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IMPIEGO DEGLI ANALOGHI CARBONATI DELLE IPRITI NELLA SINTESI DI ETEROCICLI

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Academic year: 2021

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(1)

Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi

Corso di Laurea Magistrale in Chimica e Tecnologie Sostenibili

Tesi di Laurea

IMPIEGO DEGLI ANALOGHI

CARBONATI DELLE IPRITI

NELLA SINTESI DI ETEROCICLI

Relatore: Prof. Fabio Aricò

Correlatore: Prof. Pietro Tundo

Laureando: Marco Piccini

Matr. 838262

(2)

Tesi di Laurea

IMPIEGO DEGLI ANALOGHI CARBONATI DELLE IPRITI

NELLA SINTESI DI ETEROCICLI

(3)

INDICE

1. INTRODUZIONE

………...1

1.1 Principi della Green Chemistry

1

1.2 Ipriti

2

1.3 Dimetilcarbonato

5

1.3.1 Sintesi e proprietà del dimetilcarbonato

5

1.3.2 Reattività del dimetilcarbonato

6

1.4 Analoghi carbonati delle ipriti

11

1.4.1 Sintesi delle ipriti carbonate

11

1.4.2 Reattività delle ipriti carbonate

12

2. SCOPO DELLA TESI

………..18

3. RISULTATI E DISCUSSIONE

………...19

3.1 Sintesi delle ipriti carbonate simmetriche

19

3.2 Reattività delle ipriti carbonate con nucleofili bifunzionali nella

sintesi di eterocicli e macrocicli

20

3.3 Reattività delle ipriti carbonate con nucleofili contenenti CH2 acidi

21

3.3.1 Sintesi di piperidine e tetraidrotiopirani

21

3.3.2 Reazione tra N,N-bis[(2-etilcarbonato)etil] metilammina 22 e

fenilsulfonil acetonitrile: ottimizzazione delle condizioni di reazione

24

3.3.3 Reazione tra N,N-bis[(2-etilcarbonato)etil] metilammina 22 e altri

composti CH2 acidi

30

3.3.4 Reazione tra iprite carbonata allo zolfo 24 e fenilsulfonil acetonitrile

32

3.4 Reattività delle ipriti carbonate con dioli aromatici: sintesi di azacorona

34

3.4.1 Eteri azacorona: sintesi e proprietà

34

3.4.2 Sintesi di azacorona dalle ipriti carbonate

37

3.4.3 Sintesi di macropolicicli dalle ipriti carbonate

38

4.CONCLUSIONI

……….39

5. PARTE SPERIMENTALE

………..40

5.1 Strumentazione, reagenti e solventi

40

5.2 Sintesi degli analoghi carbonati delle ipriti

41

5.3 Sintesi delle piperidine

42

5.4 Sintesi dei tetraidrotiopirani

44

5.5 Sintesi degli eteri azacorona

45

(4)

1

1. INTRODUZIONE

1.1 Principi della Green Chemistry

L’inquinamento ambientale prodotto dall'industrializzazione crescente della nostra società è stato percepito e riconosciuto come problema solo negli ultimi trent’anni. Avvenimenti quali la scoperta del buco dell'ozono (1985), il disastro di Bhopal (1984) e l'incidente di Seveso (1976) ebbero un notevole impatto mediatico, portando opinione pubblica ed enti pubblici e privati a considerare seriamente il problema e valutarne possibili soluzioni. La comunità scientifica cominciò quindi ad indirizzarsi verso uno sviluppo più sostenibile, basato su una chimica pulita ed ecocompatibile, a cui fu dato il nome di Green Chemistry o, in alternativa, Sustainable Chemistry. Gli anni Novanta videro l'istituzione di numerosi organizzazioni rivolte allo sviluppo ed alla diffusione di questa nuova disciplina. Nel 1996 Paul Anastas and John Warner pubblicarono i dodici principi della Green Chemistry;1 successivamente, in un incontro organizzato dall’OCSE a Venezia nel 1998,2 furono definite le aree di applicazione di questi principi, in particolare:

 Utilizzo di materie prime rinnovabili

 Uso di reagenti innocui o meno pericolosi

 Impiego di processi naturali (biosintesi e biocatalisi)

 Uso di solventi alternativi, a ridotto impatto ambientale, oppure esclusione dell’utilizzo degli stessi

 Progettazione di sostanze chimiche più sicure, per ridurre al minimo la tossicità pur mantenendo la loro efficacia funzionale

 Sviluppo o miglioramento delle condizioni di reazione

Riduzione al minimo del consumo di energia

Il presente studio di tesi affronta diverse tematiche incluse nelle sopracitate aree della Green

Chemistry, in quanto è incentrato sull’uso di reagenti innocui e di solventi alternativi, nonché sul

miglioramento delle condizioni di reazione e sulla riduzione degli scarti (waste minimization). In particolare, l’obiettivo principale è quello di rendere innocui i gas mostarda attraverso la chimica dei dialchilcarbonati, tuttavia ritenendo la reattività di questi elettrofili estremamente efficenti. Studi precedenti, nonché i risultati riportati in questa tesi dimostrano che gli analoghi carbonati delle ipriti conservano la tipica reattività delle ipriti clorurate, perdendo al contempo tutte le caratteristiche di tossicità ad esse associate. Per questo possono essere impiegate nella sintesi organica in processi utili e privi di qualsiasi pericolosità.

1 P. Anastas, J. Warner, Green Chemistry: Theory and Practise, Oxford University Press, Oxford, 1998.

(5)

2

1.2 Ipriti

Le ipriti sono composti chimici tristemente noti per la loro elevata tossicità. Proprio per questa caratteristica furono utilizzate come armi chimiche durante la Prima Guerra Mondiale.3 Il nome ipriti deriva dalla Battaglia di Ypres (Belgio, luglio 1917), in cui furono usati per la prima volta a scopo bellico. Le ipriti sono conosciute anche con il nome di gas mostarda, a causa del caratteristico odore di rafano conferito a questi composti da alcuni sottoprodotti della loro sintesi. Nonostante il nome, non sono composti gassosi, bensì liquidi di colore giallo chiaro.

Figura 1.1 Struttura delle ipriti simmetriche e asimmetriche

Il capostipite della famiglia delle ipriti è il bis(2-cloroetil)solfuro (Figura 1.1); le sue caratteristiche chimico-fisiche sono riportate in Appendice. Si ritiene che esso sia stato sintetizzato per la prima volta nel 1822 dal chimico francese César-Mansuète Despretz. Tuttavia esso venne completamente caratterizzato soltanto nel 1860 dal chimico inglese Frederick Guthrie, che per primo ne descrisse in dettaglio le proprietà irritanti e vescicanti. Nei decenni successivi vennero messe a punto nuove metodologie sintetiche che consentirono di ottenere l'iprite allo zolfo con purezza maggiore e, conseguentemente, di comprenderne appieno la tossicità intrinseca. Proprio in virtù delle sue proprietà tossiche nonché della semplicità della sua sintesi, il gas mostarda si rese attraente come potenziale arma chimica.

Infatti, la Prima Guerra Mondiale, che nelle intenzioni sarebbe dovuta essere una guerra lampo, si mostrò fin da subito una interminabile guerra di posizione. Nel tentativo di sfuggire a questa immobilità, si ricorse all'uso di armi chimiche, quali cloro e fosgene. La devastazione prodotta da questi composti riuscì per fortuna ad essere contenuta attraverso l'uso delle maschere antigas. Fu allora che entrò in gioco l'iprite: il gas mostarda veniva incorporato in proiettili che, esplodendo,

3 a) J. K. Smart. In An History of Chemical and Biological Warfare: An American Perspective, Aberdeen Proving Ground, U.S. Army

Chemical and Defense Command, 1996; b) J. C. Dacre, M. Goldman, Pharmacol. Rev. 1996, 48, 289; c) K. E. Jackson, Chem. Rev.

(6)

3 vaporizzavano l'iprite e la disperdevano sul campo nemico. L'attacco chimico era dunque inferto non più a partire dalle vie respiratorie, ma su tutto il corpo, che si riempiva di vesciche e piaghe profonde, la cui infezione poteva portare alla morte, anche se l'effetto principale era per lo più invalidante. Inoltre, l'iprite contaminava il suolo per giorni, mostrando appieno il suo effetto a lungo termine. L'uso dei gas mostarda, iniziato ad opera dell'esercito tedesco, fu adottato anche da quelli francese e inglese, tanto che la sua produzione industriale durante la guerra fu consistente.

La tossicità dei gas mostarda può manifestarsi a vari livelli, a seconda dell'intensità dell'esposizione.3b,c In casi di esposizione ad alte concentrazioni, gli effetti sono acuti, poiché l'iprite reagisce con l'acqua tissutale all'interno dei polmoni liberando acido cloridrico, che può causare la morte per soffocamento. L'esposizione a concentrazioni inferiori ha conseguenze più lente (ore). L'iprite, essendo molto lipofilica, penetra gli stati più profondi dell'epidermide, esercitando il suo forte potere vescicante con la formazione di piaghe profonde e facilmente infettabili. Le ipriti hanno anche effetti a lungo termine. Esse possono infatti reagire con una varietà di molecole biologiche; la reazione più pericolosa è l'alchilazione permanente delle basi azotate del DNA, in particolare della guanina, portando ad effetti di tipo cancerogeno.

Successivamente alla Grande Guerra, l'iprite fu usata anche in altri conflitti4 ad opera, tra gli altri, dell'esercito italiano in Libia (1930) ed Etiopia (1935-40), dell'esercito giapponese in Cina (1937-45), nella guerra Iran-Iraq (1983-88) e, in tempi recentissimi, dall'ISIS (2015).5

I gas mostarda, a causa della loro riconosciuta tossicità, sono stati inseriti nella lista dei Chemical Warfare Agents (CWA). Tuttavia, anche se banditi come armi chimiche già dal Protocollo di Ginevra del 1925, fu solo nel 1993 che la Convenzione sulle Armi Chimiche (CWC) ne sancì il divieto di impiego negli scontri armati.6

Dal punto di vista chimico, l'elevata tossicità delle ipriti è imputabile alla loro grande reattività.7 Questi composti sono infatti degli ottimi elettrofili a causa dell'effetto anchimerico esercitato dall'atomo di zolfo oppure di azoto nel caso degli analoghi composti azotati (Figura 1.1). L’effetto anchimerico promuove, già a temperatura ambiente, la formazione di un intermedio ciclico

4 G. S. Pearson, Uses of Chemical Weapons since the First World War, Federation of American Scientists.

http://web.archive.org/web/20100822165939/http://www.fas.org:80/bwc/papers/review/cwtable.htm (consultato il 14.5.2016)

5 ANSA 15.8.2015, Isis: curdi, test confermano uso iprite in Iraq.

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2015/08/13/isis-bombarda-aree-residenziali-sirte_01bc9d9f-d530-4beb-93d6-dfde331181ac.html (consultato il 27.5.2016)

6 Organisation for the Proibition of Chemical Weapons, Convention on the Prohibition of the Development, Production, Stockpiling and

Use of Chemical Weapons and on their Destruction, https://www.opcw.org/chemical-weapons-convention (consultato il 27.5.2016)

(7)

4 cationico a tre termini (episolfonico per le ipriti allo zolfo, aziridinico per quelle all’azoto), estremamente reattivo in anche in presenza di nucleofili blandi.

Il meccanismo prevede quindi due reazioni successive (Schema 1.1). Una prima sostituzione nucleofila intramolecolare ad opera dell'atomo di zolfo (o azoto) sul carbonio in posizione β provoca l'uscita dello ione cloruro e la formazione dell'intermedio ciclico a tre termini (stadio lento della reazione). A questo segue l'attacco del nucleofilo su uno degli atomi di carbonio costituenti il ciclo, con apertura dello stesso e formazione del prodotto alchilato.

Schema 1.1 Meccanismo di reazione delle ipriti

Nonostante la loro intrinseca tossicità, le ipriti sono state ampiamente utilizzate come elettrofili proprio grazie alla loro notevole reattività sia nella sintesi organica8 che inorganica9, nonché nella preparazione di intermedi per l'industria farmaceutica10. Inoltre le ipriti vengono impiegate in alcune miscele chemioterapiche per il trattamento di tumori particolarmente aggressivi,11 sfruttando la loro capacità di legarsi al DNA cellulare.

8 a) V. Mai, L. R. Comstock, J. Org. Chem. 2011, 76, 10319; b) I. Konstantinova, K. Bukhryakov, Y. Gezentsvey, M. Krasavin, Lett. Org.

Chem. 2011, 8, 628; c) R. P. Y. Choy, C. P. Lau, F. Y. Kwong, J. Org. Chem. 2011, 76, 80; d) N. E. Shevchenko, V. G. Nenajdenko, E. S. Balenkova, Synthesis 2003, 8, 1191; e) A. G. Griesbeck, M. Oelgemoeller, J. Lex, J. Org. Chem. 2000, 65, 9028; f) J. Fang, B. H. Wallikewitz, F. Gao, G. Tu, C. Muller, G. Pace, R. H. Friend, T. S. Huck, J. Am. Chem. Soc. 2011, 133, 683; g) L. Wang, Y. Wen, J. Liu, J. Zhou, C. Li, C. Wei, Org. Biomol. Chem. 2011, 9, 2648.

9 a) Q. Q. Wang, R. A. Begum, V. W. Day, K. Bowman-James, Inorg. Chem. 2012, 51, 760; b) O. F. Erdem, A. Silakov, E. Reijerse, W.

Lubitz, K.-G.S. Lennart, P. Huang, S. Ott, M. Stein, Angew. Chem., Int. Ed. 2011, 50, 1439; c) C. Fliedel, A. Sabbatini, P. Braunstein, Dalton Trans. 2010, 39, 8820; d) P. A. Ulmann, A. M. Brown, M. V. Ovchinnikov, C. A. Mirkin, A. G. Di Pasquale, A. L Rheingold, Chem. - Eur. J. 2007, 13, 4529.

10 a) S. A. Laufer, S. Margutti, J. Med. Chem. 2008, 51, 2580; b) G. Ahn, A. Couture, P. Grandclaudon, A. Ryckebusch, N.

Schifano-Faux, J.-F. Goossens, B. Baldeyrou, A. Lansiaux, Med. Chem. Lett. 2011, 21, 2259; c) C. B. Phippen, C. S. P. McErlean, Tetrahedron Lett. 2011, 52, 1490.

11 a) A. Gilman, F. S. Philips, Science, 1946, 103, 409; b) L. S. Goodman, M. M. Wintrobe, W. Dameshek, M. J. Goodman, M. A.

Gilman, M. T. Mclennan, J. Am. Med. Assoc., 1946, 132, 126; c) L. S. Goodman, M. M. Wintrobe, W. Dameshek, M. J. Goodman, M. A. Gilman, M. T. McLennan, J. Am. Med. Assoc., 1984, 251, 2255.

(8)

5

1.3 Dimetilcarbonato

1.3.1 Sintesi e proprietà del dimetilcarbonato

I dialchilcarbonati (DAC), esteri alchilici dell'acido carbonico, sono composti che hanno acquisito notevole rilevanza negli ultimi trent’anni in quanto impiegati come reagenti e solventi green. Il capostipite di questa famiglia di composti è il dimetilcarbonato (DMC).

I DAC sono considerati reagenti green in quanto possono essere usati per reazioni di alchilazione e di carbossialchilazione, in sostituzione di composti pericolosi quali alogenuri alchilici e fosgene.12 Queste sostanze sono notoriamente riconosciute come tossiche e/o nocive, e portano inoltre alla formazione di sottoprodotti di reazione indesiderati quali sali inorganici e acido cloridrico.

Al contrario, il DMC si presenta come un liquido incolore non irritante al contatto né per inalazione per cui, data la sua bassa tossicità, può essere maneggiato senza particolari precauzioni.13 Inoltre, quando viene impiegato come reagente, forma come sottoprodotti esclusivamente metanolo ed eventualmente anidride carbonica.

La produzione industriale del DMC ha subìto notevoli miglioramenti negli ultimi decenni. Il primo processo sintetico per la sintesi di questo composto era basato sulla reazione tra metanolo e fosgene, il quale ha una ben nota tossicità (Schema 1.2, eq. a).14 Questo processo venne sostituito nel 1982, quando l’Enichem iniziò a produrre il DMC tramite carbonilazione ossidativa del metanolo con monossido di carbonio e ossigeno, impiegando come catalizzatore sali di rame (Schema 1.2, eq. b).15 Gli aspetti più rilevanti di questo processo sono l’eliminazione del fosgene, la non tossicità dei sottoprodotti (acqua e anidride carbonica) e l’elevata capacità produttiva. Attualmente il DMC viene prodotto principalmente in Cina mediante inserzione di anidride carbonica in epossidi e successiva transesterificazione con metanolo (Schema 1.2, eq. c).16 Questo processo industriale è vantaggioso sia perché evita la formazione dell’azeotropo metanolo/DMC (70:30 in peso, p.eb. 70 °C) che per i bassi costi di produzione.

12 P. Tundo, L. Rossi, A. Loris, J. Org. Chem. 2005, 70, 2219.

13 a) P. Tundo, M. Selva, Acc. Chem. Res. 2002, 35, 706; b) F. Rivetti, P. Tundo, P. Anastas, Green Chemistry: Challenging

Perspectives, Oxford University Press, Oxford, 2000, p. 201.

14 Monsanto Chem.Co. Patent US2770639, 1955.

15 U. Romano, F. Rivetti, N. Di Muzio, US4318862, 1982.

(9)

6

Schema 1.2 Sintesi del DMC: a) via fosgene; b) via carbonilazione ossidativa; c) viainserzione di CO2 negli

epossidi

1.3.2 Reattività del dimetilcarbonato

Il dimetilcarbonato (DMC) è un elettrofilo bidentato che può fungere sia da agente carbossimetilante che metilante, a secondo delle condizioni di reazione e del nucleofilo impiegato.17

Questa reattività può essere spiegata grazie alla teoria Hard-Soft Acid-Base (HSAB) di Pearson.18 Secondo questa teoria, un acido hard reagisce preferibilmente con una base hard, mentre un acido soft reagisce preferibilmente con una base soft. I termini hard e soft sono relativi, poiché non vi è una distinzione netta tra essi. Tuttavia è possibile individuare alcune caratteristiche di tipo generale per distinguere le specie hard da quelle soft (Figura 1.2).

Hard Soft

Bassa polarizzabilità Alta polarizzabilità Piccole dimensioni Grandi dimensioni Alta densità di carica Bassa densità di carica Alto stato di ossidazione Basso stato di ossidazione

Figura 1.2 Caratteristiche delle specie hard e soft

17 a) P. Tundo, M. Selva, Acc. Chem. Res. 2002, 35, 706; b) P. Tundo, M. Selva, A. Perosa, S. Memoli, J. Org. Chem. 2002, 67, 1071;

c) A. E. Rosamilia, F. Aricò, P. Tundo, J. Org. Chem. 2008, 73, 1559; d) P. Tundo, S. Memoli, D. Hérault, K. Hill, Green Chem. 2004, 6, 609; e) P. Tundo, F. Aricò, A. E. Rosamilia, S. Memoli, Green Chem. 2008, 10, 1181.

(10)

7 In accordo con la teoria HSAB, la molecola del DMC presenta tre centri elettrofili: il carbonio carbonilico e i due carboni alchilici. Il gruppo carbonilico è un sito elettrofilo hard a causa della vicinanza di tre atomi di ossigeno, elettronegativi, che polarizzano il carbonio ibridizzato sp2; i due gruppi metilici sono invece siti elettrofili soft, in quanto l'atomo di carbonio, ibridizzato sp3, è meno polarizzato (Figura 1.3).25

Figura 1.3 Il DMC come elettrofilo bidentato

A causa della sua natura di elettrofilo bidentato, il DMC può reagire con dei nucleofili secondo due differenti meccanismi. Alla sua temperatura di riflusso, 90 °C, e in presenza di nucleofili hard, si osserva principalmente la carbossimetilazione del substrato. Questa reazione è di equilibrio e segue un meccanismo BAc2 (base-catalizzato, attacco al carbonio acilico, reazione bimolecolare) (Schema 1.3, eq. a).

Schema 1.3 Reattività del DMC secondo la teoria HSAB: a) carbossimetilazione secondo il meccanismo BAc2; b) metilazione secondo il meccanismo BAl2.

A temperature maggiori di 150 °C e in presenza di nucleofili soft sono invece favorite le reazioni di metilazione. In questo caso il meccanismo è di tipo BAl2 (attacco al carbonio alchilico) e la reazione è irreversibile a causa dello sviluppo di CO2 che sposta l’equilibrio verso i prodotti (Schema 1.3, eq. b).19

(11)

8 In generale quindi, nelle reazioni del DMC in presenza di generici nucleofili, è possibile - salvo eccezioni riportate in letteratura20 - controllare il decorso della reazione verso il prodotto desiderato semplicemente scegliendo la temperatura adeguata e il nucleofilo opportuno.

Di seguito sono riportati alcuni esempi della reattività del DMC con diversi nucleofili.

Reattività con nucleofili all’ossigeno (alcoli e fenoli)

Gli alcoli saturi, in quanto nucleofili hard, reagiscono con il DMC secondo il meccanismo BAc2 formando esclusivamente prodotti di transesterificazione mono- o disostituiti (Schema 1.4).21 Anche in condizioni di reazione più drastiche, quali alte temperature (200 °C) e in presenza di una base come carbonato di potassio, non si osserva la formazione di eteri, ma solamente di carbonati alchilici.

Schema 1.4 Reazione di un alcol con DMC

Al contrario il fenolo, ed analogamente i suoi derivati sostituiti in posizione para, quando vengono fatti reagire con il DMC a una temperatura superiore ai 150 °C e in presenza di K2CO3, danno come prodotto principale l’anisolo (fenilmetiletere) o i relativi derivati.22 Infatti, l’anione fenossido presenta le caratteristiche di un nucleofilo soft poiché riesce a delocalizzare la carica negativa sull'intero anello aromatico, perciò reagisce attraverso il meccanismo BAl2. Inoltre la presenza di sostituenti in posizione para può influenzare la selettività verso i prodotti finali; ad esempio gruppi elettronattrattori sono in grado di accentuare il carattere soft del fenossido, rendendo la metilazione ancora più selettiva.

Reattività con nucleofili allo zolfo (tioli)

Le reazioni dei tioli, sia alifatici che aromatici, con il DMC sono altamente selettive, infatti portano esclusivamente alla formazione dei derivati metilati, anche in assenza di base.23 Studi comparati sulla reattività di tioli ed alcoli con DMC hanno evidenziato che i nucleofili allo zolfo e all’ossigeno presentano diversa reattività, dovuta al differente carattere hard/soft degli anioni RS- e RO-.

20 a) F. Aricò, P. Tundo, A. Maranzana, G. Tonachini, ChemSusChem 2012, 5, 1578; b) F. Aricò, U. Toniolo, P. Tundo, Green Chem.

2012, 14, 58; c) P. Tundo, F. Aricò, J. Chin. Chem. Soc. 2012, 59, 1375.

21 P. Tundo, F. Trotta, G. Moraglio, F. Logorati, Ind. Eng. Chem. Res. 1988, 27, 1565.

22 P. Tundo, V. Esposto (Eds), Green Chemical Reactions, Springer, 2008, 213.

(12)

9 L’atomo di zolfo, infatti, ha dimensioni maggiori ed è meno elettronegativo rispetto all’ossigeno; ne risulta una maggiore delocalizzazione di carica elettronica, che rende l'anione tiolato più soft in confronto all’alcossido. Come conseguenza, gli alcoli formano principalmente derivati carbossimetilati secondo un meccanismo BAc2; i tioli invece, nelle medesime condizioni, danno derivati metilati attraverso un meccanismo BAl2.

Reattività con nucleofili all’azoto (ammine)

Le ammine alifatiche ed aromatiche, in assenza di base, reagiscono con il DMC senza alcuna selettività verso metilazione o carbossimetilazione, mostrando proprietà intermedie in termini di carattere hard/soft.

Al contrario, le ammine alifatiche e aromatiche, in presenza di basi forti (ad esempio metossido di sodio o tert-butilato di potassio), portano alla formazione selettiva di derivati carbossimetilati (carbammati). La presenza di una base forte aumenta quindi il carattere hard dell’ammina, che risulta più selettiva verso l’attacco al gruppo carbonilico del DMC (Schema 1.5, eq. a).21 Una volta formato il carbammato, la base porta alla formazione di un secondo anione, questa volta con caratteristiche soft (poiché la carica può essere delocalizzata sul gruppo carbammato). Questo anione reagisce quindi con il centro soft del DMC, portando alla formazione del metil derivato del carbammato (Schema 1.5, eq. b).

Impiegando, d'altro canto, basi deboli quali il carbonato di potassio, le ammine alifatiche reagiscono con il DMC secondo il cammino di reazione riportato nello Schema 1.5; quelle aromatiche invece, che presentano carattere più soft, danno luogo alla formazione dei corrispondenti derivati metilati e dimetilati.

Schema 1.5 Reattività di un’ammina con DMC in presenza di una base forte: a) carbossimetilazione, b)

metilazione del carbammato.

Reattività con nucleofili che incorporano CH2 acidi

La reattività del DMC con composti che contengono CH2 acidi (come arilacetonitrili, benzil alchil chetoni, esteri arilossiacetici, solfoni, solfossidi e lattoni) è stata ampiamente studiata.12,13a Questa

(13)

10 reazione è altamente selettiva, in quanto porta alla formazione esclusiva dei prodotti monometilati (Schema 1.6).

Tale reattività è stata impiegata con successo per la sintesi industriale di farmaci anti-infiammatori, ad esempio ibuprofene, ketoprofene, naproxene.21

Schema 1.6 Monometilazione selettiva per composti che incorporano un CH2 acido (X = CN,COOCH3,

SO2R, SO2Ar)

Il meccanismo di reazione, tuttavia, non implica una semplice sostituzione nucleofila. Infatti, come è stato dimostrato da studi cinetici nonché dall’isolamento dei vari intermedi, la monometilazione deriva da un meccanismo complesso (Schema 1.7) conseguente alla diversa reattività degli anioni

1- e 2- coinvolti in due reazioni di sostituzione nucleofila successive, più precisamente una B

Ac2 e quindi una BAl2.

Schema 1.7 Meccanismo della monometilazione selettiva di composti con CH2-acidi impiegando DMC.

L’anione 1- presenta carattere hard, dunque reagisce con il centro elettrofilo hard del DMC

secondo un meccanismo BAc2, formando il carbossimetil derivato 2. La deprotonazione di questo composto porta alla formazione dell’anione 2-, che ha invece carattere soft, grazie alla

delocalizzazione della carica negativa sul gruppo carbossimetilico. Questo anione reagisce con il centro elettrofilo soft del DMC secondo un meccanismo BAl2, dando il prodotto alchilato 3, che subisce infine una reazione di decarbossilazione promossa dall’anione metossido dando il derivato metilato 4. La successione di reazioni è altamente selettiva, portando esclusivamente alla formazione del prodotto finale monometilato.

(14)

11

1.4 Analoghi carbonati delle ipriti

1.4.1 Sintesi delle ipriti carbonate

Le ipriti, come riportato, hanno grandi potenzialità come elettrofili nella sintesi organica (vedi Sezione 1.2); tuttavia la tossicità di questi composti crea problemi soprattutto per la loro manipolazione.

Recentemente, il gruppo di ricerca del prof. Tundo ha riportato la sintesi di analoghi carbonati delle ipriti, in cui l’atomo di cloro contenuto nei gas mostarda è stato sostituito da una funzionalità di tipo alchilcarbonato (Figura 1.4). Si è così ottenuta una nuova classe di composti che conservano la tipica reattività delle ipriti clorurate, ma perdono completamente la loro tossicità.24 Questi nuovi composti risultano di notevole interesse nell'ambito della Green Chemistry.

Figura 1.4 Struttura delle ipriti clorurate e delle ipriti carbonate

La sintesi degli analoghi carbonati delle ipriti è molto semplice e sicura per l’operatore. Le ipriti carbonate vengono infatti ottenute dai corrispondenti alcoli e dioli, disponibili in commercio, per transesterificazione con un dialchilcarbonato, principalmente dimetilcarbonato (DMC) e dietilcarbonato (DEC), in presenza di carbonato di potassio. Le ipriti carbonate sono state isolate come prodotti puri in buona resa e, in alcuni casi, senza necessità di ulteriore purificazione.

Questi composti si presentano come liquidi trasparenti, stabili e - fatto più importante - non manifestano alcuna caratteristica di tossicità o pericolosità, per cui possono essere maneggiati senza particolari precauzioni.

24 a) F. Aricò, M. Chiurato, J. Peltier, P. Tundo, Eur. J. Org. Chem. 2012, 3223; b) F. Aricò, S. Evaristo, P. Tundo, ACS Sustainable

Chem. Eng. 2013, 1, 1319; c) F. Aricò, S. Evaristo, P. Tundo, RSC Adv. 2014, 4, 31071; d) F. Aricò, I. Udrea, M. Crisma, P. Tundo, ChemPlusChem 2015, 80, 471; e) F. Aricò, A. Aldoshin, P. Tundo, ACS Sustainable Chem. Eng. 2016, 4, 2843.

(15)

12

1.4.2 Reattività delle ipriti carbonate

La reattività degli analoghi carbonati delle ipriti è stata studiata in dettaglio.24 In generale, questi composti mostrano lo stesso tipo di reattività delle ipriti clorurate. Il meccanismo di reazione in presenza di un generico nucleofilo (Schema 1.8) porta dapprima alla formazione dell'intermedio ciclico a tre termini (episolfonico o aziridinico) per sostituzione nucleofila monomolecolare (SN1) dello zolfo o dell’azoto sul carbonio in posizione β (effetto anchimerico), con uscita di un anione alchilcarbonato. Successivamente il nucleofilo attacca l’intermedio ciclico con conseguente formazione del prodotto alchilato. La reazione non porta alla formazione di sottoprodotti pericolosi, ma soltanto di biossido di carbonio e alcol (metanolo o etanolo) derivanti dalla decomposizione dello ione alchilcarbonato.

L'unica differenza di reattività che si riscontra tra ipriti carbonate e ipriti clorurate è legata al gruppo uscente. Lo ione cloruro è infatti notoriamente un miglior gruppo uscente rispetto a quello alchilcarbonato, per cui nel caso delle ipriti carbonate è necessario fornire maggiore energia, tipicamente alzando la temperatura ( > 150 °C) affinché la reazione abbia luogo.

La reattività delle ipriti carbonate è stata studiata sia in autoclave a 180 °C in assenza di base, sia in neat a 150 °C in presenza di una quantità catalitica di base.

Schema 1.8 Meccanismo di reazione delle ipriti carbonate

Reattività delle ipriti carbonate asimmetriche in autoclave

In un primo studio, la reattività delle ipriti carbonate asimmetriche allo zolfo e all'azoto 2-7 è stata investigata in autoclave a 180 °C, usando come solvente acetonitrile, con un classico nucleofilo all'ossigeno come il fenolo (Schema 1.9); le reazioni sono state condotte in assenza di base o catalizzatore. 24a

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13

Schema 1.9 Reazioni delle ipriti carbonate asimmetriche con fenolo in autoclave

In un primo esperimento, l'analogo carbonato dell’iprite all'ossigeno 1 è stato posto a reagire con fenolo (#1, Tabella 1). Questa reazione non ha mostrato la formazione di alcun prodotto, a dimostrazione della scarsa reattività di questo carbonato nonché dell'assenza di effetto anchimerico da parte dell'atomo di ossigeno. La stessa reazione, ripetuta in presenza di carbonato di potassio (#2, Tabella 1), ha dato come prodotto principale l'etossibenzene 13 (73%). Questo risultato ha confermato la mancanza di effetto anchimerico dell'iprite carbonata 1. Infatti l'anione fenato è soft e quindi reattivo verso l'alchilazione, tuttavia, come prevedibile, preferisce attaccare il gruppo alchilico meno ingombrato in assenza di effetto anchimerico.

Tabella 1 Reazioni delle ipriti carbonate asimmetriche con fenolo in autoclave a # Carbonato Conv. [%] b Prodotto (resa %)

1 1 0 8 (0) 2c 1 97 8 (28), 13 (72) 3 2 100 9 (100) 4 3 81 9 (100) 5c 3 100 9 (58), 13 (41) 6 4 36 10 (45) 7 5 50 10 (16) 8d 6 100 11 (100) 9d 7 100 11 (100)

a Condizioni di reazione: carbonato/fenolo 1.0/3.0 eq. mol. in acetonitrile (100 mL) in autoclave a 180 °C, durata della

reazione 24 h. b Calcolata tramite analisi GC-MS usando p-xilene come standard interno. c Reazione eseguita in

presenza di 1.0 eq. mol. di K2CO3. d Durata della reazione 5 h.

Al contrario, la reazione dei carbonati allo zolfo 2 e 3 con fenolo (#3-4, Tabella 1) ha portato alla formazione quantitativa del prodotto alchilato di interesse 9 a dimostrazione che l'effetto anchimerico dell'atomo di zolfo è fondamentale per la formazione del prodotto. La reazione con il

(17)

14 carbonato 3 è stata ripetuta in presenza di carbonato di potassio (#5) tuttavia, in questo caso, oltre al prodotto 9 si è osservata la formazione dell'etossibenzene 13. Questo risultato è imputabile all'aumento della nucleofilicità del fenolo a causa della presenza della base, che va però a discapito della selettività della reazione.

La reazione dei carbonati allo zolfo 4 e 5 (#6-7) ha portato alla formazione del prodotto alchilato 10 con selettività minori, in quanto l’effetto anchimerico dello zolfo in questo caso è probabilmente inibito dalla presenza dell'anello aromatico che ne diminuisce la nucleofilicità.

Infine, la reazione di alchilazione è stata ripetuta impiegando gli analoghi carbonati delle ipriti all'azoto 6 e 7 (#8-9). Questi hanno mostrato una conversione completa in tempi molto brevi (5 ore, rispetto alle 24 ore necessarie per le ipriti carbonate allo zolfo), con una resa quantitativa verso il prodotto alchilato per effetto anchimerico 11.

Dai dati ottenuti emerge chiaramente che l'effetto anchimerico dell'azoto è maggiore di quello dello zolfo come conseguenza della maggior nucleofilicità dell'azoto. Le ipriti all'ossigeno, invece, non mostrano evidenza di un eventuale effetto anchimerico.

Reattività delle ipriti carbonate asimmetriche contenenti catene alchiliche più lunghe

È stata studiata anche la reattività degli analoghi carbonati delle ipriti che incorporano catene alchiliche più lunghe, come propiliche e butiliche.24b Anche questi composti 14-17 (Figura 1.6) sono stati sintetizzati attraverso una reazione di transesterificazione (alcol precursore + DMC + K2CO3) con buone rese (54-75%) e purificati mediante distillazione sotto vuoto.

Figura 1.6 Struttura delle ipriti carbonate contenenti unità propiliche e butiliche

La reattività delle ipriti carbonate 14-17 è stata quindi studiata in autoclave a 180 °C, usando come solvente acetonitrile, e impiegando fenolo come nucleofilo. I risultati delle reazioni così condotte hanno mostrato che la reattività di queste ipriti carbonate dipende dalla facilità con cui si forma l'intermedio ciclico cationico (Schema 1.11).

(18)

15 Il carbonato 14 porta dapprima alla formazione di un ciclo azotato a quattro termini (anziché a tre termini come nel caso delle ipriti 2-7) e successivamente, per attacco nucleofilo da parte del fenolo sull’intermedio ciclico, al prodotto 18 con una resa del 94%.

Il carbonato 15, analogo allo zolfo del composto 14, non è in grado di formare l'intermedio ciclico a quattro termini a causa dell'instabilità di quest'ultimo, dovuta alle maggiori dimensioni dell'atomo di zolfo rispetto all'azoto; in questo caso la reazione di alchilazione non procede.

Il carbonato allo zolfo 16, d'altra parte, riesce a formare facilmente l'intermedio ciclico a 5 termini, che reagisce quindi con fenolo e porta al prodotto 19 con una buona resa (85%).

Un caso particolare è rappresentato dal carbonato 17, che non è mai stato isolato come tale. Infatti, nel tentativo di sintetizzare questo composto, si è osservata direttamente la formazione del relativo sale d’ammonio quaternario ciclico a cinque termini 20, il quale presenta una buona stabilità e non subisce attacco nucleofilo da parte del fenolo.

Schema 1.11 Reattività delle ipriti carbonate contenenti unità alchiliche più lunghe

Reattività delle ipriti carbonate asimmetriche allo zolfo in neat

La reattività dell'analogo carbonato dell'iprite asimmetrica allo zolfo 2 è stata studiata anche in condizioni di reazione neat, ovvero senza solvente. In questi esperimenti, l'iprite carbonata è stata fatta reagire con un nucleofilo (il fenolo) in una provetta scaldando a 150 °C a pressione atmosferica (Schema 1.12).24c

Come nello studio condotto in autoclave, una prima reazione è stata condotta impiegando come elettrofilo l'iprite carbonata all'ossigeno 1, che nelle condizioni sperimentali adottate non ha

(19)

16 mostrato la formazione di alcun prodotto. La stessa reazione è stata ripetuta in presenza di una quantità catalitica di carbonato di potassio, ottenendo come prodotto principale l'anisolo 12 (81%). Questo risultato conferma che anche in queste condizioni di reazione l’iprite carbonata all'ossigeno non presenta effetto anchimerico (cfr. Tabella 1, #1-2).

Schema 1.12 Reattività delle ipriti carbonate 1 e 2 con fenolo in neat

È stata quindi studiata la reattività del carbonato allo zolfo 2 nelle stesse condizioni. Una prima reazione è stata condotta in assenza di base, risultando in una discreta conversione del substrato (56%) e un'alta selettività verso il prodotto di interesse 11 (86%). Nel tentativo di migliorare la conversione del fenolo, la reazione è stata ripetuta in presenza di diverse basi, tra cui carbonato di potassio, basi forti, ammine terziarie, allumina basica, idrotalcite KW2000 e catalizzatori metallici omogenei. In tutti i casi la conversione è stata elevata (61-100%) e il prodotto 11 si è formato con ottime selettività (79-97%, calcolato tramite retta di taratura via GC-MS). Il risultato migliore è stato ottenuto impiegando carbonato di potassio, che ha dato una resa del 90%. I dati ottenuti hanno permesso di confermare il ruolo chiave dell'intermedio episolfonico nella formazione del prodotto alchilato. In questo contesto è infatti interessante notare che l’intermedio, carico positivamente, non si forma altrettanto facilmente quando la reazione è stata condotta in presenza dei catalizzatori acidi o anfoteri testati, per i quali si sono infatti registrati risultati simili a quelli ottenuti senza l'impiego di alcun catalizzatore.

La reattività dell'iprite carbonata 2 in condizioni neat con K2CO3 è stata infine sperimentata su diversi nucleofili come alcoli e dioli aromatici.24c Tra questi, il nucleofilo che ha fornito il risultato migliore è stato il p-cianofenolo. Questo composto è particolarmente acido tanto che, facendolo

(20)

17 reagire in assenza di base con diverse ipriti carbonate alle zolfo, ha portato a prodotti alchilati tramite l’effetto anchimerico in conversioni e selettività quasi quantitative (100% e 95% rispettivamente).

Reattività delle ipriti carbonate simmetriche

La reattività degli analoghi carbonati delle ipriti simmetriche (Figura 1.5) è stata indagata alla temperatura di 180 °C in autoclave, impiegando acetonitrile come solvente. 24b In queste condizioni sono stati studiate le ipriti carbonate all'azoto 21 e 22. Queste sono state poste a reagire con un classico nucleofilo come il fenolo (2.0 eq. mol.). In queste condizioni, già dopo 5 ore entrambe le reazioni hanno dato conversione completa e alta selettività (90%) verso il prodotto bisostituito. Successivamente è stata studiata la reattività del carbonato allo zolfo 23 con il fenolo nelle medesime condizioni impiegate per i carbonati all'azoto 21 e 22. In questo caso, però, anche dopo 24 ore non si è osservata la formazione di alcun prodotto. Questo risultato è ancora una volta imputabile al minore effetto anchimerico dello zolfo rispetto a quello dell'azoto nelle ipriti carbonate.

Figura 1.5 Struttura delle ipriti carbonate simmetriche

Recentemente, i carbonati simmetrici 21-22 sono stati impiegati anche per la sintesi di macrocicli del tipo azacorona per reazione con dioli aromatici in autoclave a 180 °C in condizioni di alta diluizione.24d Ripetendo la reazione con diversi dioli aromatici, si è ottenuta una serie di macrocicli che incorporano diverse unità funzionali. Questo studio è stato ripreso e approfondito nel presente lavoro di tesi (si veda la Sezione 3.4).

(21)

18

2. SCOPO DELLA TESI

Il presente studio di tesi si propone di indagare la reattività degli analoghi carbonati delle ipriti in reazioni di ciclizzazione. In particolare lo scopo è quello di studiare la reattività delle ipriti carbonate simmetriche, sia all'azoto che allo zolfo, con opportuni nucleofili bifunzionali, per la sintesi di composti eterociclici e macrociclici.

La prima parte di questa ricerca è rivolta allo studio di reazioni di ciclizzazione tra le ipriti carbonate all’azoto e allo zolfo con composti contenenti CH2 acidi per la sintesi di piperidine e tetraidrotiopirani. Il fenilsulfonil acetonitrile è stato scelto come substrato per lo studio della reazione di ciclizzazione (sintesi della piperidina 25, Sezione 3.3.2) e l’ottimizzazione delle condizioni di reazione. In particolare è stato investigato l’effetto di temperatura, concentrazione dei substrati, solvente, tipo e quantità di base/catalizzatore sulla reazione di ciclizzazione. Le condizioni di reazione, una volta ottimizzate, sono state applicate su diversi substrati che incorporano CH2 acidi per valutare l'applicabilità generale della procedura sintetica. La reazione di ciclizzazione è stata quindi testata impiegando una iprite carbonata allo zolfo per la sintesi dei tetraidrotiopirani.

Nella seconda parte di questa tesi, le ipriti carbonate all'azoto sono state fatte reagire con nucleofili bifunzionali all'ossigeno quali dioli aromatici per la sintesi di macrocicli del tipo eteri azacorona. In questo caso la ciclizzazione è stata condotta nelle migliori condizioni di reazione riscontrate per la sintesi degli eterocicli. I risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli precedentemente pubblicati per questi composti.

Infine, in questo studio di tesi, si riporta per la prima volta la sintesi e caratterizzazione di azacorona risultanti dalla reazione tra bisfenolo A e iprite carbonata all’azoto. Vengono inoltre riportati alcuni risultati preliminari rispetto alla sintesi di macropolicicli (cage molecules) derivanti dalla reazione di una iprite tris-carbonata con un triolo aromatico.

(22)

19

3. RISULTATI E DISCUSSIONE

3.1 Sintesi delle ipriti carbonate simmetriche

Le ipriti carbonate all’azoto e allo zolfo 21-24 impiegate per questo studio di tesi sono state preparate mediante reazione di transesterificazione dei dioli precursori, disponibili commercialmente, con dimetilcarbonato (DMC) o dietilcarbonato (DEC) (20 eq. mol.) in presenza di carbonato di potassio (Schema 3.1).24 Queste reazioni, condotte alla temperatura di riflusso del dialchilcarbonato (90 °C per DMC, 128 °C per DEC), sono risultate sintesi semplici e prive di pericolo per l’operatore, in quanto gli analoghi carbonati non presentano le tipiche proprietà vescicanti dei gas mostarda. In tutte le reazioni, il DAC è stato impiegato in eccesso in quanto funge sia da reagente che da solvente. Inoltre, l'eccesso di DAC permette di spostare l'equilibrio della reazione verso la formazione dei prodotti.

Impiegando questa metodologia sintetica, i carbonati simmetrici all’azoto 21-22 e allo zolfo 23-24 sono stati isolati come puri in resa quantitativa senza necessità di ulteriori tecniche di purificazione a parte la rimozione del DAC in eccesso tramite rotavapor. Gli analoghi carbonati delle ipriti 21-24 così ottenuti (Schema 3.1) sono dei liquidi di colorazione variabile dall'incolore al giallo, stabili, inodori, e soprattutto non presentano alcuna caratteristica di tossicità o pericolosità. La loro struttura è stata confermata da analisi via NMR e GC-MS (vedi Appendice).

(23)

20

3.2 Reattività delle ipriti carbonate simmetriche con nucleofili bifunzionali

nella sintesi di eterocicli e macrocicli

Studi precedenti condotti in questo gruppo di ricerca hanno dimostrato che le ipriti carbonate simmetriche 21-24, ad alta temperatura (≥ 150 °C) ed in assenza di base, reagiscono con nucleofili in modo differente a seconda che questi siano monodentati oppure bidentati.

Si è osservato infatti che nucleofili monodentati come il fenolo portano alla formazione del prodotto bisostituito (vedi Sezione 1.4.2). Al contrario, risultati preliminari hanno mostrato che la reazione di un nucleofilo bidentato che incorpora un CH2 acido (fenilsulfonil acetonitrile) con l’iprite simmetrica all’azoto 21 ha dato come prodotto principale un composto eterociclico, la piperidina.24b,25 Questo interessante risultato è stato approfondito attraverso uno studio sistematico, riportato per la prima volta in questo lavoro di tesi.

Inoltre, in condizioni di alta diluizione o pseudo - alta diluizione, la reazione di dioli aromatici con ipriti carbonate simmetriche porta alla formazione di macrocicli del tipo eteri corona che incorporano l’unità caratteristica delle ipriti –CH2CH2N(CH3)CH2CH2–.24d Questa reazione è stata qui studiata più approfonditamente testando nuove condizioni di reazione, nuovi substrati bidentati (bisfenolo A) e un substrato tridentato per la sintesi di macropolicicli .

Lo Schema 3.2 riporta un riassunto della reattività delle ipriti carbonate simmetriche in reazioni di ciclizzazione.

Schema 3.2 Reazioni delle ipriti carbonate simmetriche: sintesi di eterocicli e macrocicli

(24)

21

3.3 Reattività delle ipriti carbonate con nucleofili contenenti CH

2

acidi

3.3.1 Sintesi di piperidine e tetraidrotiopirani

Le piperidine sono eterocicli di grande interesse, soprattutto in campo farmaceutico.26 Questi composti sono infatti catalogati come alcaloidi, la cui forma più comune in natura è la piperina contenuta nelle bacche di pepe, che presenta numerose proprietà terapeutiche (antinfiammatorie, antiossidanti, battericide).27 Queste proprietà hanno stimolato lo studio di numerosi derivati della piperidina, sia naturali che sintetici, molti dei quali hanno mostrato proprietà analgesiche.28 Alcuni esempi di composti farmacologicamente attivi includono petidina, fentanyl, remifentanyl, bemidone, ketobemidone (Figura 3.1). Questi farmaci presentano potenti effetti analgesici, in alcuni casi anche maggiori della morfina.29

Figura 3.1 Struttura di alcuni farmaci analgesici contenenti l'anello piperidinico

Studi preliminari precedentemente riportati dal gruppo di ricerca del prof. Tundo hanno mostrato che il fenilsulfonil acetonitrile, posto a reagire con le ipriti carbonate simmetriche all'azoto 21-22, porta alla formazione del relativo eterociclico, la piperidina 25 (vedi Schema 3.5).24b,25

In questo lavoro di tesi si intende studiare in dettaglio questo tipo di reattività. Inoltre si estenderà lo studio ad altri substrati che incorporano gruppi CH2 acidi, al fine di valutare l'applicabilità generale della metodologia per la sintesi di piperidine diversamente sostituite. Inoltre si intende testare lo stesso tipo di reazioni sulle ipriti carbonate allo zolfo, al fine di ottenere i relativi

26 Z. S. Saify, K. Rafiq, Ann. Jinnah Sindh Med. Uni. 2015, 1, 18.

27 a) K. Srinivasan, Crit. Rev. Food Sci. Nutr. 2007, 47, 735; b) S. K. Reshmi, E. Sathya, P. S. Devi, J. Pharm. Res. 2010, 3, 2507; c) R.

S. Vijayakumar, D. Surya, N. Nalini, Redox Rep. 2004, 9, 105.

28 A. Aejaz, K. I. Molvi, S. Nazim, I. Baig, T. Memon, M. Rahil, J. Chem. Pharm. Res. 2012, 4, 872.

29 a) K. Rafiq, Z. S. Saify, F. Vaid, S. Khan, F. Akhtar, R. Kauser, Brit. Biomed. Bull. 2013, 1, 64; b) Z. S. Saify, N. Mushtaq, K. M. Khan,

S. Perveen, S. T. Shah, R. J. Abdel-Jalil, Chem. Pharm. Bull. (Tokyo) 2005, 53, 64; c) Z. S. Saify, H. Rasheed, N. Mushtaq, M. Nisa, S. Haider, A. Naz, Arch. Pharm. Res. 2012, 35, 1953; d) S. A. Khanum, V. Girish, S. S. Suparshwa, N. F. Khanum, Bioorg. Med. Chem. Lett. 2009, 19, 1887.

(25)

22 tetraidrotiopirani. Queste reazioni si configurano come ciclizzazioni, che procedono attraverso due successive sostituzioni nucleofile, la seconda delle quali intramolecolare. Un probabile meccanismo di reazione è riportato nello Schema 3.3.

Schema 3.3 Meccanismo di formazione di piridine e tetraidrotiopirani

Sperimentalmente si è osservato che la reazione di ciclizzazione procede anche in assenza di base. Tuttavia l’impiego di una quantità catalitica di base facilita la deprotonazione del substrato CH2 acido aumentando la sua nucleofilicità (vedi Sezione 3.3.2).

Il fatto che la base sia sufficiente in quantità catalitica attesta che la reazione, una volta iniziata, sia autocatalizzata, grazie alla presenza dello ione alcossido che si forma per decomposizione dello ione alchilcarbonato (Schema 3.5, eq. a). L’alcossido infatti deprotona il CH2 acido del substrato - che dà la successiva reazione di alchilazione - e si converte nel corrispondente alcol (metanolo o etanolo), sottoprodotto di reazione. Questo meccanismo è stato ampiamente e dettagliatamente descritto in precedenza; un chiaro esempio è la metilazione del fenolo con dimetilcarbonato in condizioni GL-PTC.12

(26)

23 D’altra parte, reazioni autocatalitiche ad opera degli alchilcarbonati sono ben note in letteratura. Un esempio rappresentativo è l’allilazione di Tsuji-Trost (Schema 3.4).30 In questa reazione, catalizzata da complessi fosfinici di palladio, dei carbonati allilici vengono impiegati come agenti allilanti per gruppi CH2 acidi in α a chetoni e loro derivati.31

Schema 3.4 Reazione di allilazione di Tsuji-Trost (R=gruppo alchilico; R1,R2=gruppi elettronattrattori)

Sarà utile a questo proposito descrivere brevemente il meccanismo della reazione di Tsuji-Trost, riportato nello Schema 3.5, eq. b. Esso prevede la coordinazione del palladio al gruppo allilico con eliminaizone dello ione alchilcarbonato, che si decompone ad anidride carbonica e alcossido. Quest’ultimo funge da base per la deprotonazione del metilene acido in α al chetone, che attacca velocemente il gruppo allilico portando alla formazione del corrispondente prodotto allilato. Anche in questo caso, quindi, l’alcossido formato dal gruppo alchilcarbonato conferisce alla reazione carattere autocatalitico.

L'analogia tra meccanismo di reazione delle ipriti carbonate e quello della reazione di Tsuji-Trost, con particolare attenzione al carattere autocatalitico di queste, è messa in evidenza dal parallelismo riportato nello Schema 3.5.

Schema 3.5 Reazioni autocatalitiche degli alchilcarbonati: confronto tra a) la reattività delle ipriti carbonate e b) l'allilazione di Tsuji-Trost (R=gruppo alchilico; R1=Me,CH2CH2OCOOR; R2,R3,R4,R5=gruppi

elettronattrattori). In entrambi i cammini il gruppo uscente alchilcarbonato di decompone a CO2 e ione

alcossido, il quale conferisce alla reazione carattere autocatalitico.

30 a) J. Tsuji, H. Takahashi, M. Morikawa, Tetrahedron Lett. 1965, 6, 4387; b) B. M. Trost, T. J. Fullerton, J. Am. Chem. Soc. 1973, 95,

292.

(27)

24

3.3.2 Reazione tra N,N-bis[(2-etilcarbonato)etil] metilammina 22 e fenilsulfonil acetonitrile:

ottimizzazione delle condizioni di reazione

Il fenilsulfonil acetonitrile è stato scelto come substrato per questo studio. E’ un composto che, oltre ad incorporare un CH2 acido, include due gruppi fortemente elettronattrattori - il gruppo fenilsolfonico e il gruppo ciano - che rendono gli atomi di idrogeno del metilene particolarmente acidi (pKa in DMSO 12.0).

Precedentemente, in esperimenti condotti da questo gruppo di ricerca, l’iprite carbonata simmetrica all'azoto N,N-bis[(2-etilcarbonato)etil] metilammina 22 ed il fenilsulfonil acetonitrile (FSCN) sono fatti reagire per 7 ore in autoclave a 180 °C in acetonitrile, in assenza di base. Analisi GC-MS e successiva purificazione della miscela di reazione hanno confermato la presenza della piperidina 25 (Schema 3.6).

La prima parte di questo lavoro di tesi è rivolta all'ottimizzazione delle condizioni di tale reazione, al fine di ottenere il prodotto 25 con una resa maggiore.

Schema 3.6 Sintesi della piperidina 25

Il lavoro di ottimizzazione sulla reazione di ciclizzazione che porta alla formazione della piperidina

25 è stato condotto valutando l’effetto della temperatura, della concentrazione dei reagenti, del

solvente e della base/catalizzatore (tipo e quantità).

Le reazioni sono state condotte in autoclave, utilizzando come solvente acetonitrile (salvo quando diversamente specificato). L'analisi quantitativa è stata eseguita mediante retta di taratura con standard interno (bifenile) impiegando GC e GC-MS. Le rette di taratura e i relativi dati sono riportati in Appendice. Tutte le reazioni sono state pertanto eseguite in presenza di 1.0 eq. mol. di bifenile.

E’ importante sottolineare che la determinazione della resa del prodotto 25 è stata complicata dal fatto che, già dopo 3 ore dall'inizio delle reazioni si è sempre osservata una conversione completa dei reagenti sebbene la resa della piperidina fosse in tutti i casi inferiore al 100%. In questi esperimenti le analisi GC-MS non hanno mostrato la presenza di intermedi di reazione o

(28)

25 sottoprodotti identificabili. Questo risultato è imputabile alla decomposizione termica dei reagenti e/o alla formazione di una certa quantità di materiale polimerico, non determinabile con gli strumenti analitici impiegati.

In un primo esperimento il carbonato 22 e il fenilsulfonil acetonitrile (1.28 mmol L-1) sono stati fatti reagire a 180 °C in autoclave impiegando acetonitrile come solvente, in assenza di base (Tabella 2, #3). In queste condizioni, la 4-ciano-4-fenilsulfonil-N-metilpiperidina 25 è stata ottenuta con una resa del 47%, in accordo con quanto riportato dallo studio preliminare condotto da questo gruppo di ricerca.

Partendo da questo risultato, è stato valutato l’effetto della temperatura sulla formazione della piperidina 25 (Tabella 2).

La reazione è stata quindi ripetuta a temperature superiori, 200 °C (#4) e 220 °C (#5). In entrambi i casi si è osservata una diminuzione della resa, ottenendo in ambedue il 38% di prodotto secondo la retta di taratura. Questo è probabilmente imputabile ad una maggiore decomposizione dell'iprite carbonata indotta dalla temperatura più alta.

Si sono quindi testate temperature inferiori rispetto a quella tipicamente usata nelle reazioni di alchilazione per le ipriti carbonate in autoclave (180 °C).

Ripetendo la reazione a 160 °C si è riscontrato un evidente incremento della resa del prodotto (71%; #2). Tuttavia, diminuendo ulteriormente la temperatura, a 140 °C la resa è risultata inferiore (62%; #1), probabilmente a causa della minore reattività dell'iprite carbonata.

Tabella 2 Sintesi della piperidina 25: influenza della temperatura a

# Temperatura [°C] Resa piperidina 25 [%] b

1 140 62

2 160 71

3 180 47

4 200 38

5 220 38

a Condizioni di reazione: iprite carbonata 22/FSCN 1.0/1.0 eq. mol., 1.28 mmol/100 mL acetonitrile, in autoclave. Durata

della reazione 24 h. b Calcolata da retta di taratura via GC

Per verificare la stabilità termica dell'iprite carbonata 22, essa è stata posta in autoclave a 180 °C e a 160 °C, in assenza di nucleofilo e nelle stesse condizioni di reazione riportate in Tabella 2 (nota

(29)

26 a). Analisi via GC-MS di campioni prelevati ad intervalli di tempo successivi hanno mostrato, in entrambi gli esperimenti, una progressiva diminuzione della quantità di iprite carbonata, fino alla sua completa scomparsa dopo 7 ore. Questo ha confermato che, ad alte temperature, il carbonato

22 si decompone; inoltre si è osservato che la decomposizione è più veloce quanto maggiore è la

temperatura. I risultati ottenuti indicano che la temperatura ottimale di reazione sia 160 °C; questo valore è probabilmente il miglior compromesso tra decomposizione termica e reattività dell’iprite carbonata 22.

Come già precedentemente discusso, il meccanismo di formazione della piperidina include come ultimo step una reazione di ciclizzazione intramolecolare dell’intermedio carbossimetilico (Schema 3.3). Notoriamente, le reazioni intramolecolari sono favorite in condizioni di alta diluizione, dove la probabilità di reazione tra due gruppi appartenenti alla stessa molecola è maggiore rispetto a quella tra gli stessi gruppi collocati in due molecole distinte.

Sulla base di questo concetto si è effettuato uno studio sull'influenza della concentrazione dei reagenti nella reazione di ciclizzazione (Tabella 3).

Facendo riferimento alla reazione condotta alla concentrazione dei reagenti di 12.8 mmol L-1 (#1, Tabella 3) si è osservato che il dimezzamento della concentrazione (6.4 mmol L-1) porta ad un incremento della resa dal 47% al 59% (#2, Tabella 3). L’impiego di una miscela di reazione ancora più diluita (3.2 mmol L-1) ha determinato tuttavia una diminuzione della resa della piperidina (#3, Tabella 3).

La sintesi della piperidina 25 è stata inoltre testata nelle classiche condizioni di pseudo - alta diluizione, ovvero per lenta aggiunta di una miscela contenente il fenilsulfonil acetonitrile e l'iprite carbonata 22 ad una miscela contenente una base disciolta in acetonitrile. L'assetto sperimentale di questa reazione non consentiva tuttavia di operare ad alte temperature in autoclave, ma soltanto a pressione atmosferica e conseguentemente in condizioni di riflusso (82 °C). Per questo motivo, al fine di aumentare la nucleofilicità del fenilsulfonil acetonitrile e quindi la reattività dei substrati, è stata aggiunta una base forte (idruro di sodio) in quantità più che stechiometrica. In queste condizioni, tuttavia, la reazione non ha mostrato la formazione della piperidina né di altri prodotti. In conclusione, dai risultati riportati in Tabella 3 risulta che la concentrazione ottimale dei reagenti per la reazione di ciclizzazione è di 6.4 mmol L-1.

(30)

27

Tabella 3 Sintesi della piperidina 25: influenza della concentrazione dei reagenti a # Conc. [mmol L-1] Resa piperidina 25 [%] b

1 12.8 47

2 6.4 59

3 3.2 45

a Condizioni di reazione: iprite carbonata 22/FSCN 1.0/1.0 eq. mol. in 100 mL di acetonitrile in autoclave a 180 °C.

Durata della reazione 24 h. b Calcolata da retta di taratura via GC

È stato quindi condotto uno studio sull'effetto del solvente sulla reazione di ciclizzazione, al fine di individuare il mezzo di reazione che consenta di ottenere una resa maggiore verso la piperidina

25. Oltre all'acetonitrile, impiegato per tutte le reazioni precedenti, sono stati provati numerosi

solventi comuni, differenti principalmente per la loro polarità (Tabella 4).

In un primo studio sono stati testati diversi solventi polari aprotici altobollenti quali N,N-dimetilformammide (DMF, #2) e dimetildolfossido (DMSO, #3), utilizzati alla rispettiva temperatura di riflusso. In queste reazioni, condotte per semplicità in un pallone e non in autoclave, la formazione dell’eterociclo 25 non è stata osservata, anche quando gli esperimenti sono stati ripetuti in presenza di carbonato di potassio (0.1 eq. mol.).

Sono stati quindi testati, per la reazione in autoclave a 180 °C, diversi solventi polari quali alcoli (#4-5), eteri ciclici (#6-7), esteri (#8) e chetoni (#9). Nessuno di essi ha portato alla formazione del prodotto se non in tracce, a parte l'etanolo (#4, resa 33%).32

Anche quando la reazione è stata ripetuta in solventi apolari quali esano (#10) e toluene (#11), non si sono ottenuti risultati degni di nota.

È stata infine provata per completezza una reazione in neat, in assenza di solvente (#11). La reazione non ha mostrato la formazione della piperidina probabilmente a causa della formazione di prodotti di polimerizzazione/oligomerizzazione e/o di decomposizione non identificabili. La reazione in neat è stata ripetuta anche in presenza di K2CO3 (0.2 eq. mol.). In questo caso, la formazione della piperidina si è osservata solo in quantità modeste.

32 L'etanolo ha tuttavia provocato la corrosione della guarnizione in alluminio dell'autoclave. Lo stesso fatto è stato riscontrato anche

(31)

28

Tabella 4 Sintesi della piperidina 25: influenza del solvente a

# Solvente Resa piperidina 25 [%] b

1 CH3CNc 47 2 DMFc,d 0 3 DMSOc,e 0 4 EtOH 33 5 iPrOH 0 6 THF 7 7 1,4-Diossano 0 8 AcOEt 0 9 MeiBuKf 0 10 Esano 0 11 Toluene 7 12 neat g 0h

a Condizioni di reazione: iprite carbonata 22/FSCN 1.0/1.0 eq. mol., 0.64 mmol in 100 mL di solvente a 180 °C. Durata

della reazione 24 h. b Calcolata da retta di taratura via GC. c Concentrazione 1.28 mmol/100 mL solvente. d Reazione

condotta a pressione atmosferica alla temperatura di riflusso (153 °C). e Reazione condotta a pressione atmosferica alla

temperatura di riflusso (189 °C). f Metil, isobutil chetone. g Condizioni neat (senza solvente) a 150 °C,; durata della

reazione 8 h. La medesima reazione, ripetuta nelle stesse condizioni ma in presenza di 0.2 eq. mol. K2CO3, ha dato la

piperidina 25 con una resa dell'8%.

In definitiva, lo studio ha permesso di confermare che l'acetonitrile è il migliore tra i solventi sperimentati, in accordo con quanto precedentemente riportato per le reazioni di alchilazione via effetto anchimerico,24a,33 ed è pertanto stato impiegato come solvente in tutte le seguenti reazioni di ciclizzazione.

Si è infine testato l’effetto della presenza di una base sulla reazione di ciclizzazione. L'iprite carbonata all'azoto 22 è già di per sé una base debole, in grado di promuovere la deprotonazione del fenilsulfonil acetonitrile e quindi di (auto)catalizzare la reazione di ciclizzazione.

In questo studio, la reazione di ciclizzazione è stata testata in presenza di una quantità catalitica (0.1 eq. mol.) di diverse basi, impiegando le condizioni migliori finora riscontrate (temperatura 160 °C, concentrazione 6.4 mmol L-1, solvente acetonitrile). Per questo studio sono state selezionate una varietà di basi (Tabella 5), tra cui basi deboli come carbonato di potassio e di cesio (#2-3),

(32)

29 basi azotate quali le superbasi 1,5-diazabiciclo[5.4.0]undec-5-ene (DBU, #4) e 1,5,7-triazabiciclo[4.4.0]dec-5-ene (TBD, #5), ammine terziarie (#6-7), basi forti (#8), catalizzatori eterogenei acidi (#9) e anfoteri (#10). È stato riscontrato che tutti i catalizzatori basici aumentano notevolmente la resa della piperidina 25, che dopo 5 ore si forma con rese variabili dal 53 all'87%, rispetto al 23% ottenuto in assenza di base.

Quando la reazione è stata condotta in presenza del catalizzatore acido Amberlyst 15, si è ottenuta una resa modesta (44%; #9, Tabella 5); d'altra parte il catalizzatore anfotero, l'idrotalcite KW2000, ha dato risultati paragonabili a quelli ottenuti senza l'impiego di base (#10, Tabella 5). Il catalizzatore più efficiente è stato il carbonato di potassio, che, in queste condizioni di reazione, ha permesso di raggiungere l'87% di resa della piperidina 25. Occorre notare che il K2CO3 ha numerosi vantaggi, tra cui essere una base debole, non pericolosa, eterogenea per cui facilmente separabile dalla miscela di reazione ed eventualmente riciclabile, a basso costo e senza problematiche di smaltimento.

Tabella 5 Sintesi della piperidina 25: influenza della base/catalizzatore a # Base/cat. Resa [%] b 1 - c 23 2 K2CO3 87 3 Cs2CO3 73 4 DBUd 74 5 TBDe 67 6 DABCOf 72 7 NEt3 53 8 tBuOK 74 9 Amberlyst 15 44 10 KW2000g 22

a Condizioni di reazione: iprite carbonata 22/FSCN/base-cat. 1.0/1.0/0.1 eq. mol., 0.64 mmol in 100 mL di acetonitrile in

autoclave a 160 °C. Durata della reazione 5 h. b Calcolata da retta di taratura via GC-MS. c Durata della reazione 8 h. d

1,5-Diazabiciclo[5.4.0]undec-5-ene. e 1,5,7-Triazabiciclo[4.4.0]dec-5-ene. f 1,4-Diazabiciclo[2.2.2]ottano. g Idrotalcite

KW2000 (Mg0.7Al0.3O1.15) usata in rapporto 10% in peso.

Una volta individuato il carbonato di potassio quale base migliore, è stato condotto uno studio sull'effetto della quantità usata sulla resa della reazione. Si sono quindi condotti due esperimenti nelle stesse condizioni di reazione riportate in Tabella 5 (nota a), impiegando 0.5 e 1.0 eq. mol. di

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30 K2CO3, ottenendo rese rispettivamente del 77% e 73%. Questi risultati hanno mostrato che, per promuovere la reazione di ciclizzazione e massimizzarne la resa, è sufficiente una quantità catalitica di base (cfr. Sezione 3.3.1); una quantità maggiore sembra infatti diminuire la resa. Questo potrebbe essere dovuto ad una maggiore decomposizione termica subita dall'iprite carbonata in presenza di una quantità maggiore di base.

Il fatto che una quantità catalitica di K2CO3 sia sufficiente a promuovere la reazione risulta interessante anche in termini di Green Chemistry (green metrics, minimizzazione degli scarti).

In conclusione, lo studio di ottimizzazione per la sintesi della piperidina 25 ha permesso di individuare le seguenti condizioni di reazione ottimizzate: temperatura 160 °C, solvente acetonitrile, concentrazione 0.64 mmol L-1, base K

2CO3 (0.1 eq. mol.), ottenendo una resa finale dell’eterociclo 25 dell'87% (Tabella 5, #2). Il prodotto è stato inoltre isolato come puro mediante colonna cromatografica in gel di silice, ottenendo una resa isolata del 70%.

3.3.3 Reazione tra N,N-bis[(2-etilcarbonato)etil] metilammina 22 e altri composti CH

2

acidi

Le condizioni di reazione migliori riscontrate impiegando come nucleofilo il fenilsulfonil acetonitrile sono state quindi applicate ad una serie di altri substrati al fine di valutare la potenziale applicabilità generale del metodo sintetico (Schema 3.7).

Schema 3.7 Reazione di sintesi delle piperidine 25-30

Come substrati sono stati selezionati composti contenenti un gruppo metilenico con due sostituenti elettronattrattori, quali fenilsulfonile, nitrile, chetone, estere, fenile e fenossido. La quantificazione dei prodotti, come già riportato, è complicata dalla decomposizione dell’iprite carbonata, perciò è stata calcolata via GC-MS tramite l’ausilio di uno standard interno (vedi nota c, Tabella 6).

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