatale e decresce durante la terza settimana nel cervello dei roditori.

Nell’ippocampo, la principale regione del sistema limbico, considerata la struttura che interfaccia la memoria dichiarativa e la memoria a breve termine (Suzsuki, 2003; Dash et al., 2004), l’accoppiamento elettrico tra i neuroni sembra essere coinvolto nei fenomeni di sincronizzazione neuronale.

Diversi patterns oscillatori, che possono essere attribuiti a differenti stati comportamentali, sono stati registrati

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elettrico tra gli interneuroni ippocampali (Venance et al., 2000). Studi condotti sia in vitro (Hormuzdi, 2001) che in vivo (Buhl et al., 2003) nei topi Cx36 Knout-Out (Cx36 KO) hanno dimostrato un’assenza delle frequenze di oscillazioni gamma (20-90 Hz), mentre altre frequenze come il theta ritmo (4-12 Hz) o le alte frequenze di oscillazione (ripples) (100-600 Hz) non vengono completamente abolite. Le oscillazioni gamma indotte farmacologicamente dipendono sia dalle sinapsi chimiche inibitorie che dalle gap junctions (Traub et al., 2000a), mentre le oscillazioni ad alta frequenza necessitano di un accoppiamento tra cellule piramidali. Studi in vitro, infatti, hanno dimostrato che queste oscillazioni avvengono in assenza di neurotrasmissione chimica e necessitano di gap junctions tra gli assoni delle cellule principali (Traub et al., 2000b). L’evidenza che la Cx36 nell’ippocampo dei topi adulti è espressa solamente dagli interneuroni ed è necessaria per la coordinazione della rete inibitoria suggerisce che le gap junctions contenenti la Cx36 siano implicate nelle oscillazioni gamma. E’ stata comunque ipotizzata la possibilità che altre proteine che formano canali intercellulari siano necessarie per mediare le alte frequenze di oscillazioni nell’ippocampo.

Queste forme di oscillazioni, sia le gamma che le ripples, sono implicate nei processi di memorizzazione (Fell et al., 2001). Un recente studio in vivo condotto su topi Cx36 KO ha evidenziato

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che le risposte correlate all’esplorazione e all’ansietà non sono influenzate dalla mancanza di Cx36, mentre le capacità sensorimotorie e i processi di apprendimento e memoria sono ridotti a seconda della complessità dello stimolo presentato (Frisch et al., 2005).

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1.3 L’Ippocampo

L’ippocampo è una struttura telencefalica, fa parte del sistema limbico e origina da un’invaginazione della corteccia temporale al di sotto dei due ventricoli laterali. Riceve afferenze dai neuroni dello strato II e III della corteccia entorinale, dal setto, dall’area tegmentale ventrale, dai corpi mammillari, e dall’ippocampo controlaterale mentre le efferenze, attraverso la fimbria, raggiungono il setto, l’ipotalamo e l’ippocampo controlaterale. (Gilman e Newman 1992).

Da questa struttura è possibile ricavare slices di 350-400 µm di spessore che possono essere mantenute in vitro in una soluzione la cui composizione è simile a quella del liquido cefalorachidiano. In una slice di ippocampo (spessore di circa 400 µm), si possono distinguere: lo strato dei corpi cellulari delle cellule dei granuli del giro dentato e quello dei corpi cellulari delle cellule piramidali dei campi CA3 e CA1(Figura 3).

Questi tre campi cellulari sono connessi attraverso un circuito trisinaptico, con sinapsi eccitatorie di tipo glutammatergico, che parte dalla via perforante, costituita dagli assoni dei neuroni localizzati nella corteccia entorinale; questi assoni contattano sinapticamente le cellule dei granuli i cui assoni, che costituiscono le fibre muschiose, fanno sinapsi con le cellule piramidali del campo CA3. I neuroni del campo CA3 hanno

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assoni che, prima di fuoriuscire dall’ippocampo attraverso la fimbria, emettono delle fibre collaterali denominate le fibre collaterali di Schaffer che decorrono parallelamente al campo CA1 tra quest’ultimo e la fessura ippocampale. Lungo il loro decorso queste fibre formano diversi contatti sinaptici con le arborizzazioni dendritiche apicali dei neuroni del campo CA1. Queste cellule infine emettono un assone che si divide a T e decorre superiormente al campo CA1 costituendo le fibre dell’alveuss. Queste da una parte proiettano al subiculum e alla corteccia entorinale e dall’altra fuoriescono dall’ippocampo attraverso la fimbria assieme all’assone principale delle cellule del campo CA3 per raggiungere l’ipotalamo e l’ippocampo controlaterale (Bliss and Collingridge, 1993).

La sua organizzazione microscopica è di tipo laminare e le vie intrinseche che collegano sinapticamente i diversi campi cellulari sono infatti esattamente ripetute lungo piani perpendicolari al suo asse longitudinale (Andersen et al., 1971). Grazie a ciò da questa struttura si possono ottenere slices con le medesime connessioni sinaptiche .

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1.4 Memoria e Ippocampo

Le capacità di imparare e ricordare sono parti integranti della nostra vita ed è difficile immaginare cosa potrebbe essere la nostra esistenza senza la memoria.

La memoria costituisce per gli organismi viventi uno strumento adattativo molto potente e dipende dal preciso funzionamento dei neuroni. L’età, i traumi, la malnutrizione e vari fattori genetici possono diminuire la nostra capacità di immagazzinare e richiamare informazioni e condurre anche a severe forme di degenerazione della memoria, come nel caso della malattia di Alzheimer.

L’apprendimento e la memoria sono strettamente correlati, ma i termini non sono intercambiabili. L’apprendimento riguarda infatti l’insieme dei processi attraverso cui il comportamento può essere modificato come risultato dell’esperienza e della pratica, mentre la memoria si riferisce ai meccanismi che determinano la ritenzione nel tempo delle informazioni con la capacità di richiamare o meno gli oggetti o gli eventi che sono stati appresi (ricordo e oblio).

Gli studi condotti su primati non umani, sebbene con alcune difficoltà, hanno permesso di identificare alcune aree importanti per l’immagazzinamento di memorie dichiarative, quali l’ippocampo propriamente detto, il giro dentato, il complesso

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subiculare e la corteccia entorinale (Milner et al., 1998). Questi risultati sono in accordo con i rilievi clinici di alcuni pazienti con lesioni ristrette a livello delle strutture del lobo temporale. Per esempio, due pazienti con danni bilaterali localizzati alla sola regione CA1 dell’ippocampo mostravano deficits nella memoria dichiarativa. Successivamente, diversi studi hanno dimostrato che lesioni del lobo temporale influenzano in maniera profonda la memoria (Penfield, 1959; Zola-Morgan and Squire, 1986). Queste lesioni interferiscono principalmente con la formazione di nuove tracce mnemoniche mentre hanno scarso effetto sulle memorie pregresse. Un’altra dimostrazione che i lobi temporali sono di grande importanza per la memoria si ricava dalle osservazioni del neurochirurgo Penfield (1959). Nel corso di interventi chirurgici sul lobo temporale eseguiti per la terapia dell’epilessia, Penfield stimolava elettricamente il lobo temporale esposto di pazienti completamente svegli. I pazienti riferivano che la stimolazione risvegliava in loro il ricordo di eventi pregressi.

Lesioni bilaterali circoscritte principalmente all’ippocampo si possono osservare in seguito ad anossia cerebrale e si è osservato che queste lesioni determinano la comparsa di una sindrome di amnesia. Zola-Morgan e Squire (1986) hanno inoltre osservato che l’ischemia sperimentale globale provoca gravi danni

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eseguire compiti che richiedono l’intervento della memoria. In questi casi, alcune parti dell’ippocampo risultano indenni, il che dimostra che anche lesioni parziali possono determinare alterazioni della memoria.

Una delle prime ipotesi sulle basi neuronali dell’apprendimento, tuttora importante, fu proposta da Hebb nel 1949. Egli suggerì che l’uso ripetitivo di una sinapsi può aumentare l’efficacia della sinapsi stessa se vi è correlazione specifica tra la scarica postsinaptica della cellula ed un particolare segnale in entrata. Questo può suggerire che, per il rinforzo delle connessioni specifiche, sono indispensabili sia il segnale presinaptico che la risposta postsinaptica.

La “sinapsi di Hebb” è una costruzione ipotetica ancora valida che ha trovato solo recentemente una conferma negli studi sui meccanismi molecolari che sono alla base del potenziamento a lungo termine. Anche se risultati ottenuti dagli studi sugli Invertebrati hanno messo in evidenza che esistono altri meccanismi di plasticità neuronale che non prevedono la contemporanea attivazione pre e postsinaptica.

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1.5 Il potenziamento a lungo termine (LTP)

L’LTP è stato scoperto per la prima volta da Bliss e Lømo nel 1973 in uno studio in vivo sull’ippocampo di coniglio. Gli autori osservarono che una breve stimolazione ad alta frequenza (stimolo tetanico) della via perforante causava un aumento della risposta sinaptica registrata nel giro dentato alla singola stimolazione test sulla stessa via e che la risposta sinaptica, misurata come ampiezza del potenziale extracellulare (fEPSP), rimaneva aumentata per alcune ore o giorni. L’LTP rappresenta dunque una forma di plasticità sinaptica attività-dipendente che può essere considerato un meccanismo base per l’immagazzinamento di nuove informazioni nel cervello e servire quindi come substrato per lo studio dei fenomeni di apprendimento e memoria del Sistema Nervoso Centrale (SNC) dei vertebrati (Edwards, 1995).

L’LTP è comunemente diviso in due parti distinte, sia per i meccanismi sia per i tempi di espressione: a) una fase precoce, della durata di 1-2 ore, e b) una tardiva (Wang et al, 1997). Nella fase precoce l’espressione dell’LTP non è associata a sintesi di proteine mentre in quella tardiva entrano in gioco anche fenomeni nucleari come la sintesi di mRNA e di proteine (Nguyen et al.,

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L’LTP oltre che nell’ippocampo è stato osservato anche in altre strutture encefaliche come la corteccia visiva (Tsumoto and Suda, 1979) l’amigdala (Rogan and LeDoux, 1995); la corteccia frontale (Sutor and Hablitz, 1989) e i collicoli superiori (Okada and Miyamoto, 1989).

La struttura dove l’LTP è stato maggiormente studiato è l’ippocampo che è coinvolto nei fenomeni di apprendimento (Wang et al, 1997). L’importanza dell’ippocampo in questo ambito è emersa alla fine degli anni ’50 quando alcuni pazienti che avevano subito l’asportazione bilaterale dell’ippocampo e di altre strutture annesse per il trattamento dell’epilessia, hanno mostrato l’incapacità di formare nuove tracce mnemoniche (Scoville and Milner, 1957). Ulteriori prove sono state raccolte anche da Zola-Morgan e coll. (1986) da pazienti che avevano subito una lesione bilaterale all’ippocampo. Esperimenti condotti sugli animali hanno rivelato che lesioni bilaterali dell’ippocampo riducono notevolmente la capacità di svolgere compiti che richiedono la memoria spaziale (Treves and Rolls, 1994; Kowalska, 1995). Tutto ciò ha portato a supporre un coinvolgimento dell’ippocampo nei fenomeni di apprendimento e memoria.

Sono state numerose le ricerche eseguite per dimostrare la correlazione che intercorre tra l’LTP e la memoria. E’ noto un progressivo aumento dell’efficacia sinaptica a livello ippocampale

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sia durante l’apprendimento di tipo associativo sia in animali esposti in ambienti nuovi e complessi (Bliss and Ricther-Levin, 1993; Diamond and Rose, 1994). Nel 1986 Morris e coll. hanno osservato che somministrando in vivo APV (antagonista dei recettori glutammatergici di tipo NMDA) gli animali non riuscivano più ad eseguire alcuni compiti che richiedono la memoria spaziale e contemporaneamente non si aveva induzione dell’LTP. Nonostante le molte evidenze a favore della correlazione che intercorre tra LTP e memoria nell’ippocampo non c’è ancora una chiara dimostrazione di un aumento della risposta sinaptica nell’apprendimento (Malenka and Nicoll, 1997). Infatti i processi comportamentali che coinvolgono l’ippocampo richiedono condizioni sperimentali complesse.

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1.6 Proprietà dell’LTP

Lo sviluppo della tecnica delle slices di tessuto nervoso (Yamamoto and MacIlwain, 1966) ha notevolmente semplificato l’approccio sperimentale, consentendo un’analisi più dettagliata dei meccanismi che sono alla base dell’LTP. In particolare ha permesso di valutare questo fenomeno a livello di singola cellula nervosa mediante registrazioni intracellulari, evidenziando come il potenziamento osservato della risposta sinaptica di popolazione sia parallelo ad un aumento in ampiezza del potenziale postsinaptico eccitatorio (EPSP) del singolo neurone. Malenka (1991) ha evidenziato che per l’induzione dell’LTP è necessario un numero minimo di fibre afferenti durante la stimolazione ad alta frequenza; questa proprietà è stata denominata “cooperatività”.

Una seconda caratteristica dell’LTP è la “specificità dell’input”: se la stimolazione tetanica viene applicata ad un gruppo di fibre afferenti, un LTP viene indotto solo a livello delle sinapsi da esse attivate, mentre altre fibre che non hanno ricevuto questa stimolazione tetanica non modificano la loro efficacia sinaptica, pur convergendo sulla stessa popolazione di neuroni.

Una terza proprietà dell’LTP è “l’associatività”: la stimolazione di un gruppo di fibre ad una frequenza tale che di per se non è in grado di indurre LTP, può essere efficace se viene presentata

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contemporaneamente ad un tetano applicato ad un diverso gruppo di afferenze convergenti sullo stesso neurone. Lo stesso risultato può essere ottenuto se lo stimolo test di per sè inefficace è associato ad una depolarizzazione del neurone postsinaptico indotta applicando intracellularmente un impulso di corrente positiva (Gustafsson et al., 1987).

Sembra quindi che per l’induzione dell’LTP sia necessaria una depolarizzazione dell’elemento postsinaptico accoppiata all’attivazione dei terminali presinaptici delle fibre afferenti. Già nel 1949 Hebb aveva postulato che le basi della memoria risiedono in cambiamenti della risposta sinaptica che avvengono con la contemporanea attivazione dell’elemento pre- e postsinaptico (sinapsi hebbiana) (Hebb, 1949).

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1.7 Organizzazione funzionale dei campi sinaptici dell’ippocampo

Il neurotrasmettitore principale che media la trasmissione sinaptica eccitatoria nell’ippocampo dei mammiferi è il glutammato (Engelsen, 1986).

Questo aminoacido interagisce con l’elemento postsinaptico legandosi a 3 diversi tipi di recettori: AMPA, NMDA e i metabotropici (Tabella 1).

I recettori AMPA sono dei recettori-canale costituiti dalle subunità GluR1-GluR4 e sono permeabili a cationi positivi monovalenti (Na+ e K+). Questi recettori sono la fonte principale della corrente entrante nelle risposte sinaptiche quando il potenziale di membrana è vicino a quello di riposo (-60/-70 mV). I recettori AMPA vengono bloccati selettivamente dal 6-cyano-7-nitroquinoxalin-2,3-dione (CNQX), dal 6,7-dinitroquinoxalin-2,3-dione (DNQX) (Honorè et al., 1989) e dal 2,3-dihydroxy-6-nitro-7-sulfamoyl-benzo(F)quinoxalin (NBQX) (Sheardown et al., 1990).

I recettori NMDA sono dei canali eterodimerici costituiti dalle subunità NR1 e NR2A-D e mostrano una voltaggio-dipendenza a causa di un blocco da Mg2+. Questo ione occlude il canale quando la cellula si trova a potenziali di membrana di riposo o

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iperpolarizzati, mentre il Mg2+ viene rimosso con la depolarizzazione. In quest’ultimo caso i recettori NMDA diventano permeabili al Na+ al K+ e al Ca2+ (MacDermott et al., 1986). Il recettore NMDA può essere bloccato da diversi antagonisti, tra i quali il più diffuso è l’APV (Collingridge et al., 1983). La glicina, aminoacido che in certe sinapsi agisce come neurotrasmettitore inibitorio, è indispensabile per l’attivazione dei recettori NMDA e incrementa la risposta di questi recettori aumentando la probabilità di apertura del canale (Johnson and Asher, 1987; Kleckner and Dingledine, 1988).

I recettori metabotropici sono associati a delle proteine di membrana, le proteine G. Le proteina G sono un eterotrimero costituito da 3 subunità α, β,γ. L’attivazione della proteina G porta alla scissione della subunità α con attività GTPasica, dal dimero βγ e alla formazione di diversi secondi messaggeri. Le proteine G possono attivare la fosfolipasi C (PLC) che scinde i fosfolipidi di membrana in diacilglicerolo (DAG) e inositolo-1,4,5-trifosfato (IP3). DAG modula l’attività della PKC mentre IP3 determina il rilascio di Ca2+ dagli storage intracellulari. La proteina G può anche attivare o inibire l’adenilato ciclasi aumentando o diminuendo i livelli di cAMP, un importante secondo messaggero intracellulare. (Stryer and Bourne, 1986).

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1.8 Meccanismi molecolari coinvolti nell’LTP Il ruolo del Ca2+

Durante la normale trasmissione sinaptica la risposta eccitatoria delle cellule è mediata dai recettori AMPA perchè al potenziale di riposo i recettori NMDA sono bloccati dal Mg2+ (Figura 4).

Nella stimolazione tetanica ad alta frequenza (100 Hz) la durata dei singoli potenziali postsinaptici è maggiore dell’intervallo tra uno spike e l’altro dell’elemento presinaptico e i potenziali postsinaptici si sommano temporalmente in modo tale da portare il potenziale di membrana a livelli molto depolarizzati. Questa depolarizzazione determina lo sblocco dei recettori NMDA con il conseguente ingresso di Ca2+.

Nel campo CA1 dell’ippocampo l’ingresso di Ca2+ attraverso i recettori-canale NMDA è critico per l’induzione dell’LTP. Esistono infatti molte evidenze a favore sia in vivo che in vitro: iniettando in vivo nei ventricoli cerebrali APV, un bloccante dei recettori NMDA, gli animali mostravano ridotto sia l’LTP che l’apprendimento (Morris et al., 1986) e parallelamente in vitro non si induceva LTP (Bliss and Collingridge, 1993; Collingridge et al., 1983).

Se nel campo CA1 l’induzione dell’LTP è dipendente dall’attivazione dei recettori NMDA nel campo CA3 di

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ippocampo, la stimolazione tetanica delle fibre muschiose, induce un LTP che non è bloccato dall’APV. Questo è un LTP NMDA-indipendente e non è ancora stato chiarito il meccanismo di induzione (Bliss and Collingridge, 1993).

L’induzione dell’LTP nei neuroni piramidali dell’area CA1 di ippocampo può essere bloccata dall’iniezione intracellulare di glycol-bis(β-aminoethyl ether) N,N,N',N'-tetraacetic acid (EGTA), un chelante del Ca2+ (Lynch et al., 1983). Da studi condotti utilizzando un chelante del Ca2+ fotosensibile, il Diazo-4, è stato osservato che se l’attivazione di questa sostanza avviene 1-2 secondi dopo la stimolazione tetanica si blocca l’induzione dell’LTP. Se invece l’attivazione del chelante avviene a tempi superiori si osserva un normale LTP (Malenka et al., 1992). E’ stato quindi chiarito che è sufficiente un incremento di Ca2+ libero per un brevissimo periodo di tempo nel neurone postsinaptico per indurre LTP.

Non c’è ancora una opinione univoca se per indurre l’LTP è sufficiente il Ca2+ che entra nella cellula attraverso i recettori NMDA o è necessaria un’amplificazione della sua concentrazione dovuta al rilascio di Ca2+ dagli storage intracellulari. Emptage e coll. (1999) affermano che l’ingresso di Ca2+ attraverso i recettori NMDA è molto poco ma è molto amplificato dal rilascio di Ca2+

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1992), farmaco che inibisce il rilascio del Ca2+ dagli storage intracellulari, mostrano una riduzione dell’incremento della concentrazione del Ca2+ dopo l’attivazione dei recettori NMDA. E’ anche possibile indurre LTP tramite l’attivazione dei recettori metabotropici anche quando i recettori NMDA sono bloccati (Bortolotto and Collingridge, 1993) suggerendo che il Ca2+ degli

storage intracellulari può sostituire quello entrato attraverso i

recettori NMDA per indurre l’LTP.

Ma d’altra parte in esperimenti condotti utilizzando molecole che rilasciano Ca2+ in modo fotosensibile è stato osservato un aumento della risposta sinaptica ma non si induceva un vero e proprio LTP. Non si induceva LTP neanche aumentando la concentrazione di Ca2+ tramite un lento svuotamento degli storage intracellulari (Harvey and Colingridge, 1992) o inducendo una corrente Ca2+. Quindi se si è certi dell’importanza del Ca2+ nell’induzione dell’LTP non è ancora stato chiarito se questo ione è da solo sufficiente per indurre LTP e se l’innalzamento della concentrazione di Ca2+ è dovuto solo ai recettori NMDA o sono presenti altri meccanismi di amplificazione del segnale.

L’attivazione dei recettori NMDA risulta indispensabile anche in altre forme di plasticità legate allo sviluppo del sistema nervoso centrale (SNC). Lo sviluppo della normale binocularità delle cellule della corteccia visiva di gatto dipende dalle afferenza che i neuroni ricevono nel primo mese di vita, tanto che se si chiude un

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occhio per 4-6 settimane dopo la nascita, al termine di questo periodo la maggior parte delle cellule non risponde più agli stimoli presentati all’occhio deprivato (Wiesel and Hubel, 1965). E’ stato dimostrato che questa plasticità dipende dai recettori NMDA il cui blocco previene la perdita funzionale della via dell’occhio deprivato (Collingridge and Singer, 1990).

Le protein chinasi

Mediante diversi metodi di indagine è stato osservato che bloccando la via di trasduzione del segnale di diverse protein chinasi non viene indotto l’LTP.

Studi di tipo genetico hanno dimostrato che i topi mancanti della subunità α della chinasi calcio-calmodulina di tipo II (CaMKII) (Silva et al., 1996), dell’isoforma γ della protein chinasi C (PKC) (Abeliovich et al., 1993), della tirosin-chinasi fyn (Grant et al., 1992) a seguito di specifiche delezioni o mutazioni hanno un ridotto o anomalo LTP. Anche l’inibizione della cascata di fosforilazione della protein chinasi mitogenesi-attivata (MAP-kinasi) blocca l’induzione dell’LTP (English and Sweat, 1996). In particolar modo la CaMKII è stata oggetto di numerose ricerche ed è considerata una componente chiave per l’LTP

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il complesso CaM-Ca2+ al dominio autoinibente causa un cambio conformazionale che induce un’autofosforilazione nel residuo di treonina 286 (Thr286) situata nel dominio autoinibente stesso (Braun and Schulman, 1995). Questa fosforilazione porta a tre conseguenze: (1) l’associazione di CaMKII a proteine citoplasmatiche delle spina dendritiche che formano la zona detta densità postsinaptica (PSD) (Strack and Colbran, 1998), (2) diminuisce la percentuale del distacco con CaM-Ca2+ di tre ordini di grandezza, (3) mantiene l’attività chinasica anche con il distacco da CaM-Ca2+ (Braun and Schulman, 1995). Quindi un rapido e breve incremento di Ca2+ porta a una prolungata attivazione di CaMKII, anche fino ad un’ora (Fukunaga et al., 1993).

L’attività di CaMKII è essenziale per l’induzione dell’LTP ed è stato provato anche con studi biochimici dimostrando che l’autofosforilazione nel residuo di Thr286 avviene nell’induzione dell’LTP (Fukunaga et al., 1995; Barria et al., 1997) e che con la mutazione in Thr286 se ne blocca l’induzione (Giese et al., 1998). E’ stato osservato che con l’induzione dell’LTP CaMKII fosforila GluR1, una subunità dei recettori AMPA, (Barria et al., 1997). GluR1 può essere fosforilata nel residuo di serina 831 (Ser831) da CaMKII e PKC (Barria et al., 1997; Mammen et al., 1997). La fosforilazione dei recettori AMPA in GluR1 è critica per i cambiamenti delle risposte sinaptiche: la fosforilazione in Ser831

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infatti aumenta la conduttanza del singolo canale. Poiché la conduttanza del singolo canale aumenta anche con l’LTP (Benke et al., 1998), è quindi molto probabile che CaMKII sia coinvolta in questo fenomeno.

E’ stato poi ipotizzato un meccanismo per la regolazione di questa via di trasduzione del segnale tramite una proteina fosfatasi: la protein fosfatasi 1 (PP1). PP1 è molto rappresentata nella PSD ed è la maggior candidata per la defosforilazione in Thr286 della CaMKII (Strack and Colbran, 1998). L’attività delle protein fosfatasi è regolata da inibitori specifici e PP1 è inibita dall’inibitore 1 (I1) (Cohen, 1989). L’induzione dell’LTP porta alla fosforilazione, da parte di PKA (protein chinasi A), di I1 attivandolo e quindi all’inibizione di PP1 (Blitzer et al., 1998).

I recettori metabotropici per il glutammato (mGluR)

I recettori metabotropici per il glutammato (mGluR) hanno un ruolo di modulatori nell’induzione dell’LTP. Infatti l’applicazione di α-methyl-4-carboxyphenyl-glycine (MCPG), un antagonista dei mGluR, ne blocca l’induzione dell’LTP senza alterare l’STP. E’ stato quindi proposto che l’attivazione dei mGluR fosse necessaria per lo switch dall’STP all’LTP tramite l’attivazione di

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un LTP precedentemente indotto (Bashir et al., 1993). Ulteriori studi con l’utilizzo di un agonista dei mGluR come il trans-(±)-1-amino-1,3-cyclopentanedicarboxylic acid (t-ACPD) hanno confermato il loro ruolo in questo fenomeno di plasticità sinaptica. Infatti in presenza di t-ACPD è possibile indurre l’LTP anche con un tetano debole che normalmente induce solo l’STP (Ben Ari and Aniksztejn, 1995). Questo effetto è bloccato dall’APV e da inibitori dalla PKC. Questi risultati suggeriscono che l’attivazione dei mGluR aumenta la corrente NMDA tramite la PKC che portano all’induzione dell’LTP anche con un tetano debole (Ben Ari and Aniksztejn, 1995).

Modificazioni morfologiche delle sinapsi

Accanto a modificazioni a livello molecolare come la concentrazione intracellulare di Ca2+, l’attività di diverse protein chinasi con la conseguente fosforilazione di numerosi effettori, le diverse modificazioni che subiscono i recettori, anche importanti modificazioni morfologiche sono coinvolte nei fenomeni di plasticità sinaptica.

Infatti sono state osservate modificazioni microscopiche a carico delle spine dendritiche. Le spine non sono delle strutture stabili ma si modificano a seconda delle condizioni e degli stimoli che

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ricevono e possono cambiare forma anche nel giro di secondi o minuti (Segal, 1995; Fischer et al., 1998).

La deafferentizzazione in vivo fa decrementare la densità delle spine nelle cellule postsinaptiche (Goldowitz et al., 1979). In vitro su slices di ippocampo è stato osservato che dopo sette giorni dal taglio delle fibre collaterali di Schaffer la distanza media tra le spine aumentava e inoltre erano maggiori le spine sottili e filamentose. Il taglio delle fibre collaterali di Schaffer inoltre porta a cambiamenti presinaptici come la perdita delle molecole di adesione. L’uso di antagonisti dei recettori AMPA, produce effetti simili. Se dopo il taglio delle fibre di Schaffer invece si somministrava AMPA anche a concentrazione molto bassa in modo da compensare il neurotrasmettitore endogeno, si otteneva una notevole riduzione degli effetti del taglio delle fibre (MacKinney et al., 1999).

I cambiamenti di forma e di densità del numero delle spine sono stati osservati sia nell’LTP (Calverley and Jones, 1990; Lisman and Harris, 1993) sia nell’apprendimento di compiti di vario tipo (Horn et al., 1985; Moser et al., 1994). Engert e Bonhoffer (1999) hanno dimostrato che dopo circa 30 minuti dall’induzione dell’LTP si può osservare la formazione di nuove spine.

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principale struttura che mantiene l’organizzazione del citoscheletro delle spine poiché esse sono prive di neurofilamenti e microtubuli (Harris and Kater, 1994).

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1.9 Messaggeri retrogradi

Se l’induzione dell’LTP richiede l’intervento di un fattore postsinaptico (l’attivazione dei recettori NMDA) e il suo mantenimento comporta anche un fattore presinaptico (l’aumento del rilascio di neurotrasmettitore), è stato postulato che il neurone postsinaptico debba rilasciare un messaggero retrogrado al neurone presinaptico. Questo fattore retrogrado diffonderebbe verso le terminazioni presinaptiche attivando al loro interno uno o più secondi messaggeri che determinano l’aumentato rilascio di neurotrasmettitore contribuendo al mantenimento dell’LTP.

La prima molecola candidata come messaggero retrogrado è stata l’acido arachidonico (AA) (Williams et al., 1989). E’ stato dimostrato infatti che la stimolazione dei recettori NMDA induce rilascio di acido arachidonico (Bliss and Ricter-Levin, 1993) e che l’inibizione della via lipossigenasica, nel giro dentato, blocca l’espressione dell’LTP (Williams et al., 1993). L’acido arachidonico può agire non solo sui terminali presinaptici che rilasciano glutammato, ma può anche inibire l’uptake del neurotrasmettitore, operato dalle cellule gliali e potenziare così le risposte dovute ai recettori NMDA (Bliss and Ricter-Levin, 1993). Sebbene l’AA soddisfi alcuni criteri per essere considerato

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Un altro possibile messaggero retrogrado è l’ossido di azoto (NO). L’NO è un gas altamente diffusibile, formato per scissione, da parte dell’enzima NO-sintetasi (NOS), della l-arginina (Bredt and Snyder, 1994). L’attivazione dei recettori NMDA induce il rilascio di NO sia in culture neuronali che in “brain slice” (Bredt and Snyder, 1989; Gartwaite et al., 1988).

La prima evidenza per il ruolo dell’ossido di azoto nell’LTP ippocampale deriva da studi che dimostrano che inibitori del NOS sono in grado di bloccare l’LTP (Haley et al., 1992). Comunque sembra che questo gas sia essenziale solo durante la fase d’induzione dell’LTP, infatti inibitori del NOS applicati 20-30 minuti dopo la stimolazione tetanica non sono in grado di bloccare un LTP stabilito (Haley et al., 1993).

Un'altra molecola proposta come messaggero retrogrado è il monossido di carbonio (CO), un gas diffusibile e permeabile alle membrane. Il CO è prodotto dall’azione dell’enzima eme-ossigenasi (HO) (Dawson and Snyder, 1994). Alte concentrazioni di questo enzima sono presenti nelle cellule piramidali e in quelle del giro dentato dell’ippocampo, nel cervelletto, nella corteccia piriforme e nei bulbi olfattivi (Verma et al., 1993).

L’applicazione di CO accoppiata con un debole stimolo produce un rapido e duraturo aumento dei potenziali sinaptici nell’area CA1 dell’ippocampo (Medina and Izquierdo, 1995). La zincoprotoporfirina IX, inibitore dell’HO, blocca sia l’induzione

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che il mantenimento dell’LTP, indicando che, allo scopo di mantenere l’LTP, la produzione di questo gas deve essere costante (Steven and Wang, 1993).

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1.10 Il Comportamento dei topi Cx36 Knock-Out

I topi Cx36 KO, generati dalla delezione della regione codificante la Cx36 sull’esone 2, non mostrano nessuna differenza nelle strutture anatomiche rispetto ai topi normali.

Studi comportamentali condotti da Frisch e collaboratori (2005), su questi topi, in vivo, hanno evidenziato che la mancanza di questa connessina non influisce sulle capacità motorie in generale, sebbene i neuroni di alcune strutture cerebrali coinvolte nel movimento, come il cervelletto e l’oliva inferiore, siano accoppiati elettricamente da gap junctions formate da Cx36 (Condorelli et al., 2000) e quindi possano risultare alterate in questi topi KO. Ciò fa supporre che le capacità motorie dei topi Cx36 KO siano mantenute da un qualche meccanismo compensatorio (De Zeeuw et al., 2003; Kistler et al., 2002). La mancanza di questa connessina non altera il comportamento emotivo, i livelli di serotonina, di dopamina e di acetilcolina misurati post-mortem. Sono stati invece riscontrati alterazioni nelle capacità mnemoniche tanto più evidenti quanto più complesso è il compito da memorizzare. La capacità mnemonica è stata valutata con un test di riconoscimento degli oggetti, che prevede una prima esplorazione di due oggetti uguali, seguita da tre successive prove, a distanza di 15, 45 e 90 minuti cambiando uno dei due oggetti e valutando il tempo speso dagli animali

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all’esplorazione dei due oggetti. Durante la prima esplorazione dei due oggetti uguali i topi Cx36 KO e i topi WT non mostrano differenze nel tempo speso per esplorare gli oggetti. Nelle successive presentazioni, a distanza di 15, 45 e 90 minuti dalla prima presentazione, quando uno dei due oggetti è stato cambiato, i topi WT spendono più tempo ad esplorare l’oggetto nuovo mostrando poco interesse per l’oggetto vecchio in quanto “oggetto conosciuto”, mentre i topi Cx36 KO a 45 e 90 minuti mostrano una significativa differenza nel tempo trascorso ad esplorare il nuovo oggetto e non riconoscono il vecchio oggetto come “oggetto conosciuto” (Figura 5).

Ciò suggerisce che la delezione della Cx36 non influenza la memoria a breve termine, ma danneggia la memoria a lungo termine.

Precedentemente, Buhl e collaboratori (2002), hanno condotto, in

vivo, registrazioni dell’attività elettrica cerebrale dei topi Cx36

KO. Posizionando elettrodi registranti a livello della regione CA1 dell’ippocampo gli autori hanno osservato significative differenze nella frequenza delle onde gamma (30-80 Hz) rispetto ai topi WT. Registrazioni in vitro su slices di ippocampo hanno mostrato l’assenza delle onde gamma indotte da kainato e carbacolo (Hormuzdi et al., 2001) e una diminuzione della frequenza delle

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cognitivi, come la percezione, l’attenzione e la memoria (Buzsaki et al., 1992; Cape et al., 2000; Csicsvari et al., 1999; Jones and Barth, 1999; Siapas and Wilson, 1998).

Questi dati, nel loro insieme, suggeriscono che i topi Cx36 KO abbiano alterate capacità di apprendimento e memoria.

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CAPITOLO 2

Scopo della tesi

Recenti evidenze sperimentali hanno dimostrato che i topi con delezione genica della connessina 36, componente dei canali delle gap junctions neuronali, presentano una ridotta capacità di apprendimento (Frisch et al., 2005).

Con il presente studio ci siamo proposti di analizzare, con tecniche elettrofisiologiche in slices di ippocampo di topo, se la mancanza della Cx36 modifica alcuni parametri elettrofisiologici dei neuroni ippocampali, influenza l’organizzazione sinaptica e il fenomeno dell’LTP nei neuroni piramidali dell’area CA1, in quanto questo fenomeno è considerato un valido modello elettrofisiologico di apprendimento e memoria in vitro.

A tale scopo l’LTP è stato studiato su slices ottenute da topi con delezione genica della connessina 36 e su topi normali.

Per valutare l’eccitabilità neuronale e per stabilire l’intensità dello stimolo necessaria ad evocare un fEPSP di ampiezza pari al 40-50% della massima risposta sono state analizzate le curve stimolo/risposta. L’intensità dello stimolo che evoca una tale risposta è stata usata sia per lo stimolo test sia per la stimolazione

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CAPITOLO 3

Materiali e metodi

3.1 Animali

I topi Cx36 knock-out sono stati generati dalla delezione della regione codificante la Cx36 sull’esone 2. Gli animali usati in questo studio hanno un background genetico del 75 % di C57BL/6 e il 25 % di 129Sv. L’espressione della Cx36 nei cervelli dei topi knock-out e wild type è stata testata utilizzando diverse tecniche come l’RT-PCR e il Western blotting.

I topi Cx36 knock-out appaiono normali, sono fertili, e non mostrano nessuna anomalia nelle strutture cerebrali, nello sviluppo.

I controlli e gli animali mutati sono stati tenuti nelle stesse condizioni di temperatura, luce e umidità con libero accesso al cibo.

Sia gli animali di controllo che i Knock-out sono stati gentilmente offerti dal Prof. Cicirata dell’Università di Catania.

L’utilizzo degli animali è sottoposto al D. Lgs. vo 116/92. In particolare l’art. 4 si accerta dell’inevitabilità del ricorso di esperimenti su animali. Infatti questi esperimenti permettono la registrazione dell’attività delle cellule nervose e tali studi non

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possono ovviamente essere condotti sull’uomo e richiedono preparati sperimentali in cui sia rispettata l’integrità funzionale dei sistemi neuronali: ciò esclude di utilizzare preparati diversi da un organismo animale. L’utilizzo degli animali da esperimento necessari per il presente è avvenuto nel rispetto della normativa vigente circa al cura e il mantenimento dei medesimi (art. 5). Inoltre si afferma che il numero di animali utilizzati è stato il minore possibile per ottenere risultati attendibili.

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3.2 Preparazione delle slices d’ippocampo

I topi, dopo essere stati anestetizzati con Alotano (3% in aria), sono stati sacrificati per decapitazione. Il cervello rimosso dalla scatola cranica è stato immerso per circa 1 minuto in un liquido cefalorachidiano artificiale (aCSF) a circa 0°C. La bassa temperatura oltre a rallentare i processi ossidativi ha reso il tessuto nervoso più consistente permettendo una migliore preparazione delle slice. L’aCSF è composto da, in mM: 130,0 NaCl; 3,5 KCl; 1,25 NaH2PO4; 2,0 CaCl2; 1.5 MgSO4; 24,0

NaHCO3; 10,0 glucosio, pH di 7.4. L’aCSF è stata continuamente

ossigenata con una miscela contenente O2 al 95% e CO2 al 5%

(Oxicarb).

Il cervello è stato posto su una piastra Petri ricoperta con carta da filtro bagnata con aCSF per la dissezione. Questa, effettuata utilizzando una lametta ben affilata e sgrassata con alcool etilico al 95%, è stata praticata asportando il cervelletto e poi tagliando il cervello con una angolazione tale da ottenere un blocco di tessuto dal quale ricavare slices d’ippocampo.

Per la preparazione delle slices è stato usato un vibratomo (Campdem Instruments). Il blocco di tessuto cerebrale è stato fissato mediante collante cianacrilato (Attak ®) a un supporto di plexiglass che è stato poi introdotto nella vaschetta del vibratomo dove il pezzo di tessuto era nuovamente immerso in aCSF fredda

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e ossigenata con Oxicarb. Dal cervello così isolato è stato possibile ricavare 4-5 slices dello spessore di circa 400 µm. Le

slices d’ippocampo così ottenute sono state poste in uno storage a

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3.3 Registrazioni elettrofisiologiche

Dopo almeno un’ora dall’operazione descritta nel paragrafo precedente, le slices sono state prelevate singolarmente dallo

storage e poste nella camera di registrazione.

Le registrazioni sono state condotte utilizzando una camera del tipo “ad immersione” dove la slices è completamente immersa nel liquido. Nella camera ad immersione la slices è stata posta su un retino di nylon e perfusa da aCSF riscaldata a 33-34°C e preossigenata con Oxicarb. Nella cameretta inoltre si è fatto gorgogliare Oxicarb per mantere l’ambiente umido e saturo di O2

(Figura 7).

Gli elettrodi di registrazione e stimolazione sono stati posizionati sulla slice mediante micromanipolatori con un diretto controllo visivo tramite uno stereomicroscopio.

La stimolazione elettrica delle fibre collaterali di Schaffer è stata effettuata tramite un elettrodo bipolare di nichel-cromo (SNEX 200, Rhodes Medical Instruments), collegato ad un’unità isolata di stimolazione (SIU, A.M.P.I.).

Per le registrazioni extracellulari sono stati usati microelettrodi di vetro (World Precision Instruments, Florida, USA) tirati per mezzo di un puller orizzontale (Sutter Instruments, California, USA).

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Per le registrazioni extracellulari gli elettrodi di 5-10 MΩ di resistenza sono stati riempiti con aCSF e sono stati posizionati nello strato radiato del campo CA1. Stimolando elettricamente con un impulso di corrente della durata di 80 µsec alla frequenza di circa 0.066 Hz è stato possibile registrare dei potenziali eccitatori postsinaptici di campo (fEPSPs). Le risposte evocate (fEPSPs) sono state valutate misurando la slope iniziale (mV/msec) nell’intervallo 0.5÷1 msec dopo la presynaptic volley che rappresenta l’attività elettrica delle fibre afferenti (Figura 8). Per lo studio dell’LTP le risposte sinaptiche indotte da uno stimolo sono state seguite per almeno 20 minuti per accertarsi della loro stabilità, dopodichè la stessa via è stata stimolata con un treno di impulsi, stimolo tetanico, della durata di 1 sec a 100 Hz. La risposta sinaptica è stata considerata potenziata se la slope iniziale del primo fEPSP era aumentata di almeno il 40% rispetto al valore di controllo a 50 minuti dalla stimolazione tetanica. In alcune slices è stata indotta una forma di epilessia sperimentale utilizzando una soluzione priva di magnesio (aCSF Mg2+-free) e contenente 4-amino piridina (4-AP, 50 µM); è stato osservato infatti che la rimozione del magnesio extracellulare favorisce la trasmissione eccitatoria mediata dai recettori NMDA e induce scariche di tipo epilettico (Zhang et al., 1995). Scariche

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bloccante dei canali K+, che aumenta il rilascio degli aminoacidi eccitatori e inibitori (Barkai et al., 1995).

L’attività epilettiforme, consistente in ampie e prolungate depolarizzazioni della membrana neuronale denominate “paroxysmal depolarization shift” (PDSs), è stata registrata nella regione CA3 dell’ippocampo, che è considerata la zona “trigger” per gli eventi epilettiformi.

I segnali elettrici dopo essere passati attraverso un circuito adattatore di impedenza (Axoclamp 2B, Axon instruments), con banda passante DC-3KHz, sono stati poi digitalizzati da un convertitore analogico-digitale (LABVIEW, National Instruments) e analizzati su personal computer.

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3.4 Analisi dei risultati

Le curve stimolo/risposta o input/output (I/O) sono state costruite per ogni slice mettendo in rapporto l’intensità (mA) dello stimolo con la misura della slope iniziale (mV/msec) del fEPSP evocato. La relazione tra intensità dello stimolo e slope iniziale del fEPSP era del tipo sigmoide e da questa curva è stata individuata l’intensità di stimolazione che evoca una risposta pari al 30-40% della massima. Tale intensità è stata usata sia come stimolo test sia per la stimolazione tetanica.

Le misure delle slope iniziale (mV/msec) sono riportate come medie aritmetiche di 5 acquisizioni con l’errore medio standard (S.E.M.). L’analisi statistica è stata condotta con l’uso di un programma di statistica per PC (Statsoft Inc. USA). Le differenze sono state valutate con il test di U Mann-Whitney per dati non parametrici indipendenti.

I risultati e i grafici sono stati costruiti normalizzando a 100 i valori della slope iniziale dei fEPSP ottenuti nei primi 20 minuti di controllo e quindi sono stati definiti i successivi. Ogni punto rappresenta la media, con l’errore standard, di 5 acquisizioni.

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CAPITOLO 4

Risultati

4.1 I topi Cx36 KO presentano una maggiore eccitabilità neuronale

Prima della procedura di induzione dell’LTP, sia dalle slices ottenute dai topi Cx36 KO, sia dalle slices ottenute dai topi WT, sono state registrate le risposte sinaptiche extracellulari (fEPSP) a diverse intensità di stimolazione al fine di costruire le curve stimolo/risposta. La slope iniziale del fEPSP aumentava con l'aumentare dell’intensità della stimolazione con un andamento di tipo sigmoide in entrambi i gruppi di slices. Dalle curve stimolo/risposta, per ogni slices di entrambi i gruppi, è stata individuata l’intensità di stimolazione che induce almeno il 40% della risposta massima, indicata dalla freccia in figura 9. Questa intensità di stimolazione è stata poi utilizzata sia come stimolo test, sia per la stimolazione tetanica nei successivi esperimenti di induzione dell’LTP. Il confronto statistico tra i valori della slope del fEPSP misurata alle varie intensità di stimolazione ha mostrato significative differenze tra i due gruppi di slices (n=5; P<0.05). Infatti, come si può osservare dalla figura 9, il valore

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della slope. del fEPSP ottenuta dalle slices dei topi Cx36 KO è maggiore rispetto al valore della slope del fEPSP delle slices ricavate dai topi WT per ogni intensità di stimolazione analizzata.Questo suggerisce che la mancanza della Cx36 per probabili modificazioni della trasmissione sinaptica di base, rende le strutture ippocampali più eccitabili.

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4.2 I topi Cx36 KO non esprimono un LTP

Al fine di valutare eventuali differenze nell’induzione e nell’espressione di un potenziamento a lungo termine nei topi Cx36 KO, abbiamo stimolato le fibre collaterali di Schaffer con un treno di stimoli ad alta frequenza, 100 Hz in 1 sec, (stimolazione che normalmente induce un LTP) e abbiamo valutato l’andamento temporale delle risposte.

Nelle slices ottenute dai topi WT la stimolazione tetanica delle fibre collaterali di Schaffer ha indotto un potenziamento post-tetanico (PTP) seguito da un potenziamento a breve termine (STP) e un potenziamento a lungo termine (LTP) (n=5): infatti i valori della slope iniziale del fEPSP in queste slices erano di 180.5 ± 10.7 % a 20 minuti dal tetano e di 166.8 ± 8.4 % a 60 minuti dal tetano, valore significativamente più alto rispetto ai valori pretetano (P< 0,05; U-Mann Whitney) (Figura 10A).

Nelle slices dei topi Cx36 KO la stimolazione tetanica delle fibre collaterali di Schaffer ha indotto un potenziamento post-tetanico (PTP) seguito da un potenziamento a breve termine (STP) ma non un potenziamento a lungo termine (LTP) (n=5). Il valore della

slope iniziale del fEPSP nelle slices ottenute da questi topi era

infatti di 150.4 ± 8.0 % a 20 minuti dal tetano e di 123.8 ± 8.8 % già a 50 minuti dal tetano. Gli ultimi valori di slope non differiscono significativamente dalla risposta basale (Figura 10B)

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Ciò indica che la mancanza di Cx36 non permette l’instaurarsi di un potenziamento a lungo termine (LTP), ma soltanto di un potenziamento a breve termine (STP). Come si può osservare in figura, la stimolazione tetanica ad alta frequenza delle fibre collaterali di Schaffer ha indotto un potenziamento post-tetanico (PTP) in entrambi i gruppi di animali, infatti i valori percentuali della slope iniziale del fEPSP erano di 185.5 ± 8.0 % per i topi WT e di 216.2 ± 5.2 % per i topi Cx36 KO. La percentuale di incremento rilevata nei topi Cx36 KO è risultata significativamente maggiore rispetto alla percentuale di incremento misurata nei topi WT (P.< 0.05; U-Mann Whitney).

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4.3 Cx36 ed epilessia

Diversi studi condotti in vivo e in vitro hanno evidenziato che la Cx36 è implicata nei fenomeni di sincronizzazione neuronale in varie strutture cerebrali ed in particolare nell’ippocampo (Ross et al., 2000; Gajda et al., 2003)

E’ noto che i fenomeni di sincronizzazione neuronale facilitano l’insorgere di eventi epilettiformi.

La stimolazione delle fibre muscoidi determina sia nelle slices ottenute dai topi WT che nelle slices ottenute dai topi Cx36 KO, perfuse con normale soluzione aCSF, dei potenziali di campo registrati nello strato CA3 che consistono di un fEPSP positivo con sovrapposto un singolo population spike. Questo tipo di risposta riflette la scarica sincrona di una popolazione di neuroni. Inoltre in tutte le slices prese in esame non sono stati osservati né PDSs né scariche spontanee di tipo interictali per tutto il periodo della registrazione.

Se la normale aCSF viene sostituita con aCSF-Mg2+-free + 4 AP (50 µM), si registrano eventi epilettiformi spontanei consistenti di una serie di PDSs di variabile ampiezza in entrambi i gruppi di

slices.

Mentre la frequenza media dei “bursts” registrati extracellularmente dall’area CA3 era di 28.3 ± 1.0 al minuto per le slices ottenute dai topi WT, nelle slices provenienti dai topi

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Cx36 KO la frequenza è risultata di 13.6 ± 2.0 al minuto, valore significativamente più basso rispetto a quello delle slices dei topi WT (P < 0.05)(Figura 11).

Questo dato suggerisce che la mancanza della Cx36 determina una minore suscettibilità ad eventi epilettici indotti sperimentalmente.

(58)

CAPITOLO 5

Discussione

Negli ultimi anni lo sviluppo di nuove tecniche ha permesso di approfondire il ruolo svolto dalle gap junctions nella comunicazione neuronale. E’ stato evidenziato che le sinapsi elettriche possono giocare un ruolo chiave nel sincronizzare l’attività neuronale in diverse aree cerebrali; in particolar modo è stato osservato che le gap junctions formate dalla connessina 36 possono modulare l’attività oscillatoria neuronale a diverse bande di frequenza, come le onde gamma (40-90 Hz) e le onde ripples (200 Hz) (Blatow et al., 2003; Buzsaki and Chrobak, 1995; Ylinen et al., 1995; Draguhn et al., 1998; Traub et al., 2000; Hormuzdi et al., 2001; McBain and Fisahn, 2001; Traub et al., 2003), entrambi questi tipi di onde sono state proposte essere alla base di processi cognitivi (Hormuzdi et al., 2004).

I risultati ottenuti in questo lavoro dimostrano un ruolo della connessina 36 nell’espressione del potenziamento a lungo termine nell’area CA1 dell’ippocampo di topo.

L’utilizzo di topi Knockout per la connessina 36 ( Cx36 KO) ci ha permesso di studiare il ruolo di questa connessina nel fenomeno dell’LTP.

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Nelle fette di ippocampo ottenute dai topi di controllo (wild type) la stimolazione ad alta frequenza delle collaterali di Schaffer ha indotto un potenziamento della risposta sinaptica che permane per tutto il tempo della registrazione, mentre nelle fette provenienti dai topi Cx36 KO è stato osservato solo un potenziamento a breve termine della risposta.

Questi risultati sono in accordo con i recenti studi comportamentali condotti da Frisch e collaboratori (2005), i quali hanno osservato che i topi Cx36 KO sono incapaci di riconoscere oggetti dopo solo 15 minuti dalla prima presentazione e presentano deficits della memoria che variano con la complessità dello stimolo presentato. Altri studi hanno evidenziato che le gap junctions formate dalla connessina 36 nell’ippocampo svolgono un ruolo nella comunicazione neuronale (Srinivas et al., 1999) principalmente tra gli interneuroni (Traub et al., 2003); inoltre l’accoppiamento elettrico tra neuroni è stato implicato nella sincronizzazione neuronale che si manifesta durante gli stati di attenzione o percezione (Fricker and Miles, 2001). Studi condotti sia in vitro che in vivo hanno dimostrato che la delezione della Cx36 determina una riduzione sia delle onde gamma che delle onde theta (Hormuzdi et al., 2001; Buhl et al., 2003). L’attivazione degli interneuroni potrebbe essere uno degli eventi

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interneuronale con blocco degli eventi di potenziamento della risposta sinaptica prolungati nel tempo.

La mancanza della connessina 36 altera la trasmissione sinaptica di base come dimostrato dal fatto che le curve stimolo/risposta delle slices ottenute dai topi KO e quelle di controllo sono significativamente differenti. Poiché la Cx36 media l’accoppiamento elettrico tra gli interneuroni GABAergici e le cellule principali giocando un importante ruolo nella coordinazione del network inibitorio (Condorelli et al., 2003), si può ipotizzare che la mancanza della connessina 36 determini una riduzione del tono inibitorio mediato dai neuroni GABAergici, come si osserva dalle curve I/O e dal potenziamento post-tetanico. Inoltre è stato osservato che il blocco farmacologico delle gap junctions determina un aumento dell’attività sinaptica spontanea e influenza l’attività spiking registrata dagli interneuroni sia nell’ippocampo che nella neocorteccia (Cruikshank et al., 2004). Per quanto riguarda la ridotta scarica epilettica riscontrata nelle

slices dei topi Cx36 KO possiamo ipotizzare che la mancanza

delle gap junctions formate da questa connessina non permetta la sincronizzazione neuronale che è alla base dei processi epilettici. E’ stato infatti osservato che il segnale elettrico mediato dalle gap junctions può essere alla base di varie forme di epilessia riscontrate sia in vivo (Szente et al. 2002; Traub et al. 2002; Gajda

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et al. 2003; Perez Velazquez et al. 2000) sia in vitro (Ross et al. 2000; Kohling et al. 2001; Traub et al. 2001; Jahromi et al. 2002). Inoltre è stato osservato che trattamenti che favoriscono l’apertura dei canali delle gap junctions possono promuovere attività di tipo epilettica (Kohling et al. 2001; Gajda et al. 2003), mentre i bloccanti delle gap junctions possono ridurre le scariche di tipo epilettico (Ross et al., 2000; Jahromi et al. 2002: Gajda et al., 2005).

Conclusioni

I risultati di questa tesi dimostrano che l’inattivazione della Cx36 induce alterazioni nella trasmissione sinaptica di base e non permette l’instaurarsi di un LTP. Questi dati sono in accordo con i risultati ottenuti con studi comportamentali, dimostrando che vi è un’ottima correlazione tra i risultati elettrofisiologici e i tests comportamentali.

Ulteriori indagini di tipo farmacologico saranno necessarie per determinare i meccanismi coinvolti in questa alterazioni.

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Indice delle abbreviazioni 4-AP: 4 amino piridina

aCSF: soluzione cefalo-rachidiana artificiale

AMPA: α-amino-3-hydroxy-5-methyl-4-isoxaxolepropionico

APV: 2-amino-5-phosphonovalerate CaM: calmodulina

CaMKII: Calcium-Calmodulina-dipendente II cAMP: adenosin monofosfato ciclico

CNQX: 6-cyano-7-nitroquinoxalin-2,3-dione Cx36: Connessina 36

DAG: diacil glicerolo

DNQX: 6,7-dinitroquinoxalin-2,3-dione

EGTA: glycol-bis(β-aminoethyl ether) N,N,N',N'-tetraacetic acid EPSP: potenziale eccitatorio post sinaptico

fEPSP: potenziale postsinaptico eccitatorio di campo I1: inibitore 1

IP3: inositolo 3-fosfato

KO: Knock-out

LTP: potenziamento a lungo termine MAPK: mitogen-activated protein kinase MCPG: α-methyl-4-carboxyphenyl-glycine

mGluR: recettori metabotropici per il glutammato

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NMDA: N-metil-D-aspartico

PDS: paroxysmal depolarization shift PKA: protein chinasi A

PKC: protein chinasi C PLC: fosfolipasi C PP1: protein fosfatasi 1 PSD: densità postsinaptica

PTP: potenziamento posttetanico SNC: Sistema Nervoso Centrale STP: potenziamento a breve termine

t-ACPD: trans-(±)-1-amino-1,3-cyclopentanedicarboxylic acid WT: Wild-type

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Riferimenti bibliografici

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